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Biblioteca digitale sella Società Ligure di Storia Patria

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(1)

A T T I

D E L L A

SOCIETÀ LIGURE

DI

STORIA PATRIA

V O L U M E X V I.

GENOVA

TIP O G R A FIA D EL R . I . DE’ SO RDO -M UTI

MDCCCLXXXII

(2)
(3)

ATTI

DELLA

S O C I E T À L I G U R E

DI

S T O R IA P A T R IA

(4)
(5)

A T T I

D E L L A

S O C I E T À LI GURE

%

DI

STORIA PATRIA

V O L U M E X V I.

G E N O V A

T IP O G R A F IA DHL R . IS T IT U T O De’ SO R D O -M U T I

M D C C C L X X X 3 I

(6)
(7)

OLIVIERO CROMWELL

DALLA

B A T T A G L I A D I W O R C E S T E R A L L A S U A M O R T E

# • ______________

C O R R IS P O N D E N Z A

DEI R A P P R E S E N T A N T I G E N O V E SI A L O N D R A

P U B B L IC A T A D A L S O C IO

«

C A R L O P R A Y E R

(8)
(9)

a II Protettore è un grandissimo uom o, et più di quello ognuno si possa imma­

ginare ».

U g o F i e s c o , L ett. d e l 1 2 M a r^ o i6; s -

e l l ’ Archivio di Stato dell’ antica Repubblica Genovese, tra le altre corrispondenze diplomatiche, tro­

vasi quella che l’ agente Francesco Bernardi scrisse da Londra negli anni 1 6 5 1 al 1665 ( 1 ) .

( 1 ) L a corrispondenza del B ern ardi, tranne poche lacune, seguita fino al 16 6 2 , non interrotta che dalle ambasciate del conte Ugo Fiesco nel 16 5 4 , e di Giovanni Luca Durazzo nel 16 6 1, che a loro volta la suppliscono. D al 2 luglio 16 6 2 , cessa fino al 10 dicembre 16 6 1. L ’ ultima lettera del Bernardi è del 23 aprile 1665.

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Incoraggiato dal chiarissimo signor Pro­

fessore L. T. Belgrano, che mi fu maestro nel decifrare le vecchie scritture, a me parve che tale corrispondenza fosse degna di essere tolta dall’ oblio in cui fu lasciata, presentandola per intanto lino al settembre del 1 658.

In questo periodo di tempo vi si in­

contrano descritti molti particolari, intorno alle azioni di un personaggio, che mentre resse l’ Inghilterra coll’ audacia e la fermezza del suo carattere, a se attrasse gli sguardi dei popoli attoniti, e fece curvare la fronte ai più potenti sovrani d'Europa. Ed oltre a ciò che spetta ad Oliviero Cromwell ed alla storia d’ Inghilterra, gli studiosi delle patrie mem orie, seguendo le tracce della più che prudente politica dei reggitori della Geno­

vese Repubblica, potranno scorgervi fino a qual punto nella tutela de’ loro interessi e nei rapporti diplomatici colle altre Potenze, e specialmente colla Spagna, sapessero va­

lersi della temuta influenza del Gran Pro­

tettore , tanto favorevolmente guadagnata J a]

O O

Bernardi e dal Fiesco mantenuta.

(11)

Il Bernardi erasi stabilito da molti anni in Londra, prima di servire la sua Repub­

blica; e di là teneva relazioni commerciali col padre suo Filippo, dimorante in Ore- gina, e che perdette nel 1 657. Egli fu eletto console dei Genovesi il 6 luglio del 1 6 5 1 , quindi agente nel 17 ottobre dello stesso anno. Ebbe moglie ed otto figliuoli ; e, come rilevasi dalle sue lettere e da quelle del Fiesco, visse assai splendidamente. In un suo memoriale * del 30 marzo 1 662 , dice che quando incominciò a servire la sua Re­

pubblica haveva tanti denari, gioje et argenti eh*a pena sapeva come disporne.

Non è a meravigliarsi quindi, che la sua casa fosse frequentata da molti signori di distinzione, e ch’ egli avesse potuto stringere relazioni intime con personaggi molto in­

fluenti, in quelle fortunose vicende. N el sud­

detto memoriale il Bernardi parla di lire 15 0 0 sterline ricuperate dai Conte di Wervyhe nel­

l’ anno 1 6 5 4 ; ed in una lettera del 3 1 maggio

16 60, nomina tra i suoi amici il Conte di

Norwich, che posso dire, et così riconosce, g ii

salvai la vita, quando doveva essere decapitato

(12)

V

col Duca Hamilton e conti di Ho land a e Cap­

p e!; i/ Conte di Newsastel, il General Massey et più di tutto T istessa madama Lane (che ini chiama padre), che fuggì con detta Maestà (C arlo II Stuart) dalla città di Voster (W o r­

cester), quando perse quella battaglia et scappò con essa come suo servitore e di là dal mare, sendo tant’ intimo con quella famiglia come con

la mia.

Ebbe amicizia col Crom well stesso, e dice con lettera del 23 dicembre 1 633 : L'entrata che tengo non è poca, come ne può in parte fa r testimonio T Illustrissimo Signor Marchese Spinola, che quando fu qua dui anni sono lo accompagnai a visitare al Generalissimo. Il Fiesco pure, con lettere dell’ 8 e 15 marzo 1 6 3 5 , afferma che il Bernardi era del Crom­

well molto dimestico per amicitia antica et suo intrinseco.

N el domandare ai Serenissimi di Palazzo nuove credenziali, il Bernardi insiste, con lettera del 6 gennaio 1634, che siino serviti in esse nominarlo Conte deli Imperio e Cavaliere della Corte di Sua Maestà Cesarea, come dice di esserlo per lettere patenti in forma amplis-

— i o —

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sima. Sembra che fosse di un’ indole piut­

tosto ambiziosa, giacché non cessa, inogni occasione che gli si offre e con ogni sorta di argomenti, di eccitare la sua Repubblica a nominarlo residente invece di agen te, onde poter mettersi al paro degli altri mi­

nistri pubblici delle Potenze a Londra rap­

presentate.

I ripetuti lamenti per la poca retribu­

zione che riceveva dal suo G overno, sono in gran parte giustificati dal fatto di vederlo rimanere circa quattro anni, cioè fino dopo il ritorno da Londra dell’ambasciatore Fiesco, senza ricevere un soldo. Ottenne finalmente, che gli fossero pagati per tutto compenso scuti cinquecento d'argento, che ritirò suo padre.

Poi , con deliberazione del 23 luglio 1 6 5 5 , gli furono assegnati altri scudi duemila d’ar­

gento di trattenimento, spese et altro, ninna cosa esclusa ; fissandogli per l’anno venturo scudi mille d’argento di stipendio annuo, più altri cento per le spese straordinarie.

Poteva egli ben dolersi e far osservare le differenze del valore del denaro e delle m ag­

giori spese di vitto ed altro a cui era obbli-

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gato, per mantenersi decentemente nella sua carica in Londra; ma nulla otteneva, e per vari corrieri i Serenissimi fecero orecchie da mercanti. Fa ancora più meraviglia il ri­

levare dalla corrispondenza, come nemmeno le sovvenzioni accordategli, gli pervenissero regolarmente., Con data del 1 5 luglio del i 6 5 9 j trovasi infatti un decreto dei Sere­

nissimi C o lle g i, i quali ordinavano che lossero dalla Camera Eccellentissima pagati tutti i crediti così d'ordinario come d ’altri conti de quali sino a quel giorno fosse creditore il Bernardi.

D i tutte le retribuzioni ricevute j^erò, egli si lagn a, affermandole insufficienti a soddisfarlo delle spese incontrate pel ser­

vizio pubblico; e nel citato memoriale del 30 marzo 1662 si chiama ancora creditore, di senti j jo o d'argento come da nota anexa...

e conclude trovarsi grandemente consumato et

indebitato, non restandogli al presente altra

facoltà che da 300 lor lettere, tutte laudando

h suoi buoni servitù, con quali si consola che

quando non babbi a altro possa ripartirle per

segni di honore a’ suoi figliuoli !

(15)

13

Nelle sue lettere, il Bernardi non ostenta ricercatezza di stile e di frasi, scrive come era solito esprimersi trattando di affari. For­

nito di non comune ingegno e di raro criterio, palesa quasi sempre una ben accer­

tata previdenza di avvenimenti e di casi, e si dimostra assai destro nel maneggio dei pubblici affari.

Nel riferire che fa, corriere per corriere, quelle notizie che andava raccogliendo, sem­

pre lo si riscontra, per le molte relazioni che aveva in ogni partito, esattamente infor-

• mato ; quando non era egli stesso, come in molte circostanze lo si discopre, testimonio oculare.

Sarebbe troppo lunga ed ardua impresa

• il voler fare un confronto e notare tutte le differenze, che risultano fra le narrazioni del Bernardi e quelle degli scrittori contempo­

ranei , specialmente inglesi. Però , di mano in mano che si pubblicheranno le sue let­

tere , si cercherà di corredarle con note e con riscontri storici.

In queste preliminari nozioni, mi limiterò

ad osservare , che le notizie date dal Ber-

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nardi, siccome quelle che sono fornite nel giorno istesso, o poco dopo gli avveni­

m enti, sempre ci conservano la fresca im­

pronta e le tracce caratteristiche dell’ epoca, e dei personaggi che ne furono gli attori.

N è mancheranno certamente di aggiungere alla Storia nuovi e minuti particolari, i quali pei cultori di essa potranno riuscire m olto interessanti.

L ’effetto prodotto da simili genuine e sin­

crone descrizioni, mi sembra potersi pa­

ragonare a quello che si prova osservando un ritratto a matita o dipinto ; nel quale senza badare alla mano più o meno esperta che l’ha eseguito, pure dai tratti, dal colore, e da certe finezze di naturale espressione, si viene rilevando con certezza, che quelle fat- * tezze sono state direttamente prese dal vero e non sono l’opera, benché attraente, della sola immaginazione.

Si deve anche attribuire al Bernardi una certa quale imparzialità, perchè straniero come era sul suolo inglese, non poteva essere in­

vaso da quell’ ardore di passioni religiose e

politiche, che avevano scisse in tante fra-

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i 5

zioni e di così opposte vedute le persone più influenti di quell’ isola. Le m em orie, per esempio, del Ludlow, del W arw ich, di Mistriss Hutchinson ecc. ( i ) , sono tutte pre­

gevolissime per molti rapporti ; ma, per quanto siano state coscenziosamente det­

tate, non possono essere ritenute affatto sce­

vre da quello spirito di parte, di cui erano compresi i loro autori.

Se si considera poi, che quasi tutte quelle memorie furono scritte molti anni dopo gli avvenim enti, quando gli autori di esse per lunga meditazione, poterono ponderare la successiva concatenazione delle cause che li produssero; non ci possono togliere al- l’ intutto dal dubbio, che i. fatti in esse me­

morie ricordati abbiano potuto subire delle modificazioni, onde adattarli meglio alle loro passioni predominanti ed alle loro idee pre­

concette.

Il Bernardi, scrivendo giorno per giorno ciò che avea visto coi propri occhi od aveva udito raccontare da persone degne della sua

( l) G u iz o t , C olìtclion de m òm orits reìatifs à la revolution d ’A n g leterre.

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fiducia, non poteva che narrare i latti come erano successi; e non potendo prevederne sempre le conseguenze, bisognava che si attenesse all’ opinione della generalità e della maggioranza dei partiti, anche nel giudicarli ; giacché l’ obbligo suo era di avvertire la Repubblica dello stato reale delle cose, onde -sapesse poi regolarsi nel maneggio dei pub­

blici affari.

L e lettere del Bernardi possono riuscire di molto giovam ento, anche per precisare alcune date di avvenimenti, tuttavia contro­

verse. Familiare come egli era della lingua inglese, potè desumere direttamente molte importanti notizie : l’ intimità sua presso il Protettore e la Corte, non gli frapponeva ostacolo di sorta, per poterle attingere alla vera fonte. Devono perciò ritenersi degne di molta fede le informazioni sue, sia delle secrete intenzioni del Protettore verso la Re­

pubblica , sia dei maneggi politici degli altri rappresentanti in Londra e degli ambascia- tori di estere nazioni.

Tra le varie sue descrizioni, è molto note­

vole quella che egli Hi dello scioglimento del

— i 6 —

(19)

I 7 —

Lungo Parlamento operato dal Crom well.

Essa è così consentanea e naturale nella successione dei fatti, e nello sviluppo delle idee che conducono alla catastrofe finale, che ce la pone in evidenza assai meglio che non facciano, coi loro minuti parti­

colari, quegli scrittori, i quali, pur additan­

doci le rozze calze del Generalissimo, non seppero mantenersi estranei ad ogni spirito di parte.

È pure assai interessante la relazione che ci dà il Bernardi della tragica avventura del fratello del Console di Portogallo. La cir­

costanza della tentata sua fuga dal carcere, non rammentata da altri scrittori, ci scopre la vera cagione per la quale il Crom well fu inflessibile nel voler eseguita la sentenza capitale, mentre prima aveva fatto tutto il possibile per salvarlo.

Caratteristiche poi sono, nel dipingerci al vivo l’ indole dei tempi, quelle sue varie e particolareggiate descrizioni di ricevimenti, di cerim onie, pom pe, funzioni, ecc. N è poca è l’ emozione che ci desta la lunga enumerazione delle cospirazioni, degli atten-

Società L igure d i S i. P atria . V oi. X V I . 2

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tati contro la persona del Protettore, e delle condanne subite dai colpevoli. Ma spassio­

natamente considerandole, ci dobbiamo con­

vincere , che con le barbare leggi di quei tempi in vigore, ancor mite e clemente ne emerge la giustizia del terribile uomo di' Stato, in confronto dei successivi, non meno sanguinosi, atroci e perfino stolti supplizi della Ristorazione.

Il Crom w ell nell’ ultimo periodo delle sue azioni, nei maritaggi delle sue figlie fino alla perdita della sua prediletta Cley- pole, ci apparisce, dalle lettere del Bernardi, meno tetro, meno chiuso e ravvolto in quel manto di .dissimulazione ed ipocrisia, in cui lo vorrebbero nascondere i suoi detrattori.

Il Bernardi finche si mantennero al po­

tere i due Crom well, seppe conservarsi l’a­

micizia e confidenza loro. Anzi dal Gran Protettore ricevette tali attenzioni e favori, che non doveva mai più scordarsene. Narra egli stesso, il 27 agosto 1659, di una sua grave e lunga malattia, durante la quale ha ricevuto particolari favori da Sua A ltera, come de suoi medici chirurghi e visite di parte sua.

— i 8 —

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M a , mi dispiace il dirlo, accaduta la re­

staurazione dello Stuart, il Bernardi degrada sè stesso , e da incostante ed ingrato in­

sulta alla caduta fortuna, per inneggiare ser­

vilmente alla risorta. Forse in tal modo spe­

rava di salvare, nel dissesto de’ suoi affari, quel posto e quello stipendio donde traeva un sussidio, allora divenuto necessario, ai bi­

sogni della sua famiglia. M a di ciò si par­

lerà più distesamente, se tornerà opportuno il seguitare colle lettere del Bernardi fino a quell’ epoca.

La corrispondenza dell’ ambasciatore Fie­

sco , dal 1 8 novembre 1 6 5 4 al 1 0 maggio 1 6 5 5 , è migliore nella lingua e nel concet­

toso modo di esprimersi. In essa emergono le ottime qualità del F iesco , come genti­

luomo e fine politico; e merita molta lode la sua perspicacia, nell’aver tutta penetrata la grandezza del Crom well e preveduta la du­

rata e stabilità del suo governo.

Lo scopo dell’ ambasciata del Fiesco fu

di trovare appoggio nel Protettore contro la

prepotenza della Spagna, nell’ occasione dei

sequestri effettuati sopra gli averi dei sud­

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diti Genovesi in Lombardia e nel Napole­

tano. Nell istesso tempo, quantunque il Fie-

slo abbia avuto qualche preliminare istru­

zione dal suo G overn o, pare però ch’ egli formulasse di suo criterio, in ciò forse aiu­

tato dal Bernardi, pratico del traffico delle due nazioni, quel trattato di commercio tra G e n o \a e 1 Inghilterra, che emancipandosi dal sistema protezionista propugnava il li­

bero scambio ( i ) .

Il Fiesco ultimata la sua ambasceria, che riuscì di piena soddisfazione tanto al Crom-

^ e ll come alla sua Repubblica, obbedendo all incarico avuto, presentò anche una com­

pita relazione del suo operato. Questa rela­

zion e, sul genere di quelle onde Venezia face\a obbligo a suoi ambasciatori, è 110- te\ olissima per la descrizione che vi si con­

tiene del carattere del Protettore, della sua arm ata, e del suo Governo (2).

^ Premesse queste generali spiegazioni, sarà d uopo il qui rammentarci delle interne ed esterne condizioni della Repubblica Geno-

— 20 —

(1) Vedi Giornale Ligustico, anno II, 1875, fascicolo X I I , pag. 489*

(2) Questa relazione si darà per intero nella raccolta dei documenti.

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vese in quell’ epoca. Essa giaceva in quel- 1’ inglorioso letargo nel quale s’ era lasciata cadere, da che la soverchiante e vanitosa M o ­ narchia Spagnuola la premeva intorno dalle occupate provincie d’ Italia. Solo teneva deste le antiche discordie delle sue nobili famiglie ; ed il Governo era quasi del tutto nelle mani della vecchia aristocrazia, la quale appena sedevasi sicura, dopo di avere sventata la cospirazione del Balbi. Il R aggi, ucciden­

dosi in prigione, vieppiù esacerbava 1’ odio tra i nobili del portico vecchio e quelli del nuovo.

Sedeva Doge dal 1 648 Giacom o de Fran­

chi ; e perchè la Regina Marianna d’Austria, sposa di Filippo IV di Spagna, per le insi­

nuazioni del Duca di Maqueda, aveva scelto di passare per il Finale, evitando il territorio della Repubblica, questa mandava Stefano De M ari ambasciatore a Madrid per farne le sue doglianze ( 1 ) .

In Francia risiedeva a rappresentare la Re­

pubblica Genovese, pure dal 1648, Giovan

( 1) Fil i p p o Ca s o n i, Annali dilla Repubblica di Genova.

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Battista Pallavicino, che troveremo più volte nominato dal Bernardi e dal Fiesco; ed in quel regno governava il Cardinale Mazza­

rino, erede deU’autorità del Richelieu, durante la minorità di Luigi X IV . Nel passaggio da Parigi e nel ritorno dell’ambasciatore geno­

vese , vedremo il Mazzarino procurarsi un colloquio col Fiesco , che ci darà un nuovo saggio dell’ attività e sagacia di quel M i­

nistro, troppo spesso e volontieri biasimato dagli scrittori francesi.

La politica all’estero dei reggitori della G e­

novese Repubblica andava facendosi ognora più fiacca e tentennante. Mostravasi solo ac­

corta ed insinuante, quando trattavasi di ac­

quistare dei chimerici titoli, e di conseguire delle futili onoranze. M a non mai ebbe la fermezza ed il coraggio, nemmeno di pen­

sare, a metter mano alla spada, quando pur non le rimaneva altro mezzo onorevole, per salvare dalla prepotenza dello straniero, la vera dignità e grandezza della patria.

G ià ben si potevano presentire da lungc

le funeste cause, per le quali un popolo,

già un tempo sì pieno di vita, di glorie e

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di arditi propositi, e che pur testé aveva sostenuto incontrastato lo scettro del Medi- terraneo nelle vigorose mani del D ’ O ria, lo lasciò neghittosamente cadere e raccorre da lontane e più fortunate nazioni.

Pur troppo appariranno, come inevitabili conseguenze dell’ inerzia e pusillanimità del Governo Genovese, le ripetute umiliazioni inflitte dalla Spagna, più tardi l’oltracotanza e 1 ’ insulto del despota Francese, infine lo scherno e la rapina dell’ esercito Austriaco.

E ben fu grande e generoso quello slancio di popolana virtù, che nell’ ultimo avvili­

mento de’ suoi reggitori, diede un nuovo esempio del Ligure valore; il quale, avven­

turosamente rivolto contro allo straniero,

mantenne viva la memoria dell’ antico suo

nome.

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(27)

A L C U N E N O T IZ IE

S U L L A R IV O L U Z IO N E IN G L E S E

ED

A N T E C E D E N T I D E L C R O M W E L L

n sarà discaro ad alcuni lettori, il qui riassunti gli antecedenti del /eli; ed il rammentare i principali av­

u ti della rivoluzione inglese, potrà servire di schiarimento ai nostri documenti.

Oliviero Cromwell nacque ad Huntigdon il 25 aprile del 1599 ( 1 ) . Il padre suo Roberto, quantunque di no­

bile ed antico casato, aveva tenuto a sostentamento della sua numerosa famiglia una fabbrica di birra. Oliviero fino dalla sua fanciullezza fu accuratamente educato

( 1 ) Vi l l e m a i n'e, Storia di Oliviero Cromwell.Da v i d Hume, Storia degli Stuart.

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giunto al 1 6.° anno di età, passò a studiare nel collegio di Sinney-Sussex in Cambrydge. Morto il genitore, sua madre lo chiamò a Londra, perché ivi frequentasse una scuola di Giurisprudenza. D ’ indole assai viva ed irre­

quieta, si abbandonò ad ogni sorta di sregolatezze. Ri­

tornato da Londra alla sua patria, fu il terrore di tutti, destro e tormidabile spadaccino qual’ era. Ma ravvedu­

tosi presto dai suoi giovanili trascorsi, abbracciò con fervore le idee della riforma religiosa. L ’ eredità di uno zio , gli permise di accasarsi con Elisabetta Bouchier, di­

scendente di una famiglia molto stimata nel contado, e ritirossi in villa a godere della pace domestica.

Intanto più che mai si accendevano le discordie poli­

tiche e religiose fra Carlo I. Stuart ed i suoi popoli.

N el 16 2 8 intervenne il Cromwell qual membro del terzo Parlamento ordinato da Carlo, e circa a quel- 1 ’ epoca, fece parte di un comitato Puritano. Sciolto il Parlam ento il C ro m w ell, ritirossi ancora presso la sua lam iglia. Ma per fuggire le persecuzioni a cui erano fatti segno i Puritani, egli già erasi imbarcato per lasciare l ’ Inghilterra e recarsi in America, quando un Decreto R e a le , che proibiva lo spatriare, 1 ’ obbligò a fermarsi.

Provvedutosi di una fattoria in Sant Ives (isola d’ Ely) attese all’ agricoltura. Però occupavasi sempre in dispute religio se, mentre il Puritanismo era come il santuario della libertà, e vi guadagnò molta rinomanza nella sua provincia.

So lo in quell’ epoca, e mentre più ferveva la guerra dichiarata dal Re al Parlamento, il Cromwell, che ol­

trepassava già il quarantesimo anno di età, si dedicò alla vita militare, e reclutò nella sua provincia una com-

26

(29)

2? —

pagnia di soldati a cavallo ( i ) . Ma, col suo genio, ben tosto comprese ciò che I’ Essex e gli altri non avevano saputo indovinare; cioè in che consistesse la vera forza de’ realisti. B iso g n ava, alla devozione al Re ed al sen­

timento d’ onore de’ cavalieri, opporre non dei soldati mercenari e triviali, ma degli uomini di condizione decente, di carattere grave, ed animati dallo zelo della religione e della libertà. Con tali reclute compose adun­

que il proprio reggim ento, e potè assoggettarlo alla più severa disciplina ed ottenere, col proprio esempio, le migliori prove di abnegazione e coraggio.

L ’ esito dei combattimenti non mancò di mostrare la superiorità della sua mente; e mentre nel 1644 le forze Parlam entari, guidate dall’ Essex nelle provincie setten­

trionali, subirono una serie di sconfitte, la giornata di Marson Moore guadagnata dal Cromwell e dal valore dei su o i, nelle provincie meridionali, compensò ampia­

mente di tutti quei disastri.

Questa vittoria dovuta al partito degli indipendenti, del quale il Cromwell ed i suoi guerrieri erano il mag­

gior nerbo, non recò un colpo più serio ai realisti di quello che lo recasse ai presbiteriani, fin allora dominanti nel Parlamento. Si licenziarono 1 ’ Essex e gli altri di quel partito, e si affidò Y esercito nelle mani di Fairfax e di Crom well per riordinarlo. Questi organizzò l’ armata in­

tera, come aveva fatto col proprio reggimento; e Fairfax, soldato intrepido, ma di scarso ingegno e di carattere irresoluto, rimase generale di nom e, mentre il Cromwell lo era di fatto.

(1) M a c u l a y , S to ria d ’ In g h ilte rra .

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In Naseby le rifatte schiere del Parlamento ebbero la prima decisiva vittoria contro i realisti. A ltri trionfi ra­

pidamente si successero, ed in pochi mesi l’ autorità del Parlamento ritornò ad essere pienamente ristabilita. Fu allora che Carlo I, rifugiatosi presso gli Scozzesi, venne, in un modo poco onorevole per essi, consegnato agli Inglesi.

Ma intanto che le Camere usavano della propria auto­

rità arrogandosi un potere senza lim iti, essa sfuggi loro dalle mani. Nel 16 47, circa un anno dopo che l’ ultim o propugnacolo dei Cavalieri crasi sottomesso al Parla­

mento, questo fu costretto a sottomettersi ai propri soldati.

Giam m ai l’ Inghilterra per tanti anni fu governata dalla spada. Ma 1 ’ armata che si recò in mano il supremo potere dello Stato, era molto differente da qualunque altra.

I soldati di essa avevano una paga maggiore del gua- dagno, che 1’ individuo del popolo poteva sperare dal proprio lavoro; e chiunque si fosse distinto per intel­

ligenza e coraggio, poteva aspirare ai gradi più emi­

nenti. Quei soldati sobrii, morali, diligen ti, assuefatti alla riflessione ed al sacrifìcio, erano stati indotti ad abbracciare il mestiere delle armi, non dal bisogno, non dalla bramosia della licenza, ma dallo zelo religioso e politico.

In una milizia in tal modo composta, potevansi, senza pregiudizi, tollerare quelle licenze, che avrebbero in qua­

lunque altra soldatesca pervertita ogni disciplina. Quelle adunanze religiose nelle quali un caporale, versato nella interpretazione della Bibbia, dava lezioni di maggior fer­

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(31)

vore al suo colonnello o ammonizioni al suo m ag­

giore poco devoto, avrebbero scosso il giogo d’ ogni subordinazione.

Ma tanta era la gravità religiosa, lo zelo di cui cia­

scuno, nella sua tede, era invaso, che nel campo di Cromwell poteva sussistere una organizzazione religiosa e politica, senza menomare la militare. G l’ individui stessi che emergevano quali demagoghi e predicatori, godevano pari riputazione pel loro spirito d’ ordine, la pronta obbedienza e il valore. Non è quindi a me­

ravigliare se i capi di quell’ armata, affascinati dallo stesso fanatismo, cercassero di mantenere la loro supe­

riorità, tanto nelle ordinazioni militari come nelle reli­

giose. E si spiega perché l’ istesso C ro m w ell, quando posava la spada, fosse obbligato a combattere nel campo delle idee, citando frasi e versetti della Bibbia, per non comparire da meno degli altri anche in questo nuovo genere di lotta.

Ma non fu lieve impresa per quell’ esercito, 1 ’ asso- gettare il popolo Inglese. Non appena la nazione sentì il peso della tirannide militare, cominciò ad agitarsi ferocemente. Quelle contee, che mentre ardeva la guerra avevano mostrata cieca sommissione al Parlamento, fu­

rono le prime a sollevarsi. Ed il Parlamento, che a dir vero abborriva i suoi nuovi difensori più che i vecchi nem ici, bramava piuttosto di venire a patti con Carlo I, che essere dominato dal proprio esercito.

Nella Scozia formossi una coalizione fra i realisti ed un grosso corpo di presbiteriani, i quali detestavano le dottrine degli indipendenti. In ultimo scoppiò la procella.

I popoli si sollevarono in Norfolk, in Suffolk, in E ssex,

— 29 —

(32)

in Kcnt, in Galles. La flotta nel T am igi innalzò il regio stendardo; e spintasi in m are, minacciò la costa meridionale dell isola. Grosse bande di armati Scozzesi

^alitarono i confini, e giunsero fino alla contea di Lancaster.

Con tutto c iò , il giogo dell’ armata non si potè aci mente scuotere. Intanto che Fairfax spegneva le insur­

rezioni nella vicinanza della capitale, O liviero Crom w ell om a\a gli insorti Gallesi, riducendo i loro castelli in roMne, e m oveva quindi contro gli Scozzesi. L e sue uppe erano poche, in confronto degli invasori; ma egli on a\ e\ a per costume di contare il numero de’ suoi ne­

mici. armata Scozzese fu interamente distrutta. Segui cangiamento di governo in Iscozia e formossi un mministrazione in Edimburgo, ostile al R e. Crom w ell,

entato 1 idolo de suoi soldati, ritornò trionfante in

Londra.

F u allora che si incominciò ad incarnare tra questi austeri guerrieri, che governavano la nazione, un pcn- fivr<k k U (' U>' e nc' Pr'nc'P '° della guerra civile nessuno dett 6 ferniarsi; s' meditò una tremenda ven­

detta sul Re prigioniero ( i ) .

messp116 "" f SSC or* f‘ne un tale disegno e quando assu- cisare ^ ° rma d'St' nta’ assa' difficile il poterlo pre- o d i " ’ ° ' ’eSSe dai “ mandanti e si appigliasse alle file, o d queste a quelli, o se fosse il trovato di una pò-

potente T " “ me di u"

Potente a suo, fini; o che il fanatismo stesso trascinasse

<■> Q » i si K g u itt le id„ dello slorico M acsu|ay

— 30 —

(33)

— 3 i —

la politica con irresistibile impulso; é quistione non ancor bene definita. Né sembra improbabile, che in quel vortice di cose, colui che compariva il duce degli altri, fosse invece trascinato da loro, e che in quell’ occa­

sione , come succedette molti anni dopo, egli fosse costretto a sacrificare il proprio giudizio e le proprie convinzioni ai voleri dell’ armata.

Il Crom well protestò pubblicamente, che non era l’ ini­

ziatore di quell’ idea, che i primi passi erano già stati compiuti senza che egli ne fosse partecipe, ma aveva assoggettati i propri sentimenti alla forza delle circo­

stanze, che a lui, sembravano una manifestazione degli alti decreti della Provvidenza.

T ali proteste non sono credute sincere da coloro che tacciano il Cromwell d’ipocrita. Essi vorrebbero provare, che non osando assumere tutta la responsabilità di quell’ atto, eccitò l’ armata di sottom ano, onde avere sgombra la via a quella m eta, cui reputano essi che già agognasse. Si noti p erò , che dagli stessi suoi ne­

mici , più degni di rispetto, egli non viene mai rappre­

sentato come uomo pazzamente crudele ed implacabile nelle vendette; e sembrerebbe per conseguenza assurdo, che facesse il passo più importante della sua vita spinto solamente da animo malvagio. Ma chi lo giudica un ipocrita ed un sanguinario, certo non oserebbe ritenerlo uno stolto. Oliviero non potea disconoscere, che quando consentì alla morte del R e, nove decimi di quelli stessi che parteggiavano pel Parlamento, oltre tutti i rea­

listi , si sarebbero commossi di dolore ed orrore con­

tro gli autori della sentenza; e, per quanto fossero

strane le allucinazioni degli altri, di certo egli non so-

(34)

— 32 —

gna\a né la repubblica, né il regno m illenario dei santi.

Che se già meditava di tarsi il fondatore di una nuova inastia, a lui non conveniva alienarsi affatto in quel mo o il partito realista, e mettere un’ insuperabile bar­

nera tra esso ed il trono. Era troppo evidente che a r ° sarcbbe stato un rivale meno temibile di suo I ° j ? . realista, avrebbe conservata Ja propria

a ta, in tutta la sua purezza, a Carlo II ; mentre il P e i questi era caduto in dispregio agli stessi uoi intimi amici. Carlo II avrebbe destato tutto l ’ in­

eresse, che accompagna la giovinezza, 1’ innocenza et ? SpfntUra ‘ ^ Primo era prigioniero, 1’ altro sarebbe stato libero.

-i-i nt d“ i cos‘ ovvie importanti, non era pos- c e non passassero per la mente dell’ uomo poli­

p o più grande in quelle emergenze.

culi Jttl ^ Cromy e]l non aveva mancato di tentare, in e prime, di farsi mediatore fra il trono ed il Parla­

tim i ^ ricornporre lo stato in dissoluzione col P re ella spada e sotto la sanzione del nome regio.

dati p Cltp * ^esistere» Pcr 1 insubordinazione dei sol- 1 lnc°rreggibile doppiezza di Carlo I.

traHi't ° /Un ^Jrtlt0 ne^ « m Po, che voleva la testa del

d’ arn e C}\ trattava con dgag. Cospirazioni, minacce

dello st C r mUtÌnamentÌ misero in pericolo la vita

a e n a T ° - ° mWCll; * h SUa e vigoria

appena basto a sedarli. Pure s’ accorse quale pericolosa

nione eh Stata 11 contrariarli nell’ opi-

loro e d’ i d d i o " ^ 0 CadUt° m 11 PÌÙ acerrimo nemico

(35)

— 33 —

D ’ altronde era manifesto che nessuno poteva aver fede nel Re. I suoi v iz i, maggiormente cresciuti tra le per­

plessità e le difficoltà della situazione, erano quali si potevano aspettare da chi, abituato ad ingannare mentre era nella m iglior fortuna, non poteva imparare ad esser franco nella avversa.

Carlo, debole di carattere e tra gli impacci e le scia­

g u r e , si facea scudo con T arm i che gli restavano: l’a­

stuzia e la dissimulazione. Nessun uomo politico com­

mise più di lu i, con innegabile evidenza, tante frodi e falsità. Riconobbe pubblicamente le Camere di Westmin- ster come legittim o Parlam ento; e nello stesso tem po, con atto p rivato , scrisse al suo Consiglio di non rico­

noscerle. Pubblicamente protestò di non aver mai invo­

cate armi straniere ; e privatamente implorò aiuto dalla Fran cia, dalla Danimarca e dalla Lorena. Solennemente negò di avere impiegato i papisti ; ed intanto ai suoi generali ordinò di impiegare ogni papista, che volesse prestare i suoi servigi. Giurò in O x fo rd , in pubblica adunanza, di non favorire il papismo ; privatamente assicurò la propria consorte che intendeva tollerarlo in Inghilterra, e diede facoltà a Lord Glamorgan di pro­

mettere che il papismo verrebbe ristabilito in Irlanda.

Poi tentò a danno del suo ministro di levarsi d’ impac­

cio ; e diede a G lam organ, tutte scritte di suo pu gn o, riprensioni che dovevano essere lette da altri, e lodi che lui solo doveva conoscere.

A tal segno insomma erasi spinta l’ indole falsa del R e , che i suoi più devoti am ici, con dolore e ver­

gogna , non si poterono frenare dal querelarsene ama­

ramente.

Società Ligure d i St. Patria. V oi. X V I. 3

(36)

Da quando cadde prigioniero, non vi tu individuo del partito vittorioso, ch’ egli non tentasse di avvolgere nelle sue lusinghe e macchinazioni. Ma con nessuno tece più infelice p ro v a , di quella che ebbe a sperimentare con C ro m w ell, studiandosi di blandirlo nel tempo stesso che voleva m inargli il terreno. O liviero non era uomo da vincersi con blandizie né con astuzie. Egli doveva ben calcolare, se per far salvo un principe che non si sarebbe mai potuto vincolare con promesse o giuram enti, gli conveniva di perdere la stima e 1’ affetto che gli por­

tava il suo p artito , la sua popolarità nell’ arm ata, la sua grandezza ed anzi la sua propria esistenza. Doveva ben considerare se ad un tale inevitabile sacrificio era cosa prudente di assoggettarsi, per un tentativo che probabilmente non sarebbe nemmeno riuscito. A malin­

cuore dovette determinarsi; e dopo molte lotte e sospetti, e forse non senza molte preghiere, Carlo fu abbando­

nato a’ suoi più accaniti nemici.

Succeduta la morte del R e, parve che la confusione e lo scom piglio tutta avesse invasa l’ Inghilterra ( i ) . Causa di questo disordine, non era tanto la smania della fazione dominante, di voler tutto rimodellare e perfe­

zionare, quanto il sovvertimento di ogni autorità civile ed ecclesiastica. A ciò s ’ aggiunga il fanatismo da cui tutti erano in vasi, di crearsi cioè un tipo di govern o, per quanto non attuabile e stran o , e di adottare un sistema religioso per quanto si fosse ideale e fan­

tastico.

I livellatori volevano demolire qualunque d ip en d en za

— 3 4 —

i ) Ho m e, S to r ia citata.

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— 35 —

e subordinazione, ed agognavano ad una perfetta egua­

glianza di beni e poteri.

I millenari, o partigiani della quinta m onarchia, ten­

devano all’ abolizione d’ ogni civile governo, per sgom ­ brare la strada al dominio di Cristo, la cui seconda ve­

nuta preconizzavano imminente.

Gli Antoniniani pretendevano che ogni obbligo di morale e della legge di natura dovesse tacere nel cuore del credente, quando sorgesse contrario al principio che guidava al suo fine 1’ eletto, ritenuto superiore ad ogni meschino sentimento di umanità e giustizia.

Molti si scagliavano contro le decime ed il sacerdozio mercenario : altri detestando le leggi ed i loro protettori, avrebbero voluto abolire l’ intero sistema di giurispru­

denza in glese, che ritenevano troppo inerente al g o ­ verno monarchico. In tal modo pretendevano semplifi­

care la distribuzione della giustizia.

Anche i più moderati dei repubblicani, nella loro manìa di essere santi, si credevano privilegiati così che non corresse loro alcun obbligo di far caso di le g g i, di proteste, di antecedenti impegni e contratti.

I m onarchici, che tuttavia rim anevano, detti cavalieri dal popolo, nobili e gentiluomini caduti di seggio e spogliati delle loro ricchezze, non si sapevano rasse­

gnare a quell’ umile stato in cui si vedeano balzati dai rozzi loro avversari, chiamati per d ileg g io , dal taglio dei capelli, teste rotonde.

I presbiteriani, che primi col loro credito avevano fatto forte 1’ esercito, già si vedevano rapito il frutto delle loro fatiche dal prevalente partito degli indipendenti.

La fazione repubblicana, quantunque composta di una

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minoranza del popolo In glese, pure esercitava un’ au- tore\ ole violenza sopra tutti gli altri discordi partili.

A \ e \ a a suo m aggior puntello l’ esercito, forte di cin­

quanta mila uom ini, formidabile per disciplina e coraggio.

Il I arlam ento, costituito come era di una piccola ed inconsistente porzione dei Com uni, aveva allora mandato tuori lettere particolari per le nuove elezioni ai posti

mancanti. Istituì un Consiglio di S t a t o , composto di trentotto persone, coll’ incarico di ricevere gli indirizzi, dare gli ordini ai generali ed ammiragli, ed eseguire le l°o&i- V oleva far credere di consacrarsi a regolare lo Stato colle torme e col sistema di rappresentanza na­

zionale, protestando che intendeva restituire a suo tempo 1 autorità di cui si riconosceva investito dal popolo.

L a Repubblica trovò l’ Inghilterra in un’ apparente quiete, sotto il terrore delle armi su e ; mentre le stra­

niere Potenze, in guerra e discordia tra di lo ro , non avevano nè rag io n i, nè volotà d’ immischiarsi nelle sue domestiche dissensioni. Ma i due altri re g n i, che erano stati soggetti agli Stuardi, si dichiararono ostili al nuovo G overno. Il partito degli indipendenti era ugualmente odioso ai cattolici romani d'Irlanda ed ai presbiteriani di Scozia. E questi due paesi, che poco innanzi erano ribelli a Carlo I , riconobbero l’autorità di Carlo II, che povero e negletto viveva ora in Olanda, ora in Francia.

Assestate quindi alquanto le interne faccende, la nuova Repubblica volse lo sguardo alla vicina isola d’ Irlanda, ove Jones ed il presidio di Dublino erano stati lasciati nella massima angustia.

Il marchese di Ormond non aveva trascurato di pro­

movere a tutto potere la causa del R e; e messi insieme

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sedici mila u om in i, si era avanzato per assalire i pre­

sidi dei parlamentari. La guarnigione di D undalk, am­

mutinatasi contro di M onk, fu tolta agli Inglesi; e d'altra parte la perdita di Tredah, Neury ed altri fo rti, rendeva prossimo un assedio alla stessa Dublino. Con tali suc­

cessi, ebbe speranza il giovine R e d i potersi recare per­

sonalmente in Irlanda.

Urgeva perciò al Parlamento Inglese di arrestare quel pericolo. Si pensò tosto di mandarvi un luogotenente;

e la scelta cadde sul C ro m w ell, avendo concorso alla nomina tanto gli amici che gli avversari di lui. I prim i, perché sospettavano che la proposta fatta dal Consiglio di Stato , mentre egli era assente, provenisse dal Crom ­ well medesimo ; i secondi per allontanarlo da Fairfax , che, secondo loro, egli aveva cosi a lungo ammaliato.

A l Crom well toccò prima di sedare vari disordini ed insubordinazioni nell’ armata stessa , suscitati dall’ E ve- rard, dal Luckier e dal colonnello Lilburn. A ll’ animo suo fermo e sicuro nessuna difficoltà valeva a contendere la via che s’ era prefisso raggiungere. Adunò nelle parti occidentali dell’ Inghilterra dodici mila uomini : altri quattro mila tra cavalli e fan ti, guidati da Reynolds e

V cnablcs, spedi a rinforzo di Jo n e s , onde metterlo in grado di far fronte all’ Ormond. Il quale già in nome del Re s’ era impadronito di Fin glass, e disponevasi ad assalire Dublino.

Intanto Inchinquin, con un corpo separato, aveva oc­

cupato Tredah e Dandalk e sbaragliato Offarrel, uno dei

principali ufficiali di O ’ N eal, ed il giovine C o o d , il

quale comandava alcune truppe parlamentari. Inchinquin

si congiungeva quindi al Marchese d’O rm ond, e passa-

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vano insieme il fium e di L iffv , accampandosi a Reth- m in es, due sole- m iglia da Dublino. — Q uivi l’ Ormond si accinse a riparare un vecchio castello onde intercet­

tare a Jones qualunque soccorso ( i ) .

M a 1 anim oso Jo n e s , coi rinforzi che già aveva rice- ' uti dal C ro m w ell, usci da D ublino; ed assalite le bande che lav oravano intorno al vecchio castello , e postele in ro tta, piombò tosto sul grosso dell’ esercito deH’ Ormond.

Il quale, malgrado tutti gli sforzi fatti per riordinare le sue genti sgom inate, dovette pur cedere il cam po, perdendo ten d e, b a g a g li, m unizioni, e lasciando circa tre mila morti sul campo.

Jones tornò vittorioso a D ublino, con più di due m ila prigionieri ; ed il Cromwell vi giunse poco d o p o , accolto con gioia. Ma si avviò tosto a Tredah, cui 1 O rm ond avea provveduta d’ un presidio di tre mila u o m in i, comandati da Arturo A s to n , ufficiale rino­

m ato , sperando con la resistenza di aver tempo a ri­

arsi. Crom well però non indugiò punto; apertasi ap­

pena la breccia, diede l’ assalto ; e sebbene due volte respinto, ritornò in persona collTreton all'attacco.

i Inglesi trucidarono allora tutto il presidio ; e romwell die voce d avere cosi operato, per vendicarsi e crudeli stragi commesse sotto il regno di Carlo I;

con più probabilità per ismuovere da ogni proposito di resistenza gli altri presidi. Difatti, appena giunti i suoi manzi a W exford , per incominciarvi l ’ assedio, le genti que presidio, fatta una leggera difesa, proposero di capito are. Ma trascurando essi di tener le guardie prima

(0 Questo posto, secondo Io storico John Lingard, sarebbe Bogo.rath.

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di aver ottenuta una tregua , diedero agio agli Inglesi di penetrare nella c ittà , la quale non trattarono meno aspramente di Tredah. D ’ allora in poi tutte le c ittà , dove Crom well com pariva, gli aprivano le porte. Rost si arrese, quantunque munita di forte guarnigione; Estio- nage fece lo stesso; ed il vincitore, gittato un ponte sul fiume di Borrow, si fece padrone di quel passaggio e di Carrick.

Owen O ’ Neal fu obbligato ad arrendersi a discre­

zione ; e la sua morte seguì poco apt resso. Gli Inglesi quindi non ebbero altre difficoltà a superare, tranne quelle delle fatiche e della stagione avanzata. Varie malattie , che infierirono nell’ arm ata, ne fecero perire una gran parte : l’ istesso Jones, governatore di Dublino, mori a Vexford. Però Cromwell, lottando contro tante difficoltà, ebbe a compenso che si dichiarassero per lui le guarni­

gioni Inglesi di C o rk e , di Kinsale e del Munster.

11 credito del Marchese d’Ormond era venuto meno in tutta l’ isola. Gli Irlandesi, mossi anche dalle preven­

zioni religiose e dall’astio nazionale, abbandonarono af­

fatto un governatore protestante, le cui imprese nell’ in­

teresse del Re erano tutte fallite.

Cromwell invece, ricevuti rinforzi dall’Inghilterra, s’ im­

padronì nella primavera di Kilkenny e di Clonmel, ultime

piazze che fecero una seria resistenza. Ormond non tardò

a sgombrar 1’ isola, tutto essendo crollato 1’ edifizio della

Unione Irlandese. Così nel corso di nove mesi il Crom ­

w ell, con una serie di non interrotti trionfi, soggiogò

l’ Irlanda e la ridusse come non era stata m a i, nello

spazio di cinque secoli di strag e, dallo sbarco de’ primi

Normanni in poi. Egli determinossi di por fine al con-

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flitto delle razze e delle

r e l i g i o n i

,

c h e

avevano per tanto tem po turbato quel paese. Le più grandi città furono da lui lasciate prive d’abitanti : ne cacciò parecchie migliaia sul continente, ne imbarcò molte migliaia per l’America e riem pì quel vuoto mandandovi numerose colonie di gen ti A n glo -S asso n i, seguaci delle credenze di Calvino.

C on tutto ciò, sotto quel regime di ferro, il paese con­

quistato com inciò a far mostra di una certa prosperità esteriore. Distretti che poco innanzi erano se lv a g g i, in brevi anni, vennero trasformati nei più floridi e coltivati.

Sorsero da per tutto nuovi ed ilìzi, e strade e pianta­

gioni. Le entrate dei terreni crebbero tanto, che i pro­

prietari Inglesi cominciarono a lagnarsi di incontrare 1 prodotti dell’ Irlanda in tutti i loro m ercati, e invoca­

rono delle leggi protezioniste ( i ) .

Intanto al guerriero vittorioso si preparava un nuovo campo di gloria in Iscozia. Ivi erasi trasferito il giovane R e , dopo avere acconsentito di professare il culto dei presbiteriani ed aver firmata la convenzione. In com­

penso di ciò, gli austeri presbiteriani, che dominavano in E d im b u rg o , gli avevano concesso di tener sotto la loro vigilanza e direzione una corte nelle vuote sale di H olivood.

M a tutti gli amici suoi Inglesi, come sobillatori, gli furono tolti d’ intorno. Argile, che era il personaggio più influente presso quei rigidi zelanti, quantunque aspi­

rasse a guadagnarsi l’ amicizia del Re, chiudeva le orec­

chie ad ogni sua proposta. Il clero, esaltando l’ altare sul trono, calpestava ed avviliva la regia maestà, tra-

( i ) Ma c a u l a y c ita to .

— 40 —

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endo partito dal predominio s u o , con ogni specie di contumelie. Carlo si vide non solo annichilito nella pro­

pria autorità, ma macchiato nell’ onore.

Nessuno faceva caso di lui, nei publici provvedimenti e nei Consigli di Stato. Era sospetta ogni sua racco­

mandazione per unire le discordi fazioni. I malinten­

zionati e sobillatori erano sempre oggetto della ripro­

vazione del clero ; e chiunque gli era sospetto veniva accusato con uno di quei nomi.

Gli stregoni furono un’ altra invenzione di quei fana­

tici. Molti di essi furono dai pubblici magistrati accu­

sati e condannati alla pena del fuoco. In un villaggio di sole quattordici case, presso Berwich, quattordici stre­

goni vennero arsi vivi.

Malgrado il poco accordo tra il giovine Re e quel partito di zelanti, il Parlamento Inglese, prevedendo che alla fine gli Scozzesi avrebbero potuto intendersi, si preparò ad una guerra ritenuta inevitabile. Rchiamò il Crom well dall’ Irlanda; il quale cedette il comando del- 1 ’ isola ad Ireton, e restituissi in Inghilterra.

F airfax, sempre generalissimo di nom e, avrebbe po­

tuto agire contro la Scozia e comparire alla testa degli eserciti. Ma egli per iscrupoli insuperabili, si asteneva dal muover guerra alla Scozia : considerava gli Scozzesi come caldi presbiteriani, e congiunti all’ Inghilterra coi sacri vincoli del concordato.

Si cercò di persuaderlo con un Comitato del Parla­

mento , del quale fece parte l ' istesso Cromwell. Ma ri­

masto inflessibile il Fairfax, rassegnò il posto al Crom ­

well , il quale diventò così anche di nome il capitano

generale di tutte le forze dell’ Inghilterra.

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C ro m w e ll, colla sua so lita . vigilanza e prestezza, si mise in m oto; ed entrò in Scozia con sedici mila uomini.

G li Scozzesi erano capitanati da Leslev, ufficiale espe- rimentato e che aveva concepito un ottim o piano di di­

fesa; perchè fortificatosi in un campo trincerato, Si era stabilito tra Edim burgo e Leith, ed avea fatto togliere dalla contea di Morse e dal paese dei Lozj quanto potea

servire di sussistenza al nemico.

C rom w ell avanzatosi verso il campo di Leslev, cer­

cava d’ indurlo a battaglia; ma il cauto Scozzese, sa­

pendo che se non era inferiore di numero lo era di di­

sciplina, si tenne dietro ai ripari, ingaggiando solo dei piccoli scontri e delle scaramuccie.

In una di queste il Cromwell, sempre intento a stuz­

zicare il nemico perchè venisse a battaglia, trovossi coi soldati dell’ avanguardo. Un tiratore nemico, avendolo riconosciuto, gli scaricò contro il proprio fucile, senza coglierlo. Crom w ell rivolgendosi a lui pacatamente gli disse : « Se tu fossi dei m iei, ti farci severamente punire per avere sbagliato un colpo cosi commodo e sicuro ».

Anche il giovine R e, seguendo il consiglio del Conte d’ Eglinton, si era portato nel campo del Leslev, dove 1 soldati lo aveano entusiasticamente acclamato. Ma tosto il clero se ne ingelosiva ; ordinava al Re di

o

la scia re il

a

»

campo, e facea dare lo sfratto a qualche migliaio di sol­

d ati, supposti malintenzionati e sobillatori, purgando cosi 1’ esercito, che essendo composto di soli santi, non lasciava più temere che potesse subire dei rovesci.

Il clero, che tutto voleva dirigere, vietava altresi a

Leslev di combattere nel sabato, per non avvolgere la

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— 43 —

nazione nel peccato ; e mormorava del prudente generale, che tardava a salvarli da’ suoi nemici.

Crom w ell, a cui quella guerra difensiva mantenuta dal Lesley riusciva assai dannosa per la difficoltà di provvedersi le vittovaglie, che doveva ricevere dalla parte del mare, fu costretto ad avvicinarsi a Dumbar.

Lesley gli tenne dietro: accampossi sulle alture di Lammermore, che dominavano quella fortezza, e prese possesso dei passi più importanti tra Dumbar e Berwich.

Lo storico Hume dice che Crom well, ridotto a mal par­

tito, pensava davvero ad imbarcare fanti e cavalli, quando

* s’ accorse per alcune mosse del campo nemico che questo disponevasi ad assalirlo.

11 conte Majolino Bisaccioni, nella sua Storia contem­

poranea delle guerre civili d’ Inghilterra, narra il fatto in tal modo: « Cromwell pensò all’arte dove la forza non va­

leva. Finse dunque di ritirarsi verso il porto di Dumbare per mancamento di vitto vaglie, ritirata che aveva del verosim ile, quasi che stanco e disperato dell’ impresa di Scotia volesSfc ritornare in Inghilterra. Creduli li Scozzesi uscirono de’ posti per dar alla coda à gli In­

glesi, che arrivati vicini a Dumbare, furono fieramente

attaccati da’ Scozzesi. Giunta la retroguardia a sito

van taggioso, voltò faccia, et con essa tuttcf il corpo

dell’ esercito , et si attaccò quella battaglia, che tanto

avevano li Scozzesi fuggita. La fattione fu b reve, e

sanguinosa per li Scozzesi, e fortunatissima per il

Cromwell, restandovi morti più di tre mila di Scotia, et

prigioni otto m ila , con perdita di trentadue pezzi di

cannone, et di tutto il bagaglio; rotta cagionata dalla

fanteria, che intimidita dall’ attacco furioso della ca-

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valleria, gettò l ’ a rm i, volgendosi ad una vilissima tuga, l^u questa vittoria ai 18 di settem bre; doppo la quale mandò il Crom w ell duecento insegne a Londra tolte à gli inimici, che furono poste nella gran sala del I alazzo di W estm inster ; et in tanto voltò l’ esercito ad E d im b u rg o , essendosi ritirato il Re più verso tra­

montana a San Johinston, dicendo ad alcuni suoi con­

fidenti d ie sperava in Dio, per quella vittoria ottenuta da In g le s i, di esser libero dalla oppressione di quei scelerati presbiteriani » ( i ) .

Il \ illemaine dice: « Tutto assicura che gli Scozzesi, ove si fossero lim itati a ben custodire le alture ed i passaggi, avrebbero costretto il Cromwell ad arrendersi per fam e, e lo avrebbero attaccato con suo irreparabile svantaggio. E cosi credeva il L esley; ma l’ ardenza dei ministri la vinse ».

L o storico Lingard dà pure una minuta descrizione della battaglia; e quantunque coincida nel numero dei morti, feriti e prigioni, pure non spiega chiaramente, come il latto per sé stesso evidentemente lo dimostra, che una

( ) Ho citato questo brano del Bisaccioni, per dare un saggio, del come egli mostri bene informato riguardo a cose militari. Uomo di guerra, giudica cognizione di c a u sa rn e si lascia accecare dall'odio delle fazioni ; benché servito il Pontefice ed altri Sovrani d 'Europa, non poteva essere certa­

mente partigiano del C rom w ell.

II Bisaccioni appartiene a quella lunga schiera di raminghi Italiani, che nella a ed oppressione della loro patria erano costretti ad offerire i propri ser­

vigi alle Potenze straniere, contribuendo alla grandezza delle medesime coll’ in- g g o e col sangue, e venendone bene spesso o dimenticati o rimunerati d’ in­

gratitudine.

... C SUCt nor'z‘e s' Possono rilevare dalle opere seguenti: Scena degli uomini 1 “ str‘ d I‘ aha del Conte Gualdo Priorato. Venezia, 16 5 9 ; Glorie degli Incogniti.

V enezia, 1647.

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vittoria cosi completa non poteva che essere il risultato di un piano militare ben meditato e felicemente com ­ piuto dal Cromwell.

La disfatta di Dumbar aperse le porte di Edim burgo e di Leith al vincitore, mentre i pochi fuggiaschi di Lesley si ridussero a Stirling. — L ’ approssimarsi dell’ in­

verno, e le febbri che colsero il Crom w ell, arrestarono per allora il corso delle sue vittorie.

La sconfitta dei presbiteriani Scozzesi, parve al Re un evento fortunato, in quanto che i due eserciti che ave­

vano combattuto gli erano quasi nemici del pari, ed in ogni modo i vinti dovevano lasciargli maggiore autorità, per essere meglio sostenuti dal suo partito. In fatti egli potè avere presso di sè 1 ’ Hamilton, il Landerdale e gli altri suoi più fedeli, che dovettero però far pubblica penitenza.

Quindi il Re con molta pompa e solennità fu inco­

ronato a Scone. Ma tante erano ancora le vessazioni, e tanto gli era gravoso il dover assistere a tutte le pre­

diche e sermoni de’ suoi fau to ri, che un giorno tentò liberarsi da quell’ incontentabile c le ro , per raggiungere Middlcton il quale alla testa di alcuni realisti percorreva i monti vicini. — Raggiunto dal colonnello Montgom- m ery, si lasciò persuadere a tornare indietro, facendo di necessità virtù ; ma dopo quel tentativo di fuga, ottenne miglior trattamento.

Intanto, nella propizia stagione, si potè radunare un nuovo esercito Scozzese, sotto il comando di Hamilton e Lesley ; ed il clero permise che il Re si portasse pure nel campo. I soldati delle parti occidentali, per non mi­

schiarsi coi sobillatori e malintenzionati, fecero un corpo

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separato sotto il comando di Ker. Essi si dissero i pro­

testatori; gli altri si chiamarono i risolvitori — fazioni che lacerarono poscia e per gran pezza il Reame.

Carlo II si era accampato coll’ esercito a Torw od, la­

sciandosi alle spalle la città di Sterling, donde traevansi liberamente le vettovaglie che pervenivano dai paesi settentrionali.

La fronte del campo del Re, già ben difesa da forti trinceramenti, teneva in rispetto il nem ico; ed i suoi ge­

nerali non pensavano che a conservarsi sulla difensiva, seguendo le massime dell’ ultima cam pagna, alle quali dovevano i prosperi risultati ottenuti.

In questo mentre il castello di Edimburgo si era do­

vu to arrendere al Crom w ell; ma questi non avea po­

tuto tentare l’ assalto di Sterling.

A ll aprirsi della buona stagione, riavutosi il Crom­

w ell da una grave infermità, cagionatagli dalle febbri e che aveva fatto temere della sua esistenza, riprese con ogni attività le militari operazioni. Cercando con tutti i mezzi di indurre il nemico a battaglia, s’ impadroni, sotto gli occhi dei soldati di C a rlo . di un forte che difendeva le trincee da essi erette nell’ inverno.

Ma non riuscendogli di attirarli alla pugna, spedi Lam­

bert nella Contea di Fife, per intercettare i viveri al ne­

mico. Lambert mise in rotta un corpo di realisti, co­

mandati da Holborne T? Brown, facendone molta strage.

1 ale disfatta obbligo 1 ’ esercito di Carlo a ritirarsi più

\erso Sterling. L o insegui il Cromwell, e si piantò co 1 - 1 esercito suo dietro a quello del Re, tagliandogli cosi la ritirata verso l’ interno della Scozia. Previde bensi che a Carlo rimaneva aperta la via dell’ Inghilterra; ma

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scrisse al Parlamento di aver appostale truppe sufficienti per arrestarne la marcia se mai l’ avesse tentata.

Carlo, ridotto alla disperazione, volle arrischiare 1 ’ ul­

timo colpo ardito che rimanevagli; e conoscendo di aver favorevoli le provincie del Nord, mosse alla volta del­

l’ Inghilterra. Partì dunque, col massimo secreto, il 29 di luglio; ed il giorno 6 d’ agosto toccò il suolo inglese dalla parte di Carlisle, alla testa di sedici mila uomini.

Ma Cromwell non ismarissi punto per tale audacia.

Esortò il Parlamento a non tem ere; spedì il Lambert dalla Contea di Fife, con un corpo di cavalleria, ad inse­

guire il nemico , ordinandogli però- di evitar la battaglia fino al suo arrivo col grosso dell’ esercito; e lasciò Monk con settemila uomini nella Scozia per compirne la sommissione.

11 Parlamento rassicurato decretò ogni possibile arma­

mento per la difesa, ed ogni misura di repressione contro i realisti. Carlo si avanzò rapidamente per la Contea di Lancaster, e Massey fu spedito innanzi per organizzare le leve dei sollevati. Ma il Comitato della Chiesa proibì di reclutare soldati che non avessero prima aderito al Convenant; e quantunque Carlo avesse annullato que­

st’ ordine, i ministri presbiteriani insistettero perchè fosse osservato. Massey si fermò ; e fu raggiunto dal Conte di Derby coi suoi cavalieri e fanti dell’ isola di Man.

Nello stesso tempo Cromwell aveva spedito il colon­

nello Lilburn col suo reggimento di cavalleria, per ra­

dunare i rinforzi che accorrevano da -Yorckshire e Ches-

hire. Derby, coi soccorsi dei realisti di Manchester,

tentò di sorprendere Lilburn; ma fu invece colto egli

stesso da questi, sulla strada che conduce da Manchester

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