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L’IMPORTANZA DELLE TABELLE NELLA VALUTAZIONE MEDICO -LEGALE Prof. Alessandro Chini

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Academic year: 2022

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L’IMPORTANZA DELLE TABELLE NELLA VALUTAZIONE MEDICO-LEGALE

Prof. Alessandro Chini

Il titolo di questa tavola rotonda fa riferimento alla storia ed ai criteri adottati per la stesura dei principali barèmes e, pertanto, ad un passato più o meno prossimo, ma tale riferimento, inevitabilmente, comporta anche una discussione sul futuro di questi barèmes, futuro che tenga conto di quali debbano essere i criteri da adottare per quelli che, nel tempo, si andranno, obbligatoriamente o per scelta di studio, a prospettare.

Come noto, la formulazione di Guide è nata da una esigenza pratica per la quale si è ritenuto utile procedere alla compilazione di tabelle di valori precostituiti da applicare poi, in concreto, caso per caso.

Questa soluzione è stata accettata da tutti gli operatori del settore ed io credo di essere stato il solo o (quanto meno) uno dei pochi che da quando ho cominciato ad occuparmi della valutazione medico-legale del danno alla persona degli organi interni e, cioè, da oltre quarant’anni, ho sempre sostenuto che sarebbe più rispondente alla realtà clinica e medico-legale anziché “costruire” tabelle, tener conto, per la valutazione del singolo caso concreto, dei principi della semeiotica e della fisiopatologia che, come in clinica non esiste la malattia ma il malato, così in medicina legale non esiste il danno ma il danneggiato.

Con il tempo, però, considerato soprattutto che l’attività valutativa medico legale è andata progressivamente aumentando sia come frequenza che come importanza, e che questo ha attirato, nel suo ambito, professionisti non forniti della necessaria o meglio indispensabile preparazione clinica oltre che specialistica, ho capito l’utilità, quanto meno sul piano pratico, di dette tabelle.

Ma le stesse non possono essere soltanto espressione del parere di competenti professionisti (purtroppo talora selezionati soltanto per le loro qualifiche) ma debbono rappresentare il risultato di approfondite indagini condotte da Medici esperti nel settore con criteri il più possibile aderenti ai principi cui in precedenza ho accennato, principi che sempre ed in ogni caso debbono rappresentare, ripeto, la base di ogni valutazione medico-legale.

Ed è per questo che mi meraviglio che anche attualissime tabelle siano, da questo punto di vista, almeno in parte, carenti.

Non mi riferisco, ovviamente, alle Guide alla cui stesura hanno collaborato i qui presenti amici Mangili e Umani Ronchi posto che, nelle ultime rispettive edizioni del ’95 e ’98, si è indubbiamente tenuto conto di tale esigenza (anche se è auspicabile che si proceda ulteriormente per questa strada al fine di ottenere uno strumento di consultazione sempre più valido) ma a quella recentissima sull’indennizzo del danno biologico, allegata al decreto legislativo 23/02/00 n. 38 che disciplina le nuove prestazioni per invalidità permamente erogate dall’INAIL e che trova applicazione

Professore di medicina legale e delle assicurazioni

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per i sinistri accaduti successivamente dal 25/7/00, tabella approvata con D.M. del 12/07/00.

Proprio per quanto sinora detto non entro nel merito delle percentualizzazioni postulate ma debbo però precisare che ritengo corretto, ad esempio, che per la valutazione delle cardiopatie (mi riferisco alle prime quattro voci della tabella delle menomazioni) sia fatto riferimento esclusivamente alla Classe NYHA di appartenenza e, per le voci 2) e 3) anche ai valori della frazione di eiezione.

L’appartenenza ad una delle classi NYHA può infatti, avere un prevalente, se non esclusivo valore di riferimento clinico-terapeutico, essendo le stesse espressione di un riferito anamnestico che non può però trovare altrettanto determinato riscontro in sede applicativa medico-legale dove, per una serie di motivi a tutti noti, l’anamnestico va sempre criticamente considerato ed accettato soltanto se trova adeguato riscontro clinico e strumentale.

E neppure il riferimento al valore della frazione di eiezione può essere considerato, se di per sé solo considerato, parametro di riferimento valutativo quando, come noto, le variabili da valutare per la determinazione del danno cardiaco sono, nell’ordine, non solo la funzione ventricolare sinistra, con il valore della sua frazione di eiezione, studiata con l’ecocardiografia bidimensionale ma anche la ischemia residua analizzabile attraverso i tests ergometrici e l’ecocardiografia da stress con dipiridamolo e/o dobutamina, le tachiaritmie ventricolari facilmente identificabili con l’elettrocardiografia dinamica secondo Holter ed il substrato aritmogeno rilevabile attraverso i potenziali tardivi eventualmente visualizzabili attraverso la adeguata amplificazione (diverse centinaia di volte) dei complessi QRS di un normale elettrocardiogramma di superficie.

E, ancora, mi sembra piuttosto limitativo classificare una insufficienza renale di lieve entità, moderata, grave o severa (voci 361, 362, 363 e 364 della tabella delle menomazioni) soltanto sul valore della clearance, della creatinina e della creatininemia quando invece sono da tenere nella loro giusta considerazione anche i valori della pressione arteriosa e le loro interelazioni della proteinuria.

Ed infine, cosa significa splenectomia con necessità di accorgimenti terapeutici così come espresso alla voce 109 della tabella delle menomazioni.

Il problema valutativo, anche in questa singola fattispecie apparentemente semplice, va posto in senso fisiopatologico ricordando che, indipendentemente dalla fiche ematologica degli splenectomizzati (per altro funzionalmente poco o nulla rilevante), bisogna accertare se e quali ripercussioni ha avuto la asportazione del viscere sulle funzioni cui lo stesso partecipa tenuto conto che tali eventuali ripercussioni hanno diversa importanza a seconda del sesso e dell’età della persona interessata dall’evento lesivo. E’ noto, d’altra parte, come, mentre l’importanza di molte delle funzioni in passato assegnate al viscere è andata progressivamente attenuandosi, alcune di esse si sono maggiormente e definitivamente chiarite. Una, ad esempio, quella anticorpale, grazie anche al considerevole sviluppo delle particolari tecniche di indagine disponibili, ha assunto primaria importanza ed è noto come le relative indagini hanno consentito di evidenziare, in una percentuale non trascurabile

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di splenectomizzati per rottura traumatica della milza, un deficit del sistema di difesa immunitario inquadrabile nel grosso capitolo delle sindromi da carenza anticorpale.

Da non dimenticare, poi, le modificazioni anatomopatologiche che si possano verificare in relazione all’intervento chirurgico che di norma viene effettuato in condizioni sfavorevoli (paziente in stato di shock, presenza anche di altre lesioni talora gravi, intervento di urgenza, ecc.) e che possano influire, ad esempio, su di una normale cicatrizzazione potendosi realizzare cicatrici aderenti, dolenti, di aspetto cheloide e, quello che più conta, insufficienti.

Da non sottovalutare, poi, le complicazioni post-operatorie della splenectomia da rottura traumatica della milza che, come noto, sono abbastanza frequenti e che, ovviamente, possono influenzare gli esiti dell’intervento. Prime fra tutte, per la loro importanza a questo riguardo, le sindromi occlusive e/o aderenziali e le pleuriti.

Mentre le prime possono obbligare ad un secondo intervento di viscerolisi con tutte logiche conseguenze negative che un atto operatorio del genere comporta, le seconde, di norma, esitano in sindromi disfunzionali ventilatorie del tipo di quelle restrittive.

Infine ritengo utile, a questo punto, accennare anche alle alterazioni gastrointestinali evidenziabili in quasi tutti i soggetti splenectomizzati: tali alterazioni consistono essenzialmente, a livello gastrico, in una risposta secretoria paradossa allo stimolo alcolico e, a livello intestinale, in fenomeni distonici per lo spostamento in basso dell’angolo splenico del colon in conseguenza della sezione operatoria del legamento frenico-colico e, dall’altra, a fenomeni irritativi simpatico-vagali distrettuali.

Ed infine un’ultima osservazione forse più etica ed umana che clinica: ritengo, a titolo strettamente personale, che le percentualizzazione così come formulate in riferimento alla neoplasie maligne, rappresentino una espressione tecnica forse corretta ma certamente non sostenuta da quella conoscenza dell’esistenziale del malato che ha sempre caratterizzato e sempre dovrà caratterizzare il rapporto medico- paziente.

Capisco di essere stato prolisso ma l’argomento è di tale interesse ed importanza che mal si presta ad una esposizione eccessivamente sintetica.

Vi risparmio, perciò, da altre osservazioni, e concludo ripetendo il mio pensiero così come l’ho esposto all’inizio di questo intervento: ben vengano le tabelle purchè però le stesse, siano formulate soltanto quando ogni singolo problema sia stato affrontato nella sua interezza secondo criteri fisiopatologici moderni e biologicamente validi che permettano l’estrazione di sempre più corretti parametri valutativi.

E’ con tale invito che auguro al costituendo gruppo di studio (del quale si spera faranno parte Professionisti che, indipendentemente dalla loro qualifica, siano per Esperienza e Dottrina particolarmente esperti nel settore), che sarà nominato, ai sensi dell’art. 5 della Legge 05/03/01 n. 57, con Decreto dei Ministeri della Sanità, del lavoro e della Previdenza Sociale e dell’Industria, Commercio ed Artigianato, per la predisposizione di una tabella delle menomazioni alla integrità psico-fisica comprese tra 1 e 9 punti di invalidità, un proficuo lavoro nella speranza che, in un futuro non

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troppo remoto, venga sollecitata ed istituzionalizzata anche una tabella che comprenda tutte le voci di danno e non soltanto quelle meritevoli del riconoscimento di una micro-permanente.

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