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TOMO IX. PARTE
III.LIVORNO
DLHTA.M, A.YfONLLI.l BC.
1836.
LIBRO LXVIII.
Leone ricompensa i suoi partigiani. Crani innanzia Costantinopoli. Devastazioni fatte ila’Bulgari. Leone incorona suofiglio.Si rin-
nova
iltrattatocoiFrancesi.Arcadiopolipre- sa dai Bulgari. Mortedi Cnirn. Vittoria di Leone sopro iBulgari. Altradisfatta dei Bul- gari. Gl'Iconoclasti sollecitano Leone, a di- chiararsi in loro favore.Nuova
impostura.Antonio vescovo di Sileasi unisce a’nemici delle immagini.Leone tentadi sedurreilpa- triarca.Assemblea dei veseoviortodossi.Pri-
mo
attentatodegl* Iconoclasti.Finzione dìLeo- ne. Esilio di Niceforo. Teodolo patriarca.Concilio degl’Iconoclasti. Persecuzione. Go- verno di Leone. Michele il Balbo accusaloe condannalo. Fugge dal supplizio. Cospirazio- ne contro Leeone. Assassinamento di Leone.
Michele il Balboimperatore. Carattere diMi- chele. Condottadi Micheleriguardo aicatto- lici. Empietà di Michele. Ribellione diTom- maso. Alleanza di
Tommaso
coiSaracini.Di- verse imprese diTommaso.Tommaso
marcia a Costantinopoli, viarriva,edattacca la cit- ta.Secondoattacco.Disfatta di Gregorio.Tom-
maso
vinto dai Bulgari. Si ritira dall’asse-» iba o LXTiii. 351
« vendico di le; dovevi tu preferirmi Proco-
« piu?Principe, glirispose
Emanuele
conno-« bil francheizu, tuse*presentemente ciòclic
* era alloraMichele;non dovevamo noi ser-
« virlo? »
Sei giorni dopo )’ incoronazione di Leone,
Ci
um
fatteriposare le sue.troppe, evedendo cheil nimicopiù non gli contrastavail passo lasciòilfratello con una parte dell’armata,per assediare Audrinopoti> e s’inoltrò verso Costantinopoli,dove, per rendersi propizj i suo»Dei, fece lecerimoniedella sua barbara religione, cbe furono osservate dall’alto delle mura. Sacrificòegli alenili uomini ed animali, e fi lavò i piedi al lidodel mare,versandone
1’acqua sopra la sua testa, ed aspergendone l'armata, cbeproruppe in voci d’allegrezza.
Tornò quindi alla sua tenda fra due filedelle sue concubine, cbe si prostravano io terra al suo passaggio,e I’onoravano cantando inni.
Per assicurare il
campo
dalle sortile dei ci- mici , fece scavare uua fossa, dal golfo siuo alla Propoutide, e la fortificò con una paliz- zata.Mentre assediava la città, ne devastò idintorni,e
mandò
alcune proposizioni di poco aLeone, inacon tutta Palterigia tPun vinci- tore o Pinsolenzad'un barbaro. Chiedeva un tributoannuo,ed una gran quantitàdidrappi, uon sapendo aucora i Bulgari lavorare uè la352
CECHE
Y. L*A R M EHO»
«età, nè la lana. Pretendeva inoltre, che gli si desse per li suoi piaceri un certo
nume-
io di fanciulle a sui scelta,e gli sipennel- lesse d’andare a carello a conficcare la sua lancia nella porta dorata.Leone, convocatoilsuo consiglio,gli fece rispondere, che per conficcare la lancia in una delle porte della città,bisognava eh’ ei n*1 fosse il padrone;
che riguardo alle ultre proposizioni, era ne- cessario discuterle in una conferenza;e che questa potevatenersi «all''«stremilà del golfo,
dovesisarebberopotutimandareduilJunaparte e dall'altra cinque o sei persone disarmale, colla facoltà di concbiudere il trattato. Accet- tata laconferenza, Leone, dubitando cheGiu a pocodilicoto in materia d'onore, andasse in persona,fece nella notte seguente nascondere, in uncasolare vicinoalla porta di Blaquernes tre soldati armati d’arcoe di dardi, con or- dine di tirare sopra il re bulgaro ad uncerto segnale, che sarebbe loro dato.Nelgiorno se- guente Ci
um,
scortato da sei nffiziali,si recò al luogo assegnato,dove si presentarono ad un tempo sopra il golfo altrettantiGreci, i quali, affidati alla parola di lui, uscironodallabare*o s’inoltrarono sopra il lido.
Crum
smontò di cavallo, e si pose a sedere. S’incominciava « conferire,quandoCrum,
avvedutosi d’unse- gnale che si davo dalla città, entrò in dilli-i ibb o txvui. 353
fie n7,a, e montato d’un salto a cavallo, prese la fuga.Nellostesso
momento
, il popolo dal-l’ alto dellemora,gridò: Fittoria alla Crocei ed i soldati dell’imboscata , inseguendo ilre, lo ferironocon più colpi, niuuo dei qualipe- rò fu trovato mortale.Di quelli,che lo ac- compagnavano, uno venneucciso, e duealtri presi e condotti in Costantinopoli:questiera- no due greci, padre e figlio. Il padre,chia- mato Costantino,era passato, molti annipri-
ma
,fra i Bulgari; ed avendo acquistatocre- dito in corte,aveva sposatala sorelladiCrum,
dalla quale aveva avato quel figlio. Teofane,
che terminaqui lasuastoria,racconta questa perfidia diLeone
come
una lodevole impreso, e ne attribuisce 1’esito infelice ai peccati dei Creci,per li quali,die’egli, la Provvidenza non secondò il disegnodi Leone. Qaest’ auto- re,meno
giudizioso che divoto è posto fra isanti.
Ma
egli viveva sotto il regno di Leoue;di cui maschera i delitti:tanto è difficile an- che ad un santo il superare ogni timido ri- guardo, scrivendo lastoria deisuoi proprj pa- droni.
Crum,giustamente sdegnato di questa
man-
canza di fede, incendiò tuttiicircostanti edi-fizj. Le chiese, i monasteri,i palagifuronodi-
vorati dalle fiamme. IBulgari ruppero le co- lonne
,epresero il piomboe lestatue ded cir-
354
LEONE
V. VA RM E N O.co fuori della città, in vicinanza di s. Mania;
trucidarono i prigioni;scannaronogliarmenti:
desolarono i lidi delBosforo fino al
mar
Nero;bruciaronogli arsenali, eriportarono un
im-
menso bottino.Si volsero quindiVersoilCber- soneso della Tracia. L’incendio divorò chec- chév’era fra CostantinopolieReggio;il ponte, che attraversava ilfhime Atjrac, opera cele- brenonmeno
perbellezza che per solidità, fu interamente distrutto. Selembria e Danno furono demolite. Eraclea si salvò da quel fu- rore per laforza delle suemura
;ma
ne fu- rono saccheggiati i dintorni.Fu
minataRede- sta,e gli abitanti passati tutti a filodispada.Essi trovarono però Panioin istato di difen- dersi,onde, dopo averla inutilmente attacca- ta,risalirono fino allacittà d*Apre, ela di- strussero, con tuttele altre poste ioquelle contrade. Tra Apre e
Gana
,situata all’estre- mità dellaPropontide, s’innalzava una catena di montagne,dove si erano ritirati i popoli vicinicoi loro armenti: i Bulgari vi penetra- rono, uccisero gli uomini,e ne rapiron ledonne, i fanciulli ed il bestiame. Entrarono quindi nel Cnensoneso, e lo devastarono fin dirimpetto adAbido. Snzj di stragi e di botti- no,si ritirarono versoV imboccaturadell’Ebn>
d’onde risalirono sino ad Andrinopoli, deso- lando tutto ciò che trovarono per via.
Cium
i i na o inviti’. *' 3j">
riunendosi al fratello,cheassediava la piazzi antidetta, nou cessò per molti giornidall'ado- perare tutte lesue macchine. Finalmente gl*
abitanti vedendosimancarei viveri, enon ispe- rando soccorso, si trovarono costretti ad ar- rendersi.La cittò fusaccheggiata edilpopolo ridotto alla schiavitù. Ciò avvenne presso Co- stantinopoli, città la più grande e la più po- polosa dell’impero. I prigionieri, in
numero
di dodicimila oltrealledonno,furono traspor.
tatial di làdel Danubio. Leone,afflitto alce- dere tante devastazioni derivate dalla sua per- fidia, nonessendo in condizioned’opporsi,fa- cevaleva di truppe nell’Asia, e le radunava inCostantinopoli;
ma
fìnaltantochesifossegià formato un nuovoesercito, pensava a stabilire lasua possanza,ed a perpetuarlanellasua po- sterità.Avendo un figliopiù grande, ^chiamato Simbade, gli conferì il titolod’Augusto,inco- ronandolo nellefeste di Natale, etramutan- doli»ilnome
in quellodiCostantino, per imi- tare LeoneIsaurico,cheaveva dato lo stessonome
a-suo figlio. Questo era Timperatore, eh’ei siproponeva a modello, e non aspettava che ilfine della guerra dei Bulgari, per in- cominciar quella che mulinavacontrolaChie- sa, e che, secondola predizione degl’indovini gli dovea procacciareuna lunga prosperità.Dopo
il regnod’Irene, gl’imperatori greci 20*3r>6
LEONE
V. 1,’A R M E N O.avevano sempre mantenuto corrispondenza con Carlomagno per mezzo <Timbasciate so'mhi - voli.
Quando
Leonesalìal trono, trovo nella corteAmalarlo arcivescovo diTrever,ePietro abate di Nonantola, deputati dell’imperatore a Michele Rangabè. Leone, nel congedargli,fece partirecon essi Cristofano suoprimoscu- diere,ed il diacono Gregorio, per chiedere a Carlomagno qualche soccorso controiBulgari.
M
i questo principe era mortonel giorno 2>S digennajo. Luigi il Pio li ricevette con ono- re: diede loro un liberoaccesso presso la su;»persona, finattautoche rimasero alla corte, e quando partirono, li fece presentare di molti consiberabili donicosì peressi,
come
perl’im- peratoreLeone. Furonoinoltreaccompagnati,e trattatisplendidamente a sue spesefino alle frontiere. Andaronocon essi Norberto vescovo di Reggio,eRicoino conte di Poitiers,intri- cati di chiedereaLeone la continuazione
dH-
l’antica amicizia, e laconferma dei preceden-
titrattati. * Annal. frane., Thegan. degestis lud.jChron. des.Denys., Eginh.annal. ,Chron.
sax., Sigeb- chron.,
Du
Cange, farti, byz.p. 130. )
Siccome 1’inverno in quell’annoera dolce e sereno, e-1 i fiumi non erano ingrossati dal- lepioggie,cosìiBulgari non restarono inozio.
Un
corpodi trentamila cavalleggieri attrfcver-t. t K R O LXVtrt, 351
«ò la Tracia; passato il
Rame
Rhigia,detto a.che Bithya, attaccò Arcndiopoli, cittàricca<* popolosa, posta sulla sinistra del fiume,cir-
ca a trenta leghe da Costantinopoli, ed aven- dola presa , ne fece schiavitutti gli abitanti.
Giàsi preparava a partire, quando una piog- gia abbondante, che darò per otto giorni,
avendo fatto traboccareilfiume, gli chiusein- teramente il passo, e loconstrinse a trattenersi per quindici giorni nel suo
campo
, assediato dalle acque. Quest’ era perLeone un’ occasio- ne di profittare dell’imbarazzo dei nimici, e di liberare i prigionieri che lo chiamavano in toro soccorso.Ma
nonessendosi ancora radu- nate le sue truppe,non potè uscire da Costan- '• tinopoli. Finalmente dopo cheil fiumesi fu% ritirato
, i prigionieri furono forzati ataglia- re il legname necessario per farvi unpoote*
Essi erano da cinquantamila; e furono tra- sportati nellaBulgaria coi loro effetti,e co- gli armenti.,( Ce<ir, p. 487, 504., Zon.
h
2.p. 129., Auclor incertus post Theoph. p*
434. Contin. Theopg. p. 16. 16. 36., Simcon.
p. 409., Genesius p. 5. 7. 12.)
Questa scorreria non era che il preludio d*una più rilevante spedizione. ( an. 814 ) Cium, risolutodi perire,odiprendere Costan- tinopoli, e di vendicarsidella perfidiadell’im-
358 t E O N E V. 1/AR Ai E N O.
peratore, aveva posto in armi tuttii suoisud- diti, Bulgari, Abari, e Schiavoni, oh’erano in islato di combattere. Aveva inoltre fatto co- struire Un infinito numero di tutte le specie di macchine destinate alla ruina dellecittà; c per trasportarle, aveva preparato cinquemila carro, e radunato diecimila bovi. Allanuova di sì formidabileapprestamento Leone
mandò
esploratori sul luogo, dai quali seppe, che gli'.sfoizi del re bulgaro eranovie maggiori di
quello che sidiceva, e che il medesimo aveva in pensiero d’attaccare la cittàdalla parte di Blaquernes, essendo questo illuogoincuiave»
corso pericolo dellavita. Siccome questo luo- go era il più deboledella città, perchè non difeso che da un semplicemuro,così Leonevi fece innalzare un secondo muro., e scavare un largofosso fortificato da unapalizzata.
Un
tal lavoro noneraancoracondottoatermine quan- do un accidente improvviso lo rese inutile, e liberò dal timore l*imperatore e la sna capi- tale,Crum
iumezzoai grandi movimenti chesi dava persì rilevante impresa, morì a’ 13
<raprile, gettando sangue per labocca, per le narici egli orecchi.
Un
avvenimento tanto interessante per 1*impero meritava d’essere distinto con qualche miracolo;quindi si die- devoce,che circu lequattro ore della matti- na, nelmomento
istcsso, iucuiCium
stavai. i b n o Lxvur. . 359 spirando, alcuni naviganti, che radevano le spiaggiedella Bulgaria soprail
mar
Nero, ave- vano udito un grido dal cielo,ilqualeloroan- nunziava la mortedi quel principe.L’imperatore, persuaso che un tal acciden- teavrebbe sconcertati i progetti dei niinici,
mandò
a far loro alcune proposizioni d’acco- modamento.Ma
il nuovo re,chiamato Deuco- mo, lerigettò alteramente, dichiarando eh*ci non erameno
determinato avendicare il suo predecessore diquellochelo fosse stato Crurna vendicare sestesso.
Fu
adunque mestieri di venire ad una guerra che doveva essere san- guinosissima. I due principi marciarono con tutte le loro forze, e s’incontrarono presso Mesembria. IBulgari impazientidicombattere, mossi dallo stesso sdegno <|el loro re^, attacca- rono immediatamente labattaglia con tal im- peto, chenulla potè loro resistere.I Greci , assaliti da altrettante bestie feroci,si atterri- rono, e sidiedero alla fuga.I Bulgari gl’in- calzarono colla spada allereui, e ne fecero strage. Leone si era posto con un corpo di riserva sopraunacollinettavicina,d’ondespe- diva i suoi ordini.
Quando
videche la fuga dei Greci aveva posto iniscoinpiglio il nimico:Compagni
, dissea’suoi, ecco ilmomento
del- la \-iUoria, strappiamola dallemani
deiunni- ci. Essa è vostra-, seavete il coraggio dise-360 l E O W E V. I.’A R M EN O.
guirrni. Ciò detto,discende dallacollina colla rapiditàdel fulmine, attacca in fianco esfonda Tannata nimica. Ifuggitivi si rivolgono ed assalgono quelli, da cui erano inseguiti.I Bul- gari, non potendo rimettersi in ordine, cado- no, e si rovescianogli unisopragli altri.Ilre.
gettato giùda cavallo, erasul punto di per- dere la vita,se non vi fosse stato prontamente rimesso. per darsi alla fuga. Vi fu un gran
numero
d* uccisi,ma
vieppiù grande di pri- gionieri. L’imperatore rientrò in trionfo in Costantinopoli, riportando le spoglie dei ni- rnici.Nell'anno 815, i Bulgari ripigliarono co- raggio, ed uscironodinuovoincampagna; Leo- ne non tardò a marciare controdi essi.
Quan-
do fu a fronte dei nirnici, facendo sembiante ditimore per aumentare la loro fiducia , cir- condò il suocampo
d’una forte palizzata, e stette per moltigiornicome
seppellito ne' trin- ceramenti. Riceveva liberamente i viveri dalla parte non guardata dai nirnici;cosicché nel suocampo
regnava Tabbondanza. I Bulga-ri perlo contrario,accampati sulterreno del- T impero, trovavano apppna di che sussisterei Vedendo,che i Greci nonuscivanodalcampo, presero il partitod’ attaccarli.Leone, ben ser- vito dagli esploratori
, avendo saputa la loro risoluzione, pres*; un corpodelle migliori sue
i ier o LTvnr. 3GI truppe, enon comunicando ilsuo disposo che ad un uffiziale suo confidente,chelasciava per comandare intempo dellasua assenza
,
parli di notte, e andò a porsi dietro mia collinetta vi- cina. Nel giorno seguentesisparse nel
campo
la voce, che I'imperatore aveva preso lafuga;, cosicché il comandante durò grandissima fati- ca a trattenere i soldati fino a giorno.I fug- gitivirecarono questa notizia al
campo
nemi- co.IBulgari fecero i loro preparativi perat- taccarlonel giorno dopo, promettendosi una sicuravittoria.Nellanotteseguente, persuasi che Timperatorefossegià lontano,dormivano tranquilli,quandoLeone,scendendotacitamen- tedalla collina, penetrò nel loro
campo
, ed avendoli sorpresinei loro letti, fece venire il resto delsuo esercito, il qualenon ebbe altra brigaiuorquella di trucidare ifuggitivi.Non
campò animaviva da quella strage, incuinon fu risparmiatolo stessonuovo re.Leoneentrò in seguito nellaBulgaria, ed i Greci ricam- biaronoaiBulgari le crudeltà,cheneavevano ricevute. Furono passati a filo di spada quel-li eh’erano atti alle armi: le donne furono strascimte in isehiavitù; e perun eccesso di furore, ."urono veduti alcuni soldati strappare dal materno senoi bambini lattanti,e schiac- ciarli centro isassi.Questa crudele spedizione faceva ttemareiBulgari cinquant’anni dappoi;
3fì2 L E O I» E v. l’A R M EH O.
e diederoil
nome
di collina diLeone a quel-la,dietro cuil’imperatore si eracelalo; colli- na, che fu per essi un
monumento
cosi fu- nesto,che non potevano passarvi da vicino senza fremere. Mortigone,poco dopo re d»ù Bulgari, fermò eoo Leone una treguadi tren-t'anni,e nel giuramento, con che i due prin- cipiconvalidarono il trattato, uno storico os- serva, dalla parte di Leone, una bizzarrian«»u esente da empietà.Ei giurò pergli Dei Bul- gari,ed obbligòMoilagonea chiamare intesli- /
mone
di buona fede il Dio dei Cristiani.Ma
la memoria di sìfunesta disgrazia fec? sopra
i Bulgari uneffettopiùdurevole di tuttiigiu- ramenti;essi rimasero in pace per settanta- quattro anni.
La prosperità di tali imprese gonfiò I cuor diLeone.Questo principe spedìin tutteie pro- vincie dell’impero una lettera piena di vani- tà,nella quale, senza rendere alcun omaggio all’Arbitro
Supremo
delle vittorie, attribuiva la sua alla saggia sua condotta ed ala forza del suobraccio. Vincitoredi que’ formidabili nimici, ai quali cedetteroi due predecessori, si reputò abbastanza potenteper attaccarela Chiesa,ed abolire un culto consacrate daun
nso immemorabile,econfermatovent’ inni in- nanzi daunconcilioecumenico. Siricordò del- lapretesa pitonessa, e di quell’anacoretaim-uno
XLtm. 363postore, chegli aveva promesso uo lungo e glorioso regno, sedistruggevaleimmagini.Era circondato 4«cortigiani ignoranti e irreligio- si, che lusingavano la sua inclinazione all’ere- sia. I capi di quella corrotta truppa erano Giovanni il Gramatico, eTeodoto Cassi tera. Il
primo chiamatoancoraItila,era della famiglia dei Morocharzemi, una delle più illustri della città di Costantinopoli, il quale preso I’abito monasticonella sua prima gioventù, fu abate del inonistero de’ss. Sergio e Bacco, contiguo al palazzo, i cui monaci formavano parte del clero imperiale.Egli affettava un esteriore {li- votoe contemplativo.
Un
giorno, in cui assi- steva all’uffizio a lato dell’imperatore,men-
tre si leggevano le parole del quarantesimo capitolo d’ Isaia:Sottoqualimmagine adorere- te voi VOnnipotente? La
mano
dell' artefice potràrappresentarlo nell'oro enell’argento?si avvicinò all’orecchio del principe, e gli disse sospirando: Odi, signore,
U
parole del profeta? Questo c un avviso,che ti dà.L’ipo- crita,per acquistarsi riputazione presso il po- polo imbecille, si spacciava per indovino delprimo
ordine,e pretendeva di scoprire i se- greti del passato e dell’avvenire per mezzo d’unbacino di rame,speciedi divinazione an- che più stravagantedelle altre,che gli feceda- re il soprannome di Lecunòmuute. Michele il364 l E O N E T. t’A RM E NO.
Balbo, il più ignorante di tutti gli uomini,
incantato del di lui sapere, lo impegnò ad in- caricarsi dell’educazione di suo figlio Teofi- lo,che fu poscia imperatore,e quel cerretano corrotto comunicò al suoallievo piuttosto il
veleno dell*eresia, che lacognizione delle let- tere.Teodoto Gassitera era della famiglia dei Melisseni, già distintasotto CostantinoCopro- nimo, che lareseillustre, sposando in terze nozzeEudocia, sorella del patrizioMicheleMe- lisscno. Questa famiglia sopravvisse alla rui- na di Costantinopoli,e sussisteva tuttavia con isplendore nell’ultimo secolo. Teodoto, figlio di Michele, e nipote d’Eudocia, era disposto a sagrificartuttoallafortuna. Avevaeglistret- toamicizia conGiovanniLecanomante; ed
am-
<biduesi eranogià vendutia Leone anche pri-
ma
che fosse imperatore. Nelle conferenze,che questo principe teneva con loro, gli ripeteva- nocontinuamente, chegl’infedeli non ripor- tavanocosì frequenti vantaggi sopra i cristi <- ni che per nn effettodello sdegno diDio’, ilquale puniva i Greci caduti nell’idolatria; e che per conseguenza bisognava proscrivere il i
culto sacrilego, che la superstizione prestava i
olle immagini. Facevano nn parallelo diLeone Isauricoe di Costantino Copronimo coi loro successori:-« Imita i primi
,gli dicevano, e
« Dioti farà regnare per lungotempo glorio-
j
LIMO
LXVHI. 36ì« sfinente, e tuofiglio saràricolmo rii bene-
« dizioni, che siestenderanno sopraituoi di'
« scendenti fino alla quinta generazione. » Leone,animato da questi lusinghieri discor-
si, ricevette un nuovo colpo di sprone,che
fini di precipitarlo. Volendo ricompensarequel falso anacoreta,che gli avea predetto I’impe- ro, gli
mandò
alcuni doni. L’anacoreta era morto, ed un altro impostore dello stessoca- libro, chiamatoSabbazzio, si era stabilito nella cella di lui per rappresentare il medesimo personaggio.Sabbazio ricusòcon isdegno ido- ni di Leone.-« Ya’ a dichiarargli a mio no-« me, disse al messo, che io nulla ricevo da
« un idolatra. Ei morrà ben presto, poiché
« soffre chesi adorino glioggetti d’un culto
« superstizioso,e segue le tracce della pante-
* ra, e del tl,igeilo della Chiesa. » - Questi erano l*imperatriceIrene, ed il patriarcaTa- rasio contrassegnati da quel malvagio sotto que’nomi ingiuriosi. Leone, attonitoasi seve- roummouizione, se ne lamentò con un
uomo
da nulla, pernome
Basilio,chegli era entra- to in grazia, ese I*intendevacogl’ Iconoclasti.Basilio, per calmarlo
, gliproposed’indirizzar- si ad un monaco, di cui gli fece il piòenfati- co elogio.Questoera un angelo,diceva egli, in forma umana, il confidente dell*Altissimo.
I lumi di lui erano soprannaturali; le predi-
366
LEONE
V.l'aRMENO»'
zioni infallibili.Basilio consigliò l’imperatore ad fidire il santimento di quest' oracolo, ed uniformarsi alle 6uo decisioni. Allorché vide
1’imperatore determinato ad andarvi segreta- mente nella aotleseguente, vestito in maniera da non esserriconosciuto loprecedè, corsealla celladelmonaco,loavverti della visitaedel tra- vestimento dell’imperatore,e 1’istruì diciòche doveva dire. Giunta la notte, I’imperatore uscì dalla corte, • si recò all’abitazione del monaco iu compagniadel soloBasilio,ilquale era incaricato diconsultare iu di lui presenza
il preteso santo«opra il culto delle immagini.
Il raooaco, uou che rispondereal cortigiano, fissandogliocelli sopral’imperatore:-« Piin-
« cipe, gli disse, tu rappresenti uq persouag-
« gio molto iudegnodella tuamaestà, uascon-
« dendoti sotto cotesto abito per deludere «n
« povero peccatore.
Ma
colui che tutto veti**,« mi ha aperti gli occhi per riconoscerti.Odi
« ciò che tidichiara per bocca mia. Se c*tn-
« mini sopra le orme diLeone Isaurico, re-
ti gnerui per setUntuduc anni, pacifico al di
« dentro,e vittorioso al di fuori: sarai il dc-
« cirnoteiztFapostolo;evedrai i figlide’tuoi
a figli sedenti al tuo fianco sopra iltrono. Se
« poi ti allontanerai dall’esempiodiquelgran
« principe, aspettati le più grandi disgrazie.
IIP.RO
LXVUI. 3f>7« ed un» morte immatura. »- Leone, colpito
«laqueste parole,e persuaso cbe queir
uomo
divino nonlo abbia potuto conoscere cbe per mezzo d’una rivelazione, prometted’ubbidire ogli ordini delcielo, esi ritira pienodi fana- tismo.Entrato nel palazzo, chiama a seGiovanni Lecnnomonte,e gli promettedìfarlopatriarca
«li Costantinopoli, s’ei loseconda con zelo.
Giovanni, munito d'un ordine del principe, clieapriva tutte le biblioteche, andò con una truppa d’ ignorantiasquadernare quelle delle chiese per cercarvi autoritàcontroleimmagini.
Dopo
averescorsa senza profitto tutta Tanti- chitàecclesiasticat si volsero finalmente agli ulti del concilioconvocatosottoCostantinoCo- pronimo, e vi trovarono i passi dei Padri, de’ quali ivescovi di quel conciliabolo ave- vano abusato per autorizzare l’errore. Armati di tali passi, si credettero abbastanza forti per combattere controgliortodossi; ed incen- diarono tutti ì libri, in cui s’abbatterono
,
contrari allorodisegno.
Ma
bisognandoloroun capo, il quale, cosìper ladignità,come
per r audacia,potesse far fronte al patriarca,fis- saronolo sguardo sopra il vescovo diSillea, Questi era Costantino Cazamate, figlio d’un sacerdote, ilquale, essendo stalosospeso dait
368
LEONE
V. l’A RM R N O.sacro ministerope'suoi cattivicostumi, siera ridotto a fare ilcalzolnjo. Costantino, nato con molto spirito
,e con ona grande inclinazione allelettere, divenne ben presto professoredi
grammatica;ed applicatosi poscia allostudio del diritto, ne fece molte pubbliche lezioni.
Ma
dissoluto non mettodi suo padre,fu ob- bligatoa ritirarsi in un chiostro, per evitareil castigo meritatodal suolibert inaggio.Prese
il
nome
diAntonio,ed a forzadi pratiche, si fece nominare abated’un celebre monastero.Aveva egli un maraviglioso talentoper figurar nella corte, e ne seppe trarprofitto.Accorto, allegro, faceto parlatore,compiacente,esem- pre pronto a serviregli altrinelle loro galan- terie, avevatutte le frivolezzedi cortigiano;
ma
ne aveva pure lepiùsolide qualità; sapeva mentire opportunamente,promettere senzain- tenzione di mantenere la parola, dar il gam- betto ai suoi rivali, aguzzare gli strali della calunnia,e cangiar fede e credenza ad ogni istante secondo le occasioni. Ortodosso sotto Irene, Niceforo, e Michele, divenne iconocla- sta sin dal primo giorno,in cui Leonemontò
sul Irono. Siccome i suoi viziierano di
moda,
in vece di venir chiuso,
come
losarebbestato in altro secolo, pervenne al vescovato di Sii- le». Giovanni Lacanotnante non potevapone
alla testadegli eretici un capo piùcapace di
LIBRO
LXVIII. 369falli trionfare; onde Leone per consiglio di lui,fece venireAntonio in corte.Antonio,che
siannojava divederei suo talenti seppelliti in un’oscura e lontana diocesi,corse,senza per- der tempo, alcentro della fortuna, e promise a Leoue più di quelloche nefosse richiesto.
Leone, allasua volta
, gli fece sperare lepiù lusinghierericompense.
Comecbè
Leone conoscesse abbastanza lafer- mezza del patriarca, tentò di sedurlo.Fattolo venire a palazzo: - « Il popolo, glidisse, è« scandalezzato del culto delle immagini, ri-
ti guardandolo
come
idolatria, e persuadendosi, u chetutt’i vantaggi riportati sopra di noi« dai barbari sotto i precedenti regni, sieno
« altrettanti castighi delciclo.Prestati a que-
ll sto scrupolo; abbandona una pratica,che
* non può essere essenziale alla religione, e
« non che essere raccomandatain alcun luogo a della Sacra Scrittura, ne sembra anzi pio-
ti scritta.Io non sono teologo,
ma
impera-ti tore ,e devo pensare a riunire gli spiriti, il la cui divisionenepuòturbare lostato. - Il u patriarca gli rispose:- Che il cultodelle
« immagini era sostenuto dallatradizione;che
« la tradizione era,
come
la Sacra Scrittura,« il fondamento della dottrina cattolica;che
« la venerazione della Croce e del librodei
« Vangeli, sebben»nonfosse comandata da
U
370 i e o ne v. l’a r. m e w o.
« Scrittura,era nondimenoadottatadai ninnici
«. stessi del cultodelle Immagini;pbu riguar-
« doai dogmi, laragione, che ne caratteri/.-
« zava la verità
, non era giàchefosseroscrit-
ti ti; che i libri santi non dicevanotutto, e
« la dottrinaricevutigeneralmente dalla Cbir-
« sa intutti i tempi, ed in tutti i luoghi,
« era inspirata dallo Spirito Santo, sicco-
«
me
la stessa Sacra Seri (tara. » - Abbia-mo
ancora questa conferenza del patriarca e dell’imperatore, nella quale Niceforo prova che la dottrina della Chiesa, riguardo alcolto J delle immagini,è lontana dall'idolatria. L'im- perutore lolicenziò;proponendogli di conferire con Giovanni, e cogliaderenti di lui, i quali avevanotrovate, diceva egli
,uegli scritti de- gli antichi alcune prove della loro opinione affai toincontrastabili, e attea disingannarlo.
ÌNiceforo, che nou sapeva per anche quanto
1'imperatore fosse prevenuto, avvisò di vin- cerne laostinazione, mandandogli i vescovi e gli abati i più illuminati
, per esporgli la dottrina della Chiesa. Leonp, dopo avergli a-icoltati alcun tempo con impazienza
, gl’in-
terruppe per far loro quella stessa proposi- zione, che avea fatta a Diiceforo,cioè dicon- ferirne cogl'iconoclasti. Esssi risposero, ch'es- sendo stata la questione già decisada un con-
cilioecumenico, nonera permesso di rinno-
iiid o rami. 371 nomarla; al che Leone, pieno di sdegno:Esci ili qui, disse loro,marmaglia indocilee cic- ca,che ricusiillumeche tisipresenta;
mi
sapròfar
ubbidire. Pronunziòqueste parole minaccevoli con unavoce edunaspetto capaci d’atterrire chi l'ascoltava. Leone, sebbene piccolo della persona, avea una voce simileal tuono, enei lineamenti del volto,quantunque proporzionati, facea trasparire un non soche di ferocee di terribile.Quei prelati, tremanti,ma
senza dimostrarsiabbattuti,andarono aco- municare i loro timori eil loro dolore al pa- triarca. Niceforo, saputo cheAntonio«liSillea era capo del partito degl’ Iconoclasti, se lo fece chiamareper accertarsene. Antonio,nonmono
furboche empio, negò ilfatto alla pre- senzadiparecchi metropolitani, diedeiniscritto la sua professione di fede in favoredelle im- magini, epronunziò l’anatema contro gl’Ico- tmclasti. Avendolo inseguito l'imperatoreram- pognato:- « Principe, ei glidisse sorridendo,« ionon ho fedeche per il mio imperatore.
« Tutto il di più è per
me
uno scherzo.Ho
« detto acoloro ciò chevollero,per agevolare
« ate i mezzi di farciò che vorrai. » L’ imperatore, sdegnato della resistenza di INiceforo, fermò di farlocondannare iliun con-
cilio. Siccome sembrava che lo Chiesa fosse in uno stato di crisi, cosi tutti i vescovi del-
Le-Beau T. IX.
Ut.
21372
LEONE
V. l’armeno.
l’Oriente e dellaTraciaeranoandati a Costan-
toopoli, gli uni per far lacorteall'Imperato- re,attaccandoil cultodelleimmagini, gli altri per difenderle, anchecol tirarsi addossolosde- gnodilui.GiovanniLecanomante,o perse stesso o pe’suoi mandatarj, investigava le loro dispo- sizioni
,e molti che davano qualche motivodi dilìidenz» forono rinchiusiin oscure prigioni, dove appena si somministrava ad essi il vitto.
Nondimanco nerimanevanomoltissimi determi- nati atollerare ogni cosa, anzi chetradirela coscienza. Niceforo liconvocò nel suo palazzo cogli abitiortodossi,e sitrovarono al
numero
«li dugensettanta.
Dopo
avergli esortati a so- stenere concostanza la tempesta, ond'erano minacciati, giunta la sera, licondusse in s.Sofia.,dove passò conessila nottein orazioni.Si credeche intaleoccasione Niceforo scomuni- casse Antonio di Sillea, da esso conosciuto per
uomo
di mala fede.L’imperatore, fattone consapevole,mandò
al patriarca P ordinedi portarsi apalazzo,per render conto di sua con- dotta. Egli vi andòsull’alba, seguito datuttaI’assemblea. Leone feceprimieramenteentrare
il solo patriarca: gli rimproveròdi rappresen- tare il personaggio di capodi fazione; insistè sopra lo scandalo delle immagini, elo esortò a tenere un’altra conferenza con quelli del contrario partito. ISiceloro gli rispose con una
LIBRO
invili. ' 373 modestacostanza, giustificando le intenzioni<l<‘gli ortodossi, espiegando la dottrina della Chiesa#e finalmente ricusò d’entrare in di- sputa coglieretici convinti, ed autenticamente condannati. Allora Pimperatorefeceintrodurre gli altridelPassemblea;e nel medesimo
tempo
lutti gl’iconoclasti dellacorte,i grandi, i se- natori, e gli uffiziali colle spade sfoderale.
Quelle eranodueschierein ordinedi battaglia, nel mezzo dellequali compariva Pimperatore circondato dalle sue guardie. Dall’una parte sfavillavanole spade,etuttoil terroredell’au- toritàsuprema; l’altra non avevain sua'difesa che learmi invisibili, ina piùforti di qualun- que potenza temporale. Ciò non ostante, gli ortodossi ricusaronoil combattimento,nongià perchediffidassero della loro forza
,
ma
perchè, sendosi l’arbitrio della vittoria apertamentedi- chiarato controdi loro, I’intraprendere ladi- fesa della verità
, era lo stesso che esporre a pericolo l’onore della medesima. Molti vescovi
si distinsero allora perlalibertà,con cui rim- proverarono all’imperatore I’ingiusta sua par- zialità.
Ma
niuno parlòcon maggior caloreilileodoroStudila. - «Signore, disse
,deh non
« si sconvolga da te I’ordine stabilito dallo a stesso Dio:egli ha fidataa te la cura dello
« stato e delle armi, ed ai pastori ha dato il
« governo dellaChiesa. L’apostolo s. Paolo,
371
LEONE
V. L*ARMENO.
* nella descrizionedellagerarchiaecclesiastica,
« nonnominagl'imperatori.»-Leonelidiscac- ciòdalla sua presenza, intimando chenonpiùgli comparissero innanzi; ed allorchési furonori- tirati, fece diread essi permezzodel prefetto di Costantinopoli, chedovesserostarsenechiusi in casa, senz'avere insieme alcun commercio, e senza far pnrola della disputa attuale.
Ma
Teodoro Sludita, ch’era d’un carattere vivo ed ardente,in vece d’ubbidireaquell’ordine, sireputò obbligatoaraddoppiarelesue istanze, per fortificare lacostanzadel patriarcaedegli altriprelati.Gl’Iconoclasti non si davano minor briga perirritare Timperatore,e ridurloagliestre- mi. Sopra la porta del palazzo,chiamata la porta dibronzo, s’innalzavaunafigura di
Gesù
Cristo collaseguente iscrizione: Leone, dive- nuto imperatore,hafatto abbattere quest’im- magine; IreneV
ha ristabilita.Una
truppa«li soldati suscitati daAntonio, e da Giovanni Lecanomante, andò a ricoprirla di fango, ead insultarla a colpi disassi,vomitandobestemmie orribili. L’imperatore,che aveva consentito eglistesso a taleattentato,si portòcolà,
come
sene avesse disdegno,evolgendosi al popolo, chefremevad'orrore: Cittadini,disse,salviamo questa rispettabileimmagine
da
tantoscanda- losi oltraggi. Antonio eGiovanni s’incaricanoLIBRO
LXV1II. 375 della commessione, e l'immagine fu traspor- tata altrove.A
quelprimo«egoale di persecu- zione, i vescovi e gli abati si radunarono di nuovopresso il patriarca.Niceforo spiega loru nel sensocattolicoi passi, deiqualiabusavano gli eretici. Rafforzati dai discorsi del patriarca, sidichiarano proutiacombatterefinoallamorte persostenere la dottrina e la pratica della Chiesa,e ne sottoscrivono unaprotesta.Si avvicinava la festadiNatale. Niceforo an- dò aparlare all’imperatore,eprocuròd’istruir- lo
,scongiurandolocolle lagrime agli occhi a
nonfare sforzi inutili per atterrare 1’edilìzio dellaChiesa fondato daGesù Cristo,cementato colsangue di tanti martiri, e fortificato da
una
non interrotta tradizione. -« Se la mia« persona,soggiunse
,è un’occasione di tur-
« boleuze,abbandonerò con gioja il patriar-
« cato.Possala miaritirata ristabilire la puce.
« La Chiesanonha bisognod*Niceforo;inanon
« può sussisteresenza la fede. » - L'impera- torechiamalodatutti gli scrittori diqueltem- po il Camaleonte,si smarrì dicolore a quelle paroleemostrò d’esserneintenerito. -«
E
chi« oserebbe,rispose, deporre il patriarca no-
« stro padre? Chi oserebbe cangiare lostato
« della Chiesa?
Lo
scrupolo d’alcuni ortodossi« hacostretto ad esaminare la questione delle
« immagini; essi temono, cbe gliomaggi,che
3^6 lS OK E V. i*A n
M
EKO.« a quellerendiamo, odorino d’idolatria. Per
a condescendenza ho voluto appagarli; del re-
« sto mi uniformo a te cosi nella credenza
«
come
nella pratica. » -E
ad untempo
si trasse dal seno un reliquiario, e lo baciò.
Questoinfingimento dell’imperatore derivava dal timore che il patriarca non loescludesse dallaChiesa nella festa diNatale, loche avreb- be cagionatouno scandaloassai pericoloso. In tal festa il principe compariva nella più gran
pompa
, ed ull’uscir dagli uffizj, convitava lautamente tutti i signori di corte, nè mai lamaestà imperialebrillavacon più displendore.
Il patriarca ed ivescovi,ingannatidalia siimi-, laziouedi lui, risentirono un'estrema gioja per quel cangiamento. La festa fu celebrata colla più solenne magnificenza. Leone coperto
.delle più preziose vesti, ed accompagnato da un superbo corteggio,si recaallachiesa: en- tra nel santuario, secondo il costume degli imperatori,bacia la tovaglia dell’altare, sopra cui era trapuntata lanascita diGesùCristo, e ricolma digioja tutti icattolici,cheassistevano a qtiell’augustaceremonia.
Quest’ipocrisia non durò gran pezza.Nella festa dell’Epifania (an. 819), Leone ritornato alla chiesa,non mostrò nel portamento e ne- gli sguardi che disprezzoperleimmagini,cho ne rappresentavano il mistero. D’allora inpoi
LIBRO
LXVIIt. '£\\\ò lavisiera, e ne!giorno seguente conedit- to proibì a tutti,sotto pena d’esilio e di ri
orosi castighi, direndere alcun onore alle Immagini proscritte dalla legge diDio. Non
ci volle di più per intimorire
U
maggiorpai dei prelatiche avevano giurato aNieeforo una stabilecostanza. Leonesiservidimolti traessi per far dire aNieeforo, ches’egli non si di- mostravacondiscendente allavolontà dell im- peratore, avrebbe perduto lasede patriarcali-.Nieeforo,biecamente guatandoli: - « Andate,
« rispose,a direacolui, il cuisdegno temere
a più di quellodello stessoDio, che io non
« rinunzierò giammaialle decisioni dellaChie-
« sa, per sottomettermi a quelle di Giovanni
„ Lecanomante. » -Leone si disponeva a far- gli provareglieffetti dellasuacollera;
ma
una pericolosa infermitàsopraggiunta al patriarca, nesospese l’esecuzione.In pochi giorni Niee- forofu sfidato dai medici, eLeone silusinga- vadi dargli presto un successore asuo gra- do.Ma
gli andò fallita lasua speranza. Niee- foro incominciavah ristabilirsi,e1 unpératore non si tosto ne fu avvertito,incaricò alcuniuf- liziati suoi confidenti,d’andaredinotteapren- dere il patriarca,ma
senzaintimorireilpopo-lo. L’ordine fu inai eseguito. 1soldati getta- rono aterra con grandestrepitole porte de
I
palazzo patriarcale, bestemmiando, ecaricando
378
LHONE
V. l’ARMENO,
di maledizioni Niceforo, e i suoi predecessori:
Il popolocattolico,svegliato dal romore, ac- corse da tutte parti per difendere il suo pa- store; esi era sul puntodi vedere un san- guinoso combattimento,seilpatrizio
Tommaso
che aveva la«aricadi protettore di s.Sofìa , accorsospeditamente, nonavesse fatto uscire tutti isoldati già entrati nel cortile del pa- lazzo, echiusene leporte, non avessecalmato
ilpopolo, accertandoloche l’imperatore non aveva ordinata quellaviolenza.
Andò
quindito- sto a parlare aLeone, •1’informòdiquel tu- multo. Leone,a cui nulla costava il mentire, parveanche attonito,e rispose che non avea- va dato alcun ordine, e che quelli eranostaticertamente i nimici della superstizione i
quali stanchi dell’ostinazione del patriarca erano andati da sestessiaquell’impresa.
Tom-
maso, che lo conosceva abbastanza per non credergli, gli rappresentò che,se volevasbri- garsi del patriarca, bastavamandargliduesoliuominiper intimargli !’ordine imperiale, e per sostenerlo peristrada, non avendoeglian- coraforza bastante per camminare.La cosa fu infaiguisa eseguitanellanotte seguente. Quelli che lo presero, erano incaricati di fermimi alcuntemponella granpiazza, dove i soldati, col favor delle tenebre, dovevano avventate- gli addosso, ed ucciderlo. Yisitrattenneroessi
L IBB Or LXVlIf. 379 in fattiper un*ora.L’ oscurità era granite, e regnava per la cittàun profondo silenzio.
Ve-
dendo che non si faceva alcun movimento, e che orinai appariva il giorno, lo condusseroal lito del mare,e lo fecero passare in Cri- sopoli, dove fu chiuso in un monastero, che eglistesso aveva fatto fabbricare all*estremità del Bosforo, d’onde fu poco dappoi tradotto in un altro monastero più lontano, di cuiera stato pure il fondatore. Visse tredici anni in quell’ esilio,ed avevagovernata lasua chiesa circa nove. Per ventisette anni la sede diCo- stantinopoli fusuccessivamente occupata datre patriarchi eretici.
Nel giorno susseguenteal rapimento di Ni- ceforo, cioè a’ 3 difebbraio sendosi sparsa la
voce per la città, che mancava il patriarca,
l’imperatoreragunò il popolo in s. Sofia, e montata laringhiera:- « Voi vedete,o miei
« fratelli, disse ad alta voce, che il patriar-
« ca vi abbandona. Noi gli abbiamo rappre-
« sentalo l’abuso delleimmagini, eche in ca-
« sligodi taleidolatria. Iddio,il quale vuoi u essereadorato solo, ciavevacosìspessofatto
« soggiacere allaspadadegl’ infedeli, come un
«
tempo
il popolo ebreo. Il pertinaceprelato,« non sapendo rispondere, hapresola risolu-
« zione di fuggire edi rinunziare alla suadi-
« gnità. Eleggiamo adunque un altro patriar- 21*
3o0 L EO K E V. l’A R M EK O.
« ca.»-Aveva egli io pensiero di fareleggere Giovanni Lecanomatite, cui aveva promessa quest’eminente carica, ed il quale per raeii- tarla aveafatto tutto ciòche Leonedesiderava.
Ma
i patrizjgli disserochenon potevanodeter- minarsiavenerareunuomo
che nonsi rendeva rispettabilenè peretànèper costumi.Leone non osando rigettare queste ragioni, fece eleggere Teodoro Cassiera, comandante d’una dello compagnie dellaguardia, iconoclasta ostinato,ma meno
ardente emeno
violento di Giovanni Lecanomante. Ei ricevette la tonsuraclericale, e nel giorno di Pasqua, che cadeva in quel- Tanno nel dì 20 d’aprile, fu consacrato pa- triarca. Questo era unuomo
di mondo,avvez- zoalla vita militare, ignorantissimo, senzagu- sto per lecose spirituali,che non aveva inai letta laScrittura,e non amava che il piace- re, il giuoco, e i buoni bocconi. Quindi, to- sto che si videalla testa del clero di Costan- tinopoli,avvisò di non dover far altrochedi- vertirsi,e trattarsi magnificamente. Questo, se- condo lui, era ilmezzo più efficace perman-
teneregli tini,e impegnare gli altri nei suoi sentimenti. Apprestava duevolteilgiornogran- diosi pranzi, ne’quali i'sacerdoti, imonaci
ed i vescovi, nutriti fin dalla loro gioventùnell’astinenza secondoil costumediqueltem- po,si riempivano di vino e di vivande, e si
tino
ialiii. 381 allontanavano adattodalla vitaausteracliea vca- tto fio allora condotta. La tavola deisuni mi- It-cessori era stata decentemente frugale,e servivano per condimento della medesima la cordialitàfraterna, e Pedificanti conferenze.Nella sua legnavano I’abbondanza, il lusso, le parole licenzioseed una smoderata allegrezza.
I divertimenti, che ad essasuccedevano, era- no ancor più tumultuosi. I monaci, riscaldati dal vino, ed allontanati unavolta dalla profes- sione regolar»; e modesta, più non osservava- no quella ritenutezzae quella decenza, chela educazione insegna ai mondani di mantenere
fin nei loro piaceri.
Dopo
Pasqua, l*imperatore convocò uncon- cilio in s. Sofia. Il nuovo patriarca vi presie- deva, insieme con Costantino,figlio di Leone,il quale non volle assistervi in persona, per timore di anatemaltizzare collasua sottoscri- zione 1.»fede, che aveva giurata al suo innal- zamento all’impero, sebbene non temesse di sp ergiurare neisuoi editti; scrupolo strano, cui smentiva lasua condotta. Sifecela lettu- ra degli atti delconcilio tenuto sotto Costan- tino Copronimo, ed onorato col
nome
di set- timoconcilio generale. Niceforp, e tutti i ve- scovi ortodossi furono anatemitizzati.Vi furo- no strascinati a forza molti prelati Cattolici:se ne laceraronogli abiti:furorib gettriU per