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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.30 (1903) n.1504, 1 marzo

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SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno X X I - Voi. m i v

Firenze. 1° Marzo 1903

1504

S o m m a i 1° A J Dh Johas« 8. Il Mezzogiorno e la Finanza - La statistica finanziaria della Germania - E: nf - V;. 1 prob,em; ^ l ’ organizzazione del lavoro, X X - Un' inchiesta nelle varie regioni d’ Italia sui contratti agrari e il contratto di lavoro agricolo - Rivista Bibliografica. Lombardi Giovanni. Lo Stato

S o l t i n u e d°S‘a “ f ' ChWZZa' BrÌt'Sh Tr-ad0 th6 Zollverein Iwue ~ Alfred FouiUée. Esqu.sse

de le ulva ’ W P0UP !, f T T T ~~ RlV' Sta eoouom,oa ( « commercio della lìumania - Il commercio

nelll Fiorila i T f i l T H COnVeraione M d<bit° ipotecario) - Gli italiani

ella Florida - La filatura del cotone - La produzione mondiale del ramo - Banche popolari coopera tive nell esercizi 1902 - Cronaca delle Camere di commercio (Milano, Tortilo, Siracusa) - Mercato m e notano e Banche di emissione — Rivista delle Borse — Notizie commerciali — Avvis.

IL MEZZOGIORNO E LA FINANZA

Le poche osservazioni, a cui il chiarissime direttore della Tribuna ha accordato ospitalità, e dirette a richiamare la attenzione sopra alcuni fatti che, nella discussione delle condizioni del Mezzogiorno, mi parevano dimenticate, mi hanno piocurato le critiche di quelli che pensano di­ versamente da me. E ciò è ben naturale, quando si tratti di apprezzamenti, poiché per regola ge­ nerale coloro che haDno ragione sono soltanto quelli che pensano e parlano come noi: ma non è più naturale nella parte che riguarda i fatti. E siccome sarebbe stato necessario di confutarli, di­ mostrando che noti sono veri, i miei contradditori si sono attenuti al metodo molto facile delle af­ fermazioni gratuite; alcuni, come l’on. De Viti de Marco condendole (chi sa perchè ?) di imperti­ nenze che non sono ragioni, altri come 1’ on. Co lajanns, intercalandole con lepidezze fuori di luogo.

A ll’on. De Viti de Marco, non risponderò pri­ ma di tutto per la forma irrispettosa che egli ha adoperato e che io non voglio usar verso di lui ma poi ancora perchè ha parlato di tutt’ altra cosa da quella che io sostenevo, e quindi non mi da motivo di replica.

All on. Colajanni, a cui auguro pronta gua­ rigione dal male che lo affligge, debbo fare os­ servare che non tocca a lui, che ormai ci ha abituati a tante rapide evoluzioni del suo acuto lngeg np> scherzare sul mio liberismo che potrà

o d o rispondere ai concetti che oggi 1’ on. Co-

ajanni difende, ma ha però un meri o che non va trascurato, quello di essere un convinci­ mento che non ha mai avuto nè dubbi, nè ten­ tennamenti, nè opportunismi.

Quello che invece sarebbe stato necessario per una sena discussione, era confutare i dati di tatto che io ho presentati e dimostrare che non sono veri.

Non è dal mio capriccio che ho ricavato es­

sere la imposta fondiaria in Italia in ragione di L. 5 per ettaro produttivo ;

Non è di mio capriccio che ho detto che

anche le provincia meridionali ed isole non de­ vono pagare una media molto lontana dal com- plesso del Regno, cioè L. 5 per ettaro e che la differenza in più o in meno da questa media non può essere che di centesimi ;

Non è^ di mio capriccio che ho asserito non potere una imposta simile avere nessuna influenza nociva sulle condizioni economiche della proprietà fondiaria nè italiana, nè meridionale, specialmente considerata ;

Non è del pari di mio capriccio che ho ri- cordato come la legge di perequazione fondiaria del 1886 fosse ispirata dal generale convinci­ mento che la proprietà nel settentrione .pagasse una aliquota effettiva superiore a quella del Mez­ zogiorno, e che sembrava strano che la agita­ zione a favore della proprietà del Mezzogiorno sorgesse proprio quando gli effetti della legge del catasto cominciavano a chiamare la proprietà del Mezzogiorno a pagare quella media aliquota che la legge ha fissato.

Sono troppo consci dello stato delle cose e del significato delle parole i miei egregi contrad­ ditori per non comprendere che nell’ usare le espressioni : « intanto il Settentrione dove Si e fatto il catasto paga 1’ 8.80 per cento e noi del Mezzogiorno paghiamo il 15, il 20, il 25 per cento » si adopera un termine che è comune solo apparentemente, perchè le provincia del setten­ trione pagano ora 1’ 8.80 per cento sul reddito determinato dal nuovo catasto, mentre le provin­ ole del Mezzogiorno pagheranno, si dice, il 15, il 20, il 25 per cento sul reddito del catasto vecchio, il quale appunto, sino da quando fu in­ vocata la legge di perequazione si disse e si affermo contemplare un reddito molto inferiore all effettivo. Si fa quindi un giuoco di parole, che può illudere i profani, ma che non può certamente non essere di evidente chiarezza ai miei egregi contradditori così esperti in materia.

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134 L ’ E C O N O M I S T A 1 marzo 1903

effettivo delle terre del Mezzogiorno e delle isole

per vedere se esso risponda o no alla aliquota dell’ 8.80 per cento ; ma non lo sanno nemmeno gli altri che sostengono la tesi opposta alla mia, ed affermano il 15, il 20, il 25 per 100 come po­ trebbero affermare il 50 ed il 60.

Io mi attengo ad un dato di fatto, sul quale nessuno dei miei egregi contradditori ha osato muovere censura, ed è la media per ettaro che non è superiore a L. 5 ; e nessuno ha creduto di poter affermare che una imposta di cinque lire per ettaro possa essere causa di crisi, o se ridotta alla metà, speranza di redenzione.

Alcuni mi hanno scritto per dimostrarmi che pagano 10, 20, 30 ed anche 40 lire di imposta par ettaro ; io non ho l’ ufficio di verificare se ciò sia o no vero, o se coloro che mi denunziano tali fatti errino nei calcoli ; dico soltanto che se vi è veramente chi paga 10 per ettaro o. 20, o 30, vuol dire che vi sono tanti più altri che pa­ gano meno di 5 ; ed ogni ettaro che paga 30 lire lascia comprendere che vi sono 5 ettari che non pagano nulla. Senza di ciò bisognerebbe doman­ dare esatto conto al Ministro del Tesoro perchè ci dicesse come mai 20 milioni d’ettari pagando 10, 20 o 30 lire non pagano insieme che meno di 100 milioni. Vi è una contradizione in termini.

E in ogni modo la questione si presente­ rebbe non come una intollerabile gravezza, ma come una sperequazione di gravezza, la qual cosa non può essere determinante della crisi che si lamenta.

Del resto, a chi rifletta che la produzione agricola italiana si valuta a cinque miliardi lordi, i cento milioni di imposta fondiaria non rappre­

sentano che il 2 per cento del prodotto lordo

e nessuno può dire che sia una gravezza esor­ bitante, quando le tasse sui consumi salgono a

più del 30 per cento in media.

Mi sia permesso di ripetere qui il dilemma che ho posto altra volta ed al quale i miei egregi contradittori così volentieri hanno sfuggito : — o la agricoltura è veramente un grande interesse nazionale, ed il suo tributo di 100 milioni l’anno non si può ritenere esorbitante, specie dato il paragone cogli altri tributi;— ovvero la agricol­ tura si sente soffocata da un tributo del 2 per cento sul prodotto lordo, e di L. 5 per ettaro, ed allora cessi dal farsi credere un importante interesse nazionale.

Più ostica mi torna la tesi di coloro che difendono lo sgravio della imposta fondiaria af­ finchè i proprietari possano migliorare le condi­ zioni delle moltitudini agricole. Se lo scopo del provvedimento proposto è quello di giovare alle moltitudini agricole, è assolutamente contrario ad ogni sano concetto che lo Stato proceda per via indiretta e dia i mezzi ai proprietari perchè giovino ai contadini. Già gli esempi hanno di­ mostrato che, nonostante le larghezze dallo Stato accordate alla proprietà, e coi due decimi e coi dazi sul grano, non si è ottenuto nessuno effetto utile; ma anche indipendentemente da ciò, quale garanzia si potrebbe avere che uno sgravio della imposta arrivi a qualche beneficio indiretto dei contadini ? Come si spiega la lamentata crise della proprietà se i proprietari non seppero trai- profitto di successivi periodi nei quali i loro

guadagni debbono essere stati cospicui, come dal 1870 al 1875 in cui il prezzo del grano fu al­ tissimo; dal 1878 al 1890 quando la Francia comperava tanto del nostro vino; dal 1898 al 1899 ed anche al 1900 quando il prezzo del grano fu così superiore al costo di produzione ?

Si lamenta la emigrazione che è diventata così notevole nelle provincia meridionali; ma non lo fu egualmente, in epoche non lontane, nelle provincie del Veneto e dell’ Emilia ? Allora si parlava dì rovina della proprietà fondiaria in quelle provincie per la mancanza di braccia. I fatti hanno dimostrato che i timoi i erano esa­ gerati e nessun provvedimento speciale venne invocato.

Si lamenta il ribasso dei prezzi di certi ge­ neri di maggior produzione, ed è vero ; ma que­ sto non solo non è un fatto improvviso, ma è anzi un processo che è appena al suo inizio, ed è troppo evidente che, per esempio negli agrumi, alcune regioni dell’America ci faranno sempre maggior concorrenza, per prezzo e bontà dei pro­ dotti ; ma i proprietari di agrumeti non debbono essere diversi dai proprietari di azioni di un Istituto che per segni non dubbi sia pericolante: se si ostinano a tenere quelle azioni nel loro portafoglio, vedranno sparire il loro patrimonio. Credono i proprietari di agrumeti che l’ effetto della concorrenza americana cesserà per la ri­ duzione della imposta fondiaria?

L ’ agricoltura è diventata una industria dif­ ficile come tante altre: un medico, un professore, un ingegnere, non penserebbero mai di esercitare la loro professione ed anche di tenere, magari a distanza, una manifattura di filati o tessuti di co­ tone; ma il proprietario di terre, illuso ancora della esistenza del vecchio mondo agricolo, in cui il prodotto della terra si vendeva a pochi passi dal luogo di produzione, ed il proprietario non aveva che da raccogliere i frutti del fondo, perchè il commercio di prodotti agricoli non esisteva o quasi ; oggi le cose sono cambiate e la industria agricola domanda larghe cognizioni tecniche 9 commerciali non solo, ma assidua e intelligente sorveglianza.

Ora, non cesserò dal ripeterlo ; la grandis­ sima maggioranza dei produttori italiani ignora ancora quale sia e debba essere 1’ ufficio del pro­ prietario, e lo stato della nostra agricoltura è an­ cora lontanissimo da quello che dovrebbe essere. Non negherò che qualche cosa si sia fatto, ma gli altri, intanto che noi abbiamo fatto qualche passo, hanno fatto dei chilometri.

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Ma fino ad ora non ho avuta la soddisfazione di leggere che delle parole, le quali però nulla provano.

A. J. DE JOHANNIS.

La statistica finanziaria della G erm ania11

Se ricerchiamo quali sono i fabbisogni degli Stati e dell’ Impero troviamo che le spese pro­ duttive per i soli Stati particolari ascendono a 1809 milioni di marchi, mentre includendovi an­ che l’ Impero ammontano a 2271 milioni. Il de­ bito pubblico assorbe complessivamente 540 mi­ lioni di cui 451 riguardano gli Stati particolari ; le amministrazioni pubbliche richiedono per gli Stati e l’ Impero complessivamente 3023 dei quali 1310 si riferiscono ai soli Stati e final­ mente le contribuzioni gravano i bilanci degli Stati particolari per 572 milioni di marchi.

I servizi finanziariamente produttivi, ossia le ferrovie, le poste, i telegrafi, i demani, le fore­ ste, le miniere, ecc., rendono 2582 milioni agli Stati particolari, cioè tre quarti delle entrate e all’ Impero e agli Stati insieme 3124 milioni. Ma le spese relative a quelle aziende sono pure importanti e giova vederle :

Ferrovie dello Stato...

Stati particolari 1319 Stati e Impero 1392 Poste e Telegrafi... 51 434 Demanio... 29 29 Foreste... 87 87 Miniere... 206 206

Altre aziende (lotterie, bagni,

gaz ecc.)... 117 123

L ’ Impero non ha entrate di questo genere che dalle ferrovie dell’Alsazia-Lorena, dalle po­ ste e telegrafi; non possiede nè demani, nè fo­ reste, nè miniere.

Le ferrovie entrano pel 400i0 nelle spese ordinarie del ducato di Oldenburgo, per piu di un terzo in quelle di Prussia, Sassonia, Baden, per un quarto in quelle della Baviera, del Wür­ ttemberg, del Mecklemburgo. Per contro, la metà delle entrate ordinarie della Prussia, 33 a 48 OiO di quelle del Baden, Sassonia, Oldenburgo, Ba­ viera, W urttemberg e Mecklemburgo provengono dalle strade ferrate. Quanto alle spese di am­ ministrazione, esse comprendono oltre la lista ci- vi e quelle per gli affari esteri, la giustizia, il culto 1 istruzione pubblica, le belle arti, le finanze, i igiene, 1 agricoltura, ecc. Le spese fatte dagli otati particolari per sovvenire l’ Impero (572 mi­ lioni, di cui 348 sono a carico della Prussia) sono in correlazione con le spese per 1’ esercito e la marina, le pensioni e il debito ed anche in rapporto con le entrate proprie dell’ Impero.

L stato più agevole di stabilire i dati rela­ tivi alle entrate che non quelli concernenti le spese, bi hanno queste cifre :

') Vedi U “ «mero precedente dell’ Economista.

Per gli Stati Per gli Stati e 1’ Impero milioni % milioni %

Imprese governative.. 2582 62.15 3124 48.60

Imposte... 574 13.83 1633 25.44

Rimborsi, diritti . . . . 173 4.17 182 2.84

Utili della Cassa

del-l ’ Im pero... 64 1.55 64 1.00

Varie... 752 3.65 773 12.04

Residui di eserc. chiusi. 52 1.24 85 1.31

Contribuzioni... 557 14.41 557 8.68

4154 100.00 6418 100.00

Entrate straordinarie.. .138 100.00 345 100.00

Delle quali per prestiti. 123 88.82 327 97.78

Nelle sue note il sig. Zahn ha fatto osser­ vare ohe la parte del demanio industriale, come fonte di entrata, è assai considerevole e questo si può dire della maggior parte degli Stati tede­ schi. La Prussia ne ricava 1835 milioni e sol­ tanto 254 dalla im postarla Baviera rispettiva­ mente 252 e 84,: la Sassonia 184 e 46 milioni I ducati Sassoni, Waldeck, Lippe, le città ansea­ tiche, 1 Alsazia-Lorena sono meno provviste da questo lato ; i due Heuss mancano completamente di entrate non fiscali. Le relazioni finanziarie coll Impero secondo il ministro delle finanze di Prussia, il sig. De Rheinhaben, sono specialmente pregiudicevoli ai piccoli Stati di Turingia. L ’ au­ mento delle contribuzioni matricolari li obbliga a portare il saggio delle imposte dirette a un livello superiore a quello della Prussia. La si­ tuazione è difficile per questi ducati, che non posseggono ferrovie, e le cui risorse fiscali man­ cano di elasticità, la sola via d’ uscita è di au­ mentare le imposte dirette: 10 milioni in più di contribuzioni matricolari esigono un’ aggiunta del 6 0[0 alla imposta sul reddito, e siccome la imposta sarà messa a carico delle classi più agiate, è un aumento che diventa assai oneroso per una parte dei contribuenti.

L ’ impero percepisce 542 milioni di entrate provenienti dalle ferrovie, dalle poste e telegrafi da la tipografia dell’ impero, dalla partecipazione agli utili della Banca, 1059 milioni di contribu­ zioni indirette, dogane, bollo. La ripartizione delle entrate di carattere industriale e non fiscale e la seguente :

Stati particolari Impero e ^ Stati particolari milioni % milioni °/„

Demani... 132 3.18 132 2.06

Foreste... Miniere, altiforni,

sa-92 2.21 92 1.44

line... .’ . 242 5.82 242 3.78

Ferrovie dello Stato.. 1916 46.13 2009 31.31

Poste e telegrafi... 54 1.30 481 7.49

Varie... 146 3.51 168 2.61

2582 62.15 3124 48.69

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136 L ’ E C O N O M IS T A

1 marzo 1903 al Mecklembnrgo Scbwerin, a Oldenburgo, Sas­

sonia, Badén, 4 0[0 soltanto all’ Impero che per- cipe il 19 0[0 delle entrate dalle poste e tele­ grafi. La Baviera ricava 37 milioni sulle poste e telegrafi, il Wurttemberg 17 milioni. È bene però notare che il reddito netto delle ferrovie è del 7.17 0[0 in Prussia, 3.38 in Baviera, 2.91 nel Wurttemberg, 3.87 in Sassonia, 3.27 nel Ba­ dén. In Prussia il coefficiente di esercizio era nel 1900 inferiore al 60 0[0, per gli altri quat­ tro Stati variava sui 70 e 78 0[0. Swarzburg- Sondershausen e Mecklemburg Strelitz percepi­ scono un terzo delle loro entrate dai demani, Sassonia Meiningen, Weimar, Coburgo Gotha, Ruldolstadt 19 a 33 0;0 dalle foreste, Anhalt 28 0[0 dalle miniere.

Il prodotto netto di quei 3124 milioni di marchi che non provengono dalla imposta, vale a dire ciò che rimane, fatta deduzione delle spese, è di 772 milioni di marchi.

Venendo alle imposte, il cui totale per la Germania (Impero e Stati particolari) è di 1633 milioni, ecco come si ripartiva :

Migliaia Per cento di marchi del totale

Imposta generale sul reddito. 270,232.4 47.05

» oomplem. sul capitale 35,335.3 6.15

» sui terreni... 42,170.2 7.44

» sui fabbricati... 17,215.7 3.00

» sul fitto ... 1,220.0 0.21

* di patente... 19,735.1 8.44

» sulle rend. dei capitali 14,102.1 2.46

» speciale sul reddito.. 6,775.0 1.18

» agricola... 741.4 ( .1 3

» sul comm. ambulante 4,100.1 0.71

» sulle ferrovie... 715.0 0.12

» sulle miniere... 547.7 0 .10

Altre impost i personali... 79.0 0.01

Imposte dirette... 413,509.0 72.00

Imposta sul v in o ... 5,567.0 0.96

» sulla birra... 62,691.2 10.91

* di macellazione... 6,741.0 1.17

Altre imposte sui consumi.... 1,874.0 0.33

Imposta sui cani... 3,709.5 0.65

Altre imposte suntuario... 202.8 0.04

80,786.1 14.06

Imposta sui trasferimenti . . . . 14,630.4 2.55

» di bollo... 43,433.1 7.56

» sulle successioni e

do-nazioni... 22,012.0 3.83

Imposte sullo scambio... 80,075.5 13.94

Tòt. per gli Stati particolari. . 574,370.6 100.00

Imposta imperiale sulla birrn. 45,004.1 4.26

» di bollo... 114,999.0 10.86

Dogane e altre imp. indirette. 898,906.5 84.89

Totale per l’ Im pero... 1,058,1109.6 100.00

Le entrate provenienti dalle imposte deri­ vano per gli Stati particolari fino a concorrenza del 72 per cento dalla imposta diretta (e di

questa somma di 413.5 milioni la imposta sul reddito procura i due terzi), 14 per cento della imposta indiretta e 14 per cento della imposta sui trasferimenti.

Le imposte dirette danno, in media, negli Stati particolari 4.63 per cento delle entrate, soltanto 1’ 8 per cento in Prussia, Baviera, Ba­ dén, i due Mecklemburgo; 11 a 13 in Sassonia, Wurttemberg, Assia, Oldenburgo, Anhalt; 17 a 19 nell’Alsazia Lorena, Meiningen, Schwarzburg; 20 negli altri, eccettuato Brema, Amburgo, Reuss dove la proporzione è di 30 a 32 per cento. La imposta sul reddito fornisce la maggior part6 della entrata proveniente dalle imposte dirette: 58 per cento in Prussia, 71 in Sassonia, 73 a Weimar, 79 nel Reuss; in 19 Stati più della metà. Tre Stati soltanto che hanno abbandonato completamente il sistema della tassa sulle fonti del prodotto per accogliere la forma puramente personale e hanno introdotto la imposta com­ plementare sul capitale (Prussia, Assia, Bruns­ wick) ne traggono 12 a 15 per cento della loro entrata proveniente dalle imposte. La Prussia e F Assia non riscuotono più la imposta fondia­ ria a profitto dello Stato. La imposta sulle suc­ cessioni e sulle donazioni produce 9.6 milioni in Prussia, 2.3 in Baviera, 3.2 in Sassonia, 1.9 ad Amburgo, 3 in Alsazia Lorena. L ’ imposta ge­ nerale sul reddito rappresenta per abitante (non per contribuente) 5 marchi in Prussia, 7.84 in Sassonia, 7.10 in Assia, 4.15 nei Badén, 11.69 a Lubecca, 27.19 a Brema, 30 ad Amburgo, 1.58 nell’Alsazia Lorena; l’ imposta sul capitale meno di un marco in Prussia e nel Brunswick, 1 marco e 79 pfennige nell’Assia. Sussistono poi alcune imposte curiose, come una sugli usignuoli nella Assia, una sui piccioni a SchaumLurg-Lippe.

Le contribuzioni indirette rappresentano, in media, 2 m. 85 per abitante; da 7 a 8 marchi negli Stati del Sud che si sono riservati la impo­ sta sulla birra. Per poter stabilire esattamente ciò che pagano i contribuenti tedeschi bisogne­ rebbe aggiungere le imposte comunali e provin­ ciali, ma è questo un lavoro complicato e arduo. Il peso della imposta diretta è assai grave in Prussia, se si addizionano le imposte di Stato con quelle locali ; esso raggiunge visibilmente il 10 per cento del reddito in alcune grandi città come Francoforte, e sale oltre il 10 per cento nelle provincie renane.

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Wurfctemberg... 495 228 269 9.81 Badén... 355 190 233 12.12 A ssia ... 284 254 297 10.69 MecklemburgSchw. 108 178 221 9.02 Brema... 160 211 754 25.52 Am burgo... 429 558 599 20.62 Lubecca... 38 399 442 17.32

Giova sperare che questa statistica sarà te­ nuta regolarmente al corrente e che essa potrà servire di punto di comparazione con altri Stati europei che non presentino questa complicazione propria a uno Stato federale.

I PROBLEMI

D E L L ’ O R G A N IZ Z A Z IO N E D E L L A V O R O 1) X X .

Sarebbe veramente strano che l'irrefrenabile movimento verso l’organizzazione del lavoro, che distingue il presente momento storico, incontrasse ovunque le medesime simpatie, trovasse in tutti un equo apprezzamento, un cordiale e sìncero appoggio. Perchè questo fosse possibile, sarebbe necessario che la società fosse tutta pervasa dal nuovo spirito, dalle nuove tendenze che cospi­ rano a riconoscere nel lavoro una funzione econo­ mica e sociale di un ordine più elevato di quello che in passato comunemente si pensava; sarebbe necessario che la concezione della vita umana fosse generalmente cosi perfetta da rendere re­ pugnanti e condannabili per tutti, fatti che in­ vece o sono facilmente giustificati o vengono tol­ lerati con apatica indifferenza. Bisognerebbe aucora che il contrasto degli interessi materiali fosse già superato, vinto o comunque risoluto, e che la visione del pericolo cui possono essere espo­ sti gli interessi personali non offuscasse mai la percezione del vero, non ottundesse il senso di ciò che è giusto ed equo. Non è da fare quindi le meraviglie se gli uni condannano, talvolta anche violentemente, la organizzazione del lavoro in le­ ghe, sindacati, unioni e credono di riconoscere in essa una causa di decadenza economica, una minaccia per 1’ assetto sociale, un germe di fu­ ture rivoluzioni; e se gli altri, pur riconoscendo le ragioni della classe operaia, non sanno vincere un acuto senso di diffidenza verso le sue organiz­ zazioni e le considerano più di danno che di van­ taggio, in definitivo, per lo stesso operaio. Della avversione che qualche partito politico può nutrire, m un dato momento, per le associazioni operaie non occorre invece occuparsi perchè non è che una manifestazione di pregiudizi sociafi o di in­ teressi di gruppi parlamentari, cui mancano se­ renità di giudizi e convincimenti disinteressati. Ma anche facendo completa astrazione da quella avversione, non può disconoscersi che varie cause hanno concorso e tuttora concorrono a far sì che la organizzazione del lavoro susciti diffidenze, opposizioni e antagonismi.

Vi contribuiscono la stessa natura e la molte­ plicità dei problemi giuridici che sorgono da quella

) \ edi il numero lo03 dell’ Economista.

organizzazione e la incertezza delle soluzioni che loro vien data nel campo della legislazione o in quello della giurisprudenza. Quando il legi­ slatore col regolare il contratto di lavoro indi­ viduale e collettivo e la legislazione e la giu­ risprudenza col determinare, sia pure soltanto in parte, il campo dei diritti e dei doveri dei gruppi professionali di fronte ai terzi e ai pro­ pri membri avranno sgombrato il terreno, su cui sij muove la società economica, da molte dub­ biezze e un diritto consentaneo ai nuovi rap­ porti economici si sarà venuto formando, allora, per legge di adattamento, molti spiriti ora rilut­ tanti ad accettare le nuove forme e applicazioni del principio di associazione si acquieteranno e riconosceranno che la organizzazione del lavoro è compatibile col rispetto dei diritti individuali e, se saggiamente diretta, può concorrere a elevare economicamente e moralmente la classe lavora­ trice, il che vuol dire una gran parte della so­ cietà.

Vi contribuisce pure la facilità con cui le leghe, unioni o sindacati abusano del loro potere, cadono in eccessi, disconoscono il diritto altrui, facilità che distingue quelle organizzazioni so­ prattutto nei primordi della loro esistenza. Nel­ l’ Inghilterra, dove circa 2 milioni di operai sono organizzati in unioni di mestiere (tracie unions) le questioni che sorgono dall’ attività economica di quegli enti hanno un carattere peculiare: il più spesso sono appunto questioni d’ interpetra- zione di leggi, statuti, regolamenti, tanto che si potrebbe dire esser quelle entrate nella fase le­ gale, mentre in altri paesi sono ancora nella fase della coazione. Ma è appunto questa evoluzione che occorre facilitare, è appunto il passaggio da un regime caotico, inorganico, convulsionario a un’ altra condizione di cose contraddistinta dalla legalità, dalla equanimità, dalla organicità, dalla discussione, anziché dalla violenza, che è doveroso per tutti di affrettare quanto più è possibile.

Le stesse organizzazioni operaie nella loro denominazione hanno perduto alquanto del ca­ rattere antagonista, belligero per cosi.dire, che un tempo avevano e alla « Società di resistenza » si è venuto sostituendo « la lega di migliora­ mento », il « sindacato » la « federazione » la « unione »; il movimento organizzatore non ha più la mira della resistenza, ma il fine più ampio, più elevato, più benefico della solidarietà per scopi molteplici, tra i quali è certo in prima linea quello della tutela degli interessi professionali *). I sindacati, diceva il Guesde, sono una interpre­ tazione del capitalismo; e la frase è esatta, nel senso che essi non tendono a distruggere, ma a conciliare le esigenze del sistema industriale mo­ derno con i bisogni della classe lavoratrice, più facilmente messa a dura prova dal processo pro­ gressivo della produzione. Eino a tanto che que­ sto non sarà diventato il sentimento comune, non cesseranno, al certo, quelle diffidenze cui abbiamo più sopra accennato.

Vi concorre infine la tendenza delle leghe, sindacati o unioni a centralizzare i propri sforzi presso enti che possono divenire facilmente

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138 L ’ E C O N O M IS T A 1 marzo 1903

sorbenti, invadenti, prepotenti, a sovrapporre alle organizzazioni di mestieri a base economica un ordinamento a base territoriale, o sociale, così che alla organizzazione in ragione della solidarietà professionale ne va unita altra in ragione della solidarietà di classe. E allora sorge presto il fan­ tasma dello Stato nello Stato, od almeno il ti­ more, non sempre ingiustificato, e la storia più o meno recente lo dimostra, che la conoscenza della propria forza, non sussidiata dai freni che derivano dalla coscienza della propria responsa­ bilità e dei propri doveri, getti inconsultamente quell’ organizzazione nelle tumultarie, quanto in­ feconde agitazioni, e provochi azioni e reazioni egualmente dannose alla società.

L ’avversione, o la poca simpatia per le Borse del lavoro in Francia, per le Camere del lavoro in Italia, e altrove, non ha altra spiegazione che questa: che esse trasformano una organizzazione economica distinta per professione in una orga­ nizzazione compatta di classe, sulla quale agi­ scono con efficacia grande i moventi politici e sociali così da determinare facilmente agitazioni di carattere politico-sociale, anziché economico. E ciò nuoce indubbiamente al retto apprezza­ mento dei moventi e dei fini dell’organizzazione del lavoro.

Di qui si scorge che 1’ organizzazione del lavoro avrà un posto sempre più distinto e im­ portante nella società, una funzione sempre più efficace nel campo economico, quanto più verrà spianata la via alla soluzione dei problemi che a quella si ricollegano, quanto più gli abusi e gli eccessi di potere andranno scomparendo e il suo carattere economico sarà meglio affermato. Ciò vuol dire anehe che è pure nelle mani degli stessi operai il mezzo per combattere le diffidenze, i timori, gli antagonismi che le loro organizzazioni fanno sorgere. Se lo Stato può giovar loro, in più modi, e sopratutto col non abbandonare ancora a sè stesse varie questioni giuridiche che l’ orga­ nizzazione del lavoro nella nuova economia indu­ striale ha fatto sorgere, è però certo che la con­ dotta equa, serena, strettamente legale delle le­ ghe, unioni e sindacati varrà più di tutto a con­ quistare loro le simpatie, 1’ appoggio, il favore della pubblica opinioue.

E gli operai organizzati si penetreranno sempre più e meglio di questa verità quanto più e meglio intenderanno 1’ alto valore economico ed educativo delle loro organizzazioni. Dal punto di vista economico basterà dire che lo studio della evoluzione del salariato dimostra lumino­ samente che fu per opera delle unioni di me­ stiere che in Inghilterra la determinazione del salario da funzione unilaterale, ossia del solo imprenditore, è divenuta bilaterale, cioè anche degli operai. Per lungo tempo la legislazione inglese è intervenuta per fissare i salari, ma col passaggio alla grande industria, l’ imprendi­ tore rivendicò il diritto di stabilire la retri­ buzione dell’ operaio ed in fatto ebbe tale potere. Riconosciuta la legalità delle unioni di mestiere, questo potere, dopo lunghe lotte, fu scosso; per la crescente e continua affermazione del lavoro organizzato, a fissare il salario con­ corsero sempre più anche i lavoratori, che per mezzo delle loro leghe riuscirono a introdurre

nella sua determinazione altri elementi, come le esigenze sociali dei lavoratori e i profitti otte­ nuti dalle imprese. E si è giunti persino nel. di­ stretto di Birmingham a vere « alleanze », come son dette, tra imprenditori e operai, con le quali viene fissato un minimo al disotto del quale il sala­ rio non deve scendere, nonché la percentuale di aumento consentita dai prezzi di vendita nei vari momenti, e, cosa veramente notevole, questi stessi prezzi di vendita sono fissati dagli im­ prenditori d’ accordo con gli operai, i quali giu­ dicano così se le circostanze sono per loro favo­ revoli, Sono questi, fenomeni che si osservano soltanto nelle industrie più progredite e più im­ portanti e in quelle dove l’ organizzazione del la­ voro ha raggiunto il suo maggiore sviluppo e conservato il suo carattere prettamente econo­ mico. *)

Dall’ aspetto educativo, occorre forse di ri­ cordare che ovunque, in Inghilterra, come agli Stati Uniti, nel Belgio, come in Italia, in Fran­ cia, come in Germania, la organizzazione operaia ha affrancato il lavoratore da abitudini dannose, lo ha elevato intellettualmente, ne ha fatto un cittadino cosciente, disciplinato e operoso anche pel bene sociale. Se l’argomento non esorbitasse dai confini e dall’indole di questo studio potrem­ mo estenderci su questo punto, perchè gli scritti di vari autori, di scuole differenti, quali Rogers, i Webb, Brentano, von Nostitz, Ely, Halévy, Schulze-Gävernitz, eco., offrirebbero il modo di comprovare il valore educativo delle organiz- zioni operaie. Pur ammettendo che talvolta la loro azione educativa abbia degenerato in una propaganda d’altra natura, sarebbe ingiusto, per casi speciali, di disconoscere che generalmente anche oltre la sfera degli interessi materiali le unioni, leghe o sindacati ebbero una influenza morale e intellettuale veramente benefica per 1’ operaio.

In tali condizioni, gli effetti, che si possono attendere dalla estensione del movimento orga­ nizzatore del lavoro saranno, prima o poi, buoni, quando si riesca a contemperare equamente i di­ ritti di tutti ; attraverso qualche errore e qualche deviazione momentanea dalla via che logicamente e pel loro utile le organizzazioni operaie son chiamate a percorrere, sapranno ritrovare il se­ greto della prosperità e del progresso e confer­ meranno, ne abbiam fede, il giudizio che un insigne uomo di Stato francese, l’ on. W aldeck- Rousseau, enunciava con queste parole: « L ’ as- sociation des individus suivant leurs affinités professionnelles est moins une arme de combat qu’un instrument de progrès matériel, moral et intellectuel. »

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Un’ lncliiesta nelle varie regioni d!Italia

sui contratti agrari e il contratto dì lavoro agricolo

Il prof. Francesco Coletti, adempiendo all’ inca­ rico avuto dalla Società degli agricoltori italiani, ha dettato una interessante relazione sui due progetti di legge presentati alla Camera per disciplinare la ma­ teria dei contratti agrarii e del contratto di lavoro agricolo ; relazione che sarà sottoposta tra poco al- l’ approvazione dell’ assemblea. Questa relazione, chiara e acuta, condensa i voti e i desiderii di As­ sociazioni agricole, di comizii e di consorzi agrari, di Società di produttori e conduttori di fondi, di privati cittadini ; o mostra i voti e i desideri mani­ festati in occasione di questa inchiesta, compiutasi attraverso a non poche difficoltà, con la padronanza dell’argomento che è frutto della dottrina e dell’ espe­ rienza.

« Dal numero delle osservazioni sui singoli arti­ coli — scrive il prof. Coletti — si desume a colpo d’ occhio la effettiva importanza o gravità di vario ' ul “ u 11 Jdiu iuiciLUi. il A ti li A costituì scoilo la base e lo scopo delle legge (obbligo padronale delle sementi e dei soccorsi), quelli attorno a cui le altre disposizioni sono andate aggiungendosi nelle vaile fasi del lungo lavoro di preparazione ; il 5 porta il divieto di pratiche secolari, la cui abolizione tocca interessi e costumi ben radicati ; il gruppo degli al­ tri articoli indicati hanno per oggetto le migliorie agricole, materia nuovissima e delicata, massime quella dell’ art. 10 (indennizzo per Patimento di fer­ tilità apportato nel terreno locato) che provoca dubbi e censure anche sotto l’aspetto tecnico agrario. Bi­ sogna porre attenzione alia qualità degli enti che hanno fornito i chiesti pareri. Più che discreto il numero dei comizi (37); notevole quello delle altre Associazioni, in gran parte Associazioni di proprie- tari e conduttori di fondi o di soli conduttori di f0I\dli(16)-’ Parim.ente notevole quello delle Cattedre ambulanti e degli analoghi Uffici tecnici provinciali eli agricoltura (25), istituzioni che rappresentano una tonte nuova e importante d’ informazioni e pareri : scarso il numero dei Consorzi (7), essendo lo scopo di questi semplicemente tecnico-commerciale, ma de- (^1 seria considerazione le osservazioni mandate sull art. 10, tecnicamente cosi discusso, dal prof. G. Raineri, direttore della Federazione italiana dffi Con­ sorzi agrari.

Il primo disegno di legge. — La relazione del prot. Coletti comincia col ricordare i precedenti della questiono risalendo lino all’ inchiesta del 1882, e agli studi della Commissione Reale del 1893, e al disegno di legge sui contratti agrari presentato nel 1893 dal- l’ on. Sonnino a proposito del quale il prof. Coletti scrive :

. ? P primo disegno dì legge, quello che dette 1 inizio a tutti i successivi, è il disegno compilato dall on. Sonnino nel 1893 e che, in parte, servi di traccia per la discussione della prima Commissione Reale. Lsso e limitato, come sappiamo, alle solo sette provinole siciliane e si propone di regolare determi­ nati contratti in determinate condizioni di esten­ sione, di colture e di lavoro: d’ onde la sua preci sione e la sua forza vincolatrice.

Nei terreni nudi dati a coltivare a cercali o a ci- vaglie e detto nell’art. 1 — con contratti di fitto m generi o con patti di partecipazione al prodotto

(terratiei e metatene), della superficie non superiore a 1U e.tari, il contadino coltivatore avrà diritto ad otte­ nere dal proprietario o dall’affittuario (gabellotto), no­ nostante qualunque diverso patto e non oltre un massimo numericamente precisato, i semi che occor- ■ • a le slnS°le 0<’ùivazioni e i soccorsi o

anticipa-S° U°. r,\eeiEssari durante l’ anno poi sostenta­ mento suo o della famiglia.

• ® (art- 2). in tali condizioni, ogni patto mie

imponga la restituzione d’ una quantità maggiore della prestata. Nella mezzadria, eco., la quantità da ™ooÌiì1„rSwd?iVe Pr®leJ arsi dalla massa indivisa del raccolto. Nullo (art. 3) per le anticipazioni o prestiti 1 interesse superiore al 6.25 per cento (pratica, sici­

liana, cioè un tumulo di addito per ogni salma pre­

stata).. *

« E negata al locatore (art. 4), sempre nelle con­ dii ioni all’art. 1, ogni azione contro il coltivatore per una quota del raccolto che superi la metà del prodotto totale, salvo cinque casi di restituzione o compensi per cose e per circostanze ben determi­ nate.

« Negli articoli dal 5 al 10, che è 1’ ultimo, si provvede a facilitazioni fiscali per la stipulazione del contratte scritto, al compenso dovuto al coltivatore per migliorie fatte nel fondo, quando il contratto sia risoluto prima dei termine normale, ali’ istituzione di un Collegio di probiviri eletto dalle due classi contraenti, alle limitazioni per l’ imposizione delia tassa sulle bestie da tiro e da soma, alla dichiara­ zione di assoluta nullità di qualsiasi alienazione de- g.li appezzamenti di terra assegnati ai comunisti nei riparti e. quotizzazioni o nelle concessioni di enfi­ teusi dei demani comunali.

« il disegno di legge, ferreo e logico, avendo di mira contratti concreti sotto ogni aspetto, è tale da conseguire, per sè stesso, 1’ intento propostosi. Ap­ presta al colono sementi e soccorsi, limita gli inte­ ressi di questi e ogni annessa angheria, è pronto ad impedire al locatore di rivalersi di tali obblighi o pesi.col desumere per sè, nella ripartizione dei pro­ dotti, una quota maggiore della metà. Al locatore non rimarrebbe che la scappatoia, dalla quale niuno potrebbe escluderlo, di abbandonare il terratieo o la metateria e coltivare, per esempio, ad economia.

« Questo disegno, il quale, nel suo genero, resta un modello da citarsi ad esempio, si ricollega, attra­ verso agli studi della Commissione Reale, al secondo progetto ».

lì prof. Coletti ricorda che la Commissione Reale prese a base dei suoi studi il progetto dell’ on. Sen­ nino; e dopo avere accennato alle modificazioni che a quel progetto furono apportate nel successivo di­ segno di legge presentato dal Governo alla Camera scrive :

« Ben visibile è dunque la parabola descritta da queste molteplici elaborazioni legislative dal Sonnino ad oggi: eoi venir meno della determinatezza reale, a netti e brev. contorni, del soggetto 1’ efficacia coattiva della legge va perduta, coll’ allagarsi del precetto, giuridicamente più estetico, questo subisce 1 adattamento passivo ai rapporti e agli usi vigenti, li sanziona più che regolarli, trasforma il contratto vivente in tipi astratti. »

De condizioni di fatto. — A questo punto la relazione espone, con singolare precisione e chia­ rezza le condizioni di diritto e di fatto, e fondata sulle consuetudini locali, del contratto agrario in tutte le regioni d’ Italia, dimostrandoneI pregi, i difetti e le lacune. Dopo di che rileva che « lo Stato si è trovato dinanzi alla necessità logica e tecnica elementare di creare un tipo medio dei singoli Con tratti » ; ma osserva che « una media non è realtà, è una astrazione, è un prodotto ideale della nostra ela­ borazione mentale, e che tanto più i tipi sono dispa­ rati e vari, tanto più la media risulterà lontana e dif­ ferente dai tipi stessi.

Secondo il prof. Coletti molti interessi congiu­ reranno ad eludere le disposizioni della legge.

« Orbene — esso scrive — tali elusioni, che diret­ tamente si ricollegano alla possibile efficacia della legge sono previste nell’ attuale disegno ? Il disegno non contiene neppure il più mite e platonico osta­ colo a qualsiasi tentativo di eluderne le disposizioni. Il lettore ricordi : la prima proposta Sonnino legava in un cerchio di ferro il proprietario e il gabellotto siciliano, le successive compilazioni tenevano solo r obbligo padronale di ritirare le sementi sul muc­ chio comune prima della divisione, il disegno dello attuale Ministero ha tolto quest’ ultima desirizione.

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di compensi relativamente ad uguali lavori e ad uguali capitali, sarebbe impedita dalla libera con­ correnza in quanto i fondi di maggior produttività verrebbero più richiesti e sino al punto che i loca­ tari riceverebbero dai coloni spontanee offerte di condizioni più vantaggiose e libere rinuncia a diritti e privilegi legali. I teorici desideri del legislatore finirebbero inevitabilmente con 1’ essere abbattuti e dispersi dalla multiforme forza delle leggi del tor­ naconto . Tanto meno esteso sarà P ambiente eco­ nomico-rurale, o per dir meglio, tanto meno com­ plessi e molteplici saranno i rappòrti contrattuali e consuetudinari da considerare, tanto più agevolmente ci sarà doto di fissare nella legge i caratteri e i li­ miti dei rapporti medesimi. E quanto più questo sarà agevole tanto meno diffìcile, del pari, ci sarà il vin­ colare a certi obblighi e diritti sia la classe dei lo­ catori sia quella dei contadini, chiudendo lo vie e i viottoli alle eventuali elusioni e compensazioni ten­ denziose. Come prototipo di codesto genere di leggi efficaci perchè semplici di soggetto e di territorio, è secondo già si disse, il primo disegno Sonnino, così prototipo del genere opposto è il disegno presente, nel quale la efficacia reale apparisce in ragione in­ versa dell’ estensione sua, che è massima ».

Il contratto agrario. — La relazione del prof. Coletti esamina poi, articolo per articolo, le osser- vazioni di ordine tecnico e giuridico che si muovono al disegno di legge, e riassume poi tali osservazioni cosi :

« In sostanza, i giudizi generali dati sul disegno di legge, potrebbero suddividersi in quattro catego­ rie : indifferenti o quasi, che ritengono di poca o punta importanza gli effetti dell’eventuale legge ; gli avversari decisi ohe la rigettano senza istanza: i favorevoli che si compiacciono vagamente della sua equità e della repressione di qualche abuso padro­ ne-io* i tempeiati ma purché vi siano introdotte mo­ dificazioni, spesso gravi e numerose, e purché essa sia accompagnata da istituzioni o provvedimenti speciali (questione fiscale e del credito agrario). Gli appartenenti all’ ultima categoria sembrano in pre­ valenza, tanto più che ad essi possono aggregarsi quelli della prima. Gli avversari si contrabilaneiano con i favorevoli, ma questi sono molto più tempe­ rati nella loro lode, di quanto siano recisi gli altri nel biasimo. I più aspri si trovano fra le rappresen­ tanze agrarie, i più benigni fra i direttori delle cat tedre ambulanti. Procedendo dal nord al centro, al suded alle isole sembra passarsi man mano dalla critica collaboratrice, che vuol migliorare, e dalla indifferenza, che poco cura le sanzioni legali, alla disapprovazione e alle preoccupazioni soprattutto economiche esodali, per le conseguenze delle sanzioni medesime ».

Il prof. Coletti soggiunge che «una legge gene­ rale, coni’ è quella presente, urta e s’ infrange con­ tro due scogli inevitabili : la molteplicità dei con­ tratti o delle consuetudini e di tutti gli altri feno­ meni delle singole economie regionali connesse con i primi e con le seconde, 1’ impotenza in cui si tro­ vano o possono trovarsi, in molte zone e in date annate, i locatori medi e piccoli di fornire sementi e soccórsi ai loro coloni bisognosi : dalle quali due circostanze deducesi o la inapplicabilità della leggo, che resterebbe sterile dichiarazione di principii o la probabile, anzi, in certi casi inevitabile elusione della medesima ». Dopo di che, sempre seguendo i risaltati dell’ inchiesta compiuta, passa ad esaminare se e con quali mezzi si possano eliminare e diminuire tali dif­ ficoltà, e che dovrebbero sopratutto consistere « nel raccogliere e vagliare le costumanze e gli usi agrari vigenti nelle singole provincia e che costituiscono la base normale e genuina dei contratti, verbali o scritti, che si stipulano fra locatori e contadini » e piuttosto che indicare le condizioni e i patti che deb­ bono regolare la fittanza, limitarsi a stabilire dei divieti di patti che possono riuscire vessatori per i conduttori. « Le disposizioni generali della legge — scrive il Coletti — integrate con le raccolte degli usi locali, oltre a rendere questi definiti ed accertati dovrebbero fissarsi sopra alcuni divieti sia in ordine alla qualità dei patti sia in ordine all’ estorsione di essi a danno dei contadini. Verrebbe a determinarsi equamente e positivamente come un minimo non nel- 1' entità delle mercedi per sé medesime, ma nella gra­ vezza dei patti e delle singole modalità ; minimo che

per il metodo stesso col quale sarebbe determinato, non sarebbe antieconomico, ma troverebbe riscontro e base nel fatto delle singole regioni, provincie cir­ condari, zone agrarie. Al di fuori e al di sopra del

veto e del minimo resterebbe libera la feconda com­ petizione delle parti, libero adattamento ai bisogni nuovi che sorgessero e che potessero suggerire una deroga mutuamente accolta a precedenti usanze. Oc­ corre appena soggiungere, che nelle varie fasi di queste operazioni ai probiviri agricoli, la cui isti­ tuzione dovrebbe coordinarsi ad una legge sui con­ tratti agrari, quale abbiamo ora immaginata, spet­ terebbe azione preponderante e continuativa. Con queste proposte a noi venute sostanzialmente dal paese, il disegno di legge sarebbe ricondotto alla sua antica tonte (Sonnino, 1893) e innestato al principio politico di leggi generali per tutto il paese a cui il disegno stesso e in genere la legislazione italiana si sono sin qui ispirati ».

Il contratto di lavoro agricolo. — Quanto alle disposizioni del disegno di legge pel contratto di la­ voro agricolo, il professor Coletti scrive:

« Esse invero, considerate per sé medesime e in relazione al contratto del lavoro agricolo e alle norme consuetudinarie che vi si riferiscono, non importano nè innovazioni nè lesioni d’ interessi di molta gravità. L ’ intento del disegno è prevalente­ mente quello di dape formulazioni più precise a principii di diritto già implicitamente contenuti nel- 1’ istituto, o a norme equitative ornai ammesse dalla più illuminata giurisprudenza ».

Ciò affermato in linea generale, la relazione esamina anche qui, articolo per articolo, le singole disposizioni del progetto: e rileva che l’ articolo 4 porta, dal punto di vista agricolo, la più grave in­ novazione, è 1’ unico, anzi, che urti contro determi­ nati interessi dei padroni o locatori: il caposquadra, che organizza e fa lavorare gruppi d’ operai su ter­

reni d’ un imprenditore, è presunto mandatario di

quest’ ultimo. Larga è l’ applicazione dell’articolo nei lavori di risaia, nella campagna romana (si ricor­ dino i famigerati caporali), nelle Puglie ecc. È noto che il caposquadra agricolo sfrutti ordinariamente gli ,operai e per la mercede e per le frodi non rare che perpetra a danno degli stessi. Le lamentele ele­ vate da ogni parte, contro il triste sistema erano rimasti pii desiderii. Il rimedio, che faeevasi sem­ pre più urgente, poteva essere di due specie : o creazione di cooperativo di braccianti che assu­ messero direttamente i lavori prima affidati al ca­ posquadra, o intervento coattivo della legge. Le cooperative, date le infinite difficoltà di simili asso­ ciazioni di lavoratori avventizi e di provenienza varia, stentavano a sorgere. E’ intervenuto più pron­ tamente il legislatore. Certo, questi determina una brusca interruzione delle consuetudini, contro cui alcuni fra i più interessati dei nostri corrispondenti protestano chiedendo tout court la soppressiope dei* l’ articolo. E’ da credere però che i padroni presto troverebbero il sistema di riorganizzare più sicura­ mente sia il mercato del lavoro sia le squadre dei lavoratori occorrenti nelle date plaghe, e questo sa­ rebbe molto utile economicamente agli stessi im­ prenditori, poiché l’ opera dei capisquadra è di fre­ quente occasione diretta o indiretta, di malcontento e di scioperi.

Questo all’ articolo 5 dice che esso « è eccessivo a favore del lavoratore, inapplicabile all’agricoltura, dannoso agli stessi operai, perchè proibisce ai geni­ tori, o ai loro rappresentanti legali, di obbligare il minore a prestare l’opera propria per anticipazioni fatte a loro stessi o al minore e nega allo impren­ ditore l’azione per la restituzione delle anticipazioni concesse. » In complesso il prof. Coletti scrive che

* si deplora anzitutto si siano considerati in una legge unica il contratto di lavoro industriale e quello di lavoro agricolo, fra i quali intercedono differenze grandissime, sia per cause intrinseche e quindi forse irriducibili, sia per lo stadio generale molto arretrato dell’ Italia rurale. Si ripete poi lo stesso lamento che per il disegno sui contratti agrari: che talora non si è tenuto conto degli usi locati. »

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sog-getta a creare contrasti, talora forse anche notevoli, con svariati rapporti contrattuali e usi locali e su­ scitare artificiali impacci e litigi. Nè ci sembrerebbe inopportuno nè illogico che il legislatore volesse ascoltare un altro dei voti degli agricoltori e sepa­ rare la parte agricola da quella industriale, ricon­ nettendo e coordinando la prima alla legge sui con­ tratti agrari, trasformata cosi in un vero codice di tutti quanti i rapporti contrattuali del lavoro rurale.

« Dna legge potrà, se vuole essere positiva, dare forma e assetto alle tendenze, ai bisogni, ai rapporti che si sviluppano e determinano realmente e naturalmente in seno all’ economia rurale del paese. Nascerà spontaneo cosi, man mano, quell’in­ treccio utilitario d’ interessi e di sanzioni economi­ che, più che giuridiche, che ora è forse invano re­ clamato dai nostri corrispondenti e che è così alta­ mente necessario al lavoro agrario, desideroso, com'è, più di ogni altro, di sicurezza e di ordine nella inesorabile periodicità delle sue fasi e delle sue fun zioni. »

Rivista (Bibliografica

Lombardi Giovanni. — Lo Stalo. Saggio dì sociologia.

— Napoli, Priore, 1902, pag. 461. (L. 5).

L ’ Autore esamina il concetto di Stato sotto l’ aspetto dei diversi fattori che regolano le ma­ nifestazioni sociali : fattori economici, fisici ed etnologici, biologici, psichici ed etici, intellet­ tivi. Ad ognuno di questi fattori consacra un libro e premette una introduzione che intitola : della filosofia sociale del secolo X IX .

L ’ impressione che produce la lettura di questo volume, pure sotto molti aspetti impor­ tante, è che esso sia faraginoso e disordinato, nel senso che non sempre si distingue il pen­ siero dello scrittore dalla critica che egli cerca di fare al pensiero di altri, troppi, pensatori, e con tale sistema molte volte sembra di cogliere l’Autore in contraddizione flagrante con sè stesso, mentre invece, e più spesso, sono le idee dei di­ versi autori che egli mette in contraddizione. E si torma, leggendo il libro, un augurio : che cioè l’Autore, lasciando un poco almeno, la troppo frequente citazione e disamina del pensiero altrui, coordini il proprio e lo esponga con quella chia­ rezza che in simili lavori è la qualità più desi­ derabile.

Questo bisogno di chiarezza emerge fino dal primo libro, che ci parve il più importante del volume, giacché non abbiamo trovato una distin­ zione, quanto occorreva lucida, tra il concetto del <c materialismo storico » e della <t preva­ lenza dei fattori economici ».

Confondere queste due formolo ci sembra sia sfuggire una parte importante di sociologia positiva.

Ciò non ostante, troviamo nel lavoro del sig. Lombardi pagine che meritano di essere segnalate, specialmente nel Libro IV dove sono studiati gli elementi psichici ed etici della so­ ciologia.

L. G. Chiozza. — British Trade and the Zollverein

fssae. London, The « Commercial Intell gence *. Publishing Company, Tetnple House, 4902 (1 scel )

pag. il.

In una recente recensione facevamo notare che lo spirito protezionista faceva progressi an­

che in Inghilterra, dove vedevano la luce da qualche tempo pubblicazioni anche popolari in­ tese a difendere quella dottrina. E giusto rile­ vare ora che in quella pratica nazione non manca la contro partita e 1’ opuscolo che qui presen­ tiamo, il primo dei manuali pubblicati dalla Sell’s Commercial Intelligence, mira appunto a contrastare una delle proposte dei protezionisti. I quali per bocca del colonnello Davison chie­ devano che fosse imposto un dazio dal 5 ai 10 per cento su tutte le merci forestiere sbarcanti nella Gran Brettagna, per consacrarne il ricavato alla difesa dell’ Impero.

Contro questa proposta l’Autore raccoglie ed illustra una serie di dati statistici che rende più chiari anche con grafiche.

Prima esamina la composizione della popo­ lazione che rappresenterebbe nel Regno Unito 48 milioni di cui 40 lj2 residenti, a cui si aggiun­ gono nelle diverse contrade dell’ Impero altri 11 milioni di bianchi ; contro questi quasi 70 milioni stanno 342 milioni di individui di altre razze costituenti l’ Impero. Dando quindi uno sguardo al commercio trova che la importazione di ma­ terie greggio per le manifatture tessili ammonta a 79.4 milioni di sterline, e per le altre indu­ strie a 57.9; ed altri 87 milioni di materie greg­ gio sono importate sotto altra denominazione. Dà quindi un particolareggiato elenco delle diverse voci distinguendone l’ origine o da paesi esteri o da possessi brittannici, e trova per i primi 110.6 milioni di sterline e 49.1 per i secondi.

Passa poi ai generi alimentari che danno una importazione di 220 milioni di cui 162 le bevande, cioè lire sterline 25 per anno e per famiglia della popolazione del Regno Unito, ov­ vero 10 scellini per settimana. Anche di queste voci dà l’elenco distinto secondo la provenienza [ e trova 144 milioni provenienti dall’estero e 29 milioni di sterline provenienti dai possessi brit- tanici. In una parola la importazione inglese da oltre mare nel 1901 fu di 416 milioni dai paesi esteri e 105 milioni dalle possessioni inglesi ; e la esportazione in paesi esteri di 175 milioni e nelle possessioni inglesi di 102 milioni di sterline.

Seguendo quindi la proposta dei protezioni­ sti l’ Inghilterra punirebbe sè stessa, poiché tas­ serebbe il 75 Ojo dei generi alimentari e vedrebbe ostacolate piu che ora le sue esportazioni, per­ dendo il trattamento della nazione più favorita. Alfred Fouillée. — (Esquisse psychologique des peuples

européens. — 2a ediz., Paris, Felix Aloan, 19 ij, pag. xix 550, (fr. 10).

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in quale senso ed in quali limiti egli la creda possibile, si chiede se un uomo, necessariamente appartenente ad una nazione, sia in grado di far la psicologia di altre nazioni ; e dimostra con molto acume in qual modo un pensatore possa obbiettivamente colpire il lato psichico dei di­ versi popoli. Infine anche la difficoltà derivante dal continuo cambiamento dello stato psichico dei diversi popoli, egli crede che possa essere superata tenendo conto della tendenza che pre­ sentano i diversi movimenti. E non volendo es­ sere nè scettico nè dogmatico, ammette che alle sue conclusioni si possano muovere obbiezioni, che avranno la loro parte di verità, ma vuole che anche le sue asserzioni abbiano la loro parte

di verità. i

Ciò premesso, l’ Autore comincia subito a rilevare un elemento psichico nelle singole col­ lettività, in quanto ciascuna sente un voler-vivere collettivo; accenna brevemente agli elementi etnici dei caratteri nazionali, cercando di dimostrare la loro decrescente importanza rispetto a quelli so­ ciologici che diventano sempre più efficienti.

E l’ Autore passa subito ad esaminare la psicologia dei singoli popoli, cominciando dai Greci, Italiani, Spagnuoli, Inglesi, eco. ecc.

Non possiamo nemmeno accennare alle prin­ cipali affermazioni che per ogni singola nazione ci dà l’Autore, ma consacreremo poche righe a rilevare quanto egli dice degli Italiani.

Dopo tre capitoli consacrati al popolo R o­ mano, per esaminare il carattere dei latini, le influenze sociologiche che subì quel popolo e la sua religione, l’Autore entra a parlare del carat­ tere Italiano e vi cerca le influenze lasciate dai barbari e quelle derivanti dal cattolicismo, tro­ vando che la religione dei Romani portava alla incarnazione nell’ Imperatore del concetto della universalità dell’ Impero ; « Da questo al catto­ licismo, così giustamente chiamato romano, non vi era che un passo; l’ Imperatore fu sostituito dal Papa ».

Passando all’ epoca del Rinascimento, egli vede l’ Italiano abbandonare ogni altro senti­ mento che non fosse quello di amare la forma per la forma ; nemmeno i Greci ebbero un culto così spinto per la forma, e ci si trova dinanzi a questo fenomeno, che sembra strano a prima vista, ma che pure gli pare logico : un popolo che, non potendo più essere popolo di azione e di domi­ nio, nè, d’altra parte, essere un popolo pensatore e filosofo, finisce ad essere un popolo artista ; ma questo stesso fenomeno produce la crise del carattere Italiano che durante tutta l’ epoca del Rinascimento e più in là, perde ogni cognizione del bene; si trova non più una lotta tra il bene ed il male, tra il vizio e la virtù, ma nella sop­ pressione di ogni ostacolo tra il bene ed il male; non è più immoralità, ma amoralità ecc.

Cosi il carattere Italiano colle lunghe lotte intestine, colla lunga dominazione della Chiesa e degli stranieri coalizzati, si è formato quale è oggi, e l’Autore lo giudica: temperamento ner­

vobilioso che dà alle passioni una forma speciale :

violenza innata, impulsività spesso irresistibile nei momenti di parossismo, congiunta coll’ im­ pero abituale di sè stesso.

E qui rimandiamo il lettore al volume, dove

per quanto riguarda il carattere degli Italiani, l’Autore con abbondanti sentenze del Petrucelli e del G. Ferrerò, giustifica il proprio asserto. Dob­ biamo solo osservare che 1’ ultimo capitolo ri­ guardante il popolo Italiano col titolo: « risorse ed avvenire del popolo Italiano » è confortante, in quanto l’Autore ci riconosce difetti, però ri­ parabili col tempo, ed energie che si sviluppano rapidamente.

Non occorre dire che. per quanto possa im pressionare la lettura di un libro dove molto più è affermato che dimostrato, tuttavia la grande erudizione e lo sforzo per conservare una rigo­ rosa obbiettività, fanno tollerare anche i giudizi più arrischiati.

Rivista (Economica

Il commercio della RumaniaIl commercio delle uova.

Il commercio della Turchia.Gli studi sulla conversione del debito ipotecario.

11 commercio della Rumania. — Un rap

porto del console tiancese a lìucarest dà notizie del commercio della Rumania nel 1901.

Il totale si elevò a 646,266,637 franchi, con un au­ mento di 149,280.328 in confronto al 1900. Questo au­ mento è in realtà maggiore, perche nel lwOl si dimi­ nuirono i valori •" oganali : l’ aumento pel 1891 sa- ì ebbe di 213,280,324 fr.

Le esportazioni sommarono a 353,830,877 fr., le importazioni a 292,435,760 fr. Queste segnano un au­ mento di 75 milioni in confronto al 1900.

Nelle esportazioni l’ Italia tiene il quinto posto, dopo il Belgio, l’ Austria Ungheria, la Germania o l’ Inghilterra, con 18,024,654 fr. di merci comprate, in aumento di 1,755,771 sul 1900.

Nelle importazioni l’ Italia tiene il quarto posto dopo la Germania, l’A ustria-Ungheria e l’ Inghilterra, con 21,831,705 fr. di merci importate, in aumento ni fr. 12,146,908 in confronto al 1900.

Le importazioni dall'Italia hanno fatto passare questo paese dal sesto al quarto posto che la Fran- cia occupava da moltissimi anni.

L’ ammontare delle importazioni italiane ha va­ riato dal 1892 al 1901 da 1.62 0{0 a 7.46 0[0 del totale. L ’ Italia ha fornito alla Rumania per 6,517,423 fr. di prodotti d’ industrie tessili, per 1,707,883 di der­ rate coloniali e frutti del mezzogiorno, per 1,501,399 di metalli e fabbricazioni metalliche.

II commercio delle uova. — La Camera di commercio francese a Londra comunica i seguenti dati sul commercio delle uova nel 1901.

Ne furono importate a Londra per 5,495,767 ster­ line.

Il principale paese d’ origine è la Danimarca con 1,160,948 sterline; segue la Russia con 1,107,474, poi la Germania con 895,624 ed il Belgio con 805,241, la Francia con 696,125 sterline ecc. L’Italia non figura in questa statistica, ma la quasi totalità delie prove­ nienze belghe sono invece provenienze italiane che transitano per i porti del Belgio.

II commercio della Turchia. — Il movi­ mento commerciale del porto d’ Alessandretta (Tur­ chia Asiatica) nel 1901 si è elevato a 91,220,300 fran­ chi, di cui 30,504,050 per le esportazioni e 60,726,250 per le importazioni.

Le importazioni segnano un aumento di 8,680.500 fr. in confronto al 1900, dovuto ai grandi invii di filati di cotone da parte dell’ Inghilterra e delle sue colo­ nie indiane, nonché dallo sviluppo delle importazioni di prodotti italiani, austro-ungarici e tedeschi.

Nell’ esportazione 1’ Italia figura con 1,124,000 fr. di prodotti comperati, di cui 731,000 di lana, 180,025 di bachi da seta, 87,750 d’ olio d’, oliva eco.

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