nuo-ve dignità, e fino alcomando degli eserciti.
Le guardie,chescortavanoil principe, ave-van ordine di non allontanare alcunodi quelli che domandavanogiustizia
Un
giorno uno an-dò agettarglisi davanti, e prendendo il di lui cavallo per la briglia: Signore, gli disse, il cavallo, che monta lamaestà vostra,è mio.Poco mancò
. che l'animale, impennatosi a quello scontro, nongettasse a terra 1’ impe-ratore, il quale, dopo osservisi racconciato, chiamòil capodelle sue scuderie,chedicevasiil contestabile, e gli dimandò da chi avuto nvea quel destriero. L'uffizialerispose, cheil
governatore dell’Ellesponto ne uveafatto
un
dono a sua maestà. Questogovernatore si tro-vava allora in Costantinopoli. L'imperatore, tornatoa palazzo, selo fece condurre innanzi insiemeconquello cheridimandava ilcavallo;ed interrogatili luttadue, e verificata la vio-lenzadel primo: Che uopo hoiodei tuoidoni criminosi ? dissealrapitore. Puoi dunque ren-dermicomplice de’tuoi ladronecci? Quindi fece subito vergheggiareil governatore, e re-stituire il cavallo alpadronelegittimo, ilquale non volendoripigliarlo,fu obbligatoad accet-tare in prezzo delmedesimo duelibbred'oro.
Non
vi era dignità, che ponesse I’ ingiustizia al copertodal castigo. Il prefetto diCostanti-412 T E OFI 1 o.
napoli era nobile, dei primarjdel senato,ed amato dall’imperatore. Orgoglioso pel favore di lui, s’impadronì d'una barca piena di mercidi ragioned’una vedova.Questa donna, non potendo ottenere da esso alcuna giustizia, ricorse ali’imperatore, il quale, informatosi della verità, esortò con dolcezza il prefetto a fare la restituzione, il prefetto lopromise,
ma
non mantenne la suaparola.Alsecondoricorso dellavedova, l’imperatore lo fece bruciare vivo nell’ippodromo. Trattò quasi colla stessa crudeltàil suo carmarlingo, convintodimolte ingiustizie:dopoaverlo fattopercuotere igno-jniniosamente, gli fece bruciarela testa edil voltocollapece ardente,e locondannòa per-petuo esilio.
Due
offizialigenerali si erano im-padroniti d*un campo, appartenente ad alcune povere religiose;queste drizzano una supplica al!’imperatore, ilquale incaricò uncapitano riellesue guardie di condurle nel giorno se-guente allasua presenza insieme coi loro av-versar), egiurònelmedesimo tempo, che dopo avere udite le duepartii se gli uffiziatifossero colpevoli,gli avrebbeconfiscatitutti i ben»la profitto delle religiose. Questa minaccia, che avrebbe avuto un infallihil effetto, atterrì gli offiziali, i quali vennero a capitolazionecolle parti,e le impegnaronoadesisteredall’accusa, pagando loroil doppio de’valore del campo.LIBRO
LXtX. 443Il capitano, credendosi dispensato dall’eseguire l’ordine dell’imperatore
, si contentò di ren-dergli conto dell*
accomodamento
;ma
il prin-cipe, che voleva essereubbiditocon esattezza, eche temeva gl’inganni, fece battere colle verghe ilcapitano,gli ordinò di condurgli le religiose, e non si calmò ae non dopo essere statoassicurato dallaloro bocca eh’erano già soddisfatte. Tanti esempi «li severitàfecerofi-nalmente tremare l’audacia; il semplice pro-getto d’un’ingiustiziasi puniva, ed ilgoverno civile fa ristabilito inmaniera, cheavendo l’im-peratore, perdiciassettegiorni, fattocercare inCostantinopoli sevi era chiavesse a ricor-rere a lui, non se ne trovò pur uno.
Teofilo, sebbene amasse con tenerezza l’im-peratrice, nonrisparmiò neppur essa,
ma
le preferiva la giustizia, Vonore e il bene dei sudditi.Avendo fatto distruggere unagran ci-sterna apie’dellemuradelpalazzoversoil Bo-sforo, nella quale sieraannegato uno dei suoi figli ancor bambino, vicostruì un poggiuolo annessoad un delizioso giardino,dovesi com-piacevadi trattenersi nelle sere estive. La si-tuazione era amena,e l’occhio spaziava dall’una parte verso il Bosforo, dall’ altra versola Propontide, esi estendeva sopralasponda
del-1’Asia,seminato di palazzi e d’oggetti piace-voli..Una sera, mentre il principe vi cenava,
Le-Beau T. IX. P. Ili. 25
-114 T,E O F IL O.
\iiic entrarea piene vele nel poi to unagrossa nave mercantile^ talmente carica, che quasi toccava V acqua col bordo. Curioso di sapere chi n*era il padrone, vennein cognizioneche
il legno ed il carico appartenevano all’ impe-ratrice , e che le mercatanzie venivano dalla Siria. Allora non disse parola;
ma
la mattina seguente, andando,secondo il suo costume,a Blaquernes, si fece condurre al porto; e sa-lito sopra la poppadellanave,si volse a quelli del suo corteggio e disse ad altavoce:-«Chi« di voi ha bisogno dimerci straniere?» -
Sic-come
non si sapeva ache la cosa riuscisse, niuno rispose. Avendoegli fatta per la secon-davolta la stessadomanda
, ed essendoi eor-tigiarii rimasi attoniti pernon potere indovi-nare ciò che egli volesse dire:-E
che?« soggiunse,non vedete forse,che d’
impe-« ratore, che io era per grazia diDio,sono,
« per grazia della moglie, divenuto
mercan-« te?» -Prendendo allora un tuono piùserio,
comandò
ai mucina] di levare dalla nave tutto ciòche loro apparteneva, senza nulla toccare di quello eh' era dell'imperatrice.
Dopo
che essi ne furono usciti, fece appiccar fuoco al legno e ridurlo in cenere contutte le merci.Rampognò
quindi vivamente Teodora, minac-ciandole tutto il suosdegno % ellu in avvenite avessepensato disonorare*il maritoeoo untraf-LIBRO
LX1X. 4I~yfico indegr.o.- « Il commercio, soggiunse, è
« per li nostrisudditi un mezzodi sussistenza;
« quindi è un cavare il sangue dalleloro
ve-ci ne il togliere ai medesimi un tal profitto.
«
Che
mai sarebbe di loro,se caricandoli di« imposizioni,liprivassimodei mezzi onde
po-li tterle pagare? »
Un uomo
di tal carattere doveva esser co-raggioso (an. 83-1).Un
principe ha bisogno di unonore fermoper abbattere I’ingiustizia ar-mata di tutte le forze che lesomministranola dignità, la nascita, la parentela,iservigistessi,non
meno
che per combatteree vincere ipiù potenti nimici. Ciò non ostante,o perchè glimancasse l'abilità in guerra, o perchè il suo ardente valore non glilasciasseascoltarei con-sigli della prudenza, Teofilo,sebbene seguito da numerose armate, e servitoda esperti ge-nerali,si trovò più spesso vinto che vincitore, lo che fu motivo che gli si desse il
nome
di Sfortunato. Nei primi anni delsuo regno,egli ebbe unforrnidabil nimiconel califo Al-Mamo-un, figliod’Aroun Rascbid, degnoerededelle qualità di suo padre.I Saracini si erano im-padronitidi Tarso; ed i Greci fecero scorre-rie verso quella parte, e tagliarono a pezzi un corpo di milles«*eentri uomini. Il califo, per vendicarsi di quell’affronto, si pose allatesta d’un'armata, ed assediò ilcastello d’Aulaus,
4 16 T E OP I L o.
i cui abitanti gli si arresero. Passò posciaad assediar Lule, fortezza importante presso a Tarso; enonavendolain tremesi potuta pren-dere perla fame, si ritirò, lasciando Azif per regolarnel’assedio.Gli abitantisorpresero Azif, e dopo averlo ritenuto prigioniero per otto giorni,lo rimandaronocon disprezzo.PersaU vare questa piazza, che si difendeva contanto coraggio, Teofilosi pose egli stesso in cam-pagna,risolutod’andare ad attaccare il gene-rale del califo. Al-Mamoun, avutane contezza, 4ornò indietro; il perchè Teofilo,entratoin
ti-more
d’essere inviluppato dadue armate più forti della sua,la fortezzasiarrese immediata-mente. In quelmezzoMutasem,fratello del cali-fo,J.thiagenerale,che desolavanounagran parte dell'Asia, s'impadronirono ditrenta fortezze.La nuova colonia dei Saracini stabilita in
Cre-ta non arrecava minori danni inmare.Fecero uno sbarco in Tracia, ne saccheggiarono tutta la spiaggia,e rapironoun gran
numero
di prigionieri. Unadelle loro bande ebbe I’ ardi-mentodi attraversar tutta laTracia, e pe-netrar finoal monte Latronella Bassa Mesia, dovederubarono un ricco monastero,ene tru-cidarono tutti i monaci;ma
Costantino Con-tomite,governatore della provincia,piombando sopradi essi con forzesuperiori, li tagliò n pt'zzi. I Saracinisi vendicarono sopra la flotta imperiale, che vinsero uelmesed'ottobrepres-LIBRO
LXfX. 447 so Yisola di Tasa, predandone, e mandando-ne a fondo quasi tutti ilegni.Questa vittoria li rendette padroni del mare,e lasciò tuttele Cicladi esposte ai loro ladronecci.Teofilo, finché regnòyfu sempre in guerra coi Saracini; ese ne riportò qualche vantag-gioy Io riconobbe principalmente dalla con-dotta edal valoredei due migliorisuoi gene-rali,
Emanuele
eTeofobo.Emanuele,nato nel-r Anel-rmenia,si era da principio distinto per la sua fedeltàcostante verso Michele Rangabè ed in seguito} sotto il regno di Leone,per alcuneazioni di coraggio, che gli acquistaro-nouu8 gran rinomanza tragli stessi suoi ni-onci. Michele ilBalbo gli restituìla caricadi primo scudiere, eh' egli aveva da principio occupata, eTeofilo non vedeva fra i suoi uf-fiziali che Teofobo, con cui porloinparagone.Questo Teofobo fu uuo di quegli uomini stra-ordinari^ cuialcuneimprovvise circostanze trag-gono dall’oscurità, e posciaprecipitano, dopo averlifatti brillare alcun tempo. Suopadre di-scendeva dairediPersia.Divenutosospetto per quest' origine ai caliti,i quali, dopo la con-quista di quel paese, ernuo soggiaciuti a fre-quenti ribellioni
, fuggì, eriparò in Costan-tinopoli, sotto il regno di Costantino e d’ Ite-ne. Povero e sconosciuto si miseaservireuna ostessa, la sposò, cmorì, dopo averne avuto
4-18 T EO F I t o.
un figlio.IPersiani, oppressidaiSaracioi, con-servavano sempre la speranzadiliberarsi dalla schiavitù.edamavano gli avanzidellafamiglia dei loro re.Laonde dopo la fugadelpadredi Teofobo, nveano fatto contioue ricerche per Scoprirne il ritiro. Finalmente,entrati io so spetto eh’ei potesse essere in Costantinopoli, alcuni di essi vi si recarono,edopouna lun-ga perquisizione chiarironsi che nell’isola di
Oxia, pressoCalcedonio, vi era una vedova, la quale sivantavad’essermadred'uu discen-dente dei re di Persia. La interrogarono, e soddisfatti delle di lei iisposte, non dubitaro-no che quel fanciullo non fosse I’erede legit-timodel trono persiano. La sua fisonomia, e soprattutto il naso aquilinoliconfermaronoari pensiero, oh’ei fosse delsangue d’Àrtaserse.
Era egli ullora inetà di dodicianni.IPersiani informarono di quest’avventura l’imperatore,
eh’eraLeone 1’armeno, e che«’incaricò di farlo educare conforme allasua nascita.
Teo-faho,cosi lo chiamòLeone, fornito dituttelebuonequalità dellospirilo, • ditutte (egra, zie esterne,corrispose felicemente alle cure prese per istruirlo. La sua virtù,ela nobiltà dei suoi sentimenti lo fecero amare dal prin-cipe, e da tutta la corte.Teofilo,allevatoco»
esso, lo amava
come
fratello,cosicché, quan-do fu imperatore, lo creò patrizio,eglidiedeLIBRO
LKIX. 4dl>in moglie sua sorella Elenn.
Un
Persiano,chia-mato
Babec, ribellatosi dal califo, aveva so-stenuto In guerra percinqueanni.Vintofinal-mente
, e costretto a fuggire dalla patria, silieoverò sulle terredell’impero con settemila uomini, avanzo della suaarmata.Di làscrisse all’imperatore, che gli si sottometteva, pre-gandoload accettare » suoi servigi, equelli dei suoi soldati, il cui valoreerastatosovente sperimentato contro i lorocomuninimici.
Teo-filo ricevettecon gioja quell’importante colo-nia, e ne compose un corpo, ilquale crescen-do di giorno in giorno per l’arrivodei Persi chiamati nell’impero dall'esempio di Babec, ascese al
numero
primadi quattordicimila,e finalmente di trentamila uomini. MortoBabec, fu posto alla loro testa Teofobo,che fu dalie truppe ricevutocome
l'erede degli antichi lo-ro monarchi. Pieneesse d’ardore e di fiducia per questo capitano,divennero il terroredei Saineini, e sidistinsero con iscorrerie,e con frequenti battagliecontro gli usurpatori, edi tiranni della loro patria.L’imperatore,nel da-re suasorellaaTeofobo, fece una legge, colla quale accordava ai Persiani il diritto del ma-trimonio,innalzòalle primecariche i più di-stinti fra essi,e li trattòcome
suoi sudditi na-turali.Barda, fratello della imperatrice,
incomiu-4ì0 t e o ri io.
ciavu a farsi conoscere(an.832).Divorato dalla ambizione, egli aveva tutti i vizj che questa produce, senza però averneinecessarjtalenti.
Furbo,
artifìzioso,e versatissimonellacondotta degli affari -civili,era natoper vivere in cor-te:ma
duro, crudele, e poco valoroso, non era proprio a comandare gli eserciti. La sua barbara severità irritava » soldati,iquali mar-ciandosottoi di lui ordini, si contentavano piuttosto d’essere battuti, che lasciargli la gloriadi vincere. L’ imperatore ne fece I' in-felice sperienza inuna spedizione controi Sa-racini. Gli Abasgesi, ribellatisi dai medesimi, chiesero soccorso all*impero. Teofilo vi spedi Barda eTeofobo con un poderosoesercito;ma
i’odio dei soldati contro Barda fu pii\ forte dell’amore che portavano a Teofobo, talmente chesi lasciaronobattere in tutti gl'incontri.
Laspada nimica, lacarestia, e la defezione fecero perire quell’armata; ed i generali, ri-coperti divergogna, non ne ricondussero che
gl’ infelici,avanzi(Contiti. Theoph. p.85.,Vita
^gnatii.)
ISaracini rilevarono nell’anno833 una per-dita più grande, e più irreparabile di quella d’un’armata. Il califo
Al-Momoun
morì nel tornare daTarso aBagdad. Egli aveva regnato veni’anni e mezzo, e ne aveaquarantauoveilietà. Accoppiava alle regalisue qualità1’amore
Libro
luI. 451per
le scienze, e si era rendulo apertissimo nell*astronomia. Egli liberò gli Arabi dalla profonda ignoranza, nellaquale eranostati im-mersi in ogni tempo. Almansor,il secondo degli Abassidi, bisavolodiAl-Mamoun
, avevo date ai suoi sudditi le primeidee delle altre scienze. Prima di lui, i Musulmani non islu-diavaiio che la loro lingua, la loro logge, ed una grossolanaed imperfetta medicina. Al-Ma-nioun perfezionò I’opera incominciata felice-mente del suo bisavolo.Ebbe
dalla Grecia le copie di tutti i libri chetrattavano di qual-chescienza, e lefece dai piò abili interpreti voltare in arabo; quindi eccitòisudditia stu-diare. Faceva tenere in sua presenza pubbli-che conferenze sopradiversioggetti delle uma-ne cognizioni, e riguardava i dotti, secondo Abulfarago,
come
creature scelte dall’istesso Dio per perfezionare la ragione. Essi erano,diceva egli, la luce delinondo,edimaestri del genere umano, senza i quali la terra sarebbe divenuta selvaggia. Paragonava cogli animali gli uomini, ebe non si davanoaltra cura che del corpo.Vi furono, sotto ilsuo regno, al-cuni abili astrologhi, frai quali AlFragan, i
cui scrittisussistono tuttora;
ma
si accoppia-vanoall'astronomiale follie dell’astrologia giu-diziaria. ( Abul/arage; Elmacin, k 2. c. 8.,
D’Herbeloi, bibl.orient.)
25*
432 T E o F1 L o.
Questo principe procuravaeliradunarenella sua cortetutti i dotti di qualunque religione si fossero;e concedendo lorounapienalibertà riguardo alla credenza ed al culto, li ricolma-va di.benefizj e di onori.Isuoi sforziper ave-re il 61osofoLeone non poteronoriuscire;
ma
ne fortnarouo la fortuna.Leone, nato in Co-stantinopoli, dopo averquivi studiatelebelle lettere,si era trasferito nell’ isola d'Andros per impararela filosofia e lematematiche sot-to un celebre maestro: ed apprese ben pre-sto tutta la scienza di questo dottore,il
qua-le, malgrado all'alta sua rinomanza, non ol-trepassava gli elementi. Leonepienodi deside-rio di perfezionarsi, scorse tutte le bibliote-che dei monasteri, dov’erano allora seppellite le scienze,consumando i giorni e le notti nel trascrivere ilibri chetrattavanodellematerie, delle quali si voleva istruire. Munitodiquesto tesoro, si ritirò in alcune desertemontagne,
dove la solitudine profonda,la passioneperlo studio, ed una naturalo penetrazione, ne fece-ro ben presto il più abile geometra ed
astro-nomo
di tutto I’impero.Tornò quindi in Co-stantinopoli, più povero ancora di quello che n’era partito, e si stabilì in unaspeciedi ca-panna,che divenne tra.non molto unacelebre scuola, eche funecessarioingrandireper con-tenere la moltitudinedei giovani, rfieandava-.L I lì H O LX>X. d.)5 tio ad udire io sue lezioni
Uno
di questi fu tatto prigionie»o dai Saracini, e cadde nello inani d’un cortigiano del calilo.Un
giorno, elio il padronefaceva ungrand’ elogiodei geo-metridella corte, loschiavo fececonosceredi avere qualche principio di questa scienza ,e qualche curiosità d’udirne a parlare da per-sonaggi così valenti. Nellaprimaoccasione, quel signore imnmancò
di vautareal principei ta-lenti del suo schiavo. Il califo vollevederlo, e dopo aver conferito con lui, lo giudicòcapace d’ascoltare i maestri del palazzo, iquali , se-condo ilsuo parere, erano senzaparinell* uni-verso. Lo schiavo .assistèalle loro lezioni, e
propose ai medesimi alcuni quesiti, eh* es>i giudicarono indissolubili, eeh’ egli sciolsecon
somma
facilità. Storditi per 1’estensione delle sue cognizioni, glidomandaronosein Costan-tinopoli vi erano altri geometri della sua abi-lità. - « Se ne trovano molti assai piu abili,« eireplicò; io altro non sono che uno
sco-ti lare. » - Il califo,cheassisteva alla confe-renza, gli
domandò
seildi luimaestroera vi-vo;edegli rispose: - « Sì, vive,ma
povero,« edignoto ai principe, malgrado lasuagran
« sapienza, edha
nome
Leone.» -Al-àlamoun scrisse tosto aLeonedital tenore. -«Sifor-«
ma
il giudizio d’un albero dal frutto del u medesimo. Il tuo discepolo ci fa conoscere454 T EO F l L O.
« il sno maestro. Giacché il tuo merito non
« hanella tua patria ilcreditodiliberarti
dat-ti roscurità, vienia spargere i tuoi lumi fra
« noi. Tutta la nazione saracina abbasserà l/>
« testa innanzi a te; e troverai nellanostra
be-•i nevolenza maggiori ricchezze ed onori che
« non abbiano mai possedutoifavoritideituoi
« principi. » - Diede la lettera allo schiavo, a cui promisela libertà ed immensi beni, s’ei gli conduceva il maestro; rasTobbligò a giu-rare di ritornareinBagdad’ Il giovane eseguì la suacommissione con gioja; e Leone ricevè la lettera, che lusingava la sua vanità
, passio-ne, che la filosofia sa censurare,
ma
non estin-guere.(Ctdr. p. 557., Contin. Tkcoph.p. 115.Simeon
,p. 424., Georg, p. 523.)In quel mezzo Leone, credendosi inpericolo, se mai sifosse scoperto, eh’ egliaveva ricevu-te lettere dal califo, ed in maggiore perìcolo se avesse intrapreso dipassare inunpaese ni-mico, andò a presentarsi aTeollistu direttore generale delle poste:gli resecontodi tutto,e gli consegnò la lettera. Teottisto ne informò l’imperatore, il quale, piccato dell’invito del cabfo,che riguardò
come
un rimproverofatto alla sua indifferenzapei letterati, chiamò Leo-ne, e proibendogli di portare lasua sapienza in una nazione infedele,gli assegnòuna pen-sione onorevole,e lachiesa deiQuarantaMar-li b n o lxix. 455
lii'i per insegnarvi pubblicamente.
Àl-Mamoun
saputocbe Leone non si disponeva a lasciare la patria
,gl’inviò alcuni problemi difficili a spiegarsi.Leone glie ne
mandò
ben presto la soluzione; e perfarsimaggiormenteammirare viaggiunse alcune predizioni appoggiateai prin-cipi dell’astrologia.Il califfi, che si era imbe-vutodi talichimere,
come
delle solide verità dell’astronomia, fu piò desideroso che maidi,