COLLEGIO DI BOLOGNA
composto dai signori:
(BO) MARINARI Presidente
(BO) MARTINO Membro designato dalla Banca d'Italia
(BO) BERTI ARNOALDI VELI Membro designato dalla Banca d'Italia
(BO) LUCARELLI Membro di designazione rappresentativa
degli intermediari
(BO) CAPILLI Membro di designazione rappresentativa
dei clienti
Relatore MARCO MARTINO
Seduta del 08/10/2019
FATTO
Parte ricorrente, anche a mezzo della documentazione acclusa al ricorso, allega che:
è titolare di un rapporto di c/c presso l’intermediario A;
in virtù di detto rapporto, in data 12.09.2018 si recava presso la propria filiale insieme all’acquirente di un camper, messo in vendita dal ricorrente su un sito internet, per verificare la bontà dell’assegno circolare n. ***745 di euro 28.000,00 emesso dall’intermediario B; l’acquirente era accompagnato da un terzo soggetto;
la dipendente presente allo sportello contattava telefonicamente l’ Intermediario B allo scopo di ottenere il “bene emissione” del titolo e all’esito della telefonata comunicava al venditore che il titolo di credito era valido;
provvedeva a versare l’assegno sul c/c a lui intestato e il giorno stesso stipulava il contratto di vendita, trascrivendo il trasferimento di proprietà del veicolo;
il giorno seguente, eseguendo una verifica sul proprio c/c tramite Home Banking, apprendeva che l’assegno risultava insoluto “in quanto falso” e che pertanto l’importo era stato stornato;
immediatamente contattava l’intermediario A e si recava presso l’agenzia di pratiche auto per tentare di revocare il passaggio di proprietà, senza esito, essendo
trascorse più di 24 ore;
provvedeva a sporgere denuncia dell’accaduto;
Parte ricorrente afferma che:
la verifica compiuta dall’intermediario A con esito favorevole ha ingenerato un indubitabile affidamento circa l’effettivo incasso della somma portata nel titolo;
ai sensi dell’art. 1856 c.c. la banca risponde secondo le regole del mandato e, in quanto operatore professionale particolarmente qualificato, la diligenza e la prudenza devono essere quelli propri del “buon banchiere”;
la verifica telefonica di “bene emissione” è una prassi sempre meno diffusa fra istituti bancari, per via della sua scarsa affidabilità; nel caso di specie la banca negoziatrice si è limitata a effettuare la telefonata senza chiedere una conferma scritta né identificare con modalità sicure l’identità del funzionario competente, con conseguente violazione della diligenza qualificata ex art. 1176, comma 2, c.c;
attraverso una ricerca su Internet sarebbe stato possibile verificare l’inesistenza della presunta filiale di emissione dell’assegno;
è attualmente operativa la procedura di “Check Image Truncation” (CIT) (dal 5.03.2018 per i soggetti emittenti e dal 04.05.2018 per i soggetti negoziatori), disciplinata, a livello operativo, dalla Circolare ABI, Serie Tecnica n. 21 del 12.06.2014 integrata dalla Circolare Abi Serie Tecnica n. 5 del 22.03.2016;
l’intermediario A) non ha posto in essere nessuna delle verifiche previste dalla citata procedura CIT al fine di prevenire ed evitare le frodi; al contrario, con la conferma del “bene emissione”, l’istituto ha ingenerato nel ricorrente la legittima aspettativa della validità dell’assegno;
contesta quanto riferito dall’intermediario A nel riscontro al reclamo, secondo cui il
“bene emissione” necessita di un mandato specifico ed era stato espletato per
“mera cortesia”, con carattere “informale”; al riguardo, il ricorrente non ha ricevuto alcuna informazione né richiesta di conferire all’istituto uno specifico mandato;
in ogni caso, qualora l’intermediario accetti di espletare un servizio, anche informalmente, non può che effettuarlo con la massima professionalità e con la diligenza specifica, rispettando le leggi e le normative, anche regolamentari, vigenti, salvo essere ritenuto necessariamente responsabile ed essere tenuto a risarcire il danno;
sussisterebbe responsabilità contrattuale da contatto sociale (Cass. Civ. SS.UU. n.
14712/2007);
L’intermediario A allega ed eccepisce che:
non sussiste alcuna sua responsabilità ex art. 1176, comma 2, in quanto, come comunicato al ricorrente, la conferma di “bene emissione” telefonica non è idonea a fornire la garanzia della validità e del regolare pagamento del titolo;
nonostante ciò, il ricorrente aveva chiesto comunque di procedere alla verifica telefonica, senza conferimento di mandato per la presentazione di formale istanza scritta all’istituto emittente, in quanto tale procedura sarebbe stata non consona alle tempistiche della transazione;
la propria dipendente ha rifiutato di contattare il numero telefonico indicato dal
compratore-truffatore e, autonomamente, mediante la strumentazione informatica dell’istituto, ha ricercato il recato telefonico della filiale della Banca emittente indicata sull’assegno;
in particolare, “dal motore di ricerca “Google” accedeva ad un sito apparentemente in tutto e per tutto rispondente a quello della Banca emittente l’assegno, che proponeva tra le diverse informazioni (sulla Banca, la filiale, l’ubicazione, corredo fotografico e altri dati) anche il recapito telefonico della Filiale”;
“la segreteria telefonica rispondente al numero così reperito era verosimilmente quella dell’Istituto emittente il titolo”;
il titolo presentato dal cliente non presentava, ad un’indagine attenta, alcun sospetto di falsità;
per quanto riguarda la negoziazione di assegni, nei rapporti con il cliente, l’intermediario risponde secondo le regole del mandato (art. 1856 c.c.), con la diligenza qualificata dell’accorto banchiere;
secondo la giurisprudenza la banca negoziatrice di un assegno, girataria per l’incasso, non risponde del pagamento del titolo nel caso in cui non via sia alterazione palese o visibile; l’alterazione deve essere percepibile ad occhio nudo;
ha negoziato l’assegno verificando il codice “Data Matrix” presente sugli assegni come prescritto dalla Circolare Abi – Serie Tecnica n. 21 del 12.06.2014, non rilevando alcuna anomalia;
ritiene non rifondibili le spese legali richieste sin dal reclamo dal ricorrente in quanto la loro richiesta è priva di idoneo supporto probatorio e in considerazione della non complessità del ricorso.
L’intermediario B precisa i fatti e formula le proprie eccezioni come segue:
il ricorrente, che non ha in essere alcun rapporto con l’istituto, ha concordato la vendita di un veicolo con un soggetto, fratello della traente, la quale risulta in effetti cliente correntista dell’istituto; venditore, compratore e un accompagnatore si sono recati presso la banca negoziatrice per effettuare la verifica sull’assegno circolare consegnato dalla traente al venditore;
la banca apparente emittente è estranea ad ogni responsabilità; infatti: non ha ricevuto alcuna telefonata relativa al predetto “bene emissione” alla sua Sede Centrale né tantomeno alla Filiale di Pavia, che non esiste; non ha mai emesso l’assegno circolare de quo e non risulta che la traente abbia mai richiesto l’emissione di alcun assegno circolare;
la falsità dell’assegno circolare era rilevabile ictu oculi, a partire dalla filiale di emissione;
l’intermediario negoziatore è gravato da responsabilità contrattuale da contatto qualificato e deve provare di aver operato con la diligenza richiesta per l’accorto banchiere (art. 1176, comma 2, c.c.); nel caso di specie, infatti, solo la banca negoziatrice poteva operare i controlli sull’autenticità dell’assegno;
sussiste inoltre concorso colposo del ricorrente (art. 1227, comma 1, c.c.) per non aver effettuato – ad esempio – alcuna verificare su internet sull’esistenza o meno di una filiale dell’intermediario a Pavia.
Parte ricorrente conclude chiedendo la restituzione di Euro 28.000,00, oltre interessi e spese, a carico dei due intermediari resistenti.
Entrambi gli intermediari concludono per il rigetto del ricorso.
DIRITTO
Parte ricorrente lamenta la mancanza di diligenza da parte dell’intermediario A per aver quest’ultimo consentito l’incasso di un titolo contraffatto e chiede che sia ritenuto responsabile in solido con l’emittente intermediario B, il quale sarebbe stato contattato per la verifica di “bene emissione” del titolo.
Conseguentemente, chiede il rimborso di una somma pari all’ammontare dell’assegno circolare apparentemente emesso in data 12.09.2018, dell’importo di Euro 28.000,00, e rivelatosi falso.
Con riferimento alla condotta dell’intermediario negoziatore, la giurisprudenza dell’Arbitro, sulla scorta dei principi sostenuti anche dalla S.C., è solita affermare che, alla luce del principio di diligenza professionale ex art. 1176, comma 2, la banca negoziatrice incorre in responsabilità solo nel caso in cui proceda al pagamento di un assegno la cui alterazione sia riscontrabile ictu oculi, attraverso un attento esame diretto dell’assegno, senza che sia richiesto l’impiego di attrezzature tecnologiche eccessivamente sofisticate e dispendiose.
In altre parole, la responsabilità della banca può essere affermata solo qualora l’alterazione o contraffazione fosse agevolmente percepibile al momento della presentazione dell’assegno, mentre va esclusa laddove da un diligente esame a vista del titolo non fosse possibile rilevare l’alterazione e/o contraffazione dello stesso.
L’intermediario A evidenzia nelle sue controdeduzioni che dalle verifiche effettuate alla presentazione del titolo per l’incasso non sarebbero emerse anomalie in quanto: non erano riscontrabili alterazioni apparenti sul titolo; la negoziazione dell’assegno, dotato di Data Matrix, “non ha prodotto alcuna anomalia”.
L’intermediario B eccepisce, quale elemento di rilevabile “a un esame visivo più attento della copia dell’assegno”, il fatto che il luogo di emissione ivi indicato corrisponde a una città nella quale l’istituto non ha alcuna filiale.
Il rilievo è confermato: la ricerca su “Albi ed Elenchi” di Banca d’Italia con riferimento alla presenza di una succursale alla data del 12.09.2018 conferma che non vi è alcuna filiale presente nella città de qua.
L’intermediario A), ha riferito di aver negoziato l’assegno senza riscontrare nessuna anomalia nemmeno in relazione al Data Matrix, senza tuttavia fornire alcuna documentazione a riprova dell’esito dei controlli tecnici esperiti.
Sempre l’intermediario A afferma di avere tenuto una condotta diligente in quanto:
ha reso edotto il ricorrente del valore puramente informativo del controllo telefonico meramente verbale;
pur in assenza di “mandato alla banca di inoltrare formale istanza scritta all’istituto emittente” per ottenere “riscontro certo e vincolante … che avrebbe richiesto tempi di attesa probabilmente non adeguati alle dinamiche della transazione che intendeva concludere”, ha eseguito il controllo telefonico;
ha rifiutato di telefonare al recapito della filiale fornito dall’acquirente;
ha cercato su “Google” il recapito telefonico della filiale (non precisata), che reperiva in un sito internet in tutto e per tutto simile a quello dell’intermediario B);
contattava tale numero, al quale rispondeva la “segreteria telefonica”
“verosimilmente quella dell’Istituto emittente il titolo”.
Sul punto, l’intermediario A non chiarisce come abbia ottenuto la conferma telefonica della bontà del titolo, dal momento che parrebbe avere interloquito con una “segreteria telefonica rispondente”. Non risultano in atti né il numero di telefono contattato né copia della pagina internet apparentemente riferibile alla filiale dell’intermediario emittente.
L’Intermediario B nega di aver mai ricevuto richiesta telefonica di bene emissione;
eccepisce pertanto la propria completa estraneità ai fatti in oggetto.
Alla luce delle sopra indicate circostanze, ci sono plurimi indici del fatto che l’intermediario A – che aveva negoziato il titolo poi risultato falsificato – non ha tenuto una condotto accorta e diligente, essendosi limitato a contattare l’istituto emittente con una ricerca di recapiti effettuata su un sito internet, senza consultare le banche dati creditizie e limitandosi a un mero controllo visivo del titolo e a una mera telefonata a una terza banca, addirittura limitandosi a interloquire con una segreteria telefonica, come il medesimo intermediario A riferisce nelle proprie controdeduzioni. In aggiunta, appare decisivo quanto affermato dal Collegio di Coordinamento con la pronuncia del 2018 citata: “Il Collegio di coordinamento ritiene che, in caso di assegno circolare, la certificazione del bene emissione a cura dell’intermediario negoziatore sia sufficiente a ingenerare nel cliente un legittimo affidamento rispetto alla bontà dell’assegno”.
Il Collegio di Bologna, nella decisione n. 3486/2019, valorizzando il principio affermato dal Collegio di Coordinamento, ha negato la sussistenza di una responsabilità concorrente del cliente che aveva portato il titolo all’incasso.
Del pari, nessuna responsabilità può ascriversi all’intermediario B, relativamente al quale non v’è prova del coinvolgimento nella vicenda della negoziazione del titolo falso.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio – in parziale accoglimento del ricorso – dichiara l’intermediario A tenuto in favore della parte ricorrente alla restituzione dell’importo complessivo di euro 28.000,00 (ventottomila/00), oltre interessi legali dalla data del reclamo. Non accoglie il ricorso nei confronti dell’intermediario (B).
Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario (A) corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e alla parte ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1