• Non ci sono risultati.

L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.25 (1898) n.1258, 12 giugno

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.25 (1898) n.1258, 12 giugno"

Copied!
16
0
0

Testo completo

(1)

L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A SE T T IM A N A L E

S C IE N Z A EC O N O M IC A , F I N A N Z A , C O M M E R C IO , B A N C H I, F E R R O V I E , I N T E R E S S I P R I V A T I

Anno XXV - Voi. XXIX

Domenica 12 Giugno 1898

N. 1258

c o i s r c i i E T i ^ . n s z r o

È doloroso il dover costatare che, non ostante la evidenza delle condizioni anormali in cui da più anni versa ii paese, si creda possibile di nutrirlo ancora di vane frasi e di rancidi luoghi comuni.

Che i ciechi conservatori non si accorgano an­ cora dei tempi mutali e spingano alla reazione come ad un’ ancora di salvezza, lo si comprende ; essi hanno sempre ritenuto che la classe dirigente abbia ad essere la suprema arbitra del potere e possa quindi, quando voglia e creda- esercitarlo impune­ mente mediante la forza; — che vi sieoo tiepidi liberali i quali sono ora titubanti della bontà delle dot­ trine professate e invochino come rimedio la mano più energica e forte del governo ; — che infine vi sieno i soliti esaltati che ritengono possibile mutare dall’ oggi al domani la faccia della società e quindi approfittano di ogni circostanza utile al loro fine per determinare la rivoluzione ; — tutto questo si ca­ pisce, perchè risponde a quel movimento complesso col quale la società civile si muove incertamente verso il suo ignoto fine.

Ma che vi siano degli uomini illuminati e saggi i quali credono ancora possibile di cullare le popo­ lazioni per mezzo di vaghe promesse ed ammettono sufficiente nel tempo presente una analisi accurata dei fatti ed una distinta di rimedi, i quali non sono che aspirazioni vaghe, senza nessun carattere con­ creto, non lo sappiamo comprendere.

Lasciamo ciò che non riguarda davvicino la ma­ teria della quale siamo soliti occùparci nell’I?co»o-

mista e prendiamo invece la parte economica del problema che ci sta dinanzi.

V i è un solo uomo politico il quale non accette­ rebbe nel suo programma la riforma dei tributi se­ condo giustizia? Certo ogni individuo che abbia stu­ diate le condizioni attuali del contribuente è già convinto che esse sono a base di sperequazione, di vessazione, di progressività a rovescio. G li atti par­ lamentari sono pieni di relazioni e di discorsi pro­ nunciati in tutti i settori della Camera e del Senato e dai banchi di tanti Ministeri succedutisi, nei quali è fatta la più acerba critica al nostro sistema tribu­ tario e viene invocata o promessa una urgente ra­ dicale riforma. E le invocazioni e le promesse si r i­ petono di anno in anno ; e se qualche esimio oratore ha trattato l’argomento, ha riscosso applausi da ogni lato della Camera.

Ma al concreto chi ha pensato ? — La fretta delle circostanze, la instabilità delle maggioranze parla­ mentari, la debolezza dei Ministeri, ìa incapacità o

fiacchezza di alcuni Ministri hanno fatto sì che, seb­ bene da lunghi anni si conosca il male, non solo non si è dato mano a rimuoverlo, ma si è invece giorno per giorno aggravato peggiorando le spere­ quazioni, aumentando le vessazioni, inasprendo la progressività a rovescio.

O r bene simile indirizzo non può continuare e l’ avvenire è di chi osi veramente inalzare la bandiera di riforme radicali e profonde.

È urgente necessità, se il partito liberale vuol conservare il potere e se non vuole essere sover­ chiato dai clericali e dai socialisti, è urgente ne­ cessità che, appunto perchè si conosce la esistenza del male lo si rimuova coti animo risoluto; non si facciano ulteriori vaghe promesse, forse col pro­

posito di non mantenerle, ma si concretino atti po­ sitivi adeguati alla situazione.

Se non è possibile o non si crede possibile di attuare ad un tratto tutte le riforme che si repu­ tano necessarie, si concreti un piano di graduali modificazioni del sistema tributario così dello Stato, che dei Comuni e delle Provincie. Ma si sappia che fra tre, quattro o magari cinque anni questa cami­ cia di Nesso che dilania il paese sarà tolta o ridotta a tale da poter essere sopportata.

E cominciamo noi per primi ad enumerare una specie di fabbisogno per raggiungere la meta:

I o mantenuta definitivamente la abolizione del dazio sul grano;

2° aboliti definitivamente i dazi di consumo sui generi alimentari ;

3° ridotto il prezzo del sale al più ad un terzo dell’ attuale tariffa;

4° abolita la imposta fondiaria, terreni e fab­ bricati, per le quote minime :

5° ridotti a non più del 30 per cento sul va­ lore del prodotto i dazi fiscali sul petrolio, sullo zuc­ chero e sul caffè ;

6° separata la imposta di ricchezza mobile sulle professioni sulle industrie e sui commerci in modo da poter ridurre l’ aliquota a non più del 6 per cento, curando meglio gli accertamenti per mezzo degli stessi contribuenti.

7° una imposta progessiva sulla entrata; 8° graduale abolizione del dazio di consumo e sostituzione di tasse locati progressive, sull’eserci­ zio, e sul valor locativo e di famiglia.

(2)

370

L’ E C O N O M I S T A

12 giugno 1898

tuale o sia qualunque altro, che abbia il coraggio di affrontare il problema cercandone la soluzione com­ pleta e sia composto di uomini convinti del programma che propongono; le crisi ministeriali e parlamentari non sono dannose nè per gli uomini, nè per i par­ titi, nè per il paese quando sia evidente il supremo interesse pubblico che le determinano. Corrodono invece la vita pubblica e tolgono ogni fiducia negli uomini quando non apparisca giustificata la causa per la quale si mutano g li uomini al Governo senza mutare essenzialmente l’ indirizzo del Governo stesso.

Il Ministero attuale, che non è certamente scevro di colpe, potrà redimersi davanti l’ opinione pubblica se saprà provare che, repressi i disordini ed inve­ stigate le cause prossime e remote che li hanno de­ terminati, ha la forza di proporre adeguati rimedi. Ed il primo rimedio è quello di estirpare il mal governo fatto fin qui del paese.

u H E

Stimm

SEL DICEI

11

M

M U S I M I

Un distinto cultore degli studi sociali, nel quale alla larga coltura economica e statistica si accoppia una conoscenza non comune delle discipline ammi­ nistrative, il prof. Carlo F, Ferraris, ha cercato di fissare, in una dotta e chiara memoria presentata al R. Istituto Veneto, la nozione scientifica del dicen- tr'amento amministrativo. Il concetto che ha ispirato questo stud'm è opportunissimo, perchè in mezzo al gran discorrere che spesso si fa di accentramento da combattere e di decentramento da instaurare non si rivela sempre una idea chiara di quest’ ultimo o un modo uniforme di concepire il decentramento stesso. Il Ferraris sono ora 25 anni precisi scrisse intorno alle riforme amministrative in Prussia (A r ­ chivio giuridico voi. X I ) esponendo del diceiitra- mento, sulle traccie degli scrittori tedeschi e della legislazione, concetti che solo più tardi comincia­ rono a divulgarsi tra noi; e notiamo questa circo­ stanza perchè si sappia che il prof. Ferraris non si è occupalo ora, quasi per caso o da dilettante, del­ l’ arduo tema, ma ne ha fatto oggetto di studio già da un pezzo ed ha avuto agio di meditare le idee che più gli parvero accettabili o germogliarono nella sua mente dall’ esame degli ordini amministrativi

nazionali ed esteri. .

La memoria del professore di Padova meriterebbe una larga analisi, ma sebbene l’Economista abbia trattato più volte del dicentramento e delle altre riforme amministrative messe innanzi in questi ul­ timi anni, dobbiamo rinunciare a seguire passo a passo il prof. Ferraris nella sua succosa trattazione per fermarci principalmente sul concetto scientifico del dicentramento.

E g li esamina anzitutto la terminologia la quale sempre ha grande importanza, ma qui più che mai, occorrendo di togliere gli equivoci e di chiarire ciò che realmente vuoisi attuare.

La distinzione dell’ on. Lacava, secondo il quale vi sarebbero tre specie di decentramento : istituzionale amministrativo e burocratico non pare al Ferraris accettabile, perchè il dicentramento burocratico non è che una specie di quello amministrativo : la bu­ rocrazia, egli scrive, esiste nell’ amministrazione e non fuori di essa, quindi il dicentramento amministrativo

comprende necessariamente il burocratico Nè gli pare possano contrapporsi gli enti loeali allo Stato come fa il Lacava nel definire il dicentramento amministrativo. Ma più grave è, a suo avviso, il di­ fetto sostanziale contenuto nella definizione del di- centramento istituzionale, così chiamando la rinuncia che lo Stato fa ad alcune funzioni, perche la atti­ vità dei cittadini vi provveda liberamente. Ora qui,

scrive il Ferraris, non abbiamo più dicentramento,

parola che indica trasporto di funzioni dal centro alla località ove non si abbandonano alla libera at­ tività dei cittadini, ma ad organi legalmente costi­ tuiti : abbiamo invece soppressione pura e semplice dell’ azione dello Stato, e dei suoi organi centrali e locali : quelle funzioni scompaiono dal novero delle funzioni pubbliche. In tal caso sorge, non un pro­ blema di dicentramento, ma un problema fondamen­ tale dell’ amministrazione sociale, che potrebbe così formularsi: * quali sono le funzioni che lo Stato non deve esercitare, nè per mezzo dell’ amministrazione centrale, nè per mezzo dell’ amministrazione locale tfovernaliva, nè per mezzo dell’ amministrazione lo­ cale autarchica (cioè, come si direbbe tenendo conto del nostro ordinamento amministrativo, nè per mezzo del Governo, nè della Provincia, nè del Comune), ma deve lasciare alla libera iniziativa dei privati o singoli o consociati? Trattandosi di un intervento dello Stalo, non è più questione di dicentramento, il quale implica sempre l’ ingerenza di quello, salvo ad esercitarla con organi diversi dai centrali: quindi per noi un dicentramento istituzionale nel senso ammesso dal Lacava non esiste. »

P iù corretta gli pare la distinzione di recente fatta dal dr. Santi Rom ano:«) dicentramento burocratico:

quello che si riferisce agli uffici locali governativi, che rientrano nel concetto di amministrazione diretta dello Stato, b) dicentramento autarchico; quello che si riferisce agli enti locali dotati di vera e pro­ pria personalità. Non accetta invece la distinzione del dicentramento autarchico in territoriale, (se gli enti locali sono formati dal comune, dalla provincia o da altre circoscrizioni amministrative) e istituzio­ nale (se si tratta di istituti o in genere di persone

di diritto pubblico non aventi base territoriale). E non l’ accetta perchè non ha, a suo avviso, reale fondamento. Sicché il Ferraris ammette soltanto il decentramento burocratico eh’ egli preferisce chia­ mare gerarchico e quello territoriale che denomina semplicemente autarchico. Il primo è l’ assegnazione che lo Stato fa all ’amministrazione governativa lo­ cale, di attribuzioni, le quali per la loro natura possono essere affidate o lasciate all’ amministrazione governativa centrale ; il secondo è quell’ordinamento che applica ad alcune circoscrizioni territoriali il principio dell’ autarchia, cioè della libera esplica­ zione della loro attività nella sfera d’ azione loro assegnata dalla legge.

Non si può negare che in tal modo i termini della questione sono semplicizzati e chiariti, anche se quel termine autarchia (che del resto viene a significare autonomia o libertà nella gestione ammi­ nistrativa) può sembrare poco chiaro, a primo aspetto; in sostanza però togliendo qualsiasi equivoco che si tratti di dicentramento gerarchico governativo, in ­ dica necessariamente che si riferisce ai corpi locali o circoscrizioni amministrative, che dir si voglia.

(3)

parlare di dicentramento gerarchico, bisogna che una data attribuzione possa indifferentemente, cioè senza alterarne la natura, affidarsi tanto all’ amministra­ zione governativa centrale, quanto alla governativa locale ; se si dà la preferenza a queste si ha ap­ punto quel dicentramento. » Fra gli esempi ch’ egli cita notiamo quello della facoltà data ai Prefetti (legge 21 giugno 1896) di concedere alle Provin­ cie, ai Comuni od alle Istituzioni pubbliche di be­ neficenza l’ autorizzazione ad accettare lasciti o do­ nazioni di qualsiasi natura o valore che importino aumento di patrimonio e ad acquistare beni stabili.

E i vantaggi principali di questa forma di dicen­ tramento sono : a) che non si accumulano troppo gli affari nell’ amministrazione centrale: b) il disbrigo più sollecito degli affari medesimi e pel contatto quasi immediato dell’autorità locale con gl’ interes­ sati, e quindi per la miglior conoscenza dei bisogni la soddisfazione più oculata e solerte delle loro do­ mande. Tutto ciò per altro quando si possono evi­ tare alcuni inconvenienti, come il maggior numero di funzionari, la maggior tenacia e invadenza del­ l’ autorità governativa locale o viceversa la troppa pieghevolezza sua alle pressioni locali, la poca uni­ formità di criteri, ecc. In conclusione non merita di essere incondizionatamente lodalo.

Venendo al dicentramenlo autarchico il prof. Fer­ raris, dopo aver trattato della formazione delle cir­ coscrizioni territoriali, esamina il carattere generale della autarchia locale e la sua sfera d’azione.

E quanto alla prima trova che è assurdo il con­ trapporre come si fa abitualmente, gli enti locali autarchici (da noi il Comune e la Provincia) allo Stato. La contrapposizione si può soltanto fare fra

amministrazione governativa centrale e locale (am- mistrazione gerarchica o burocratica) e amministra­ zione locale autarchica. Più importante, almeno per noi, è però l’altro tema, perchè riguarda le funzioni, statuali da affidarsi all’autarchia locale. E sul pro­ posito il prof. Ferraris osserva che il problema non si può certamente risolvere in modo da prevedere tutti i casi ; molto dipende da speciali condizioni o tradizioni o necessità nazionali, dal diverso grado di cultura del popolo, e via dicendo. Tuttavia, egli aggiunge, si possono formulare alcuni principi di quasi universale applicazione per i popoli di civiltà europea, o almeno pei grandi Stati unitari retti a forma rappresentativa (i soli di cui tiene conto nella trattazione). A tale scopo il criterio fondamen­ tale è fornito dalla natura dei servizi pubblici in sè e in relazione alla natura degli enti autarchici ; dal che deriva la destinazione dei servizi in due cate­ gorie. La prima comprende quei servizi pubblici che debbono essere regolati in modo uniforme e con norme certe e particolareggiate per tutto lo Stato. Essi toccano in eguale misura la generalità dei cittadini considerati come singoli e collettiva­ mente, e quindi richiedono uno svolgimento iden­ tico in ogni parte del territorio. Tali sono ad es. l’esercito, la finanza, la giustizia, la sicurezza pub­ blica, l’ istruzione superiore, i grandi mezzi di co­ municazione (strade ferrate nazionali, linee principali di navigazione marittima, poste, telegrafi) la circo­ lazione monetaria e fiduciaria. Questi servizi devono essere precipuamente governativi cioè affidati alla amministrazione gerachica, oppure ad istituti di am­ ministrazione indiretta o delegata (come le nostre società di strade ferrate,) che agiscono sotto la v i­

gilanza dell’ amministrazione governativa. Però gli enti autarchici possono partecipare anche qui e la loro partecipazione può essere personale od econo­ mica. La prima si ha quando funzionari autarchici sono chiamati a prestare l’ opera loro coordinata- mente o subordinatamente a quella dei funzionari gerarchici, come offre parecchi esempi l’Itighilterra ; la seconda avviene quando l’ ente autarchico, corno ente collettivo, contribuisce alla spesa ed all’assetto materiale del servizio e cotesta partecipazione può essere od obbligatoria o volontaria. D i entrambe le forme abbiamo esempi nel nostro ordinamento am­ ministrativo (spesa pel casermaggio delle guardie di città e dei reali carabinieri ecc., i contributi di co­ muni e provincie pei consorzi universitari ecc.).

La seconda categoria comprende quei servizi che sono cosi strettamente congiunti alla vita locale, che questa non si potrebbe neppure immaginare senza di essi , se anche i loro effetti si risolvono in un vantaggio generale, si manifestano però nella loro azione con immediata ed appariscente efficacia locale e quindi assumono precipuamente l’ aspetto di soddisfare a bisogni ed interessi locali.

Qui abbiamo una serie di servizi che il Ferraris così elenca : I o la tenuta del registro di popola­ zione o dello stato civile ; 2° le istituzioni di bene­ ficenza pubblica, sia elemosiniera che di ricovero ; 5° i provvedimenti di igiene pubblica nel più largo senso della parola....; 4° i provvedimenti economici ;

a) per l’agricoltura ed industrie estrattive...; b) pel commercio....; c) per istituzioni operaie....; 5° gli istituti per la coltura intellettuale.... E questi ser­ vizi a differenza di quelli precedentemente numerati sono precipuamente locali. Non manca però in tali ordini di attività locale per qualche parte T azione coordinata o concorrente o complementare o anche principale dall’ amministrazione governativa ; così da noi per l’istruzione secondaria l’ attività degli enti autarchici é ormai in seconda linea.

Ma se ciò limita, non esclude la competenza del­ l ’autarchia, nè secondo il prof. Ferraris infirma la verità della conclusione che appartenendo tutti gli indicati servizi a quella che si chiama amministra­ zione sociale è qui appunto che sul perenne modi­ ficarsi, complicarsi, esplicarsi, allargarsi dei fenomeni, la operosità degli enti autarchici trova il suo vero obietto ed è spinta ad un continuo moto di amplia­ mento e di intensificazione.

(Continua)

(4)

372

L* E C O N O M I S T A

12 giugno 1898

d’opera, per rimettere nelle mani degli operai e im­ piegati che vi lavorano la gestione in comune e i guadagni totali delle intraprese industriali ; rendere conto'della deformazione che ha subito l’ idea coope­ rativa primitiva attraverso le necessità pratiche, mo­ strando i diversi tipi attuali di associazioni operaie, accertandone la estensione presa da ciascuna dì esse, numerare per categorie il personale ili quelle asso­ ciazioni, calcolare la loro produzione ; dare gli ele­ menti della loro situazione finanziaria, indicare i loro insuccessi o i loro successi e fornire dei documenti che permettano di ricercarne le cause.

L ’ inchiesta non ha respinto alcuna impresa che si chiamasse associazione operaia di produzione. Tut­ tavia sono state considerate separatamente alcune combinazioni che si allontanavano troppo dal tipo normale studiato, definito dalle seguenti condizioni essenziali :

a) i soci devono avere una influenza diretta coi loro voli sulla gestione della società. L ’ assem­ blea generale approva i conti e sceglie i garanti. Diversamente ci si trova in presenza di una impresa in certo modo padronale, che lascia a un numero più o meno grande di operai una parto più o meno grande di utili.

b) 1®, il capitale rappresentato da azioni (non compresi i prestiti a interesse fisso) deve apparte­ nere agli operai delle specialità professionali impie­ gate nella impresa. 2.° Possono tuttavia essere azio­ nisti gli operai e impiegati d'altre specialità, quando sono essi stessi impiegati dalla intrapresa ; 3.° I soci ammessi al momento in cui adempiano le condizioni indicate ai numeri 1 e 2, potranno serbare le loro azioni fino alla morte. Ma le azioni non sono tra­ sm issibili agli eredi nè a dei terzi, fuorché a operai e impiegati che corrispondano alle condizioni di am­ missione.

La prima condizione, quella della specialità operaia dei soci, indica che tutti i soci devono potere essere impiegati nella società quando questa avrà trovato sbocchi sufficienti ; essa si connette coll’ idea corpo­ rativa che è alla base di numerose associazioni. La Seconda, quella che autorizza l’ ammissione come soci di qualsiasi categoria di persone impiegate nella impresa stessa, si collega più direttamente alla idea dell’esercizio cooperativo. La terza permette di con­ servare pel vantaggio della impresa 1’ esperienza e l’aiuto materiale dei vecchi soci.

c) L ’ associazione conterà almeno sette soci. Questo limite è ben debole se si pensa che i soci non sono necessariamente tutti impiegati nella im ­ presa. Sette soci è il numero minimo degli azionisti d’ una società anonima, sicché, per questa e per altre ragioni, parve un limite razionale.

Fatta deduzione di una ventina di società coope­ rative di produzione, nelle quali l’ inchiesta non ha ritrovato tutti gli elementi fondamentali dell’ asso­ ciazione operaia, l’ inchiesta stessa riguarda 213 so­ cietà che hanno funzionalo nel 1895 e nel 1896. Di quelle 213 società, 200 sono state oggetto d’ una in­ chiesta presso i direttori di società e i gerenti, sui luoghi di lavoro, nella seconda metà del 1896 o in principio dei 1897; le altre,ossia 13, o erano scomparse senza lasciare traccie prima della fine dell’inchiesta od anche (in due casi) erano già note da documenti abbastanza completi ed autentici. Quelle 213 società si componevano di 140 società funzionanti già al 1° gennaio 1895, 32 società che avevano cominciato

a funzionare nel 1895 e 41 nel 1896. Tenuto conto di quelle scomparse (l i nel 1895 e 18 nel 1896) si vede che 172 società hanno funzionato ne! 1895 (di cui ne restavano 161 nel 1896) e 202 nel 1896 (di cui ne restavano 184 al 1° gennaio 1897).

Se si considerano specialmente le società che hanno funzionato nel 1895, di cui i conti annuali sono stati chiusi per questo esercizio nel corso del primo se­ mestre 1896 e pei quali, quindi, l’ inchiesta fatta nel 1896 ha potuto dare resultati più completi, si può determinare, come segue, I’ attività, per un anno, dell’ insieme delle associazioni operaie di produzione: In 172 associazioni operaie in esercizio nel 1895, le uue (130) per tutto l’ anno, le altre (42) una parte soltanto dell’anno, si contavano 9000 soci, quasi tutti operai, alcuni che furono operai. Non tutti i soci operai lavoravano negli stabilimenti sociali, perchè il totale massimo del personale di ogni stabilimento nel corso dell’anno in operai soci non si elevò che a 4900, mentre il minimo scese a 4000. Per con­ tro erano impiegati degli ausiliari non soci, il cui massimo e minimo, calcolati come pei soci, furono 6700 e 4300. Circa la metà di questi ausiliari par­ tecipava agli utili quando, ben inteso, ce n’ erano.

I salari distribuiti ai soci, nell’ annata in discorso poterono essere calcolati in 6,370,000 franchi; quegli degli ausiliari in 5,785,000. I capitali sotto- scritti erano in fine di esercizio di 13,050,000 franchi e i capitali versati, di 11,715,000 franchi, non com­ presi i capitali dovuti agli azionisti dimissionari nei conti correnti dei soci che consolidati figurano nei bilanci. La cifra totale delle vendite dell’ esercizio saliva a 29,900,000 franchi, lasciando un utile di 2.400.000 franchi.

II confronto delle cifre del 1895 con quei pochi dati utilizzabili,raccolti per Parigi soltanto nella grande inchiesta del Ministero dell’ Interno nel 1885, riesce abbastanza istruttivo. Nel 1885 funzionavano a Pa­

rigi 71 società contro 84 nel 1895. Il capitale sot­ toscritto è indicato nel 1885 in 7,400,000. Però si tratta qui non solo del capitale sottoscritto dai soci in esercizio, ma anche, per quanto si può giudi­ care da qualche esempio, della parte non an­ cora rimborsata del capitale sottoscritto dai soci di recente dimessisi. D i modo che la cifra corrispon­ dente a Parigi sarebbe nel 1898 dì circa 7,750,000 franchi. Il capitate versato nel 1885 era eguale a 5.350.000 franchi e alla fine del 1895, tenendo conto ancora dei soci dimissionari non rimborsati raggiungeva 6,350,000 franchi. Il personale sociale (azionisti) era nel 1885 di 4500 persone, scese a 3,500 nel 1895, ma questa discesa può spiegarsi col fatto che nei 3506 soci del 1895 non si trovano quasi più estranei alle professioni esercitate dalle associazioni. Quanto alla cifra degli affari annuali è impossibile di confrontarla alle due epoche, perchè la maggior parte delle società ha dato dieci anni sono non la cifra degli affari annuali, ina quella del totale degli affari dalla loro fondazione.

(5)

giore nel medesimo periodo. Questa è però soltanto una congettura.

Del resto sé si confronta il 1897 col 1881, si trova che il progresso è maggiore ; 92 società esi­ stevano a Parigi al 1 gennaio 1897 contro SI nel 1885 e una trentina al principio del 1881.

L ’attività delle associazioni operaie di produzione senza essere ancora considerevole è dunque oggidì abbastanza importante. Esistono molte associazioni già antiche, disciplinate e condotte da capi speri­ mentati; esse hanno provalo ai loro esordi in mezzo a privazioni la potenza della solidarietà dei loro membri e hanno stabilito col successo buoni metodi e forti tradizioni. L ’ arca santa di queste associazioni ò la Camera consultiva delle associazioni operaie di produzione, che ha la sedo a Parigi e dove ogni associazione può attingere utili consigli e salutari esempi. Il miglior sostegno che esse abbiano è la Banca cooperativa di Parigi, sorella minore della Camera consultiva e il cui capitale dovuto quasi in­ tieramente a un generoso filantropo dovrebbe essere quadruplicalo dagli sforzi dei cooperatori e messo mediante opportune succursali, alla portata delle associazioni di provincia.

La coltivazione delia barbabietola da zucchero in Sicilia

Una delle tante cause dell’avvilimento economico in Italia, è la povertà in cui è caduta l’ agricoltura che, abbandonata a sé stessa, non è più redditizia di quel benessere che faceva invidi gli altri popoli delle sue generose terre e delle sue rigogliose messi.

E più che le altre parti d’ Italia,'la Sicilia ne r i­ sente i danni, giacché i suoi terreni formanti im­ mensi latifondi in possesso di pochi cui pur non mancando i capitali manca completamente lo spirito industre del miglioramento di essi, rende l’ energia individuale priva d’ogni forza ed impossibilita ad espandersi, ed assistiamo anno per anno ad un lento ma continuato immiserimento dei prodotti del suolo, ed al conseguente invadere d’ un malessere generale.

L ’ agricoltura, in Sicilia, si esplica, generalmente, nella coltivazione dei cereali, e pare che sia convin­ zione universale che ad altro queste ubertose terre non fossero eapaci. Pur non è così, e noi vediamo crescere, spontanee, tante piante che altrove si col­ tivano con grande stento quantunque con buon suc­ cesso, e che abbandoniamo a loro stesse, acconten­ tandoci di ammirarne la bella vegetazione.

La pianta della barbabietola che oggi forma una ricchezza per le regioni ove si coltiva, è indigena in Sicilia per parecchie varietà, quella da zuccchero trova il terreno ed il clima favorevolissimi al suo buono sviluppo: il terreno perchè vi abbonda quello calcareo e l’ argilloso, il clima perchè la pianta sop­ porta e cresce ottimamente con molto calore.

Non pochi esperimenti di coltivazione della bar­ babietola da zucchero si sono fatti e sono bene riu ­ sciti nell’ Isola, specialmente a Vetralia Sottana, Ler- cara Friddi, ed ultimamente, nel 1897 in Alcamo, e su di questi ultimi, fatti dal Sig. Castrogiovanni si hanno degli interessanti particolari.

B Castrogiovanni ha fatto i suoi esperimenti in

varie qualità di terreni, eccettuati quelli ghiaiosi, eccessivamente ciottolosi, impermeabili, troppo umidi e torbosi, e particolarmente in quelli sabbiosi, non interamente, però, privi di sostanze argillo-calcaree. Due varietà di barbabietole si seminarono, quella

imperiale e la bianca di Slesia, e la loro produzione venne calcolata dai 400 ai 500 quintali Tettare. I! peso massimo della radice della barbabietola coltivata allo asciutto fu di circa Kg. due, e quello della bar­

babietola coltivata in terreno con frequenti irrigazioni, raggiunse quasi i tre chilogrammi.

Abbiamo, quindi, in Sicilia terreni estesissimi ove la barbabietola da zucchero potrebbe coltivarsi con grande profitto sia dell’agricoltura che dell’ industria nazionale. L ’agricoltura ne ricaverebbe ingenti be­ nefico, giacché; terreni impoveriti dalle perenni uni­ formi colture, e la nessuna o insufficiente concima­ zione che non ridà ad essi quelle quantità di sostanze nutritive necessarie a ristorare la fertilità che poco a poco vien meno, si avvantaggerebbe con l’avvi­ cendamento di una pianta che ha per virtù propria una grande potenza d’ ingrasso, ed alla quale succe­ dendo la seminagione dei cereali si hanno dei rac­ colti di almeno venti sementi, come, alla loro volta, i cereali costituiscono un buon precursore per una prosperosa produzione di barbabietole con ricco titolo di zucchero.

L ’ industria nazionale ne ricaverebbe a sua volta dei ben notevoli beneficii, sol che si rifletta che la quantità di zucchero che annualmente si consuma in Italia ascende ad un milione di quintali, su cui la produzione indigena vien rappresentata da appena

ventisette mila quintali.

Una fonte di benessere generale, ed una nuova era di prosperità potrebbe schiudersi per l’ Italia, se la coltivazione della barbabietola da zucchero, con i suoi derivati, potesse, mercè la solida cooperazione d’ industriali ed agricoltori, estendersi su vasta scala, e se agli italiani non mancherà ciò che ad altri po­ poli d’ Europa non fa certo difetto, ed in particolar modo ai tedeschi e francesi, la intelligente unità di propositi, e la ferma volontà di riuscire.

Riesi, giugno 1898

Pasquali! de Silva

Rivista Bibliografica

Dr. Arrigo Solini. — Le Associazioni in Italia avanti

le origini del Comune. Saggio di storia economica e giuridica. — Modena, Società Tipografica, 1898,

pag. 140 (L. 4).

Il presente saggio si propone, secondo scrive lo stesso Autore, di esaminare storicamente i rapporti che stringono le associazioni medievali al sistema politico ed economico del tempo, per studiarne il correlativo svolgimento. Esso intende, pertanto, alla storia dello Stato e delle sue forme integrative, che nell’ alto medio evo si dimostrano con caratteri di primitiva spontaneità; e si rivolge insieme alla storia economica del trapasso dal sistema barbarico alla larga economia del mestiere, che produsse, in Italia, il rinascimento dei commerci e delle industrie.

(6)

374

L’ E C O N O M I S T A

12 giugno 1898

istituzioni associative del medio—evo (la corporazione, la consorteria, la confraternita e, massime fra tutte, il comune) non sono ancora pienamente svolte e costituite; ma se ne scorgono i germi, se ne d i­ mostrano gli elementi in formazione, e si deriva qualche argomento per la soluzione dell’ oscuro e dif­ ficile problema delle origini. A questo fine egli ha cercalo, sopratulto, di determinare le cause e ¡1 momento per i quali l’ individuo tende a procurarsi,

J

nella libera associazione, una più valida difesa dei suoi diritti, e ad organizzare più largamente, nella corporazione, le attività del lavoro.

Questa monografìa, che se non erriamo è il primo studio dato alle stampe dall’ egregio Autore, è vera­ mente lodevole pel metodo con cui egli ha trattato i singoli temi e per la vasta erudizione. Essa fa sperare nel giovane Autore un forte cultore di quegli studi di storia economica e giuridica che sono tanto in onore in Germania e da noi invece così scarsa­ mente coltivati. Il dott. Solmi ci presenta anzitutto la costituzione dello Stato germanico e come in esso sono sorte gradatamente le associazioni; seguono dot­ tissimi studi suH’ organizzazione del lavoro, sulle ori­ gini delle ghìlde, sull’ associazione giurata dei L o n ­ gobardi: la « schola » dei Bizantini, sulla sovranità e l’ economia feudale, sulle città e 1* organizzazione del lavoro libero, sulle associazioni cittadine, e in­ fine sulle associazioni in Italia^avanti le origini del comune.

intorno a questi vari punti di storia economica e giuridica il dott. Solmi ha raccolto fatti, considera­ zioni, prove e critiche di molto interesse, è special- mente dal punto di vista economico, vanno segnalati i capitoli sulla organizzazione del lavoro e sulle origini delle associazioni nell’ alto medio-evo. La sua mono­ grafia è, inoltre, una miniera di indicazioni bibliogra­ fiche e storiche, che riescirà assai utile a chiunque vorrà approfondire qualche punto della trattazione del valente Autore. A l quale mandiamo non soltanto i nostri rallegramenti pel prezioso contributo che ha dato alla storia economica, ma anche l’augurio eh’ egli ci possa dare altre opere degne di figurare ^accanto a quelle dell’ Ashley, del Cunningham, dello Schrnol- ler, del Lamprecht, ecc.

W. J. Kelby. — Le socialisme aux JStiits Unis. — B ru ­

xelles, J. Goemaere, 1897, pag. 244 (fr. 3,50). Il socialismo non è un fenomeno locale, bensì una tendenza che ha trovato teorici e fedeli in quasi tutte le nazioni civili del mondo moderno, nelle grandi, come nelle piccole, nelle deboli e indebitate, come nelle forti e prosperose. Ma è certo d’ interesse spe­ ciale il vedere quella tendenza alle prese con lo spirito d’ indipendenza e d’ iniziativa che caratterizza gli Stati Uniti.

Il Gilman scriveva, alcuui anni sono, che la na­ tura americana si dimostrava e si dimostrerà sempre ribelle agli utopisti del socialismo. C ’ è una parte di vero in questa riflessione. I sogni socialisti non hanno nulla di pratico e il cittadino degli Stati Uniti è innanzitutto uu uomo positivo. Nell’ orizzonte del l’avvenire il socialismo non lascia intravedere che un mondo di funzionari, degli ingranaggi così stret­ tamente riun iti che non c’ è più posto per la libertà; e l’americano non ha la passione del funzionarismo; egli ama lo steeple chase della concorrenza, l’ assenza di soggezione.

Ma in questo o quel punto si sono formati piccoli gruppi di malcontenti, che hanno inalberata la ban­ diera socialista e diffondono opuscoli, fanno tentativi di colonie collettiviste. La loro forza non è nel numero, ma nella idea che essi siano fautori di progresso, di miglioramenti, • di trasformazione ed anche nel fatto eh’ essi si agitano arditamente e che le classi operaie potrebbero bene un giorno seguirli, soltanto per la seduzione delle loro promesse.

Il Kelby ha mostrato nel suo libro lo stato delle menti a questo riguardo. E ’ un americano che scrive sul proprio paese e che sa, senza perdersi nei det­ tagli, precisare le varie gradazioni del socialismo negli Stati Uniti. Cosi tutte le organizzazioni socia­

liste di quel paese, il socialismo tedesco o interna­ zionale, il socialismo americano o nazionale, il so­ cialismo inglese, il socialismo delle tradì unions, il popolismo, il socialismo del George, tutti questi ar­ gomenti sfilano dinanzi al lettore che ha modo di conoscere la storia, i capi, le forze delle associa­ zioni, le idee, i programmi, i progressi delle varie sezioni o scuole del socialismo.

Questo libro del rev. Kelby non è affatto super­ fluo anche per chi conosce le opere del Cognetti de Martiis e del Sartorius von Waltershausen, sia perchè è più recente, sia perchè presenta un quadro più succinto della condizione presente del socialismo negli Stati Uniti. La monografia che annunziamo fa parte degli studi usciti dalla Ecole des Sciences po- litiques et sociales di Lovanio (Belgio) dove professa l’ economia sociale l’egregio prof. Y . Brants.

Rivista Economica

Il commercio italiano col LevanteLa Lotta com­

merciale internazionaleDazi d’ importazione sui

cereali.

Il commercio italiano col Levante. —< Ci siamo digià occupati nell 'Economista del 1° maggio u. s. della prima parte del rapporto del com m . Maldifassi (inviato dal Governo a studiare gli attuali ed i pos­ sibili rapporti commerciali fra l ’ Italia e il Levante) nella quale erano indicati i nostri prodotti princi­ pali che potrebbero trovare facile smercio in L e ­ vante.

Ora riassumiamo la seconda parte, nella quale sono indicati i prodotti del Levante che potrebbero con vantaggio importarsi nel nostro paese.

Il valore’ totale della esportazione dall’ Egitto è, in media, di circa 310 milioni di lire, alle quali, stando alle statistiche egiziane, l’ Italia parteciperebbe per 15 milioni soltanto, cioè per il 5 per cento.

Esaminando l’ importazione complessiva in rap­ porto dei principali prodotti, si vede che il cotone entra nel totale per circa 210 milioni.

Quale è la nostra parte? Tredici milioni. Ora, sarebbe possibile ed anche desiderabilè^che essa fosse maggiore.

(7)

sarebbe facile di assicurarci il transito di tutto il co­ tone egiziano che le necessità (circa 100,000 quin­ tali) oUre una parte di quello che essa importa in Germania.

Non parliamo del nostro fabbisogno ancora lim i­ tato, in ragione della nostra scarsa produzione di filati fini, per i quali il cotone egiziano è più spe- cialmenie indicato. Non possiamo nemmeno aspirare a partecipare al commercio dei semi di cotone, che tengono il secondo posto fra le esportazioni egiziane, poiché ci manca l’ industria dell’ olio relativo come 1’ opportunità del transito, giacché questi semi sono trasportati direttamente allo fabbriche di Marsiglia e di Liverpool.

Per una ragione inversa non possiamo lagnarci dell’ importazione dello zucchero, che forma il terzo prodotto principale del commercio egiziano, essen­ done noi acquirenti già importanti.

Un traffico fatto in buone condizioni e che rispondo al concetto di aumentare il transito attraverso ai- fi Italia dei prodotti egiziani e quello delle quaglie, che I Egitto fornisce all’ Europa del Nord, specie in aprile e maggio. Il nolo marittimo ridotto a 10 fran­ chi per collo di 500 capi ed il rapido servizio di Brindisi per Chiasso favoriscono questo movimento, che si calcola di 1,200,000 quaglie a l l ’a n n o .

Un’ altra importazione utile sarebbe queda delle cipolle, dei pomodori e dei frutti. È vero che noi pure siamo forti produttori di questi generi ed espor­ tatori di cipolle pel Nord’ Europa ; ma il nostro rac­ colto è finito quando comincia quello egiziano, non vi è quindi ragione di temerne la concorrenza.

È ciò che hanno compreso i commercianti austriaci attivando a Trieste un transito considerevolissimo di cipolle egiziane per distribuirle nell'Europa conti­ nentale. Infatti l’esportazione dell’ Egitto di questo prodotto ammonta annualmente da 500 a 600 quin­ tali e Trieste ne piglia più di un quinto, quasi uni­ camente allo scopo di lucrare nel transito.

Le esportazioni della Palestina, si aggirano in media su 8 milioni di Lire. L'Italia poco ha da fare per la natura dei prodotti che essa nè consuma nè può avere opportunità di commercio di transito.

Infatti queste esportazioni comprendono principal­ mente gli agrumi per circa 2 milioni. Vengono poi il sesamo e il sapone per 1 milione e mezzo cia­ scuno; l’olio d’oliva, il vino, e i lupini.

A ltri prodotti non figurano che per cifre insigni­ ficanti, e fra essi vale soltanto la pena di accennare una varietà di mais bianco, il ilari, proveniente spe­ cialmente da Gazi, che da luogo ad una piccola esportazione cui partecipa anche l’ Italia per alimen­ tare le sue distillerie di grano, negli anni in cui i nostri cereali secondari sono cari.

L ’ Italia partecipa pure alle esportazioni dalla Pa­ lestina dei semi di sesamo, i quali, benché combat­ tuti dai nostri diritti doganali elevatissimi per d i­ fendere l’olio di oliva, non mancano tuttavia di ve­ nire in qualche piccola dose ad alimentare le poche fabbriche di oli di semi che abbiamo a Genova, To­ rino e Pavia.

Un’ ultima esportazione dalla Palestina è quella dei semi di oliva, che negli anni di scarso raccolto le nostre fabbriche d’ olio al sulfuro; imitando l’esempio delle concorrenti di Marsiglia, acquistano in certa quantità per mantenere il lavoro.

Resta a parlare delle esportazioni dalla Siria! Il porto principale e quasi esclusivo emporio del

commercio coll’ estero è Beyrouth : ed è più una piazza di importazione che di esportazione : la prima oscillando sui 50 milioni, la seconda fra i 12 e i 16 milioni.

Bisogna notare come tratto caratteristico, che queste esportazioni sono per tre quarti rappresentate dalla seta, che va esclusivamente a Marsiglia e a Lione attratte colà non solo dall’ importanza del mercato serico francese, ma anche più dal fatto che il com­ mercio e l’ industria della seta in Siria è in mano di case francesi, legato alla patria da ogni specie di rapporti morali e materiali.

Le esportazioni da Beyrouth tolta la seta sono dunquo molto secondarie e riassumono in lana bitume, radici di regolizia e alcune curiosità di damasco, come stoffe orientali, mobili smaltati, piatti di bronzo ecc.

Di tutti questi prodotti l’ Italia non acquista, e nem­ meno sempre che un pò di lane lavate, di cui la maggior parte si dirige agli Stati uniti dove è esente di dazio.

Per concludere, le esportazioni levantine, non pos­ sono trovare smercio in Italia per ciò che riflette la Palestina e la Siria. Non rimane che l’ Egitto donde volendo, si possono, come si è veduto, trarre pro­ dotti di smercio sicuro e di utile transito attraverso la penisola.

La Lotta commerciale internazionale. — Non vi è dubbio che quasi tutte le contestazioni inter­ nazionali che agitano i grandi stati europei ai no­ stri giorni, nascondono in germe una lotta di con­ correnza commerciale, pel presente o per l’avvenire. La Francia, che ha combattuto in questo campo con buona fortuna per parecchi decenni, oggimai ripiega le armi e il campo del grande mercato in­ ternazionale è tenuto dall’ Inghilterra e dalla Germania. Il Leroy-Beaulieu, giustamente preoccupato da questa continua decadenza nello slancio commerciale del suo paese, mW Economiste français ne indica le principali cause, le quali in gran parte si atta­ gliano anche a noi.

Il Governo francese, egli osserva, ha fatto bensì lodevoli sforzi per sviluppare il commercio della Francia, ma senza risultati soddisfacenti.

Se il Governo vuol dare un impulso veramente efficace al commercio estero, non deve limitarsi a pubblicazioni ufficiali e noiose, che nessuno legge nemmeno gli interessati, ma deve ricorrere ad altri mezzi più generali ed efficienti che agiscano in modo diretto sui costumi, sullo spirito e sui rapporti le ­ gali di commercio fra i popoli che hanno relazioni di traffico colla Francia.

Due cause principali, secondo il Leroy Beauliou, hanno specialmente cooperalo alla depressione del commercio estero della Fran cia; il protezionismo ad oltranza e la instabilità del regime doganale.

Pare egli scrive, che il Governo si sia proposto per compito di fiaccare tutte le iniziative e di met­ tere tutte le industrie, mediocremente costituite, al riparo degli stimolanti della concorrenza estera. Non | è in questo modo che si creano dei costumi com­ merciali v irili e degli organismi industriali e vigorosi.

Risulta invece da un tale sistema che le industrie per le quali il paese ha attitudine e che potrebbero svilupparsi genuinamente, sono sacrificate a quelle che per diverse cause, non hanno alcuna probabi­ lità di espansione.

(8)

376

L’ E C O N O M I S T A

12 giugno 1898

Quando noi 1892 si adottò il nuovo regime do­ ganale caratterizzato da un protezionismo intenso si vantavano i benefici della stabilità. Ora dal 1892 in poi esiste una commissiono permanente delle dogane la quale non lascia passare un mese senza proporre di rialzare o rimaneggiare qualche tariffa, o qualche voce: ora è il piombo, ora i porci, ora il carbone, o r a i semi oleosi e via di questo passo.

È mai possibile in tali condizioni di avere una iniziativa commerciale ardita? E si noti che questa monomania protettiva si estende anche alle colonie francesi o alla marina mercantile, alla qualo è in ­ terdetto di assoldare marinai stranieri, ciò che pure fanno con molto loro vantaggio le marine dell’ In­ ghilterra e della Germania.

Il Governo franceae si è messo di partito preso nel proposito di ridurre la importazione ; ora ridu­ cendo la importazione, si riduce necessariamente an­ che l ’ esportazione.

Come è possibile sviluppare il commercio col­ l’estero, quando si ha il bizzarro ideale di non far entrare in paese nulla di quanto il suolo e la mano d’opera paesana sono atti a produrre?

Se si vuole trafficare, bisogna scambiare e per scambiare bisogna acquistare all’estero, cioè bisogna importare.

Un altro grave pericolo per la Francia è lo spi­ rito esclusivo della sua politica commerciale.

Volere proscrivere tutti gli stranieri e i loro di­ scendenti, invelenire le vecchie e sopite gare re li­ giose, sono brutti sintomi.

Si direbbe che la Francia odierna si proponga a modello la Spagna.

Certamente la Spagna è una nazione stimabilissima ; ma non vi è chi ignora come essa sia decaduta ap­ punto per eccesso di isolamento, pel suo partito preso da oltre tre secoli di proscrivere tutti gli elementi stranieri, tutti i metodi stranieri, tutte le benefiche infiltrazioni di idee, di carattere e di costumi che vengono dal di fuori.

E d in questo restringimento dell’ orizzonte francese in questa strana apprensione di ogni novità, sta il maggiore ostacolo dell’ espansione commerciale.

Bisogna combattere questa tendenza che alimenta i pregiudizi e la forza di inerzia, se si vuole avere voce in capitolo nella grande lotta internazionale del commercio, dove, oggi, l’ Inghilterra e la Germania tengono il campo e dove la Russia si prepara a fare le sue armi e l’ Italia tenta pure di agguerrirsi.

Dazi d’importazione sui cereali. — Il numero 188 della Raccolta ufficiale delle leggi e dei de­ creti del Regno, contiene il seguente decreto del quale ci siamo occupati nel numero precedente.

Vista la legge 11 febbraio 1898, n. 21, con la quale furono ridotti, fino al 51 maggio 1898, i dazi di confine sul grano e altri cereali e sui loro de­ rivati ;

Visto il Regio decreto 5 maggio 1898, n. I l i che ha abolito temporaueainente fino al 30 giugno 1898 il dazio di confine sul grano o frumento e sulle farine di grano o frumento.

Considerato che la Camera dei deputati ha appro­ vato un disegno di legge per mantenere in vigore fino al 13 luglio 1898 le disposizioni della menzio­ nata legge dell’ l l febbraio 1898, n. 26 e che questo disegno non potè divenire legge dello Stato per la sopraveuula sospensione dei lavori parlamentari.

Ritenuta l’ opportunità che l’applicazione dei prov­

vedimenti presi con la detta legge dell’ 11 febbraio 1898, n. 26, non sia interrotta;

Sulla proposta dei ministri delle finanze e della agricoltura, industria e commercio ;

In seguito a deliberazione del consiglio dei m i­ nistri ;

Abbiamo decretato e decretiamo:

Art. 1. Sono mantenute in vigore fino al 15 lu­ glio 1898 le disposizioni della legge 11 febbraio 1898 n. 26, riguardante la temporanea riduzione dei dazi d’ importazione sul grano e altri cereali e sui loro derivati, fermo restando il disposto del regio decreto 5 maggio 1898, il dazio di confine sul grano fru­ mento e sulle farine di grano o frumento.

Art. 2. Il presente decreto sarà presentato al Par­ lamento per essere convertito in legge.

La Lassa di risparmio di Foligno nel 1897

Prima di procedere all’ esame delle operazioni e dei risultati dell’Istituto durante l’esercizio del 1897 che è il quarantesimo dalla sua creazione, premet­ teremo che dalla Direzione, consenziente il Consiglio di amministrazione fu definitivamente tolto di mezzo il sistema invalso per l’ addietro di tenere cioè aperti contemporaneamente nei mesi di gennaio e di feb­ braio, due esercizi il vecchio e il nuovo coll’ intento di far rientrare a vantaggio del primo tutte le en­ trate arretrate di sua spettanza, che in detti mesi venivano a realizzarsi. L ’ abbandono di un tal si­ stema riprovato da ogni retta pratica di ammini­ strazione s’ imponeva per questo che nel periodo del doppio esercizio non era possibile controllare seralmente in modo efficace la situazione della Cassa rimanendo affidate ai cassiere delle somme che da nessuna scrittura regolare resultavano, e di cui il vero ammontare poteva conoscersi soltanto, allorché il vecchio esercizio veniva definitiveinente chiuso. Con 1’ abolizione di quel sistema è stata tolta la possibilità di simulare degli ammanchi.

Passando all’ esame del bilancio troviamo che i mutui ipotecari che alla fine del 1896 ascendevano a L . 886,486.30, diminuirono al 31 dicembre 1897 di L. 106,001.82, continuando così la smobilizza­ zione richiesta dal Ministero di agricoltura, la quale ha per scopo di ricondurre le operazioni ipotecarie entro tali confini, da togliere che per esse riesca inceppata l’azione dell’istituto nelle forme più con­ sentanee all’ indole sua. Anche i mutui chirografari furono in diminuzione discendendo da L . 222,368.88 al 31 dicembre 1896 a L . 217,360.62 alla fine del 1897.

I fondi pubblici posseduti dall' Istituto alla fine det 1897 rappresentavano una somma di L. 523,968 con una sopravvenienza attiva sull’ esercizio prece­ dente di L . 25,341.

II portafoglio dell’ Istituto per ciò che riguarda le cambiali di sovvenzione dava alla fine del 1897 i se­ guenti resultali :

Cambiali alla fine del 1897 L. 2,308,474

» .» 1896 » 2,086,990

t Differenza in più » 221,484

(9)

L. 436,011.47 alla fine del 1896 a L . 338,122.33 al 31 dicembre 1897.

Il conto dei crediti in sofferenza delle cambiali agli atti e protestate presenta un notevole aumento essendo salita da L. 179,362.37 alla fine del 1896 e L. 223,189.13 al 31 dicembre 1897. F in qui della parte attiva del bilancio.

Quanto al passivo, come si sa, i depositi di ogni specie ne costituiscono la parte principale.

Questi depositi erano nei due anni di confronto costituiti dalle seguenti cifre :

Al 31 dicembre 1896

» » 1897

L . 4,182,469.13 » 4,311,079.98 Differenza in meno L . 171,389.15 In questo resultato hanno la massima parte i depositi vincolati.

Il patrimonio dell’ Istituto è salito alla fine del 1897 a L. 344,449.35 contro L . 311,493.80 al 31 di­ cembre 1896 e l’aumento è dovuto alle sopravve­ nienze attive date dall’aumento dei fondi' pubblici e delle azioni di proprietà della Gassa con gli utili netti dell’esercizio, a malgrado ilei le sopravvenienze passive costituite per la massima parte dalla svalu­ tazione degli stabili dalla Cassa stessa posseduta.

L ’ esercizio si è chiuso con un utile netto di L. 8,346.43, da cui detratto il decimo per la bene- ficienza, si residua a L. 7,692.76 che va a vantag­ gio del capitale proprio della Cassa.

IL MOVIMENTO COMMERCIALE MARITTIMO

della provincia di R im ini

La Camera di Commercio di Rim ini ha pub­ blicato la sua relazione sul movimento commerciale e marittimo della città e porto di Rim ini per l’ anno 1897.

D all’ esame della medesima resulta in confronto dell’ esercizio precedente un aumento nel commer­ cio internazionale di importazione, ed uno più no­ tevole in quello di esportazione ; è pure aumentato il commercio di cabotaggio nel valore ; e aumentato il movimento della navigazione internazionale ed è rimasto quasi stazionario in quello di cabotaggio ; è diminuita nella quantità e valore la produzione se­ rica ed è aumentata : l’esportazione del grano è leg­ germente diminuita l’ importazione del vino, di cui invece è aumentata la esportazione.

Il commercio con l’estero si riassume nelle se­ guenti cifre: Anno 1896 » 1897 Importazione Lire 346,233. 65 425,894. 74

Quasi tutte le suindicate merci provengono dal­ l’Austria, eccettuati gli oli minerali, che vengono dall’ America, e per i filali e tessuti di ogni specie che arrivano dal Belgio, Germania, Francia, S v iz ­ zera ed Austria.

Nell’ esportazione prevalgono ; gessi, calce, avena, laterizi, frutta fresche e prodotti vegetali.

Le cifre rappresentanti il commercio di cabotag­ gio sono le seguenti :

Rimini Cattolica

Importazione... L. 726,766. 30 140,699. 50 E ap o rtazio n e... » 30,198.20 1,050.00 L. 756,964.50 141,749.50 Nel complesso v’ è un lieve incremento a con­ fronto dell’ esercizio precedente.

Nell’ importazione le cifre più notevoli sono indi­ cate da caffè, pepe e frumento; solfato di rame, ge­ neri medicinali, filati di cotone, legna da fuoco, legno comune, lavori da panieraio, carbon fossile, avena, granaglie, riso, candele steariche ; mentre invece nell’ esportazione ban prevalenza vino, legno comune, zolfo, frutta fresche ed altri prodotti vege­ tali, miele.

Analizzando il movimento della navigazione inter­ nazionale nel porto-canale di Rimini e raffrontandolo col 1896 si hanno i seguenti resultati:

Partenze. Esportazione Lire 597,851.95 1,040,966. 72 Diff. nel 1897 . . . + 79,661.11 + 4 43,1 1 4 .7 7 N e ll’ importazione han prevalenza le seguenti merci: olj minerali, caffè, colofonia, filati e tessuti di co­ tone, idem di lana, carbóne di legna, legna da fuoco, legno comune, pietre da costruzioni greggia, carbon fossile e cavalli.

Carichi Vuoti Tonn. Equip. 1896 . . . . . 285 20 9,149 1,506 1897 . . . . . 305 18 9,955 1,598 Diff. nel 1897 + 20 — 2 + 806 + 21 Arrivi. 1896 . . . . . 152 32 5,513 886 1897 .. . . . 158 20 6,111 910 Diff. nel 1897 + 6 - 12 + 508 + 24

Per la navigazione di cabotaggio i risultati sono stati i seguenti :

Partenze.

Carichi Vuoti Tonn. Equip. 1896 . . . . . 75 57 2,857 262 1897 . . . . . 62 60 2,913 545 Diff. nel 1897 - 13 + 3 + 46 - 17 Arrivi. 1896 . . . . . 117 126 6,231 1,114 1897 . . . . . 119 153 7,631 1,212 Diff. nel 1897 + 2 + .43 + 1,400 + 98

Il tonnellaggio complessivo delle navigazioni in ­ ternazionali fu nel 1896 di 14,662 e nel 1897 di 16,066. Non tenendo conto dei navigli arrivati e partiti senza tonnellaggio si hanno nel 1896 tonn. 13,270 e nel 1897 tonn. 15,093.

(10)

378

L’ E C O N O M I S T A

12 giugno 1898

10,344 e non tenendo conto degli arrivi e partenze senza carico a 4,612 nel 1896 e 4,525 nel 1897.

Dal complesso di queste notizie apparisce incre­ mento nella navigazione internazionale, mentre è pressoché stazionaria quella di cabotaggio.

11 consumo del caffè in Italia

Da una relazione del Console del Messico a M i­ lano togliamo alcuni dati intorno al consumo del caffè in Italia, consumo che è andato sempre più diminuendo quanto più è stato aumentato il dazio d’ importazione.

Nel 1871, scrive la relazione, quando la popola­ zione d’ Italia era dì 26,800,000 abitanti, si impor­ tavano quintali 131,124 di caffè, gravato allora dal dazio di L. 57,75 il quintale.

Il 5 maggio 1872 si elevò il dazio a L. 60, ed in quell’anno l’ importazione diminuì a quint. 123,732.

Elevato nuovamente il dazio a L. 80 il quinta'e, il 4 giugno 1877, l’ importazione, in quell’anno d i­ scese a quint. 122,203.

E discese ancor più, fino a 106,732 quintali nel 18s0, in seguito al quarto aumento del dazio por­ tato a L . 1Ò0, il 1 agosto 1879. Da quell’ anno la importazione riprese la via asce-dente toccando il massimo di quint. 194,060 nell’ esercizio finanzia­ rio 1884-85.

Ridiscese poi a quintali 152,796 nell’ esercizio 1886 87, quando il 26 novembre 1886 si elevò il dazio a L . 140.

E discese ancora fino a 131,714 quintali nello esercizio 1892-93 in seguito al sesto ed ultimo au­ mento del 24 novembre 1892, che portò il dazio alla cifra attuale di L. 150.

Nello scorso anno 18'I7 I importazione fu di quin­ tali 129,852 per un valore medio di L. 19,477,800. Sicché, con una popolazione aumentata di 5 mi­ lioni di abitanti, in confronto al 1871, si ha ora una importazione di caffè inferiore a quella di 25 anni or sono, ed il consumo medio per abitante è di circa 400 grammi solamente, inferiore cioè di 100 grammi a quello del tabacco.

G li è che il Governo colpisce tale importazione con un dazio che gli rende 20 milioni di lire al­ l’ anno, mentre 25 anni fa il dazio gravava sul prezzo del caffè per soli 9 milioni circa.

Se non fosse stata triplicata la tassa doganale, certo l’ importazione, per le migliorate condizioni economiche della nazione, per I’ aumentata popola­ zione e per il ribasso nei prezzi del caffè, sarebbe più che raddoppiato ed il Governo ne avrebbe ri­ cavalo in complesso un introito non meno impor­ tante dell’ attuale, co! non piccolo vantaggio per l’Italia di poter attirare a sè parte dell’ importantis­ simo commercio internazionale del caffè che è ora in Europa monopolio di Londra, Amburgo, Rotter­ dam, Havre, Anversa e Trieste.

L ’ Italia è la sola nazione d’ Europa, eccettuata la Francia (dove il caffè paga 156 lire di dazio il quin­ tale) che gravi in modo così enorme questo prodotto. Dopo l’ Italia, ma a distanza di L. 50, segue il Por­ togallo col dazio di L. 100 il quintale; poi l’ Austria Ungheria col dazio di L . 82,60; poi la Grecia (L. 75),

la Russia (L. 73), la Spagna (L. 54), La Germa­ nia (L. 50), la Norvegia (L. 42), l’ Inghilerra (L . 34), la Bulgaria (L. 32), la Rumenia (L. 18), la Svezia (L. 47), la Turchia (l’ 8 per cento del valore), il Belgio (L. 10), la Svizzera (L . 3,50), la Danimarca (L. 0,23), ed infine l’ Olanda la sola nazione d’ E u ­ ropa dove il caffè sia esente da dazio, come esso ne è esente negli Stati Uniti d’America che lo abo­ lirono fin dal 1872.

In seguilo a tale abolizione, gli Stati Uniti hanno veduto aumentare il consumo del caffè da quintali 1.300.000 nel 1873, a quintali 2 milioni nel 1882 e nel 1897 i delti Stati, con una popolazione di 62 milioni di abitanti, consumarono circa 5 kg. di caffè per abitante, e cioè 130 mila quintali in più dei 3 051,500 quintali consumati nello stesso anno in tutta l’ Eurona che pur conta una popolazione superiore di 6 volle « quella degli Stati Uniti

(366 milioni). .

Ed in Europa (fatta eeeez'™e P«r I Inghilterra, che pel grande nso del thè consuma poco caffè, bastandogliene soli 125,000 fi«'"!31' aaaal. e.<r10« circa 200 grammi per ognuno 'l6' su01 Jp milioni di abitanti), trova pure larga e01l'erma 11 'att0 cae il consumo del caffè è tanto ma8Sl0re> 9uanl° mi" nere è il dazio di impnrtazionp.

L ’ Olanda, ohe non ha dazio sul caffè, ne im ­ porta 100 000 quintali con soli 5 milioni di abitanti; il Belgio, con 6 milioni di abitanti, ne consuma 213.000 quintali, circa 4 kg. per testa; la Svizzera con 3 milioni di abitanti, ne consuma quasi 4 kg. e mezzo; la Danimarca 3 kg.; la Germania kg. 2,700. La sola nazione dove pur essendo elevatissimo il dazio (L. 163), è pure relativamente elevato il con­ sumo del caffè, è la Francia che con 38 milioni di abitanti importò lo scorso anno 773,000 quintali di caffè (2 kg. per ahitanfe), contro 638,000 dell’anno 1882 e quintali 450,000 del 4873.

Camera di Commercio di Genova. — Nella se­ duta de! 5 enrr. fu presentata alla Camera la rela­ zione della Commiss'one incaricata di riferire sulle eostrnzio ’i al Molo Vecchio e specialmente di esa­ minare la pratica sulle lamentate concessioni di aree al Molo stesso. In ordine a questa relazione, il con­ sigliere Oliva osserva che la pratica dei lavori da farsi nel porto richiede ano studio diligente ed una larga discussione.

Il eons. Canapa mantiene le sue riserve, ed ag­ giunge che i concessionari dei lamentati stabilimenti precarii già chiedono al Governo la costruzione di uno scalo d’ approdo per rendere le concessioni an­ zidetto da precarie in definitive.

Oliva replica, per alcune spiegazioni alla sua pro­ posta.

Il vice-presidente Cabella ritiene che la sua pro­ posta facente parte del secondo articolo a ll’ ordine del giorno, abbia ad essere discussa separatamente in contrario all’ opinione manifestata in proposito dal cons. Oliva.

(11)

lezione della Commissione senza confonderlo con le altre ragioni che dovranno discutersi.

Canzini ammette la necessità dell’ esistenza nel porto delle officine di raddobbo, e si dichiara con­ trario all’abbattimento immediato di queste costru­ zioni per evitare che possa mancare un area per ripinntarvele.

Vaccaro dà alcune spiegazioni (l’ indole tecnica per far conoscere l’errore della scelta stata fatta della della località. Non ammette la necessità d’ impianti nel porto di veri stabilimenti industriali come quelli che ora si lamentano, mentre non sarebbero richie­ sti che semplici locali di raddobbo.

Baner si dilunga dimostrandosi di parere contrario. Braverò crede che gl’ impianti al Molo Vecchio non dovrebbero disturbarsi, sebbene riconosca che siano esagerati in importanza ; domanda l’approvazione in ­

tegrale d Ile conclusioni della Commissione. Costaguta, altro dei membri della Commissione, propone d'insistere presso il Governo affinchè venga posto mano immediatamente allo spianamento delle soprastrutture del Molo Vecchio, da cui si verranno meglio a conoscere le necessità della navigazione e del commercio.

Oliva insiste per una discussione più larga in or­ dine ai lavori del porto.

Il presidente mette ai voti la relazione della Com­ missione, che viene approvata, ad eccezione delle riserve del consigliere Canepa.

Passando alla seconda pratica il consigliere Ca­ bella svolge la sua interpellanza, che riguarda ap­ punto i lavori del Porlo e domanda quali opposi­ zioni siano sorte contro l’effettuazione del contratto col Governo per l’ esecuzione dei progettati lavori, sulla voce corsa di impedimenti frapposti.

Presidente lo rassicura.

Bravero non è di ugual parere e crede si tratti invece di giuste opposizioni del comandante del porto alla progettata parziale demolizione del Molo Vecchio.

Il Presidente vuole che la Camera si lim iti ad insistere nel senso della proposta Cabella per chie­ dere al Governo la sollecita esecuzione dei lavori.

Replicano Costaguta e Oliva ; questi si dilunga nel dimostrare la necessità assoluta dell’allaciamento della penisola del Molo Vecchio colla Ferrovia, mediante il riempimento del Mandraccio col mezzo dei detriti provenienti dalle demolizioni del Molo Vecchio che si vorrebbero sollecitate.

Alla terza pratica sulle tariffe ferroviarie prende la parola il consigliere Oliva per lamentare la gra­ vità delle tariffe ferroviarie elio ci pongono nelle in ­ feriorità di fronte ai porti di Marsiglia e Rotterdam.

Loda il sindaco di Genova per il telegramma in ­ viato al Governo per ottenere una riduzione di ta­ riffe sul percorso italiano da Genova al Gottardo.

Invita la camera di commercio, ad associarsi al voto stato emesso dall’on. sindaco.

Alla quarta pratica, dopo lunga discussione, alla quale prendono parte i consiglieri Costaguta, Ron- callo, Oliva e il Presidente, si emette parere con­ trario alla fusione proposta dalla Camera di Firenze delle Camere di Commercio con quelle Agrarie.

Finalmente si approva la proposta della Camera di Commercio di Lucca perchè dal Governo sia no­ minata una Commissione di industriali che cooperi nella compilazione del regolamento per l’ esecuzione della legge sugli infortuni al lavoro.

Camera di Commercio di Caltanissetta. — La

ultima seduta cominciò, conforme all’ invito avutone dal Ministero di Agricoltura, con l’ approvazione dei voti seguenti da sottoporsi allo studio del Consiglio superiore dell’ industria e commercio :

1° Riforma della tariffa postale e telegrafica. Riduzione della tassa per le lettere semplici e pei telegrammi.

2° Obbligatorietà della denunzia di costituzione delle ditte alla Camera di Commercio del distretto.

3° Riordinamento delle Camere di Commercio sui seguenti punti :

a) Accrescerne le attribuzioni consultive nel senso facoltativo.

b) Accertamento degli usi e delle consuetu­ dini commerciali, e valore probatorio di tale accer­ tamento.

c) Potere arbitramentale nelle controversie fra commercianti deferite volontariamente alle Camere.

d) Franchigia postale nella corrispondenza coi Ministeri ed autorità pubbliche.

4° Allargamento della rappresentanza commer­ ciale nella Commissione per la tassa di ricchezza mobile.

Successivamente, sul noto argomento delle so­ pratasso ferroviarie, la Camera, associandosi ai voti delle Consorelle del Regno e deplorando che il nuovo progetto ministeriale fondi le sue conclusioni sui reclami delle Camere di Commercio, le quali protestarono contro la sovratassa di sorpresa imposta sui viaggiatori al 1 novembre 1897, mai immagi­ nando che il Governo avrebbe feriti gli interessi commerciali con una tassa molto più esiziale, quale è quella che colpisce direttamente il traffico delle merci; protestò per questo nuovo e più grave at­ tentato contro le nostre industrie e i nostri coni- merci, incapaci di nuovi aggravi, che ne intiSichi­ scono I’ esistenza, e bisognevole, anzi, di ogni cura da parte delle autorità governative, e deliberò di invitare gli on. Deputati della Provincia ad opporsi a che il progetto di legge, presentato il 24 feb­ braio 1898 portante un aumento delle vigenti tasse erariali sui trasporti, nella misura del 3 per cento sui viaggiatori e merci a G. V. e dell’ I,SO per cento sulle merci P. V., sia tradotto in legge, poiché non farebbe che addossare alle grandi reti ferroviarie un peso maggiore, ripercuotentesi sui loro proventi, gravando il commercio, senza riuscire a rinsanguare ìe esauste casse di previdenza, a cui beneficio, illu- soriamente, vorrebbesi far credere mirare la nuova proposta di legge.

Mercato monetario e Banche di emissione

Lo sconto privato a Londra è stato ancor più debole delle settimane passate, la Banca d’ Inghil­ terra tuttavia ha mantenuto il suo saggio minimo ufficiale al 3 per cento, mentre sul mercato libero lo sconto era a 4 1/2 per cento e i prestiti brevi sono stati negoziati anche a 4/2 per cento. La Banca ha ricevuto anche nell’ottava decorsa una grossa somma proveniente in parte dall’ Europa e in parte dal­ l’Australia.

Riferimenti

Documenti correlati

Abbiamo in Italia la fortuna di un esercito che, per molti aspetti, merita ogni elogio; e a dir vero i capi di esso non hanno mai mostrata la tendenza di

— L ’andamento delle campagne in Italia prosegue eccellente e col sole di questi giorni i fru­ menti sono sensibilmente migliorati, essendosi anche potuti

Le cause della ostinata condotta della U nione dei meccanici vanno ricercale, com e già notam m o in altro articolo, nelle tendenze socialiste dallo quali i suoi

chiedeva maturità di studi e di meditazioni, e d’altronde urgendo di sistemare senza altri indugi i debiti degli enti locali delle isole, coronando e

« In m odo speciale essa poi ritiene che le pic­ cole potenze inferiori ai 2 0 0 cavalli le quali possono essere direttam ente concesse dai prefetti ed a cui

oliva sono sempre sostenuti nonostante i molti ar­ rivi dalla Spagna, e che ricercatissime sono le qua­ lità buone che scarseggiano assai e a cui non possono

Abbiamo voluto riferire largamente i vari punti del piano di riforma che il prof. Alessio ha studiato con cura il difficile e complesso problema ha trascurato

A questa doppia disam ina egli ha consacrato oltre duecento- cinquanta pagine della sua opera, ossia circa u n terzo di essa e il resto lo ha dedicato a