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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.18 (1891) n.909, 4 ottobre

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L'ECON OMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno XY1II - Voi. XXII

Domenica 4 Ottobre 1891

N. 909

LE COLLISI! II IR E E LA LEGISLAZIONE INTERNAZIONALE

L ’ infortunio del piroscafo Taormina, che ha su­ scitato tanto raccapriccio in Italia p er le num erose vittim e che si sono dovute rim piangere, ha anche ravvivata uua questione la quale, m entre è tuttora insoluta affatto, diviene sem pre più stringente a mano a mano che in più gran num ero i piroscafi solcano i m ari e che, moltiplicandosi le convenzioni tra Stati e Stati circa conto altri rapporti um ani e sociali, ri­ m ane m aggiorm ente avvertita la lacuna che si de­ plora negli accordi internazionali m arittim i.

Cotesti accordi arrivano sino ad un certo punto e non vanno più in là : provvedono, cioè, m ediante se­ gnali prestabiliti ed obbligatori per tutti ad evitare, per quanto \ possibile, le collisioni di navi ; ma poiché non v ’ è al mondo nessuna cautela così per­ fetta, da im pedire interam ente e sem pre i mali al cui pericolo intende fare argine, avviene che colli­ sioni, m algrado tutto, qualche volta ne succedono e che non esiste accordo di sorta per disciplinarne le conseguenze, quando le navi urtatesi fra loro appar­ tengano a nazioni diverse.

Gli art. 6 6 0 a 665 del Codice di Com m ercio ita­ liano dispongono sulla responsabilità pecuniaria e sul risarcim ento dei danni derivati dall’ urto delle navi ; ma è evidente che intendono parlare di navi nazio­ nali, e che il più delle volte quando si tratti di navi estere devono restare inapplicati. Lo stesso dicasi degli art. 120 e seguenti del Codice per la Marina M ercantile, e degli art. 638 e seguenti del Regola­ m ento relativo, che contengono disposizioni sui n a u ­ fragi e altri sinistri m arittim i, sui ricuperi, ecc.

P e r esempio, il citato art. 120 d ic e : « Il capi­ tano di un legno nazionale il quale incontri qualche nave, anche straniera o nemica, in pericolo di per­ dersi, deve accorrere in loro aiuto e prestarle ogni possibile assistenza. » Ma, viceversa, un capitano ita­ liano, la cui nave sul punto di perdersi venga a essere vista da una nave straniera in grado di soc­ co rrerla, è sicuro che quest’ ultim a ne abbia per le leggi del proprio paese analogo obbligo? E l’ arti­ colo seguente, riconoscendo alla nave che abbia p re­ stato soccorso a un ’ altra il diritto al risarcim ento dei danni, dispone che « se ¡1 soccorso sia stato pre­ stato con rischio della nave o delle persone sarà inoltre corrisposto un premio che non potrà eccedere il decim o del valore degli effetti salvati » e stabili­ sce che, tanto pei danni quanto pel prem io, com pe­ terà privilegio sulla nave, sui noli e sul carico. O r bene, a che servono disposizioni così precise, quando

la nave salvata appartenga a nazionalità la cui le­ gislazione disponga in proposito affatto diversam ente? E il Regolam ento dianzi citato stabilisce quali sieuo le Autorità com petenti in caso di naufragi o di scon­ tri, a quali Com partim enti m arittim i si deva far capo, quali docum enti sieno da prodursi, com e devano procedere le deposizioni, gli interrogatori, ogni form a di inchiesta. Benissimo, quando il sinistro avvenga nelle acque te rrito ria li; ma se avvenisse in quelle d ’ altro S tato? E supponendo per un m om ento (la cosa invece è tra le più controverse) che sieno com ­ petenti le Autorità ed applicabili le leggi di quello Stato nelle cui acque avviene una collisione, la r e ­ gola varrà anco se ad esso non appartenga n e l ’ una, nè l’ aUra delle navi che si sono u rta te ? Quid finalm ente se si urtano in alto m a re ?

M oltissime sono le m aterie per le quali si può desiderare una legislazione m arittim a di carattere internazionale. Quando avrem o accennalo a quelle sulla proprietà delle navi, sui privilegi e le ipote­ che, sui contratti di arruolam ento, sui diritti e do­ veri del capitano, sulle polizze di carico, sui con­ tratti di noleggio e di caricazione, sulle avarie, sulle assicurazioni, non avrem o detto quasi nulla, tante sono le questioni che ciascuno degli argom enti qui enum erati racchiude. Ma senza forse, nessuna ha ca­ rattere di assoluta necessità quanto quella delle col­ lisioni di navi. In tutto il resto si può, non sem pre com odam ente e senza danno, è ben vero, esser sog­ getti. ad una data legislazione, e quando poi si na­ viga lontano acconciarsi ai precetti di quella che regna là dove si approda o a cui sono soggetti co­ loro con cui si viene ad avere rapporti di interessi. Ma in m ateria di collisioni la diversità e spesso l’ an ­ tinomia che v’ è tra le leggi dei diversi paesi pone in giuoco un contrasto di interessi cosi gravi e dia­ m etralm ente opposti, che non sono mai sicuri, in ciascun singolo caso, di essere egualm ente tutelati e im parzialm ente presi in considerazione. S uccede pertanto che chi è più in colpa spesso trova modo di passarla liscia e che la parte che ha sofferto senza colpa o con m inor colpa tutto il danno o un danno più grave dell’altra, ne abbia anche, invece che il risarcim ento, le beffe.

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rispettivi in caso di abbordaggio, non stabiliscono regole uniform i, epperò, anche nella procedura, pel regolam ento delle avarie e per l’ accertam ento dei danni nascono conflitti di legislazione diffìcilissimi e talvolta im possibili a risolversi giuridicam ente, causa la mancanza di regole di com petenza e di giurisdi­ zione internazionale. — Che vale vi sieno regole approvate, m ediante convenzioni fra gli S tati, intorno al modo di m anovrare per evitare la collisione? A che serve il porre in opera nuovi m etodi di costru­ zione speciale nelle parti avanzate della prua delle navi in ferro, per rendere meno gravi i danni del­ l’abbordaggio ? A che serve ciò, finché non vi sia accordo tra le diverse legislazioni sul se e sul come si debba pagare o ottenere il pagam ento pei danni cagionati da una falsa m anovra ? Ecco uno dei punti di diritto m arittim o su cui ci sem bra che sia più u rgente ferm are l’attenzione e farne oggetto di con­ venzioni internazionali. Speriam o per altro che non sarà già il s o lo 1), »

Sono stati ripetutam ente tenuti Congressi m arit­ tim i, che si sono anche occupati di siffatti quesiti. Dal lungo questionario di quello di Anversa del 1885 trascriviam o i num eri relativi al nostro argom ento. — L V II1. È il caso di sottoporre gli effetti del­ ia abbordaggio a regole speciali, o di richiamarsi al diritto comune ? Quando non sia dimostrato che Vabbordaggio è stato prodotto da colpa devesi for­ mare di tutte le avarie una massa, da ripartirsi poi in proporzione del valore di ciascuna nave e del suo carico, ovvero deve ognuno sopportare le proprie avarie ? — L IX . Devesi imporre alla nave che investe l’obbligo di soccorrere se può fino al più prossimo porto, la nave investita ? Quale dovrebbe essere la sanzione di questo obbligo? — L X . Quale è la legislazione applicabile all’abbordaggio, quando la collisione ha avuto luogo : a) nelle acque terri­ toriali ; b) in alto mare; e secondo che sia avve­ nuta : a) fra due navi della stessa nazionalità ; b) fra due navi di nazionalità diversa ?

In ordine a tutto ciò diversi voti im portanti fu­ rono emessi e dal Congresso di A nversa e da quello di Bruxelles che gli fece seguito due anni dopo. Non starem o qui a riferirli, come non faremo cenno dei p areri, spesso discordi, manifestati in antecedenza da specialisti di m erito, da capitani m arittim i, da C am ere di com m ercio ed altre com petenti associa­ zioni. T utti i più giudiziosi pareri e tutti i voti più autorevoli rim angono sterili se m anca la buona vo­ lontà di accordarsi a coloro che soli lo possono, cioè ai G overni. O ra sta in fatto che questi sono in ge­ nere restii a spossessarsi d’ una parte della loro so­ vranità col riconoscere in certi casi, tuttoché tassa­ tivam ente preveduti, quella altrui ; e che special- m ente P Inghilterra e la F rancia rifuggono dall’am- m ettere, quando si tratti di loro cittadini, l’applica­ zione di leggi m arittim e straniere e la competenza di straniera Autorità.

L ’ Inghilterra soprattutto, orgogliosa della propria preponderanza sui m ari, si rifiuta ad ogni accordo. È un cattivo principio la mancanza di adesione delie d ue prim e potenze m arittim e del mondo, e spiega com e sin qui non siasi potuto venire a nulla di con- *)

*) Le Droit Maritime en Italie. Note presentate da Paolo Boselli al Congresso internazionale marittimo di Anversa. Torino, Roux e Favaie, 1885. - Pag. 163, 161.

creto. La cosa nonostante parrà strana, quando sì pensi che !’ interesse è reciproco, come reciproche dovrebbero essere le concessioni, che ognuno a buon dritto può dire : hodie mihi, cras tibi, e che l’ In ­ ghilterra avendo navi in m are più di qualsiasi altra nazione, si ritrova nel caso che molte delle sue fac­ ciano affondare le altrui, ma anche nello stesso tem ­ po, e per lo stesso motivo, che dalle altrui sieno affondate molte delle sue. C om unque, lo stato di fatto è oggi quello che abbiamo indicato e sarebbe un illudersi lo sp erare di vederlo presto modificato seguitando ad esprim erne l’ augurio per mezzo di scritti ben motivati e di autorevoli e num erosi Con­ gressi.

A parer nostro l’ Italia potrebbe farsi iniziatrice di accordi con qualche Stato, fosse anche seco n d a­ rio, ai quali è prevedibile sarebbero per aderire in seguito anche altri Stati a un po’ alla volta. Non dovrebbe essere diffìcilissimo, sem pre p er la suddetta ragione che la reciprocanza è intera e il tornaconto che vi può essere a far cessare uno stato incerto e di per sé quasi litigioso è perfettam ente eguale in tutte le parti contraenti. I vantaggi sarebbero due. Uno si com pendia nel detto meglio poco che nulla. Ecco qu i : la Grecia non è certo la unzione che abbia la prim a m arineria del m on d o ; pur tuttavia navi in m are ne ha, che possono incontrarsi colle navi altrui, e l’urto del Tessaglia col Taormina lo prova. In questo mom ento, per determ inare le re ­ sponsabilità, la com petenza, la procedura da seguire nella causa civile e penale che sappiam o esser già iniziata iti G recia, non sarebbe stalo punto m ale che degli accordi preventivi esistessero.

L ’altro vantaggio, com e dicevam o, sarebbe l’esem ­ pio. Una prim a intesa contrattuale fra pochi Stati, se faccia buona prova, suole d ar luogo col tempo ad una intesa più com pleta con m aggior num ero di partecipanti. Così è successo per le convenzioni in­ ternazionali sui servizi della posta, così per quelle sulla proprietà letteraria e artistica. — È la storia della palla di neve.

IL NUOVO ISTITUTO DI CREDITO FONDIARIO

Coloro che hanno com battuto per vari m oventi la creazione del nuovo Istituto di Credito Fondiario e, per raggiungere il loro scopo, si sono valsi delle form e più vivaci — stranam ente m eravigliandosi che i difensori con altrettanta vivacità rispondessero — non hanno sm esse le a rm i, anzi in questi giorni sem ­ brano aver ripresa la battaglia.

N aturalm ente nel discutere sull’ argom ento se p a­ riam o gli avversari, che iu buona fede credevano che il privilegio accordato ad un solo Istituto per tutta F Italia fosse un erro re, da quegli altri che, o ri­ strette idee regionali o peggio interessi personali e di speculazione, m uovevano a discutere. A questi u l ­ timi non possiamo far 1’ onore di nessuna replica ; nel trattare i g randi interessi del paese noi crediam o che debba essere elim inato perfino il sospetto che la borsa (presa nei due sensi) possa avere influenza.

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tra-m ento è necessario quando si voglia, con speranza di successo, avere e m antenere posto sui m ercati in­

ternazionali ; — il secondo, perchè, specie ora, l’Italia ha bisogno del concorso di capitali esteri e nessuno dei preesistenti Istituti di Credito fo n d iario , tranne la Banca N azionale, era al caso di far accreditare, od aveva desiderio di far accreditare all* estero la propria cartella ; — il terzo, perchè i fatti avevano dim ostrato che i vecchi Istituti avevano esaurito, o quasi, la loro potenzialità.

E com e p e r la em issione di biglietti noi propu­ gnarne la Banca Unica e la crediam o la sola soluzione

possibile per riordinare gradualm ente il nostro cre d i­ to, così nel credito fondiario avrem m o voluto perfino che la nuova legge avesse, per lo meno, dim inuito il num ero dogli Istituti esistenti, e poteva farlo togliendo la concessione alla Banca Nazionale ed ai Banchi M eri­ dionali, almeno fino a che godono del privilegio della emissione.

Ora del nuovo Istituto di Credito fondiario gli op­ positori dom andano : — che cosa ha fa tto , che cosa fa ?

Ed eccoci a rispondere.

Il nuovo Istituto ha com inciato a funzionare da tre mesi soltanto e si pretende già di dom andargli che cosa abbia fatto? — Potrem m o d ire : ha ricevuto tante e tante dom ande di m utui, ne ha accolte tante e tante, ne ha respinte tante e tante, e tante altre sono ancora in esam e; ma alla pubblicazione di queste no­ tizie provvederà, quando crederà, 1’ A m m inistrazione dell’Istituto stesso; agli avversari facciamo una sem ­ plice osservazione.

D urante tutta la strana ed ingiusta gazzarra che da alcuni, in P arlam ento e fuori, venne m enata con­ tro il nuovo Istituto — portando perfino nella Ca­ m era elettiva (speriam o senza intendim ento di eser­ citare influenza sulle Borse) le ragioni del rialzo o del ribasso di questa o quella Società privata — si è sollevato il sospetto che il nuovo Istituto non avesse altro scopo se non quello di sorreggere le im prese di alcuni dei fondatori. Iti verità, date le vo­ lute cautele, nulla vi sarebbe stato a rid ire anche se a questo il nuovo Istituto avesse m ira to , ma è un fatto che, trascorsi tre mesi dacché funziona l’Istituto, a quanto ci si afferma, esso ha ricevuto molte do­ m ande, alcune ne ha respinte, altre ne ha accolte, e sarebbero tutte operazioni ordinarie di Credito fon­ diario, nessuna ancora ne avrebbe deliberato del ge­ nere di quelle che, si diceva, fossero il solo scopo della creazione dell’Istituto; onde avverrà che se in seguito dalle grandi im prese edilizie di Roma e di Napoli o di altrove verranno dom ande per m utui fondiari, po­ tranno essere trattate o discusse alla stregua di prin­ cipi e di m assim e già fissate per i m utui coi privati, e si troveranno, se saranno accettate, ad essere una parte, non certo prevalente, dei m utui concessi.

Si andrebbe adunque dim ostrando sin da ora la in ­ sussistenza della critica fondam entale rivolta all’Istitu ­ to, che fosse nato per uno scopo determ inato, reputato giustam ente, non sufficiente a giustificare il privile­ gio. I milioni di m utui che il nuovo Istituto avrebbe già concesso a privati richiedenti sarebbero andati per ora tutti a benefizio della agricoltura e della possi­ denza urbana privata.

Ma, si dice, com e volete che la Banca Nazionale, il Credito Mobiliare, l’Im m obdiare, la Banca G ene­ rale ecc. fondatori dell’ Istituto possano trovar eredito e collocare le cartelle?

E cc o ; a chi fa questo ragionam ento noi vorrem m o d o m andare: — ma i 30 milioni che quegli Istituti hanno versato sono stali versati in azioni od in de­ naro ? — E se veram ente furono versati in denaro credete voi che i biglietti da m ille lire versati da un Istituto, che hp le azioni a 2 0 0 0 lire, cam bino di valore se le azioni dell’ Istituto stesso cadono a 2 0 0 ? E d i milioni di m u tu i già fatti dalla Banca Na­ zionale e versati all’ Istituto, perchè sono rim borsa­ bili in denaro non rappresentano forse u n eccellente affare, inquantochè, oltre la garanzia ipotecaria, hanno quella im portantissim a della Banca N azionale?

Il lettore d irà : ma queste sono discussioni puerili, che m ostrano la incom petenza di chi le solleva. Ed ha ragione il lettore ; tuttavia sono questioni che bastarono ad una seduta parlam entare o che, sia pure con avvertenze e riserve, sono accolte, non solo da giornali politici che hanno scopi speciali da p e rse ­ guitare, ma da periodici tecnici. E d a nessuno viene in m ente di oppore il famoso aneddoto dell’ oro di V espasiano.

Però si aggiunge : e sta bene che il denaro non abbia nom e ed abbia lo stesso valore qualunque ne sia la provenienza, ma com e volete che quegli Isti­ tuti che hanno am m inistrato con così poco successo la loro azienda possano am m inistrare bene questa nuova ?

Ora nessuno dogli Istituti fondatori interessati nei m utui am m inistra il nuovo Credito fondiario, anzi la legge gli ha esclusi — ed abbiam o com battuta questa giacobina incom patibilità — quindi la A m m inistra­ zione del nuovo Istituto è nuova e in verità, per quel che ne sappiam o, non la si può accusare di essere troppo corriva ; forse pecca, ma in m om enti di crise il rigorism o è sem pre giustificato, p er grande p ru ­ denza.

Ma il nuovo Istituto potrà collocare le cartelle che volesse c re a re ? si dom anda ancora.

Ed a questa domanda è molto difficile rispondere. Certo che, finché dura la crise, finché il G overno stesso non può collocare i suoi titoli, se non a prezzi molto bassi, finché i m ercati esteri si trovano in­ gom bri di titoli argentini, portoghesi e turchi de­ prezzali, non sarà facile un buon collocam ento; ma d urerà sem pre così questo stato di cose ? E d anche durando, non è possibile che questo Istituto, che ha il maggiore capitale di tutti gli altri Istituti dei R e ­ gno, ed al quale tante forze finanziarie sono, per ora alm eno, legate, non arriv i a v incere le diffidenze dei m ercati esteri ?

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E questo abbiam o ragione di credere sia il fonda- m entale concetto che guida l’ A m m inistrazione.

T utto il rim anente rappresenta una serie di q u e ­ stioni oziose, quando non ¡svelino tendenze malsane.

B r e v e r i s p o s t a a l l ’Industria d i M ila n o

Non intendiam o prolungare una d isc u ssio n e, la quale, com e tutte le discussioni fra persone che hanno convinzioni opposte tratte da lunga esperienza, ben difficilmente può approdare a qualche risultato utile. E per di più la disputa intorno agli effetti del pro­ tezionismo in Italia è orm ai alla centesim a edizione e non vorrem m o stancare i lettori con nuove e insi­ stenti polem iche. Ma senza pensare a ripetere ciò che siam o venuti dicendo dal 1887 a oggi intorno alla politica doganale dell’Italia, non ci possiamo dispen­ sare dall’aggiungere alcune considerazioni a quelle che abbiamo esposte nel n. 9 0 7 dopo che VIndustria ha cercato di confutare quel nostro articolo.

Il cortese periodico di Milano ci perm etta anzi­ tutto di non insistere troppo sopra i ram i di produ­ zione m anifatturiera, che si trovano a disagio, s e b ­ bene disgraziatam ente non crediam o punto che la lista abbia principio e fine col lanificio Rossi di Schio. È questo un argom ento che tocca interessi privati e noi am iam o astenerci da com m enti che in qualsiasi modo possano rec ar loro nocum ento. E poi­ ché non siam o punto avversari delle industrie ma­ n ifattu riere, com e taluno si com piace di credere, ma soltanto crediam o dannoso al paese lo sviluppo for­ zato delle in d u strie, e perciò lo com battiam o, così non possiam o che augurare di dover reg istrare ora e sem pre delle vittorie nel campo industriale. Non sono parole oscure le nostre relative al lanificio Rossi, com e ha scritto l’ Industria ; se la m em oria non ci tradisce, all’ ultim a adunanza generale degli azionisti tenuta a Milano e nei giornali di qualche mese fa sono state dette le stesse cose; del resto l'Industria anziché m ettere in dubbio senz’ altro la cosa avrebbe potuto verificarla.

Così pure dobbiam o m antenere punto per punto quanto scrivem m o circa le aspirazioni, che V Indù­ stria dice am bizioni, veram ente sconfinate e contrad­ ditorie dei com pilatori delle tariffe 1887 e dei nego­ ziatori del trattato con la F rancia. La tariffa del 1887 doveva essere l’ arm a di g u erra per ottenere dalla F rancia grandi concessioni sul vino, sul bestiam e e via dicendo, e in cam bio le si offriva qualche parziale riduzione sui prodotti m anufatti. 1 concetti modesti ai quali accenna 1 ’.Industria sono venuti naturalm ente dopo gl’ insuccessi, ma prim a i negoziatori convinti di aver fatto u n ’opera insigne con la tariffa 1887 e di essere tanti M achiavelli in politica doganale, avevano alcune idee fisse, prim a tra le quali quella già accen­ nata sul vino, cbe oggi si possono benissim o rinne­ gare, ma circa le quali noi, per prove che possediam o, non possiamo avere alcun dubbio. Questo avrebbe una im portanza affatto secondaria se non stesse a provare che gli uom ini i quali quattro anni or sono davano o cooperavano a dare un indirizzo dannoso alla po­ litica doganale italiana, non dim ostravano di avere una idea esatta del possibile e delle condizioni d’animo e di fatto del principale Stato col quale dovevano

trattare. Non potendo credere che essi lavorassero per la rottura dei rapporti com m erciali con la F ra n ­ cia, dobbiam o pensare che si siano ingannati pro­ fondam ente sui risultati che potevano conseguire, chè diversam ente non avrebbero tenuta la linea di c o n ­ dotta di cui ora subiam o le conseguenze e che per conto nostro abbiam o sem pre, anche aspram ente, se si vuole, biasim ato.

Q uanto all’ andam ento del nostro com m ercio di esportazione l’ Industria ha cercato di m enom are il significato delle cifre che noi abbiam o citate in prova della decadenza della esportazione. Potrem m o osser­ varle che chiam are com e essa fa « cosa di poco mo­ m ento » una dim inuzione di 25 mila capi di bestiam e ovino è una scappatoia e nient’ a ltro ; potrem m o a v ­ v ertirla che essa non ha seguito la via più razionale per determ inare le perdite delle esportazioni, tenendo conto della differenza tra l’ entrata e l’ uscita d ’ un prodotto e facendo il paragone tra due annate. In questo modo se, per ipotesi, in un anno la esporta­ zione d* un prodotto è di 100 e la im portazione di 80 e in un altro anno si riducono entram be della m età, ossia rispettivam ente a 50 e 40, vorrà dirci l’Industria che quella dim inuzione e cosa di poco mo­ m ento perchè l’eccedenza da 20 si è ridotta a 10 e sosterrà forse che la esportazione è scem ata di un decim o? No certam ente; i produttori che esportavano 100 esportano ora t50 ossia hanno 50 di perdita e questa non può certo essere com pensata della m i­ nore im portazione; essi si troveranno, se altri fatti non in te rv e n g o n o , con 50 di prodotti invenduti. L ’egregio periodico m ilanese ha preferito quel modo di ragionare poco corretto, nei casi in cui suffragava la sua tesi ; non crediam o del resto che si possa contestare la decadenza del com m ercio dell’ Italia coll’ estero, quando prendendo le cifre degli ultim i sei anni si hanno queste m edie :

Im porta- E sp o rta ­ zio n e zione

media Io biennio 1885-86 milioni 1459. 0 989. 4

» 2° » 1887-88 » 1389.5 947.1

» 3° a 1889-90 » 1355.3 923.2

oppure :

media I o triennio 1885 86-87 mil. 1507. 3 993. 7

» 2° » 1888-89-90 » 1295.1 912.8

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la condizione d’ un paese non bisogna lim itarsi al solo m ovim ento com m erciale. E bbene, l'Industria consulti le statistiche del risparm io, dei consum i, del­ l’em igrazione, nonché quelle finanziarie e veda se tutte non collimano a dim ostrare che sotto il regim e del protezionism o aggravato abbiam o avuto un peg­ gioram ento economico sensibilissim o. Che cosa sono di fronte ai m alanni che la recrudescenza del pro­ tezionismo ha procurato al paese le poche fabbriche a esistenza forzata, di cui m enano vanto gli autori e i fautori della tariffa del 1 8 8 7 ? E non m ettiam o neanche in conto tutti gli altri inconvenienti finan­ ziari e le ingiustizie sociali che col protezionism o sono strettam ente legati.

_ F inalm ente, per conchiudere, osserverem o al pe­ riodico m ilanese che se, com e giustam ente dice, « la dannosa eccedenza delle im portazioni dipende più che altro dai grossi m utui che ogni anno si contraggono all’estero » non v ’ era alcun bisogno di com pilare la tariffa del 1887, per « scem are, p er quanto era possibile, l’enorm e squilibrio tra I’ im portazione di m erci straniere e l’ esportazione di derrate nazio­ nali » ; era sufficiente di fare quello che speriam o si finirà per fare ora, sm ettere di contrarre ogni anno grossi m utui all’estero. L’enorme squilibrio, diciam o il vero, ha servito assai bene di pretesto a certi neo-protezionisti per spiegare e giustificare le loro proposte di aum ento dei dazi. Del resto con la tariffa in vigore lo scopo di scem are lo squilibrio com m erciale è stato raggiunto in ben piccola parte, fors’anche perchè i debili all’estero sino a ieri si sono continuati a fare com e per lo passato. Com un­ que sia, si è sbagliato di strada anche a questo r i­ guardo ; bisognava cessare dal far debili e curare lo sviluppo della esportazione ; si è dato invece un im pulso artificioso alle im portazioni contraendo debiti e si è danneggiata la esportazione.

Dopo ciò non può apparire ad alcun lettore im ­ parziale e disinteressato, una pretesa ingiustificata la nostra, che si muti indirizzo nella politica doganale e si tenda verso una meta opposta a quella del 1887: allo sviluppo, cioè, del nostro com m ercio interna­ zionale. P er questa via soltanto uscirem o dalla p re ­ sente atonia e potrem o coll’ aiuto del tempo rip re n ­ dere vigore e progredire. Col protezionism o degli onorevoli Luzzatti ed Ellena creerem o, forse, dieci o venti fabbriche di più, ma il paese nel suo com ­ plesso continuerà ad essere travagliato dalla depres­ sione econom ica.

IL GOVERNO E GLI SPEZZITI D’ARGENTO Il

Il professore Todde giustam ente m eravigliato che il G overno Italiano si sia messo a im itare Giovanni L a w e i G overni delle R epubbliche dell’ A m erica m eridionale, ci scrive la lettera, che più sotto pubbli­ chiam o, per sollevare dei dubbi sulla utilità dei recenti decreti promossi dalPon. Luzzatti allo scopo d’ im pe­ dire la esportazione degli spezzati d’argento. L ’ egre­ gio econom ista ci chiède anche che cosa pensiam o della politica m onetaria dell’on. M inistro del Tesoro, m a la risposta egli orm ai la conosce dall’articolo sul « Lawismo nel 1891 » pubblicato nel num ero p re­ cedente. Egli avrà potuto vedere che non ¡a giudi­

chiamo diversam ente da lui. Intanto proprio oggi a b ­ biamo una nuova prova da aggiungere a tutte le altre, del modo cauto con cui si prendono i più seri provve­ dim enti. Il M inistero ha disposto che venga accordata la tariffa antica nel trasporto degli spezzati d ’argento quando si tratti di spedizioni effettuate5 all’ interno di moneta divisionaria d ’ argento nei casi di utilità ri­ conosciuta. Con ciò il Governo ha inteso di rip arare al danno che dalle nuove tariffe derivava agl’ in d u ­ striali nazionali dall’aum ento sul costo di trasporto. E chiaro però che in questo modo il prim o decreto e già bell’ e condannato dallo stesso G overno, perchè gli esportatori sapranno com piere le loro o p era­ zioni così da ottenere che sia applicata la tariffa antica.

E diam o senz’ altro la lettera del nostro egregio am ico :

Villacidro (Cagliari) 25 settembre 1891. Egregio Direttore àAV Economista,

Mi trovo alquanto al buio su alcune questioni di eco­ nomia pratica, come la si vorrebbe di questi giorni; ed ho bisogno dei Vostri lumi, i quali, rivolti alle se­ guenti materie, faranno bene a me ed al prossimo nostro.

Innanzi tutto ho bisogno di sapere se un decreto che ha per iscopo di impedire la sortita dal Regno degli spezzati d’argento (dicono « spezzati » ; saranno ma­ gari degli scudi intieri) possa raggiungere il fine pro­ postosi ; ovvero, non sia il caso che, destandosi mag­ giore allarme sullo stato monetario del paese non possa, 0 debba produrre due effetti; il tesoreggiare all’interno, e la maggiore infiltrazione all'estero; ciò che equi­ varrebbe alla necessità di far risorgere i Cavourini, di santa memoria, per le lirette di carta!

Dico questo, perchè, se la memoria non mi inganna — mancando qui di libri da consultare — i decreti ana­ loghi del Reggenté ai tempi di Law, e quelli del Diret­ torio nella Rivoluzione, tendenti a mantenere le specie metalliche nella circolazione, ne avevano precipitata la sparizione, producendo, ben inteso, un maggiore inca- rimento nel prezzo dei viveri specialmente: ciò che, in questi tempi di vero sentimento per la povera classe operaia, non sarebbe per esse il regalo migliore da farle.

Eppoi, si fosse trattato di porre argini all’uscita del-1 oro.... la lucentezza del metallo pregiato, e pre­ gevole, moneta universale del mondo civile, si sarebbe potuta supporre, anche illudendosi, una funzione di stato, ora che lo stato di funzioni non è avaro. Ma per spezzati d’ argento, risultanti da una lega molto impura, e per il metallo bianco, che si voleva proscri­ vere dalla^ circolazione, che se ne dirà nel mondo ? A che ne siamo ridotti sotto il comando di splendide illustrazioni economistiche che costituiscono l’ impero dello Stato ?

Io sono veramente confuso della mia ignoranza : e non parmi neppure vero che il governo, anni addietro, avesse fatto pubblicare un rapporto sulla circolazione degli Stati Uniti d America (del quale non saprei ci­ tare il titolo) ove una serie di fatti diligentemente rac­ colti e stabiliti, aveva dato una splendida riprova sulla indiscutibile legge di Gresham.

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degli orologi colla Svizzera, chi sa che non si deter­ mini in egual modo l'esodo dell’argento italiano?

L'affaticarsi a tener prigioniero il metallo circolante, il giorno dopo che la legge ha sanzionata la legalità di una circolazione bancaria abusiva, e mentre abbiamo i prodotti agrari invenduti, ed i manufatti senza ri­ chiesta; parmi davvero un tentativo da Sisifo. Io non mi so persuadere che trovisi alla testa degli affari di finanza un professore di Economia Politica, e sia un altro Sotto-Segretario di Stato, a meno che il mio cer­ vello abbia assoluto difetto di fosforo e sia diventato imbambito.

Gli è perciò, amico mio, che ricorro a Voi; istrui­ temi, ditemi che non ne capisco un acca, o spiegatemi qual’ è quest’ Economia nuova che nel caso (poiché vi è la scuola della scienza caso per caso) ci potrà salvare.

Avrei ancora da consultarvi su d’una nuova teoria benignamente divulgataci da un giornale politico au­ torevole intorno agli scioperi, ma oggi me ne dispenso per non darvi troppa noia. Vale.

Sem pre V o stro a ffin o

G. Todde.

LA RIDUZIONE DELLE ODE DI LAVORO

e i suoi effetti economici <)

IX .

N elle colonie australiane l’ economia pastorale e agricola è ancora quella che prevale, ma in alcune e sopratutte nella colonia di V ictoria l’ industria m anifattriee ha avuto già u n notevole sviluppo. I sa ­ lari che vi si pagano sono, come è noto, tra i più alti che si conoscano, la qual cosa per altro ha un significato assai relativo, perchè rim petto agli alti salari bisogna m ettere anche il' tenore di vita più costoso e i prezzi elevati di non pochi prodotti, com ­ presi quelli im portati che sono gravati da forti 4azi- La protezione doganale è infatti applicata più o meno rigorosam ente in tutto il continente australiano e in m odo speciale nella colonia di V ictoria, dove i dazi di im portazione raggiungono in taluni casi fino il 33 0 |0 * 2).

Q ueste circostanze conveniva notare fin dal prin ­ cipio, perchè la nostra indagine relativam ente agli effetti econom ici derivanti dalla riduzione delle ore di lavoro deve lim itarsi a considerare ciò che si è verificato a questo proposito nella colonia di V ictoria. Inoltre ancor oggi non tutte le colonie australiane, hanno una legislazione sulle fabbriche o per usare una espressione più lata, una legislazione sociale; m a la V ictoria fino dal 187 4 ha com inciato a legife­ ra re su questa m ateria ; essa vieta il lavoro nelle fabbriche ai fanciulli di età inferiore ai tredici anni e lim ita a otto ore la giornata di lavoro per le donne e i giovani operai (young persone) al disotto di sedici anni. E molte a ltre disposizioni di legge

*) Vedi il numero 907 dell ’Economista.

2) Si consulti il bel lavoro di Sir Rawson W. Raw

-s o n, Synopsis o f thè Tariffs and Trade of thè British

Empire pubblicato dalla Imperiai Federation Lea-que (London, 1888). È da avvertire che nel 1889 la tariffa della Victoria è stata nuovamente aumentata. a) Rae, The eight hours day in Victoria, nellbEco-nomic Journal (marzo 1891) pag. 17, 20 e 25.

vincolano le industrie e non solo le grandi, ma a n ­ che le piccole, non solo le fabbriche vere e proprie, ma anche i negozi per lo spaccio al m inuto. P e r non uscire d’ argom ento notiam o senz’ altro che la regola nella V ictoria è orm ai la giornata di otto ore e la eccezione è una d urata m aggiore, eccezione che riguarda principalm ente il lavoro agricolo, e alcuni m estieri nei quali le donne prevalgono per num ero sugli uom ini (tintori, sarti, tessitori e funaioli). C om ­ plessivam ente si calcola che solo un q uarto circa degli operai di V ictoria lavorino per più di otto ore giornaliere ; e la regola delle otto ore non subisce eccezione alcuna nei lavori pubblici 3 * * * * *). Questo fu il risultato delle pressioni che esercitarono gli operai sui loro padroni e sebbene il legislatore sia in te r­ venuto dal 187 4 in poi, può dirsi che la sua opera è stata pel m aggior num ero dei casi affatto superflua e inutile, anzi talvolta furono gli stessi operai inte­ ressali che chiesero la sospensione della clausola delle otto ore contenuta nel factory act, o che c e r­ carono di sfuggire alla sua applicazione.

O r bene, quale è stato l’effetto della riduzione nella durata del lavoro, poiché dal 18 3 6 in poi una r i ­ duzione, in m isura varia ma sensibile, si è indubita­ tam ente verificata ? Il Rae dice che sui salari essa non ha prodotto alcun effetto, non essendo nè a u ­ m entati, nè dim inuiti. Ad esempio i salari nelle in­ dustrie costruttrici sono rim asti esattam ente li stessi dal 1836, quando avvenne la dim inuzione delle ore di lavoro, al 1 8 6 0 , cioè 13 scellini al giorno, dal 1860 al 1872 scem arono e oscillarono tra 8 e 1 0 scellini per fissarsi a quest’ ultim a cifra come minimum. Ma bisogna avvertire che la dim inuzione del 1860 non avrebbe nulla a che vedere con la riduzione delle ore di lavoro, essa deriverebbe dall’abbondanza delle braccia disponibili e dal grande ribasso nel costo della vita ; p er la qual cosa se i salari in m oneta, ossia nom inali, ribassavano, i salari reali m aterial­ m ente erano in aum ento.

Molti altri esem pi cita il Rae i quali conferm ano com e anche più recentem ente la dim inuzione delle ore di lavoro non abbia fatto scem are i salari, neanche quelli nom inali. Le fluttuazioni che in pochi casi si notarono troverebbero una soddisfacente spiega­ zione nello stato del m ercato del lavoro o della pro­ duzione. Ma per intendere com e sia stato possibile che i salari e quindi le produzioni non abbiano r i­ sentito alcun effetto dannoso, va tenuto conto che la riduzione nella durata del lavoro è stata re a l­ m ente piccola, perchè la differenza tra il vecchio e il nuovo sistem a si rid u rreb b e a non più di tre quarti d’ ora per giorno, com putando le due pause pei pasti che com unem ente si facevano nel sistem a delle dieci ore di lavoro.

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per conseguenza una sovrabbondanza del lavoro, che la giornata di otto ore non poteva certo e in fatto non potè im pedire. D altronde c’è a questo riguardo una di quelle curiose contraddizioni così frequenti ai nostri giorni nel modo di ragionare in m ateria eco­ nom ica. Si afferma, da un lato, che la dim inuzione della giornata di lavoro non ha conseguenze dannose per la produzione e pei salari, perchè ragioni vario psicologiche, tecniche, econom iche tendono a im pe­ dirla, e, dall altro lato, si vuole vedere in quello stesso fatto il mezzo per dare lavoro a chi presen ­ tem ente non ne trova. L ’ antimonia tra le due af­ fermazioni è palese ; I esperienza della V ictoria poi prova che l’ accorciam ento della giornata non ha avuto per effetto necessario, s ic u ro 'e uniform e l’eli­ minazione dei disoccupati.

Q uanto agli altri effetti, il Rae nota che in seguito alla m inor durata del lavoro quotidiano vi è "stata una dim inuzione nel num ero degli stabilim enti e ciò, probabilm ente, perchè alcuni dei più deboli im p re n ­ ditori, quelli cioè che hanno un capitale insuffi­ ciente o una m inore abilità, o un im pianto di vecchio modello, non possono resistere nelle nuove condi­ zioni ai più forti e sono costretti ad unirsi con altri. L’operaio potendo profittare di un riposo più lungo ha portalo nel lavoro una m aggiore vigoria e una maggiore diligenza, l’ efficacia e la produttività del lavoro potè, quindi, aum entare, sia rispetto alla q u a n ­ tità che alla qualità ') .

Tali sono, som m ariam ente, le conseguenze, o m e ­ glio i fatti che hanno accom pagnato la riduzione nella durata del lavoro; e noi possiamo accettare con fiducia le conclusioni del Rae, scrittore im p ar­ ziale e accurato. Conviene però sem pre di conside­ rare che l’accorciam ento della giornata fu relativa­ m ente piccolo, come già si è avvertito, e che per ciò stesso era agevole di com pensarlo con una m ag­ giore intensità e diligenza nelle altre ore. La pro­ duzione e i salari non avrebbero subite dim inuzioni, ma generalm ente non si avverò quel m aggiore im ­ piego di operai che molti si riprom ettono da una giornata più breve di lavoro ; anzi in talune indu­ strie dim inuì il num ero di quelli occupati (sellai, calzolai, fabbricatori di strum enti agricoli), T uttavia il risultato generale sarebbe buono, ed esso è d o ­ vuto certo anche a condizioni econom iche locali e di razza, assai favorevoli a una m aggiore produttività del lavoro e che la statistica industriale com parata, I osservazione più elem entare e I’ esperienza dim o­ strano non essere com uni a tutti i paesi *). * Si

) « It is almost a universal opinion in the colony that the men work harder now while they are at their work, and that they turn out work of a better quality than they did under the long-hour system. » Rae, articolo citato, pag. 35.

Si noti anche, che per le condizioni climatiche locali nelle colonie australiane le otto ore di lavoro rap­ presentano una maggior somma di sforzi e di fatica che dieci o dodici ore di lavoro assiduo nei nostri climi più temperati.

2) « Altogether, the more we esamino the subject the more irresistibly is the impression borne in from all sides that there is growing up in Australia, and very largely in consequence of the eight hours day, a working class which for general morale, intelligence, and industrial efficiency is probably already superior to that of any other branch of our Anglo-Saxon race, and for happiness, cheerfulness, and all-round comfort

Negli Stati Uniti le industrie che in alcune città hanno potuto ottenere la giornata di otto ore non ebbero a soffrire dim inuzione di salario. Pel M assa­ chusetts, ad esem pio, il sig. C. D. W rig h t ha ric e r­ cato nel 1881 gli effetti della legge del 1 8 7 4 che ridusse a 10 le ore del lavoro e le sue co n c lu ­ sioni sono che in quello Stato la produzione per operaio o per telaio o per fuso era uguale a q uella di qualsiasi altro Stato dove si lavorava undici ore o più, e che i salari erano egualm ente alti se non più di quegli Stati dove si lavorava più a lungo. I salari che in media erano nel 18 5 0 di doli. 1 9 9 ,4 0 l’anno con 70 ore settim anali di lavoro, nel 188 0 con 60 ore raggiungevano i 2 5 8 ,2 9 dollari. A nche qui però, come per l’ In ghilterra, trattandosi d ’ un paese che ha com piuto una vera evoluzione econo­ mica, ci troviam o di fronte la im possibilità di isolare l’ effetto derivante dalla dim inuzione delle ore, da quegli altri effetti prodotti da una varietà di cagioni che hanno fatto progredire l’industria e hanno reso possibile al lavoro di participare m aggiorm ente al risultato della produzione. P e r ciò non crediam o utile e necessario di insistere sulla esperienza, del resto parziale, che gli Stati Uniti hanno fatto riguardo alla riduzione della durata del lavoro.

(Rivista (Economica

Alcuni dati sta tistici sugl’infortuni sulle strade fer­ rate.Nazionalismo e cosmopolitismo nell’eco­

nomia politica.

Alcuni dati statistici sugl’ infortuni sulle strade ferrate. — E difficile farsi una idea giusta delle

probabilità degli accidenti ferro v iari, se si conside- rano i risultati di un solo anno. Bisogna invece riferirsi a delle m edie, o p er lo m eno accostare i risultati di parecchi anni successivi.

C om inciando dalla F rancia, risaliam o al 18 7 5 , nel quale anno non aveva che 19,000 chilom etri di vie ferrate.

In detto anno le vittim e degli scontri ed altri ac­ cidenti ferroviari fu ro n o : 18 morti e 269 feriti.

Nel 18 7 7 , con una rete di 2 0 ,5 0 0 ch ilo m e tri, i m orti furono 14 e i feriti 380.

Ma la m inim a parte di queste vittim e è data dai viaggiatori, la m aggioranza è data dal personale a d ­ detto alle ferrovie stesse.

A voler trarre una m edia da questo prim o periodo si ha che il totale è di 35 m orti e 426 feriti fra i quali si contano 11 viaggiatori uccisi e 266 fe riti: su un m ilione di viaggiatori si contano 0 .2 2 5 9 u c ­ cisi e 2 .7 2 feriti.

Saltando il periodo interm edio, veniam o al 1888 nel quale anno erano in esercizio 3 2 ,9 0 0 chilom etri che trasportarono 255 milioni di viaggiatori.

In detto anno i m orti furono 36, i feriti 150 ; ma

of fife has never seen its equal in thè world before. »

Rae, pag. 41.

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i morii e feriti, in seguito a disastri dovuti all’eser­ cizio e non dipendenti da altre cause accidentali fu­ rono soltanto 9 i prim i e 7 0 i secondi.

L’ interesse di queste statistiche consiste nel co­ noscere esattam ente il num ero dei colpiti per de­ d u rre le conseguenze finanziarie che le Com pagnie ne hanno su b ito , per indennità, pensioni, eec., nel caso nel quale è stata provata la loro responsabilità. Senonchè oggi in F rancia le Com pagnie sono in ge­ nerale m eno preoccupate ed inquiete sulle conse­ guenze finanziarie dei disastri ferroviari, perchè sono certe di com pensarsi, m algrado tutto, colla garanzia degli interessi che loro assicura lo Stato.

Giova pertanto, da questo punto di vista di con­ statare il nu m ero degli accidenti ferroviari che si

roducano in due paesi, nei quali le Compagnie anno intera la iniziativa, la libertà e la responsa­ bilità e nei quali la questione pecuniaria che con­ segue da una catastrofe le colpisce in pieno.

Ecco le cifre relative all’ Inghilterra per alcuni anni di seguito.

Nel 1875 su di u n totale di 506 milioni di viag­ giatori trasportati dalle ferrovie, ne furono uccisi 17 e feriti 12 1 2 , ossia un viaggiatore ucciso su 30 milioni di viaggiatori trasportati ed uno ferito su 4 2 0 ,0 0 0 trasportati.

Nel 1876 il num ero degli uccisi è di 38 e quello dei feriti di 1279 ciò che altera particolarm ente la proporzione dei viaggiatori uccisi in rapporto a quelli trasp o rta ti, proporzione che fu di 1 su 14 m ilioni.

Al contrario i risultati del 1877 sono m igliori, non contandosi che 11 viaggiatori uccisi e 664 fe­ riti, ciò che rappresenta 1 ucciso su 50 milioni tra­ sportati ed 1 ferito su 8 3 0 ,0 0 0 . M entre nel 1878 si contano 2 4 uccisi e 11 7 3 feriti, nel 1879, in se­ guito al celebre disastro del ponte sulla T ay , si co n ­ tano 75 uccisi, ma soltanto 602 feriti, ciò riduce i rispettivi rapporti ad 1 ucciso su 7 milioni e mezzo di viaggiatori e ad 1 ferito su 9 30,000.

Dal 1880 al 1884 vi sono oscillazioni fortissim e, a seconda ch e aum enta il num ero dei viaggiatori percorrenti le linee ferrate delia G ran Bretagna, tan ­ toché si va da 1 ucciso su 20 m ilioni fino ad 1 su 62 milioni.

Q uanto ai feriti, dal 1874 al 1884 si può consta­ tare che essi dim inuiscono in m isura costante, poi­ ché nel 1882 erano 1 ferito per 8 1 5 ,0 0 0 traspor­ tati, e nel 1883, uno per 1,032,000.

Nel 1885 un risultato eccezionale; solo 6 viaggia­ tori uccisi su un totole di 697 milioni trasportati. Nel 1887, ultim o esercizio di cui ci lim itiam o a dare i risultati, 2 5 viaggiatori rim asero uccisi e 538 fe­ riti, ciò che rappresenta 1 ucciso p er 29 milioni (circa la stessa cifra del 1875) e 1 ferito su 1,363,000 (tre volte m eno che nel 1875).

V eniam o ora agli S tati della U nione am ericana. Nel 18 8 3 si ebbero 132 viaggiatori uccisi e 979 fe r iti; nel 1 8 8 4 , dei prim i 89 e dei secondi 1 ,0 1 6 ; nel 188 6 rispettivam ente 115,736, e finalm ente 168 e 1,012 nel 1888.

R estringendoci a quest’ ultim o anno osserviam o che i disastri rappresentano, sopra 1,110 m ilioni di treni- chilom etri form anti il percorso chilom etrico dei treni agli Stati U niti, una proporzione di 1 viaggiatore ucciso per o ltre 6,60 0 ,0 0 0 treni-chilom etri, ed 1 fe- ferito per circa un m ilione di treni-chilom etri. Loc- chè dim ostra evidentem ente che le strade ferrate am ericane sono assai m eno sicure delle europee.

Ciò dipende dall’ uso di m anufatti in legno che in E uropa sono affatto sbanditi ; infatti nella nom en­ clatura dei disastri è frequente la caduta dei ponti e dei viadotti.

E evidente che i metodi spicciativi delle Com pa- pagnie am ericane, sono assai più econom ici dei no­ stri, ma sarebbe forse m iglior calcolo per esse, anche nell’ interesse finanziario, che spendessero di più sulla solidità dei lavori, risparm iando proporzionata­ m ente nelle grosse spese di indennità che sono ob ­ bligate a pagare alle vittim e.

Infatti i giudici am ericani largheggiano assai nel calcolare queste indennità, per la buona ragione che la vita di un cittadino dell’Unione vale molto, s e ­ condo la pittoresca espressione y a n k e e ; vale non tanto per le sue proprietà e pe’ suoi capitali, ma per quello che egli guadagna annualm ente.

La più forte somm a che sia mai stata pagata p e r un disastro ferroviario, lo fu ad u n viaggiatore che aveva intentato una causa contro la Com pagnia « L ake shore and M ichigam S ou th ern R ailw ay. » Codesto viaggiatore guadagnava dalle 150,000 alle 200,000 lire l’anno, ed essendo nella catastrofe fer­ roviaria rim asto storpiato, gli si capitalizzò il suo guadagno annuale.

In u n accidente sulla « G reat W estern R ailroad » un fabbro rim ase m o rto ; il tribunale fece liquidare alla vedova una indennità di 1 2 5 ,0 0 0 lire.

P erò anche nel calcolo delle indennità il giudice ed i giurati diversificano m olto nei diversi Stati del- I’ U nione.

P er esem pio in Pensilvania le indennità sono g e ­ neralm ente m odeste in paragone di quelle che si accordano nello Stato di N ew -Y ork ed in altri pa­ recchi dell’est. 1 tribunali della G eorgia fissano una som m a di 20 a 25 m ila lire p er u na gam ba p e r­ duta, m entre che quelli del Mississipì, in caso u g u a ­ le, assegnano una indennità di 7 5 ,0 0 0 lire.

P erò le indennità più rilevanti sono pagate in In ­ ghilterra e basti, per tutte, citare quella di una C om ­ pagnia, che fu condannala a pagare 1 ,2 5 0 ,0 0 0 lire un m edico inglese.

Come si vede dal com plesso di questi dati stati­ stici, le nostre Società ferroviarie se hanno potuto risparm iare negli indennizzi, lo devano appunto al- l’ avere colla saldezza delle opere e colla oculata prudenza dell’esercizio, meglio tutelata la incolum ità personale dei viaggiatori.

E d è questo il loro più bel titolo di benem erenza.

Nazionalismo e cosmopolitismo nell’ economia politica. — Il sessantunesim o Congresso della A sso­

ciazione b rita n n ic a , che si è tenuto quest’ anno a C ardili, sotto la presidenza del dottor H ug g in s, ho avuto una speciale im portanza, specialm ente p er le com unicazioni fatte alla sezione di econom ia politica.

Il prof. C unningham , del K ing’s College di L o n ­ dra, presidente della Sezione F — econom ia e stati­ stica - ha trattato una tesi del m assim o interesse, e che potrebbe intitolarsi : L’internazionalism o del ca­

pitale.

Il capitale — egli ha detto — non è ferm ato dalle b a rrie re nazionali, ma si trasporta in tutti i paesi, per quanto lontani o poco civili essi siano. Lo spazio è cosa sconosciuta, il patriottism o si perde di vista, ed il capitale è collocato dappertutto dove vi è un ’apparente prom essa di profitto.

(9)

tende a m odificare le form e della vita industriale. Il capitale introduce nuovi m etodi di produzione, perchè anim a le m acchine e spinge così gli ope­ rai ad im piegare tutto il loro tempo lavorando per un salario.

Man m ano che il capitale diventa una forza do­ m inante nell’ industria, I’ artigiano è spinto ad ab­ bandonare com pletam ente le occupazioni agricole, e la società è separata in due grandi classi : i ca­ pitalisti che danno impiego, e gli operai che g ua­ dagnano un salario.

È così che si stabilisce fra i salariati di p arec­ chi paesi una sim patia di classe, che non era mai esistita prim a nella storia del mondo ; le loro dif­ ficoltà si assom igliano, il loro potere elettorale è grande dovunque, le loro aspirazioni sono identi­ c h e ; per m olti di essi l’ interesse della classe, a n ­ che negli altri paesi, dà origine ad una sim patia più potente che 1’ am ore della patria.

Di questo internazionalism o, che ha avuto con­ seguenze tanto forti, specialm ente nello sviluppo del socialism o, e che è un fatto assolutam ente n u o ­ vo, la scienza non ha tenuto conto abbastanza.

Questo brusco cam biam ento nella vita econom i­ ca e nella pratica com m erciale deve presto o tardi riflettersi anche nella economica e scientifica.

M entre i fatti della n atura fisica possono essere riguardali com e costanti per l’ intero periodo della vita um ana, lo storico sa che non è così dei fatti sociali. Le istituzioni um ane ed i caratteri che esse form ano si modificano di secolo in secolo.

Se vogliam o studiare la condizione economica di nn popolo in un’ epoca determ inata, dobbiam o essere guidati nel nostro studio da idee appropriate al suo genere di vita.

In tutto lo studio economico, l’ ipotesi è necessa­ ria ; non è che facendo delle ipotesi che possiamo artificialm ente isolare un gruppo di fatti e dare così una spiegazione chiara di una parte dei fenomeni com plicati che com pongono la società um ana.

N onostante però i perfezionam enti dei loro m e­ todi di studio, gli econom isti non hanno tenuto suf­ ficientem ente a calcolo il carattere cosm opolita ed universale, dell’ industria e del com m ercio. H anno ereditato il concetto dell’ um anità aggruppata in nazioni per ragioni econom iche, e non sanno astra rre che da questo concetto.

Adamo Sm ith fece molto per vincere un tale preconcetto, e dim ostrare come non valesse la pena di alim entare una vita econom ica nazionale, indi- pendente. N on si può oram ai, parlando di fatti eco­ nom ici, che concepire il mondo com e un sol tu tto : poiché i fatti economici hanno conseguenze che v a r­ cano tutti i confini nazionali e si ripercuotono d ap­ pertutto.

Da questo fatto ne deve per forza scatu rire un cam biam ento nei ragionam enti degli economisti in tutte le m aterie che riflettono i cam bi, le ricchez­ ze, le im poste. E questo cam biam ento li deve por­ tare ad una verifica, ad un controllo di m olti dei postulati della scienza econom ica.

Così l’ individualism o, che è stato la base di tutti i raziocini fin qui della economia ortodossa, non tieue abbastanza conto di tutti quei ienom eni co l­ lettivi che invece vanno ogni giorno assum endo una m aggiore im portanza.

T uttavia, gli errori di concepim ento, di osserva­ zione e di interpretazione che possiam o constatare

non tolgono ogni valore alle opere dei vecchi eco­ nomisti. Questi lavori conservano ancora una u tilità assoluta e relativa.

Infatti Ricardo non poteva prevedere che mezzo secolo dopo di lui, vi sarebbe uua straordinaria r i ­ voluzione agricola ; egli viveva in u n ’ epoca in cui la cultura razionale era ancora in un periodo di esperim ento. Tuttavia le basi generali della sua teo­ ria rim angono vere anche oggi, benché non esistano più i fatti particolari, dai quali la teoria era dedotta. Abbiamo voluto riassum ere diffusam ente questa com unicazione del valente econom ista inglese, perché ci è sem brato che sia un segno chiarissim o del- I’ odierno indirizzo degli studi economici in In ­ g hilterra. Ma su cotesto discorso del dr. C unningham avrem o agio di tornare, appena ne sarà pubblicato il testo com pleto, chè l’argom ento presenta un alto interesse teorico e pratico.

LA SITU AZIO NE D E L TESORO

a l 31 a g o s t o 1891

il conto del Tesoro al 31 agosto p. p. cioè alla fine del prim o bim estre dell’esercizio finanziario 1 8 9 1 -9 2 dava i seguenti resultati :

V t t i v o : Fondi di Cassa alla chiusura del­

l’esercizio 1890-91... L. 288,660,232.85 Incassi dal 1° luglio 1891 a tutto

agosto 1891... » 259,986,611.52

Per debiti e crediti di Tesoreria » 358,454,462.86

Totale attivo. L. 907,641,307.23

P a s s i v o :

Pagamenti dal 1° luglio 1891 a

tutto agosto p. p. ...L. 266,972, 911.67

Per debiti e crediti di Tesoreria » 393,072,604.52

Fondi di Cassa al 31 agosto 1891 » 246,995, 791. 04

Totale passivo. L. 907,641,307.23

Le L ire 2 3 9 ,9 8 6 ,6 1 1 .3 2 che costituiscono 1’ e n ­ trata del 1° bim estre dell’esercizio 1 8 9 1 -9 2 per Li­ re 2 4 6 ,7 6 2 ,7 3 0 .3 6 appartengono alle entrate o rd i­ narie, e per L. 1 3 ,2 2 3 ,8 6 0 .9 6 alle straordinarie.

Il seguente prospetto riepiloga la situazione dei debili e crediti di T esoreria.

30 giu gn o 1891 31 agosto 1891 D ifferen ze Conto di ca ssa L. 288, 600, 232. 85 246, 995, 791. 04 — 41, 604, 441.81 S itu a i.d e ic r e d iti

di T eso re ria .... 48, 281, 008.88 120, 744, 306. 08 -+■ 72, 463, 297. 20 T o t. d e ll’a ttiv o L. 336, 881, 241.73 367, 740, 097.12 4 - 30, 858, 855.39 S itu a z .d e i debiti dì T eso re ria .. 476, 073, 369.59 513, 918, 525.13 — 37, 845, 155.54 Situaz. \ attiva L. di cassa ( passiva » 139, 142, 127.86 146, 178, 428.01 - 6 , 986, 306.15

(10)

È peraltro da osservare che l’entrata ordinaria a u ­ m entava di L. 1 ,5 9 3 ,0 1 7 .1 2 m entre la straordinaria dim inuiva di L. 1 ,240,948.52.

I "principali aum enti ottenuti nell’entrata ordinaria derivano da\\' imposta fondiaria per L. 3 ,6 2 1 ,2 6 4 aum ento dovuto quasi esclusivam ente dalla revisione generale dei labbricati, e dalle partite di giro per L. 1 ,6 7 2 ,1 9 6 .3 0 il cui aum ento è dovuto a m ag­ giori introiti per fitti di beni dem aniali destinati ad uso o in servigio di am m inistrazioni governative.

C ontinuarono a dim inuire le tasse in amministra­ zione del M inistero delle finanze per L. 2,713,182.91 a cagione dei m inori versam enti, effettuati iu conto delle tasse di successione e di registro per il m eno­ m ato valore della proprietà e per la penuria degli affari, e le dogane e i diritti marittimi per L i­ re 2 ,8 8 3 ,4 9 0 .8 0 in seguito alla depressione del com m ercio, e alla dim inuzione della im portazione per effetto dei buoni raccolti.

Nell’entrata straordinaria aum entarono le costru­ zioni di ferrovie per L. 3,03 3 ,4 0 6 e il m aggiore incasso è dovuto al prodotto dell’alienazione di re n ­ dita per spese di ferrovie a carico dello Stato.

I pagam enti di bilancio nello stesso periodo di tem po ascesero a L. 266,9 7 2 ,9 1 1 .6 7 con un aum ento di L. 4 1 ,1 4 9 ,2 3 2 .1 2 sul 1° bim estre dell’ esercizio precedente, e l’aum ento per L. 35 ,7 6 3 ,1 8 3 .6 4 spetta al M inistero del Tesoro.

II seguente prospetto riepiloga gli incassi avuti da ciascun contributo in confronto all’ esercizio p re ­ cedente :

Entrata ordinaria

R en dite p atrim on . d ello Stato L. Im posta su i fondi ru stici e su i f a b b r ic a t i... im posta su i redd. d i ricch . mobile T a sse in am m in istrazion e del

M inistero d elle F in a n z e ... T a ssa sul prodotto del m ovim ento

a grande e p iccola v elo cità su lle fe r r o v ie ... D ir itti d elle L eg a z . e d ei C on­ so la ti a ll’ estero ... T a ssa su lla fab bricazion e degli s p ìriti, birra, e c c ... D ogane e diritti m a r it tim i... D a z i in ter n i di consum o, esclusi

q u e lli d elle c ittà di N apoli e d i R o m a ... D a zio consum o d i N a p o l i ... D a zio consum o d i R o m a ... T ab acch i . ... S a l i ... M ulte e pen e p ecu n ia rie rela tiv e

a lla riscoss. d elle im p o ste.. . . L o tto ... P o s t e ... T e le g r a fi... ... S e r v iz i d iv ersi ... R im borsi e con corsi n elle spese E n tra te d iv erse... P a r tite dì giro ... T o ta le E n tra ta o rd in a ria .. L .

Entrata straordinaria

E n tr a te e ffe ttiv e ... ... M ovim ento di c a p ita li... C ostruzione di strad e f e r r a t e .. • C apitoli a g g iu n ti per residui att. T o ta le E n tra ta straordinaria. L . T o ta le g en era le i n c a s s i. . . . L . Incassi D ifferenza n el co l lu glio-agosto luglio-agosto 1891 1890 10,534,914.31 - 1 ,0 9 4 ,6 4 5 .2 9 3 2 ,8 3 5 ,2 6 2 .7 0 2 6 ,9 3 0 ,7 6 8 .8 ! + 3 ,6 2 1 ,2 6 4 31 + 290,276.73 3 7 ,2 6 2 ,6 3 7 .3 7 - 2,713,182.91 3 ,0 2 3 ,9 8 0 .0 0 + 5 1 ,5 8 6 .4 4 128,332 27 + 4 9 ,2 3 8 .6 4 3 ,9 1 8 ,5 8 0 .4 4 3 5 ,1 3 6 ,6 2 1 .8 2 + 835,814.03 - 2 .8 8 5 ,4 9 0 .8 0 10,01 9 ,2 5 0 .9 2 2 ,5 5 1 ,9 5 6 .7 3 2 .4 1 5 ,1 2 5 .4 5 3 1 ,2 1 6 ,6 8 2 .7 5 9 ,5 2 8 ,1 3 2 .5 9 + 694,894.28 - 196,739.41 + 1 ,5 5 6 ,5 2 2 .6 5 + 372,193 61 + 173,700.67 3 ,0 1 8 .4 2 8 ,2 8 9 ,0 1 9 .5 6 7 ,5 9 6 ,6 0 0 .4 0 2 ,0 0 3 .3 1 9 .8 5 2 .8 6 4 ,8 5 3 .8 4 4 ,4 9 4 ,2 9 1 .2 6 679,690.04 15,32 9 ,7 1 1 .0 3 + 879.48 - 848,687.09 - 158,425.04 199,726.62 + 7 4 3 ,714.66 880,091.57 + 307.524.05 + 1 ,6 7 2 .1 9 6 .3 0 2 4 6 ,762,750.56 + 1,39 3 ,0 1 7 .1 2 1 ,0 9 7 ,2 0 0 .2 6 4 ,8 0 0 ,1 9 5 .4 5 7,326,365.25 - 6 ,6 6 0 ,8 0 7 .5 4 + 391,078.30 + -5 ,0 3 5 ,4 0 6 .0 0 - 6 ,7 2 5 .0 8 13,223,860.96 - 3 .2 4 0 ,9 4 8 .3 2 259,986,611.52 + 152,068.80

Ecco adesso il prospetto della spesa :

Pagamenti

M inistero d el T esoro . . . . . . . L. Id. d elle fin an ze... Id. di g ra z ia e g iu s tiz ia . Id . d eg li affari e ste r i . . . . Id . d e ll’isti u zion e p u b b .. Id . d e ll’ in ter n o ... Id. d ei lavori p u b b lici . . . Id . p oste e teleg ra fi... Id. d ella g u e r r a ... Id. d ella m a rin a ... Id . di ag ric.in d u s. e comm. T o ta le p agam enti di b ila n c io .. L.

P a g a m en ti D ifferenza n e l lu glio-agosto col lu glio-agosto

1891 1890 94,114,305.36 + 30,635,666.49,+ 5 ,5 3 8 ,1 4 2 .0 6 !- 3,033,278.64;+ 7,779,275.48 + 13,110,036.70 + 30,198,372.63 - 9,280,660.87,'+ 44 ,1 0 7 ,9 1 8 .9 5 !- 24,298,407.61 + 2,876,849.98 — 35,763,183.64 4,788,923.99 46,864.21 1,449,206.45 854,303.82 2,856,176.00 3,596,287.47 1,717,468.56 2,836,338.85 719,714 85 517,151.66 2 6 6 ,9 7 2 ,9 1 1 .6 7 + 41,149,332.12

Dal confronto finalm ente fra l’ entrata e l’ uscita resulta che nei prim i due mesi dell’esercizio iu corso i pagam enti superarono gli incassi per la somm a di L. 6 ,9 8 6 ,6 1 1 .5 2 , m entre nei due prim i mesi deh’eser- cizio precedente gli incassi avevano superato la spesa di L. 3 4 ,0 1 0 ,9 6 3 .1 7 .

G li a p p a l t i a l l e S o c i e t à c o o p e r a t i v e

L ’ on. Luzzatti ha diram ato alle am m inistrazioni centrali e provinciali una circolare sulla in te rp re ta ­ zione del R egolam ento relativo agli appalti dei la­ vori pubblici a Società cooperative di produzione e lavoro, che riassum iam o per som m i capi.

Messi in rilievo gli inconvenienti derivanti dalle m odificazioni aggiunte al regolam ento 23 agosto 1890, il m inistro del Tesoro dice che pu r riservandosi di presentare al P arlam ento una serie di p ro p o ste, le quali movendo dall’esperienza, valgano ad agevolare e fecondare 1’ applicazione della lègge de! 1889, si affretta intanto a richiam are l’attenzione delle a u to ­ rità am m inistrative sopra alcuni provvedim enti, che anche colla legge e regolam ento in vigore possono renderne l’attuazione più sollecita e benefica. E però rivolge alle am m inistrazioni centrali e provinciali le raccom andazioni seguenti rispetto alla sollecitudine dei pagam enti :

1. Le amministrazioni che appaltano lavori o for­ niture a Società cooperative, appena conchiusi i rela­ tivi contratti, devono designare il funzionario tecnico incaricato di vigilare i lavori e rilasciare i certificati prescritti dall’ art. 21 del regolamento del 23 ago­ sto 1890, per potersi far luogo ai pagamenti in ac­ conto.

2. Tenendosi come regola il fare i pagamenti me­ diante mandati a disposizione, le amministrazioni cu­ reranno di trasmettere alla Corte dei conti, insieme col decreto di approvazione dei contratti, il relativo mandato a favore del funzionario delegato per la ese­ cuzione dei pagamenti, che sarà preferibilmente il pre­ fetto della provincia, affinchè la Corte possa registrare l’uno e l’altro contemporaneamente e senza indugio.

Nei mandati dovrà essere indicato il luogo e l’agente di riscossione che, ai termini dell’ art. 22 del regola­ mento 23 agosto 1890, dovrà estinguere i buoni tratti dall’ufficiale delegato.

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