• Non ci sono risultati.

Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1991, Anno 50, giugno, n.2

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1991, Anno 50, giugno, n.2"

Copied!
224
0
0

Testo completo

(1)

GIUGNO 1991 P u b b lica zio n e trim estra le Spedizione in abbonam ento p o sta le - G ruppo IV - 70%

Anno L - N. 2

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E S C I E N Z A D E L L E F I N A N Z E

Fondata da BENVENUTO G RIZIO TTI

(e

RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)

D I R E Z I O N E

ENRICO ALLORIO - EMILIO GERELLI COM ITATO SCIENTIFICO

ENRICO DE M ITA - ANDREA FEDELE - FRANCESCO FORTE FRANCO GALLO - IGNAZIO MANZONI - GIANNINO PARRAVICINI ANTONIO PEDONE - ALDO SCOTTO - SERGIO STEVE

COM ITATO D IR E T T IV O ROBERTO ARTONI - FILIPPO CAVAZZUTI - G. FRANCO GAFFURI - DINO PIERO GIARDA SALVATORE LA ROSA - ITALO MAGNANI - LEONARDO PERRONE - ENRICO POTITO FRANCESCO TESAURO - GIULIO TREMONTI

(2)

di\dititt(r p u b b lico d ella F a coltà di G iurispru denza d ell’ U niversità di R om a. Q uesta R ivista v ien e pu b b lica ta con il con trib u to fin a n zia r io d el Consiglio N azion a le delle R icerch e.

Direzione e Redazione: D ip a rtim en to di E con om ia pu b b lica e territoria le d el­ l’ U niversità, Strada Nuova 65, 27100 Pavia; tei. 0382/387.406

Ad essa debbono essere inviati bozze corrette, cambi, libri per recensione in duplice copia.

R ed a ttori:Silvia Cipollina, Angela Fraschini, Giuseppe Ghessi. Segretaria di Reda­ zione: Claudia Banchieri.

L ’ Amministrazione è presso la casa editrice Dott. A . GIUFFRÈ EDITORE S.p.A .,

via Busto Arsizio, 4 0 - 2 0 1 5 1 Milano - tei. 3 8 .0 0 0 .9 7 5

Pubblicità:

dott. A. Giuffrè Editore S.p.a. - Servizio Pubblicità

via Busto Arsizio, 4 0 - 2 0 1 5 1 Milano - tei. 3 8 . 0 0 0 .9 7 5 , int. 3 2 4

CONDIZIONI DI ABBO N AM EN TO PER IL 1 9 9 1

Abbonamento annuo It a lia ... L. 7 0 .0 0 0

Abbonamento annuo e s t e r o ... L. 1 0 5 .0 0 0

A n n a te a r r etra te sen z a a u m en to risp etto alla q u o ta a n n u ale.

L’ abbonamento decorre dal 1° gennaio di ogni anno e dà diritto a tutti i numeri dell’ annata, compresi quelli già pubblicati.

R pagamento può effettuarsi direttamente all’ Editore, anche con versamento sul conto corrente postale 721209, indicando a tergo del modulo, in modo leggibile, nome, cognome ed indirizzo dell’ abbonato; oppure presso i suoi agenti a ciò autorizzati.

Gli abbonamenti che non saranno disdetti entro il 10 dicembre di ciascun anno si intenderanno tacitamente rinnovati per l’ anno successivo.

Il rinnovo dell’ abbonamento deve essere effettuato entro il 15 marzo di ogni anno: trascorso tale termine, l’Amministrazione provvede direttamente all’ incasso nella ma­ niera più conveniente, addebitando le spese relative.

I fascicoli non pervenuti all’ abbonato devono essere reclamati entro 10 giorni dal ricevimento del fascicolo successivo. Decorso talé termine si spediscono, se disponibili, contro rimessa delTm^orto.

AH’ Editore v^Jfnp indirizzate inoltre le comunicazioni per mutamenti di indirizzo, quest’ ultime acca{n{fy|fìatft dall’ importo di L. 500 in francobolli.

Per ogni effetto f%bnonato elegge domicilio presso l’Amministrazione della Rivista. Ai collaboratóri la tr in o inviati gratuitamente 50 estratti dei loro saggi. Copie supplementari eventnaloMghte richieste all’ atto del licenziamento delle bozze verranno fornite a prezzo di cósttK'La maggiore spesa per le correzioni straordinarie è a carico dell’ autore.

Registrazione presso il Tribunale di Milano al n. 104 del 15 marzo 1968 Iscrizione Registro nazionale stampa (legge n. 416 del 5.8.81 art. 11)

n. 00023 voi. 1 foglio 177 del 2.7.1982 Direttore responsabile: Emilio Gerelli

Rivista associata all’ Unione della Stampa Periodica Italiana

Pubblicità inferiore al 70%

(3)

INDICE-SOMMARIO

P A R T E P R I M A

Vin c e n z o Vis c o - Alcune osservazioni sulla formazione delle decisioni legi­ slative in materia di politica fiscale ... Giu s e p p e Gh e s s i - Un carteggio inedito Einaudi-Griziotti sul modo di conce­

pire la scienza delle fin an ze ... Lu ig i Mit t o n e - Il ruolo della qualità nella domanda di servizi pubblici. Un

metodo di analisi empirica ... Lo r e n z o De l Fe d e r i c o - Il contenzioso in materia di tributi locali: problemi

attuali e prospettive ... Al e s s a n d r o Gio v a n n in i - Processo tributario: riflessioni sul ricorso presenta­

to al centro di servizio ... 261 288 314 333 358 A PPU N TI E RASSEGNE

Eu c l id e An t o n in i - La natura del bollo: è questo un quesito cui merita, rispondere? ...

LEG G I E D OCU M EN TI

Go b ie r n o Es p a ñ o l o - Min is t e r io d e Ec o n o m ia y Ha c ie n d a - Informe sobre la reforma de la imposición personal sobre la renta y el patrimonio (I) ...

RECENSIONI

Te s a u r o F . - Lineamenti del processo tributario (M.C. Fr e g n i)

NUOVI L IB R I ... RASSEGNA D I PUBBLICAZIONI RECEN TI ...

P A R T E S E C O N D A

(4)

processuale tributario - Impugnazione di richieste di informazioni Guardia di Finanza ex art. 51 n. 4 D .p.r. n. 633/1972 - Giurisdi- f, del giudice amministrativo - Esclusione,

processuale tributario - Irrogazione di pene pecuniarie a soggetti di­ versi' dal contribuente ai sensi del D .p.r. n. 633/1972 - Giurisdizione delle Commissioni tributarie - Sussistenza (Cons. Stato, Sez. IV , 28 g en n a io 1991, n. 43) (c o n n ota d i R . Sc h ia v o l in) ... Irpeg-Ilor - Imprese di assicurazione - Imposta sostitutiva sulle assicurazio­ ni - Contabilizzazione in dare ed avere del c.p.p. - Recupero a reddito da parte deH’ufficio - Inammissibilità (Comm. Trib. I gr. di Trieste, Sez. I, 20 settembre 1988, n. 832) (con nota di G. Tr e m o n t i) ...

29

(5)

A LC U N E O SSERVAZIO N I SULLA FO RM AZIO N E -D E L L E D E C ISIO N I LE G ISLA TIV E IN M A T E R IA D I P O L IT IC A FISCALE (*)

1. Pochi altri settori della nostra legislazione sono soggetti a critiche radicali e suscitano il generale malcontento come la norma­ tiva fiscale che sembra scontentare proprio tutti: i contribuenti, l’amministrazione, i rappresentanti degli interessi coinvolti (sinda­ cati, industriali e altre categorie economiche), e gli esperti che ope­ rano nel settore.

In certa misura tale atteggiamento critico è comprensibile ed inevitabile, dal momento che la materia è per sua natura tale da sollecitare (e ferire) continuamente i nervi sensibili di chi ritiene di pagare troppe imposte, di essere oggetto di discriminazioni indebite e c c ., vale a dire un p o ’ tutti. Così come inevitabile appare la critica di coloro che ritengono il sistema troppo complicato: infatti è vir­ tualmente impossibile ed illusorio pensare di gestire una realtà eco­ nomica molto complessa quale è quella attuale con norme semplici e di generale ed agevole comprensione.

(*) Desidero ringraziare i Professori Gino De Gennaro, Gianluigi Galeotti, Giorgio Rodano, Franco Romani e Pietro Vagliasindi per i loro commenti a questo scritto che espone in modo alquanto frammentario e senza nessuna pretesa di si­ stemazione teorica alcune riflessioni sui processi di decisione in materia fiscale che traggono origine dall'aver preso parte direttamente a tale processo per 7 anni in qualità di parlamentare, dopo aver acquisito, m precedenza, qualche esperienza diretta circa l’organizzazione e il funzionamento del Ministero delle Finanze I na precedente versione di questo lavoro è stata pubblicata nel volume: Le politiche pubbliche in Italia, curato da Bruno Dente per il Mulino (1990). L analisi econo­ mica del funzionamento delle Istituzioni ha avuto il mento negli anni passati di stimolare l’interesse degli economisti sul lato più oscuro e meno evidente delle scelte economiche pubbliche. Questo scritto può essere considerato un contributo empirico di fonte diretta a tale tematica. Molto tuttavia rimane da indagare so­ prattutto a livello teorico, al fin e di comprendere fin o in fondo i meccanismi di f u n ­ zionamento reali delle nostre democrazie. In proposito v. interessante contributo di Weingast B .R . e Marshall W .J., The Industrial Organisation Congress, in Jour- nal o f Political Economy, 1988.

(6)

Tuttavia è indubbio che nel settore fiscale si manifestano in modo evidente e in misura maggiore che in altri campi, conflitti di interesse, contraddizioni politiche, insufficienze tecniche, decisioni puramente discrezionali e non di rado veri e propri arbitri legislati­ vi. E difficile attribuire tali difficoltà interamente al modo in cui le decisioni vengono assunte, dal momento che sarebbe pericoloso e riduttivo imputare alle procedure la responsabilità di esiti che han­ no radici ben più profonde. Tuttavia può essere interessante com ­ piere qualche riflessione sulle modalità con cui le procedure vengo­ no effettivamente utilizzate, o si prestano ad ottenere determinati risultati concreti che sono, è bene ribadirlo, piuttosto insoddisfacenti.

I meccanismi che presiedono alla formazione delle decisioni in materia tributaria non sono formalmente diversi da quelli abituali: vi sono innanzitutto le proposte di iniziativa governativa, che sono ovviamente quelle più importanti (disegni di legge, o sempre più spesso decreti legge), e di iniziativa parlamentare (proposte di leg­ ge), il passo successivo è la decisione di porre all’ordine del giorno (calendarizzare) una determinata proposta da parte delle Commis­ sioni competenti di Camera e Senato (la VI Commissione in ambe­ due i casi), decisione di grande importanza in quanto essa in teoria può consentire di accelerare, rallentare o impedire l’iter parlamen­ tare di alcune leggi; tale decisione, inoltre, viene normalmente as­ sunta aH’unanimità nell’ufficio di presidenza della Commissione, e solo in caso di dissenso essa viene rimessa al voto della Commissio­ ne (seguendo così la stessa procedura prevista per l’Aula). Tuttavia negli ultimi anni l’accumularsi di esigenze « oggettive », il numero crescente di proposte, il moltiplicarsi di decreti legge che spesso decadono e vengono reiterati più volte, la consapevolezza tecnica dei problemi da parte di tutti i gruppi politici, il sovrapporsi conti­ nuo dei lavori di Commissione con quelli dell’Aula che costringe ad interrompere continuamente i primi, fanno sì che i calendari risulti­ no in buona misura obbligati, anche se una certa flessibilità perma­ ne e viene ampiamente utilizzata.

(7)

ri-fiuto può essere utilizzato strumentalmente nella polemica corren­ te. Questo è uno dei motivi per cui i calendari parlamentari abbon­ dano di provvedimenti che rimangono (spesso solo formalmente) all’attenzione della Commissione per settimane, mesi, o anche an­ ni, senza mai approdare all’approvazione definitiva, contribuendo a rafforzare nell’opinione pubblica la convinzione di un’insanabile inefficienza del Parlamento, o di cattiva volontà dei parlamentari. Il fatto è che le necessità politiche contingenti spesso spingono a dare un « segnale » di attenzione all’opinione pubblica o ai settori interessati a una certa legge, senza considerare che nessuna orga­ nizzazione che aspiri a funzionare in maniera efficiente può assu­ mere impegni o porsi obiettivi sproporzionati rispetto alle proprie strutture e capacità di lavoro: il mancato rispetto in tempi ragione­ voli degli impegni assunti è in questo caso semplicemente una con­ seguenza tecnica inevitabile, che comporta anch’essa un costo poli­ tico che tuttavia, essendo differito, non viene adeguatamente valu­ tato nel momento in cui la decisione di porre all’ordine del giorno un provvedimento viene assunta.

L ’iter in Commissione consiste nella relazione iniziale sul provvedimento, nella discussione generale, e nel successivo pas­ saggio all’esame degli articoli e alle proposte di emendamento, molto spesso preceduto da « Comitati ristretti », vale a dire da riu­ nioni informali cui partecipano solo pochi parlamentari, e che han­ no la funzione di meglio istruire il provvedimento in esame. Alla fi­ ne si arriva alla votazione che invia il testo emendato in Aula per l’esame e la votazione finale, ovvero all’approvazione definitiva in sede legislativa nell’ipotesi in cui sia stato raggiunto un accordo so­ stanziale tra la maggioranza dei gruppi parlamentari. Nell intero

iter che va dall’iniziale elaborazione delle proposte (sia governative che parlamentari) all’approvazione finale delle leggi, vi è un ampio spazio di intervento per lobbies, gruppi di interesse, esperti, gior­ nalisti più o meno informati e competenti, consulenti dei vari grup­ pi politici o di singoli parlamentari, ecc. ecc.

Va ancora osservato che il lavoro in Commissione o nei Com i­ tati ristretti è quello veramente importante ai fini della formulazio­ ne delle leggi: quando un provvedimento raggiunge l’Aula la possi­ bilità di modifiche o integrazioni ulteriori è infatti molto ridotta, e può essere esercitata in modo efficace quasi esclusivamente dal Governo. L ’Aula può essere un’utile cassa di risonanza a livello po­ litico, ma è relativamente poco frequente che essa eserciti un

(8)

fluenza decisiva su questioni così tecniche e ostiche quali sono quelle fiscali (e in verità anche in molte altre materie). Ciò era vero anche quando le votazioni avvenivano con voto segreto, ed è ancor più vero nel regime attuale di voto palese. N é va dimenticato che nei pochi casi in cui il Governo è stato battuto da un voto d Aula su un punto importante di una legge tributaria, il voto ha assunto es­ senzialmente il significato di una manifestazione di disagio politico (eventualmente, ma non necessariamente, di dissenso nei confronti del Ministro in carica), ma la sostanza del voto è stata successiva­ mente neutralizzata mediante la riformulazione, in forme parzial­ mente diverse, della stessa norma da parte del Governo, o il rinvio del provvedimento in Commissione per un’integrazione dell’esame. Non sembra quindi fondata l’opinione di coloro che vedono (o ve­ devano) nei voti d ’Aula contrari a provvedimenti del Governo l’o­ pera di lobbies potenti, dal momento che il voto d ’Aula per una lob­

by rappresenta una risorsa estrema e scarsamente efficace; né è valida la convinzione — molto diffusa — secondo cui la responsabi­ lità degli sfondamenti di bilancio andasse attribuita prevalentemen­ te al voto segreto esercitato in Aula: i « giochi » importanti, infatti, venivano e vengono fatti ben prima della discussione d ’Aula che nella maggior parte dei casi rappresenta un evento pressoché esclusivamente formale (1).

2. Le norme tributarie sono sicuramente tra le più tecniche e le più complicate. La loro formulazione quindi rappresenta un com ­ pito di notevole difficoltà e di delicatezza estrema, dal momento che non di rado può essere sufficiente una lievissima modifica per cambiare radicalmente il significato di una norma, e per aumentare o ridurre considerevolmente il carico fiscale dell una o dell altra ca­ tegoria di contribuenti.

(9)

— 265 —

Il significato politico delle decisioni assunte è quindi il più delle volte poco evidente, e pienamente comprensibile soltanto ad un li­ mitato numero di tecnici che rappresentano di fatto i veri referenti politici di Governo e Parlamento su questa materia, sulla quale, nonostante l’interesse e le continue discussioni, il controllo dell’opi­ nione pubblica è sostanzialmente carente, se non del tutto inesi­ stente. Ciò risulta ancora più evidente se si analizza più puntual­ mente l’iter complessivo del processo di decisione.

La fonte principale della normativa tributaria è, come si è ri­ cordato, il Governo che è assistito in questo compito dagli uffici deH’Amministrazione finanziaria.

Tuttavia al momento attuale pochi settori della Pubblica Am ­ ministrazione sono più in crisi e più fragili del Ministero delle I i- nanze. In passato questa struttura era in grado di esprimere fun­ zionari di notevole livello che producevano norme, circolari e riso­ luzioni di grande chiarezza e qualità. Oggi questa tradizione conti­ nua a manifestarsi in alcuni funzionari centrali e periferici; tuttavia nel complesso l’amministrazione non è più in grado di esprimere con i suoi comportamenti una linea coerente, o di esercitare una di­ fesa consapevole del sistema tributario. Lssa è infatti afflitta da un esodo permanente che la priva sistematicamente degli esponenti più capaci e più attivi; i dipendenti sono frustrati, costretti à lavora­ re in condizioni molto difficili, privi di mezzi e strumenti tecnici, con retribuzioni di gran lunga inferiori ai guadagni di qualsiasi esperto esterno, commercialista o contabile. Essa è sempre più for­ mata da persone culturalmente modeste, per lo più laureate in giu­ risprudenza, tagliate fuori del dibattito tecnico-scientifico nazionale e internazionale, prive di conoscenze e sensibilità economica, e spesso anche con scarse competenze contabili. La struttura interna, strettamente gerarchica e verticistica, incentiva il conformismo e mortifica le potenzialità individuali: nessuno è pienamente respon­ sabile di nulla se non del rispetto formale della normativa, e gli stessi dirigenti o direttori generali sono lieti di assumere direttive e indirizzi dal Ministro di turno e dai suoi collaboratori.

(10)

repressione dell’erosione, o da un rinvio sine die di rimborsi dovu­ ti; né essi mostrano particolare sensibilità per alleviare il peso degli adempimenti dei contribuenti, per rendere più semplici le procedu­ re, o per instaurare un rapporto di fiducia e collaborazione con i cittadini: il loro obiettivo principale, infatti, è quello di evitare l’as­ sunzione di responsabilità dirette specifiche.

Manca infine totalmente nell’intero processo di formazione delle leggi fiscali qualsiasi interesse e sensibilità dell’amministra­ zione per le implicazioni amministrative e gestionali delle norme che vengono introdotte, e sull’effettiva possibilità di applicazione delle stesse e di controllo dei risultati. Non è un caso quindi che molte norme risultino disapplicate in pratica, o che comportino per la loro gestione quotidiana costi amministrativi elevati, o talvolta chiaramente eccessivi, in termini di impiego di personale, procedu­ re informatiche ecc. In altre parole, manca ogni visione « azienda­ le » del funzionamento della macchina amministrativa.

L ’influenza della politica si fa sentire ben al di là degli indirizzi generali e delle scelte di fondo che ogni Ministro compie: le preoc­ cupazioni di carriera e l’aspirazione a promozioni giocano un ruolo importante in proposito, e le prospettive di avanzamento dipendo­ no sempre più dai Ministri e dai sottosegretari; così come è molto evidente la tendenza ad evitare scelte che possano essere o anche solo apparire in contro-tendenza rispetto agli orientamenti ed aspi­ razioni correnti.

(11)

267 —

Naturalmente il contributo che la collaborazione di esperti esterni, in particolare provenienti dal mondo accademico, può for­ nire all’elaborazione della politica fiscale non va disconosciuta; tut­ tavia tali apporti dovrebbero tradursi in un arricchimento e in un sostegno all’amministrazione e non nel suo esautoramento.

Gli interessi dei contribuenti sono ben rappresentati all’interno dell’amministrazione e nel momento dell’elaborazione legislativa. Essi si esprimono sia attraverso contatti diretti delle organizzazioni dei contribuenti col Ministro e i suoi collaboratori, sia mediante i rapporti continui con i funzionari dell’amministrazione incaricati di seguire i singoli settori. Inoltre negli anni successivi alla riforma tributaria del 1973 le presenze esterne sono state in certa misura istituzionalizzate attraverso la creazione del Comitato tecnico per l’attuazione della riforma tributaria, formato da un numero rilevan­ te di esperti, la cui composizione è variata più volte nel tempo a se­ conda degli orientamenti dei Ministri in carica che spesso hanno chiamato a farne parte anche persone che erano espressione diretta di interessi di categoria. Inizialmente costituito per la formulazione e l’integrazione dei decreti di attuazione della legge di delega, il C.t. è attualmente ancora in carica, dopo 17 anni trascorsi dalla ri­ forma, per l’elaborazione dei Testi Unici in cui le norme delegate dovrebbero essere finalmente raccolte in modo sistematico.

Vengono inoltre sovente costituite apposite Commissioni di studio per l’esame di singoli argomenti, cui partecipano, oltre a funzionari del Ministero, membri del Comitato tecnico, e altri esperti del settore. Viceversa molto poco utilizzato è il Consiglio Superiore delle Finanze che pure dovrebbe rappresentare il princi­ pale organo di consulenza del Ministro.

(12)

commercialisti e quindi, sia pure inconsapevolmente, tendono a caldeggiare modifiche legislative che possono rendere più agevole e certo lo svolgimento della loro professione, più che facilitare l’at­ tività dell’amministrazione; infine altri esperti ancora fanno parte di uffici tributari di imprese e associazioni di categoria, e sarebbe troppo chiedere loro un atteggiamento autonomo.

Tutti gli esperti comunque sono interessati a far parte di Comi­ tati o Commissioni presso il Ministero delle Finanze: ciò accresce il loro prestigio e la loro autorevolezza esterna e quindi la loro possi­ bilità di trovare buoni clienti; fornisce utili occasioni di contatto con esponenti deH’amministrazione cui possono rivolgersi in caso di ne­ cessità; e, sia pure in misura diversa, possono esercitare una qual­ che influenza sull’evoluzione normativa, o perlomeno controllarla e conoscerla sul nascere.

Si tenga presente inoltre che la materia fiscale è ormai così complicata, che spesso solo coloro che si occupano professional­ mente di un suo limitato segmento riescono a controllare piena­ mente tutti i risvolti della normativa, sicché si crea il paradosso che, in assenza di un’amministrazione forte autonoma e competen­ te, diventa inevitabile in pratica dover affidare agli interessati il compito di indicare i criteri di formulazione delle norme che li ri­ guardano. Ed in verità più di una volta è avvenuto che siano stati portati in Parlamento testi scritti in tutto o in parte da associazioni di categoria.

Infine non va dimenticato che in Italia, a differenza che in altri paesi, le questioni fiscali vengono considerate materia di prevalen­ te competenza di giuristi o contabili, e non argomento fondamenta­ le della disciplina economica. Manca quindi, qnche per responsabi­ lità degli economisti, uno dei principali controlli esterni sulla coe­ renza e sulla razionalità della normativa, e sulle conseguenze prati­ che che essa può determinare.

(13)

esplicati-269 —

ve o sedi di dibattito autorevoli; la cosa è alquanto paradossale se si riflette sul fatto che il Ministero rappresenta, o dovrebbe rappre­ sentare, la principale concentrazione di esperti tributari del paese, il « custode » della tradizione italiana in materia. I funzionari, che spesso non dispongono neanche delle raccolte di leggi aggiornate (sempre che non le acquistino direttamente), non possono che subi­ re l'influenza di queste associazioni o imprese specializzate, ben or­ ganizzate o fornite di mezzi, e non di rado l’invito a un convegno può rappresentare per loro un non trascurabile elemento di gratifi­ cazione.

(14)

sulle loro conoscenze piuttosto che sulla loro funzione specifica. Questa tradizione continua in parte ancora oggi; tuttavia è evidente la tendenza di alcuni settori di questa associazione, ad interpretare la loro funzione in modo diverso rispetto al passato e quindi ad as­ sumere posizioni o esprimere indirizzi chiaramente volti ad assicu­ rare vantaggi fiscali a determinate categorie di contribuenti, in par­ ticolare ai grandi gruppi industriali, indipendentemente dal merito teorico della questione, venendo quindi a svolgere una normale at­ tività di lobbying, che non appare coerente con le tradizioni ricordate. L ’influenza attuale dell’Assonime sul Ministero rimane comun­ que rilevante, ma sicuramente meno di un tempo, non fosse altro per la diffusione delle conoscenze in materia fiscale, e la prolifera­ zione massiccia di nuovi « esperti » fiscali negli ultimi 10-15 anni, che hanno richiesto, e inevitabilmente ottenuto, un’audience e un ruolo crescente a tutti i livelli. E d in questo processo è chiaramente cresciuto negli ultimi anni il ruolo di altre organizzazioni quali ad esempio I’Abi (Associazione bancaria italiana).

U n’influenza rilevante sulle scelte legislative è stata svolta ne­ gli ultimi anni anche dal Secit (Servizio centrale ispettori tributa­ ri) (2), non di rado in contrasto con gli indirizzi e le scelte effettuate in precedenza dalle Direzioni generali. Si è quindi creata in alcuni casi una situazione di conflitto latente che ha prodotto inconvenien­ ti non trascurabili. Per esempio il Secit ha il potere di innescare ac­ certamenti fiscali sulla base della sua autonoma interpretazione delle norme; tale interpretazione è risultata talvolta in contrasto con orientamenti consolidati dell’amministrazione, creando notevoli difficoltà ai contribuenti che su quegli orientamenti erano abituati (legittimamente) a fare affidamento. L ’amministrazione ha ritenuto di poter superare tale difficoltà e conflitto interno facendo presen­ tare in Parlamento dal Governo di turno degli emendamenti inter­ pretativi che confermavano la propria visione originaria, spesso di­ versa o opposta a quella del Secit; in alcuni casi tali emendamenti sono stati accolti da un Parlamento sostanzialmente inconsapevole della situazione, per il semplice fatto che essi erano presentati e so­ stenuti dal G overno come meri interventi tecnici. N e è seguita una polemica pubblica in cui autorevoli esponenti del Secit hanno

(15)

— 271

sato il Parlamento di essere troppo sensibile agli interessi di alcune categorie di contribuenti, e di vanificare gli sforzi del servizio volti a ridurre l’evasione e l’elusione fiscale, scaricando così sull’organo legislativo un conflitto tutto interno alla burocrazia ministeriale, e senza che tutto ciò provocasse un intervento da parte del Ministro.

Il Secit comunque ha svolto in questi anni una funzione piutto­ sto utile nell’indicare e denunciare limiti, lacune e storture della nostra legislazione, muovendosi senza le pastoie, le prudenze, i condizionamenti, e le ambiguità tipiche dell Amministrazione fi­ nanziaria, ma anche senza riuscire a far recepire, se non in minima parte, le proprie indicazioni. Un limite a tale ruolo può tuttavia es­ sere individuato in un’attitudine e mentalità eccessivamente inqui­ sitoria del servizio, non sempre sostenuta da un’adeguata consape­ volezza tecnica dei problemi.

Infine non va dimenticato che il Ministero svolge attraverso le Direzioni generali e gli uffici periferici un ruolo molto importante di legislazione derivata attraverso l’emanazione di circolari di at­ tuazione delle leggi, e di risoluzioni su casi specifici sottoposti alla loro attenzione dai contribuenti, le quali in pratica sono destinate a rappresentare una sorta di interpretazione autentica della normati­ va che talvolta risulta chiaramente poco coerente con lo spirito e la lettera delle norme. Si tratta di un potere molto rilevante, talvolta esercitato in modo discrezionale, e assolutamente non controllato né all’interno dell’amministrazione, né da parte del Parlamento, né dall’opinione pubblica. Le risoluzioni rappresentano anche un ca­ nale preferenziale per le attività di pressione da parte di « lobbi­ sti » o professionisti, e anche una possibile fonte di corruzione. È sorprendente come nessuno abbia tentato finora di esercitare un controllo attento su tale attività.

(16)

articolata, consistendo in ritocchi o integrazioni ad una molteplicità di norme di argomento diverso, sicché è agevole immaginare e pro­ porre integrazioni o correzioni che possono rappresentare sia punti di vista già acquisiti dai diversi gruppi politici e che non hanno po­ tuto trovare approvazione in passato, sia, viceversa, recepire ri­ chieste e pressioni dal mondo dei contribuenti, o esprimere nuove proposte stimolate proprio da quelle del Governo. In altre parole, proposte legislative che non rispondono a nessun disegno, fram­ mentarie, e talvolta persino incoerenti o che contraddicono o cor­ reggono quanto disposto solo pochi mesi prima, non possono che provocare a loro volta emendamenti altrettanto diversificati e privi di ogni logica unitaria.

Al tempo stesso i parlamentari desiderano — giustamente — tener conto delle difficoltà o dei problemi posti ai contribuenti dal­ l’applicazione concreta della normativa esistente, o risolvere dubbi interpretativi che possono essere sorti, facendosi così interpreti di richieste che provengono dal variegato mondo dei pratici e degli esperti; ma poiché ogni formulazione normativa può incontrare problemi e difficoltà pratiche, ne deriva una continua microattività legislativa non di rado ripetitiva, e che contribuisce alla confusione e all’incertezza in materie unanimemente lamentate e condannate.

Del resto non va dimenticato che i parlamentari partecipano al lavoro legislativo oltre che mediante la formulazione di proposte di legge, proprio attraverso la presentazione di emendamenti, e che essi si affermano nella loro attività e acquisiscono stima e conside­ razione tra i colleghi in relazione alla qualità e incisività delle loro proposte, alla capacità di cogliere tempestivamente un problema o di farsi portatori di un disagio effettivo. Se inoltre si tiene presente che la materia fiscale è tra quelle che più si prestano ad interventi di carattere tecnico senza implicazioni politiche di rilievo, si com ­ prende facilmente perché ogni legge o decreto fiscale sia accompa­ gnata da molteplici emendamenti, di maggioranza e di opposizione, non pochi dei quali possono avere concrete possibilità di approva­ zione, ritardando e rendendo più complesso e farraginoso il proces­ so di decisione.

(17)

— 273 —

casi a situazioni di vera e propria guerriglia parlamentare. Il fatto è che l’aspirazione profonda dei parlamentari, di maggioranza come di opposizione, è quella di non aumentare le imposte ai cittadini, e semmai di ridurle concedendo sgravi fiscali, agevolazioni, ecc.; in altre parole i parlamentari sono alla ricerca di consenso e non di impopolarità. E tale reattività ed ipersensibilità in materia fiscale sono d ’altra parte un indizio certo della sostanziale insofferenza dell’elettore medio italiano nei confronti delle imposte, e della sua sfiducia nei confronti dello Stato e delle istituzioni: i parlamentari lo sanno, e si comportano di conseguenza, assecondando molto spes­ so, e senza distinzione di colore politico (salvo un tradizionale mag­ gior rigore della sinistra, sia pure solo su alcune materie), un qua­ lunquismo fiscale tanto diffuso quanto pernicioso. L ’esperienza pratica sembra quindi confermare che il comportamento del parla­ mentare medio italiano può essere spiegato piuttosto bene con i tra­ dizionali modelli della teoria economica delle Istituzioni politiche: il deputato o senatore medio, infatti vuole essere rieletto e si com por­ ta di conseguenza, tenendo attentamente conto delle esigenze degli elettori, delle loro richieste, e molto spesso anche delle loro pretese manifestamente infondate. Non esiste in materia fiscale (ma presu­ mibilmente neppure in altri settori) nessun tentativo di interpreta­ zione consapevole da parte degli « eletti del popolo » di una qual­ che funzione di tutela dell’« interesse generale », e sembra pro­ prio, anzi, che essi ritengano inevitabile, giusto e corretto farsi por­ tatori di interessi particolari, convinti — forse — che l’interesse ge­ nerale non sia altro che la somma degli interessi individuali (ancora in coerenza con la teoria economica dei processi di decisione politica).

Naturalmente esistono differenze di carattere politico e tradi­ zioni diverse, anche culturali, tra i partiti e i parlamentari, ma gli interessi concreti rappresentati da tutti i gruppi politici e soprattut­ to dai maggiori e più radicati nella società non sono molto diversi, e tendono anzi a convergere o addirittura a coincidere, pur nella di­ versa visione complessiva del problema o nella contrapposizione politica, soprattutto sulle singole questioni pratiche di rilevanza ed interesse settoriale.

(18)

pulsio-n i profopulsio-nde presepulsio-nti pulsio-nella società italiapulsio-na, divepulsio-nuta via via sempre più articolata e dispersa, fino a mostrare evidenti segni di disgrega­ zione, ed in cui i fattori di coesione che potevano riportare ad unità tali impulsi, sono venuti meno o si sono via via attenuati. E eviden­ te che tali spinte e comportamenti derivano — come sempre si dice — dalla nostra storia passata, ma il fatto che l’Italia sia l’unico tra i paesi europei più avanzati con circa 5 milioni di lavoratori indipen­ denti o imprese minori la cui attività coinvolge direttamente o indi­ rettamente altri milioni di persone, gioca sicuramente un ruolo im­ portante, dal momento che la difesa ad oltranza dei propri interessi settoriali, l’individualismo e l’antistatalismo istintivamente espressi da questi ceti sono notevoli e non possono non riflettersi a livello di comportamenti politici.

Non è difficile quindi comprendere quali siano le radici profon­ de della formazione e della persistenza del disavanzo pubblico nel nostro paese; e non è un caso che i dati disponibili ci mostrano che la pressione fiscale in Italia è stata per anni ed è ancora mediamen­ te più bassa rispetto a quella di altri paesi a noi paragonabili come sviluppo; le ragioni di fondo sono estremamente banali: in assenza di adeguati vincoli di carattere istituzionale, tassare è inevitabil­ mente difficile, impopolare e politicamente rischioso; spendere e detassare è viceversa fonte di adesioni e consenso.

(19)

— 275 —

eccezionali) non segue direttamente tutti i provvedimenti e spesso ne delega la cura in Parlamento ai diversi sottosegretari, i quali possono avere atteggiamenti e sensibilità diverse, e comportarsi in conseguenza.

Si tenga inoltre presente che la maggior parte delle proposte più favorevoli ai contribuenti provengono da parlamentari di mag­ gioranza, il che rende oltremodo difficile, anzi impossibile, per l’opposizione svolgere il suo ruolo di controllo: i ruoli naturali infat­ ti risultano in qualche misura capovolti, e l’opposizione, per quanto sia diventata sempre più consapevole del fatto che una posizione di maggior rigore sul bilancio pubblico può portare consensi a livello di opinione pubblica, sa anche però che il rigorismo economico mal si concilia con la tradizione politica della sinistra, e che quindi non è detto che il nuovo « messaggio » venga recepito facilmente ed esattamente; ed è inoltre ben consapevole che in concreto il con­ senso vero, i voti, si guadagnano o si perdono proprio sul singolo emendamento di favore, anche perché essa sa bene che un voto contrario, o un’opposizione dura a qualche proposta specifica sa­ ranno cinicamente utilizzate dagli avversari politici presso le cate­ gorie interessate per ridurre il suo livello di credibilità.

(20)

parla-mentari dell’opposizione non esitano a loro volta ad usare la stessa tattica di « adescamento-minaccia » nei confronti della maggioran­ za che ovviamente non è disposta a farsi scavalcare sul suo terreno. Va tuttavia riconosciuto, e ancora una volta sottolineato, che spesso la competente tecnica delle norme fiscali è tale da facilitare o addirittura sollecitare una convergenza tra le forze politiche su singoli punti ed argomenti; questa osservazione, mentre in parte contribuisce a spiegare l’origine dei processi di decisione ricordati, non ne muta tuttavia in modo rilevante la natura e la sostanza.

Infine un’altra considerazione si impone: mentre il Governo avrebbe interesse a meccanismi di decisione rapidi e certi, l’oppo­ sizione, ha la tendenza inevitabile a ribadire la « centralità del Par­ lamento » e ad esercitare in quelle sedi tutto il suo potere ed il massimo della pressione; ciò comporta la necessità di dibattiti seri, di un accurato esame delle norme, e di solito un allungamento dei tempi di discussione che si esprime in un micro-ostruzionismo di fatto. Se tale tendenza si incontra — come talvolta accade — con l’aspirazione di alcuni parlamentari di maggioranza ad acquisire un ruolo autonomo rispetto al Governo, e di garanti degli interessi di ampie categorie di contribuenti, il risultato sarà quello di un G o­ verno indebolito e talvolta impotente di fronte alle decisioni (com ­ patte) delle Camere, di un’opposizione ben inserita nei processi di decisione, e al tempo stesso di un meccanismo di decisione piutto­ sto lento, e di un’opinione pubblica disorientata e non sempre in grado di distinguere tra le posizioni diverse.

D a questo punto di vista le modalità di funzionamento del Par­ lamento italiano, soprattutto in materia fiscale, appaiono non dissi­ mili da quelle che si possono verificare negli S.U ., paese in cui è possibile riscontrare la massima autonomia delle Camere rispetto al potere esecutivo; è evidente però che la prevalenza in un siste­ ma a Governo parlamentare di meccanismi di funzionamento del legislativo tipici di sistemi presidenziali, rappresenta un’incon- gruenza che ancora una volta esprime il potere reale dei « piccoli gruppi » di contribuenti e delle loro organizzazioni, e l’estrema de­ licatezza politica della materia.

(21)

— 277 —

si presta a discussioni analitiche in sede formale con relativa verba- lizzazione. Per questi motivi molto frequente è la prassi della costi­ tuzione di appositi Comitati ristretti composti da 1 o 2 rappresen­ tanti di ciascun gruppo, nominati su indicazione del capogruppo, e che si possono riunire informalmente, e senza che sia tenuto alcun verbale, finché il provvedimento in discussione non sia stato com ­ piutamente istruito e sia quindi pronto a ritornare in Commissione per l’esame finale. Il Comitato ristretto rappresenta anche il luogo di parcheggio per tutta la molteplicità di provvedimenti, più o me­ no importanti, che vengono « incardinati » per far fronte alle più diverse esigenze (come si è ricordato più sopra) e poi dimenticati o abbandonati, o periodicamente riesumati. Esso tuttavia svolge un ruolo importante anche per le leggi per le quali non ci sono motivi o interessi ad un rinvio; ed in effetti intere leggi fiscali sono state in­ tegralmente scritte o riscritte in un Comitato ristretto.

La caratteristica fondamentale dei Comitati ristretti consiste nel fatto che i loro lavori si svolgono sostanzialmente al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dell opinione pubblica. I lavori in C.R. sono quindi cruciali per comprendere i meccanismi reali dei processi di decisione e rappresentano il luogo deputato al log-rol­

ling, allo scambio politico, al riparo da occhi indiscreti e da reso­ conti di stampa che in alcuni casi (più di uno) potrebbero risultare imbarazzanti. È però vero, altresì, che, come si è già ricordato, l’approfondimento tecnico delle questioni richiede talvolta effetti­ vamente una sede informale necessaria anche solo per capire fino in fondo le posizioni esistenti, e in questa intrinseca ambiguità della sua funzione trova spiegazione la permanenza dell uso di tale stru­ mento, che a rigore in un sistema democratico e trasparente do­ vrebbe essere ridotto al minimo. Il Comitato ristretto funziona in­ fatti come una sorta di stanza di compensazione; è la sede in cui gli emendamenti vengono presentati, discussi, confrontati, rielaborati, sezionati, riuniti in un’unica formulazione, accolti, ritirati, accanto­ nati o respinti, il tutto con la presenza e spesso la fattiva partecipa­ zione del Governo, in un clima solitamente disteso e collaborativo. Il lavoro in Comitato ristretto consente spesso alle opposizioni di ottenere l’accoglimento di alcune proposte, e più in generale ai par­ lamentari di lavorare superando o accantonando le differenze poli­ tiche; esso consente altresì al Governo di valutare con precisione le posizioni di ciascun gruppo, le possibilità di mediazione esistenti, i rischi politici eventuali, ecc. Come è facilmente intuibile è nei

(22)

mitati ristretti che si esercita più compiutamente e liberamente il ruolo dei gruppi di pressione.

Il Comitato ristretto, tuttavia, è anche uno strumento che com ­ porta rischi: innanzitutto per l’opinione pubblica e per il bilancio pubblico, ma anche per il Governo e per l’opposizione. Infatti quando un provvedimento entra in Parlamento il Governo già sa che esso sarà discusso e probabilmente modificato e integrato; ma quando approda in un Comitato ristretto è certo che esso sarà al­ meno in parte riscritto e rielaborato tenendo conto di pressioni di varia provenienza, in un contesto di convergenza automatica di in­ teressi che tende a contrapporre il ruolo e la funzione del Parla­ mento e quella del Governo: in sostanza nei C.R. i parlamentari tendono più o meno consapevolmente ad interpretare con la massi­ ma autonomia possibile il loro mandato. La richiesta di Comitato ri­ stretto quindi equivale per il Governo ad un campanello d ’allarme, in quanto esso può rappresentare il segnale di una non perfetta coincidenza di vedute con la propria maggioranza.

(23)

— 279 —

I C.R. inoltre esaltano la funzione già molto importante (3), del relatore nei confronti del mondo esterno, ed egli diventa inevitabil­ mente il punto di riferimento di tutti gli interessati al provvedimen­ to, e di fatto può svolgere il suo lavoro senza dover rendere conto delle proprie scelte neanche al suo stesso gruppo. Ma ciò è vero anche per tutti i partecipanti ai C.R. che, come si è ricordato, sono solo uno o due per gruppo e che si vedono delegato l’intero potere decisionale in materia.

Va ancora tenuto presente che non tutte le decisioni in materia fiscale vengono assunte nelle competenti Commissioni parlamenta­ ri, e neanche vengono tutte da esse esaminate. Infatti una parte considerevole di norme specifiche che complicano l’ordinamento e che spesso sono mal formulate e in contrasto con i principi generali, e soprattutto degli incentivi concessi ai più diversi titoli, tra cui l’e­ senzione da alcune imposte per migliaia di miliardi di lire dei red­ diti prodotti nel mezzogiorno e nelle zone terremotate, è stata e viene proposta e votata in Commissioni diverse da quella finanze, da deputati spesso non consapevoli dei problemi tecnici sottostanti, e che soprattutto sono poco sensibili alla necessità di preservare la razionalità e la logica del sistema tributario nel suo complesso. In questi casi alle Commissioni competenti viene richiesto un parere, non sempre di natura vincolante, e sempre superabile da un voto dell’Aula (che ben difficilmente lo rifiuta), parere purtroppo quasi mai reso, sia perché non obbligatorio, sia a causa della enorme m o­ le di lavoro che le Commissioni devono già affrontare. Natural­ mente questa acquiescenza di fatto, per quanto giustificabile, non può che assumere un significato di sostanziale adesione implicita a quanto da altri deciso.

Una sede di decisione molto importante, e simile nel suo fun­ zionamento ai C .R ., è stata in tutto il periodo dal 1973 ad oggi la co­ siddetta Commissione dei trenta composta da 15 deputati e 15 se­ natori, e istituita in occasione della riforma tributaria con il compito

(24)

di esprimere pareri sui decreti delegati e integrativi prima, e sulla formulazione dei Testi Unici successivamente. La natura della Commissione dei 30 è stata per lungo tempo quella di uno strumen­ to di sostegno e consulenza del Governo, e non quella di una vera Commissione bicamerale, con propri verbali e pubblicità dei lavori. Solo recentemente e dopo un lungo conflitto tra i componenti della Commissione finanze della Camera e le Presidenze delle Assem­ blee è stata riconosciuta la trasformazione della natura della Com ­ missione avvenuta con l'ultima ed ennesima legge di proroga dei termini per la formulazione dei T.u. N e deriva che per molti anni una parte rilevante della legislazione tributaria è stata decisa in una sede impropria, sostanzialmente informale, senza verbali pub­ blici, e in un contesto di patteggiamenti continui tra Governo e componenti della Commissione e tra i singoli gruppi pubblici, non­ ché di pressioni e suggerimenti esterni non disinteressati.

È in verità un esempio incredibile di (apparente) inefficienza quello rappresentato da una delega sempre reiterata per alcuni lu­ stri e mai compiutamente esercitata; tuttavia oltre all’inerzia, alle inefficienze e alle difficoltà oggettive, vi è una logica precisa in tut­ to ciò che consiste nella convenienza per molti di un accentramento di decisioni importanti presso organi ristretti e Comitati di studio in sede ministeriale, da mediare successivamente con pochi parla­ mentari, di cui pochissimi competenti, e tutti oberati da una mole spaventosa di lavoro, dal momento che l’esame dei T.u. non so­ spende certo l’ordinario lavoro parlamentare. E accaduto così che decisioni di estrema rilevanza pratica e teorica, come la decisione di sopprimere l’imponibilità delle plusvalenze delle persone fisiche, di mutare i criteri di calcolo per l’imposta di registro e per l’Invim, di cambiare la stessa definizione di reddito a fini fiscali, siano state assunte senza un dibattito politico adeguato, e senza alcuna pubbli­ cità se non ex-post.

(25)

— 281

-è molto probabile che esse hanno determinato una perdita di gettito per alcune centinaia di md.

Per questi motivi l’opposizione si era inizialmente dichiarata contraria all’ulteriore proroga della Commissione, proponendo che i pareri sui T.u. venissero forniti dalle competenti Commissioni parlamentari, salvo poi accedere ad un compromesso che prevede la trasformazione della Commissione in una vera e propria C om ­ missione bicamerale con relative prerogative e soprattutto con la pubblicità dei lavori ed il supporto delle strutture serventi del Par­ lamento.

4. Com e si è più volte accennato le possibilità e le occasioni per un intervento degli interessi sul processo di formazione delle leggi sono numerose, ed infatti si manifestano durante l’intero iter legislativo. Se si volesse assumere una posizione estrema, ma non del tutto infondata, si potrebbe sostenere che in verità l’elaborazio­ ne della legislazione tributaria nel nostro paese è delegata di fatto ai rappresentanti delle diverse categorie di contribuenti nella loro duplice veste di professionisti impegnati nella difesa e rappresen­ tanza dei clienti e di consulenti del Ministero o del Ministro, oppu­ re di parlamentari e commercialisti o ragionieri, o ex dipendenti di associazioni di categoria.

D ell’influenza di esperti e « lobbisti » in sede ministeriale si è detto più sopra: poco si sa, ma molto si intuisce delle pressioni di­ rette esercitate, prevalentemente dai grandi gruppi industriali, o dai rappresentanti delle imprese, e per alcune questioni dai sinda­ cati, a livello di Ministri o di Presidenza del Consiglio: la recente vicenda degli sgravi fiscali per Enimont è indicativa in proposito.

N é va trascurato il fatto che a causa delle scadenze comunita­ rie previste per il 1993, una parte non trascurabile delle decisioni in materia fiscale si è ulteriormente spostata all esterno del I arla- mento, in sedi tecniche nazionali o europee, nelle quali il peso degli interessi particolari è ovviamente prevalente e fortemente rappre­ sentato anche mediante collegamenti con analoghi privati organi­ smi internazionali.

In questo modo ai Parlamenti nazionali viene riservato un compito di ratifica di quanto deciso altrove, e senza che neppure il Parlamento europeo possa assumere un potere di decisione diretta.

(26)

in-differenza con cui questa delega di poteri a tecno-strutture italiane o europee, o a organismi che rappresentano poteri « forti », viene accolta.

N e deriva che l’esercizio da parte delle lobbies della loro in­ fluenza sui parlamentari è in Italia relativamente limitata, rispetto a paesi com e, per esempio, gli Stati Uniti, dal momento che esisto­ no numerosi altri livelli ed occasioni di intervento e pressione pre­ cedenti l’iter parlamentare. Tuttavia tale influenza è tutt’altro che assente e si esercita in molti modi. Vi è innanzitutto un livello isti­ tuzionale rappresentato dalle audizioni presso le Commissioni par­ lamentari che vengono sistematicamente organizzate, anche su ri­ chiesta degli interessati, in occasione dei provvedimenti più rile­ vanti o maggiormente controversi. In tali occasioni gli intervenuti presentano memorie, consegnano documenti e avanzano suggeri­ menti di cui normalmente tutti i gruppi politici tengono conto.

Accanto a questi incontri ufficiali e alla luce del sole esistono un’infinità di occasioni di rapporti e contatti informali e personali preferibilmente con singoli parlamentari ai quali vengono sottoposti punti di vista specifici, spiegati aspetti tecnici complicati, fornito aiuto per l’elaborazione di testi ed emendamenti, ecc. Questi incon­ tri si svolgono prevalentemente a colazione o a cena in qualcuno dei numerosi ristoranti che prosperano nel reticolo di antiche stra­ de comprese tra palazzo Madama e palazzo Montecitorio. Le im­ prese, le banche, e gli organismi più importanti ricevono invece presso apposite organizzazioni di foresteria create presso la propria sede; da questo punto di vista, quindi, si può ritenere che la soffer­ ta decisione assunta recentemente dal Parlamento di limitare la de- ducibilità fiscale delle spese di rappresentanza, esprima una lode­ vole vocazione autolesionista da parte degli eletti dal popolo.

(27)

— 283 —

il semplice fatto che le organizzazioni tendono ad accordarsi pre­ ventivamente per poi fare pressioni sui parlamentari loro più vici­ ni, le probabilità di successo pratico sono notevoli, sempre che le perdite di gettito derivanti dalle proposte non risultino eccessive.

Poiché quasi tutti i gruppi hanno un elettorato composito che comprende i rappresentanti di tutti i ceti e professioni, l’influenza delle organizzazioni di settore e degli ordini professionali è rilevan­ te, e trattandosi spesso di settori in cui sono presenti centinaia di migliaia di operatori, le modifiche proposte, e spesso accolte, pos­ sono avere un effetto rilevante sul bilancio pubblico e sul sistema tributario. Va ancora tenuto presente che non poche di queste or­ ganizzazioni rappresentano un canale importante di raccolta di voti e di preferenze, e che la consapevolezza di ciò fa sì che gli espo­ nenti di queste categorie ritengano di avere il diritto di imporre le soluzioni desiderate ai deputati cui essi si rivolgono. La brutalità e la violenza con cui talvolta vengono poste le richieste è francamen­ te impressionante, ed esprime una visione elementare e alquanto rozza del principio di rappresentanza, peraltro condivisa (o subita) dai singoli parlamentari che sanno benissimo che la mancata ade­ sione alle richieste può costare loro la rielezione: il ricatto implicito o esplicito nelle richieste e nel modo in cui esse vengono avanzate, è infatti sempre presente ed evidente.

Tale atteggiamento in verità è più pronunciato da parte delle organizzazioni legate ai partiti di massa nei confronti dei rispettivi parlamentari per i quali l’elezione al Parlamento non sempre (anzi quasi mai) è l’effetto di un prestigio solido e autonomamente co­ struito, bensì il completamento, o una fase, di una carriera politica costruita tra la gente comune a livello locale, con la consapevolezza (e la volontà) di dover rendere conto del proprio operato, e senza particolare sensibilità per gli « interessi generali » o le sorti della finanza pubblica, finalità assolutamente « trascendenti » rispetto alle concrete esigenze di ogni giorno.

Analogo atteggiamento e comportamento tengono i rappresen­ tanti degli interessi locali nei confronti dei loro deputati i quali, in­ fatti sono sempre pronti a costituire dei raggruppamenti locali (co­ munali o regionali) trasversali, compatti, solidissimi, e sordi a qual­ siasi ragionamento o riflessione pacata, e che quasi sempre hanno successo, senza che il Governo neppure tenti di resistere.

(28)

parla-mentari più influenti delle diverse Commissioni, o di inviti a cene o ricevimenti in occasioni di viaggi organizzati autonomamente dalle Commissioni parlamentari. In tali iniziative si distinguono imprese pubbliche o private, banche, ecc. E spesso si tratta di investimenti proficui.

Gli obiettivi che ogni gruppo, organizzazione o individuo si po­ ne nell’esercitare una pressione sul Parlamento sono semplicemen­ te quelli di ottenere il massimo vantaggio immediato, o di difendere gli interessi contingenti dei propri rappresentanti, secondo un’ottica non solo corporativa, ma spesso miope e di breve periodo. Ciò è vero per tutte le organizzazioni, al di là delle affermazioni teoriche e delle giustificazioni che vengono date. A volte si formano allean­ ze e convergenze tra le varie organizzazioni, o patti impliciti di non aggressione. Il caso più evidente è rappresentato dai sindacati e dalla Confindustria che in materia fiscale evitano normalmente di entrare in rotta di collisione, anzi sostengono spesso le reciproche rivendicazioni, non solo nei casi in cui vi è un interesse oggettiva­ mente coincidente, come può essere la tematica della fiscalizzazio­ ne degli oneri sociali, ma anche nei casi in cui una categoria, nor­ malmente le imprese, cerca di ottenere, e spesso ottiene, tratta­ menti privilegiati o agevolati.

(29)

costitu-— 285 —

zionale); è evidente l’interesse degli industriali di distogliere l’at­ tenzione da altri e più corposi aspetti della normativa fiscale, ma è sorprendente che il sindacato non si renda conto che la stessa eva­ sione fiscale potrà essere repressa solo se il sistema viene reso più equilibrato e accettabile da tutti.

Un’influenza non trascurabile sui lavori parlamentari viene an­ che esercitata dalla cultura fiscale corrente che si esprime attraver­ so le associazioni professionali, la stampa specializzata e i quotidia­ ni economici. Il commento e l’analisi dei fatti fiscali e l’assistenza in materia sono diventati, a partire dal 1973, un’importante e crescen­ te fonte di guadagno attraverso la pubblicazione di libri, opuscoli, prontuari, la vendita di codici, riviste, programmi di calcolatore, l’organizzazione di convegni tecnici frequentatissimi e che normal­ mente si concludono con « tavole rotonde » cui vengono invitati i parlamentari più impegnati sulla materia, i quali solitamente si adeguano al clima prevalente — strettamente anti-fisco — danno affidamenti, assumono impegni, e conquistano così la loro dose di popolarità e di presenza sulla stampa. In tale situazione andare controcorrente non è facile, anche se in queste nuove professioni e in questi ambienti si incontrano sempre più spesso persone capaci di ragionare, e infastidite dal clima di protesta generica, di attacco sistematico a tutto ciò che proviene « da Roma », di qualunquismo intriso al tempo stesso di vittimismi e aggressività gratuita, tipico di certe pagine specialistiche dei quotidiani economici. Si tenga pre­ sente, infine, che i parlamentari più in vista impegnati in questo settore sono anche essi per lo più commercialisti o ragionieri e quindi tendono ad identificarsi con il clima prevalente nei loro am­ bienti di origine che esprimono un atteggiamento rispetto al fisco non diverso da quello che prevale nel mondo degli avvocati (so­ prattutto penalisti) nei confronti dei Giudici.

In sostanza quindi prevale oggi un clima antifiscale e antista­ tuale che è funzionale soprattutto agli interessi delle imprese mag­ giori e delle classi abbienti, e che coinvolge ampi settori di contri­ buenti, il mondo degli esperti, l’opinione pubblica, il Governo e il Parlamento, senza distinzioni tra le forze politiche, e che si manife­ sta in una complessa organizzazione formale o informale che in­ fluenza l’intero processo di decisione in materia.

(30)

maggiori o esponenti dell’Assonime, e che hanno buon gioco ad af­ fermarsi in un ambiente culturalmente fragile, privo di tradizioni, fortemente emotivo, e altamente individualista. Al fondo, a ben ve­ dere, l’ambiente dei ragionieri, dei commercialisti e degli esperti in genere, nonostante le richieste e i proclami, non ha alcun interesse alla riforma fiscale, al miglioramento delle procedure, alla semplifi­ cazione del sistema: il suo potere e la sua influenza infatti si basano proprio sulle difficoltà e le insufficienze attuali. Peraltro questo particolarissimo ceto non è in grado di esprimere a livello culturale ipotesi organiche e credibili di intervento e riforma, ed è proprio per questo che il suo prevalere attuale desta preoccupazione ed è fonte di pericolo.

5. Cosa si può fare per migliorare la situazione? Alcune ri­ sposte sono implicite nell’analisi che precede, ma il problema fon­ damentale rimane quello di restituire dignità e prestigio al ruolo dello Stato e alla sua funzione collettiva su cui in ultima analisi si fonda la potestà impositiva. Occorrerebbe quindi riscrivere il « contratto sociale » tra Stato e contribuente: chi scrive ritiene che in proposito sarebbe necessaria anche una modifica costituzionale che rendesse esplicito l’obbligo di parità di trattamento in materia fiscale (generalità e uniformità del prelievo), limitando le possibilità di interventi discrezionali a fini di incentivo.

(31)

detie-— 287 —

ne da oltre 15 anni. M a soprattutto occorrerebbe un radicale muta­ mento della classe dirigente di Governo, e nei partiti.

Quando tutte queste condizioni si fossero realizzate, si potreb­ be forse intravedere un diverso e più accettabile modo di affronta­ re la questione fiscale nel nostro paese.

(32)

E IN A U D I-G R IZ IO T T I SUL M ODO

D I C O N C E P IR E LA SCIENZA D E LLE F IN A N ZE (1)

So m m a r i o: 1. La scienza delle finanze secondo Einaudi e Griziotti. — 2. Le lette­ re. - i) L ’occasione del dibattito. - ti) La lettera e l’articolo di Einaudi. - iti) La replica di Griziotti. - iv) La controreplica di Einaudi. — 3. Sulla scienti­ ficità della scienza delle finanze. — Appendice: Carteggio.

1. La scienza delle finanze secondo Einaudi e Griziotti.

Le relazioni tra la « Scienza delle finanze » ed il « Diritto fi­ nanziario » sono state oggetto di una notissima disputa durata quasi mezzo secolo tra Luigi Einaudi (2) e Benvenuto Griziotti (3), di cui richiamiamo le principali posizioni.

La posizione di Griziotti può essere riassunta efficacemente dal seguente brano.

« L ’attività finanziaria è oggetto di studio della scienza delle fi­ nanze e del diritto finanziario, che si completano reciprocamente.

La prima di queste discipline studia l’essenza, le funzioni e gli effetti dell’attività finanziaria, mentre l’altra le norme legislative che regolano l’attività finanziaria e i principi per la loro applicazione.

(1) Ricerca condotta nell’ambito del progetto Cnr, Evoluzione del pensiero metodologico di Benvenuto Griziotti.

(2) Notizie bio-bibliografiche in Fir p o L. (a cura di), Bibliografia degli scritti di Luigi Em atoli (dal 1893 al 1970), Torino, Fondazione Einaudi, 1971; Be r n a r d in o A., Vita di Einaudi L ., Padova, 1954; St e v e S ., La lezione di Einau­ di, in II problema della moneta oggi. Atti del convegno intemazionale indetto nel centenario della nascita di Luigi Einaudi, Roma, Accademia dei Lincei, 1976, pp.

11-24; Fa u c c iR ., Luigi Einaudi, Torino, Utet, 1986.

(3) Notizie bio-bibliografiche in Benvenuto Griziotti: l’uomo, le opere, il suo pensiero scientifico; bibliografìa, con scritti di Einaudi L ., Vanoni E ., Fracca­ ro F ., De Nova R ., Pesenti A ., Forte F ., Milano, Giuffrè, 1957; St e v e S., Alla scuola di Benvenuto Griziotti, in questa Rivista, 1981, pp. 311-321; Pa r r a v ic in i

(33)

— 289 —

La scienza delle finanze, studiando la natura o essenza delle entrate pubbliche (4), facendone la esatta classificazione e il qua­ dro del loro ordinamento, spiegando quali siano di esse le funzioni fiscali ed extrafiscali, illustrandone gli effetti sui contribuenti e sul­ la nazione, offre conoscenze utili per la formazione delle leggi rela­ tive alle entrate e, quindi, anche per la loro applicazione e inter­ pretazione.

D ’altro lato, il diritto finanziario con lo studio della struttura giuridica delle singole entrate completa sotto il profilo giuridico la scienza delle finanze per la conoscenza delle entrate. Inoltre, con l’esame della giurisprudenza, il diritto finanziario mette in rilievo questioni nascenti dall’applicazione della legge al caso concreto, che possono interessare anche la scienza delle finanze per l’elabo­ razione più approfondita e completa dei suoi principi ed istituti.

Per questa loro stretta complementarietà la scienza delle fi­ nanze ed il diritto finanziario, pur costituendo due discipline distin­ te, sono associati in una cattedra unica nell’insegnamento universi­ tario italiano.

Come rami particolari, derivanti dal tronco di queste discipline fondamentali dell’attività finanziaria, si sono sviluppate alte dottri­ ne, che per il loro oggetto specifico hanno una propria autonomia. Fra esse sono da segnalare la politica finanziaria, che studia i meto­ di più adatti per il raggiungimento dei fini della finanza; e la conta­

bilità dello Stato, che esamina l’ordinamento contabile e giuridico

del bilancio delle spese e delle entrate » (5).

La posizione di Einaudi è ben diversa. Difatti, intitola em ble­ maticamente il proprio testo Principi di scienza della finanza. Qui non si occupa del diritto finanziario, che neppure nomina. Anzi, nelle note bibliografiche (pp. 510-511), richiamando i griziottiani

Principi di politica, diritto e scienza delle finanze [Padova, Gedam, 1929], Vecchi e nuovi indirizzi nella scienza delle finanze [Padova, Cedam, 1935], e la stessa Rivista di diritto finanziario e scienza

(4) Si noti che Griziotti limitava la scienza delle finanze al solo lato delle entrate. Tuttavia, va sottolineato che anche Griziotti in uno dei suoi ultimi scritti ha riconosciuto che la « scienza delle finanze debba comprendere lo studio delle spese pubbliche accanto a quello delle entrate » a causa dell interdipendenza del­ le spese e delle entrate e viceversa. Gr iz io t t i B ., Le spese pubbliche nella scien­ za delle fin an ze, in questa Rivista, 1953, I, p. 309.

Riferimenti

Documenti correlati

Le stime delle equazioni [9] e [10] non variano in maniera signifi­ cativa anche quando si tiene conto degli effetti che le variabili neo­ classiche dell’accumulazione

Questi P rin cip i di scienza delle fin a n ze sono il testo scritto delle lezioni di teoria e politica finanziaria tenute dall’A. alla Facoltà di economia dell’Università di

In tale ipotesi si applicano con­ giuntamente le norm ative relative ai conferimenti in natura (art. del codice civile. Operazione logi­ camente antecedente, ma

Resta comunque il risultato generale di questo tipo di analisi, e cioè che il successo della riforma fiscale ambientale nel generare un se- condo dividendo oltre a

Con riferimento al caso italiano, si osservi la Tabella 3, ove sono riportati alcuni dati delle dichiarazioni presentate nel 1992 — relativi alla distribuzione

Ma un altro significativo passo in avanti lungo questa via è sta­ to fatto con il nuovo criterio, proposto recentemente da Yitzhaki e Thirsk [1990], per la

The basic background o f the MacDougall Report has been the theory and practice o f fiscal federalism. The various stages to­ wards Economic and Monetary Union

Solo alle lezioni e nei manuali di Scienza delle finanze gli studenti ap­ prendevano nozioni sul fabbisogno dello Stato e sulla sua copertu­ ra, sulle imposte