L ECONOMISTA
GAZZETTA SETTIMANALE
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Anno XXV - Voi. XXIX
Domenica 26 Giugno 1898
N. 1260
SOI PROVVEDIMENTI PIÈ NECESSARI
—
L ’ on. Maggiorino Ferraris pubblica nell’ ultimo fascicolo della Nuova Antologia uno scritto inti tolato « Politica di lavoro » che completa il pen siero da lui succintamente esposto su tale argo mento nell’articoio precedente « l'ora presente ».
Lo diciamo subito: se I’ on. Ferraris avesse li mitato a poche righe il suo primo articolo ed avesse j pubblicato questo secondo, in cui si trovano molte idee degne di studio e di attenzione, ci saremmo risparmiati il dispiacere di esprimere un giudizio 1 così vivace come quello che abbiamo pubblicato nel numero 4255 dell’ Economista.
Ci occuperemo in altro momento delle proposte che mette innanzi I* on. M. Ferraris, ora crediamo doveroso discutere le nostre, sulle quali egli si è com piaciuto soffermarsi.
I lettori ricordano che nel nostro articolo « Con cretiamo » abbiamo affermato che la più urgente riforma da attuarsi era quella di importanti sgravi di imposta *). L ’ on. M. Ferraris trova che : « un tale programma, senza dubbio ardito, presenta la grave lacuna di omettere l’ abolizione del corso for zato, che egli dice una delle più dure imposte sopra i consumi, sulla produzione e sul salario. Trascura pure, continua l’ Autore, altre trasformazioni ne cessarie nel progresso economico e sociale de! paese, come quella dei servizi pubblici e delle loro tariffe. » In merito poi alle proposte di sgravi l’on. M. F e r raris osserva : che si avrebbe un disavanzo di circa 200 milioni nel qual caso « crescerebbero il disere- « dito del paese e l’ aggio sull’ oro e si accentue- « rebhero tutti i fenomeni della decadenza eeono- « mica di un popolo, come rincaro del capitale,
') Ricordiamo qui le proposte fatte As.\VEconomi
sta del 12 giugno N. 12ò8: 1.“ mantenuta definiti
vamente la abolizione del dazio sul grano ; 2.° abo- j liti definitivamente i dazi di consumo sui generi alimentari; 3.° ridotto il prezzo del sale al più ad un terzo dell' attuale tariffa ; 4.“ abolita la imposta fondiaria terreni e fabbricati per le quote minime ; \ 5.° ridotti a non piu del 50 per cento sul valore del prodotto i dazi fiscali sul petrolio, sullo zucchero e sul caffè; 6.® separata la imposta di ricchezza mo bile, sulle professioni, sulle industrie e sui commerci in modo da poter ridurre 1’ aliquota a non più del 6 per cento, curando meglio gli accertamenti per mezzo degli stessi contribuenti ; 7.° una imposta pro gressiva sulla entrata ; 8." graduale abolizione del dazio di consumo e restituzione di tasse locali pro gressive sull’ esercizio e sul valore locativo e di fa miglia.
« diminuzione del fondo dei salari, rialzo dei prezzi « dei consumi necessari, rincarali dall’ aggio, ed in- « sieme all’ intera nazione ne risentirebbero gravis- « sime conseguenze le classi inferiori ed operaie ». — Se invece si facesse « la rapida traslazione di « almeno 200 milioni di imposte annuali, dalle classi « inferiori alle classi superiori — anche se consen- « tita dal Parlamento, del che dubitiamo — si scon- « volgerebbe I’ assetto sociale del nostro paese ; non « guarirebbe — osserva l’ on. Ferraris — la crise, « ma la sposterebbe dalle classi inferiori alle classi « superiori ; creerebbe una perturbazione grave, so- « ciale, politica ed economica ad un tempo ». Y i sarebbe allora il pericolo probabile anzi certo — ag giunge I’ egregio scrittore — « che nella lotta soc- « combano i più deboli, a causa della diminuzione « inevitabile del fondo salari, da cui le classi ope- « raie traggono la loro sussistenza. Si chiuderebbero « molte fabbriche; migliaia di campi passerebbero « dalla coltura a cereali al pascolo, che richiede « assai meno braccia ; migliaia di famiglie reslrin- « gerebberp violentemente il tesoro della loro esi- « stenza e si vedrebbe diminuita o modificata la « potenza d’ acquisto della intera massa sociale ».
Come si vede le obiezioni sono gravi e do mandano una discussione alquanto ampia, consentita del resto dalla importanza deH’argoinento.
Esaminiamo quindi gli effetti probabili delle no stre proposte e speriamo di dimostrare che se una certa perturbazione potrebbero portare, la qual cosa d’altra parte è inevitabile quando si voglia riformare, essa non può nè essere della gravità iutravvista dal- l’on. Ferraris, nè portare le conseguenze tracciate nel quadro così nero che ha voluto fare.
Prima però vogliamo spiegare del perchè tra le proposte non abbiamo indicato la abolizione del corso forzato.
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di fallo mediante una legge che conceda la incon vertibilità, o che sospenda la convertibilità, o che lim iti la conversione in altri biglietti a loro volta inconvertibili. Le due principali ipotesi possono es sere questo : - le Banche perdono le loro riserve perchè se ne impossessa lo Stalo ed ottengono in compenso la inconvertibilità dei biglietti, ma più o meno la circolazione nel paese può rimanere me tallica; - il paese perde, per il giuoco degli scambi, eccedenti nella importazione, la moneta metallica, e le Banche attuano più o meno legalmente il corso forzato per non perdere le loro riserve.
L ’ Italia si trova in questo secondo caso: - il paese da lungo tempo compera prodotti e titoli più che non ne venda, ha perciò perduto tutta la sua moneta metallica in circolazione ; le Banche, alle quali il Parlamento colla legge 1803 voleva far ob bligatorio in qualunque caso il baratto, non hanno potuto compierlo mai, ed hanno ottenuto - lo spe ziente dell’on. Sonnino — di barattare t loro biglietti in altri biglietti inconvertibili. L ’aggio aumenta per chè il paese, malgrado non abbia la moneta neces saria per pagare i prodotti ed i titoli dell' estero, continua ad importare qualche cosa più che non esporti, accontentandosi di comperare la moneta per i saldi al 7 per cento di più del suo valore no minale.
Perchè il corso forzato possa essere abolito non è necessario che una sola cosa: che il paese comperi dall’estero meno di quello che gli vende, o che venda all’estero più di quello che non vi comperi. Allora i saldi daranno luogo ad una corrente di moneta metallica dal di fuori al di dentro; l’aggio a poco a poco sparirà e quando il paese si sia ri fornito d'oro per la sua circolazione interna, le Ban che potranno procedere al baratto.
Ma per ottenere tutto questo, che ha la sua base in una modificazione profonda dei nostri scambi in ternazionali, occorrono delle condizioni nuove nella agricoltura, nelle industrie, nei capitali ecc. ecc. oc corrono cioè, in ogni caso, molti anni.
Qualunque altro sistema che mirasse ad abolire il corso forzato — e non sapremo vedere quale possa essere suggerito — non raggiungerebbe lo scopo; perchè anche un prestito contro consolidalo, non ser virebbe se non nel caso che fosse contratto quando la trasformazione del commercio internazionale si fosse già avviata ed assicurasse una corrente d’oro equi librata nella entrata colla uscita, cosi che il ricavato del prestito potesse servire di fondo di scorta o di stock di circolazione.
Non abbiamo poi nessuna difficoltà ad ammettere che le Banche bene ordinale, le loro operazioni sem pre a breve scadenza e scevre di immobilizzazioni, il bilancio dello Stato in pareggio e magari in avanzo, sono elementi che possono agevolare la abolizione del corso forzato dei biglietti; ma potremmo quasi rovesciare il concetto dicendo: che se per un certo numero di anni il paese avesse una corrente di scambi favorevoli, cioè comperasse meno di quello che vende e quindi per necessaria conseguenza si fosse rifornito di moneta metallica per la sua in terna circolazione, le Banche perciò stesso verreb bero facilmente risanate e la situazione del Tesoro sarebbe in migliori condizioni.
L ’on. M. Ferraris ricorda il 1886 col consolidato italiano a 102,55 a Parigi, col capitale abbondante, coll’ aggio quasi a zero; ma dimentica che le en
trate davano circa 30 milioni di maggior reddito sulle previsioni, e che la sola Francia teneva più di due miliardi dei nostri titoli di Stato e teneva quasi 400 milioni di cambiali nostre nel portafoglio dei suoi istituti; dimentica i negoziati per la rin novazione nel trattato di commercio, il viaggio del Presidente del Consiglio a Friedriebsruhe, la rottura dei rapporti commerciali colla Francia, il trasporto del nostro centro politico da Parigi a Berlino dove, ahimè, non potevano esservi così larghi a danaro. Abbiamo repentinamente diminuito il nostro com mercio, abbiamo dovuio impiegare i nostri capitali nei nostri titoli ili cui la Francia si sbarazzava, ab biamo dovuto strozzare le nostre industrie, a cui ad un tratto mancavano i capitali (leH’iuteruo o quelli dell’ estero.
Ora se non si commettessero nuovi errori da parte ilei governanti, il paese ha quasi asciugato la crise e l’enorme spostamento di fortuna è già in via di as sestamento, quindi vi sarebbe da sperare.
Questi convincimenti sulla abolizione del corso forzato sono cosi chiari nella nostra mente, che ri teniamo effetto di illusione l’ ammettere che p-r altra via si possa ottenere il ritorno alla circolazioue mo netaria.
Veniamo ora alle proposte di sgravi ili imposta che dividiamo in due ordini : quelle che hanno ca rattere protezionista, cioè il dazio sui cereali, e quelli che hanno carattere semplicemente fiscale, come il sale, il petrolio, lo zucchero ed il caffè.
Da queste colonne abbiamo combattuto il dazio sui cereali quando fu proposto dell’on. Maglioni, che pure lo aveva chiamato la tassa sulla fame; lo ab biamo combattuto quando venne mantenuto, ed ora proponiamo che sia definitivamente abolito, sia pure gradualmente.
Gi mantiene in questo convincimento non soltanto la tenacia colla quale difendiamo da tanti anni le teorie della libertà economica, ma motivi di ordine diverso.
Prima di tutto, se siamo avversi ad ogni dazio pro tettore, perchè riteniamo pericoloso dare in mano allo Stato uno strumento col quale distribuisce od assicura almeno per un certo tempo il saggio del profitto ad alcune industrie, creando così una eco nomia artificiale che è legata coi noti do ut des alla politica, — troviamo che il protezionismo agricolo è della peggior spucie, inquanloehè assicura il pro fitto ai proprietari e conduttori di terre a danno specialmente della classe meno abbiente. Nè vale il dire come sostenne puerilmente l’ on Branca che lo Stato col dazio sul grano non ue aumenta il prezzo, ma si approfitta del minor prezzo; ciò equivale a dire che la classe meno abbiente è soggetta a tutti i danni dei rincari del prezzo del frumento (si è visto che in Italia ci vollero le barricate per otte nerne la abolizione) e non gode mai del vantaggio del buon mercato.
in più grave condizione quelli che non potrebbero comperarsene a sufficienza, nemmeno se il dazio non esistesse. Il dazio sul grano è uno dei più impor tanti elementi di quella denutrizione delle plebi ita liane, della quale moveva lamento l’ on. M. Ferraris nel suo primo articolo e che ha manifestazioni pie tose colla pellagra.
Ma i protezionisti pur trovando giuste queste con siderazioni le saltano di pie’ pari e concludono con una domanda: e l’ agricoltura? E qui magari vi ri petono il nuovissimo detto della magna parem frugum.
A costo di essere crudeli esaminiamo l’ argomento. Questa agricoltura italiana della quale tanto si parla, merita proprio che per avvantaggiarla e per as sicurarle un profitto si spostino gli interessi di tutta la nazione e si affamino e denutriscano tanti cit tadini?
Invero l’ agricoltura italiana in questi quaranta anni di libertà non ha fatto altro che spingere il Governo iu convulsive modificazioni della sua politica economica, senza imprimere ad essa un indirizzo veramente razionale. Entusiasmo per la granicullura fino al 1876 circa, quando il prezzo del grano andò alto, senza prevedere le conseguenze delle grandi colture americane, russe, australiane; entusiasmo per la viticultura poi, quando la fillos sera avendo resa la Francia bisognosa di mosto, lo comprava largamente da noi; senza prevedere che i vigneti francesi sarebbero stati rifatti; - ora e quasi sempre un grande piagnucolamento, non ostante venti milioni di sgravi della imposta, nou ostante le spese fatte per essa onde rifare il catasto, nonostante la protezione del 20 al 25 per cento sul grano.
Si potrà citare qualche bonifica fatta qua e là, si potranno anche enumerare alcuni lavori di mi glioramento, ma sono fatti isolati e la agricoltura non offre alcun motivo, nonostante il celebre ma gna parens frugum, per avere acquistato meritata- mente il titolo di italiana.
Quanto non si è detto contro \’assenteismo ì ep pure si può dire che, salvo poche onorevol eccezioni, il proprietario italiano,specie per la grande e la massima proprietà, impiega il suo denaro nella terra allo stesso modo con cui lo impiegherebbe nelle azioni di una società ferroviaria della Colombia o dell’Australia.
Sotto il nome di agrari alcuni granicultori hanno approfittato delle aspirazioni di un uomo che fu fa tale alla economia del paese (perchè trascinò l’ Italia debole ed inesperta nei marosi del protezionismo sotto pretesto di farne una nazione industriale, giacché egli nulla sperava dalla agricoltura) ed ottennero la pro tezione sul grano che, prima modesta, poi arrivò a L. 7,50 al quintale e solo i recenti avvenimenti hanno impedito che fosse portata a L. 10. Ed a bella posta distinguiamo gli agrari dai granicultori; perchè in Italia il dazio sul grano ha danneggiato circa cin que sesti della agricoltura italiana, senza che per nes sun segno si manifesti il miglioramento dell’altro sesto. Infatti la granicultura rappresenta in valore circa un sesto dì tutto il rimanente; il che vuol dire che i produttori di olio, di vino, di ortaggi, di agrumi, di foraggi hanno dovuto produrre a maggior costo od arrestare il progresso nella loro coltura, perchè dovevano sopportare il danno del dazio sul grano che andava a benefizio dei loro vicini granicultori. Questi si sono assicurato il benefizio od hanno im pedita la perdita, senza nè estendere la coltura, nè
migliorarla perchè è sempre di due terzi per ettaro minore di quella che ottengono i paesi che non hanno il vantaggio dì sentirsi dire magna parens frugum.
Ci si dirà che molti sono cultori promiscui, cioè di grano e di tante altre cose... ma è appunto questo che è da molti esperti lamentato come uno stalo di inferiorità della agricoltura italiana, dove si vuol coltivare il grano anche dove meno può riu scire ; — il buon mercato del prodotto osterò do veva e poteva servire di selezione efficace e salutare, cioè impedire ai proprietari di coltivare il grano là dove il costo di produzione è eccessivo.
Certo ne sarebbe venuta uua perturbazione ; ma con quale diritto la agricoltura deve domandare allo Stato questa assicurazione sul profitto della sua produzione? Quando la proprietà fondiaria era la mammella più abbondante, da cui lo Stato ricavava le sue entrate e sui seicento milioni di esse la fon diaria ne dava 150, la protezione sarebbe stata forse giustificata dall’utile dello Stato ; ma ora che ne dà appena 100 sopra 1600, può chiamarsi egualmente in diritto di reclamare una posizione così privile giata a danno di tutta la nazione ed a denutrimento di una parte notevole di essa?
Le nostre parole potranno sembrare dure, ma ci sembra venuto il momento di metter da parte la rettorica e di guardare di fronte il problema come sta. E davvero che non sappiamo vedere quale ra gione potrebbe esservi perchè anche quel sesto di proprietà fondiaria, la quale mostra di non saper muo versi o di non poter muoversi liberamente nella economia della nazione, non abbia a seguire le sorti della proprietà edilizia che recentemente ha asciu gatele sue perdite, certo senza grande compiacimento, non ostante potesse chiamare lo Stato responsabile di molti di quei fatti che hanno determinalo il de prezzamento della proprietà fabbricata.
Non sarebbe certo prudente che questa specie di liquidazione fosse fatta in modo subitaneo e rivolu zionario, ma gradualmente la proprietà fondiaria può bene mettere a perdita qualche diecina di milioni, come il resto del paese ne ha messe a perdita qual che centinaio nella edilizia e nelle banche di cre dito. Le proprietà, dove il grano si produce ad uu costo eccessivo e dove non si trovi da sostituire qual che altro prodotto remunerativo, debbono essere de
prezzate di tanto quanto è necessario perchè il costo di produzione del grano sia rimunerativo.
Questa è la vera soluzione definitiva, altrimenti saremmo costretti di perpetuare questa condizione di cose che ripugna ad ogni senso di giustizia : - lo Stato costretto a sperare nei cattivi raccolti per au mentare le entrate; - i proprietari che invocano a loro vantaggio diretto che il pane non sia a buon
mercato.
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fede ¡1 dazio sul grano abbiano mai pensato se l’effetto che ne ritraeva la agricoltura era quale si di ceva e se in ogni modo valeva la pena di ottenerlo con tanto e così esteso sacrifizio di tutta la nazione.
Propugnamo quindi la graduale abolizione defini tiva del dazio sul grano; due lire l’ anno di dimi nuzione colla convinzione che sarebbe non solo una misura giusta ed umana qualunque ne fossero le conseguenze, ma anche perchè ci sembra di poter dimostrare che il danno che ne deriverebbe alla agricoltura sarebbe molto ristretto.
Intorno agli sgravi sul petrolio, sul sale, sullo zuc chero e sul caffè l’on. M. Ferraris ci fa osservare che o produrrebbero un disavanzo, o, riversandoli sulle classi abbienti, produrrebbero uno spostamento di imposta gravido di molli mali.
Ci proponiamo di ricercare in un prossimo a r ticolo gli effetti della nostra proposta, nella persua sione di convincere l’egregio nostro contradittore che le conseguenze di esse sarebbero ben minori di quello che egli ha presupposto.
I CAPITALI FRANCESI IS ITALIA
Per quanto si sappia generalmente, e spesso se ne parli, che capitali esteri considerevoli sono investiti in titoli italiani, pure di questo fatto non si ha di solito una idea precisa, sintetizzabile in poche cifre. Le relazioni del direttore generale del debito pub blico forniscono però i principali elementi per sta bilire a quanto ammonta approssimativamente quella parte d i capitali francesi che è investita in titoli di Stato. Integrando con altri dati quelli ufficiali si po trebbe, senza alcuna pretesa di ottenere dati completi e matematicamente precisi, stabilire a quanto ammonta il capitale francese affidato all’ Italia o per prestiti pubblici o in imprese industriali. Ma sono ricerche assai ardue e per non incorrere io grossi errori conviene limitarsi a considerare i dati che si rife riscono a fatti ufficialmente noti.
Che siti interessante il seguire i movimenti della rendita italiana 5 per cento nei portafogli esteri niuno potrà negare, perchè si ha modo così di conoscere se aumenta o meno il debito in capitala e interesse dell’ Italia verso l’ estero, le cause delle oscillazioni del cambio ed altri fatti di importanza uon minori. Ora, si vedano anzitutto i pagamenti effettuati sulle piazze estere per la rendita, dal nostro governo, dal 1875 in poi, alla distanza di cinque anni in
cin-q u e a n n i : A n n i m ilio n i A n n i m ilio n i — —* — 1 8 7 5 . . . 5 0 . 6 1 8 9 0 . . . . 1 8 8 0 . . . 6 3 . 7 1 8 9 5 . . . . . 7 1 . 3 1 8 8 5 . . . . 1 8 9 6 . . . 6 4 . 7
Siamo adunque tornati alle cifre del 1885 e del 1880, ma è interessante vedere il movimento dei pagamenti fatti all’ estero dal 1887 al 1893, poiché quello fu il periodo del maggior debito all’ estero :
A n n i m ilio n i A n n i m ilio n i
1 8 8 7 ... .. . 128. 5 1891... . . . 153. 6 1888.. . ...1 2 8 8 1892. .. .. . 160.0 1 8 8 9 ... .. . 133.8 1 8 9 3 ... . . . 127. 6 1 8 9 0 ... . . . 147. 0
Fu nel 1892 che i pagamenti di rendita all'estero raggiunsero Iti cifra più a1 ta ; nel 1893 diminuirono di poco, a partire dal 1894 il rist: bilimento dell’u/’- fìdavil, ebbe per conseguenza di diminuire conside revolmente i pagamenti di rendita 5 per cento. Nel 1896 essi sono stati di quasi la metà di quelli del 1893.
Ma quali furono i pagamenti di rendite italiane effettuate nei detti anni sulle tre grandi piazze di Parigi, Londra e Berlino? Le statistiche dal 1875 al 1881 indicano soltanto le rimesse falle a Parigi alla Banca Rothschild. A partire dal 1882 sono in vece indicate le varie case estere. Ecco adunque
le cifre : A n n i P a r ig i m ilio n i L o n d r a m ilio n i B e rlin o m ilio n i — — — 1 8 8 2 .. . . . 70. 2 16.5 6.3 1885 .. . .. 7 7 .9 8.3 9.5 1 8 9 0 .. . .. 9 1 .6 7.5 24. 7 1 8 9 5 .. . . . 34. 6 6.5 3 0 .-1 8 9 6 .. 5.3 2 6
.-É dunque sul mercato di Parigi, cioè fra i ca pitalisti francesi, che si trova ancora la maggior parte della rendita italiana 5 per cento esistente al- l’ estero.
È innegabile, per altro, che il cambiamento avve nuto sia a Parigi, che a Berlino, è notevole. A Ber lino a quattordici anni di distanza troviamo l’aumento di 20 milioni di franchi, a Parigi nello stesso pe riodo la diminuzione di 38 milioni ; a Londra la diminuzione è pure forte, da 16 e mezzo si passa a a 5,3 milioni.
La rendita italiana 5 per cento di cui sono de tentori capitalisti dimoranti in Francia si componeva nel seguente modo :
1274 titoli nominativi per fr. 834,281.16 di rendita
515667 » al portatore » 32,494,123.79 »
516841 titoli . . . . per fr. 33,338,354.95
Non sono queste le sole somme delle quali 1’ Italia è debitrice verso il capitale francese. Indipendentemente dalla rendita 5 per cento i capitalisti francesi pos seggono rendita 3 per cento, obbligazioni pontificie, obbligazioni ferroviarie Sarde, Meridionali ecc. Se condo le rimesse fatte dal governo italiano alle case bancarie francesi incaricale di eseguire questi pa gamenti per suo conto, si può approssimativamente calcolare l’ entità dei capitali francesi investiti nei fondi italiani o garantiti dal governo italiano.
Durante l’ esercizio 1895-96 le rimesse di fondi fatte alle banche dal nostro governo sono state
Si g. de Bothschild frères----Crédit industriel et commercial Société Générale . . . . , ... Crédit lyon nais... Banque de Paris... Comptoir national d’escompte.
L ’ ammontare totale dei pagamenti fatti all'estero essendo stato di 111,867.646 lire, la parte rimessa alla trancia rappresenta più del SO per cento. Al saggio di capitai zzazione del 4 1|2 per cento i S7.6 milioni di rendite varie italiane che si trovano in Francia rappresenterebbero in cifre tonde 1280 mi lioni. Al saggio di capitalizzazione del 4 per cento fornirebbero il totale di 1440 milioni. Se si prende come base del calcolo l’ interesse attuale della ren dita italiana, che è pel mercato francese del 4.34 circa (dato il corso di 92) i S7 milioni e 600 mila lire di rendite e valori italiani vari che si trovereb bero in Francia formerebbero il capitale di 1327 milioni. Il Neymarck crede che deducendo le somme approssimative che possono appartenere a stranieri e quelle relative ad ammortamenti, ossia 300 milioni, la Francia può ritenersi abbia fondi italiani pel ca pitale al minimo di 1 miliardo. Lo stock di titoli italiani in Francia è del resto in via di diminuzione, sicché è probabile che ormai sia al disotto di quella cifra.
Per terminare questi appunti non è superfluo di ricordare le fluttuazioni più importanti subite dai fondi italiani. Dal 1861 in poi il più alto corso della rendita italiana 5 per cento è stato di 102.73 nel 1886 il più basso quello di 33.90 nel 1866. Il 3 per cento ebbe il corso più alto di 71.40 nel 1886 e il più basso di 23 nel 1861. Le obbligazioni Vitto rio Emanuele 1863 ebbero il prezzo massimo di 336 franchi nel 1886 e di 63 franchi nel 1866. I pre stiti pontifìci 1860-1 864 e 1866 valevano 102 fran chi, prezzo massimo nel 1886 e il 1 860-1 864 ha avuto il corso minimo di 62 nel 1866 il prestito 1866 ebbe il corso minimo di 61 fr. nel 1866.
Durante gli anni 1870-71 la rendita italiana ha variato fra 42.30 nel 1870 e 69,73 nel 1871. Nel 1882, anno del crac, il corso più alto fu di 91.50, il più basso di 84.
Il punto culminante nei prezzi dei fondi italiani fu raggiunto nel 1886. Presentemente, se le condi zioni politiche, specie quelle parlamentari, migliore ranno e si farà seriamente opera riformatrice, onde le cause del rnalco' tento siano almeno attenuate, po tremo avviarci a un prezzo anche più alto di quello raggiunto nel 1886. Ma occorro che le classi ab bienti e dirigenti si persuadano che il credito pub blico italiano sarà tanto più solido quanto più si avrà il coraggio di compiere quelle riforme econo miche e tributarie che contribuiranno a dare allo Stato un migliore assetto e con ciò stesso a garan tirlo meglio contro possibili ritorni di disordini. Fino a tanto che con fatti non mostreremo di volere e sapere compiere tutto quanto è necessario per curare i mali dai quali è afflitto il paese, l’ estero non potrà avere che una fiducia moderata nella solidità della nostra finanza e nella tranquillità e prosperità durevole dello Stato.
LA NUOVA LEGGE BELG A
S U L L E U N I O N I P R O F E S S I O N A L IDopo alcuni anni di studi, ili discussioni e di lavoro parlamentare, è stata approvata dal Parlamento belga una legge sulle Unioni professionali che interessa di far conoscere, particolarmente ora, anche in Italia.
La legge 31 marzo 1898 consta di 19 articoli e in base all’articolo secondo s’intende per Unione pro fessionale l’associazione formata esclusivamente per Io studio, la protezione e lo svolgimento dei loro interessi professionali tra persone esercenti nell’ industria, nel commercio, nell’agricoltura o nelle professioni liberali, a scopo di lucro, sia la medesima professione o pro fessioni similari, sia lo stesso mestiere o mestieri che concorrono alla fabbricazione dei medesimi prodotti. Queste Unioni non possono esercitare da se stesse nè professione nè mestiere, tuttavia possono fare: 10 le convenzioni, e specialmente gli acquisti e le vendile, necessarie al funzionamento dei loro labora tori pel tirocinio; 2° gli acquisti, per la rivendita ai loro membri, di materie prime, sementi, ingrassi, bestiame, macchine e altri strumenti e generalrnente di tutti gli oggetti propri all’esercizio della professione o del me stiere di quei membri ; 3° gli acquisti dei prodotti della professione o del mestiere dei loro membri e la rivendita di questi stessi oggetti; 4° Qualsiasi operazione di commissione, pei loro membri, relative agli atti preveduti ai numeri 2 e 3 sopra indicati; 5° gli acquisti di bestiame, macchine ed altri stru menti e generalmente di tutti gli oggetti destinati a restare in proprietà della Unione, per essere messi a disposizione dei suoi membri mediante locazione o in altro modo in vista dell’ esercizio della loro pro fessione o del loro mestiere. Queste varie operazioni prevedute ai numeri 1 a 5 non possono dar luogo a utile a vantaggio delia Unione e non possono in alcun caso reputarsi atti di commercio; esse formano oggetto di una contabilità distinta da quella degli altri atti della Unione. Questa può deporre o posse dere marche di fabbrica e di commercio per l’ uso industriale dei suoi membri conformandosi alla legge 1° aprile 1879. Essa è sola proprietaria della marca; ne permette l ’ uso ai suoi membri alle condizioni stabilite nel suo regolamento e sotto il suo controllo senza che possa risultarne un utile a suo vantaggio.
Le Unioni professionali godono della personalità civile nei limiti e sotto le condizioni risultanti dalla legge che stiamo riassumendo.
E questo il vantaggio più importante conferito alle Unioni e dal quale gli operai spedano benefici forse superiori a quelli che potranno ottenere. L’ Unione (art. 3) comprende almeno sette membri ertettivi : 11 minorenne che abbia sedici anni e le donne ma ritate possono essere membri di una Unione, salvo opposizione del padre, del tutore o del marito noti ficata a uno dei direttori della Unione o al delegato della direzione. Il minorenne e la donna maritata possono far opposizione davanti al giudice di pace che statuisce sopra s^mp'ice richiesta dopo aver in tese o chiamate le parti.
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2® l’ oggetto pel quale l’ Unione è formata; 3° le condizioni stabilite per l’entrala e l'uscita delle di verse categorie di membri riconosciute dagli statuti. Ogni associato ha il diritto di ritirarsi in qualsiasi momento dalla Unione; questa non può chiedergli in tal caso che il contributo scaduto e quello del periodo in corso ; 4° la organizzazione della dire zione della Unione e la gestione dei beni, il modo di nomina e i poteri delle persone incaricate di questa direzione o di questa gestione. La direzione della Unione non può essere affidata che a belgi, od a stranieri autorizzati a stabilire il loro domicilio nel regno e che vi risiedono effettivamente. Essi sono scelti dalla Unione stessa e fra i suoi membri maggiorenni e per tre quarti almeno tra i membri effettivi. Le donne possono partecipare alla dire zione. Non possono far parte della direzione della Unione: a, quelli che I’ art. 12 della legge del 25 giugno 1894 priva del diritto di essere amministra tori delle società mutualiste riconosciute ; b, quelli che - sia direttamente, sia mediante persona inter posta - tengono uno spaccio di bevande spiritose, a meno che si tratti della direzione di una Unione formata tra venditori di bevande spiritose ; 5° il termine del mandato delle persone incaricate della direzione e della gestione. Questo termine non può eccedere i quattro anni ; il mandato è sempre rivo- cabile dall’assemblea generale ; 6° il genere di col locamento dei fondi sociali. È interdetto all’ Unione di prendere delle quote o delle azioni nelle società commerciali; 7° il modo di regolamento dei conti ; 8° la procedura da seguire per i casi di modifica zione o di revisione degli statuti o di scioglimento della Unione. Lo scioglimento della Unione e le mo dificazioni agli statuti non possono essere valida mente decise che a maggioranza di tre quarti al meno dei membri presenti in un’ assemblea generale specialmente convocata a questo scopo e composta della metà dei membri aventi diritto di voto ; 9® le sanzioni che l’Unione stabilirà, se ne è il caso, per 1’ osservanza dei suoi regolamenti. Queste sanzioni non possono riferirsi a stipulazioni od a fatti che sarebbero di natura da portar offesa ai diritti delle persone estranee alla Unione. E quelle sanzioni non possono formar oggetto di azione civile.
Finalmente, IO 0, l’impegno di ricercare di comune accordo con la parte avversaria i mezzi di dirimere sia mediante la conciliazione, sia con l’arbitrato, qua lunque controversia interessante la Unione e riguar dante le condizioni del lavoro.
Secondo l’articolo 5 va annesso agli statuti, in primo luogo, la lista dei membri che a qua’siasi titolo par tecipano alla direzione della Unione od alla gestione dei suoi beni. Essa porta, contro ogni nome e co gnome, l’indicazione della nazionalità, della età, della residenza, della professione e della qualità di mem bro effettivo o di membro onorario. In secondo luogo, va allegato una dichiarazione firmata dai direttori, che attesti che l’Unione è formata, per ciò che con cerne le varie categorie dei suoi membri, conforme mente alle prescrizioni degli articoli 2 e 3 della legge. Gli statuti e gli allegati sono depositati alla cancelleria del consiglio delle miniere. Questi costituito in com missione pel riconoscimento delle Unioni professionali e formato da tre membri, verifica se le condizioni pre scritte dalla legge per la costituzione di una Unione professionale sono state osservate; in caso affermativo dichiara gli statuti ratificati e ordina la
pubblica-zione nel Monìteur degli statuti e dei loro allegati. La pubblicazione è fatta mediante il Monìteur sotto le forme di allegati (annexen) che sono indirizzati alle cancellerie delle corti d’appello, dei tribunali di prima istanza, dei tribunali di commercio, dei giu dici di pace e dei consigli di probi viri, dove cia scuno può prenderne gratuitamente comunicazione o copia ; questi allegati sono riuniti in una raccolta speciale. La pubblicazione del Monìteur ha luogo nei quindici giorni che seguono la ratificazione. La forma e le condizioni del deposito e della pubblicazione degli statuti, come pure l’ organizzazione e il modo di funzionamento della commissione di ratifica, sono determinate con decreto reale.
L ’Unione Ita il godimento della personalità civile il decimo giorno dopo quello della pubblicazione.
Gli atti che portano modificazione agli Statuti, cambiamento di personale della direzione e della gestione o scioglimento volontario della Unione non hanno effetto che dopo essere stati depositati, ratifi cati, e pubblicati secondo le norme sopra indicate per gli Statuti.
[Contìnua)
GL! ACQUISTI 01 GHINO PER L'ESERCITO IT IL I!)1}
v.
Nell’ esame obiettivo, che sono andato facendo, di una materia così interessante per l’ agricoltore, il commerciante e tanti altri, compreso l’ innocente con tribuente, ho avuto l’ intenzione di tener dietro ai pregi e difetti piò appariscenti e fra questi valutare la portata pecuniaria soltanto dei più importanti, la sciando al buon criterio altrui di completare e ma gari correggere le mie osservazioni.
Un altro difetto di rilievo si desume dal fatto che la burocrazia, se ora riconosce la convenienza di ac quistare il grano subito dopo il raccolto e ne ripete ogni anno l’ ordine agli uffici esecutivi spronandone la routine, non applica poi efficacemente quella re gola, perchè la metà sola o qualche volta i due terzi
delle compre vuole sia fatta in luglio ed agosto e il resto in dicembre, allegando che in questo mese vi è sempre ribasso di prezzi a cagione della maggiore offerta occasionata dalla ripresa dei lavori agricoli. Ma quella è un’ opinione erronea. L’ ho già detto parlando del periodo 187 1 -9 1 , il prezzo del grano va sempre aumentando dopo agosto per legge co stante, e se qualche eccezione vi è, essa accade ben raramente. Del resto la ripresa dei lavori agricoli o altro fatto, come gli incagli o la facilità di naviga zione nei mari al di là del Bosforo o la buona se minagione, possano influire sulle fluttuazioni dei prezzi, non sullo andamento normale che prosegue o ripiglia sempre, per legge economica, il suo cammino ascen dente. In altre parole può esservi ribasso nel dicem bre o in altro mese, ma esso non ricondurrà quasi mai i prezzi al basso livello di quelli avuti in luglio ed agosto, e quindi sarà sempre cosa prudente effettuare in questi anziché più tardi in dicembre gli acquisti di grano. Citerò ancora a riprova, e riferendomi a
più centri di produzione, i prezzi di agosto e dicem bre dal 1885 al 1895 incluso, dai quali risultò il prezzo ascendente in 10 anni sopra 11, ed ancora nel solo anno 1894 sopra lo mercati di grano tenero il prezzo ascendente si trova in 13 e negli altri 2 un prezzo di pochi centesimi inferiore a quello di agosto. La differenza media fra agosto e dicemtire trovata negli 11 anni esaminati è di lire 1.03; quella del solo anno 1894 è di cent. 73. Dopo, la diffe renza di prezzo prosegue ad aumentare e, come fu già accennato trattando del periodo 1 8 7 1 -9 1 , quella fra agosto ed aprile fu di lire 1.95.
E cosa curiosa osservare come una materia sem plice quale l’ acquisto di non grandi quantità di grano (quitti. 11 mila per panificio) possa dar luogo a pa recchi giudizi fallaci quando venga trattata e diretta dal centro, mentre potrebbe svolgersi facilmente ed economicamente sotto lo impero di pochissime parole dirette una volta tanto agli uffici esecutivi, che stanno in mezzo agli affari e agli uomini d’ affari e possono avere dirette relazmni con produttori e mediatori - comprate in agnato coi modi commerciali.
-Gii esempi di fallacia ili giudizio furono anzi più frequenti in questo ultimo periodo - 1 8 9 2 - 9 8 - nel quale però la burocrazia dimostrava, non si può ne garlo, le mìgli ri intenzioni e insieme la maggiore irrequietezza.
Nel 1895, dopo due anni di ottimi racco'ti (specie quello del 1893) se ne ebbe uno piuttosto scarso. Il prezzo di agosto da lire 18 del 1895 e lire 18 50 del 1894 era sa ito a lire 21 nel 1895, e accennava naturalmente ad aumentare con maggior celerilà di quella consueta ad aversi in tempi di ricolti normali. La prudenza avrebbe voluto si acquistasse subito con mezzi speditivi, cioè con quello solo disponibile dei contratti ad economia. M i pare che in quel tempo la burocrazia avesse diminuito assai la fiducia sua in quel sistema dopo la esperienza fattane per soli 3 anni. Senza rinunziarvi completamente essa indisse le aste in agosto per 80 mila quintali di grano in quasi tutte le circoscrizioni di corpo d'armata, aste che del resto non aveva mai abbandonato nep pure neg i anni anteriori. Questa volta però gli in canti andarono deserti lutti, meno uno. I prezzi delle schede segrete erano troppo bassi. La burocrazia si era ostinata, come altre volle, a pretendere dal negoziante il prezzo del produttore. Ma questa spie gazione giusta non poteva aver valore per lei : essa pensò invece ad una coalizione di lutti i negozianti d’ Italia per imporre le forche caudine alla ammi nistrazione militare, e tre giornali o più della capi tale, male ammaestrati per la circostanza, denunzia rono la coalizione e la speculazione a carico del soldato, e minacciarono gli acquisti dall’ estero per avere il buon prezzo e sfatare il complotto.
Parlare di speculazione e coalizione al momento del raccolto era un dar corpo alle ombre. Il grano estero fu acquistato dalla burocrazia centrale di qua lità scadente, col 7 per cento di semi in parte no civi, e il 10 per cento di segala. La commissione d inchiesta, che esaminò il metodo di acquisto e una parte del grano, dimostrò che era stato pagato assai più del suo valore al quintale: disapprovò, dicen dolo non corretto, il sistema pel quale la burocrazia centrale non solo dirige gli acquisti, come vogliono gli attuali regolamenti, « ma riceve direttamente da « fornitori offerte e campioni e stringe contrattazioni
« seguendo un’abitudine che data dal 1885 » (e dura tuttora nel 1898). Ed a spiegazione della poca ocu
latezza colla quale furono fatti dal centro i contratti di grano estero essa scrisse « La commissione poi « ha essenzialmente rilevato che non vi è stata coope- « razione alcuna verso il direttore generale, nuovo « della partita, per parte degli impiegati del M in i- « stero a Lui sottoposti. »
La perdita fatta per questi acquisti e constatata dalla commissione fu di L. 88,000 sopra 44 mila quintali di grano estero, e non potè esser la sola per quell’anno. Y i era stato perdita di tempo negli acquisti, mentre il grano quotato in agosto a L. 21 andava crescendo di prezzo per le cagioni già note. Nel dicembre era di 23.50 nei centri di produ zione ed in base a questo prezzo fu acquistato, come al solito, in quel mese e dopo almeno la metà di tutto il grano bisognevole nell’anno. Senza stare a guar dare più addentro, fra l’una e l’altra perdita la mag giore spesa di quell’anno dovette essere di L . 430 mila *).
Un secondo episodio dei metodi d’acquisto accadde nel 18 )6, in parte sotto l’amministrazione del gene rale Ricotti: che cito soltanto a titolo di riguardo, poiché ormai moltissimi si souo persuasi che se le sue vecchie idee sull’organimento dell’esercito fos sero state seguite non dovremmo oggi lamentare l’antagonismo latente e sempre più pericoloso fra le spese militari e le ristrettezze economiche del paese. In quell’ anno si ebbe la buona intenzione di fare un po’ di decentramento di attribuzioni. Furono la sciali liberi gli uffici esecutivi di acquistare il grano nazionale o per asta o per contrattazioni ad econo mia : ma guardassero bene che il servizio dei panifici doveva esser sempre provvisto di grano pei bisogni di tre mesi almeno, e il tempo più conveniente agli acquisti era sempre, si ripeteva, d’agosto.
Il raccolto del 1896 era stato abbondante, ma succedeva ad uno scarso, ed era stato in molti luoghi disturbilo dalle piogge che in luglio ed agosto erano cadute con insistenza. Tuttavia in quei due mesi si fecero nei centri di produzione i prezzi di L. 19,50 e 20. Si poteva aver tempo di fare ad economia dei convenientissimi acquisti se gli uffici esecutivi, che avevano i magazzini ben provvisti di grano vecchio, non si fossero quasi tutti sul più hello astenuti. Cre dettero essi che gli ordini di acquistare a raccolto non fossero espliciti ? oppure si voleva tornare ve ramente ai metodi anteriori al 1892 condannati così chiaramente dall’esperienza ? Comunque sia il tempo propizio passava e quando si incominciò, credo in ottobre, ad applicare gli ordini categorici, che la vi gilante burocrazia fu obbligata nuovamente ad ema nare, il mercato non corrispose più alle buone in tenzioni. Non arrivano mai soli i malanni! I ricolti di Russia e dell’ America del Nord si presentarono scarsi, e quei mercati e quelli di Francia manda rono spesso prezzi in aumento. Ai primi di settem bre il grano russo dato a vagone in Genova costava già lire 22,50. Da noi le pioggie sempre più insistenti in autunno e nel verno avevano compromesso in molti luoghi la seminagione e indubbiamente il raccolto
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futuro, le previsioni del quale, specie per l’ alta e media Italia, erano del tutto cattive. Il risultato fu che l’ amministrazione dovette comprare il grano a prezzi che salirono fino oltre le 25 lire e in media perdè, per ritardo frapposto a comprare, lire 2,50 per quintale, ossia perdè circa 1 milione.
E veniamo agli ultimi due episodi del 1897 e 1898 forse i più concludenti a provare che questo servizio non deve esser diretto dal centro, ma può esser lasciato con vantaggio alla pratica degli organi locali.
Nel 1897, già dissi, il raccolto si presentava male. In molti luoghi non si era potuto seminare, in altri la seminagione era stata guastata dalle pioggie che durarono per quasi tutto l’ inverno. Le stesse no tizie si avevano da tutta 1’ Europa perchè le pioggie lunghe e guastatrici erano state generali. La Spagna soltanto e una parte del mezzogiorno d’ Italia erano state risparmiate non interamente. Per queste ca gioni, ben note, il grano era salito notevolmente di prezzo dopo il luglio 1896, e si manteneva alla stessa altezza nel mese'di maggio e di giugno 1897, salvo brevi eccezioni, indizio certo delle cattive disposizioni del mercato pei prezzi del raccolto futuro.
In queste circostanze, ma senza preoccuparsene, la burocrazia centrale ordinò in maggio di acquistare nel luglio e nell’agosto coi metodi dei contratti «ad economia» e delle « aste». Ma visto dipoi che i prezi anziché diminuire in luglio aumentavano fino a L. 25,50 essa ordinò di sospendere le compre « in attesa di ribasso che si avrebbe dentro pochis sime settimane».
Si volle dire da alcuni che la burocrazia conobbe soltanto verso la fine di luglio (o stato delle cose per la via delle pratiche di ufficio, e non assegnò al rincaro la cagione vera e largamente accertata, quella cioè del cattivo raccolto in quasi tutta Eu ropa. Ma questa ignoranza è inverosimile. Un uf ficio di governo che ha fra i suoi istituti quello di dirigere gli acquisti di grano, nei quali si spendono da più anni 13 o 14 milioni, ed ha tanti mezzi uf ficiali di informazioni, non poteva ignorare una con dizione di cose preparata, per dir così, da lungo tempo prima del luglio, e nota a tutti coloro che vi avevano un interesse. Si guardino i giornali commerciali ed agrari del dicembre 1896 in giù, si esaminino le notizie decadali agricole del Ministero d’ agricoltura pubblicate dai giornali politici e si giudichi se era possibile l’ignoranza deli andamento generale dei prezzi in maggio, giugno e luglio. Ma se quel fatto non è verosimile, è vero l’altro della credenza quasi ferma, espressa dalla burocrazia il 21 luglio, nel «ribasso fra pochissime settimane. » Come poteva esistere una tal convinzione? Non starò a citare i calcoli e le previsioni che si face vano in quel torno di tempo da giornali commer ciali e riviste d’ economia sulla deficenza del fru mento in Europa, che non sarebbe stata coperta neppure dall’abbondante ricolto dell’America del nord, che doveva signoreggiare il nostro mercato. Dirò invece che generalmente a ribasso non si credeva, perchè tutti sapevano - ed è scritto sui boccali di Montelupo, come suol dirsi a Firenze - che quando il grano cresce di prezzo a raccolto, non si può spe rare che cali. Se perciò quella convinzione non po teva aver fondamento in ragioni naturali si pensò che potesse averlo in una cagione artificiale, e si
credè da molti (che avevan saputo la credenza della burocrazia e qualcuno vide il dispaccio 21 luglio) che il Governo volesse togliere o diminuire di L. 5 il dazio sul grano. Ma neanche questo era vero perchè le comunicazioni delle agenzie ufficiali ne tolsero presto la speranza con danno di tutti.
In questo stato di cose la burocrazia non faceva comprare se non il puro necessario al servizio. Il grano saliva a L. 26 in agosto, 27 in settembre, 28 in ottobre e non si comprava che poco; final mente arrivò a 29, a 30 e 31 lira in novembre e dicembre, ostinato senza mai interrompere con un ribasso il corso ascendente, e le pochissime setti mane erano inutilmente passate. Nel gennaio si eb bero i primi moti della fame e fu chiamata dal congedo una classe - 40 mila uomini - . I magazzini militari scarseggiavano di grano, vi fu del panico ammi nistrativo perchè si dubitò di dover richiamare un’altra classe, e del resto erano prossimi ad arrivare alle armi 80 mila uomini della nuova classe di leva. Si cominciò a comprare seriamente a L. 31 e 31,50 e si stava acquistando anche a L. 32, quando in tervenne la piccola riduzione di L. 2,50 di dazio, svanita quasi subito nel vortice del rialzo senza lasciar traccia di sè. Il vedere che il Governo com prava da una mano a prezzi alti e coll’ altra sce mava i dazi poche ore dopo, fece sorgere nei giornali una polemica giusta, ma inconcludente, dalla quale venne fuori anche l’ idea sovversiva, che la buro crazia diè prova di oculatezza nel ritardare, come fece, le compre fino a gennaio. Invece il fatto di mostra che si lasciarono fuggire le occasioni di comprare a prezzi relativamente favorevoli (25 e 26 lire) e si dovette acquistare molto grano a prezzi sempre più ascendenti e infine se ne acquistò dal l’estero grosse partite di qualità al solito molto infe riore alla nostra per L. 31,50 e 32, poiché i prezzi, nonostante la prima e la seconda abolizione di dazio crebbero sempre. I nostri grani toccarono i prezzi di L. 34 e 35.
La perdita media, per ritardati acquisti, fu di L . 5 al quint., e la perdita totale ascese a 1 mi lione e mezzo almeno.
Per le future provviste del nuovo raccolto si dice che la burocrazia abbia pensato quest’anno di pro vare gli acquisti del grano in erba. I giornali hanno parlato di una partita di 30 mila quintali grano Pole sine acquistato così a L. 25.40 vagone, con facili tazioni nel peso specifico essendo quel grano spesso scadente. Un’interrogazione fu anche presentata su tale proposito alla Camera.
cat-tivi affari a L. 25.40 non compreso il trasporto. È certo che a luglio non vi sarà da contare sopra depositi di grano vecchio, ma le previsioni dei rac colti sono per ora quasi ottime in tutta Europa. Da noi la seminagione andò benissimo, ed il terreno messo a grano è quest’ anno superiore assai per estensione a quello del 1896, che diede raccolto abbondante.
Esaminato da più lati il contratto del grano in erba, oltre ad essere in sè pel Governo poco decente, rischierà quest’ anno di esser, molto oneroso. Ma ne riparleremo se occorra in agosto.
V I.
Riepilogo i risultati finanziari accertati da questo studio :
Perdita per mancanza del prezzo del produttore nel periodo 1871-189 1. Perdita per r i t a r d a t i
acquisti nel p e r io d o suddetto... Perdita per mancanza del
prezzo del produttore nel periodo 1892-1897 . Perdita nei contratti di grano estero e per ritar dati acquisti nel 1895. Perdita per ritardo di
acquisti nel 1896 . . Perdita per ritardo di
acquisti nel 1897 . . L. 2,500,000 \ 10,500,000 » 8,000,000 ' » 600,000 . » 450,00 ) ( ( 3,550,000 » 1,000,000 \ » 1,500,000 / Insieme L. 14,050,000
Rivista Economica
I t a l i a e C a lifo r n ia — I l c a n a le d i S u e z — L’ im m i g ra z io n e n e ll’ A rg e n tin a — / / ra c c o lto d e g li a g ru m i— / / com m ercio d e ll’E r it r e a .
It a lia e C aliforn ia. — La Camera di Commer cio italiana di S. Francisco rende conto dei suoi lavori per l’ anno fiscale marzo 1897 marzo 1898. Ne diamo la parte sostanziale.
Le esportazioni dell’ Italia toccarono dollari 551,680 contro 516,825 nell’ anno precedente, ripartite come segue : 1896-97 1897 98 Via Dollari Capo Horn . . . 155,177 133,106 N ew -Y ork . . . 142,512 144,515 Panama . . . . 164,318 1 53,925 Canadian Pacific . 19,624 32,819 New Orléans . . 35,194 87,415 Totale 516,825 551,680 Pari a L. ital. 2,584,125 2,738,400 Si ebbe, quindi, un’ esportazione di dollari 34,855 più dell’ anno precedente, non solo, ma di dollari 8760 più che nel 1891-9 2, anno che segna la mag giore esportazione di prodotti italiani in Californi.
La tariffa Dingley ha avuto la sua parte in que sto incremento. Nei cinque mesi che precedettero il 24 luglio, data dell’ approvazione della tariffa, si
ebbe infatti un aumento sull’ importazione di merci italiane di oltre 100,000 dollari sul corrispondente periodo dell’ anno anteriore, mentre dopo l’approva zinne della tariffa vi fu considerevole diminuzione sul valore importato, comparativamente al prece dente.
Fra le maggiori nazioni commerciali di Europa che fanno affari colla California, i generi d’ Italia e del Belgio furono i soli ad avere un aumento su quelli importati nell’ anno precedente, come prova il seguente specchio: Paesi di provenienza 1896 97 1897-98 Differenza Inghilterra . doli. 3,232,473 2 ,3 8 2 ,5 0 3 — 849,975 Belgio . . » 696,739 846,632 -f- 129,893 Germania . » 1,030,103 747,240 — 282,863 Francia . . » 771,575 610,059 — 161,516 Italia . . . » 516,825 551,860 -+- 35,035
La cifra delle nostre esportazioni non è però gran cosa specialmente di fronte alla possibilità di un maggiore svduppo di traffici, che la Camera di S. Francisco riterrebbe facilmente attivabile.
Nei cementi, negli zolfi e nel sale, per non par lare di altro, vi sarebbe campo ¡li raddoppiare in brevissimo tempo le nostre esportazioni, malgrado
l’ alta tariffa doganale.
Ma un ostacolo insuperabile sono le esigenze dei produttori italiani; esigenze che non hanno quelli del Belgio, d’ Inghilterra, di Francia e di Germania.
La relazione che riassumiamo osserva che i ge neri italiani, risentirono pochissimo gli effetti, per quanto gravi, dell’alta tariffa.
Infatti, non si è notata quasi nessuna diminuzione nella loro domanda, se si eccettuano i guanti di pelli ed alcuni altri prodotti di cuoio.
Pei nostri guanti la tariffa fu fatale e per que st’anno rappreseuta una perdita di quasi 40,000 dol lari, che andavano a vantaggio delle fabbriche di Milano e di Napoli.
Negli oggetti artistici, che, dopo l’olio di oliva, costituiscono il maggior valore della nostra espor tazione, si nota invece un costante, benché leggero, aumento.
Nelle sete fine di colore, specialmente negli u l timi mesi febbraio-marzo 1898, si abbe un deciso aumento.
I marmi lavorati accennano pure ad aumentare, mentre tendono a diminuire i blocchi.
Nei generi alimentari, specie negli olii e nei for maggi, la domanda è rimasta pressoché invariata, malgrado che, in seguito all’ aumento di tariffa, si verifichi una maggiore quantità di adulterazioni.
Le trecce di paglia finissime, che provenivano per tre quarti dall’ Italia, vanno perdendo quel mer cato, con moto lento ma sicuro.
II Giappone ci prende il posto, fornendo treccie finissime a prezzi che non possono temere concor renza dall’ Italia.
In compenso però per lo zolfo si torna alla prov vista completa in Italia, avendo fatto cattiva prova quello del Giappone.
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si volle garantire di fornire periodicamente la quantità vo tila, creduta in Italia troppo grande per ma nipolarsi da una sola Casa.
La Camera di Commercio conclude lamentando che i suoi ripetuti appelli ai produttori d’ Italia per copiosi e belli campioni sitino stali inascoltati, op pure si siano spedili, campioni che nella maggior parte dei casi, fa no tutt’a'tro che onore all’ Italia.
La Mostra campionaria non è nè degna di tale nome, nè degli sforzi che furono sempre fatti dal la Camera di S. Francisco per giovare al commer cio patrio.
Il rimprovero dovrebbe essere ascoltato e servire di utile m inilo ai nastri produttori ed esportatori.
I l canale di Suez. — Il movimento del transito pel canaie di Suez negli u1 timi due anni è rappre sentalo dalle cifre seguenti :
1S96 1897
N a v i...N. 5,409 2,986 Tonnellaggio . . » 8,568,233 7,899.371 Passeggeri . . . » 308.243 191,213 D irirti di transito. L. 79,937,518 73,21 4,220 Le navi per bandiera si divisero così :
Bandiere 1896 1897 Tedesca. . . . 322 325 Inglese . . . . . 2162 4903 Austro-Ungarica ,. . 71 78 Spagnuola . . .. . 62 48 Francese . . . . 218 202 Italiana . . . 230 71 Norveginna. . . 59 48 Russa . . . . . 47 44 Olandese. . . . . 200 2 0 ) Paesi diversi . . . 58 59 - 3409 2986
La notevole diminuzione si deve a noi per il m i nor numero di navi mandate nd Mar Rosso in con fronto del 1-896 alino della guerra.
L ’ im m igrazione n e ll’ A rgentina. — Dal Mes saggio ilei presidente della Repubblica al Congresso, del mese scorso, riproduciamo le cifre ufficiali su1 mo vimento de la immigrazione nell’ Argentina nel ISO". Complessivamente gli stranieri entrati nel Piata durante lo scorso anno furono 130,626, ma di que sto 25,483 erano passeggeri di c asse e non vanno confusi cogli emigranti.
Questi ultimi furono complessivamente 103.593 dei quali 72,978 provenienti da oltremare e 3 2 ,6 H da Montevideo.
I primi per paesi di provenienza di vide vansi così: Da porli italiani. . . 38,743 » spagnnoli . . 15,039 * brasiliani . , 9,077 » francesi. . . 7,813 » diversi. . . 3,686 Totale 72,978
Gli italiani però s’ imbarcarono per l’ Argentina e per gli altri paesi transoceanici anche da porti e - steri e specialmente in Francia e Germania; ciò che forse non accadrà più quando ci sia una buona legge sulla emigrazione.
Nel 1897 i falli gli immigranti italiani agli Stati Piateusi furono 44,678 occupando sempre il primo
posto; seguono, a distanza, gli spagnoli, in numero di 18.516.
I l raccolto degli agrum i. — Diamo le notizie sommarie sul raccolto degli agrumi in Italia nelle ultime due campagne:
1896 97 1897 98 Centinaia di frutti Lombardia . . . 39,070 46,880 Veneto... 1,470 1,520 Liguria . . . . . 446.720 407,160 Man lio ed Umbria. 50,040 61,600 Toscana . . . . 10,060 12,520 L a z i o ... 50.740 43,130 Sud Adriatico . . . 896.920 440,730 Sud-Mediterraneo . . 7,553,000 7,851,680 S c ib a ... . 25,407,300 19,804,160 Sardegna . . . . . 182,880 454,730 Totale 34,640,000 28,813,000 La diminuzMne di quasi 6 milioni di centinaia nell’ ultimo raccolto è dovuta esclusivamente alle vi cende atmosferiche.
I I commercio dell’ E ritre a . — Il Bollettino del Ministero del Commercio pubblica i due prospetti seguenti, indicanti il commercio de la Celoma Eri trea n-l 2° trimestre dell’ esercizio 1897-98:
Dall’ Abissinia verso l’ interno della Colonia: Carico della carovana Lire Ollohre. . . . Caffè, mi le, cera, avorio 58.240 Novembre. . . Meni barbeue, t • IT 20,9x0 Dicembre . . . Idem cosso, avorio, cera 111,220
Totale 100,140 Dall’ interno della Colonia verso l’ Abissinia :
Carico della carovana Lire Ottobre. . . . Cotonate, e liquori 11,000 Novembre . . . Idem eonlerie 12,200 Dicembre . . . Cotonate, ecc. 4,100 Telale 27,300 Il trasporto è tratto con cavalli, cammelli, mu letti ed asini.
Queste cifre non sono certo molto incoraggianti.