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DANNO BIOLOGICO ED ASSICURAZIONE INAIL di Giovanni Giorgi

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DANNO BIOLOGICO ED ASSICURAZIONE INAIL di

Giovanni Giorgi*

1. Cenni storici

Fino al 1990, sul danno biologico e sul danno patrimoniale la situazione, dal punto di vista INAIL, era normale.

Si riporta un "campione" di quattro sentenze, che non evidenziano peculiari novità, pur con le inevitabili divergenze di indirizzo:

1) In caso di evento lesivo dell'integrità personale, il danno biologico e quello patrimoniale attengono a due distinte sfere di riferimento, il primo riguardando il così detto diritto alla salute ed il secondo attinendo alla capacità di produrre reddito, talché il giudice deve procedere a due distinte liquidazioni e può scegliere per ciascuna di esse il criterio che ritiene più idoneo in relazione al caso concreto. Tuttavia, perché il risarcimento del danno sia completo e, per altro verso, non si traduca in un arricchimento senza causa, il giudice deve tener conto di tutte le particolarità della fattispecie e considerare che i due danni, pure se ontologicamente diversi, costituiscono entrambi proiezione negativa nel futuro di un medesimo evento, sicché le liquidazioni degli stessi, pur se distinte, devono essere tenute presenti contemporaneamente, affinché la liquidazione, complessiva sia corrispondente al danno nella sua globalità, che costituisce l'oggetto del risarcimento e del quale i due menzionati aspetti costituiscono due specifiche voci. (Nella specie, sancendo tale principio, la suprema corte ha cassato la sentenza con la quale i giudici di merito avevano omesso, in sede di liquidazione del risarcimento, siffatta valutazione globale, anche in relazione alla circostanza che il danneggiato era di età prossima a quella del pensionamento, incidente sulla determinazione del danno patrimoniale)1.

2) Nel caso di fatto illecito lesivo dell'integrità psicofisica della persona, il danno patrimoniale risarcibile non è costituito solo dalle conseguenze pregiudizievoli correlate

* Avvocato, Inail

1 Cassazione civìle, sez. lav., 10 marzo 1990 n. 1954, Giust. civ. Mass. 1990, fase. 3

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all'efficienza lavorativa ed alla capacità di produzione del reddito ma si estende a tutti gli effetti negativi incidenti sul bene primario della salute in sé considerato quale diritto inviolabile dell'uomo alla pienezza della vita ed all'esplicazione della propria personalità morale, intellettuale e culturale (cosiddetto danno biologico), tenuto conto che tale bene fa parte integrante del patrimonio del soggetto e viene conseguentemente leso dal suddetto fatto illecito, anche quando riguardi chi non abbia ancora (come il minore di età) o abbia perduto o non abbia mai avuto attitudine a svolgere attività produttiva di reddito. La risarcibilità di detto danno non resta esclusa dalla mancanza di criteri obiettivi per l'esatta quantificazione in denaro del pregiudizio da risarcire, stante il potere-dovere del giudice di ricorrere ad una stima equitativa, considerando tutte le circostanze del caso concreto2.

3) In tema di risarcimento del danno per fatto illecito, il danno costituito dalla compromissione della capacità psicofisica di un soggetto, che incida negativamente sulla esplicazione di attività diverse da quella lavorativa normale - come le attività ricreative e sociali - in quanto prescinde dalla capacità di produrre reddito, rientra nel danno della salute (cosiddetto danno biologico, il quale costituisce una figura autonoma di danno accanto a quello patrimoniale ed a quello morale) e, pertanto, va liquidato soltanto a tale titolo3.

4) Il risarcimento del danno "biologico" o "fisiologico" - in relazione alla natura del diritto violato ("diritto alla salute") ed alle coloriture sanzionatorie che presenta - ha carattere esclusivamente personale, con la conseguenza che lo stesso diritto costituisce una facoltà personale del danneggiato e non assume, fino al momento dell'esercizio di tale diritto potestativo, valenza patrimoniale, con l'ulteriore conseguenza della sua intrasmissibilità mortis causa. Qualora, invece, il soggetto leso venga meno per morte nelle more del giudizio da lui iniziato per ottenere il ristoro del danno biologico - tanto se il decesso sia ricollegabile alla lesione subita, tanto se sia derivato da cause ad essa estranee deve reputarsi verificata la patrimonializzazione della lesione del bene "salute"

2·Cassazione civile, sez. M, 4 settembre 1990 n. 9118, Giust. civ. Mass. 1990, fasc. 9

3Cassazione civile, sm Ifi, 23 giugno 1990 n. 6366, Giust. civ. Mass. 1990, fasc. 6

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ed il relativo risarcimento può essere preteso iure hereditatis dagli aventi causa, i quali possono proseguire il processo iniziato dal de cuius4.

Come si vede, le divergenze concernevano sostanzialmente la collocazione del danno biologico (alla salute) nella sfera patrimoniale o non patrimoniale del danneggiato, ma non era mai revocato in dubbio il diritto dell’INAIL alla surroga o al regresso sulle somme spettanti a titolo di danno biologico.

Dal 1991, però, la Corte Costituzionale è intervenuta pesantemente nella materia, con ben tre sentenze iniziali, seguite poi da altre.

Con la prima, alquanto sbrigativa5 la Corte ha statuito che l'esclusione dell'intervento pubblico per la riparazione del danno biologico, subito dal lavoratore nello svolgimento ed a causa delle proprie mansioni, non comportante riduzione di capacità lavorativa, non è in sintonia con la Costituzione, ed in particolare con la garanzia della salute, ma la Corte non può sostituirsi al legislatore con una sentenza "additiva'. Con la seconda e con la terza (quest'ultima a stento appena migliore della seconda)6 la Corte stessa, parzialmente contraddicendosi, ha invece dato atto che la copertura assicurativa non ha per oggetto esclusivamente il danno patrimoniale in senso stretto, ma non ha neanche per oggetto il danno biologico di per se stesso e nella sua integralità. Da ciò risulta, in tutta evidenza, che l'assicurazione INAIL copre il danno biologico; e che perciò è completamente errata la corrente giurisprudenziale che nega all'INAIL qualsiasi diritto sul danno biologico (v. per esempio il Tribunale di Piacenza e quello di Lucca).

Le sentenze della Corte, comunque, aggiungono un chiaro invito al legislatore a provvedere, ed un altrettanto chiarissimo riferimento alla tematica delle malattie professionali. Inutile dire che il legislatore, ad oggi, si è ben guardato dall’intervenire.

E' opportuno riepilogare qualche caposaldo in materia.

Va menzionata, fin da ora, la costante tendenza giurisprudenziale ad interpretare - correttamente, a parere nostro - l'art.2087 c.c. come una specifica norma a tutela

4Tribunale Roma 5 giugno 1990, Giust. civ. 1990,1,2653 (nota).

5(Corte Cost. 15/2/1991, n.87, in Gazzetta Ufftciale n.9, prima serie speciale anno 1991).

6(Corte Cost 18/7/1991, n.356, in Gazzetta Ufficiale n.29, prima serie speciale anno 1991; n.485/91)

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dell'integrità fisica del lavoratore7 e - aggiungiamo noi - con influssi determinanti sulla portata e l'estensione della copertura assicurativa, non essendo più concepibile una divergenza concettuale tra tutela del lavoratore a carico del datore di lavoro e tutela assicurativa, che finirebbe per stravolgere la natura e lo scopo dell’assicurazione stessa, nata - appunto come assicurazione - per alleviare le imprese dagli oneri derivanti dall'esistenza di un rischio "professionale" nelle attività esercitate.

Per l’intanto, è stato esattamente rilevato che il diritto alla salute del lavoratore è assoluto ed incondizionato, ed indipendente dagli atti e dalle omissioni delle pubbliche amministrazioni, poiché i poteri autoritativi non incidono sulla consistenza di detta posizione di diritto soggettivo nel rapporto con il datore di lavoro, ma sono rivolti ad accentuarne la tutela8; tale diritto non può neppure essere compresso o limitato dai contratti collettivi.910

7valga per tutte, recentemente, Pret. Torino, 15/12/1990, Giud. GUARINELLO, imp. Caruso e altro, Foro it., 1991, H,116; Pret. Livorno, 27/2/1992, n.19, Taddei e. Fincantieri e INAIL, Toscana Lavoro Giurisprudenza, 1992, 252

8Cass. Sez. Un. 16/1/1987, n.310; cfr. Cass. Sez. Un. 11/2/1987, n.1470

9La emissione di gas tossici o nocivi in misura inferiore o uguale a quella indicata nel contratto collettivo di categoria come limite massimo tollerabile non esime il datore di lavoro da responsabilità penale, rappresentando detto limite solo il contemperamento di opposte esigenze (salvaguardia della salute dei lavoratori e interessi economici dell'azienda) attuato in sede contrattuale": Pret. Pavia 716/1978, Riv. giur. lav. 1979, 182, IV. cfr. invece, in materia di invalidità INPS, quanto ritenuto dalla stessa Corte Costituzionale: "Rientra nella discrezionalità del legislatore la determinazione dell'ammontare delle prestazioni sociali, sulla base del razionale contemperamento delle esigenze di vita dei lavoratori e della soddisfazione di altri interessi costituzionalmente garantiti nonché delle disponibilità finanziarie; pertanto, è infondata la questione di costituzionalità dell'art. 241 3 giugno 1975 n. 160, sollevata con riferimento all'art. 38 comma 2 cost., nella parte in cui dispone che si considera invalido, ai fini pensionistici, l'assicurato all'INPS la cui capacità di guadagno sia ridotta in modo permanente, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, a meno di un terzo, mentre nel passato, per gli impiegati, l'art. 10 r.d.1. 14 aprile 1939 n. 636 stabiliva che si considerava invalido l'assicurato la cui capacità fosse ridotta a meno della metà": Corte cost 10111/1982 n. 180, Cons. Stato 1982, H,1313.

Giur. cost. 1982, fase. 12 10

10In caso di reato colposo a danno di un lavoratore, verificatosi per l'inosservanza di una norma di prevenzione degli infortuni da parte di un soggetto obbligato a garantire la sicurezza dello svolgimento del lavoro, il'consiglio di fabbrica non ha titolo a pretendere il risarcimento del danno da parte di chi, mediante l'inosservanza della norma di prevenzione, ha cagionato il reato e non può quindi costituirsi parte civile perché, in tal caso, il diritto leso è quello alla propria integrità fisica, spettante esclusivamente al singolo lavoratore, e non quello, spettante alla collettività dei lavoratori, al controllo dell'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e alla promozione di ricerca, elaborazione e attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori. Cassazione penale sez. un., 21 maggio 1988, Riv. it. medicina legale 1991, 961.

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In riferimento all’assicurazione infortuni, poi, è già stato affermato che, "con riguardo all’accertamento delle malattie professionali, il cui riscontro è suscettibile di diversi criteri di valutazione, il giudice deve scegliere il metodo più idoneo ed adeguato in riferimento a tutte le situazioni nelle quali il lavoratore potrebbe svolgere una proficua attività, tenendo quindi conto, con riguardo alla prevista riduzione generica della capacità di lavoro, non già esclusivamente dell'attività lavorativa espletata dal medesimo, ma di tutte le altre eventuali forme di estrinsecazione e dei possibili impedimenti che un determinato tipo di menomazione possa aver prodotto a danno del lavoratore11"

Infine, è stato affermato da tempo che le prestazioni economiche dell'INAIL hanno natura indennitaria e risarcitoria12, e non assistenziale.

Quanto all’aspetto del danno biologico, già talune decisioni avevano riconosciuto al danno biologico diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento giuridico13, allorché la Corte Costituzionale emise l’ormai famosa sentenza, con la quale rilevava che 'la questione di legittimità costituzionale dell’art.2059 c.c. - proposta, in riferimento agli artt.2, 3, 24 e 32 Cost., sotto il profilo che esso prevederebbe la risarcibilità del danno patrimoniale derivante dalla lesione del diritto alla salute soltanto in conseguenza di reato - non è fondata, poiché, secondo il diritto vivente, l'art.2059 c.c. attiene esclusivamente ai danni morali subiettivi e non esclude che altre disposizioni prevedano la risarcibilità in ogni caso del danno biologico per sé considerato, e poiché lo stesso diritto vivente

11Cass. sez. lav. 13/11/1989 n. 4784, Giust. civ. Mass. 1989, fase.11; cfr. Cass. sez. lav., 14/4/1982 n. 2239, Riv. giur. lav. 1982, M,442 (nota). Di una certa importanza ai fini della definizione giuridica di capacità lavorativa sembra essere Cass. sez. lav., 28/3/1984 n. 2050, Giust. civ. Mass. 1984, fase. 3- 4, secondo la quale "la liquidazione del danno in materia di infortuni sul lavoro va compiuta in relazione alla generica e non alla specirica capacità lavorativa, che è cosa diversa dalla capacità di guadagno, la quale viene in considerazione in materia di assicurazione obbligatoria per l'invalidità, gestita dall’I.N.P.S."

12Le prestazioni economiche erogate dall'INAIIL, quale la rendita per inabilità conseguente

ad infortunio sul lavoro, hanno natura indennitaria e risarcitoria, non assistenziale od alimentare:Cass. Sez. Un., 6/11/1980 n. 5945, Arch. civ. 1981, 125

13”Il danno biologico, in quanto lesivo del diritto alla salute, deve essere considerato

risarcibile ancorché non incidente sulla capacità di produrre reddito”: Cass. 25/5/1985, n.3212, Giust. civ. Rep. 1985, v.Danni 51

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individua nell'art.2043 c.c., in relazione all’art.32 Cost., la disposizione che disciplina la risarcibilità, per sé, in ogni caso, del danno biologico"14

Da allora, in relazione al concetto ed alla determinazione del danno biologico, la giurisprudenza ha seguito linee assai divergenti, delle quali qui ci si limita a fornire un piccolo sunto: così, per circoscrivere la ricerca alla sola giurisprudenza pubblicata (o ripubblicata) nell'anno 1990, alcuni Giudici sostengono che danno biologico e danno patrimoniale sono distinti e concorrenti, e che il danno biologico è prioritario, oppure che il danno biologico è un di più che si aggiunge a quello patrimoniale; oppure che il danno biologico è un tertium genus; altri riconducono anche il danno biologico sotto la sfera del danno patrimoniale o - all'opposto - del danno morale. Ci sono Giudici che negano la presenza di danno biologico in caso di morte della vittima, ed altri che lo ammettono, sia pure a determinate condizioni.

Possiamo qui riportare un "campionario” di massime, recenti e meno recenti:

Alla vittima di un incidente stradale compete il risarcimento del danno alla propria integrità fisica, da calcolarsi in via equitativa in base al triplo della pensione sociale moltiplicata per i coefficienti d'invalidità e dell’età ed aumentata del 20% a seguito dell'aumento della durata della vita rispetto alle tabelle del 1922. Inoltre, lo stesso soggetto, ove abbia subito una riduzione della generica capacità lavorativa per effetto di un danno estetico che ha compromesso le occasioni di lavoro e di guadagno, ha diritto ad un ulteriore risarcimento commisurato anch’esso al triplo della pensione sociale moltiplicata per il coefficiente dell’età e per la percentuale dell’invalidità riconosciuta15.

Il risarcimento per il danno biologico spetta in più ed oltre al danno da incapacità lavorativa, in quanto il danno biologico attiene alla sfera non lavorativa del soggetto16.

Il danno biologico, inteso come menomazione della integrità psicofisica della persona in sé e per sé considerata indipendentemente cioè dalle ripercussioni che essa può comportare sulle capacità di lavoro e di guadagno del soggetto, è risarcibile ex art. 2043

14Corte Cost. 14/7/1986, n. 184, Giust. civ. 1986, I, 2324)

15Trib. Treviso 24/5/1990, Riv. giur. circol trasp. 1990, 796; cfr. Trib. Trieste 26/9/1987, Abram e. U.A.P e Piazza, Resp. civ. e previdenza, 1990, giur., 186, con nota

16Trib. Livorno 31211990, Arch. giur. circol e sinistri 1990, 521

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c.c., ma, costituendo un tertium genus, deve essere quanto meno richiesto con una domanda di liquidazione di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali, senza che possa essere riconosciuto nel caso in cui il danneggiato indichi espressamente le voci di danno che intende ottenere17.

Nel caso di fatto illecito lesivo dell'integrità psicofisica della persona, il danno patrimoniale risarcibile non è costituito solo dalle conseguenze pregiudizievoli correlate all'efficienza lavorativa ed alla capacità di produzione del reddito, ma si estende a tutti gli effetti negativi incidenti sul bene primario della salute in sé considerato quale diritto inviolabile dell'uomo alla pienezza della vita ed all'esplicazione della propria personalità morale, intellettuale e culturale (cosiddetto danno biologico), tenuto conto che tale bene fa parte integrante del patrimonio del soggetto e viene conseguentemente leso dal suddetto fatto illecito, anche quando riguardi chi non abbia ancora (come il minore di età) o abbia perduto o non abbia mai avuto attitudine a svolgere attività produttiva di reddito. La risarcibilità di detto danno non resta esclusa dalla mancanza di criteri obiettivi per l'esatta quantificazione in denaro del pregiudizio da risarcire, stante il potere-dovere del giudice di ricorrere ad una stima equitativa, considerando tutte le circostanze del caso concreto18.

La lesione dell’integrità fisica, tale da compromettere l'aspetto estetico della persona, può provocare un danno non patrimoniale consistente nelle sofferenze psichiche che la vittima patisce in seguito alla distorsione del rapporto tra il soggetto e il proprio corpo, per effetto delle alterazioni anatomiche e per l'incidenza negativa che tali alterazioni hanno nei rapporti interpersonali19.

Il danno biologico, risolvendosi nella lesione dell’integrità fisica e nella riduzione delle potenzialità fisiopsichiche della vittima, non ricorre nell'ipotesi di morte immediata o vicina al sinistro, poiché tale evento annulla la stessa esistenza ed esclude che l'infortunato possa continuare ad esistere in condizioni di ridotta potenzialità vitale. Ne

17Cass. sez. M, 19111/1990 n. 11164, Giust. civ. Mass. 1990, fase. 11

18Cass. sez. M, 419/1990 n. 9118, Giust. civ. Mass. 1990, fase. 9

19Trib. Cagliari 911/1985, Riv. giur. Sarda 1987, 386 (nota). cfr. Trib. Monza 71511987, Resp. civ. e prev. 1987, 495

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consegue che il defunto non può acquistare un diritto al ristoro del danno, trasmissibile ai congiunti iure ereditario. Peraltro, nell'ipotesi considerata, poiché il danno biologico comprende in sé anche il danno alla vita di relazione, inteso come difficoltà nell’inserimento sociale per effetto dell'impoverimento delle suddette potenzialità, tale danno può realizzarsi in via diretta a carico di un prossimo congiunto (nella specie la madre vedova dell'infortunato) con la conseguenza di attribuire a quest'ultimo il diritto al risarcimento iure proprio20.

E' risarcibile, secondo il diritto vigente e "vivente", il danno alla integrità psicofisica (cosiddetto danno biologico o danno alla salute) anche in caso di morte dell'infortunato.

Il credito risarcitorio, che forma e concorre a formare l'asse, si trasmette iure hereditario agli aventi diritto21.

Il risarcimento del danno "biologico' o 'fisiologico' - in relazione alla natura del diritto violato ("diritto alla salute") ed alle coloriture sanzionatorie che presenta - ha carattere esclusivamente personale, con la conseguenza che lo stesso diritto costituisce una facoltà personale del danneggiato e non assume, fino al momento dell'esercizio di tale diritto potestativo, valenza patrimoniale, con l'ulteriore conseguenza della sua intrasmissibilità mortis causa. Qualora, invece, il soggetto leso venga meno per morte nelle more del

giudizio da lui iniziato per ottenere il ristoro del danno biologico - tanto se il decesso sia ricollegabile alla lesione subita, tanto se sia derivato da cause ad essa estranee - deve reputarsi verificata la patrimonializzazione della lesione del bene "salute" ed il relativo risarcimento può essere preteso iure hereditatis dagli aventi causa, i quali possono proseguire il processo iniziato dal de cuius22.

II) Discussione sul danno biologico

20Trib. Milano 416/1990, Riv. giur. circol trasp. 1990, 786. -Conforme- Cass. sez. III, 20112/1988 n.

6938, Dir. giur. 1990, 176 (nota)

21Trib. Massa 20/1/1990, Resp. civ. e prev. 1990, 613 (nota)

22Trib. Roma 516/1990, Giust. civ. 1990,1,2653 (nota)

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Nella immediatezza delle decisioni costituzionali, si potevano formulare diverse considerazioni, sul concetto di danno biologico e sulle prospettive delle azioni dell'INAIL.

La migliore definizione del rapporto tra danno biologico e danno patrimoniale sembra fornita da Cass. sez. lav., 10/3/1990 n. 1954, di cui si riporta la massima integralmente:

“In caso di evento lesivo dell'integrità personale, il danno biologico e quello patrimoniale attengono a due distinte sfere di riferimento, il primo riguardando il così detto diritto alla salute ed il secondo attinendo alla capacità di produrre reddito, talché il giudice deve procedere a due distinte liquidazioni e può scegliere per ciascuna di esse il criterio che ritiene più idoneo in relazione al caso concreto. Tuttavia, perché il risarcimento del danno sia completo e, per altro verso, non si traduca in un arricchimento senza causa, il giudice deve tener conto di tutte le particolarità della fattispecie e considerare che i due danni, pure se ontologicamente diversi, costituiscono entrambi proiezione negativa nel futuro di un medesimo evento, sicché le liquidazioni degli stessi, pur se distinte, devono essere tenute presenti contemporaneamente, affinché la liquidazione complessiva sia corrispondente al danno nella sua globalità, che costituisce l'oggetto del risarcimento e del quale i due menzionati aspetti costituiscono due specifiche voci23".

In particolare, nei rapporti con la capacità lavorativa (che sono quelli che qui interessano), nella giurisprudenza si passa da un estremo all’altro, e cioè dall'identificazione sic et simpliciter del danno biologico con il danno alla capacità lavorativa24 alla radicale affermazione che il danno biologico a tutto attiene, tranne che alla capacità lavorativa25.

23Giust. civ. Mass. 1990

24Il danno biologico subito dal dipendente a seguito di infortunio o di malattia professionale, rientra nella previsione dell'art. 10 D.P.IFL 30 giugno 1965 n. 1124 e, pertanto, è indennizzato attraverso la liquidazione della rendita posta a carico dell'Inail, valendo anche in ordine ad esso il principio dell'esonero del datore di lavoro dal relativo risarcimento, salvo la sussistenza di specifiche ipotesi di responsabilità penale: Trib. Milano 20/7/1990, Riv. giur. circo. trasp. 1990, 789

25Trib. Livorno 312/1990, Arch. giur. circol. e sinistri 1990, 521, già citata; cfr. anche Trib. Fírenze 24/9/1988, n.1469, Romei c. Gordigiani

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Date le tendenze che emergevano dalle linee giurisprudenziali su ricapitolate, si poteva, all'epoca, validamente sostenere che la Corte Costituzionale aveva contemporaneamente torto e ragione.

Aveva ragione quando rilevava che la copertura assicurativa INAIL ha per oggetto il danno biologico, anche se solo parzialmente; aveva torto quando asseriva che detta copertura non ha per oggetto il danno biologico di per se stesso.

A nostro avviso, la Corte Costituzionale ha infatti trascurato alcuni elementi preziosi, normativi e giurisprudenziali, nonché i suoi stessi precedenti. Degli elementi normativi, che risalgono addirittura all’origine dell'assicurazione infortuni, uno è venuto in apparenza temporaneamente meno per effetto dell'introduzione del Servizio Sanitario Nazionale, che ha interposto tra l'INAIL e il lavoratore assicurato, agli effetti della prestazione delle cure, un soggetto intermedio quale l'USL.

Secondo il testo originario dell’art.66 T.U., prima dell'intervento della legge 833/78, le prestazioni dell’INAIL nei confronti del lavoratore infortunato erano:

1) un'indennità giornaliera per l'inabilità temporanea;

2) una rendita per l’inabilità permanente;

3) un assegno per l’assistenza personale continuativa;

4) una rendita ai superstiti e un assegno una volta tanto in caso di morte;

5) le cure mediche e chirurgiche, compresi gli accertamenti clinici;

6) la fornitura degli apparecchi di protesi.

Nonostante l’ordine dell'elencazione, si può concludere che scopo primario dell'assicurazione era proprio l’erogazione delle cure mediche e chirurgiche, sia pure con obbligo limitato nel tempo26; e ciò in piena conformità con la previsione dell’art.38 Cost.

per gli infortuni, ma anche dell’art.32 Cost., espressamente richiamato, in tema di

26cfr. Cass. sez. lav., 6110/1978 n. 4469, Riv. infort. e mal prof. 1979, II, 78, che recita "Decorsi i termini previsti dalla legislazione infortunistica per la revisione della rendita, l'istituto non è tenuto ad erogare all'infortunato prestazioni diverse dalla rendita, sicché viene meno il diritto soggettivo dell'infortunato medesimo alle cure mediche, chirurgiche e protetiche.”

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assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, dalla stessa Corte Costituzionale, fin dal 198127.

Una conferma della priorità del trattamento medico e chirurgico è contenuta nell'art.86. T.U., per il quale l’istituto assicuratore è tenuto a prestare all’assicurato...

le cure mediche e chirurgiche necessarie per tutta la durata dell'inabilità temporanea, ed anche dopo la guarigione clinica, in quanto occorrano al recupero della capacità lavorativa, ove si distingue tra cure da prestare durante la temporanea, e miranti a conseguire la guarigione clinica, che non sono subordinate a nulla, e cure da prestare dopo la guarigione clinica, ammesse solo se finalizzate al recupero della capacità lavorativa28.

Un’altra riprova della priorità del trattamento medico è l’art.92, che fa obbligo all’istituto assicuratore di provvedere ai servizi per la prestazione dei soccorsi di urgenza a mezzo di propri ambulatori o anche mediante accordi con enti o sanitari locali.

Infine, bisogna rammentare anche l’art.91 sull'indennizzabilità dell'ernia derivante da infortunio, per la quale l'INAIL è tenuto alle sole prestazioni mediche e chirurgiche, e alla temporanea, mentre la rendita (per invalidità calcolata ex lege nella misura del 15%) spetta soltanto se l'ernia è inoperabile; oppure indennizzabilità della perdita della milza, che non intacca minimamente la capacità lavorativa stricto sensu; o la perdita di ambedue i testicoli, indennizzata, a differenza della perdita di un solo testicolo (una domanda cattiva: e per le donne? perché non c'è una previsione parallela?).

Non conta più, a questo punto, che le prestazioni sanitarie siano state tolte all'Istituto e gettate nel calderone del Servizio Sanitario Nazionale, e ciò in primo luogo perché l'infortunio sul lavoro e la malattia professionale continuano ad esigere una tutela differenziata e più pronunciata rispetto alla malattia comune29, e questa tutela rimane in piedi, almeno sotto il profilo concettuale, qualunque sia l'organismo che la fornisce in concreto. D'altronde, se questa tutela non fosse poi in concreto fornita dal Servizio

27Cass. S.U. 16/1/1987, n.310.; Corte Cost. 14/7/1986, n.184, Giust. civ. 1986,1,2324

28cfr. Cass., S.U. 16/1/1987, n.310, Riv. inf. malprof. 1987, H, 130

29Corte cost. 26/5/1981, n.74, Foro it. 1981,1,2645: è questo il precedente che la Corte Costituzionale ha ignorato

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Sanitario Nazionale, non vi è dubbio che l'attribuzione delle cure a detto S.S.N. sarebbe affetta da incostituzionalità per contrasto con l'art.38 Cost. e con la normativa CEE, che continua a prevedere detta tutela differenziata e la prestazione di cure da parte degli Istituti Assicuratori30.

E' ovvia conseguenza, quindi, che scopo primario dell'assicurazione era (ed è) il ripristino della salute del lavoratore, mentre l'indennizzo dei postumi è scopo sussidiario, che interviene allorché il primo non è stato integralmente realizzato.

Resta da vedere la portata dell’incriminato art.74 T.U., che recita:

"Agli effetti del presente titolo deve ritenersi inabilità permanente assoluta la conseguenza di un infortunio o di una malattia professionale, la quale tolga completamente e per tutta la vita l'attitudine al lavoro. Deve ritenersi inabilità permanente parziale la conseguenza di un infortunio o di una malattia professionale la quale diminuisca in parte, ma essenzialmente e per tutta la vita, l'attitudine al lavoro31.

(omissis)"

1l concetto di attitudine al lavoro (o di capacità di lavoro) viene più volte richiamato nel T.U., ma - contrariamente all’assunto della Corte Costituzionale - non sembra che stia a significare qualche cosa di diverso dal concetto di danno biologico, quanto meno nell’applicazione attuale dell’esercizio dell'assicurazione.

In primo luogo, l’art.74 prevede la (pacificamente illegittima) esclusione della rendita quando i postumi non superano il 10%; l'esclusione viene motivata, in genere, sul

30 La Convenzione europea sulla sicurezza sociale e l'Accordo complementare per l'applicazione della stessa, firmati a Parigi il 14/12/1972 (ratificati dall'Italia - con soli sedici anni di ritardo - con L.27/12/1988, n.567), sembrano prevedere, per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, quali obblighi primari delle istituzioni competenti, le prestazioni in natura (sc.sanitarie).

31L'art. 74, comma 1, del d.P.R 30 giugno 1965 n. 1124 - nel precisare che deve ritenersi inabilità permanente parziale la conseguenza di un infortunio o di una malattia professionale la quale diminuisca in parte, ma essenzialmente e per tutta la vita, l'attitudine al lavoro - si riferisce ad un qualsiasi lavoro, genericamente inteso, e non già al lavoro cosiddetto specifico, abitualmente svolto dall'infortunato, così come l'annessa tabella (allegato n. 13) delle percentuali di invalidità, che, in riferimento alle ipotesi specificatamente previste, valuta la percentuale di invalidità permanente in modo identico per tutti gli infortunati, prescindendo dal diverso valore che le lesioni assumono in relazione all'attività concretamente esercitata: Cass. sez. lav., 914/1987 n. 3520, Giust. civ. Mass. 1987, fasc. 4

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presupposto che una micropermanente consiste in un danno meramente biologico, e non colpisce la capacità lavorativa.

In secondo luogo, la liquidazione delle rendite non avviene - in ogni caso -sulla base dell’effettiva retribuzione dell’infortunato: a norma degli artt.116-120 T.U. esistono dei minimali e dei massimali di legge, per cui il sinallagma retribuzione-indennizzo non è rispettato nella sua integrità. Ugualmente, si prescinde dalla specificità dell'occupazione dell’infortunato, per prendere in considerazione solo una capacità generica, che assomiglia un po' troppo ad un danno biologico, per non insospettire.

In terzo luogo, esistono casi come quello degli apprendisti, il cui indennizzo viene operato sulla base di una retribuzione potenziale, e non effettiva (cfr. art.119 T.U.), e dell'intero settore agricolo.

Infine, non si dimentichi il sistema di revisione della rendita, incentrato sul controllo periodico dello stato di salute del lavoratore, che può sfociare nell’aggravamento, se le, condizioni di salute sono peggiorate, o - nell'opposta direzione - nel miglioramento e quindi nella riduzione o soppressione della rendita, se le condizioni di salute sono migliorate.

Ma c'è di più. Allo scopo di fornire una valutazione obbiettiva dei postumi, su cui poi calcolare l’indennizzo e le sue variazioni, il legislatore (conformemente alla mentalità tabellare che ispirava l'intero T.U. prima degli ampi rimaneggiamenti apportati dalla Corte Costituzionale) ha predisposto, appunto, una tabella, nella quale le perdite anatomiche e/o funzionari degli arti e/o degli apparati sono valutate di per sé: è del tutto ovvio che quando il postumo è tabellare la valutazione non è rimessa alla discrezionalità tecnica del medico legale, ma riflette una valutazione biologica operata in anticipo dal legislatore. Ergo, solo per i postumi non tabellari si pone il problema del riferimento:

danno biologico o capacità lavorativa? Ed è allora necessario chiarire che cosa è il danno biologico: è ovvio infatti che se prima non si definisce il concetto di danno biologico e soprattutto il suo rapporto con la capacità lavorativa non è possibile stabilire se l’INAIL lo indennizza sempre o meno.

A questo proposito, sarà bene riflettere che molti concetti ricorrenti in materia di danno e di conseguenze (o consistenza) di esso non sono di origine normativa, e

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provengono invece da un'elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale, spesso limitata e non conforme - una volta di più - alle esigenze di una società moderna.

E' così che si è formato il quasi inestricabile ginepraio della giurisprudenza sul concetto di danno e sulle sue componenti, nonché sul modo di misurarlo e di indennizzarlo, nello sforzo di innovare concetti ormai obsoleti, come quello che il danno indennizzabile è solo e soltanto patrimoniale, mentre i danni di tipo diverso sono concepibili solamente se hanno riflessi economici e/ o soltanto se derivano da reato.

In mezzo alle svariate definizioni di danno biologico, ve ne sono alcune per ora minoritarie, almeno in certa giurisprudenza - che sembrano conformi allo spirito cui sono improntate le decisioni della Corte Costituzionale.

In particolare, è stato sostenuto che il danno biologico è il “danno base” e comprende, non rendendole più autonomamente risarcibili, voci di danno sempre definibili, come il danno alla vita di relazione, il danno estetico, il danno alla sfera sessuale e tutte le micropermanenti non incidenti sulla capacità reddituale, nonché, infine, il danno da riduzione della capacità lavorativa generica. Oppure, è danno alla salute l'alterazione permanente o temporanea dell’integrità e dell'efficienza psicofisica del soggetto che gli impedisca di godere la vita nella stessa misura in cui era possibile prima dell’insorgenza del fatto lesivo, indipendentemente da qualsiasi riferimento alla capacità lavorativa e di guadagno; esso assorbe tutte le altre voci di danno già usate dalla giurisprudenza, come il danno alla vita di relazione, il danno estetico ecc..

Ancora, il danno biologico, inteso come danno prioritario al "valore uomo", è risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla capacità di produrre reddito e ricomprende in sé l’incapacità lavorativa generica - sia temporanea, sia permanente - il danno estetico, il danno alla vita di relazione e il danno alla sfera sessuale. In aggiunta ad esso può essere risarcito il danno morale, ove ne ricorrano le condizioni, ed il danno patrimoniale vero e proprio, se ed in quanto l'invalidità permanente venga ad incidere in maniera effettiva sulla capacità del soggetto di produrre reddito lavorativo32.

32oltre alle sentenze citate nelle note precedenti, a mo' di florilegio si possono aggiungere Cass.sez. M, 19/5/1989 n. 2409, Giust. civ. Mass. 1989, fasc.S; Pret. La Spezia 20/6/1988, Arch.giur.circol e sinistri 1989, 1060; App. Torino 27/3/1987, Riv. giur. circol trasp. 1989, 64 (nota); App. Milano 18/2/1987, Arch. giur. circol e sinistri 1988, 1067 (nota); Trib. Pisa 16/1/1985, Riv. it.medicina legale 1987, 630

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Sembra ovvio, a questo punto, che si debba rinunciare all’ormai obsoleto criterio di considerare “danno” solo la riduzione o la perdita della capacità lavorativa; che si debba considerare la persona di per sé e non la sua attitudine a produrre reddito; che danno biologico e perdita o diminuzione della capacità generica si identifichino, in quanto secondo la giurisprudenza più moderna un danno patrimoniale è concepibile solamente se si dimostra la presenza di un danno emergente specifico (p. es., perdita di un affare) o quella della riduzione di una capacità specifica che apporti un danno differenziale. Si deve invece rinunciare a tutti i trucchi e gli escamotages escogitati dalla giurisprudenza e dallo stesso legislatore per aggirare l'inesatta prevenzione che il “danno” è “danno” solo se ha valenza patrimoniale.

Nella fattispecie dell'assicurazione INAIL, il legislatore, a suo tempo, adottando il parametro dell'attitudine al lavoro, intendeva, per il lavoratore, scegliere un parametro fittizio, chiaramente artificiale, che fosse comunque di per sé inequivoco, e che potesse consentire di comprendere quasi tutti i danni allora contemplati dalla dottrina come risarcibili, escludendo perciò dall'indennizzo praticamente i soli danni morali.

Conferma questa interpretazione il costante insegnamento della S.C. che - ai fini della rivalsa dell'INAIL, in caso di infortunio provocato dal datore di lavoro o da un terzo - ha sempre sostenuto che l'INAIL subentra nelle somme a qualsiasi titolo (purché risarcitorio) corrisposte dal terzo all'infortunato, senza alcuna rilevanza per le particolari connotazioni, patrimoniali o non patrimoniali - del relativo pregiudizio subito dall’assicurato: ovviamente, questo coacervo (come è stato definito) non sarebbe possibile se preliminarmente - non si attribuisse all’INAIL, nonostante la difficoltà di dizione letterale, il compito di indennizzare principalmente quello che ora si chiama danno biologico.

Il coacervo è reso necessario anche dalla necessità di evitare duplicità di risarcimento.

Non è infatti consentito all'infortunato, di ottenere un risarcimento dall'Istituto ed un altro, allo stesso titolo, dal responsabile civile. In tal senso, si è pronunciato da tempo il Tribunale di Firenze: “Se prima dell'ammissione dell'infortunio all'indennizzo l'infortunato ha avuto il risarcimento del danno da parte della compagnia assicuratrice del responsabile dell’infortunio, l'INAIL ha diritto di surrogazione nei confronti del terzo responsabile

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così come stabilito dal T.U.1124/1965. Di conseguenza l’INAIL ha diritto di detrarre dalla rendita dovuta per l'infortunio medesimo quanto l’infortunato abbia ricevuto a titolo di risarcimento del danno dalla compagnia assicuratrice; in caso contrario, l'assicurato riceverebbe più di quanto spettantegli per l'infortunio, in contrasto con il principio secondo il quale il risarcimento deve essere limitato al danno effettivamente subito (artt.2056 ss. c.c.)33

Vi sono altri elementi che confortano questa soluzione: per esempio, il totale cambiamento di presupposti della stessa assicurazione infortuni che, nata in un epoca in cui il lavoratore infortunato si trovava sul lastrico e senza più reddito con lo scopo precipuo di fornirgli mezzi di sussistenza, si trova ora ad operare in una situazione nella quale il lavoratore non ha più bisogno dell'indennità economica della temporanea, perché il salario viene anticipato dal datore di lavoro per contratto collettivo o per prassi, tant’è che vi sono numerose sentenze che ora attribuiscono il diritto di risarcimento al datore di lavoro anziché all’infortunato (e ne fanno fede i numerosi casi di controversia fra i datori di lavoro e l’Istituto che, ignorando il fenomeno, in mancanza della formale applicazione dell'art.70 T.U., continua a pagare la temporanea al lavoratore, anziché rifonderla all'imprenditore); e nella quale il lavoratore non ha diminuzione di reddito, perché continua a lavorare come prima e a percepire lo stesso salario o stipendio: questo cambiamento di scenario renderebbe l'assicurazione priva di fondamento, se essa non continuasse ad indennizzare il danno del lavoratore, visto ora come danno alla salute e non più - surrettiziamente - come danno pseudopatrimoniale34.

III Considerazioni attuali

33Trib. Firenze 17/12/1986, n.301, Tosc. Lav. Giur. 1987,838)

34cfr., Specificamente, per una disamina della differenza tra capacità lavorativa generica, capacità lavorativa specifica, capacità lavorativa attitudinale e capacità di guadagno, Cass.9110/1981, n.5174, Mass. Foro it. 1981, 1050; per avere un'altra idea di quanto sia tuttora tormentata la questione del danno e del suo risarcimento, si veda MASTROPAOLO, "La nozione di “danno biologico”, Giust. civ.

1991, II, 275; Cass., Sez. Lav., 20 marzo 1987 n.2790, INPS c. Castiglioni, Giust. civ. Mass. 1987, fasc.3).

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La persistenza di tendenze dottrinarie e giurisprudenziali è notevole, né d'altronde è la prima volta che si profila un contrasto tra la giurisprudenza costituzionale e quella ordinaria.

Ci limitiamo qui ad una ulteriore rassegna, per evidenziare le divergenze giurisprudenziali, in genere comunque non favorevoli all'Istituto.

1) Per effetto delle decisioni costituzionali in materia di danno biologico, il danno civilistico complessivo va diminuito della parte di danno biologico non indennizzata dall'INAIL, e l'Istituto potrà aggredire solamente la differenza. Qualora l'infortunio non sia indennizzabile a norma del T.U.30/6/1965, n.1124, per mancanza della copertura assicurativa, come nel caso del danno biologico, si deve far luogo al risarcimento danni secondo le norme del diritto comune.

Se la prestazione INAIL non indennizza il danno biologico nella sua globalità, ma solo per quella parte che ha attinenza alla capacità lavorativa generica, il datore di lavoro è tenuto a risarcire la parte residuale secondo le norme di diritto comune.

Non rientrano nella capacità lavorativa generica le voci relative al danno estetico, alla vita di relazione, all'efficienza della persona nella vita quotidiana, la perdita di chances lavorative, la maggior fatica nel lavoro e la maggiore usura, e pertanto l'INAIL non può aggredire queste voci35.

2) In appello, la decisione è stata parzialmente riformata: E' corretta la valutazione del CTU che, nell'ambito di un danno biologico complessivo del 32%, individua in esso una quota del 25% riferibile alla riduzione della capacità lavorativa generica.

Il danno morale e quello concernente la capacità lavorativa specifica non sono compresi nella garanzia INAIL e quindi non sono attribuibili a tale istituto36

3) Limite della surroga dell'INAIL è costituito da quella parte di danno biologico collegata alla riduzione della capacità lavorativa generica: poiché, nella fattispecie, su di

35Pretura Parma 16/3/1992, n.131, Barilli Ferdinando: cfr. Riv. it. medicina legale 1994, 215

36Tribunale Parma 28/5/1993, n.586, Barilli Ferdinando

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un danno biologico del 25% si può individuare una riduzione della capacità generica del 12%, è quella la parte che spetta all'INAIL Spetta all'INAIL, invece, il danno morale37.

4) L'indennità previdenziale è chiamata, nelle intenzioni del legislatore, a reintegrare un lucro cessante, e la disamina delle disposizioni induce alla conclusione che le coperture assicurative sono commisurate esclusivamente i riflessi sull'attitudine al lavoro.

Non è perciò possibile sovrapporre risarcimento del danno biologico e quello corrisposto dagli enti previdenziali, e il danno biologico non spetta all'INAIL38.

5) In caso di surroga ex art.1916 c.c., spettano all'INAIL la temporanea, il danno specifico e quello morale; non spetta invece il danno biologico, secondo quando previsto nella sentenza della Corte costituzionale39.

6) Qualora si accerti un'invalidità permanente del 9% all'INAIL spetta la voce relativa a tale invalidità, ma non quella relativa al danno biologico: non spetta neppure la voce relativa al danno morale40.

7) La lesione dell'integrità psicofisica di persona che non svolge attività lavorativa è risarcibile soltanto quale danno biologico41.

8) Non è liquidabile il danno patrimoniale da lucro cessante nel caso in cui il danneggiato abbia ricevuto dall'INAIL la corresponsione del salario durante il periodo di malattia conseguente l'incidente, e l'INAIL stesso sia stato rimborsato dall'impresa di assicurazione per la somma erogata al predetto titolo.

Viene riconosciuto il diritto di surroga all'INAIL con riferimento alle somme liquidate giudizialmente a titolo di danno biologico ponendo come limite l'importo corrisposto dall'INAIL stesso a tale titolo42.

37Tribunale Parma 29/10/1992, n.1182, Bogan Loris (ma anche questo è ormai superato)

38Tribunale Piacenza 22/5/1993, n.227, Orsi e altri

39Tribunale Rimini 14/8/1993,n.380, Morganti Teresina (e anche questa è ormai superata)

40Appello Bologna 24/11/1993, n. 1413, Quadrelli Paolo

41Cassazione Sezione M 19/3/1993, n.3260

42Tribunale Milano 23/10/1991, Pettinco/Albani

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9) In caso di morte dell'infortunato, il danno biologico non spetta ai congiunti: spetta invece il danno morale, il quale, insieme al danno economico e patrimoniale, rientra nella sfera di aggredibilità dell'INAIL e va a questo attribuito43.

10) Se dalle lesioni residuano una invalidità del 5-6% di natura biologica e non colpiscono la capacità lavorativa generica, non si può liquidare alcun danno da lucro cessante. Il danno calcolato su base biologica va comunque attribuito all'INAIL, non essendo concepibile attribuirlo all'attore, che ha già percepito dall'INAIL somma risarcitoria ben superiore che potrebbe formare oggetto di indebito oggettivo44.

11) La surroga dell'INAIL non può concernere la parte di danno biologico non collegata alla riduzione dell'attitudine al lavoro: e la quota collegata a tale riduzione può essere calcolata in un terzo del danno biologico complessivo. Spettano poi all'Istituto il danno morale e quello patrimoniale connesso alla permanente45.

12) In caso di danno biologico del 35% (45% secondo le tabelle INAIL), ed in assenza di danno economico (in quanto il lavoratore ha continuato a lavorare in altro settore senza diminuzioni stipendiali), spettano all'INAIL la temporanea, il danno morale e il 50% del danno biologico, quota quest'ultima calcolata in via equitativa46.

13) L'azione con la quale il lavoratore reclami, nei confronti del datore di lavoro, il risarcimento del danno conseguente alla contrazione di una malattia professionale, tende alla tutela non già del diritto assoluto alla salute, quale garantito dall'art. 32 Cost., bensì di una situazione giuridica relativa derivata dalla lesione di questo e quindi di un diritto non imprescrittibile, ma assoggettato, per la propria distinta natura, al regime prescrizionale dei diritti di credito47.

43Pretura Lucca 24/1211993, n.711, Giannini Renato (anche questa ormai superata

44Tribunale Como 819/1092,n.958, Burdino Vincenzo

45Tribunale Milano 11/6/1992, n.6732, Mariani Alessandro

46Tribunale Torino 18/11/1992,n.8956, Bracco e altri (e anche questa è stata superata da un révirement dei Giudici)

47Cassazione civile sez. lav., 23 giugno 1994, n. 6061 Giust. civ. Mass. 1994,fase. 6 (s.m.).

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14) In caso di scontro fra due veicoli, cagionante una lesione dell'integrità psicofisica del danneggiato, il danno derivante dalla riduzione della capacità lavorativa generica subito da un soggetto che non svolge attività produttiva di reddito, né sia in procinto presumibilmente di svolgerla, è risarcibile esclusivamente sotto il profilo del danno alla salute, inteso come somma delle sofferenze psicofisiche conseguenti alle lesioni subite e liquidabile in via equitativa48.

15) La riduzione della capacità lavorativa generica, intesa come potenziale attitudine alla prestazione di attività lavorativa da parte di un soggetto che non svolga, al momento, attività produttiva di reddito né sia in procinto presumibilmente di svolgerla, in quanto costituente lesione di un generico modo di essere del soggetto che non comporta un rilievo sul piano della produzione di reddito e, quindi, si sostanzia in una menomazione della salute intesa in senso lato, è risarcibile solo come danno biologico49.

16) Poiché il danno biologico, come danno alla salute, in sé, ha una portata più ampia di quello alla vita di relazione, che si risolve nella impossibilità o difficoltà di mantenere i rapporti sociali ad un livello normale, e tende ad assorbirlo, come per altri tipi di danno non ben definiti, quali il danno estetico e quello alla sfera sessuale, la domanda di risarcimento del danno alla salute, quando non sia limitata al pregiudizio della vita di relazione, impone al giudice di merito di considerare tutti i possibili profili del predetto danno e liquidarlo anche per la parte che non coincide con il pregiudizio della vita di relazione50.

48Tribunale Firenze, 3 novembre 1993 Arch. giur. circol. e sinistri 1994, 248

49Cassazione civile sez. M, 19 marzo 1993, n. 3260 Dir. economia assicur. 1992, 637 nota (CHINDEMI). Di questa sentenza esiste anche un'altra "versione": In caso di illecito lesivo dell'integrità psicofisica della persona, la riduzione della capacità lavorativa generica, quale potenziale attitudine all'attività lavorativa da parte di un soggetto che non svolge attività produttive di reddito, né sia in procinto presumibilmente di svolgerla, è risarcibile quale danno biologico, nel quale si ricomprendono tutti gli effetti negatívi del fatto lesivo che incidono sul bene della salute in sé considerato, con la conseguenza che l'anzidetta voce di danno può formare oggetto di autonomo risarcimento come danno patrimoniale, in quanto già valutata come danno biologico. Cassazione civile sez. HI, 19 marzo 1993, n. 3260 Giust. civ. Mass. 1993, 524 (s.m.) Resp. civ. e prev. 1993, 268 nota (COMANDE') Arch. giur.

circol. e sinistri 1993, 685 -ConformeTribunale Torino, 8 agosto 1992 Arch. giur. circol. e sinistri 1993, 545

50Cassazione civile sez. m, 14 ottobre 1993, n. 10153 Giust. civ. Mass. 1993,1471 (s.m.) -Conforme- Cassazione civile sez. III, 30 marzo 1992, n. 3867 Foro it. 1993,1,1959

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17) Il danno biologico - come danno alla salute - va valutato sia in riferimento all'invalidità temporanea che in riferimento all'invalidità permanente51.

Come si vede, la situazione è ancora fluida, e l’unica indicazione certa che proviene dalla giurisprudenza attesta che la problematica è essenzialmente di natura medica e medico legale.

51Cassazione civile sez. III, 10 marzo 1992, n. 2840 Foro it. 1993,I,1960

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