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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.25 (1898) n.1265, 31 luglio

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L’ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , I N T E R E S S I P R IV A T I

Anno XXV - Voi. XXIX

Domenica 31 Luglio 1898

N. 1265

SIAMO LIBERALI

Anche 1’ altro giorno I’ A d riatico, riportando un nostro articolo, con parole cortesi ci qualificava

p eriod ico conservatore.

Teniamo ancora una volta a dichiarare, come già abbiamo avuto occasione di farlo verso il Secolo, che ci qualificò allo stesso modo, che non solo I’ E c o ­

nom ista non è conservatore, ma anzi tutte le setti­

mane colle sue critiche, colle sue analisi, colle sue aspirazioni dimostra di credere che poco o nulla nello stalo presente della organizzazione politica vi sia da conservare.

E per poco che si rifletta, chiunque si convincerà facilmente che nessuno italiano può essere contento del modo con cui funziona il Parlamento ; non può essere contento della legislazione che il Parlamento ci ha manipolato; non può essere contento della magistratura ordinaria e straordinaria chiamata ad applicare la legge ; non può essere contento del modo con cui i Governi osservano la legge ; non può essere contento del sistema tributario; non può essere con­ tento del modo col quale il fisco lo applica ; non può essere contento della sicurezza pubblica che lascia tanto da desiderare in quasi tutte le regioni d’ Italia, ed è così facilmente sorpresa e sopraffatta dagli avvenimenti; non può essere contento della politica generale interna che si presenta incerta, saltuaria, senza criteri definiti e precisi ; non può essere contento dei servizi pub­ blici ai quali non si consacra nemmeno quanto è strettamente necessario perché funzionino alla meno peggio ; non può essere contento degli uomini di Stato che danno prova soprattutto di non aver ca­ rattere, e coerenza nelle loro idee; non può esser contento della politica coloniale condotta con tanta leggerezza ; non può esser contento della burocrazia spesso fannullone, infida, prepotente; non può esser contento delle influenze che dominano nelle alte'sfere, influenze che non siamo tutti d’accordo a giudicare purissime.

Non siamo quindi e non possiamo essere conser­ vatori; anzi desideriamo con tutta la intensità, che un indirizzo moderno, innovatore, purificatore, venga a pulire un poco l’ambiente ed a condurre il paese^ in una diversa condizione, nella quale la giu stizia imperi trionfante senza scosse, ma senza tergiversa­ zioni ; la legge sia rispettata prima di tutto dalle autorità, perchè imparino a rispettarla le moltitu­ dini ; — l’ interesse della collettività sia anteposto sempre ed in ogni caso all’interesse dei pochi.

Mentre gli uni per raggiungere questi stessi fini credono che sia necessario con servare, e quindi in­

vocano un continuo intervento dello Stato per im ­

p ed ire il mutarsi delle vecchie consuetudini ; e

mentre gli altri vagheggiano gli immediati e pro­ fondi mutamenti compiuti per mezzo del potere ed invocano lo Stalo socialista, noi, che non abbiamo altra fede che nel progresso contro il quale repu­ tiamo impotenti le resistenze, e non abbiamo nessuna fede negli uomini che hanno pronto il sistema so­ ciale che darà a tutti la felicità, noi dell’Econom ista, ci contentiamo di essere semplicemente liberali.

Convinti della scarsa capacità del legislatore a far delle buone ed efficaci leggi, le quali non possono es­ sere utili se non quando sono il portato di una lenta ed estesa esperienza, convinti della incapacità ancora maggiore dei governi di applicare giustamente le leggi molteplici di cui crede utile essere armato, noi non domandiamo altro che libertà.

Pur troppo dal 1870 in poi uno spirito di igno­ ranza si ,è impadronito delle menti degli uomini di Stato di quasi tutta l’Europa, i quali pur professan­ dosi liberali, hanno creduto che la libertà consistesse nella frequenza ed estensione della p roibizion e; ma vediamo che la loro opera non ha servito ad altro che a dar corpo e forza ad un partito autoritario e tirannico, il socialismo, che si propone di im porre ai popoli la felicità intesa a suo modo.

E noi non cessiamo dal chiedere libertà ; lo studio dei fenomeni economici ci ha dimostrato che i più complessi e più complicati di essi si sviluppano me­ ravigliosamente sempre e quando non intervenga qualche restrizione colla pretesa di regolarne l’indi­ rizzo. Certo, non si nega, anche la libertà ha i suoi inconvenienti, ma di natura loro sono correggibili e facilmente eliminabili dal tornaconto generale^men­ tre gli inconvenienti che derivano dalle restrizioni delle leggi permangono e molto spesso sono aggra­ vati da nuovi guai che da nuove leggi sono deter­ minati.

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quale, qualunque partito ne sia provvisto, è indotto

ad abusare, anche colle migliori intenzioni, e che per conseguenza il solo modo col quale i popoli possono evitare di essere aspramente tormentati col pietoso fine di conseguire la felicità, è quello di ot­

tenere p e r sè stessi la m assim a libertà, limitando

l’esercizio del potere.

Giustizia, pace, progresso, saggia distribuzione dei tributi, sicurezza pubblica, larga istruzione, coesione delle classi sociali, non sono raggiungibili nè coi conservatori, nè coi socialisti, nè cogli opportunisti ; ma solo colla libertà si possono conseguire.

Tenga conto l’A d riatico di queste nostre dichia­ razioni chiare ed esplicite, e se vorrà opporci che di lib erali siamo rimasti noi soli o quasi, ci per­ metta di aggiungere che noi rimaniamo fermi e fi­ denti al nòstro posto, convinti che gli uomini di buona fede, quando avranno perdute le illusioni del momento attuale, torneranno a comprendere che la libertà è la sola bandiera che concilia ad un tempo la solidarietà della società, colla attività dell’individuo.

LI LEGGE SULLA RESPONSABILITÀ DEGLI INF0RTU1I SUL LAVORO

IN FRANCIA

La legge sulla responsabilità padronale, promul- # gata in Francia il 9 aprile u. s. chiude il lungo pe­ riodo preparatorio di studio e di discussione, al quale ha dato luogo in quel paese la questione degli in­ fortuni del lavoro, dall’ epoca già lontana (1880) in cui una prima proposta tendente alla inversione della prova era stata presentata dal deputato Martin Nadaud. Sin dal 4 887, la Camera francese adottò un pro­ getto della sua Commissione, che sostituiva alle re­ gole generali degli articoli 4382 e 4383 del Codice civile francese il principio del rischio professionale. La legislatura successiva della Camera riprese il la­ voro a quello stesso punto, essendo oramai ammesso il rischio professionale. Un progetto presentato nel 1890 dal deputato Giulio Roche, ministro del Com­ mercio, e che istituiva l’assicurazione obbligatoria, di' ventò la base sulla quale la Commissione del lavoro presieduta dall’on. Ricard elaborò un nuovo testo che organizzava l’assicurazione obbligatoria mediante as­ sociazioni mutue regionali, analoghe a quelle che fun­ zionano in Austria dal 1889 in conformità alla legge del 28 dicembre 1887. La Camera approvò il pro­ getto con 493 voti contro 4 il 1° giugno 4893, ma la Commissione del Senato, relatore l’on. Poirrier, re­ spinse il principio dell’assicurazione obbligatoria, pur proclamando la necessità di una garanzia speciale delle indennità dovute alle vittime di infortuni od ai loro aventi causa.

A partire da quell’ epoca ebbe luogo più volte uno scambio di idee tra le due assemblee allo scopo di stabilire un accordo definitivo. Le idee di obbliga­ torietà dominanti alla Camera, quelle al contrario della maggior libertà possibile compatibile con una garanzia data agli operai, che prevalevano al Senato, non si potevano accordare facilmente. Pertanto il progetto approvato nel gennaio 1896 dal Senato si allontanava sempre più dal progetto iniziale della Camera e an­ dava sino a lasciare l’ indennità, dovuta in casi d’ in­ fortunio, oscillante tra i limiti di un massimo e di

un minimo, senza istituire alcuna garanzia obbligatoria all’ infuori di quella fornita dal privilegio attuale del Codice civile.

La Commissione della Camera incaricata di esa­ minare questo progetto non potè dal canto suo ri­ solversi ad abbandonare interamente il principio del­ l’obbligatorietà dell’ assicurazione e ritornò d’ altra parte a fissare una cifra uniforme per I’ indennità. Il testo presentato il 7 luglio 4 897 dal relatore Mar- uéjouls ristabilì infatti l’obbligo dell’assicurazione, ma limitandolo a delle associazioni mutue istituite d’uf­ ficio tra i padroni che non volessero fornire, indi­ vidualmente o riuniti in sindacati, certe cauzioni il cui ammontare doveva essere determinato, in seguito, in un regolamento di amministrazione pubblica. Per ciò che concerne le indennità il progetto Maruéjouls adottava a un dipresso le misure proposte già nel 1893 dal Ricard. Ma pareva ancora impossibile su queste basi di giungere a un accordo col Senato. Fu allora che Governo e Commissione s’ inspirarono a una idea nuova: la garanzia da parte dello Stato dell’ insol­ vibilità dei capi d’ impresa, mediante una imposta ad­ dizionale a quella di patente, messa a carico di tutti gl’ industriali.

Questa garanzia della insolvibilità eventuale dei padroni imprevidenti mediante una imposta generale, di riscossione sicura, aveva il grande vantaggio di ren­ dere inutile I’ obbligo della assicurazione e di per­ mettere cosi di sperare in un accordo col Senato. Nel gennaio di quest’ anno la Camera approvò il pro­ getto rimaneggiato secondo il sistema suindicato e questo dinanzi al Senato non incontrò più la stessa opposizione da parte di quell’ assemblea. Nel suo rap­ porto, infatti, la Commissione senatoria per mezzo del relatore Thévenet accettava il principio dell’ imposta di garanzia e la sola modificazione importante che essa introduceva consisteva a sopprimere la esigibi­ lità del capitale delle rendite da pagare alle vittime di infortuni od ai loro aventi causa, che era stata stipulata nel progetto della Camera.

La discussione del Senato diede luogo a due de­ liberazioni, nell’intervallo delle quali il testo proposto subì ancora qualche rimaneggiamento e fu definiti­ vamente approvato in seconda lettura il 49 marzo 4 898. Il 26 marzo la Camera, senza discussione, dava il suo voto favorevole al testo di legge, quale gliel’ aveva trasmesso il Senato.

La nuova legge si applica ai lavoratori e impie­ gati della industria delle costruzioni, delle officine, delle manifatture, dei cantieri, delle miniere e tor­ biere, dei magazzini generali, delle imprese di tra­ sporli ed in generale di tutte la aziende in cui è fatto uso di congegni meccanici. Essa istituisce a loro profitto un regime differente da quello dell’ar­ ticolo 4382 del Codice civile francese, corrispondente al nostro art. 4134.

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del salario subita e sulla totalità di questa riduzione.

L ’ assicurazione per la malattia non essendo ob­ bligatoria, come invece è in Germania e in Austria, fu necessario accordare la riparazione di tutti gli in­ fortuni di breve durata che in quei paesi sono in­ dennizzati dalla cassa delle malattie. A questo effetto l’ incapacità temporanea di lavoro dà diritto a una indennità ed alle cure mediche a partire dal quinto giorno.

Il carattere dell’ indennità di essere à fo r fa it , con­ seguenza questa del rischio professionale ha per ef­ fetto di sopprimere in massima qualsiasi distinzione fra gli infortuni, secondo il grado di responsabilità incorso sia dal padrone sia dalla vittima. La legge non ammette una distinzione che in caso di colpa ine­ scusabile o intenzionale della vittima. Nel primo caso il principio fo r fa it a ir e è rispettato e l’indennità viene soltanto diminuita. Nel secondo caso c’ è delitto e la indennità è necessariamente soppressa, perchè nessun diritto giustifica la sua concessione. Quanto alla re­ sponsabilità padronale quando è provato che vi è stata colpa inescusabile, essa può anche essere aggravata ma le rendite attribuite alle vittime non possono es­ sere in questo caso aumentate che sino a concorrenza del salario annuale.

La legge organizza la constatazione degli infortuni, essa semplifica la procedura, senza creare alcuna giu­ risdizione arbitrale analoga ai tribunali tedeschi.

Non è istituita alcuna assicurazione obbligatoria. Per ciò che riguarda le misure da prendere per il pagamento dei loro debiti, la legge lascia ai capi di impresa una completa libertà. Per le rendite vitalizie da pagare ai feriti colpiti di incapacità permanente al lavoro o agli aventi causa degli operai uccisi, essa non costringe neanche gli industriali debitori a ver­ sare il capitale delle rendite, basta che soddisfino il pagamento delle somme a misura che scadono (le rendite dovranno essere pagate per frazioni trime­ strali).

Il pagamento delle indennità è garantito dallo Stato, nel modo seguente. Un fondo speciale di garanzia è costituito e la sua gestione è affidala a un istituto di Stato già esistente: la Cassa nazionale per le pen­ sioni alla vecchiaia. Questo fondo è alimentato dal prelevamento annuale di centesimi addizionali all’ im­ posta di patente a carico di tutte le imprese cui si riferisce la legge. In caso d’ insolvabilità dei capi di impresa debitori, la Cassa nazionale interviene e paga le rendite agli interessati, attingendo le somme cor­ rispondenti al fondo di garanzia. I tito ari delle ren­ dite non hanno dunque da preoccuparsi della riscos­ sione delle rendite a loro dovute dagl’ imprenditori ; se il padrone responsabile non paga, è la Cassa na­ zionale che pagherà e che quindi si sostituirà a quelli nel ricupero delle somme spese per questo fatto. Essa eserciterà direttamente I’ azione contro i debitori e per debitori vanno intesi soltanto gl’ industriali non assicurati. Nel caso che il capo d’ impresa abbia preso un’ assicurazione, la Cassa nazionale non avrà da in­ tervenire che se la Compagnia o la Società d’ assi­ curazione cade in fallimento; essa pagherà allora egualmente le rendite ed eserciterà la sua azione contro l’assicuratore. Il fatto d’essere assicurato libera così l’ industriale da ogni responsabilità.

L’imposta, mediante la quale sarà formato il fondo di garanzia è poco alta. Per conseguenza la sicurezza del meccanisco ideato dal legislatore francese dipen­ derà in primo luogo dalla sicurezza che offriranno le

Società di assicurazione. Di qui la necessità di sot­ toporre gli organi di quel meccanismo a una minu­ ziosa sorveglianza. La legge prevede questa sorve­ glianza e stipula l’obbligo per le Società di costituire delle riserve; le modalità sono rinviate a un rego­ lamento.

Tali sono le principali disposizioni della nuova legge francese. Tra la soluzione dell’assicurazione obbliga­ toria, regolata dallo Stato, che ha prevalso in Germania, in Austria e in Norvegia e la semplice modificazione del regime della responsabilità civile,alla quale si sono limitati i legislatori inglesi e danesi, essa reca una so­ luzione intermedia, che il tempo dirà se è pratica- mente buona.

MOTE STATISTICHE SULL’ITALIA11

Sulla giustizia civile, commerciale e penale, co­ piose sono le notizie fornite dM 'A nnuario Statistico e noi ne faremo un cenno piuttosto esteso.

Rileviamo anzitutto che nel 1896 i procedimenti contenziosi, iniziati avanti alle varie magistrature, furono complessivamente 1,441,639 pari a 49.79 ogni 1000 abitanti; mentre le cifre corrispondenti pel 1873 furono 1,083,807 e 37,30. L’aumento è no­ tevole, specialmente pei procedimenti iniziati avanti agli Uffici di conciliazione che da 571,596, nel 1873, sono saliti a oltre 1 milione nel 1 8 9 6 ; le Preture, invece, hanno avuto un minor numero di procedi­ menti, nei detti due auni furono: 386,593 e 242,962; i Tribunali civili ne ebbero in grado di appello 21,935 nel 1875 e 16,434 nel 1896, in primo grado 85,749 e 88,008 nei detti due anni, e la Corte d’ Appello 16,184 e 14,493, nonché, in materia di cognizione diretta delle Corti, 1243 procedimenti nel 1875 e 3506 nel 1896 ; finalmente, le Corti di Cassazione respettivamente 2487 e 3025.

Le separazioni personali di coniugi accolte nel 1896 sono state 717 su 1704 istante, delle quali 453 erano presentate da entrambi i coniugi, 916 dalla moglie, 335 dal marito. Nel 1884, complessivamente, le do­ mande furono 1235, di cui 479 vennero accolte. Nei due anni le domande abbandonate per riconciliazione o per altro motivo furono, rispettivamente, 1007 e 4 0 3 ; le altre furono rigettate.

Un gruppo di dati che riguardano fatti economici dolorosi è quello relativo alle vendite giudiziarie, sequestri, protesti cambiari e fallimenti.

Nel 1884 le vendite di immobili eseguite avanti ai pretori per mancato pagamento di imposta furono 20,422, nel 1896 troviamo che sono state 11,573 quelle avanti ai Tribunali per espropriazione forzata, invece, da 3602 nel 1884 le vediamo salire a 4980 nel 1896. 1 pignoramenti di mobili e frutti pendenti sono stati, nel 1896, 86.164 e nel 1884, 71,1 9 2 ; ma salirono fino a 113,539 nel 1890. Le vendite eseguite di mobili e frutti pendenti furono 7399 nel 1884 e 6351 nel 1896. Negli stessi anni i se­ questri giudiziari da 3 4 3 4 scendono a 1562 e quelli conservativi confermati dall’ autorità giudiziaria da 7623 scendono a 5458. Quanto ai protesti cambiari rie! periodo 1884-1896 la cifra massima si ha nel 1888 con 184,704 protesti, la minore nel 1884

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con 0 8 ,7 6 6 ; nel 1896 furono 112,345. Finalmente

i fallimenti dichiarati nello stesso periodo danno la cifra massima proprio nel 1896 con 2408, la mi­ nima nel 1884 con 844. Sono adunque triplicati fra i due anni estremi; ragguagliati a 100,000 abi­ tanti i fallimenti sono stati 2.91 nel 1884 e 8.32 nel 1896. La necessità di una revisione del Codice di Commercio in questa materia del fallimento è dimostrata anche dall’aumento notevole che si è avuto nei fallimenti dichiarati dopo l’applicazione del nuovo Codice.

Veuendo alla giustizia penale va notato anzitutto che le denuncie, sulle quali fu provveduto dai pre­ tori sono state nel 1896 362,142 contro 247,651 nel 1887 e quelle per cui provvidero gli uffici del pubblico ministero nel 1875 furono 240,987, nel 1887 247,345, e nel 1896 350,916. Le istruttorie esaurite dagli uffici d’ istruzione con ordinanza di non luogo per essere ignoti gli autori raggiunsero la cifra di 72,717 e contro autori noti od indiziati 1 6 5 ,4 9 5 ; quasi un terzo, adunque, delle istrutttorie riesce infruttuoso perchè non si riuscì a scoprire gli autori dei reati. Le istruttorie esaurite dalle sezioni di ac­ cusa sono state 3437 nel 1896.

I giudizi in primo grado dei pretori furono 379,774 dei Tribunali penali 74,909, delle Corti di Assise 2914. Soltanto questi ultimi sono in diminuzione; gli altri invece, specie i giudizi dei pretori, presen­ tano aumento. 1 giudizi in grado di appello ai Tri­ bunali penali nel 1896 raggiunsero la cifra più ele­ vata sinora avuta, 33,1 1 4 ; quelli delle Corti di Ap­ pello pure toccarono la cifra più alta di 31,720 e finalmente quelli della Corte di Cassazione (Roma) furono 11,361.

Quanto agli imputati, pei quali vi fu denunzia, se ne ebbero 826,029, di cui furono prosciolti nel periodo della istruzione 100,933 pari al 32.28 sopra 100 imputati, pei quali vi fu istruzione. Nel periodo del giudizio ne furono prosciolti altri 266,655 pari al 41.40 degli imputati pei quali vi fu giudizio. Sicché, oltre 367,000 imputati, ossia poco meno della metà di quelli denunciati vennero prosciolti. 1 con­ dannati, sempre nel 1876, sono stati 377,448 pari al 58.59 sopra 100 imputati, pei quali vi fu giudizio e al 45.69 su 100 imputati pei quali vi fu denuncia.

Sono cifre che offrirebbero argomento a molte considerazioni. Qui possiamo notare soltanto che la percentuale degli imputati prosciolti, pei quali vi fu giudizio è andata aumentando; infatti era del 28,52 nel 1881, del 32.07 nel 1889 e del 41,40 nel 1896. La percentuale dei condannati è invece diminuita ! era nel 1881 del 71.48 sopra 100 imputati, pei quali vi fu giudizio, e la troviamo invece del 67,93 nel 1889 e del 58.57 nel 1896.

Venendo a considerare i condannati secondo le specie e la misura delle pene inflitte, troviamo che nel 1896 si ebbero 124 condanne all’ ergastolo, 2497 condanne a 5 o più anni, 173 da 2 fino a 5 anni, 25,235 condannati all’arresto fino a 5 giorni e questo per le pene detentive. Per quelle pecuniarie vi furono 132,732 condannati all’ ammenda fino a 50 lire e 43,598 condannati all’ammenda superiore alle 50 lire e multa.

Riguardo a! sesso i condannati si distinguevano in 139,509 uomini pari all’ 83,04 su 100 condan­ nati, e 28,502 donne pari al 16,96 e dal punto di vista dell’età i condannati minori di 18 anni sono stati 19,494 pari all’ 11.61 sopra 100 condannati, da

18 a 21 anni 19,615 (11.67 per cento), da 21 a 30 anni 47,792 (28.44 per cento), da 30 a 50 anni 58,680 (34.93 per cento), oltre i 50 anni 21,534 (12.82). E ’ da notare che le proporzioni rimangono quasi le medesime dal 1890 in poi. Pei minori di 18 anni nel periodo 1 8 9 0 - 9 6 la percentuale mas­ sima si ha nel 1891 con 12.45; la minima nel 1893 con 11.30. Le variazioni pei condannati di età su­ periore sono minime.

1 condannati classificati secondo le condanne pre- cedentente riportate furono, nel 1895, complessiva­ mente 45,579, dei quali 20,906 avevano riportato una condanna, 20771 da 2 a 5 condanne, 3902 oltre 5 condanne.

I reati denunciati furono, nel 1896, 767,125, l’istruzione fu avviata per 288,464 reati; per 76,906 rimasero ignoti gli autori ; i reati giudicati furono 527,868 pari al 68,81 per 100 reati denunciati.

Se prendiamo in esame i reati denunciati, divisi secondo la loro specie e ci fermiamo a quelli che hanno maggiore importanza dal punto di vista eco­ nomico troviamo che i delitti di pubblici ufficiali, nel 1895 furono 2119, le calunnie falsità in giudizio e simulazione di reato 5179, la falsità in monete e in atti 15,605, le frode nei commerci e nelle in­ dustrie 4659, le diffamazioni e inganni oltre 78,000, le rapine, estorsioni e ricatti 3190, i furti nel 1896, 123,101, le truffe e altre frodi 21,766 eoe. Badando più che alle cifre effettive assolute alle proporzioni per 100,000 abitanti si può vedere in quali specie di reati vi è tendenza all’ aumento. E questa ten­ denza la troviamo specialmente nelle frodi, nei com­ merci e nelle industrie, nei delitti contro il buon costume e l’ordine delle famiglie nelle diffamazioni nei furti nelle truffe, nelle contravvenzioni. Negli omicidi volontari e oltre l’ intenzione vi è diminu­ zione e cosi pure nelle lesioni, nelle usurpazioni, danneggiamenti e incendi.

Le persone ammonite nel 1896 sono state 3282 pari a 10,55 ogni 100,000 abitanti; negli anni 1 8 8 0 -1 8 8 9 furono in numero maggiore: 23,411 pari a 83,23 ogni 100,000 a b ; la cifra minima si ebbe nel 1 8 9 0 : 1153 pari a 3,85.

Le domande di grazie esaminate nel 1896 sono state 37,695 di queste 4383 vennero accolte. I con­ dannati che godettero della liberazione condizionale (istituto introdotto dal codice penale nel 1890) fu­ rono 91 nel 1896, e dal 1891 in lutto 243.

Quanto alle carceri giudiziarie gli tabilimenti cir­ condariali e succursali erano al 1° gennaio 1896, 1 7 9 , quelli mandamentali 1 2 7 6 ; gli stabilimenti penali per uomini erano 69 e per donne 7 ; gl’ isti­ tuti di ricovero per minorenni corrigendi tra gover­ nativi e privati sommarono a 42, le colonie per domiciliati coatti a 8. I detenuti esistenti al 31 di­ cembre 1895 erano 73,738 di cui nelle carceri giudiziarie 34,793 negli stabilimenti penali 28,238, in quelli di correzione 6322 e nelle colonie di

coatti 4385. _

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JL

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IL DEBITO IPOTECARIO

L’ ultimo accertamento del debito ipotecario ita­ liano, che grava sulla proprietà fondiaria in Italia fu fatto nel 1871. Da quest’ epoca altri accertamenti non vennero fatti, ma si tenne il sistema di calcolare il debito ogni anno mediante l'aggiunta delle ipoteche nuovamente accese, e la sottrazione delle ipoteche radiate.

il debito ipotecario, come si sa, si divide in frut­ tifero ed in infruttifero.

Il debito fruttifero comprende le iscrizioni, che assicurano crediti di somma capitale, fruttanti inte­ resse, nonché quelle per assicurazioni di rendite, le quali, quando non siano capitalizzate nella iscrizione, sono valutate in capitale nella ragione del cento per cinque.

Il debito infruttifero si divide in cerio ed even­

utale. Il debito certo si riferisce alle iscrizioni, che

mirano ad assicurare i crediti certi e non vincolati ad alcuna condizione, tanto se debbono essere pa­ gati immediatamente, quanto se a termine, purché senza interesse. Il debito eventuale si riferisce alle iscrizioni, che tendono ad assicurare i crediti, che non diventano esigibili se non al verificarsi di dati eventi essenzialmente incerti.

Ecco, ora, secondo le cifre dell’A nnuario stati­

stico pel 1898, com’è proceduto il movimento del

debito futtifero e di quello infruttifero:

debito fr u ttìfe r o : situazione delle iscrizioni ipote­

carie a fine del 1871 lire (>,009,430.696; a line del 1881 Lire 6 ,8 0 5 ,4 1 0 ,9 6 4 ; a fine del 1896 L. 10,142,421,827;

debito in fru ttifero : situazione delle iscrizioni ipo­

tecarie a fine del 1871 lire 4,584,834,409; a fine del 1881 Lire 4 ,9 4 8 ,9 0 3 ,0 9 8 ; a line del 1896 L. 6,431,083,036.

E ’ notevole come il debito ipotecario fruttifero siasi aggravto dal 1881 al 1895. In taluni anni, che si possono chiamare gli « anni dell’ edilizia », si ebbe un crescendo inaudito d’ iscrizioni ipotecarie, men­ tre si riducevano sempre più le iscrizioni perenti, le ridotte e le cancellazioni. Ad esempio, nel 1886 furono create ipoteche fruttifere per L. 687,297,402, mentre non ne furon cancellate che per 310,781,291 lire, e così si continuò nel 1887 con lire 822,984,695 di nuove iscrizioni contro lire 363,523,400 di can­ cellate, e ugualmente negli anni successivi.

S’ ¡comincia a scendere nel 1894 e nel 1896 tro­ viamo, anzi, ohe le iscrizioni ridotte, o cancellate superano quelle nuovamente accese: queste sono per lire 437,083,458 ; quelle per L. 516,202,888.

L’ andamento del debito infruttifero procede pa­ rallelamente a quello fruttifero. Nel 1896 si è de­ terminato un aumento di iscrizioni ridotte, o cancel­ late in confronto di quelle nuovamente accese.

Occorrerebbe si continuasse a procedere in tale guisa ; il debito sui terreni e sui fabbricati costitui­ sce un onere, che nell’ interesse dell’ agricoltura e della proprietà fondiaria domanda di essere alleviato.

Sulla statistica ufficiale del debito ipotecario che abbiamo sopra riassunto, l’on. Rubini ha diretto al

Sole di Milano una interessante lettera nella quale

fa la critica dei dati statistici. Crediamo utile di

riprodurre quelle osservazioni su una materia così completa e controversa.

La nota pubblicala dal Sole del 22 luglio intorno alla consistenza attuale del debito ipotecario iscritto sulla proprietà fondiaria, m’ induce ad alcune con­ siderazioni sull’ argomento.

Questo del debito ipotecario e del suo costante, minaccioso incremento è un tema obbligato per quasi tutti coloro, che si occupano di studi econo­ mici a della condizione in cui si trova la nostra proprietà stabile, particolarmente quella rustica, che è parte tanto cospicua, la principale anzi, della ric­ chezza nazionale.

I numeri inesorabili forniti dalla satistica dinotano infatti uno stalo di cose punto lieto, anche se in­ tesi col dovuto riguardo; diventano addirittura al­ larmanti, se questo riguardo, come generalmente succede, non si usa.

Infatti, pure astraendo per semplicità del debito ipotecario infruttifero, il quale, per la natura sua, riesce meno significativo e pericoloso, il solo debito ipotecario fruttifero sarebbe cresciuto dal 1881 al 1896 in soli 15 anni, da Lire 6,805,460,964 a 10,142,421,827, ossia di L. 3,336,960,863: qualche cosa come presso a poco di mil. 222 1/2 all’ anno in media, già tenuto conto di una epurazione di duplicati, per la somma di L. 379,268,090, praticata alla fine dell’ anno 1 8 8 3 ; e la progressione sarebbe anche più notevole, se si escludesse dal computo l’ anno 1896.

A questo regime disastroso nessuna, per quanto robusta compagine economica resisterebbe; tanto meno la nostra proprietà edilizia e rurale, già pro­ vata duramente per molte cagioni note, d’ indole svariata.

Occorre, però, osservare che l’ accertamento gene­ rale del debito ipotecario risale sino al 1871. Dopo il 1871 la ricerca non fu rinnovata; ma, ad ecce­ zione della sola eliminazione sopraccennata, compiu­ tasi nel 1883, si continuò a calcolare il debito ogni anno mediante l’ addizione delle ipoteche nuovamente accese e la sottrazione delle ipoteche radiate.

Ne venne che le cause originarie di errori, come appunto le iscrizioni duplicate, quelle di semplice garanzia per prezzo in tutto o in parte non ancora soddisfatto, le altre già perente, ma non cancellate, sino da queil’ epoca, andarono sempre più ingros­ sando (salvo quell’ unica rettifica) in particolar modo

per effetto delle ipoteche successivamente estinte, ma che non venivano, a cura delle parti, cancellate.

E queste non devono essere poche quando si consideri che il possesso del documento di libera­ zione fa piena prova, non ostante la permanenza dell’ iscrizione, onde alle parti manca Io stimolo più efficace a regolarizzare la loro posizione ; e si rifletta che la legge attuale ha prolungato sino ad un intiero trentennio, il periodo della prescrizione, seguito dalla radiazione di ufficio.

Di fronte a questo stato di cose bensì vede come le cifre della statistica debbano essere assai lontane dal rappresentare al vero la consistenza effettiva del debito ipotecario e tendano necessariamente ad in­ grossarlo oltre il dovere.

Disgraziatamente mancano gli elementi per prati­ care su di esse una epurazione purchessia.

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È infatti chiaro che il debito fruttifero ipotecario,

e così le rendite garantite da iscrizione, devono pas­ sare tutti, meno forse qualche rara eccezione, per il crogiuolo dell’ imposta sulla ricchezza mobile, di

Caleg. A. . . . . .

Conosciuta la somma dei frutti e dei redditi, si potrebbe da essa risalire, per via di una estimazione prudenziale, al capitale, che essi rappresentano.

Se non che anche le registrazioni della ricchezza mobile sono, al riguardo, incomplete, non tengono, cioè conto, separatamente, di tutte le qualità di redditi, e quelli di origine ipotecaria vanno confusi con altri minori diversi.

Neanche per questa via, quindi, è possibile di rag­ giungere intieramente l’ intento; si può per altro cir­ coscrivere l’ ammontare del debito ipotecario entro un limite massimo che non è senza interesse di co­ noscere.

L’ indagine in parola fu da me eseguita somma­ riamente sino dal 1893 sopra i dati in allora noti dell’ imposta di ricchezza mobile per il 1892 e ne comunicava il risultato all’ illustre comm. Bodio, di­ rettore generale della statistica.

Essa è quindi abbastanza antica ; dopo d’ allora non ebbi più occasione di occuparmi dell’ argomento, salvo che per una breve nota di avvertenza, che trovasi inserita nella pregevole relazione dell’ on. Nic- colini sul bilancio 1897-98 del Ministero di agri­ coltura, industria e commercio.

È però assai facile, per chi Io desiderasse, di ri­ modernare il calcolo, procurandosi i dati più recenti dalla Direzione generale sulle imposte dirette. Esso riuscirà, onzi, anche più breve e convincente, per­ chè l’ attuale categoria dei redditi A* (ruoli), che comprende gli ipotecari, è meno comprensiva del­ l’ antica A, taluni di essi essendo stati iscritti alla Gateg. A1 altri trasferiti ad assolvere l’ imposta me­ diante versamento diretto in tesoreria.

Comunque sia, ecco, per quel che valgono, i dati riferibili al 1892.

R edditi accertati

ag li effetti dell’im posta di R icchezza Mobile.

(Categoria

A).

Redditi iscritti nei ruoli per l’ anno 1892

a carico di privati... L. 153,350,294 id. di enti morali . . » 242,741,382

L. 396,291,676 Debili div. nei ruoli suppletivi . » 25,777,500 Totale L. 420,069,176 Su questi 420 milioni sono però com­

presi anche gli interessi di debiti in tutto o nella massima parte non ipotecari, quali ad esempio : Prestiti comunali e pro­

vinciali . . . L. 32,120,000 Risparmi (escluse le

Casse postali) circa » 53,500,000 Buoni fruttiferi (esci.

quelli pel Tesoro) » 3,000,000 Conti correnti fruttif.

(Istituti di Credito

in genere) . . . » 17,000,000 Inter. Obblig. delle

Società ferroviarie » 47,800,000

A dedurre circa. . --- 155,420,000 Residuo L. 266,649,176

È nella somma di milioni 266, 6, quindi, che nel 1892 dovevano comprendersi gli interessi di quasi tutto il debito ipotecario fruttifero, e dei red­ diti garantiti da iscrizioni ipotecarie, confusi insieme ad altri redditi tassati nei ruoli della Categ. A e non compresi nell’ elenco dei dedotti sopramenzionati ; come ad esempio: interessi di obbligazioni diverse da quelle emesse dalle Società ferroviarie, interessi di conti correnti di Ditte private, censi, livelli, de­ cime, prestazioni perpetue, interessi di debiti pri­ vati, di debiti chirografari, ecc.

È veramente cosa dispiacevole di non aver ele­ menti per assegnare un valore proprio, nemmeno per approssimazione grossolana, a tutti questi altri redditi di natura diversa, dei quali si impinguava la Categ. A (ruoli) del 1892. Esso, però, non po­ teva non essere cospicuo. Cosicché ne consegue che i redditi propri di natura ipotecaria difficilmente avranno rappresentata una somma annua superiore a milioni 220-230.

Su di questa base, e pur ritenuto che il saggio medio del frutto ipotecario fosse a quell’ epoca del 4 1|2 per cento (cifra certamento non elevala, avuto riguardo ai tempi, alle condizioni del credito in tutta Italia, alla sfrenata speculazione che aveva infierito nel precedente decennio) ne verrebbe che la reale consistenza del debito frùttifero e delle rendite ca­ pitalizzate ipotecarie non doveva superare 5 miliardi per due proprietà rurale ed urbana insieme riunite.

Siamo quindi ben lontani dalla somma di Li­ re 9,685,068,634, che la Direzione generale della statistica assegnava al debito fruttifero ipotecario al 31 dicembre 1 8 9 2 ; tanto lontani, che se il ragio­ namento fatto ha un qualche valore, esso condur­ rebbe a ritenere che il debito reale fruttifero ipote­ cario è circa la m età di quello indicato dalla sta­ tistica.

Calcolando, anno per anno, alla stessa guisa, sulla scorta degli elementi offerti dalla imposia di R. M., l’ammontare del reddito composto principalmente di frutti ipotecari, si potrebbe dedurne con assai mag­ giore approssimazione, che non dalle statistiche, la legge di variazione del debito corrispondente in somma capitale, poiché se ne eliminerebbe l’errore dovuto alla non cancellazione delle ipoteche perente.

Che questa debba essere la causa principale d’in quinamento della statistica è indubitato, perchè le duplicazioni non possono avere che una influenza di riflesso per le non avvenute cancellazioni della iscrizione da cui traggono origine ; e d’altronde ab­ biamo già avvertito che nel 1883 se ne fece una larga epurazione. Così dicasi delle altre cause minori,

Del resto la stessa statistica ci avverte in due guise, l’una certa, l’altra di sola induzione, che l’er­ rore dipende essenzialmente dalla incuria della ra­ diazione delle iscrizioni tacitate.

L’ indizio sicuro ci viene offerto dal fatto che l’anno 1896, primo della prescrizione trentennaria, le can­ cellazioni salirono d’un tratto da milioni 3 1 2 circa (media del decennio precedente) a milioni 516.

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movimento speculativo ed economico, si può forse

in piccola parte attribuirlo ad una condizione attuale di cose meno disastrosa, ed averlo come un sintomo, por quanto lento e leggero, di un graduale risana­ mento, poiché la febbrile, temeraria speculazione cessò di trovare alimento sino dagli anni 1889 a 1890, mentre la discesa delle nuove iscrizioni ha continuato senza interruzione sino ad oggi.

Ma su di ciò ogni giudizio è prematuro. Le vi­ cende del debito ipotecario nei prossimi anni av­ venire daranno luce sull’ argomento, dacché si è iniziato il periodo delle cancellazioni d’ ufficio e si dovrebbe, quindi, avere toccato, coll’ anno 4895, l’apogeo del debito registrato. Certo è che se si ri­ petessero quelle del 1896, nel quale anno le iscri­ zioni ammontarono a milioni 437, mentre le can­ cellazioni, come abbiamo visto, salirono a midolli SI 6, il debito dovrebbe decrescere rapidamente e la tesi ottimista parrebbe dovere essere la vera.

lo non arrivo, però, sino a tal punto, e reputerei un altro errore, in senso rovescio, se si attribuisse una eccessiva importanza alla prevalenza anche no­ tevole nei prossimi anni delle cancellazioni sulle nuove iscrizioni, poiché non bisogna obliare l’ in­ fluenza che hanno indubbiamente a tale proposito le mobilizzazioni, ossiano le esecuzioni, degli Istituti di emissione e dei Crediti fondiari.

Ci basti, per ora, di avere potuto portare una nota meno sconfortante nella questione, di avere constatato che la situazione reale è assai meno cat­ tiva e inquietante di quella apparente a sola base di statistiche.

Nè mi pare poco, avuto riguardo alla incidenza che l’argomento ha sul credùo del paese, su di quello della proprietà stabile, sulle risoluzioni stesse dei poteri costituiti, in attesa che altri studi più re­ centi e completi rechino maggior luce su di esso.

Dongo, 22 luglio 1898.

Ing. G. Rubini, deputato.

Rivista Bibliografica

Alfredo Niceforo. — L ’Ita lia b arbara contemporanea.

— Studi ed Appunti. — Palermo, Remo Sandron, 1898, pag. 322 (lire 2).

L ’argomento svolto in questo libro non è certo nuovo ; alcuni scrittori reputati l’hanno già trattato, ma il Niceforo ha dato maggior precisione alla tesi che l’Italia meridionale e insulare si trova in una condizione d’ inferiorità, che l’Autore dice « barbara » rispetto all’ Italia settentrionale e centrale. Avverte però l’ Autore che l’ epiteto barbara va inteso in senso relativo. La barbarie è un concetto eminente­ mente relativo, egli scrive, barbaro noi chiamiamo il Medio Evo, per quanto avesse Dante e San Tom­ maso, non perchè fosse popolato da cannibali o da feticisti, ma perchè segna un grado di sviluppo so­ ciale assai inferiore alle civiltà che lo precedettero e io susseguirono. - Che il concetto di barbarie sia relativo non c’è dubbio e che l’Italia meridionale e insubre sia per molti rispetti meno progredita del- i Italia settentrionale e centrale non crediamo si possa validamente contestare. Tuttavia la lettura del libro che annunciamo lascia l’impressione non solo

che le tinte siano alquanto caricate, ma anche che l’Autore abbia dimenticato come certi caratteri psi­ chici e sociali si trovino medesimamente nel popolo italiano, tanto al nord che al sud. Ad ogni modo il Niceforo ha fatto notare in modo chiaro le differenze che intercedono tra il nord e il sud d’ Italia riguardo al delitto, alla diffusione della cultura, alla natalità, alla mortalità, alla vita economica e sociale, ha fatto un quadro delle condizioni sociali della Sardegna, della Sicilia e del mezzogiorno d’Italia, ha mostrato come e perchè vi sieno due Italie e ha finito col fare un quadro assai sconfortante della decadenza attuale.

Non vogliamo tacere che nel libro del Niceforo si trovano pagine vere e osservazioni acute ; però, a parte le ripetizioni che spesso stancano il lettore, ci pare che argomenti di questo genere vadano trattati con grande serenità e obbiettività, con molte precauzioni e dopo lunghe e pazienti ricerche. Ora il libro del Niceforo, che del resto modestamente è intitolato « Studi e Appunti », viene talvolta a con­ clusioni troppo assolute, dato il genere e il numero dei fatti dai quali sono ricavate. Che vi sia stato un arresto di sviluppo nel mezzogiorno d’ Italia ci pare indubitato, che il progresso verso una fase di civiltà più evoluta sia lento è provato da mille circostanze, ma por parlare di barbarie, anche, e s’intende, in senso relativo, bisognava raccogliere maggior copia di osservazioni di fatti e di dati. Tut­ tavia, nemici come siamo delle illusioni, specie in materia sociale, diamo il consiglio di leggere questo libro, perchè pensiamo che molti ne abbiano grande bisogno. Qualche profitto, anche discordando dalle conclusioni dell’Autore, potranno certo trarne.

Avv. Carlo Carnazza. — L e Società cooperative. —

Tonno, Bocca, 1898, pag. 118 (lire 2).

Questo scritto non aggiunge nulla d’importante a quello che già è stato scritto sulle società coopera­ tive; nè si distingue per semplicità, chiarezza ed esattezza di esposizione. L ’ Autore, che dev’ essere alla sua prima pubblicazione, ha voluto cercare in che consista la coopcrazione, l’origine e la organizzazione sua e ha esaminato le cooperative di consumo e di credito in rapporto alla libera concorrenza, i vari sistemi di rimunerazione del lavoro, le cooperative di produzione e lo stato della cooperazione in Italia. Questo egli ha fatto nella parte prima della sua monografia, mentre nella seconda si è occupato [della questione se il legislatore debba o no dare a tali società il riconoscimento giuridico, se esse assu­ mono la caratteristica di commerciali ed in questo caso se la legislazione commerciale oppure una legge particolare debba dettare le norme regolatrici di esse. Lo studio dell’avv. Carnazza dà quindi modo di conoscere alcuni aspetti della cooperazione e le opinioni di vari autori eh’ egli ricorda.

Alessandro Groppali. — L e teorie sociologiche d i R o­

berto A rdigò. — Torino, Bocca, 1898, pag. 67.

Idem. — L e mouvement social en Italie. — Paris,

Giard et Brière, 1897, pag. 34.

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lo speriamo perohò il Grappali ci pare veramente

indicato per scriverla. Intanto in una monografia che ha il duplice pregio della succosità e della chia­ rezza, l’egregio Autore espone le teorie fondamen­ tali presentate dall’Ardigò nel volume sulla S o c io ­

logia e in parte nell’altro sulla M orale, ne dimostra

la grande originalità e le mette a paragone con le dottrine sociologiche moderne. Pur riconoscendo i meriti incontestabili dell’Ardigò, il Grappali non tace quelli che a suo avviso sono i difetti e le lacune dell’opera sociologica del filosofo mantovano e di­ scute con lui alcuni punti assai importanti della sociologia. È uno studio che ha il pregio di stimo­ lare il lettore a ricorrere alle opere dell’Ardigò per conoscere in tutta la loro interezza le idee del valente pensatore.

Nell’altro opuscolo il Grappali ha voluto presentare ai lettori della « Revue internationale de socio­ logie » un quadro del movimento sociale in Italia. Lo scritto è stato pubblicato sulla fine dello scorso anno ed è ispirato al materialismo storico. Non oc­ corre dire che l’Autore è pessimista e pur troppo i fatti non son tali da ispirare la più piccola dose di ottimismo ; egli crede che il nostro paese è non solo immerso in una crise, ma in preda a una profonda perturbazione cranica (pag. 17) che dura da parecchi anni e ne sconvolge lo svolgimento politico e sociale perchè colpisce le fonti vive dell’ esistenza. Il Grap­ pali ha raccolto in poche pagine molti dati e li ha illustrati con varie considerazioni, cui in parte pos­ siamo sottoscrivere ; le altre ci paiono eccessive o unilaterali e questo deriva, a nostro avviso, dal punto di partenza preferito dall’Autore, che è quello del materialismo storico. Ad ogni modo questi due la­ vori dimostrano nel Grappali uno studioso delle teorie e dei fatti sociologici che potrà dare prove maggiori di mente acuta e di larga dottrina.

Arthur Freiherr von Fircks. — Bevölkerungslehre und

Bevölkerungspolitik. — Leipzig, C. L. Hirschfeld

1898, pag. x-492.

La raccolta, H an d u n d L eh rlu ch d er S taatsw is­

senschaften fondata dal prof. Kuno Frankenstein e

dopo la morte di questi continuata dal prof. Max von Heckel si è arricchita di un nuovo volume sulla Popolazione, che ci pare assai commendevole, specie dal punto di vista statistico.

L ’Autore, membro dell’ufficio prussiano di stati­ stica a Berlino, ha voluto scrivere una specie di vo­ lume introduttivo allo studio della scienza della po­ polazione, com’ egli la chiama, ed era, pei suoi numerosi precedenti lavori di demografia, veramente indicato a darci un simile libro. Se esso non tratta della teoria della popolazione dal punto di vista eco­ nomico e così largamente come il titolo dell’ opera lascierebbe supporre, fornisce però intorno ai vari temi attinenti alla statistica della popolazione notizie copiose ed esatte, almeno in generale, chè forse su qualche punto specialissimo non sarebbe difficile di rilevare alcune inesattezze. E quando si consideri la quantità e la varietà dei dati manipolati per compi­ lare le tabelle statistiche o i confronti e le propor­ zioni relative, si comprende come diventi impossi­ bile di evitare qualche errore.

Il libro del barone von Fircks è di una lettura facile, anche per chi non possiede cognizioni speciali nella materia, avendo egli evitato l’ impiego della

matematica pura. Nella prima parte dell’ opera la statistica e la teoria della popolazione sono state col­ legate in ogni sezione e in questa prima parte oltre, le nozioni generali, sono trattati estesamente i due argomenti Capitali della demografia : lo stato e il movimento della popolazione, nonché il tema pure fondamentale delle tavole di mortalità. Nella seconda parte, intitolata la politica della popolazione, l’Autore si occupa del numero degli abitanti, cioè del pro­ blema di quantità, considerandolo storicamente e teoricamente e del problema di qualità, ossia della forza, della capacità di difesa ( W ehrhaftigheit) delia popolazione.

A rendere ancor più utile quest’ opera si trova una bibliografia che se non è completa (e quale mai può pretenderlo di essere?) è certo assai ricca; essa è do­ vuta al Frankenstein e al Lippert e occupa quasi cento pagine del volume. Nell’insieme si ha adunque un libro che renderà indubbiamente molti servigi agli studiosi della demografia.

Museo commerciale di Milano. — Catalogo degli esp or­

tatori italian i.- 1 8 9 8 .- Milano, Tip. Bellini pag. 304.

Questo nuovo Catalogo degli esportatori ita ­

lian i, edito a cure e spese del Museo Commerciale

di Milano, che è una sezione della Camera di Commercio, viene distribuito dal Museo gratuita­ mente a 10,000 Case estere che risultino poter in­ teressarsi ai prodotti italiani, sperando che in tal modo verrà fatto di dare un nuovo impulso alla nostra esportazione, unico scopo per cui fu istituito il Museo.

La nuova edizione contiene un numero quasi doppio di nomi di ditte che quelle del 1894, e i compilatori sperano che essa sia riuscita, nel limite del possibile, uno specchio esatto e completo delle case italiane, che sono in grado di introdurre sui mercati esteri i loro prodotti in concorrenza con quelli delle altre nazioni. — Certo che per quanta cura siasi posta nella sua compilazione, sviste ed omissioni sarà facile constatare in quasto Catalogo; pure riteniamo che quale esso è riuscirà vantaggioso ai nostri commerci.

Rivista Economica

Le trami/¡e elettriche in Ita liaI l commercio italo-

germanico.

L e tramvie elettriche in Ita lia . — Dal di­ scorso, pronunciato alla Società d'incoraggiam ento

a r t i e m estieri di Milano dall’ ingegnere Minorini,

in occasione del a distribuzione dei premi annuali agli allievi, riproduciamo le seguenti interessanti notizie sulle applicazioni dell’ elettricità aila trazione in Italia.

La prima tramvia italiana a trazione elettrica fu la Firenze-Fiesole, inaugurata nel settembre 1890. Conduttore aereo, sistema Thomson-Houston lun­ ghezza chilometri 7.

Seguirono le tramvie Piazza Yarrone a Piazza Manin (Genova), lunga 2 chilometri, sistema Siemens Italske, inaugurata nel 1892 e quella Piazza Duomo- Sempione (Milano) attivata nel 1895.

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Genova, Firenze, Roma, Torino, Livorno, Milano,

si sta attendendo eon febbrile attività alla sostitu­ zione delle tramvie a cavalli con tramvie elettriche. Genova e la Riviera ad impianto ultimato nel 1899, avranno una rete di tramvie elettriche di uno svi­ luppo complessivo di 66,9 chilom. L ’ esercizio è fatto da tre Società :

La società tramvie elettriche e funicolari che fa il servizio delle linee nell’interno di Genova e della linea Staglieno-Prato-Doria.

La Società dei Tramways Orientali che fa il ser­ vizio delle linee della Riviera di Levante fino a Nervi. La Società Unione Italiana Tramway elettrici che farà il servizio delle linee in costruzione della ri­ viera di Ponente fino a Voltri e della linea Geno- va-Pontedecimo.

L ’andamento altimetrico e pianimetrico delle linee è assai accidentato; si hanno fortissime pendenze (fino all’ 8 Olo) e curve di raggio piccolissimo ; per questo invece dello scartamento normale di m. 1,445 si è scelto per il binario lo scartarmento ridotto di m. 1.00. L’ armamento è del tipo Phoenix con rotaie del peso di 4 2 Gg. al mi.

La trazione è con filo aereo, a trolley; le vetture hanno ognuna due motori da 25 cavalli. L ’energia elettrica viene fornita dalla stazione centrale dalla Sociatà Officine Elettriche Genovesi, meno che per le tramvie a ponente di Sampierdarena della linea, della Società Unione Italiana Tramways elettrici che verranno servite da una sub-stazione in costru­ zione da questa città.

Le motrici a vapore dell’ Officina Centrale, che servono per distribuzione di forza e luce, sono oc- coppiate a dinamotrifasi, oppure a dinamo a corrente continua, a seconda dello scopo a cui deve servire la corrente. La rete aerea nel servizio delle tramvie viene alimentata direttamente dalla centrale con cor­ rente continua a 500 voi. a mezzo di feeder sotter­ ranei. L’ energia viene fornita a ciascuna delle tre Società tramviarie al prezzo di cent. 17 al K -W K

Le concessioni per l’ esereizio hanno durate molto lunghe: 90 anni quelle per la Società tramvie elet­ triche e funicolari, 40 anni quella per la Società Tramways orientali e 55 anni quella per la Società Unione Italia tramays elettrici.

Le tariffe sono in ragione di 8 cen, per persona- chilometro sulle linee della Società tramvie elettri­ che e funicolari e tramways orientali, e saranno in ragione di 5 cent, sulla linea Società Unione Italiana tramways elettrici, quindi alquanto elevate; è be­ ne notare però che le condizioni altimetriche di Ge­ nova rendono elevate anche le spese di trazione.

Firenze ed i suoi subborghi saranno ben presto serviti da tramvie elettriche.

La Société- Anonyme du T ram w ays F loren tin ha intrapresa la trasformazione delle sue linee a cavalli. A impianto completo l’ intera rete, composta di 10 linee, compresa la Firenze-Fiesole, avrà uno svi­ luppo complessivo di 51 chilometri. Il binario è-a scartamento normale con rotaie a Phoenix da 33 Gg. al mi. nell’ interno della città e con rotaie Vignole da 23 Cg. al mi. all’ interno. Il sistema di trazione scelto è quello a filo aereo ; anche Firenze dunque, città eminentemente artistica, non ha esitato ad applicare il trolley ed, ha saputo sapientemente con­ ciliare le esigenze dell’ arte con quella della mo­ dernità.

L'intera rete aerea dei fili di trolley è divisa in

due metà, servite separatamante da due quadri di distribuzione alla stazione centrale.

A impianto completo le vetture saranno provviso­ riamente in numero di 71 a 58 posti molto simili a quelle di Milano. In quasi tutte le linee si hanno delle forti pendenze, e principalmente sulla linea « Viale dei Colli » (5 Olo su 4 chilometri) sulla linea P. Duomo-Fiesole (8 Olo) e Piazza Duomo- Settignano (4 Olo); perciò si è trovato conveniente I’ applicazione a tulle le vetture di due motori da 25 cavalli. Una particolarità delle vetture di Firenze è il freno elettro-magnetico ad esse applicato, co­ stituito da un disco fisso al truck della vettura con­ centrico ad un disco montato su un asse e mobile con questo ; il disco fisso al truck porta delle ca­ bine che, allorquando vi passa la corrente prodotta dai motori funzionanti come dinamo, si magnetizza ed attira il disco che gira coll’ asse e che si muove nel senso dell’ asse; l’ azione che si sviluppa fra i due dischi è potente, ed arresta la vettura in po­ chi istanti.

Per 1’ esercizio delle tramvie elettriche il Comune di Firenze ha dato alla Società una concessione di una durata di 50 anni ; la Società è obbligata a con­ correre nelle spese per diverse opere di piano rego­ latore, e inoltre al pagamento di un canone annuo di L. 38,500 come contributo per le spese di manu­ tenzione e pulizia per le strade percorse dalle tramvie. Dopo i primi dieci anni di esercizio, quando il prodotto netto della linea superi il 7 Olo del capi­ tale impiegato e da impiegarsi nelle linee stesse, T eccedenza sarà ogni anno divisa a perfetta metà fra la Società ed il Comune.

A Roma la trazione elettrica è pure a filo aereo e venne inaugurata il 19 settembre 1895: attualmente lo sviluppo delle linee è di Km. 15.7 0 0 ; a impianto completo sarà di 40 Km.: l’ esercizio è fatto dalla Società Romana Tramways e Omnibus. L’armamento a scartamento normale è del tipo Phoenix con ro­ taie dal peso di 42.5 Cg. al metro, Le vetture, fatta eccezione di quella per la linea di S. Paolo che non ha forti pendenze, sono tutte a due motori 25 cavalli. La corrente per le tramvie viene fornita a conta­ tore e al prezzo L. 0.1666 al K W-H dalle officine delle Società Anglo-Romana, officine che servono anche per l’ illuminazione elettrica di Roma.

La concessione data dal Comune alla Società dura fino al 1 9 2 0 : gli impianti sono tutti delle Società e restano di sua proprietà ; ad essa sono devoluti anche tuttti ì profitti. Il Comune percepisce una per­ centuale del 9 OIq sugli introiti lordi ; la manuten­ zione stradale esclusa quella dell’armamento è a ca­ rico del Comune. Le tariffe sono variabili a seconda delle percorrenze ; in piano la massima è di o Cent, per persona chilometro, in salita di 7 Cent.

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nee della Società Anonima di Elettricità Alta Italia

sarà di chilometri 22,400 dei quali circa 4 0 chilo­ metri servili con accumulatori. L’ armamento a scar­ tamento normale è del tipo Haarman e pesa 114 chilogrammi al metro. Le vetture sono a 40 posti, a due motori da 20 cavalli raduno, e a carico completo pesano circa tonn 14.5. La batteria di ac­ cumulatori del Tipo Tudor è di 200 elementi vi fi­ gura per 3500 chilogrammi. Sulla tratta a filo ae­ reo la corrente non vieu presa dal conduttore col trolley ordinario, ma mediante il quadro scorrevole ad archetto sistema Siemens e Halske.

L’ energia elettrica è fornita dall'officina di Yia Bologna, che serve anche per forza e luce e che comporta attualmente tre motrici a vapore, accoppiate direttamente a dinamo a corrente continua di 800 a 900 cavalli caduna, oltre una batteria di accumu­ latori Pollai: capace di 500 cavalli e compensatrice ctel consumo.

Le altre due Società, Società belga e Società to­ rinese riunite, allo scopo di trasformare rapidamente le linee a cavalli in elettriche in occasione dell’ E- sposizione hanno per ora applicato soltanto il sistema a conduttura aerea a trolley.

Lo sviluppo complessivo delle linee a impianto completo sarà di circa 80 chilometri con almeno 150 vetture: l’ energia viene fornita da una speciale of­ ficina a vapore che comporta per ora e per le 48 vetture in servizio due motrici e due dinamo ili 500 cavalli cadauna. Questo impianto è affidato alla casa Schu'-kert e C. ili Norimberga.

A Livorno da qualche mese si è inagurata la tra­ zione elettrica delle tramvie a filo aereo: l’impianto venne eseguito dalla casa Schuckert e G. lo svi­ luppo delle linee è per ora di 1(1 chilometri con 40 vetture in servizio; l’ officina generatrice a vapore comporta tre aggruppate di 300 cavalli cadauna.

Anche la Yalganna sarà presto attraversata da una tramvia elettrica; la Società Tramvie e Ferrovie elettriche varesine che fa già il servizio della tramvia elettrica Yarese-La Cappella ne ha quasi completato l’ impianto. La linea sarà lunga circa 25 chilom. a conduttori aerei verrà applicato il sistema a corrente trifasica, come quello di Lugano.

L ’ energia generata dallo tre turbine tipo Pelton da 375 cavalli cadauna dell’ impianto idro-elettrico di Cuuardo, la cui costruzione è già ultimata, sotto forma di corrente trifasica a 5500 volt, verrà tra­ sportata con conduttori aerei a Varese e a Luino.

Le tramvie di Milano ad impianto completo avranno uno sviluppo di 64 Km. di linea con 94 Km. di binario, I’ energia viene fornita dall’ officina ge­ neratrice di P. Volta della Società Generale Italiana Edison di elettricità A. P. Volta per ora sono in­ stallate tre motrici a vapore da 1000 cavalli cada­ una che azionano direttamente altre macchine dinamo trifasiche a 3600 volt. La corrente trifasica gene­ rata all’ officina di P. Volta a mezzo di conduttori sotterranei viene portata all’officina di Santa Rade- gonda ove con dei trasformatori retativi viene tra­ sformata in corrente continua a 550 volt, che quindi lancia a mezzo di 15 feeder sotterranei nella rete ae­ rea dei fili di trolley. L’ officina di P. Volta ad im­ pianto completo comprenderà undici motrici a va­ pore ciascuna da 1000 cavalli con altrettante dinamo trifasiche.

Per effetto del contratto colla Società Edison l’e­ sercizio delle tramvie è fatto direttamente dal Co­

mune, il servizio è affidato alla Società Edison. Al- I’ impianto dell’ armamento provvede il Comune; a quello della condottora aerea e delle officine la So­ cietà che deve pure fornire le vetture ed il personale. L ’ incasso è devoluto al Comune; il quale rim­ borsa alla Società le spese per il servizio fatto in ragione di cent. 25 per ogni chilometro percorso da ciascuna vettura automotrice in servizio e in ragione di Cent. 13 per ogni vettura rimorchiata, e trattiene una somma annua in ragione di L. 4500 per ogni chilometro di binario quale corrispettivo delle speso ad esso derivanti dalla proprietà del binario. Del re­ siduo netto il 60 Olo spetta al Comune, il 40 Olo alla Società: Il nuovo contratto ha una durata di 20 anni cioè dal 1° gennaio 1897 al 1° gennaio 1917 con facoltà nel Comune di riscattare completamente l’esercizio in qualunque momento del secondo de­ cennio compensandolo al valore industriale.

I l commercio italo-gerinauico. — In un suo re­ cente rapporto I’ enotecnico italiano a Berlino cav. G. Ferrano, riferisce alcuni dati della statistica do­ ganale tedesca relativi al movimento degli scambi tra la Germania e l’ Italia per l’ anno 1896, dei quali ci pare interessante far cenno.

L ’ Italia esporta in Germania in primo luogo le sue sete greggie, vengono poi in ordine di impor­ tanza le frutta, la canapa, l’olio d’ oliva, il vino ed altri prodotti agrari, le uova, il pollame, eco.

I prodotti industriali sono scarsamente rappresen­ tati nel commercio italiano di esportazione.

L ’ Esportazione della Germania in Italia comprende 1 prodotti tessili, metallurgici, quelli della lavorazione del cuoio e delle industrie chimiche.

Dal confronto delle cifre del 1896 e del 1895 si rileva che l’ importazione dall’ Italia è diminuita, mentre è aumentata la esportazione dei prodotti te­ deschi in Italia.

Le importazioni di prodotti italiani in Germania si ragguagliarono nel 1896 a 137 1/2 milioni di mar­ chi e quella dalla Germania in Italia a milioni 8 5 . 6 ; rimpetto al 1895 vi fu diminuzione nelle pri­ me di 8 1/2 milioni e aumento nelle seconde di 2 1/4 milioni di marchi.

Le cifre dell’importazione dall’Italia in Germania segnano sbalzi continui. L ’importazione totale ha rag­ giunto il maggior valore nel 1893 e il valore mi­ nimo nel 1891. Il commercio dei metalli preziosi ha assunto la massima importanza nel 1894 e la mi­ nima nel 1896.

Dopo una continua diminuzione interrotta soltanto nel 1892, il commercio speciale di esportazione dalla Germania in Italia segna dal 1895 in poi un au­ mento. L ’esportazione dei metalli preziosi non se­ gue gli sbalzi delle importazioni. L ’esportazione mas­ sima di questi fu raggiunta nel 4896 (2 milioni), e la minima nel 1891 e nel 1895 (1.5 milioni).

I prodotti che segnano diminuzione, tra i due anni in esame, nelle importazioni dall’Italia sono: la seta ed oggetti di seta, i metalli preziosi, i mi- nererali e il bestiame; quelli invece che rappresen­ tano aumento sono: i generi alimentari, gli olii, i cereali ed altri prodotti derivati, gli oggetti artistici, le pietre e oggetti di pietra.

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