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390 LEONE V. L* ARMENO

Nel documento BASSO IMPERO D A ss&ima a a. (pagine 45-49)

» permettere, che le urla d’un miserabile sie-u no un terribil preludio a*nostri cantici di a gioja. » -Eia infatti costume degl’ impe-ratori di comunicarsi nelle feste solenni, ed era un grave scandalo astenersene. Mossoda tal riflessione, edalle lagrime della moglie,

ri-mettendoad alcunigiorni dappoi1’esecuzione diMichele, gli fece porre lecatenea’piedi,e lo consegnò al carceriere del palazzo. Volgen-dosi posciaall'imperatrice:« Io so, glidisse,

« ciòchevuoi.

Tu

pensi solamentealla salute

« della mia anima;

ma

esponi a pericolo la

« mia vita. Questoscrupolo saràforse funesto

« a te,ed ai tuoi figliuoli.

Leone, tormentato dafunesti presentimenti, non può riposare la notte seguente. ÀnticL*

predizioni, visioni di sua madre, pretesi ora-coli, bizzarri prooostici gli vengono in folla a turbare lo spirito; esembranoannunziargli im-minente mina. Agitato da mortali inquietudi-ni, sialza nel mezzo della notte, eva solo alla camera delcarceriere,perassicurarsi dello sta-todi Michele. Litrova

ambedue

addormenta-ti,

ma

il carceriere disteso in terra, per ave-re ceduto ilsuo lettoal prigioniero. Ciòelio' piùlosbalordisce, si è,cheavvicinatosial Iet-' to,vede Michele immersoin tranquillo e pro-fondo sonno.

Non

dubitache il carceriere

non

aia corrotto; eche il reo non abbia molivi di

LIBRO

LXVIIT. 391 sicurezza; quindiesce

, facendo nn gesto mi-naccioso, che ne manifesta losdegno.

Dopo

la

nunnzia di MicheleRangabè,Tenttisto, caduto indisgrazia,si era addetto aMichele il Balbo;

enonS^endolo abbandonatonellasciagura,siera chiuso còn lui.Disteso in un angolo della ca-mera, e fingendodi dormire, avevatutto osser-vato. Sveglia il carceriereed ilprigione,e rac-conti» loro ciò cheaveva veduto. Atterriti am-bedue dal loro

comnn

pericolo deliberano so-prai mezzi d’ evitarlo. Alla punta del giorno Michele

mandò

Teottisto aLeone, pregandolo di permettergli di poter chiamareun confesso-re. Ottenuta questa permissione,Michele or-dinò aTeottisto d’andara cercareisuoi

ami-ci, e dirloro insuo

nome

, che gli avrebbe dinunziati

come

complici de’suoi delitti,se non lo liberavano so!lecitamente?dal perico-lo. Colpitida questa terribile minaccia, essi

consumarono il giorno di Natale conferendo insieme; ed ecco a qual mezzo siappigliarono per liberare Michele.

Gliecclesiastici dellaTcappella del principe non dimoravano allora nel palazzo,

come

fece-ro in appresso: andavanoogni giorno,verso le quattro oredellamattina,aqnellaeh'era

chia-mata

la porta d’avorio,e quivi radunati, en-travano nellacappella,e cantavano il mattuti-no. Gl* imperatori anche »

meno

devoti

man-3^2

LEONE

V. l’A RM EN0.

cavano di rado all’uffizio, allorché si trovava-no inCostantinopoli, eLeone,ilquale si pic-cavadi buona voce, perchè 1*aveva sonora, vi

mancava

meno

degli altri,compiacendosi prin-cipalmente d’intonare i salmi e gl’inni,e di regolare il canto pel coro. Questaerauna de-bolezza degna della rozzezza di qoe’ tempi,

ma

scusabile in un principe, che non ne aveva moltealtre. Icongiurati, travestiti da ecclesia-stici,vanno la mattinadopo ilNatalea confon-de!sifra quelli;e favoriti dalle tenebre, entra-nonellacalca, avendo ciascuno un pugoale sotto la veste.Entrati si nascondono inun an-golo oscurodellacappella aspettando il segna-le, cuidoveva dare il principe stesso intonan-do un inno. Uditane appena la voce, escono dalla imboscata,e s’introducono nel coro.

Sic-come

sisentiva un gran freddo, e tuttigli ec-clesiastici e lo stesso imperatore avevano la testa coperta d’unagran berretta, che. cedeva lorosopra il volto, così ildecanodel clero è preso perLeone,e ferito da più colpi. Il vec-chio,che conobbe l’errore, si fece conoscere, scoprendo la sua testa calva.

Fu

perciò lascia-to dagli assassini iquali si volsero all’ impe-ratore, cherifuggito sotto I’altare,aveva pre so lucroce, e seneserviva per riparare i col-pi. Essendo egli forte erobusto

,sebbene fe-rito in più luoghi, si difendeva col furor#

1 1 B R O LXYIII. 31)3 (Vuna bestia feroce attaccatadai cacciatori.

Di tutti i suoi uthziali ,di tutti i suoi corti-li-mi non v'ebbepur uno,che lo difendesse.

V

edendo egli fìnalrnente uno dei feritori di staturagigantesca alzare sopra di essola sci-mitarra, lo scongiuròin

nome

del Dio adora-lo sopra quell’altare, a lasciargli la vita.

Ma

rassassino, rispondendogli: questo non è mo-mentodigrazia,

ma

di vendetta, gli

menò

un colpo terribile,che nel medesimo tempo recise la spalla del principe, ed mi braccio

«lidia croce.

Un

altro alloragli tagliò la testa.

Tale fu il finediLeone,doposetteannie mez-zo di regno; principe memorabile, e degnodi legnare piùlungamente,senonfossestato per-secutoree crudele,mentre non doveva essere che severo. Eceo ilgiudizio, che ne formò il

patriarca Niceforo,quando seppe nel suo esi-lio la mortedi Leone: l-a religione èliberata

da

un gran nimico,

ma

lostatoperde un Uti-leprincipe.

Gli assassini si divisero: gli uni strascinaro-no il corpo di Leone ignudo ed insanguinato nel circo:gli altri andarono acercare

Miche-le,€senza torgli le catene, presolo a braccia, lo portarono nella gransala del palazzo, elo acclamarono imperatore.Tutti gli uffxziali at-toniti e tremanti vanno ad ossequiarlo.Si am-mira in silenzioquello scherzo della fortuna,

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