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LIBRO LXIX. 464

Nel documento BASSO IMPERO D A ss&ima a a. (pagine 116-124)

timento,lo sollecitava a restare in corte, e gli apriva il tesoro delle sue grazie, ei si ri-li.cò in Crisopoli,enon conservò di tuttiisuoi beni senon quanto bastava per fabbricare un monastero,dovecondusse ilrestodei suoi gior-ni nell’esercizio dellapenitenza. Suo fratello Teodoro,onorato deltitolo di patrizio, lo se-guì in quel ritiro, avendo appresodall’ esem-piodi lai a fuggir le grandezze, che dopo averle esperimentate non glisembrarono meri-tare chedisprezzo.

Giovauni Lecanomante, antico precettore di TeofiJo,fu pressoil medesimo più fortunato diAlessio, che questo monarca si era scelto per genero. Quel malvagio, dopo aver corrotto lospirito del suo allievo col fanatismo

del-]’eresia,continuava a tenerlo incatenatocolle sueimposture. Abbandonatoa tutte le

abbo-mi

nazioni della più nera magia, governava di-spoticamente P imperatore, il quale,coll’idea di collocarlo snlla sede di Costantinopoli, io diede persincelloalpatriarca Antonio. Teoiilo, pienodicapricci, adottava con ardore i più bizzarripensieri,e non vi era cosa chebastasse a rattenerlo dall’eseguirti. Cadutogli in pen-siero di far concepire ai Saracini una grande opinione delle sue ricchezze, e dellasua pos-sanza, scelseGiovanni Lecanomanteper ispe-dirloambasciatore al caìifo

Mutasem

,fratello

462 T E O F 1 lo

esuccessore di Al-Mamoun.Oltrea*ricchi do-ni per

Mutasem,

pose belle mani dell’ amba-sciatore quattrocento libbre d’oro, perchè la spargesse nella corte del califo, con due gran-di bacini dello stesso metallo, fregiati di

gem-ine. Giovanni

, giunto in Bagdad, fece il più magniBco ingresso

, profondendo1*oroa piene mani a tutti i signori saracioi,che gli si av-vicinavano. Invitatoa cenare col calilo, fece portare uno dei bacini antidetti per lavarsi te mani,e diede segretamente ordine ai suoi do-mestici di lasciarlo nella sala,

come

per dimen-ticanza. Il bacino sparve ben presto,senza che sene sapesse il come.li.califoe tuttala cor-te erano in movimentoper iscoprlre 1*autore di gran furto;

ma

Giovanni pregò

Mutasem

a tralasciare le perquisizioni, trattando quei furto

come

una bagattella,dicendo che il

suo padroneavrebbe saputo compensarlo,

quan-ti’egli avesse miche perduto tutta la sua ar-genteria. Nel giorno dopo,invitato a cena, fece portare 1’altro bacillo più ficcoancoradel pri-mo.Quest' opulenza destò la più gran maravi-glia. aicalifo. piccato d'onore,gli offerì alcu-ne

gemme

d’inestimabil prezzo,eh’ egli si scu-sò di uccellare,per la proibiziouecheegli era stata fatta dal suo padrone.

Almeno

non ricu-seraiciò che tipresenterò, glidisse il califo.

Nel medesimo tempo,comparvero cento

pii-I

LIBRO

LXlX. 46'>

pionieri greci superbamente vestiti.-« Io te

« li dò, soggiunse

Mutasem

; conducilial tuo

« padrone, acciocch*egli giudichi se i

Musu!-« manimeritano lasuaamicizia.- Principe,

ri-« spose P ambasciatore, questo dono è

vera-« mente degno di te,esupera in valore tutto

« ciòchei tuoi tesori contengono dipiù

pre-« zioso.

Ma

permettimi di non accettarli,

fi-« nattantoche non ti abbia rimesso un egual

«

numero

di prigionieri. La grazia, che ti

do-te mando, è di lasciarli in libertà fino al

mo-« mento del cambio. »- Spedì egli all’istante

un

corriere alPimperatore, il quale P inviò cento Saracini, chefurono presentati alcalifo, vestiti riccamentequanto i prigionieri greci.

Mutasem, e la sua corte non ristavano d‘

am-mirare P opulenzadell’imperatore. Giovanni fu a partedi tuttii pranzi,e di tutti i diverti-menti delcalifo,ilqualesipiacquedi mostrar-gli i suoi tesori, e«li

conduco

in tutti i suoi palazzi.

Dopo

averlo ricolmato di onori, lo fa-ce accompagnare fino alle frontiere dei suoi stati dal più brillante corteggio.

A

tal prezzo Teofilo

comprò

il frivolopiacere di sbalordire

i Saracini.(Zon.t.2.p. 444., Contiti. Theoph.

p. 60., Georg, p. 548. )

Queste ricchezze sarebbero state impiegate più utilmente in alleviamento dei suoi sudditi.

Giovanni Leranoinante, al suo ritorno,

accreb-'1r> 1 T E O F l LO.

he laloromiseria, facendo nascereue! princi-pe progetti di nuovespese. Recò egli il dise-gno di un superbo palagiofatto costruire’ dai caliti in Bagdad. Subito Teofilo ne fece fabbri-care uno sullo stesso modello, e vi aggiunse de’ giardini,e cinquechiese, unadelle qaali fu delle più grandi e magnifiche di Costanti-nopoli. Essa terminava con tre cupole.

La

vol-ta tutta dorata posava sopra molte colonne di

marmo

d’ Italia.Le

mura

erano copertedi mar-mi di svariati colori.

A

fronte d'essa s’innal-zava un portico,chiamato ilSigma, perlasua figura,sostenuto da quindici colonnedi

mar-mo

frigio. Questi dae editìzj avevano i sotter-ranei dellastessa formache lapartesuperiore.

La piazza davanti il Sigma eraornata d’una fontana d’un vasto crutere cogli orli coperti di lamined’oro. Al rinnovarsi di tuttele spe-cie di frutti,il cratere,in vece d’acqua, si riempivadi quelli della corrente stagione, che

siabbandonavanoal saccheggio deipopolo per divertimentodel principe.Ei si compiacevadi tale spettacolo sopraun trono fregialo d’oro e di

gemme,

innalzato sopra una loggia, a cui si saliva per un gran

numero

di gradini di marino. Sottoal trono sedevano gli uffiziali delle guardie,i magistrati,ed i capi delle fa-zioni del circo. Gli altri gradini servivano di sedili al popolo. Lusottoposta piazzabrulicavi

L I BB O LUX. 46”) di ballerini, di pantomimi, e di saltatori di ogni maniera;questa piazza era circondata di più saloni: nell’unosi amministrava la giusti-zia, ed ordinariamente vi presedeva f impera-tore; un altro era I’arsenale.

Ve

n'era uno chiamato ilsalooedellaporpora, perocché, nel principio dell’inverno, I’imperatrice vi radu-nava le

dame

dellu suacorte, allequali distri-1 huiva le vesti di porpora e di scarlatto. Sareb-be troppo lungo il pescrivere tutti i palazzi fabbricati da Teofilo: ei ne aveva per tutte le stagioni, e vi erano profusi i pù bei marmi,

il porfido, lepitture,leintarsiature,I’oro,1’ ar-gento e Je

gemme.

Appassionato pe’gioielline faceva lavorare ingran quantità, preziosi non

meno

pel travaglio che per la materia. Gli scrittori di quel tempo, frivoli quanto il loro principe, vantano un albero d’oro, sopra cui alcuni uccelli dello stessometallo facevano udi-re un artifizioso canto;e dueleoni, egualmen-te d’oro, di naturai grandezza,che imitavano

i ruggiti dei veri leoni.

Passo sotto silenzio la più gran parte di quellesontuose ricerche, cui la posterità am-mira,quando non ode i gemiti dei sudditi ,

eh’esseimpoverirono.

Ma

nonsi può rimpro-verare aTeofilo la spesa chefece per

inualzu-i•• le

mura

della città troppo tacili adessere scalate, e per riparare verso il

mure

i danni

466

TEOFILO.

cagionati dai ghiucci,ohesquagliatasi

dopo un

rigido verno, conquassaronoe

minarono

inpiù luoghi una parte delle

mura

e delle torri.

Fec’egli eziandio costruire un grande spedale per glistranieri. Il sito del

medesimo

era sta-to in addietroun luogo di prostituzione; vi abitava la dissolutezza inloggie separate.

Teo-fìlo distrusse quel pubblico scandalo, niente conforme ai suoi costumi. Ei non merita se non un solo rimprovero a tal riguardo: si la-sciò sorprendere dalle bellezze d’una delle damigelledel palazzo;

ma

penetrato dal dolo-re, chene concepì f imperatrice, ruppe im-mediatamente quel commercio,

domandò

per-dono aTeodora, e non si lasciò sedurre inai più.

Il patriarca Antonio mori dopo quindici an-ni di vescovato. ( an. 836 )Per ottenere que-sta dignità, eisiera postoalla testadel partito iconoclasta;

ma

dopoaverla ottenuta Vardore del suozelo si era raffreddato. Rotto ai pia-ceri ed indifferente sopra tutto il resto, non maltrattavagli ortodossi se non col

disprezzar-li. Giovanni Lecanomantesno successore, aven-do finalmente ricevuta la ricompensa dei suoi furori, volle farconoscered’esserne degno,

tal-ché si riaccesela persecuzionecon maggiore violenza.

Non

gli riuscì difficile infiammare Teofilo, principe dinatura ardente, ed a cui

ti„b r o txix. 467 aveva«*f*I fin dall’infanzia comunicato il ve-lano dell’eresia. Si vide ben presto un editto, in cui si ordinava di rompere,cancellare, bru-ciaree distruggere affatto le immagini collo-cate in alcune chiese;e si proibiva sotto le

pene le più severe, di render cultoad essenè in pubblico, nè in privato.

Ad

un tal segnale

si aprirono le prigioni per popolarsi d’ orto-dossi, esi preparavano in tutto I’imperoi fla-gelli, gli eculei, il fuoco, e tutti gli strornenti

<‘ei supplizj.Costantinopoli principalmente era piena di spie, che penetrando nelle famiglie,

procuravano di sorprendere la pietà dei

fede-li. Teottista,suocera dell’imperatore, era la sola che osasse rimproverargli i suoi empj fu-rori, ed avvertirlo dell’odio eh’ei si tirava addosso. Teofilo ne dispiezzava le rimostran-ze;

ma

la pubblica venerazione eh’ella si era meritata colla sua virtù, la poneva al coperto dai trasporti del genero. Ei si contentò di le-varle di

mano

le sue figlie, eh’ella educava nelle pratiche dellaChiesa, e di proibireche

lefossero più condotte. Rispettò

meno

l'im-peratrice:avendo saputo, che questa onorava segretamentele immagini,entrò infuriato nel di lei appai lamento, la trattò come un’idola-tra, la calicò d’ingiurie,e sare.bbe anche

ar-iivate*agli ultimi eccessi, s’ella, per placarlo, non fosse ricorsa alla meaeogna.Finche egli

Le-Beau T.

IX

. P.III. 26

468 TE Or ! L o.

visse, questa principessa usò lapiù gran cu-ra per occultareil suo rispetto terso le

im-magini.

Le prigioni furonoben presto piene di fe-deli d’ogni condizione,editennero il soggior-nodei vescovi, deisacerdoti,esoprattutto dei monaci.Essendo questi i piùzelanti difensori della fede, erano altresi quelli che Teofilo perseguitava più accanitamente. Discacciatidalle città con proibizione di rientrarvi,imonasteri /"furono ridotti inaltrettante solitudini, ed ab-bandonati ai secolari.I monaci non erano tam-pocosicurinelleCampagne.Perseguitati da per tutto, non trovavano asilo se non nei luoghi inaccessibili; fra gli scogli, nelle caverne, o nel fondodei precipizi,dove morivandi fame e di miseria. Alcuniabbandonaronol’abitoper viveresconosciuti;

ma

privi d’istruzioni e di buoni esempi, passarono dalle austerità del

<Illustro al rilassamento, e finalmente alla dis-solutezza.

Ve

ne furono alconi abbastanza ar-diti perindrizzarsi all’stessoimperatore,e per fargli l’àpologìà delia vita monastica, rappre-sentandoglila santità di questa istituzione, nata nei primi secoli, feconda di virtùe di dottrina, illustratada tanti santi, etanto più perfetta

,quanto che imponeva per leggigli stessiconsigli del Vangelo. Teofilo, pentito piùvolte d’avere avuta l’imprudenza di en*

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