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La globalizzazione del mercato dell’arte

Nel documento Investimenti in Arte Contemporanea (pagine 99-124)

I mercati emergenti dell’arte contemporanea

1. La globalizzazione del mercato dell’arte

Il mercato dell’arte, in particolare quello dell’arte contemporanea, ha subito radicali cambiamenti nel corso degli ultimi anni e si è progressivamente avviato verso un processo di globalizzazione, inteso come “l'allargamento, l'approfondimento e l'accelerazione di interconnessioni a livello mondiale in tutti gli aspetti della vita contemporanea sociale”82.

Mentre in precedenza i protagonisti (artisti, collezionisti e professionisti del mondo dell’arte) provenivano principalmente dai tradizionali centri del mercato dell’arte, come Europa e Stati Uniti, a partire dal 1990 si è assistito ad un progressivo emergere di nuovi mercati dislocati in varie parti del mondo. Uno dei principali motivi di questa globalizzazione è stato il progressivo avvento di nuove fiere d’arte, biennali, eventi culturali, iniziative online e la nascita o l’espansione di gallerie e musei, che hanno condotto ad un aumento di più del doppio rispetto al mercato del 2002.

Le distanze tra artisti, commercianti e consumatori di arte, provenienti da svariate parti del mondo, si sono notevolmente ridimensionate in un mercato globale in cui sono emersi Paesi che fino ad alcuni decenni fa erano totalmente estranei a questo settore, come il Brasile, la Russia, la Cina e l’India. In breve tempo, regioni che prima erano solo marginali hanno occupato posti di primo piano nelle classifiche del mercato dell’arte, consentendo inoltre l’emergere di nuovi artisti e nuovi collezionisti.

Non si è però unicamente globalizzata l’offerta di opere d’arte: anche la domanda è stata influenzata dai cambiamenti nel mercato. Sono apparsi infatti nuovi compratori, che fino a diversi anni fa erano assenti nel mercato: i nuovi acquirenti hanno investito in

                                                                                                               

82  VELTHUIS  OLAV,  Globalization  of  markets  for  contemporary  art:Why  local  ties  remain  dominant  in   Amsterdam  and  Berlin    

maniera massiccia nel mercato dell’arte contemporanea, con l’inevitabile conseguenza dell’aumento della domanda complessiva accompagnato dalla crescita di prezzi.

Anche la concorrenza è aumentata, sia tra gli acquirenti che tra gli artisti. Il mercato finanziario ha colto l’occasione creando fondi di investimento aventi come target i nuovi collezionisti desiderosi di possedere opere d’arte per dimostrare la loro eccellenza sociale e culturale.

Nella tabella che segue è riportata la classifica delle città più significative in termini di vendite di opere d’arte, ordinate per ricavi. Mentre i primi due posti, occupati rispettivamente da New York e Londra, non costituiscono una novità, se si osserva il resto della classifica si nota come vi sia una elevata presenza di città asiatiche: Pechino si colloca al terzo posto, seguita da Hong Kong al quarto. Compaiono poi Shanghai, Nanchino, Taipei, Hanghzou, Canton e Singapore.

Tabella 4.1 - Ricavi delle vendite per città nel 2013

Posizione Città Ricavi delle

vendite in € Posizione Città

Ricavi delle vendite in €

1 New York 344.475.704 9 Hangzhou 9.020.604

2 Londra 220.025.081 10 Canton 8.894.472

3 Pechino 203.799.299 11 Istanbul 6.781.180

4 Hong Kong 97.215.616 12 Doha 6.346.160

5 Parigi 26.629.695 13 Stoccolma 5.699.703

6 Shanghai 23.866.241 14 Singapore 4.457.750

7 Nanchino 13.007.577 15 Dubai 4.339.065

8 Taipei 9.560.449

Fonte: artprice.com

Per investire proficuamente in un determinato settore di mercato è necessario conoscerne a fondo le principali caratteristiche, per riuscire a quantificarlo, per cogliere le opportunità e per evitare per quanto possibile i rischi connessi.

Perciò nel resto del capitolo vengono esaminati i mercati dell’arte dei Paesi emergenti, collettivamente indicati con l’acronimo BRIC, ossia Brasile, Russia, India e Cina.

2. Cina

Negli ultimi vent’anni l’economia della Cina è cresciuta rapidamente, con una media annua di circa il 9%. Con il progressivo aumento del benessere e del potere di acquisto di una parte della popolazione è cresciuto di pari passo l’interesse verso il mondo dell’arte. Questo fenomeno ha provocato la nascita di nuovi fondi di investimento dedicati al settore artistico e di una nuova classe di collezionisti che acquistano opere d’arte per svariati motivi: per incrementare il prestigio sociale, per possedere oggetti che permettano di ricollegarsi alla storia e al patrimonio culturale del proprio Paese, oppure perché semplicemente attratti dalla possibilità di effettuare un investimento redditizio. Questi nuovi collezionisti sono per la maggior parte imprenditori, i quali devono la loro ricchezza all’espansione della redditizia industria manifatturiera cinese. Dalle preferenze mostrate negli acquisti, emerge che essi sono molto propensi ad appropriarsi di opere sfarzose, decorative e soprattutto appartenenti all’antica tradizione cinese. Essi nutrono inoltre un forte desiderio di lasciare il segno all’interno del mercato dell’arte, manifestando questa volontà con la creazione di numerosi nuovi musei privati, al pari di quanto accadde in Giappone durante gli anni ’80.83

Grazie allo sviluppo dell’economia, ed in particolare alla possibilità di speculare in questo mercato da parte degli investitori occidentali, le quotazioni di numerosi artisti cinesi hanno avuto una rapida ascesa. Inoltre, molti degli altri Paesi dell’Est Asiatico - come la Korea, l’Indonesia, Singapore, il Giappone e Taiwan – stanno beneficiando della crescita cinese. Oltre che dai legami di carattere economico, molti di questi Paesi sono legati da affinità culturali.

Una delle maggiori forze trainanti dell’espansione del mercato cinese, è riconducibile al sorgere di un’altra economia dell’est asiatico durante gli anni ‘80, quella taiwanese. Alcune delle più importanti collezioni d’arte cinese si trovano oggi a Taiwan, come ad esempio la collezione del National Palace Museum di Taipei84.

                                                                                                               

83  GOODWIN  JAMES  edited  by,  The  international  art  markets:  the  essential  guide  for  collectors  and   investors  -­‐  London  and  Philadelphia,  Kogan  Page,  2008  

84  GOODWIN  JAMES  edited  by,  The  international  art  markets:  the  essential  guide  for  collectors  and   investors  -­‐  London  and  Philadelphia,  Kogan  Page,  2008  

Per quanto riguarda l’arte contemporanea cinese però, i collezionisti provenienti dalla Cina sono relativamente scarsi. I più interessati in questo segmento sono investitori occidentali.

Musei, gallerie e fiere d’arte

La maggior parte del commercio dell’arte moderna e contemporanea cinese prima del 2000 avveniva fuori dalla Cina, con la prevalenza di venditori e gallerie dislocati a Hong Kong (in quanto ex colonia britannica), come la Hanart TZ Gallery, Schoeni

Gallery e Alisan Fine Arts, e a Taipei, come la Lin & Lin Gallery e la Tina Keng Gallery. Nuovi centri di commercio dell’arte cominciarono in seguito a nascere anche a

Pechino, Shanghai, Hangzhou e Guangzhou (Canton), e l’arte contemporanea iniziò a svilupparsi nelle prime accademie d’arte che nacquero a Pechino, Chongqing, Hangzhou e Shanghai.

Negli anni ’90 il numero di mercanti cinesi di arte contemporanea era davvero esiguo e le due società leader di mercato, che hanno mantenuto una solida posizione nel mercato fino ad oggi, erano di proprietà straniera: la Red Gate Gallery a Pechino e la ShanghArt a Shanghai85.

Il numero di musei e di gallerie presenti nel territorio cinese ha subito un incredibile aumento in un periodo relativamente breve: nel 2006 la Cina contava un numero di 2000 musei, ben 830 in più rispetto al decennio precedente. Uno dei più attivi tra questi è il Poly Art Museum, fondato nel 1998 ed aperto al pubblico nel 1999 da un Gruppo di proprietà del governo cinese86. Il Gruppo Poly è molto attivo nella diffusione e nell’internazionalizzazione della cultura cinese, ed è una delle maggiori potenze nel settore, definendosi come un ponte per gli scambi culturali tra l’occidente e l’oriente. Con l’aumentare delle dimensioni del mercato dell’arte cinese iniziarono a crearsi anche le prime fiere d’arte, le quali inizialmente non furono un successo, in quanto riscontrarono unicamente la partecipazione di piccole collezioni di venditori locali o stand di singoli artisti. Nel 1993 ebbe luogo la China Art Exposition a Pechino e nel 1997 nacquero la Shanghai Art Fair e la Guangzhou International Fair, ma nessuna di                                                                                                                

queste fu in grado di attrarre l’interesse dei compratori stranieri. Ciononostante, nel giro di pochi anni la fiera di Shanghai fu in grado di rifarsi e, con il supporto di Jiang Zemin (Segretario Generale del Partito Comunista Cinese dal 1989 al 2002 e Presidente della Repubblica Popolare Cinese dal 1993 al 2003), poté ben presto vantare la partecipazione di 100 organizzazioni cinesi e ben 13 dealers internazionali, provenienti da Europa, Asia e Stati Uniti87.

A partire dagli anni 2000, Pechino e Shanghai si confermarono i più importanti poli dove continuarono a stabilizzarsi i commercianti d’arte. A Pechino si riunirono in un complesso industriale, disegnato dagli architetti della scuola Bauhaus della Germania dell’Est durante la guerra fredda. Lo stabilimento era situato a Dashanza, chiamato anche Art District 798, e a Caochangdi e nel villaggio di Songzhuang, nella periferia della città.

Anche Shanghai ha un’area della città dove sono situate la maggior parte delle gallerie: 50 Moganshan Road. L’area ospita di più di centoventi gallerie e artisti, i cui studi sono aperti al pubblico di visitatori nazionali e internazionali.

La nascita di queste nuove strutture dedicate all’arte contemporanea ha dato impulso alla competitività della Cina in questo settore, suscitando anche l’interesse dei collezionisti provenienti al di fuori del Paese. Dall’Europa, tra i collezionisti che per primi si interessarono all’arte contemporanea cinese i più famosi furono Uli Sigg, ambasciatore svizzero in Cina, e Peter Ludwig, un eclettico collezionista tedesco88. Baron Guy Ullens ad esempio fu lo sponsor del primo padiglione cinese alla Biennale di Venezia del 2005, e nel luglio 2007 vendette addirittura 14 acquerelli di Turner a Sotheby’s di Londra per poter finanziare l’apertura, nell’inverno successivo, dell’Ullens

Center for the Arts, situato nell’Art District 798 di Pechino.

L’unico grande collezionista cinese d’arte contemporanea è il magnate della chimica di Qing Dao, Guan Yi, che tiene la sua collezione in un magazzino nei sobborghi di Pechino. La mancanza di interesse dei nuovi ricchi cinesi verso l’arte contemporanea del loro Paese è confermata dalle vendite avvenute da Sotheby’s a New York, dove solo il 13% dei compratori, nel 2006, e il 16%, nel 2007, provenivano dalla Cina.

                                                                                                               

87  ROBERTSON  IAIN,  CHONG  DERRICK,  The  Art  Business,  Routledge,  2008   88  ROBERTSON  IAIN,  CHONG  DERRICK,  The  Art  Business,  Routledge,  2008  

Le vendite delle case d’asta

Le vendite all’asta furono per molto tempo illegali nella Cina continentale, in particolare dal 1956 al 1986, e per questo le prime aste di arte cinese moderna e contemporanea si svolsero relativamente tardi, negli anni ’90, a cura della Guardian. Nell’ottobre del 1997 anche Songari, una piccola casa d’aste, tentò di vendere arte contemporanea cinese d’avanguardia. La casa d’aste vantava legami familiari con Mao Zedong, ma questo non gli fu d’aiuto per le vendite: su 149 lotti messi all’asta, solo il 63% venne venduto. Un anno dopo, nel 1998 Christie’s propose l’arte cinese in una delle sue aste a Londra, ma tale tentativo risultò troppo precoce: gli acquirenti non mostrarono particolare interesse per le opere offerte e solo il 25% dei lotti venne venduto.89

A causa del proibizionismo cinese le case d’asta internazionali approdarono inizialmente ad Hong Kong. La prima ad aprire una sala di vendita fu Sotheby’s nel 1973. Christie’s seguì l’esempio nel 1986, e Hong Kong superò così Londra e New York, diventando in breve tempo il principale centro del mercato dell’arte cinese. Bonhams, un’altra casa d’aste londinese, organizzò la sua prima vendita ad Hong Kong alcuni anni fa, nella primavera del 200790.

Da quando le autorità comuniste legalizzarono il mercato privato dell’arte nel 1992, circa 2000 banditori d’asta hanno iniziato dei business in Cina, molti dei quali durarono poco tempo a causa di una scarsa organizzazione gestionale. Al giorno d’oggi si possono contare almeno dieci case d’asta che operano in Cina a livello nazionale. Dopo una decade di competizione tra Shanghai e Pechino, la seconda città emerse come il maggiore centro per le vendite, sede di due delle più reputate case d’aste che ora operano in Cina, China Guardian e Hanhai.91

Nonostante il mondo dell’arte cinese si presenti come una realtà difficile, in cui è ancora molto elevata la percentuale di invenduti durante le sedute delle aste, e vi siano problemi legati al mancato pagamento delle opere acquistate, sono numerosi i compratori asiatici che sostengono le case d’asta che sono situate in Cina. Christie’s nel

                                                                                                               

89  ROBERTSON  IAIN,  CHONG  DERRICK,  The  Art  Business,  Routledge,  2008  

90  GOODWIN  JAMES  edited  by,  The  international  art  markets:  the  essential  guide  for  collectors  and   investors  -­‐  London  and  Philadelphia,  Kogan  Page,  2008  

primo semestre del 2013 ha registrato un incremento del 15% nel numero di acquirenti asiatici.

Anche Sotheby’s è ora presente nella Cina continentale: si è insediata a Pechino, che attualmente rappresenta il terzo centro mondiale per l’arte contemporanea. L’insediamento è stato reso possibile da un accordo di joint-venture che Sotheby’s ha stipulato con Beijing Gehua Cultural Development Group. Il 27 dicembre del 2012 è stata in grado di organizzare la prima vendita all’asta dopo numerosi tentativi falliti. Christie’s è invece presente a Shanghai, città che si colloca al sesto posto a livello globale. L’assoluta innovazione è costituita dal fatto che Christie’s è stata in grado di insediarsi in autonomia. La casa d’aste britannica è operativa dal 1994 nella città e la prima asta svoltasi il 26 settembre 2013 è stata un evento di fondamentale importanza, quasi quanto l’apertura della sede newyorkese avvenuta nel ’72.92

La possibilità di operare direttamente nel mercato dell’arte in Cina offre sicuramente un’opportunità strategica per le case d’aste, anche se non mancano le difficoltà, in quanto la trasparenza nelle transazioni è assai scarsa, così come le regole che ne stabiliscano il funzionamento.

Performance del mercato

Nel 2005 le vendite a Hong Kong, New York e Londra di arte contemporanea proveniente dall’Asia dell’Est furono un successo. Nel 2007 “Bloodline: Three Comrades” di Zhang Xiogang venne venduto per $2,1 milioni e Goldfish di Yue Minjun realizzò $1,38 milioni a Sotheb’s di New York. Entrambe le opere di questi artisti superarono le loro già alte stime. Meno di dieci anni dopo l’insuccesso delle vendite di arte contemporanea cinese a Chirstie’s di Londra nel 1988, un nuovo prezzo record fu registrato per l’opera di Yue Minjun a Sotheby’s di Londra nel giugno 2007 e “The Pope (1997)”, fu venduto per l’equivalente di $4,26 milioni, ben sopra le stime.93

Dal 2005 il mercato cinese registrò risultati notevoli ed in breve tempo fu in grado di conquistare il terzo posto a livello globale per le vendite di arte contemporanea, fino a che nel 2009 la Cina diventò la piazza più potente del mondo, grazie soprattutto alla                                                                                                                

92  “Il  mercato  dell’arte  contemporanea.  Il  rapporto  annuale  ArtPrice  2013”,  reperibile  su  

<http://imgpublic.artprice.com/pdf/artprice-­‐contemporary-­‐2012-­‐2013-­‐it.pdf>  

crescita della suo potere economico. Dopo questo periodo eccezionalmente positivo, il mercato dell’arte cinese ha subito un rallentamento, sia per la mutata situazione economica del Paese, sia per i diversi problemi riscontrati nel mercato dell’arte, che hanno causato un calo delle vendite.

  Zhang  Xiaogang,  Bloodline:  Three  comrades

Performance del mercato

Nel 2011 la Cina costituiva, in termine di volumi, il più importante mercato dell’arte a livello mondiale: essa rappresentava infatti il 30% delle vendite totali realizzate nel mercato dell’arte. In questo anno infatti, il mercato dell’arte cinese si espanse notevolmente, arrivando addirittura a superare il mercato degli Stati Uniti e diventano il

mercato più vasto del mondo in termini di commercio d’arte, con vendite pari a €9,7 miliardi94.

Dal novembre 2011 al novembre 2012, le vendite all’asta avvenute sia a Hong Kong che nella Cina continentale sono scese di una percentuale pari al 43,6%. La prima posizione nella classifica mondiale per l’arte contemporanea torna dunque agli Stati Uniti, anche se il divario che le separa rimane minimo.

Gli esperti si mostrano comunque positivi, ritenendo che vi sia la possibilità che il mercato dell’arte cinese possa rialzarsi. In ogni caso, vista la lenta crescita economica della Cina e il calo avvenuto tra la fine del 2011 e del 2012, sembra improbabile che la Cina riuscirà a mantenere la sua posizione dominante, a meno che non si dimostri in grado di rovesciare questo trend negativo95.

Il grafico sotto riportato illustra le vendite all’asta di tutte le categorie dell’arte cinese delle quattro maggiori case d’asta, sia nella Cina continentale (Poly Auction e China Guardian) sia ad Hong Kong (Sotheby’s e Christie’s). È possibile notare che, a partire dalla primavera del 2011, dopo due anni di progressiva crescita, le vendite hanno iniziato a calare drasticamente. Dall’autunno 2011 all’autunno 2012 è stato registrato un calo del 43,6%, passando da $2,2 miliardi a $1,24 miliardi. Secondo gli esperti, le cause di questo andamento negativo sarebbero riconducibili all’intervento del governo cinese del 2012, avvenuto a causa delle accuse di evasione fiscale nei confronti delle importazioni di arte in Cina. La casa d’aste che ha risentito maggiormente del calo delle vendite è China Guardian, il cui fatturato è calato del 55% nell’autunno 2011. Anche Poli Auction ha subito un drastico calo, pari al 53%, ma ciò non le ha impedito di mantenere la sua posizione leader, con un ammontare complessivo di vendite pari a $370 milioni.

                                                                                                               

94  Deloitte  –  ArtTactic  “Art  &  Finance  Report  2013”   95  Deloitte  –  ArtTactic  “Art  &  Finance  Report  2013”  

 

Vendite  all’asta  del  mercato  cinese:  Hong  Kong  (Christie’s,  Sotheby’s)  vs.  Cina  continentale   (Poly,  China  Guardian.  Fonte  Deloitte  –  ArtTactic  Report  2013  

 

Vendite  dell’arte  contemporanea  cinese  ad  Hong  Kong  e  nella  Cina  continentale.  Fonte:  

Osservando il secondo grafico presentato, che mostra le vendite unicamente riferite al settore contemporaneo, è possibile osservare che dalla primavera del 2011 a quella del 2012 le vendite sono calate per un ammontare complessivo del 54% a Hong Kong e del 40% nella Cina continentale. Tale calo può essere unicamente la conseguenza della progressiva maturazione del mercato dell’arte cinese. I prossimi periodi saranno fondamentali per monitorare il comportamento degli operatori che hanno investito quando la Cina era in un periodo particolarmente favorevole. Se il mercato dovesse ulteriormente indebolirsi, il rischio è che chi ha acquistato opere d’arte con scopi meramente speculativi voglia vendere, il che ovviamente comporterà ripercussioni sulle quotazioni dei singoli artisti.

 

Artisti contemporanei venduti in Cina.  Fonte:  artprice.com

L’artista contemporaneo cinese più quotato del 2013 è Zeng Fanzhi, che con 42 opere d’arte vendute ha guadagnato complessivamente €21.402.924. L’ottima performance dell’artista gli fa guadagnare il quarto posto nel mercato mondiale e ne fa il primo cinese contemporaneo presente nella classifica.

L’artista, nato nel 1964 a Wuhan, ha attirato l’attenzione degli acquirenti inizialmente con la serie delle maschere (Mask Series) a cui ha dedicato sette anni di lavoro dal 1993. Nel 1998 la casa d’aste Christie’s, nella sua sede di Londra, propose due dipinti dell’artista per circa €7.000 l’uno, ma l’artista cinese non godeva ancora della fama che acquisirà in futuro e le opere rimasero invendute. Nel 2012, circa 14 anni dopo l’infruttuosa vendita, una delle due opere raggiunse i €750.000. Ancora una volta chi avesse effettuato un investimento a lungo termine, sperando unicamente in un po’ di fortuna, sarebbe stato di grado di moltiplicare il proprio investimento di 107 volte in poco più di 10 anni.

Già nel 2007 una delle opere di Zeng Fanzhi, appartenenti a questa serie, aveva raggiunto circa un milione di euro alle aste, suscitando l’interesse dei collezionisti e permettendo all’artista di effettuare altre cinque vendite milionarie nel 2007.

Questi risultati furono confermati anche l’anno successivo: nel 2008 l’opera “Mask series 1996 No.6” venne venduta per la cifra di €5,45 milioni dalla casa d’aste Christie’s ad Hong Kong. La quotazione ha avuto un recupero eccezionale in un periodo di soli 10 anni, rendendo l’artista competitivo rispetto a quelli occidentali più performanti del mondo.

  Zeng  Fanzhi,  Mask  Series  No.  6,  oil  on  canvas,  200  x  360  cm,  1996

3. India

L’India è un Paese ricco di storia e di tradizioni, fortemente legate alla spiritualità delle varie religioni e alle usanze che sono vive e sentite ancora oggi, specialmente nei piccoli paesi lontani dalle grandi e moderne città come New Delhi e Mumbai. L’India sta cercando di modernizzarsi ma allo stesso tempo è un Paese ricco di contraddizioni, nel quale è ancora evidente il divario tra la popolazione ricca e chi dorme in mezzo alla strada ogni notte da solo o con la propria famiglia. Tutte queste peculiarità, che rendono l’India affascinante e mistica nell’immaginario collettivo, costituiscono allo stesso tempo le principali difficoltà che il Paese mostra verso l’apertura alle innovative forme espressive dell’arte contemporanea. Questo fatto è riscontrabile in primo luogo dallo

Nel documento Investimenti in Arte Contemporanea (pagine 99-124)