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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.18 (1891) n.880, 15 marzo

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L’ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , IN TE R E SSI PRIV ATI

Anno XVIII - Voi. XXII

Domenica 15 Marzo 1891

N. 880

IL C R E D IT O F O N D IA R IO

Se mai vi è esempio veramente doloroso del modo col quale in Italia si trattano le più serie, più inte­ ressanti questioni, è questo certamente della crea­ zione di un nuovo Istituto di Credito fondiario, che da più di due anni si strascina senza conclusione e su cui si continua a discutere, mentre il paese aveva diritto che finalmente si facesse.

Ed ecco che mentre si presumeva con buone ra ­ gioni che la legge fosse stata fatta per facilitare la costituzione del nuovo Istituto e quando si rende noto che con molti stenti il capitale necessario è stato una buona volta raccolto, ecco che sorgono difficoltà, dub­ bi, incertezze, e le discussioni che si fanno alla Ca­ mera confermano che vi sarebbe contraddizione tra la nuova legge espressamente approvata e la forma delflstituio che essa era destinata a creare.

Alla Camera nella seduta del 9 corr. hanno par­ lato alcuni deputati ed il Ministro di agricoltura, in­ dustria e commercio on. Chi mirri. A parte quanto disse fo n . Diligenti, ch e, a nostro avviso, non conosceva in modo chiaro la questione sulla quale pretendeva discutere, gli on. Fagiuoli, Ferraris ed il Ministro on. Chimirri hanno posto il tema nei suoi veri termini ed hanno dato la prova più evidente della leggerezza colla quale si fanno le leggi.

Ed ecco in che consiste la questione :

La legge sul credito fondiario, testo unico ap­ provalo col r. Decreto 2 2 febbraio 1 8 8 3 , N. 2 9 2 2 , all’articolo primo riconosceva che il credito fondia­ rio era esercitato nel Regno dai Banchi di Napoli e di Sicilia, dal Monte dei Paschi di Siena, dall’opera pia di San Paolo di Torino, dalle Casse di Rispar­ mio di Milano, di Bologna e di Cagliari, e dal Banco di Santo Spirito di Roma ; ma al secondo allinea dell’articoìo stesso autorizzava il Governo del Re a concedere, mediante reale decreto, f esercizio del credito fondiario a Società ed Istituti, i quali aves­ sero un capitale versato di IO milioni, ed accordava a dette Società di emettere cartelle fondiarie per P ammontare di dieci volte il loro capitale versato, purché dimostrassero di possedere crediti ipotecari p er un ammontare uguale alla metà del capitale versato. In base a questa disposizione di legge la Banca Nazionale d’ Italia ottenne nello stesso anno 1883 di esercitare il credito fondiario e consacrò a tale ufficio la propria riserva fino a 3 0 milioni.

Ma esaurita quasi la potenzialità della Banca Na­ zionale, ristrette le forze degli altri Istituti, sia per motivi intrinseci alla loro amministrazione, sia per­ chè costretti ad impiegare i loro capitali disponibili

nei frequenti bisogni del Tesoro, è avvenuto che in Italia quasi mancasse un Credito fondiario effet­ tivo ; — da ciò l’ idea di fondare un nuovo Isti­ tuto col capitale di 1 0 0 milioni e colla facoltà di emettere un miliardo di lire in cartelle. La crise che ha colpito i valori italiani, la ostentata astensione dei capitali francesi, le difficoltà del mercato inglese, hanno impedito che si formasse un gruppo bancario con un capitale effettivamente versato di 1 0 0 mi­ lioni, ma lasciando libero il campo all’avvenire, venne ammesso che intanto si costituisse il nuovo Istituto almeno con 30 milioni di capitale alle seguenti con­ dizioni indicato dall’ articolo 3 della legge 17 lu­ glio 1 8 9 0 N. 6 9 3 3 . « Il capitale sociale del nuovo Istituto dovrà essere di cento milioni di lire da pro­ curarsi con l’emissione graduale di azioni, ciascuna del valore nominale di cinquecento lire. — La So­ cietà s’ intenderà costituita quando sarà sottoscritto e versato un capitale almeno di cinquanta milioni di lire, se parteciperanno a questa sottoscrizione al­ cuni degli attuali Istituti di credito fondiario a norma degli articoli 2 0 e seguenti della presente legge. — Nel caso in cui non partecipi alcuno degli Istituti preesistenti, la nuova società potrà costituirsi anche quando il capitale sottoscritto e versato sia di soli 3 0 milioni di lire. In questo caso la sottoscrizione ed il versamento dell’ulteriore capitale dovrà farsi per serie di ventimila azioni, ossia di dieci milioni di lire per volta, appena che l’ ammontare delle car­ telle fondiarie emesse dal nuovo Istituto raggiunga cinque volte il capitale versato, sino alla concor­ renza di cinquanta milioni, non più tardi di tre an­ ni. — Raggiunti con la partecipazione di altri Isti­ tuii a norma del secondo comma di quest’ articolo e con successive sottoscrizioni e versamenti il capitate di cinquanta miboni di lire, le ulteriori sottoscrizioni e relativi versamenti dovranno farsi per serie di ventimda azioni, ossia dieci milioni di lire per volta, appena che l’ ammontare delle cartelle fondiarie emesse dall’Istituto raggiunga otto volte il capitale versato. — Quando la Società, per qualunque caso, venga a mancare all’ obbligo delia sottoscrizione e del versamento dell’ ulteriore capitale prescritto, o nel termine di tre anni non raggiunga il capitale di cinquanta milioni di lire, cesserà il privilegio accordatole dalla presente legge ed il Governo potrà concedere l’esercizio del credito fondiario in tutto il Regno ad altri Istituti ».

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concessioni delle leggi 1 4 giugno 1 8 6 6 e 22 feb­

braio 1 8 8 5 sono autorizzati a partecipare alla for­ mazione del nuovo Istituto. — Tale partecipazione, quando sia accettata dalla Società nazionale, sarà sti­ pulata per regolare convenzione. L ’ Istituto parteci­ pante dovrà concorrere alla sottoscrizione del capi­ tale della nuova società in una misura corrispon­ dente almeno al decimo della somma dei mutui da esso fatti e ancora in vigore al momento della par­ tecipazione. — L'Istituto partecipante, nella sua quota di concorso alla sottoscrizione del capitale sociale, potrà comprendere la riserva e il fondo di garanzia delle proprie operazioni di mutuo fondiario. — In ogni caso il euoprimento delle quote di capitale so­ ciale per parte degli Istituti partecipanti non potrà mai ammontare ad una somma superiore alla metà del capitale versato dall’ Istituto nazionale; in guisa che l’altra metà di questo capitale sociale sia libero e applicabile a nuovi mutui all’infuori di quelli ap­ portati dagli Istituti partecipanti. »

Come ben comprendesi disposizioni di legge re­ datte in tal forma non potevano ,a meno di dar luogo ad una serie di interpretazioni ed era in verità molto difficile che i fatti, già ostacolati dalle gravissime condizioni del mercato ^finanziario, potessero adat­ tarsi in modo preciso a queste complicazioni esor­ bitanti della legge.

Ed infatti le questioni sorsero e trovarono eco m Parlamento. La Banca Nazionale d’ Italia — poiché non ci occuperemo di quanto hanno detto sugli al­ tri Istituti gli on. Diligenti ed lmbriani — la Banca Nazionale d’ Italia interverrebbe nel nuovo Istituto di credito fondiario con 15 milioni di capitale, dei quali cinque in contanti e IO in mutui. Osservano gli in­ terpellanti che questa compartecipazione è contraria alle disposizioni della legge 17 luglio 1 8 9 0 perchè l’articolo 2 0 della legge stessa prescrive che l’Istituto preesistente debba concorrere alla sottoscrizione del capitale della nuova Società in una misura corri­ spondente almeno al decimo della somma dei mutui da esso fatti e ancora in vigore al momento della partecipazione. Ora la Banca Nazionale, che è tra gli Istituti menzionati dall’art. 2 0 succitato, ha mutui in vigore per oltre 2 5 0 milioni, quindi la sua par­ tecipazione non può essere di 1 5 , ma di oltre 25

milioni. .

Ed il ragionamento sembrerebbe ineccepibde se non si potesse obiettare che la legge del 17 luglio 1890 non ha abrogato alla Banca Nazionale d’ Italia nes­ suno dei diritti che le venivano accordati dalla legge testo unico del 1 8 8 5 ; e siccome questa legge la autorizzava ad impiegare in mutui la metà del capitale versato al credito fondiario, e nulla dispo­ neva dell'altra metà, essa Banca avendo conferito pel suo proprio esercizio del credito fondiario un capitale di 3 0 milioni, ne ha impiegali 15, cioè la metà indicata dalla legge 1 8 8 5 articolo 1°, in mu­ tui ipotecari, e l’altra metà essendo in diritto di impiegarla seconda la propria convenienza, la ha ri­ volta " all’ acquisto di azioni per quindici milioni di lire, della nuova Società di credito fondiario, ripor­ tando per tale impiego la autorizzazione del Governo. E fino a qui non vi è alcun dubbio che la Banca Nazionale sarebbe nella stretta legalità, perchè sarebbe giuridicamente pericoloso stabilire il precedente che quando una legge conferisce nuovi diritti si intenda, anche senza che la legge lo dica, che vengano abro­ gati i precedenti. Ma subordinatamente a questa

sorge un’ altra questione di natura molto delicata e tale da rendere molto perplesso un giudizio. Si dice infatti: — i l o milioni, metà del capitale che la Banca ha conferito per il suo proprio credito fon­ diario, per quanto la legge 1 8 8 5 non prescriva il modo con cui debbano essere impiegati, stanno senza dubbio a garanzia dei 2 5 0 milioni di lire in obbli­ gazioni che la Banca ha emesso ; se oggi la Banca impiega quei 1 5 milioni in azioni della nuova so­ cietà di credito fondiario e servono quei 15 milioni ad emettere il decuplo di obbligazioni, essi vengono ad avere un doppio ufficio di garanzia: cioè garan­ tiscono le cartelle del credito fondiario della Banca Nazionale ed anche le cartelle della nuova Società di Credito fondiario; il che è assurdo.

Si potrebbe obbiettare che la Banca non essendo vincolata ad alcuno speciale impiego per la metà del capitale conferito nel suo proprio credito fon­ diario avrebbe potuto impiegarlo in azioni di società che dal codice sono autorizzate alla emissione di obbligazioni e quindi, sebbene in proporzioni diverse, lo stesso inconveniente si verificherebbe, ma ad ogni modo, per quanto giuridicamente si possa dimostrare legale l’ operato della Banca e non contraddittorio colla legge 1’ autorizzazione concessa dal Governo, rimane sempre una aperta contradizione tra lo scopo del capitale conferito nel credito fondiario e 1’ uso che se ne farebbe.

Sulla stessa interpretazione della legge 1 8 8 5 , che non è stata abrogata dalla susseguente legge 1 8 9 0 , si fonda la partecipazione della Banca Nazionale in misura inferiore al decimo dei suoi mutui, ed il fatto che sebbene partecipi a costituire la nuova società un preesistente istituto, il nuovo capitale non raggiunge i 5 0 milioni.

È quindi spiegabile la titubanza del Ministero e l’accenno ad una legge che autorizzi od accordi la sanatoria per le derogazioni alle disposizioni della legge 189 0 . Ci viene assicurato che la legge per tali" modificazioni sarà presentata quanto prima, e noi 10 desideriamo vivamente, perchè nulla più danneggia 11 credito della incertezza, e questo affare del credito fondiario è già stato strascicato per le lunghe in modo eccessivo.

Questo solo raccomandiamo: grande o piccola si presenti una legge, la si studi bene, in modo che sia chiara ed evidente così che non si ingenerino nuove confusioni e nuovi errori che poi vengono diretta- mente od indirettamente pagati dal paese. E coloro che nella estate decorsa hanno commesso su tale argomento errori, almeno di omissione, che per ora tacciamo, li riparino adesso con concorde attività.

LA RELAZIONE DEL SIG. MELINE

sulla revisione della tariffa doganale francese

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cipali punti della relazione presentata dal sig. Meline

anche per la decisiva influenza che eserciteranno le deliberazioni della Camera francese sulla stipula­ zione futura di accordi commerciali col nostro paese. L’autore della relazione — che è quanto dire il capo dei proiezionisti francesi — dichiara che la Com­ missione ha fin da principio e di comune accordo eliminato dalla discussione » tutte le controversie dottrinali, tutte le teorie di scuola ». Tuttavia è na­ turale che le tendenze fondamentali si siano manife­ stale chiaramente nel corso dei dibattiti e si siano formate due correnti distinte. La prima, senza do­ mandare che venisse fatto un nuovo passo nella via della libertà commerciale, avrebbe voluto almeno « conservare nel suo fondamento il regime dei trat- trattati del 1 8 6 0 »; la seconda — che costituiva la maggioranza — era formata da coloro che « senza fare della protezione doganale un principio assoluto non vedono nella protezione, come nel libero scam­ bio, che dei modi di regolare gli scambi internazio­ nali (des procédés de róglementation internationaie) buoni o cattivi secondo i tempi, i luoghi, lo stato economico o finanziario dei vari popoli ».

(I sig. Meline, dopo questa facile scappatoia per non portare un giudizio motivato sulla via da se­ guire e reputata migliore per la Francia, espone in seguito le ragioni per le quali l’ Inghilterra deve essere libera scambista, perchè « il suo stesso inte­ resse glielo comanda ». Ma la Francia non ha le stesse ragioni per regolare così la sua condotta e i trat­ tati di commercio gli sono stati sfavorevoli. Per pro­ vare che i trattati del 1 8 6 0 hanno avuto un resul­ tato deplorevole, istituisce un confronto tra le cifre del commercio e crede di trovare che 1’ aumento della esportazione sotto il regime dei trattati di com­ mercio è stato meno considerevole di quello che fu sotto il regime protezionista precedente e che il fe­ nomeno inverso si è prodotto per la importazione. E per agevolare l’aumento della uscita dei prodotti francesi I’ abile signor Meline si accinge a impedire 1’ entrata dei prodotti esteri perchè « se si da uno sguardo al quadro delle importazioni in Francia negli ultimi quindici anni si vedono salire a misura che i principali paesi d’Europa alzano le loro barriere doganali. Se noi non ci facciamo attenzione, finiremo, dice il relatore, per divenire il déversoir di tutta l’Europa ».

Esamina in seguito gli oneri che aggravano la produzione francese, specialmente dopo la guerra del 1870. « Se si considera soltanto la parte, per abitante dei principali Stati d’Europa negli interessi del debito che li aggrava, si trova che essa è per gli Stati Uniti di 4 franchi, per la Germania di 7.50, per la Russia di 10 franchi, per l’ Inghilterra di 16.25, mentre per la Francia è di 3 3 .7 5 . » Que­ sti e altri oneri che pesano sui contribuenti francesi hanno reso necessario 1’ aumento dei salari, i quali sono stati tutti aumentati dopo il 1 8 6 0 — alcuni del 5 0 ° /# e anche di più. « Ciò che noi abbiamo da difendere colla tariffa doganale è adunque la mano d’opera, cioè il lavoro e il pane dei nostri operai. Sull’ insieme delle spese generali i nostri industriali hanno operato il maximum delle ridu­ zioni possibili, non resta più che la mano d’ opera di compressibile, ed è sopra di essa che ricadrebbe fatalmente l’ insufficienza del nostro nuovo regime economico ». Il sig. Meline fa anche osservare che tutte le leggi operaie che sono ora sottoposte alla

approvazione delle Camere costituiranno un onere assai gravoso per la produzione. « Molti industriali, egli dice, hanno fatto sapere alla Commissione che per la maggior parte delle industrie la riduzione di due ore di lavoro rappresenterebbe nel loro costo di produzione, con gli stessi salari, l’aumento di oltre il 2 0 ° / 0 e hanno domandato che le cifre della ta­ riffa siano conseguentemente aumentale ».

Ciò non ostante « la Commissione non intende punto di ritornare al regime anteriore al 1 8 6 0 per quanto vantaggioso sia stato al, paese ; il tempo da allora ha progredito; le condizioni della produzione si sono trasformate, molti dei nostri industriali hanno preso una nuova orientazione e non sarebbe senza pericolo il turbare radicalmente il loro funziona­ mento. Nessuno del rimanente, nè nell’ agricoltura, nè nell’ industria domanda di andare così lontano. Non è più questione oggi di proibizione e neanche di protezioni esagerale. Il produttore francese non reclama privilegi , non domanda che una cosa, la giustizia ». A questa si perviene fissando « il mi­ nimo dei dazi che saranno garantiti in ogni caso e al disotto dei quali non sarà permesso di scendere nell’ avvenire ».

S’ intende che la Commissione si è proposta di stabilire un trattamento eguale per l’ agricoltura e per l’ industria. Rammenta il relatore che la modi­ ficazione generale avvenuta nella produzione agricola dell’ universo ha mutato completamente la condizione dei coltivatori. Spiega l’ influenza della questione mo­ netaria sulla situazione dei mercati internazionali e affronta la grave questione dei dazi sulle materie prime, fra le quali nessuno pensa più di mettere i prodotti agricoli. Ma ascoltiamo il sig. Mélme, ve­ ramente originale a questo riguardo :

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i dazi sarebbero restituiti all’ uscita sotto forma di

drawbacJcs ; non è dubbio che se questa condizione potesse adempiersi quei dazi sarebbero stati votati a una grande maggioranza. »

Curiosa davvero questa logica protezionista che fa scomparire e comparire le materie prime secondo che le torna com odo! Il relatore espone anche la discussione che si è impegnata davanti la commis­ sione a proposito dei drawbacks e delle ammissioni temporanee. La Commissione non ha voluto mettersi in opposizione col governo ; essa del resto non po­ teva pensare a compromettere grandi e potenti in­ dustrie come quelle della lana, delle pelli e delle sete. Ecco perchè ha votato la franchigia di quelle materie prime.

Ma per compensare il danno che potrebbe essere così cagionato ai coltivatori del lino e ai sericoltori la Commissione ha formulato il voto che siano loro concessi dei premi. 11 Governo ha già preso impe­ gni a questo riguardo, presentando un progetto di legge per accordare dei premi ai sericultori. Il si­ gnor Móline giunge così ai prodotti agricoli di cui esamina i dazi che egli sembra desideroso di giu­ stificare sopratutto contro coloro che non li trovano abbastanza alti. « Se, egli dice, le tasse che colpi­ scono i prodotti agricoli sembrano in generale meno alte di quelle che proteggono certi prodotti indu­ striali, ciò è perchè quelle tasse colpiscono un pro­ dotto semplice e che non ha ancora subito alcuna trasformazione ». Qui, come vedesi, tornano ad esi­ stere le materie prime e si dimenticano le afferma­ zioni fatte precedentemente.

Segue infine 1’ esame delle tariffe applicate alle industrie, tra le quali si è cercato di stabilire l’equi­ valenza del trattamento. Il relatore riconosce che la nuova tariffa sembrerà più complicata della precedente, ma afferma che questa complicazione era inevitabile. Egli perviene così all’ importante questione del fun­ zionamento stesso della doppia tariffa, la tariffa ge­ nerale costituendo il diritto comune e la tariffa mi­ nima costituendo una tariffa di favore concessa alle nazioni che accorderebbero alla Francia corrispon­ denti vantaggi. Il sig. Méline così ne ragiona : « Una questione assai importante era quella di sapere in quali forme, per quale durata e a quali condizioni la tariffa minima potrebbe essere concessa a un paese qualsiasi. Lo sarebbe forse per mezzo di veri trat­ tati, cioè di trattati sinallagmatici che vincolano le due parti e determinano in modo irrevocabile per tutta la loro durata le cifre di quella tariffa? Non dovrebbe essere concessa al contrario che come una semplice riduzione sulla tariffe generale, ma una riduzione che noi resteremo padroni di modificare secondo la nostra volontà, se ce ne fosse dimostrata la neces­ sità ? Sopra questo punto il governo ci ha doman­ dato di riservare la sua libertà d’azione e di deci­ sione. Egli ci ha dichiarato che non gli sembrava ancora giunto il momento di dire che rinunciava assolutamente al principio dei trattati. Egli non si è pronunciato formalmente che sopra un punto, ed è che se si stipulassero dei trattati non si dovrebbe scendere al di sotto delle cifre della tariffa minima nelle concessioni fatte all’estero. Ha ammesso inoltre che sarebbe bene di lasciare fuori di questi trattati la tariffa dei cereali e quella del bestiame». La commis­ sione è stala però d’opinione di non far figurare la ta­ riffa minima nei trattati, bensì di accordarla solo me­ diante convenzioni revocabili ad ogni momento. Il

sig. Méline presenta questo sistema come una conse­ guenza della estrema mobilità delle condizioni della lotta economica. Alcuni membri della commissione hanno proposto di concludere dei trattati a breve du­ rata, ad esempio per cinque anni, ma la maggioranza della commissione ha creduto che ciò complicherebbe il problema senza risolverlo; ogni cinque anni biso­ gnerebbe allora rimettere in discussione tutto il r e ­ gime economico della Francia.

La relazione prevede anche il caso che la tariffa generale non sia sufficiente ; ma se non bastasse, se qualche paese colpisse i prodotti francesi con dazi differenziali, il governo è autorizzato dall’art. 4, nel- 1’ assenza delle Camere e salvo la loro ratifica ulte­ riore. ad aumentare i dazi mediante sopratasse e per­ fino a stabilire delle proibizioni.

Sorvoliamo sopra molti altri argomenti di minore interesse, quali le sopratasse d'entrepôt, _ il regime doganale delle colonie, la tariffa differenziale, le pe­ rizie doganali ecc., prendiamo nota piuttosto che il relatore accetta ed enuncia in forma apodittica tutte le massime dei protezionisti, non vede che benefici, e persino pel consumatore, da una più efficace pro­ tezione. « Lo sviluppo della produzione, egli scrive, stimolando il giuoco naturale della concorrenza in­ terna tenderà incessantemente a diminuire i prezz dei prodotti ed a mantenerli a un livello ragione­ vole ». Yale a dire che la concorrenza interna ten­ dendo a paralizzare l’ effetto del dazio, anche la Francia vedrà sorgere le potenti coalizioni che limi­ teranno violentemente la produzione e terranno i prezzi al livello che loro meglio piacerà, come si è veduto agli Stati Uniti e in Germania.

Quanto ai risultati finanziari siccome i dazi pro­ posti non sono proibitivi, ma a detta del relatore soltanto compensatori, così pur frenando la impor­ tazione potranno dare al Tesoro entrate considerevoli. Abbiamo cosi indicati i punti della relazione par­ lamentare francese che presentano maggior interesse e lo abbiamo fatto quasi senza inframmettere le molte considerazioni che essa ha suggerito a noi e che suggerirà certo anche ai lettori. Non ci propo­ niamo a dir vero di intraprendere qui un esame particolareggiato della relazione dal sig. Móline p er­ chè sarebbe tempo e spazio sprecato; ma converrà pure di tornare sull’ argomento per rilevare alcune contraddizioni e l’erroneità di certe affermazioni.

Ü IMPRESA BEL RISANAMENTO DI NAPOLI

I.

Q uale s ia lo scopo dell’im p resa .

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piazze congiunte da una larga strada, rettifilo, e

questa tagliata da altre strade secondarie. Le piazze e le strade devono aprirsi appunto in quella parte dell’ abitato dove peggiori si considerano essere le condizioni igieniche della città.

Prima e dopo la legge che accorda speciali privi­ legi sulle proprietà private all’opera di sventramento, prima e dopo che l’opera stessa venisse dal Muni­ cipio di Napoli, colla approvazione del Governo, concessa ad una Società, molto si è detto e scritto intorno a tale argomento, e molto si è pure detto e scritto dacché i lavori di demolizione e di riedi­ ficazione sono cominciati. Noi, mantenendo la pro­ messa che abbiamo fatta ai lettori dell’Economista, abbiamo voluti formarci uu concetto, per quanto ci pareva possibile, esatto della intrapresa ed inten­ diamo in alcuni articoli a darne brevemente notizia, non senza prima chiarire lo scopo del notro lavoro.

A chi conosce in quali condizioni si trovi una parte cospicua deila città di Napoli per la sua via­ bilità sopratutto e per la igiene delle abitazioni, può parere clic le parole sventramento e risanamento della città abbiano un significato troppo ampio a paragone dei lavori, ai quali si è messo mano; ed a chi conosce i bisogni di una parte numerosa della popolazione di quella importante e simpatica città, può anche sem­ brare che le opere intraprese non risolvano che una parte, e forse non la più urgente, della questione igienica. Sono appunto per questo pienamente spie­ gabili le conclusioni di coloro che, prendendo co­ gnizione di ciò che ha cominciato a fare e che dovrà fare in seguito la Società per il Risana­ mento di Napoli, esclamano meravigliati: — questi lavori risolvono soltanto una parte della questione, e con questi lavori non si provvede alle necessità della parte più bisognosa della popolazione.

Si comprende però che, portata la discussione sopra questi temi, cesserebbe di essere positiva e tenderebbe a ricercare quali altri provvedimenti occorrano per compiere il risanamento della città. Argomento vasto e, per ora almeno, di difficile so­ luzione; e noi nè pretendiamo esaminarlo, nè inten­ diamo nemmeno fermarci ad esporlo con qualche ampiezza. Ci proponiamo invece un compito molto più modesto del quale vogliamo subito delineare i confini, sia perchè il nostro pensiero non sia frain­ teso, sia perehè dalle molteplici ed interessanti que­ stioni che si connettono alla principale, non venga traviata la nostra penna nel breve lavoro.

Una legge, quella del l o gennaio 1 8 8 5 N. 2 8 9 2 ha accordalo, come si è detto più sopra, delle spe­ ciali modificazioni alla legge 2 5 giugno 1 8 6 5 nu­ mero 2359 sulle espropriazioni delle proprietà pri­ vate da farsi per motivi di igiene nella città di Na- Ppli. Dopo molte discussioni venne concretalo un piano di demolizioni e ricostruzioni e stipulato un con­ tratto, approvati l’uno e l’altro coi r.r. decreti 7 gen­ naio e 22 luglio 1886 N. 3 6 1 8 e 3 9 8 3 ; col contratto la Società di Risanamento, che si è costituita in N a­ poli coll’atto 15 dicembre 188 8 , assumeva di in­ traprendere e compiere le espropriazioni ed i lavori di edificazione convenuti, ripartiti in cinque bienni. Noi parliamo da queste basi, intendendo di non discuterle, perchè ora sono fatti compiuti e perchè d a.tra parte Governo, Municipio e cittadinanza hanno a iuus5° trattato l’ argomento sotto tutti gli aspetti, cosi da doversi ritenere che quello che si è stipulate di fare fosse il meglio od almeno il creduto meglio.

Perciò osserveremo la questione, che in questi ul­ timi giorni ha vivamente appassionata la popolazione di Napoli, sotto due soli aspetti : sul vantaggio che può ricavarne la città; sulla solidità e serietà che presenta l’impresa.

Oggi è troppo tardi per dar consigli su ciò che potevasi fare .di meglio, ed è pure troppo tardi per lamentare che non siasi escogitato di meglio ; — conviene però notare che non mancò il tempo, per chi 1’ avesse voluto, di parlale a tempo.

Come è noto le opere del risanamento si dividono in quattro categorie.

1 . ° Due strade di 2 7 metri di larghezza, che partendo da Piazza Municipio e da vìa S. Giuseppe si congiungono nella grande Piazza di Porto da crearsi ; da questa piazza prosegue la via, sempre con 27 metri di larghezza, fino alla via del Duomo, dove si crea un altra grande piazza ottagonale ; e da questa prosegue ancora fino alla stazione centrale, di fronte alla quale si apre una terza piazza.

2 . ° Prolungamento del Corso Garibaldi dalla stazione fino al Reclusorio con una larghezza di 2 5 metri.

3 . ° Strade traverse che congiungono il rettifilo e le piazze, di cui al numero uno, colla strada della Marina e colle vie del centro.

4 . ° Costruzione di case economiche in appositi punti a Nord ed a Sud della Stazione.

Tutto questo domanda per essere compiuto una serie di costruzioni edilizie su una superficie di circa 3 7 5 ,0 0 0 metri quadrati ; una sistemazione stradale di 4 1 9 ,0 0 0 metri quadrati ; e colmate che raggiun­ geranno il volume di 1 8 0 ,0 0 0 metri cubi.

Lasciando quindi a parte ogni esame, che qui sa­ rebbe fuori di luogo, sui bisogni igienici della città di Napoli e su quelli che dai lavori anzidetti verrebbero soddisfatti, non si può disconoscere: — che proprio nel punto della città dove sono più an­ guste le strade, più-alti gli edifici, più numerosi i cortili-immondezzai, dove è più agglomerata, acca­ tastata, anzi la popolazione, vengono aperti più di centomila metri quadrati di strade larghe, spaziose, aereate; — che sullo stesso punto vengono costruiti 7 4 mila metri quadrati di nuove case civili tutte provvedute di lu ce, di acqua, e di spazio; — che sopra un area di 4 5 mila metri quadrati in punti vicinissimi alle maggiori arterie stradali vengono edi­ ficati 5 8 edifici di case economiche che occupano la superficie di 8 8 ,3 0 0 metri quadrati e contengono quasi 12 mila cam ere; — che nella nuova strada rettifilo e nel corso Garibaldi si costruiranno case per quasi 1 0 0 mila metri quadri, capaci di circa 15 mila camere.

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Roma individui per stanza

Napoli » Milano » Torino » Palermo » Genova » Firenze » Venezia » Messina » Bologna » Catania » Livorno » Padova » Bari » Nel centro principale 1 .4 1.9 1 .1 1 .4 1 .6 0.9 0 .9 1 .1 1 .2 1.1 1 .8 1 .2 1 .2 2 .3 In altri centri o case sparse 2 .3 1.3 2 .1 2.3 2 .0 1 .1 1 .0 2.8 2.7 1.5 2.4 1.4 1.8 3 .0

Da questo prospetto risulta che la città di Napoli non si trova in buone condizioni rispetto alla quan­ tità di stanze disponibili per ogni individuo, ma che altre c ittà , come B a ri, danno proporzioni peggiori, ed altre come Catania, non sono molto lontane dalle condizioni di Napoli. E lo stesso dicasi se si consi­ dera la qualità delle abitazioni, tenendo ¡ piani sot­ terranei, i piani terreni e le soffitte come i peggiori. Delle 2 4 2 ,2 8 5 stanze, Napoli ne denuncia 4 7 4 di sotterranee, 5 2 ,1 5 5 pei piani terreni, 6 1 0 nelle sof­ fitte ; e tenendo conto della popolazione che abita in tali stanze ecco quali cifre comparative ci dà la statistica dell’ ultimo censimento:

nei nei nelle

stterranei pianterreni soffitte

Roma individui per stanza 2. 1 1.7 2. 1

Napoli » 3 .2 1.6 3.8 Milano » 1.0 2 .0 1. 5 Torino » — 1.6 1.2 Palermo » — 1. 5 — Genova » 4 0 4 .2 3.8 Firenze » 1 .9 4.1 2.1

proprietà — fabbricati è valutata in Italia a circa 12 miliardi, e Napoli presenta certo, ragguagliando gli affitti, che sono alti, ed il numero degli appartamenti una parte cospicua dei 12 miliardi, si deve conclu­ dere che per ottenere i grandi effetti, da alcuni giu­ stamente desiderati, non potevano bastare i piccoli mezzi !

Importa quindi vedere se quello che si fa si faccia bene e con quale vantaggio pubblico si faccia, e con quanta probabilità di riescila.

II.

L e ca se econom iche

Cominciamo dalla parte più delicata della questione del risanamento di Napoli, quella cioè che riguarda le abitazioni per le classi meno abbienti.

Se dobbiamo seguire le più recenti statistiche quali risultano dall’ ultimo censimento, troviamo i seguenti dati: le persone presenti nel centro prin­ cipale del comune di Napoli erano 4 5 4 ,0 8 4 ed occu­ pavano 9 3 ,0 2 4 appartamenti con 2 4 2 ,2 8 5 stanze, cioè in media poco meno di due abitanti per ogni stanza. Per apprezzare questo rapporto, conviene vedere come esso si presenti in altri comuni ; ed ecco il prospetto dei quattordici maggiori comuni del regno che ci dà il numero degli individui per stanza, così nel centro principale del comune come in altri centri o case sparse.

nei nei nelle

sotterranei pianterreni soffitte

Venezia » — 5 .6 4 .2 Messina » 1. 1 1 .5 4. 2 Bologna » 2 .3 2. 3 2.1 Catania 5> 1.0 1. 6 2. 7 Livorno » 2 .0 3 .3 2. 4 Padova » — 1. 7 1.3 Bari » 1 .0 1.5 1.2

E nemmeno da questo punto di vista le statistiche mettono Napoli all’ ultimo posto ; per cui emerge che l’ inconveniente principale si manifesta nella agglomerazione su di un punto della città.

Ed infatti abbiamo voluto visitare alcune delle peggiori vie della città, ed entrare nei fondaci, vi­ sitando con particolare cura quelli che dagli esperti del paese ci venivano indicati come i peggiori. Ab­ biamo vedute cose orribili, che dinotano, non sola­ mente il bisogno di risanamento, ma che dimostrano anche la incredibile incuria delle Autorità Muni­ cipali, che lasciano ammontare in certi ristretti c o r­ tili, dove dalle finestre prospicienti si versa ogni ben di Dio, degli strati di immondezze che salgono a più di mezzo m etro; abbiamo veduto stanze senza altra apertura che la porta di entrata e nelle quali vivono sette od otto individui e che pagano cinque o sei lire il mese di pigione ; abbiamo anche noi assistito a fatti commoventi, sui quali sarebbe facile cosa destare la pietà dei lettori. Ma abbiamo anche po­ tuto accertarci di questo, che cioè anche queste mi­ serabili ed antigieniche abitazioni costano e costano caro al popolo napoletano; poiché, se è vero che esso si rifa in parte della altezza della pigione non pagando per uno o due mesi l’anno la sua quota, appare sempre ad ogni giudice spassionato che, in paragone della qualità della abitazione che si dà a pigione, il prezzo è assolutamente esorbitante.

Questo premettiamo, perchè generalmente vediamo e leggiamo esposte le condizioni della popolazione di Napoli a furia di episodi, che valgono molto a commuovere od a fare ammirare la abilità dello scrittore, ma non servono certo a dare una chiara idea delle vere condizioni del paese. Noi possiamo affermare che nell’Alta Italia, dove pure il clima è tanto più nemico alla popolazione povera, in una città di oltre ventimila abitanti, numerosa popola­ zione non vive meglio di quello che vivano i più poveri napoletani ; case anguste senza latrine, fami­ glie povere senza letto, figliuolanze numerose, ag- glomeramento di individui d’ ambo i sessi, ecc. ecc. Ci ricorda che sopraintendendo al censimento di quella città fummo chiamati a constatare il fatto mi­ serando di un povero ciabattino che, vedovo con nove figli, viveva in una specie di sotterraneo in mezzo al quale si trovava un pozzo, e dove non vi era nemmeno una stuoia; dormivano la notte tutti raggomitolati intorno al focolaio, tepido perchè si era fatta la sera la polenta, e si coprivano abbrac­ ciati, cogli stracci vestiti che si levavano di dosso. Ci ricorda che in alcune contrade, dove abitavano 7 0 od 8 0 famiglie, non vi erano che due o tre paiuoli per fare la polenta e si noleggiavano a due centesimi per mezz’ ora.

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condizioni di una numerosa popolazione potessero

essere mutate completamente in poco volger di tempo. E nel breve nostro soggiorno a Napoli ab­ biamo potuto accertarci che alcuni, specialmente le donne, si mostravano tenacemente legati alle loro abitazioni malsane e fetide senza aria e senza luce, sebbene sapessero ormai e confessassero che p a ­ gando meno pigione avrebbero potuto trovare abi­ tazioni nuove, pulite, areate, fornite di acqua, di luce... e di latrina propria. « Qui son nata e qui voglio morire » era il grido di quelle donne, alle quali veniva notificata la espropriazione.

Le cifre che abbiamo sopra riportate sulla agglo­ merazione della popolazione nel complesso della città dimostrano, per chi conosca i rioni centrali nei quali ha luogo lo sventramento, che tale agglomerazione è grandemente diversa secondo i punti della città ; e che ciò che è salutare si è che le demolizioni avvengano in vasta scala in quei punti nei quali il rapporto della popolazione alla snperficie è maggio­ re. Due fenomeni debbono verificarsi quando le de­ molizioni saranno spinte con maggiore alacrità e sono : — il passaggio di una parte della popolazione nei rioni dove l’ agglomeramento è minore ; — la ricerca delle nuove abitazioni economiche che sono state costruite.

Giacché, con intendimento molto razionale, la So­ cietà per il Risanamento di Napoli, la quale aveva pure dal proprio contratto la facoltà di dilazionare su molti anni il compimento delle case economiche, ha voluto invece spingere attivamente queste nuove costruzioni prima di procedere alle demolizioni. Nel far ciò la Società può esser stata spinta dal proprio interesse, perchè impedisce alla popolazione spostata di adattarsi in altri edilizi, dai quali sarebbe poi difficile rimuoverla, ma compiè anche un atto di lo­ devole previdenza, che non fu seguito in altri luo­ ghi, dove le espropriazioni e le demolizioni prece­ dettero le nuove costruzioni adatte alla popolazione che veniva spostata.

Abbiamo visitato pazientemente le case economiche terminate, quelle la cui costruzione è compiuta, ma non sono state ancora dichiarate abitabili, e quelle che sono in costruzione. Sono 5 8 blocchi di case che misurano nel totale una superficie di 88 mila metri quadri e contengono quasi 12 mila camere. L ’ intendimento principale degli ingegneri che hanno ideato quelle costruzioni, le quali furono approvate dal Municipio della città, fu di abolire i corridori interni, come causa di mille inconvenienti igienici e morali, e come diminuzione della libertà degli in­ quilini. Ciascuno degli isolati delle case economiche (meno alcuni pochi che hanno costruzione modifi­ cata in causa della forma del terreno sul quale la costruzione doveva sorgere) hanno quattro ampie scale da cui si accede a quattro piani ; sul piane­ rottolo dei primi tre si aprono otto o nove porte, ciascuna delle quali mette in un quartierino com­ posto secondo i casi di una camera e la cucina, due camere e la cucina, tre camere e la cucina. I pian terreni sono destinati all’uso di botteghe e ad abitazione del portiere ; i quarti piani hanno un nu­ mero minore di quartierini. Ogni appartamento, che consta di una, di due, o di tre stanze e della cucina ha la sua latrina separata per mezzo di un terraz­ zino-balcone dall’ appartamento, ed ogni latrina è fornita di una cannella d’acqua ; cannella d’ acnua trovasi pure in ciascuna cucina e questa è fornita

di focolare alla francese. Non ci siamo limitati a richiedere quale pigione si esigerà, ma visitando quel blocco di case, che è già stato dichiarato abitabile ed assistendo ad un contratto per la fissazione della pigione, abbiamo potuto accertarci che una stanza delle case economiche non costa di più di una delle orribili stanze che abbiamo visitato nel fondaco del Sole, noi fondaco del Pozzillo, del Latte, del Fico ; sei a sette lire per mese.

Si dirà che è troppo e che quella è una pigione eccessiva per la parte povera della cittadinanza. E diremo che ciò è vero, ma che è vero a Napoli come da per tutto. Per provvedere alla parte m i­ serabile della popolazione non vi è altro modo se non quello della beneficenza, la quale è del resto difficilissima ad esercitarsi in modo illuminato ; ne sieno prova alcuni dei Fondaci che, ci si afferma, furono un tempo costruiti per dar ricovero a buon mercato alla povera gente, ed appartengono tuttora ad Opere Pie. Nelle case economiche della Società di Risanamento potranno abitare senza pericolo ed in condizioni di aria e di luce straordinariamente migliori dei fondaci, circa quindicimila persone, con immenso ristoro della rimanente popolazione, che si sentirà allargata da tale sfollamento.

Quelle costruzioni solide, su fondamenta che, cosa insolita per Napoli, giungono fino a 1 4 metri di profondità, con mura robuste tutte a volte fino ai primi piani e con intelaiature di ferro per gli altri piani, con cortili spaziosi, colle scale illuminate a gaz, coll’aria e coll’ acqua che circola per ogni dove, sono costruzioni che fanno onore alla impresa ed alla città e che sono accolte dalla popolazione con vera letizia. Il solo blocco di case di cui fu con­ cessa la abitabilità per il 1° maggio era già tutto appigionato (circa 1 2 0 appartamenti) quando noi lo visitammo, cioè alla fine di febbraio. E possiamo as­ sicurare che le case economiche od operaie di altre città sono molto meno buone di quelle testò costruite a Napoli.

F ra due anni al più tutte le case economiche sa­ ranno terminate, formeranno una piccola città sui generis che riuscirà interessantissima per molti aspet­ ti, specialmente perchè determinerà nuove abitudini in una parte notevole della popolazione.

(Continua)

Le «M e auricole il Germania e il Olaiia1’

Le colonie dei lavoratori liberi in Olanda datano da più di sessantanni : nel 1 8 1 4 il Gomitato agri­ colo della Frisia propose per la prima volta alla deputazione permanente di questa Provincia, di pro­ curare lavoro agli uomini disoccupati mediante la coltivazione di terreni incolti.

Nel 1 8 1 7 la proposta fu rinnovata: si chiese al Re di fondare una colonia agricola per famiglie po­ vere sui terreni demaniali incolti della Frisia.

La miseria era grande in quell’epoca : era dopo le guerre dell’impero. La statistica constata che nel 1 8 1 6 v’ erano in Europa milioni di abitanti senza alcun mezzo di sussistenza, e un rapporto del mi­

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nistro dogli interni in Olandn, del 2 8 dicembre 1 8 1 6 ,

calcolava il numero dei poveri nelle provinole set­ tentrionali a più di 1 9 0 ,0 0 0 . In certe città un terzo della popolazione riceveva sussidii.

L’idea di adibire le braccia disoccupate alla col­ tivazione di terreni rimasti fin lì improduttivi, fu accolta bene dal pubblico.

L'uomo che si accinse ad attuarla fu il generale Giovanni Van den Bosch. La sua alta posizione, e il suo carattere energico gli davano Una grande in­ fluenza e gli assicuravano il successo. Egli fondò la Società olandese di beneficenza nel 181 8 , e la mise sotto il patronato del Principe Federico dei Paesi Bassi, che ne fu il Presidente. Fu nominata una Com­ missione amministrativa e si cominciò a lavorare.

Lo scopo era di procurare lavoro ai 5 0 0 ,0 0 0 po­ veri che ne domandavano. Yan dea Bosch non esitò: accolse l’idea già proposta al pubblico nel 1 8 1 6 ; le lande non mancavano in Olanda, e si trovarono fa­ cilmente dei terreni incolti da fertilizzare. Il lavoro itìdustria'e non doveva essere interamente tralasciato.

Si comprò nella provincia di Drenthe, 6 0 0 ettari di terreni sabbiosi ; i lavori di dissodamento comin­ ciarono subito.

La Società riceve famiglie intere, o individui iso­ lati : i coloni che hanno famiglia sono ricevuti dap­ principio a titolo di famiglie d’operai, e gli individui isolaci a titolo di dozzinanti.

Alle famiglie operaie si dà un’ abitazione con giar­ dino, e per una volta i vestiti, la mobilia e gli

strumenti

di lavoro.

La Società procura loro lavoro con salario pro­ porzionalo. Tutti ¡ benefizi restano alla famiglia; per altro si detrae quel che le è stato dato in natura, Un dieci per cento del benefìzio si mette in riserva. Si può accordare un sussidio alle famiglie che non trovano nei benefizi sopra accennati, abbastanza da vivere. Questo sussidio è messo a carico della se­ zione (della Società di beneficenza) che ha mandato la famiglia. Se questa sezione non paga, la famiglia è mandata via. Affine d’innalzare le famiglie dalla condizione di operai a quella di contadini liberi, s’insegna toro ad essere agricoltori intelligenti, eco­ nomi e laboriosi. E quando una famiglia offra le necessarie condizioni di moralità e di capacità ot­ tiene di esercitare per suo conto una fattoria di circa due èttari e mezzo di terra. Le patate necessarie per la seminagione, e il fieuo che occorre per i primi bisogni, vengono anticipati.

11 contadino libero dispone del raccolto, può an­ dare a lavorare dove vuole, nella colonia o fuori.

Beve ubbidienza al regolamento disciplinare della colonia, e paga a titolo d’affitto della casa, e dei terreni una somma che è fissata dai commissari.

Il numero dei coloni raccolti dalla Società di be­ neficenza olandese sorpassa i 1 8 0 0 ; la superficie delle terre coltivate è di 2 0 1 0 ettari.

È dunque una piccola società nella grande, che vive a parte in condizioni economiche speciali e con regole proprie.

Questa piccola società costituita in base al doppio principio della libertà e della carità, ha le sue scuole e le sue chiese, e i suoi istitutori, i suoi pastori, il suo medico, e trova la prosperità nella moralità del lavoro e dei suoi membri.

Essa ha pure i suoi tribunali : sono i consigli di controllo e di disciplina. Ambedue sono composti di membri di diritto (agenti della Società di bene­

ficenza) e di rappresentanti eletti dai coloni, a modo di doppia istanza, giudicano delle infrazioni ai rego­ lamenti, applicandovi le pene ivi stabilite. La pena massima è l’esclusione della colonia.

Oltre a questi due Consigli, vi è un Consiglio am­ ministrativo, che si riunisce per trattare gli affari correnti, esaminare i reclami, le domande di con­ gedo, i progetti agricoli e industriali.

Ogni famiglia è libera delle sue azioni, ed allo stesso tempo è protetta dall’istituzione che l’ha sal­ vata dalla miseria e l’ Ila messa nel possesso dei mezzi di sussistenza che essa feconda col suo lavoro. Il colono isolato, il minorenne senza parenti trovano nella colonia, una famiglia che li riceve al proprio focolare : il primo si mantiene col proprio lavoro, il secondo riceve l’istruzione e l’educazione, che gli permetteranno di bastare a sè stesso collo stesso mezzo : il lavoro.

La società ha per ora tre stabilimenti. Frederik- soord, Wilhelmsoord, Wilbelminasoord.

Essi possiedono tutti insieme una superficie di 2 0 1 0 ettari, con una popolazione di 1 8 0 0 abi­ tanti. I terreni sono traversati da larghe strade, fiancheggiate da alti alberi. Sono divise in piccole fattorie.^ Le case dei coloni sono situate lungo le strade, e sono tutte eguali per evitare ogni sospetto di parzialità.

Ogni casa ha il suo orto sul dinanzi per la col­ tivazione dei legumi e dei fiori. Intorno alla casa vi sono i campi degli abitatori.

Il lavoro industriale è una cosa secondaria nelle colonie. Non si è potuto sopprimere per non lasciare la gente oziosa durante I’ inverno, e per impiegare i membri delle famiglie dei coloni, troppo deboli per i lavori campestri, d’altronde è pure necessario per i bisogni della colonia.

I coloni hanno laboratori di tessitura, di calzole­ ria, di sartoria, botteghe da falegnami e da fabbri ; preparano anche stuoini e ceste. Vi è una fabbrica di juta che produce sacchi da caffè per conto della Società olandese di commercio. La cucitura dei sacchi permette alle donne di guadagnare delle buone giornate. Ma 1’ agricoltura è l’oggetto princi­ pale dell’istituzione, ed è all’azienda agricola che la società dà le maggiori cure, e sulla quale concentra tutta la sua attività.

II dono recente di un anonimo, avendo permesso di istituire una scuola d’ orticoltura, si è ottenuto una produzione di legumi assai importante.

Si fondò una fabbrica di conserve che è riuscita al di là di ogni aspettativa.

La vendita del latte, essendo impossibile, si è or­ ganizzato una fabbrica di burro e di formaggio, i cui prodotti si vendono benissimo.

Grazie alla sua attività e ai miglioramenti succes­ sivi realizzati nella coltura, la Società ha in quat­ tr in a i, dal 78 all’8 2 , aumentato il suo. capitale di 5 0 ,5 7 3 franchi ; ha ricevuto nello stesso periodo di tempo fra doni e legati la somma di 1-41,174 franchi. La spesa della Società per le colonie fu di 9 0 ,6 0 0 franchi in quattr’anni, cioè 2 2 6 2 5 franchi l’anno.

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IL MOVIMENTO ECONOMICO IN ITALIA

ii.

Dopo aver esaminate le condizioni sanitarie del paese il Comm. Bodio rivolge il suo esame alla istru­ zione ed al suo progresso, e nota subito un aumento considerevole negli allievi iscritti nelle scuole ele­ mentari pubbliche e private, i quali da un milione che erano nell’anno 1 8 6 1 -6 2 diventarono nel 1 8 8 7 -8 8 quasi due milioni ed un terzo, onde, tenuto conto dell’aumento della popolazione verificatosi durante tale periodo, si può calcolare che il guadagno vero si ragguagli a!l’80 per cento.

E cercando poi nei dati del censimento i risul­ tati di questo aumento della popolazione scolastica, riporta le cifre degli analfabeti da 6 anni e da 2 0 anni in su a paragone di tutta la popolazione della stessa età ; mentre nel censimento 1861 si aveva che al disopra di sei anni gli analfabeti erano il 6 8 .9 per cento della popolazione maschile e l’8 1 .2 7 della popolazione femminile, nel 1881 le proporzioni erano scese rispettivamente a 5 4 .5 6 e 6 9 .3 2 per cento; e per la popolazione dai 2 0 anni in su da 6 5 .4 7 nei maschi ed 8 1 .5 2 per le femmine si scese a 5 3 .8 9 e 72.95 nel 188 1 .

Egualmente danno migliori proporzioni anche i registri di stato civile che nel 1 8 6 6 offrivano 5 9 .9 6 per cento degli sposi ed il 7 8 .9 7 delle spose anal­ fabete, mentre nel 1871 si ebbe il 5 7 .7 5 dei primi il 76.73 delle seconde e nel 1888 solo il 42.2 7 de­ gli sposi ed il 6 1 .9 0 delle spose. Anche i coscritti, che nel 1 8 6 6 ci davano la vergognosa cifra di 64.01 per cento di analfabeti, non danno più nel 1888 che il 42.98. Ed il progresso avviene dovunque nella penisola; da Torino dove nel 1 8 7 2 si aveva il 2 6 per cento di sposi e spose analfabeti e nel 1 8 8 8 il 10 per cento, a Cosenza dove si aveva I’ 8 6 per cento di sposi o spose analfabeti e si scese ad 84. Certo che ci rimane ancora molto da fare per rag­ giungere l’ Impero germanico che dà appena I’ 1.27 per cento di coscritti analfabeti o la Svizzera che dà I’ 1.3 per cento, ed anche la Francia dove si accusa il 14 per cento, ed il Belgio il 10 per cento; nè ci conforta il sapere che l’ Austria-Ungheria non offre cifre migliori delle nostre e che la Serbia sta peggio di noi perchè ha l’8 0 per cento dei suoi c o ­ scritti analfabeti; ma è da tener conto della progres­ siva diminuzione di questo segno di ignoranza. Nè dobbiamo credere di aver fatto gran che col pro­ gresso che per ora abbiamo raggiunto, perchè mentre noi abbiamo saputo portare dal 1861 al 1 8 8 8 i no­ stri allievi nelle scuole pubbliche e private da 4 .6 3 al 7.51 per cento abitanti, la Francia è arrivata dal- 1’ 11.50 al 14.49 per cento, la Prussia dal 1 5 .6 0 al 17.83 per cento, l’ Inghilterra col Galles dal 7 .6 6 al 16.59 per cen'o. Facciamo presto adunque e se è possibile che ci si intenda alziamo il grido: meno soldati e più scolari.

E ci servano di esempio gli altri paesi ; noi spen­ diamo per la istruzione elementare, Stato, provincie e^comuni ; circa 61 milioni, la Francia ne spende 173, la Prussia 1 59, I’ Inghilterra e Galles (una popolazione circa eguale alla italiana) 1 8 2 : cioè mentre la Francia spende per la istruzione primatia

L. 4 .5 2 per abitante e l’Inghilterra col Galles 6 .2 9 noi ancora impieghiamo la meschina somma di L . 2.02.

Dal 1861 al 1 8 8 8 nei ginnasi governativi gli alunni aumentarono da 7 a 18 mila, nei licei da 3 mila a 760 0 , nella scuòle tecniche da 2 a 1 4 mila, negli istituti tecnici da 1200 a 5 0 0 0 .

Intorno all’ istruzione superiore ci limiteremo a rilevare che gli studenti da 11 mila aumentarono fino a 18 mila c irc a ; la spesa per le 17 Università governative sale ad 8.7 milioni; in media 5 1 2 mila lire per ciascuno, cioè un terzo di ciò che hanno le Università prussiane.

E diciamo brevemente della beneficenza pub­ blica, intorno alla quale il Comm. Bodio ci dà notizia che, non compresi i 6 9 5 monti di pietà i 1965 monti frumentari, le 7 8 casse di prestanza agrarie, si hanno 2 1 ,8 7 5 opere pie, con un patrimonio com ­ plessivo di due miliardi ed una rendita lorda di 9 0 milioni, dei quali nel 1 8 8 0 se ne consacrarono 1 5 per le imposte, 8 peroneri patrimoniali, 1 6 per spese di gestione. Però nota che le opere pie, oltre alle rendite patrimoniali hanno altre fonti di entrata quali sono i sussidi dei comuni e delle provincie, ecc. onde si può valutare che la entrata disponibile per la beneficenza salisse a circa 9 6 milioni, di cui 6 m i­ lioni sono rivolte ad oneri di cullo od a spese di culto facoltative.

Dividendo le opere pie in elemosiniere ed affini, ed in ospedali ed ospizi si trova che le prime im­ portano una beneficenza di circa 17 milioni di cui 11 si ripartiscono su 7 6 4 mila persone con un sus­ sidio medio di L. 14 a testa. L ’ aumento delle en­ trate patrimoniali dal 1861 al 1 8 8 0 fu da 71 a

114 milioni.

In quanto alla ripartizione della beneficenza il Comm. Bodio osserva che i comuni capoluoghi di provincia e di circondario, che costituivano nel 1 8 8 0 circa 7 milioni di abitanti, cioè un quarto della popolazione del regno, avevano, tre quarti delle en­ trate delle fondazioni di beneficenza. Per ogni cento abitanti, codeste fondazioni spendono per beneficenza 9 2 2 lire nei comuni capoluoghi mentre negli altri comuui le fondazioni scarse e povere che vi si tro­ vano non ne hanno da spendere che 77.

Nel Piemonte la spesa delle opere pie per gli scopi vari di beneficenza nei comuni capoluoghi ascende a L. 1519 per 100 abitanti, mentre quelle degli altri comuni a lire 157 ; nella Lombardia lire 1 5 5 8 nei capoluoghi e 112 negli altri comuni; nel Veneto a 9 0 6 nei capoluoghi ed a 2 5 negli al­ tri comuni e così di seguito. Nelle Puglie (capoluo­ ghi 1 7 0 negli altri comuni 9 1 ) nella Campania (ca­ poluoghi 5 8 7 e 9 7 altri comuni) e nell’Umbria (6 6 6 i capoluoghi e 129 gli altri comuni) la sperequa­ zione apparisce meno rilevante. È maggiore che per tutto altrove nell’Isola di Sardegna, dove nei comuni capoluoghi la spesa ammonta a 2 9 9 lire per 1 0 0 abitanti, ascende per gli altri comuni a 5 lire.

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V

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Rivista

q

Economica

Le r e la z io n i c o m m e rc ia li a n g lo -fra n c e s i e i l p r o te ­ zionism o in F r a n c iaL a fed e razio n e a u s tr a lia n a I l p rossim o censim ento in In g h ilte r r a .

Le relazioni commerciali an^lo-francesi e il protezionismo in Fran cia. — Si è pubblicato a Londra il primo rapporto provvisorio della Commis­ sione d’ inchiesta sul commercio e i trattati com­ merciali. Questa Commissione fu istituita nello scopo di studiare' i probabili effetti che potrà avere sul commercio inglese il prossimo spirare dei diversi trattati di commercio europei.

Avendo la Commissione constatato fin dalla prima seduta che il regime commerciale della Francia è quello che reclama la sua più immediata attenzione, dapprima perchè il commercio dell’ Inghilterra con la Francia è più notevole di quello che essa fa con qualunque altra nazione europea, e poi perchè la politica commerciale degli altri paesi del continente è intimamente legata a quella della Francia, cre­ dette dover redigere e indirizzare, senza ritardo al Comitato del Consiglio privato questo rapporto prov­ visorio.

Ciò detto, il rapporto espone che la Francia ha due tariffe, la generale e la convenzionale, e che l’ Inghilterra gode dei vantaggi di quesfultima, non in virtù di un trattato, ma per la legge 2 8 feb­ braio 1 8 8 2 e continuerà a goderne sino al primo feb­ braio 1 8 9 2 , a meno che frattanto la legge del 1882 non sia modificata.

Passando poi all’esame del progetto di legge pre­ sentato al Parlamento francese dal Governo, il rap­ porto stima che mediante le due tariffe progettate (tariffa generale e tariffa minimum), il Governo fran­ cese negoziando coi paesi esteri non potrà loro of­ frire che le condizioni irriducibili della tariffa mi­ nimum, e che ogni aumento dei diritti attuali iscritti nella tariffa minimum sarà considerato come un atto di ostilità commerciale e avrà per risultati di pro­ vocare una elevazione generale delle tariffe europee. La Commissione indirizzò alle diverse Camere di Commercio del Regno Unito, alle Associazioni com­ merciali e a un certo numero di Case degli esem­ plari del progetto francese chiedendone il parere. La Commissione ha sicevuto i rapporti domandati, o si convinse che la tariffa minimum progettata eleva notevolmente i diritti che colpiscono i prodotti della manifattura inglese entrando in Francia, specie i fi­ lati di cotone, le cotoniere e le lanerie. L ’aumento, dice il rapporto, è di circa il 2 4 0|0 al disopra della tariffa convenzionale attuale, e in molti casi supera questa proporzione a causa dei diritti addizionali sulle stoffe tinte, stampate, ricamate o distinte dalle stoffe crude ; di più, la Commissione delle dogane ha già elevato certi diritti iscritti nel progetto di legge (aumento di fr. 1 ,4 0 a 2 per chilog. su certe stoffe di lana). A ciò bisogna aggiungere l’ incon­ veniente d’ una nuova classificazione molto compli­ cata e di natura da cagionare delle difficoltà costanti per gl’ importatori e l’amministrazione delle dogane. In conclusione, la Commissione dichiara che gli effetti della tariffa minimum irreducibile saranno nocivi non solo al commercio dell’ Inghilterra colla Francia, ma a quello che questa fa poi coi paesi

del continente in generale, sebbene quelli che ne soffriranno di più saranno i francesi stessi. In di­ verse industrie, e specie in quella delle lane, l’ im­ pressione è che la tariffa progettala fermerà l’espor­ tazione in Francia di certi articoli fabbricati in In­ ghilterra e diminuirà l’esportazione di molti altri. « Una misura, dice ancora il rapporto, che può avere simili risultati è, come l’abbiamo già detto, un atto di ostilità verso il paese che si trova col­ pito; e nelle discussioni che si fanno in argomento in Francia, non ci si dà punto cura di dissimulare questa attitudine verso il commercio inglese. »

Questo rapporto è datato dal 24 gennaio ultimo. La federazione australiana. — Il 3 marzo si sono riuniti a Sidney i delegati che devono discu­ tere il progetto di una federazione australiana.

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