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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1962, Anno 21, n.2, giugno

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Spedizione in abbonamento postale Gruppo IV

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E S C I E N Z A D E L L E F I N A N Z E

Fondata da BENVENUTO GRIZIOTT1

(e RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)

D I R E Z I O N E i

t L U I G I E I N A U D I ACHILLE D. G IA N N IN I

D E L L * U N I V E R S I T À D I T O R I N O D E L L ' U N I V E R S I T À D I B A R I

GIAN ANTONIO MICHELI t S A L V A T O R E S C O C A

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Pubblicazione fiotto gli auspici della Camera di Commercio di Pavia

La Redazione è a Pavia, Istituto di Finanza presso l’Università e la

Camera di Commercio, Strada Nuova 65. Ad essa debbono essere inviati

bozze corrette, cambi, libri per recensione in duplice copia. Redattore, dott. Franco Voi,pi.

Parte I - Redattore Capo: prof. Francesco Forte

i manoscritti vanno mandati all’Università di Torino - Laboratorio di Economia, Sezione di Finanza, Facoltà di Giurisprudenza, via Carlo Alberto 10.

Parte II - Redattore Capo: prof. Alberto Romano

i manoscritti vanno mandati a Firenze, viale Matteotti, 21.

Condizioni di abbonamento

Abbonamento annuo . L. 3000

E s t e r o ... » 4000 Fascicoli separati . . » 1200 E s t e r o ... » 1500

L’abbonamento decorre dal 1" gennaio di ogni anno e dà diritto a tutti i numeri dell’annata, compresi quelli già pubblicati.

Il pagamento può effettuarsi direttamente all’editore, anclie con versamento sul conto corrente postale 3/17986, indicando a tergo del modulo, in modo leggi­ bile, nome, cognome e indirizzo dell’abbonato; oppure presso i suoi agenti a ciò autorizzati. Il rinnovo dell’abbonamento deve essere effettuato entro il lù marzo di ogni anno. Trascorso tale termine l ’amministrazione provvede diret­ tamente all incasso nella maniera più conveniente, addebitando le spese relative. Le richieste di cambiamento di indirizzo devono essere accompagnate dal­ l'importo di L. 76 in francobolli.

I fascicoli non pervenuti all’abbonato devono essere reclamati entro 10 gloini dal ricevimento del fascicolo successivo. Decorso tale termine, non si spediscono die contro rimessa dell’importo.

Gli abbonamenti che non saranno disdetti entro il 10 dicembre di ciascun anno si intenderanno tacitamente rinnovati per l ’anno successivo. L ’abbonamento però non può essere disdetto se l ’abbonato non è al corrente con i pagamenti.

Per ogni effetto l ’abbonato elegge domicilio presso l ’amministrazione della rivista.

ABBONAMENTI CUMULATIVI: Gli abbonati alla Rivista di Diritto Finan­ ziario e Scienza delle Finanze, in regola con il pagamento, hanno diritto ad una riduzione del 10 % sugli abbonamenti alla Rivista dei Dottori Commercia­ listi ed a II Diritto fallimentare e delle società commerciali, edite dalla Casa Dott. A. Giuffrè.

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Giannino Parkavicini - Odierne dimensioni e nuovi orientamenti e compiti della finanza p u b b l i c a ...126 George Hall - Suolo, città e g o v e r n o ...141 Emilio Rosini - Sulla emissione di buoni del t e s o r o ...160 Renzo Pomini- Note sull’attività discrezionale della pubblica amministra­

zione in materia tributaria . ... 175 RECENSIONI

Mason E. S. - Economie Planning in Underdeveloped Areas : Government and Business (G. M a z z o c c h i)... ... 235

Antonio Pesenti - Lezioni di economia politica. La moneta (J. Griziotti K r e t s c h m a n n )...238 RASSEGNA DI PUBBLICAZIONI R E C E N T I ...239

P A R T E S E C O N D A NOTE A SENTENZE

Giovanni Ravagli - L’imposta di registro sull’atto di vendita di un ter­ reno edificato, quando il fabbricato non è menzionato o è escluso dalla v e n d i t a ... 97

Francesco Valenziano - Riduzioni dell’imposta di registro per le case di nuova c o s t r u z i o n e ...107 Giu seppe Greco- Vendita di prodotti da parte di proprietario di azienda

agricola a commercianti o industriali, emissione del documento com­ provante il pagamento dell’i.g.e. e obbligo a carico dell’acquirente . 114 Corrado Magnani - Sulla sospensione facoltativa dell’esecuzione forzata

t r i b u t a r i a ... 122 SENTENZE ANNOTATE

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pag. Imposta di registro - Vendita di suolo con accessioni o pertinenze - Pre­

sunzione di cui all’art. 47 legge di registro - Prova contraria - Atti non registrati provenienti da enti pubblici - Non vincono la presun­ zione (Trib. Napoli, 11 ottobre 1961) (con nota di G. Ravagli) . Registro - Case di nuova costruzione - Riduzione di cui all’art. 17 della

legge 2 luglio 1949, n. 408 (Cass., 28 aprile 1961, n. 1646) (con nota di F. V a le n z ia n o )...107 Imposta generale sull’entrata - Vendita di olio di oliva e sansa da parte

di proprietario di azienda agricola a commercianti o industriali - Emissione del documento comprovante il pagamento del tributo - Ob­ bligo a carico dell’acquirente (Cass., 3 novembre 1961, n. 2522) (con nota di G. G r e c o ) ...114 Esazione delle imposte ed esattore - Riscossione di imposta principale

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B A N C A

COMMERCIALE

ITALIANA

BANCA DI INTERESSE NAZIONALE

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CASA EDITRICE DOTT. ANTONINO GIUFFRÈ - MILANO

S T U D I

IN O N O R E [DI

ACHILLE DONATO GIANNINI

A. C. .Tem o lo, L’amico A. D. Giannini.

C. Alb in a n a Ga r c ía-Qu in t a n a, La le­ gitimación activa en las reclamaciones tributaria.

R . Al e s s i, Sulla natura giuridica del­ la cosiddetta delega esattoriale. E . Al l o r io, B rev e t r itt ic o s u lla ir r e ­ t r o a ttiv ità delle n orm e trib u ta rie. V. An d r io l i, La competenza per terri­ torio dei Tribunali regionali delle ac­ que pubbliche.

E. An t o n in i, La formulazione della legge e le categorie giuridiche : in par­ ticolare della tassa come onere. J. E . Az z i n i, O rdena m iento fin a n ciero en las co n stitu cio n e s uru gu ay a s. R . Ba c c a r i, I trib u ti e cc le s ia s tic i r i­ spetto al d iritto dello S ta to.

A Be r l ir i, Appunti sul fondamento e il contenuto dell’art. 23 della Costitu­ zione.

F . Ca p o t o r t i, Accordi internazionali sulla circolazione stradale e « Codici della strada».

B. Cocí v e r a, Sul concetto di « tributo » e sulla natura tributaria di alcuni pro­ venti degli enti minori.

E. Co r t e s e, Intorno alla « causa impo- sitionis » e a taluni aspetti privati­ stici delle finanze medievali.

N. D ’Am a t i, Il « diritto tributario » e la tradizione giuridico-finanziaria ita­ liana.

E. De g li Ub e r t i, Natura del rapporto di pubblico appalto.

P . Del Pr e t e, Il regim e g iu r id ic o d el­ l ’a u tostra d a (N a tu ra , co s tru z io n e e ge- strion e).

M. De Lu c a, Regime « dissociato » di produzione e razionale utilizzazione del­ le risorse produttive.

A. De n i, La prova e la presunzione del­ l’esistenza del reddito.

F. M. De Ro b e r t is, La nozione di « lavoro » nelle fonti romane. P . . De r t i l i s, L es ga ra n ties du con- tribu able à l ’éga rd du fise en G rèce. A . De Va l l e s, Ineleggibilità ed incom­ patibilità al consiglio comunale.

E. Fa z z a l a r i, D iffu sion e del p rocesso e co m p iti della d ottrin a .

F . Gu n t h e r, Zur Würdigung von Sach­ verhalten im Steuerrecht.

E . Fo r s t h o f f, Der Dualismus von Rechtsstaat und Sozialstaat im Verfass­ ungsrecht der Bundesrepublik Deutsch­ land.

F. Fo r t e, Su di alcune misure di po­ litica fiscale per l’industrializzazione del Sud.

P . Ga s p a r r i, Il sistema costituzionale delle fonti normative e i provvedimenti dei comitati dei prezzi.

G. Ge r a, L ’im p osizion e degli in crem en ­ ti p a trim on ia li.

G. Gia c o b e l l i, Il parcheggio (e la so­ sta) degli autoveicoli nei rapporti pub­ blicistici e nella teoria della utilizza­ zione delle strade soggette al regime della demanialità.

M. S. Gia n n in i, Sui mercati comunali. G. A. Mi c h e l i, Note esegetiche in tema di esecuzione esattoriale.

G. Min e r v in i, Appunti in tem a di raccomandazione di navi.

V . M . Ro m a n e l l i-Gr im a l d i, Invalidità e validità di patti contrattuali fra Stato contraente e privato, intesi a regolare gli oneri tributari derivanti da un negozio giuridico di diritto privato. F. Sa in z de Bu j a n d a, La personalidad y la obra de A. D. Giannini. C. Sc a il t e u r, P rìn c ip e s de la repres­ sion des fra u d e s fiscales.

S. Scoca, Un te n ta tiv o di cod ifica zion e delle leggi trib u ta rie.

V. Sic a, Osservazioni sulla « Legge del bilancio » (art. 81 della Costituzione). G. St a m m a t i, Alternative all’I.G.Ei. A. Uc k m a r, La prescrizione delle im­ poste di registro.

V . Uc k m a r, La potestà regolamentare in materia tributaria.

G. ViGNOCCHi, P ia n i di ricostru z ion e. C. Vo c in o, Iu d iciu m v e ctìg a le. G. Zin g a l i, A sp e tti finanziari della p re ­ viden za -a ssisten za socia le.

Volume in 8°, pag. XII-1128, rii. tela, . . . . L. 8.000

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V I N C E N Z O DE N A R D O

R I M B O R S I

A L L ’ E S P O R T A Z I O N E

Volume in 8°, di pag. IV-400, Lire 2500

Raccolta di disposizioni legislative, di norme regola­ mentari e di tabelle che intende offrire agli operatori economici, esportatori, banche, funzionari, un testo completo e di facile consultazione, arricchito da

indici analitici per prodotti e per materia.

La tecnica della r estitu zion e dell’ I.G .E ., del dazio e degli altri diritti DOGANALI E DELI,’IMPOSTA DI FABBRICAZIONE.

Legislazion e: Restituzione dell’I .G .E. - Restituzione del dazio ed altri

diritti doganali - Restituzione dell’imposta di fabbricazione - Agevo­ lazioni a favore delle costruzioni navali e dell’armamento.

Norme regolamentari: Restituzione dell’I.G.E., del dazio e degli altri

diritti doganali - Agevolazioni fiscali a favore dell’industria delle co­ struzioni navali e dell’armamento.

Tabelle con le aliquote d’im po sta generale s u l l’entrata da restituire SUI PRODOTTI ESPORTATI.

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CASA EDITRICE DOTT. ANTONINO GIUFFRÈ - MILANO

GIUSEPPE PE LLIN G R A

LA D E T E R M I N A Z I O N E A N A L I T I C A

. E INDUTTIVA DEL REDDITO FISCALE

N E L L ’ I M P O S I Z I O N E T R I R U T A R I A

Studio approfondito ed esauriente sul p roced im en to di accertam ento del reddito fisca le, esam inato in tutti i suoi aspetti sia dal p u n to di vista del Contribuente sia da quello degli Organi Finanziari.

Introduzione.

Parte Prima. L’ACCERTAMENTO ANALITICO. — I. L’ esame ana­ litico del bilancio e della dichiarazione: 1. L ’analisi e la sua applicazione ai vari problemi di ricerca. - 2. La dichiarazione analitica. - 3. Le valutazioni. - 4. La tecnica fiscale per il con­ trollo della dichiarazione. — II. L’ analisi nel procedimento e nell’atto di accertamento : 1. La deducibilità delle spese e delle passività. - 2. La proposta e la motivazione nelTaccertamento analitico. - 3. I fondamenti dell’accertamento analitico.

Parte Seconda. L ’ACCERTAMENTO INDUTTIVO. — I. Concetto e scopo della induzione : 1. La logica dell’induzione. - 2. L’indu­ zione nella logica statistica. - 3. L’induzione matematica. — II. Il procedimento induttivo nell’accertamento tributario : 1. L’ac­ certamento tributario. - 2. Gli strumenti d’indagine e di controllo nell’accertamento tributario. - 3. Cenni sull'accertamento indut­ tivo nelle diverse specie di imposizioni. — III. 1 presupposti di legalità dell’accertamento induttivo : 1. I fondamenti della indu­ zione nell’ accertamento tributario. - 2. I fondamenti di legalità e di qualità nelTaccertamento induttivo.

Appendice. — Tabella dei coefficienti di ammortamento. — Indice som­ mario. — Indice dei nomi. —- Indice analitico.

Volume in 8°, di pag. IV-348 ... Lire 2500

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CASSA DI RISPARMIO DELLE PROVINCIE LOMBARDE

Collana internazionale di saggi monetari creditizi e bancari

--- i

---RAPPORTO RADCLIFFE

sul funzionamento

del sistema monetario inglese

La politica monetaria del dopoguerra e gli sviluppi eco­ nomici - Gli obiettivi della politica monetaria - Il finan­ ziamento del settore pubblico - Istituti finanziari del set­ tore privato - Le funzioni della Banca d’Inghilterra - Effetti delle misure monetarie - La politica del debito pubblico - Aspetti internazionali del sistema monetario - Ruolo e organizzazione della Banca d’Inghilterra - Sta­ tistiche - Lo sviluppo degli Istituti monetari - Conclu­ sione - Appendici.

Volume in 8°, p. XIII-530, con 39 tabelle e 18 grafici, rii. tela, L. 4000.

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O l i v e t t i

S t u d i o 4 4

Per chi scrive nel proprio studio privato carte profes­ sionali, relazioni, memorie; per l’ingegnere, il medico, lo studioso, l’artigiano; p e rii minore lavoro d'ufficio, una macchina poco ingombran­ te e completa :

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Il 10 maggio è morto improvvisamente a Roma Salvatore Scoca,

condirettore di questa Rivista, cultore appassionato di studi iìnan ziari, avvocato generale dello Stato dal 1946.

Salvatore Scoca era nato a Calitri (Avellino) il 15 giugno 1894. Fu magistrato e nel 1925 entrò nella Avvocatura dello Stato ove per­ corse una brillante carriera. Egli è stato condirettore della Rivista italiana di diritto finanziario e, dal 1949, di questa Rivista. Libero docente in scienza delle finanze e diritto finanziario, insegnò per incarico quelle materie presso l’Università di Trieste e presso l’ Uni­ versità di Roma.

Quale studioso, Egli lascia numerose pubblicazioni tra le quali, oltre a diverse note a sentenze, sono da ricordare quelle su « Gli effetti finanziari della svalutazione della moneta », su « Le evasioni all’ imposta di r.m. », « Sulla causa giuridica dell’imposta e sullo stato quale soggetto passivo dell’imposizione ». Egli ha collaborato con A. D. Giannini alla preparazione del « Codice delle leggi tri­ butarie ».

Dopo l’ultima guerra, intensa e di grande rilievo è stata la Sua attività politica. Fu membro della Consulta Nazionale e della As­ semblea costituente ; venne eletto poi deputato per due legislature e fece parte più volte del Governo quale sottosegretario e quale mi­ nistro per la riforma della Pubblica Amministrazione. Anche in questo campo egli portò la Sua esperienza di cultore delle scienze finanziarie e segnatamente quale presidente della IV commissione permanente delia Camera (Finanze e tesoro) e quale membro della commissione per la redazione dei testi unici delle leggi tributarie, presso il Ministero delle Finanze. Tale commissione, sotto la Sua presidenza, pubblicò il testo unico sulle imposte dirette e portò a termine il testo unico per la riscossione.

La Direzione della Rivista si inchina reverente alla memoria del Suo Condirettore, ricordando le doti di giurista e di studioso che lo Scomparso aveva posto con tanto impegno a servizio dello Stato.

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ODIERNE DIMENSIONI E NUOVI ORIENTAMENTI E COMPITI DELLA FINANZA PUBBLICA (*)

In cento anni, dal 18(10 all’anno finanziario 1059-00, il reddito na­ zionale italiano è salito da 2,8 miliardi a 10,6 mila miliardi di lire attuali ; la. valutazione attribuisce allo stato italiano del 1860 tutte le provincie che con la fine del 1870 dovevano farne parte. Nello stesso periodo le entrate tributarie, dello stato, dei comuni e delle provin­ ce, si accrescono da circa 200 miliardi a 4 mila miliardi di lire; le spese pubbliche si espandono a lor volta da un ammontare compreso tra 300 e 400 miliardi, sul quale incidono fortemente gli eventi bellici, a quello di 5,2 mila miliardi.

Il reddito medio per persona si aggira attualmente in Italia in­ torno a 340 mila lire (per periodo attuale intendo i dodici mesi del­ l'esercizio 1959-60) ; nel 1875 esso era poco al di sopra delle 100 mila lire. Il raffronto viene effettuato con il 1875, perchè può essere con­ siderato il primo anno normale: erano trascorsi alcuni anni dall’in­ sediamento della capitale a Roma e, grazie all’impegno degli uomini della Destra e in ispecie all’appassionata opera del Sella, il grande disavanzo del bilancio dello Stato era stato colmato. Il cittadino ita­ liano paga oggi nella media imposte per 82 mila lire all’anno e ri­ ceve un insieme di servizi, diretti e indiretti, dello stato, dei co­ muni, delle province e delle regioni, che danno luogo a spese per 106 mila lire. Nel 1875 pagava imposte, sempre espresse in lire at­ tuali, per 14,6 mila lire e viceversa riceveva servizi per 17,4 mila lire. Cioè, di fronte ad un incremento dal 1875 al 1959-60 del 232 per cento del reddito medio annuo per persona, reddito espresso sempre nelle stesse lire, si è avuto un incremento del 458 % dell’ onere fiscale e del 508 % delle spese pubbliche effettive : l’ aumento relativo dell’onere fiscale è stato pressoché due volte quello del reddito, e l’aumento delle spese pubbliche ha superato dell’ Il % quello delle entrate tributarie.

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2. Il rapporto tra il provento dei tributi, dello stato e degli altri enti impositori territoriali, e il reddito nazionale ai prezzi di mercato, indice della pressione fiscale, si innalza da meno del 10 % nei primi dieci anni dello stato a circa il 15 % negli anni successivi fino alla prima guerra mondiale ; tende verso il 20 % nel decennio che ha preceduto la seconda guerra mondiale, ed è oggi del 24-25 %. Il rapporto tra le spese pubbliche effettive e il reddito nazionale, in­ dice a sua volta della partecipazione pubblica all’attività economica e sociale, già si avvicinò nello scorso secolo al 20 %, e alle volte lo superò; è passato al 25 % alla vigilia della seconda guerra mondiale ed è oggi del 31-32 %.

L’ espansione dell’attività finanziaria ha sempre preceduto quella del reddito, tranne nel periodo di grande slancio economico che si ebbe tra gli ultimi anni del secolo scorso e la vigilia della prima guerra mondiale, quando il nostro Paese si aprì quasi impovvisa- mente a nuove attività industriali e commerciali, e la sua. struttura economica fece passi decisivi da un’economia prevalentemente agri­ cola verso un’economia mista. In tutti gli altri periodi lo sviluppo della pubblica finanza precorse quello dell’attività privata: lo pre­ corse quando la guerra impose la propria legge al bilancio dello stato e quando imperversarono crisi o difficoltà economiche ; e lo precorse pure in momenti più calmi o di indubbio progresso, come l’ attuale, segnato da inusitati aumenti di tutti i valori, del reddito, delle spese pubbliche, delle entrate tributarie.

3. I pochi dati racchiudono in sè i momenti di fondo della no­ stra finanza pubblica : la crescente partecipazione pubblica all’atti­ vità economica della società italiana, il dinamismo delle spese effet­ tive più pressante di quello delle entrate tributarie; il distacco per­ sistente tra il provento dei tributi e le spese effettive. Attraverso un reciproco procedere di azioni nell’ uno e nell’altro senso, il progre­ dire economico ha sospinto l’attività finanziaria, e questa ha alle volte trattenuto, ma normalmente ha favorito, il progredire economico. Il nostro sistema economico è stato strutturalmente modificato dallo spazio crescente che l’attività finanziaria è venuta ad occupare nell’ in­ sieme dell’ attività economica.

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.128

dono, nei progredire economico e sociale, e di quelli che ci affiancano. Secondo calcoli, che risalgono al 1958, il rapporto tra spese pubbli­ che effettive e reddito nazionale ai prezzi di mercato è in Francia del 31 % ; quello della pressione fiscale è del 24 % ; i due rapporti sono uguali a quelli italiani di oggi. Nel Regno Unito il rapporto tra spese pubbliche e reddito nazionale è del 33 %, sempre riferito al 1958, e quello della pressione fiscale del 28 % ; negli Stati Uniti i due rap- porti sono rispettivamente del 29 e del 25 % ; nella Germania occi­ dentale sono entrambi del 26 %. La Svizzera soltanto si distacca da questo andamento generale, con rapporti di partecipazione delle spese pubbliche e di pressione fiscale rispettivamente del 21 e del 16 %. Le vicende politiche, la struttura economica, le dimensioni, spiegano, d’altronde, il distacco.

4. L’ampliamento quantitativo della finanza pubblica è stato effetto e causa al tempo stesso del suo mutamento qualitativo. La finanza pubblica, già concepita come mera attività di prelievo e di spesa, per il soddisfacimento di bisogni pubblici fondamentali, tenuta a mantenersi neutrale verso l’ attività economica privata e la ripar­ tizione delle risorse e del reddito che il mercato imporrebbe, esce, nel modo d’ essere e nella concezione degli uomini di governo e degli stu­ diosi, dai limiti illusori della neutralità, e, resa di ciò consapevole, si pone esplicitamente i grandi obiettivi del progresso economico, di una soddisfacente stabilità del valore della moneta, di condizioni so­ ciali accettabili per tutti. La scelta delle entrate e delle spese pubbli­ che, le dimensioni del bilancio, traggono le loro motivazioni da con­ siderazioni ognora più complesse.

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pro-la determinazione delpro-la loro rispettiva quantità, pro-la distribuzione del costo tra i consumatori, eòe., avvengano secondo il principio del valore, cioè con il minor possibile sperpero di ricchezza privata, per la soddisfazione massima dei bisogni collettivi » (1).

L’attività finanziaria appare quale attività produttiva e il tri­ buto si presenta nella veste di compenso dovuto all’ ente pubblico per la partecipazione alla produzione del reddito nazionale. L’azione di­ stributiva della ricchezza si aggiunge a sua volta a quella produt­ tiva, ed è esaminata non solo quale effetto, ma anche quale uno degli scopi della finanza pubblica. Quindi, in una visione ancora più am­ pia, l’ attenzione degli studiosi si occupa dei mutamenti degli equi­ libri particolari, e di quello generale.

Ma soltanto negli anni più recenti, ai quali possiamo idealmente far corrispondere la terza fase della scienza delle finanze, alla ricerca degli effetti dei fatti finanziari sull’ equilibrio economico generale, e su quelli particolari, si affianca, e prende posto inatteso, la ricerca inversa dei fatti e degli interventi finanziari occorrenti per conse­ guire più soddisfacenti equilibri particolari e generali. La più incisiva evidenza delPattuale orientamento si può forse rilevare nel recente trattato del Musgrave, nel quale lo svolgimento teorico è condotto nella supposizione che del bilancio si occupino tre distinti diparti­ menti, tenuto il primo a formulare il piano della più conveniente ripartizione delle risorse tra impieghi pubblici e impieghi privati, in conformità ai classici principi della finanza e in ipotesi di piena occu­ pazione ; tenuto il secondo dipartimento a occuparsi del piano della più soddisfacente distribuzione del reddito tra i privati, sempre in ipotesi di piena occupazione; e tenuto il terzo a formulare il piano per il conseguimento e il mantenimento della piena occupazione, in condizioni di soddisfacente stabilità dei prezzi (2).

In effetti, i recenti studi sugli effetti e sull’impiego di inter­ venti finanziari costituiscono un nuovo capitolo della scienza delle finanze, che ha assunto la denominazione di politica finanziaria (fiscal policy). Non si tratta, mi si consenta di precisare subito, di un capitolo di mera scienza normativa, come la denominazione potrebbe far supporre. Questi studi di politica finanziaria comprendono en­ trambi gli aspetti, della ricerca scientifica positiva, diretta all’

in-(1) A. De Viti De Marco, Principi dì economia finanziaria, G. Einaudi, Torino, 1934, p. 6.

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dividuazione delle uniformità dell’azione finanziaria, e della ricerca normativa, diretta a suggerire precetti di azione finanziaria, in re­ lazione alle finalità che l’ ente pubblico desidera perseguire.

5. È noto come all’ampliarsi delio spazio occupato nell’azione economica pubblica dalla politica finanziaria, si sia opposto un af­ fievolirsi continuo dell’efficacia della politica monetaria di tipo clas­ sico.

L’antica fiducia nei classici strumenti di politica monetaria, di cui dispone la banca centrale, è di fatto in parte scomparsa, e da tempo. Si ammette nel Rapporto del Comitato sul modo d’agire del sistema monetario inglese, del 1959, detto Rapporto Radcliffe dal suo presidente, che il compito delle autorità monetarie è stato negli ultimi tempi tutt’altro che facile, e che le stesse autorità sono state altresì piuttosto riluttanti nell’ usare con decisione le armi di cui di­ spongono. Sta di fatto che oggi le limitazioni, che circondano la pura politica monetaria, sono di notevole momento e che probabilmente il loro peso si accrescerà ancora nel tempo. Ricordiamo dapprima la ri­ dotta rilevanza del mercato dei prestiti, quale fonte degli investi­ menti, dovuta all’ espandersi dell’autofinanziamento, che rende le imprese scarsamente sensibili al variare del tasso dell’ interesse ; alla sua base vediamo agire il processo, imposto dai progressi tecnolo­ gici e aziendali, di sostituzione di poche grandi imprese al diffuso numero di medie imprese. Sottolineiamo, quindi, ancora il largo spazio che la, domanda pubblica, insensibile ai comandi monetari, ha acquisito nell’ambito della domanda globale e della collettività, di­ venendo un pesante vincolo di ogni politica economica ed in ispe- eie di quella monetaria. Ed aggiungiamo le trasformazione struttu­ rali che la stessa finanza pubblica ha imposto, col suo modo d’essere, al mercato monetario e a quello finanziario, e le più ampie esigenze di disponibilità monetarie, e di liquidità, di cui si è fatta portatrice : nonché la politica del debito pubblico che si è andata affermando in questo dopoguerra, politica sempre più incline a ricorrere a forme di indebitamento a breve, o troppo preoccupata, come è avvenuto negli Stati Uniti nel primo dopoguerra, di mantenere stabili i valori dei titoli a scadenza lontana, e pronta, quindi, a ricorrere agli inter­ venti dell’ istituto di emissione (3).

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6. 13 forse opportuno ricordare che, al tempo stesso in cui si accresceva il reddito, si sono espanse nel nostro e negli altri paesi le disponibilità monetarie ; e che l’aumento delle disponibilità monetarie ha di norma superato quello del reddito nazionale, in misura che in Italia può essere valutata, tra il 1875 e il 1960, intorno al 50 %.

L’insieme dei mezzi monetari, dai biglietti di banca agli assegni emessi dalle banche su se stesse e ai depositi bancari o presso le poste ed aventi natura monetaria, che si aggirò intorno a un quarto del valore del reddito nazionale lordo nello scorso secolo, e si avvi­ cinò a un terzo negli anni -30, ne è oggi all’ incirca il 40 %.

La moneta, se servisse soltanto a transazioni aventi origine nella formazione, nella distribuzione e nel consumo del reddito, avrebbe avuto la velocità annua di circolazione di circa 4 volte nel secolo scorso, di circa 3 prima della seconda guerra mondiale, e avrebbe la velocità di 2,5 volte presentemente. Ma il mutare del rapporto non significa ciò ; la più ampia dotazione di disponibilità monetarie non riflette una caduta della loro velocità di circolazione, o una accre­ sciuta preferenza per la liquidità. Essa riflette anche questo, ma non solo questo, giacché è conseguenza principalmente del modificarsi in senso monetario del sistema economico; in primo luogo della sosti­ tuzione decisa dell’ industria e delle attività terziarie all’agricoltura, alPartigianato e al lavoro familiare, cioè di attività necessariamente monetarie ad attività che in gran parte si attuano senza l’ inter­ vento della moneta o con interventi ristretti a pochi scambi; in secondo luogo dello spazio sempre più vasto che ha acquisito la fi­ nanza pubblica nel contesto dell’attività economica della società.

La finanza pubblica porta con sé lo sviluppo della moneta e ne consolida una posizione di preminenza; al tempo stesso ne condi­ ziona forme e modi d’azione e ne è condizionata. Sia sufficiente ri­ cordare che il provento dei tributi e delle altre entrate pubbliche af­ fluisce pressoché nella totalità agli istituti bancari ; e che sono di conseguenza gli stessi istituti che effettuano i pagamenti pubblici. Il flusso monetario dei contribuenti e dei debitori agli enti impositori, e da questo ai loro creditori, è di fatto uh flusso dai primi al sistema Irancano ai secondi.

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esigenze finanziarie non coperte dalle entrate tributarie, il potere, di cui lo stato dispone, di fissare, entro limiti ampi, scadenza e inte ressi dei suoi prestiti, da un lato sono stati causa di un accresci­ mento continuo delle disponibilità monetarie e della liquidità del mercato ; dall’altro hanno stabilito rapporti oggi ben più stretti di un tempo fra la finanza pubblica, il mercato monetario e quello fi­ nanziario.

7. I mutamenti strutturali del mercato monetario e di quello finanziario hanno aggiunto nuovi limiti alla politica monetaria, ag­ gravandone le incertezze e manchevolezze e hanno reso il fenomeno monetario meno governabile, proprio per le sue accresciute dimen­ sioni. Ed indirettamente hanno concorso ad estendere, tra gli stu­ diosi e gli uomini di governo, il largo favore che la politica finanzia­ ria incontra oggi tra gli studiosi. Se per alcuni la politica finan ziaria si è posta accanto a quella monetaria, l’ una integratrice del­ l’altra, per altri la politica finanziaria, per il suo peso e le sue pos­ sibilità di azione immediata, porrebbe la politica monetaria in una posizione ausiliare. La scoperta su un piano razionale delle ampie possibilità, che sarebbero aperte all’ intervento finanziario, ha spinto in effetti questi ultimi a dimenticare la realtà nella quale si deve agire, i limiti che le reazioni del settore privato pongono agli inter­ venti finanziari, non meno che a quelli monetari.

La politica monetaria è, come è noto, politica soltanto indiretta, che si rimette per il conseguimento delle proprie finalità alle deci­ sioni e all’azione dei singoli ; è politica di norma non selettiva o qualitativa, ma che può essere selettiva, favorendo o ponendo con­ dizioni più onerose a gruppi, settori, iniziative ; e, quando impiegata in forma non selettiva, è politica altresì apparentemente neutrale. E infine politica che concentra la propria azione nell’ambito degli in­ vestimenti, e in generale della produzione. Le armi della politica mo­ netaria sono le variazioni dell’interesse, delle disponibilità mone­ tarie in essere e della capacità del sistema creditizio di effettuare pre­ stiti.

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bilancio verso il pareggio, il disavanzo, o l’avanzo. Così agendo, lo stato non crea incentivi o divieti, non sospinge o frena il privato: fa direttamente. Riduce la propria spesa oppure toglie al privato capacità d’acquisto, quando ritiene che questi spenda troppo; riduce il prelevamento fiscale, oppure si pone accanto al privato con la pro pria spesa, quando ritiene che spenda troppo poco.

Teoricamente si potrebbero supporre variazioni uniformi di tutte le entrate e di tutte le spese, cioè soltanto quantitative. In effetti, però, queste varazioni ben difficilmente possono non essere altresì qualitative : la politica dello stato non prescinde cioè, al tempo stesso in cui espande, o riduce, le entrate o le spese, dalla scelta del tributo o dei tributi, e della spesa o delle spese.

Lo stato può ricorrere, inoltre, all’azione meramente indiretta, sostituendo tributi ad altri tributi, oppure apportando degli sgravi in settori impositivi, o diversamente scegliendo tra le spese pubbliche.

Questo intervento è nella sua motivazione d’ordine qualita­ tivo ; è però ben difficile che anch’esso non si presenti sotto entrambi gli aspetti, qualitativo e quantitativo. I mutamenti qualitativi dei tributi e delle spese di norma apportano nel bilancio anche variazioni quantitative. Lo scopo preminente dello stato rimane, tuttavia, con questo intervento quello di agire sulla spesa globale non direttamente bensì per tramite dei privati, di spingere questi verso nuove iniziative economiche o ad allargare il consumo, o viceversa a ritrarsi dalle une e dall’altro; di spingerli in breve a spendere di più o di meno nel­ l’ uno o nell’ altro senso, nell’ uno o nell’altro settore.

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viene il perseguimento di una certa politica di piena occupazione e di sviluppo del reddito, di un livello dei prezzi sufficientemente sta­ bile, di una soddisfacente ripartizione delle risorse tra diversi im­ pieghi.

8. Se grandi sono le possibilità d’intervento della politica finan­ ziaria, quale politica di variazioni quantitative e di mutamenti qua­ litativi delle entrate e delle spese, non pochi e non sempre superabili ne sono però anche i limiti. Essi si possono ricondurre a due vin­ coli fondamentali : i rapporti tra la finanza pubblica e l’ economia, tra il settore pubblico e il settore privato, non sono modificabili a piacimento, e tanto meno sono modificabili in breve tempo. Questi rapporti riflettono il modo d'essere e di vedere di una società e dei singoli gruppi che di essa fanno ¡«irte ; sono la risultante di forze e impulsi diversi, concordi e discordi, aventi la loro origine in mo­ tivi economici, sociali e politici. L’ espansione, o la restrizione, del settore pubblico non è scelta semplice e facile a farsi da parte di chi abbia responsabilità di governo ; giacché deve essere compresa e voluta, cioè « sentita » dall’opinione pubblica. L’espansione del bi­ lancio pubblico, l’inasprimento delle entrate fiscali, il disavanzo, hanno i loro limiti nelle reazioni negative cui frequentemente danno origine nel settore privato, per la sfiducia che si può diffondere nei riguardi della gestione finanziaria se ritenuta non sufficientemente oculata, e per l’inasprirsi dei costi cui sono esposte le imprese pri­ vate in dipendenza dell’intensificarsi della domanda pubblica di ri­ sorse. Teoricamente, al di là dei limiti di tolleranza dei privati, una modesta espansione del bilancio pubblico potrebbe far precipitare l’economia in un processo autodistruttivo a « tela di ragno », dove la domanda e le attività pubbliche divengono sostitutive di quelle private, che sempre più si restringono, oppure nell’ aperta inflazione. Secondo l’esperienza l’effetto « perverso » più probabile dell’ azione finanziaria pubblica è il contenimento o annullamento dei vantaggi attesi e distorsioni della produzione.

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tari, nell’attività sociale ; nei momenti opposti, in cui si intende ri­ durre la spesa pubblica, è sempre più agevole limitare gli investi­ menti pubblici, che non ricorrere a limitazioni degli aiuti sociali, e tanto meno alla contrazione delle spese di amministrazione e di quelle militari.

9. La politica monetaria e la politica finanziaria non sono in realtà due politiche alternative, per cui si possa ricorrere a volontà all’ ima o all’ altra per il conseguimento della stessa finalità, che è il progredire economico in condizioni di piena occupazione dei fat­ tori produttivi e di una soddisfacente stabilità dei prezzi. Struttu­ ralmente diverse, le due politiche sono condizionate da vincoli di­ versi. Inoltre, non v’è espansione o contrazione assoluta del reddito monetario che abbia un valore indipendente dalla « qualità » di quel mutamento, e dai modi e dai mezzi attraverso 1 quali vi si è arrivati.

Come già si è osservato, la politica manetaria è sempre e solo politica di azione indiretta : la politica finanziaria è politica di azione diretta ed indiretta, e per io più è contestualmente l’ una e l’ altra. La politica monetaria può essere mutata istantaneamente e radical­ mente ; la politica finanziaria di bilancio può essere mutata con gra­ dualità e attraverso procedimenti politici, giuridici e tecnici piuttosto lenti. Le spese sono in massima parte rigide (secondo la valutazione della Ragioneria generale dello stato l’80 % delle spese dello stato italiano è attualmente costituito da spese rigide), e sono per lo più modificabili unicamente nella direzione dell’ espansione. A lor volta le imposte non possono essere abbandonate a scelte che si propongano unicamente scopi di intervento nelPeconomia ; esse debbono attenersi in primo luogo ai canoni dell’equità e della capacità contributiva, secondo l’ interpretazione che ne viene data in un determinato mo­ mento storico.

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della velocità della circolazione della moneta : crea condizioni obiet­ tive di tardivi sviluppi inflazionistici, senza rimuovere nel momento voluto il mercato dalla sua apatia.

L’ efficacia della politica monetaria è ben maggiore, quando essa procede in senso restrittivo per frenare o spegnere un’inflazione. Seb­ bene non pochi siano i dissensi tra gli economisti, non credo si possa negare il valore di una politica monetaria che intervenga con deci­ sione nell’ elevare i tassi dell’interesse e nel ridimensionare la liqui­ dità del mercato. 11 problema è semmai del giusto dosaggio dei due strumenti al fine di evitare eccessivi effetti « perversi » in senso deflazionistico.

La politica finanziaria di bilancio lia pregi e meriti opposti : di scarsa utilità nella direzione restrittiva, appare appropriata nella direzione espansiva. La sua azione restrittiva è per le ragioni già accennate, lenta e spesso qualitativamente nociva : il massimo che le si può chiedere è la stabilità delle spese e un graduale aumento delle entrate fiscali. La sua azione espansiva può essere ben più rapida ed efficace, rivolgendosi all’ ima e all’altra parte del bilancio.

10. L’insieme di queste diverse caratteristiche indica, a mio modo di vedere, la politica finanziaria di bilancio quale politica di lungo periodo, di scelte meditate e destinate a permanere più anni : il fondamento di qualsiasi programmazione di lunga lena. E i n d i c a la politica monetaria quale politica prevalentemente di breve periodo, nel senso di sua maggiore idoneità nell’appianare le minori fluttuazioni dell’ attività economica e dei prezzi, e per spegnere il primo insorgere di focolai inflazionistici.

La distinzione non deve tuttavia essere presa in senso assoluto, ed ancora meno nel senso di una attribuzione alla politica finanziaria di bilancio delle sole finalità dello sviluppo economico e a quella monetaria delle sole finalità della tutela del valore della moneta. E noto che la politica di sviluppo è funzione altresì della disponibilità di finanziamenti e del loro costo, e quella di tutela del valore della moneta è funzione altresì delle scelte di bilancio, perchè mi indugi su questo punto. La distinzione intende soltanto caratterizzare le due politiche nelle loro qualità più rilevanti e significative.

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quella di cui si è discorso finora : cioè dalla politica di gestione del debito pubblico.

Se gli uomini che nel secolo scorso diressero la finanza del nostro Paese, ed anche quelli che se ne occuparono nei primi decenni di questo secolo, dovessero oggi sedersi al tavolo del ministro del tesoro, essi rimarrebbero colpiti da grande stupore nel constatare la sconsi­ deratezza degli attuali ministri, pronti a ricorrere all’indebitamento a. brevissimo termine, e verrebbero pervasi da un’incontenibile ansia di porre rimedio a questo malgoverno, tramutando gli attuali titoli e le altre forme di indebitamento a brevissimo termine o a vista in titoli a scadenza lontana, e magari in titoli perpetui. Il debito flut­ tuante, esclusa la circolazione di stato, ebbe valori inferiori al 5 % del debito complessivo dello stato, fino alla prima guerra mondiale ; costituì da un quinto a un terzo del debito complessivo tra le due guerre; si aggira oggi intorno al livello assai alto del 60 % (4). Ep­ pure gli attuali reggitori della pubblica finanza non sono meno saggi, nell’ambito della gestione del debito pubblico almeno, di quelli d’al- lora ; anch’essi perseguono la politica cui ha sempre mirato un ministro del tesoro : pagare l’ interesse pili basso compatibilmente con un tranquillo andamento delle scadenze e dei rinnovi. La sostituzione del buono ordinario del tesoro al normale titolo del debito pubblico riflett e nuove esigenze e nuove situazioni : la più sentita preferenza per la liquidità dei privati, l’esigenza delle banche di sostituire con gli impieghi in buoni ordinari del tesoro il portafoglio commerciale che nuove consuetudini ha di molto ridotto, la presente stretta di­ pendenza delle banche dalle autorità monetarie. In effetti è piuttosto remoto, se non del tutto nominale, il pericolo che le banche, le grandi sottoscrittrici dei buoni ordinari del tesoro, si presentino in massa alla scadenza per il rimborso (5). Il buono ordinario del tesoro, con­ trariamente alle ragioni che determinarono la sua origine e alle sue caratteristiche tecniche, serve oggi ai finanziamenti permanenti del bilancio ; considerato, a ragione, dagli investitori quale attività li­ quida è, nella sostanza, per il sistema bancario nell’ insieme un inve­ stimento permanente.

(4) Dati conformi si rilevano negli altri paesi: in Francia il debito flut­ tuante rappresentò l ’8,8 per cento del debito complessivo interno nel 1913, e ne ha rappresentato circa un quarto nel 1938, il 70 per cento nel 1961. Dall’an­ teguerra a oggi il rapporto^ salito in Inghilterra dal 14 al 22 per cento.

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11 mercato monetario si trova così in gran parte nelle mani del tesoro, ed il tasso d’ interesse a breve è divenuto uno dei tanti prezzi amministrati (6). La scelta dell’investimento, tra i due estremi del­ l’ interesse più alto, che l’ investimento a scadenza lontana offre, e della maggiore liquidità dell’investimento meno fruttifero, è una scelta in grande misura diretta dal tesoro. L’antica indipendenza della banca centrale, propria del tempo in cui lo stato si indebitava pressoché soltanto a lungo termine e gii investimenti liquidi della banche erano costituiti da titoli commerciali, è cessata. Il tesoro si è posto ad essa accanto nel determinare le condizioni del mercato monetario, e indirettamente di quello finanziario (7).

11. Alcuni studiosi preferirebbero considerare l’attività finanzia­ ria, che si propone obiettivi economici al di fuori di un interesse immediato della vita dello stato, quale tema di studio della politica economica e finanziaria, e non della scienza delle finanze; lo stesso Musgrave sente questa incertezza e si domanda se la sua trattazione non avrebbe dovuto essere posta sotto la denominazione di economia dello stato, o pubblica. Il dubbio perde subito di consistenza una volta che si riconosca, come si riconosce, che lo studio della finanza pubblica non possa prescindere da questi nuovi preminenti interessi, senza incorrere nel grave difetto di una visione parziale. La separa­ zione del Musgrave, di cui si è fatto cenno, nei tre dipartimenti del bilancio, il primo occupato con le antiche finalità del soddisfacimento dei bisogni pubblici, il secondo con il problema della distribuzione del reddito ed il terzo con quello della stabilizzazione dell’attività economica su livelli di piena occupazione, è esclusivamente di co­ modo ; le entrate e le spese pubbliche, pur avendo frequentemente la loro motivazione soltanto in una o altra finalità, di fatto producono effetti simultanei e mutamenti in tutti e tre gli ambiti.

D’ altronde nell’ incertezza dei confini tra due discipline, la scienza dele finanze e la politica economica e finanziaria, confini che sempre rimarranno incerti essendo entrambe discipline economiche che si

(6) Nella accezione più vasta di prezzo amministrato, secondo la Quale si intende un prezzo « amministrato » sia per azione o intervento privato sia

per azione o intervento pubblico. . . , ,

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occupano della ricerca dei principi razionali della condotta economica dello stato, uno solo mi sembra possa essere il criterio di distinzione : l'esistenza o la non esistenza dei fatto finanziario. Ogni qualvolta si abbiano entrate e spese pubbliche, si è nelPambito della pubblica finanza; ogni qualvolta lo stato ricorra per i propri fini a preleva­ menti o a spese, o a mutamenti finanziari del suo patrimonio, si è nell’ambito della pubblica finanza. Il che non esclude che gli stessi fatti possano, e alle volte debbano, essere studiati anche da altre discipline, nel contesto di fatti e fenomeni a loro più propri.

A ragione, pertanto, la scienza delle finanze accoglie i nuovi orientamenti della pubblica finanza a guida dei suoi presenti studi, e considera la politica finanziaria parte ultima, ma integrante, del proprio sistema teorico. I suoi mutamenti quantitativi e qualitativi, succedutisi nel corso di un secolo e in specie negli ultimi decenni, sono i nuovi interessi degli studiosi e degli odierni orientamenti e dei più vasti compiti.

12. Nella ricerca storica, nella quale mi sono indugiato all’inizio di questa prolusione, ho ritenuto utile risalire al 1860, in modo da abbracciare l’ intero primo secolo dello stato italiano, e un periodo ovunque segnato da profonde modificazioni della struttura e dei compiti dello stato moderno.

Mi è gradito ora, nel chiudere, ricordare l’antica e nobilissima tradizione di questa Università nello studio della finanza pubblica, tradizione che vede il proprio inizio proprio al sorgere dello stato italiano. Il mutare della finanza pubblica ha sempre qui avuto testi­ monianza nella ricerca scientifica e nell’ insegnamento. Ad antichi dibattiti, altri via via si sostituiscono, in uno spostarsi e ampliarsi continuo degli interessi. Di volta in volta le nuove ricerche, i nuovi convincimenti non negano i precedenti, ma ne accettano i risultati nei limiti in cui essi rientrino nelle successive esperienze.

Iniziò l’insegnamento della scienza delle finanze, in Pavia, Luigi Cossa nel 1859, in anni alterni con l’economia politica. Ancora in Pavia venne istituita, nel 1878, la prima cattedra di scienza delle finanze; vi salì Giuseppe Bieca-Salerno. Gli successero, tra gli altri, Antonio De Viti De Marco, Ugo Mazzola, e, dal 1920 al 1954, Ben­ venuto Griziotti.

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non mi fossero d’ aiuto la cordiale s i m p a t i a dei colleglli d e l l a Facoltà di giurisprudenza, di sostegno il grande affetto che mi lega all’ università di Pavia, e d’incitamento l’elevato esempio morale di Benvenuto Griziotti, che proprio da codesti banchi conobbi la prima volta nel lontano 1929. Sempre nel tormento della ricerca dei fon­ damentali razionali dell’ attività finanziaria, Egli fu appassionata­ mente avvinto ai Suoi studi ; e fu Maestro nel senso più elevato, giacché seppe accettare e apprezzare la piena libertà di convincimento dei Suoi allievi. A Lui va, in questo momento, riverente, commosso, grato, il mio pensiero.

Giannino Parravicini

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1. Per capire la politica e la legislazione delle risorse naturali e del suolo degli Stati Uniti bisogna rifarsi alla smania degli ame­ ricani di possedere e dominare le loro terre.

Fino dalia chiusura delle frontiere nel 1890 circa, gli Stati Uniti non hanno mai conosciuto la « fame di terra » che è stata così co­ mune in molte parti dell’ Europa e dell’ Asia. Il risultato è che negli Stati Uniti le questioni relative alla terra riguardano principal­ mente la questione della proprietà pubblica in contrapposto alla proprietà privata del suolo e delle risorse naturali. L’ uso del suolo e delle altre risorse naturali è sempre stato di secondario interesse.

Questo non significa che i problemi delle risorse naturali non siano stati oggetto di interventi pubblici. I governi degli Stati Uniti, a tutti i livelli, sono profondamente interessati alla politica delle risorse naturali. Due organi federali, i Dipartimenti dell’Agricol­ tura e degli Interni, hanno competenza diretta nell’ amministrazione delle attività del governo federale in questo settore, e anche molti altri uffici hanno delle responsabilità nel settore delle risorse natu­ rali. A livello statale e locale ci sono molti uffici e commissioni il cui compito è di zonizzare (zoninr/), conservare, sviluppare le risorse naturali, e molte altre cose del genere.

I problemi riguardanti il territorio sono stati prominenti nelle discussioni politiche. Nel XIX secolo la controversia più importante fu risolta dagli .« homestead acts », che permisero ai coloni di otte­ nere terreno pubblico gratuitamente o dietro pagamento di una somma nominale. Vi furono inoltre molte altre discussioni. Per esempio, vennero create le foreste nazionali. Ora queste sono ammi­ nistrate dal governo federale per la produzione del legname da opera ed altri prodotti forestali. Nel XX secolo vi sono state dispute sulla proprietà delle spiagge petrolifere e sulla bonifica del deserto e delle regioni incolte, e su molte altre questioni concernenti le risorse territoriali.

Nella maggior parte delle controversie, tuttavia, il problema

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non fu come il suolo e il sottosuole dovesse essere utilizzato, ma chi dovesse possedere le risorse. Talvolta si è deciso di affidare il terri­ torio a privati, mentre altre volte lo si è affidato ad amministrazioni pubbliche. Il risultato fu che circa il 29 % del territorio negli Stati Uniti continentali è posseduto dai governi e il rimanente da privati cittadini, società, cooperative, e da altri tipi di unità economiche private (1). La caratteristica principale della proprietà del suolo degli Stati Uniti, tuttavia, non è questa gestione mista. E la libertà di azione che hanno i proprietari non pubblici della terra. General­ mente, quando vi fu disapprovazione pubblica dell’amministrazione privata di qualche particolare territorio, come risultato si è avuta la pubblica proprietà e gestione di quel territorio e non la regola­ mentazione dei processi di decisione privati. Questo è in clamoroso contrasto con la maggior parte degli altri settori dell’ economia degli Stati Uniti, quali i trasporti, i servizi di pubblica utilità e le industrie.

Ci sono eccezioni all'osservazione che vi fu poca regolamenta­ zione pubblica dell’ uso del territorio. La maggior parte delle città hanno leggi sulla zonizzazione che condizionano il tipo delle costru­ zioni e il loro uso. In alcuni stati esiste una regolamentazione del­ l’estrazione del petrolio. Gli agricoltori, ricevendo sussidi sui prezzi, subiscono limitazioni nella scelta dei prodotti che possono coltivare. Si potrebbe allungare la lista, ma l’effetto di enumerare tali ecce­ zioni sarebbe di metterne in evidenza la natura atipica. In generale, l’attitudine americana è stata di considerare che la casa di ogni cittadino è il suo castello; la sua proprietà il suo dominio; e ingiu­ stificata è ogni interferenza su come egli governi il suo reame.

Questa attitudine può essere spiegata ricordando che il territorio americano è sempre stato abbondante e che la frontiera fu ampliata da coloni individualistici, desiderosi di terra. Il loro punto di vista circa l’ uso della terra si riflette negli S.U., nella politica di non interferire nel modo di disporne dei privati. Purtuttavia, sempre più, negli S.U. i problemi connessi con l’ uso privato delle risorse territoriali richiedono soluzione e la pubblica proprietà non fornisce una facile, risposta.

2. I problemi d’ oggigiorno circa l’ uso della terra differiscono da quelli che hanno preoccupato la politica del XIX secolo. Nel periodo

(1) Marion Clawson, R. Burnell Held. and Charles H. Stoddard, Land Por The Future (Baltimore: Jolins Hopkins Press, 1960 p. 43).

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iniziale, i problemi delle risorse naturali furono connessi con lo svi­ luppo del West.

Oggi l’ interesse maggiore è volto verso il suolo che è dentro e attorno le grandi aree metropolitane. I problemi della terra non sono più esclusivamente rurali o esclusivamente urbani. Il dilatarsi di una grande « megapoli » lungo la costa est degli S.U., da Boston a Washington D.C. e attorno ai Grandi Laghi, da Buffalo N.Y. a Chicago, ha annullato le tradizionali distinzioni fra territori urbani, suburbani e rurali.

Negli ultimi anni c’è stata una crescente consapevolezza dei nuovi problemi posti dalle nuove tendenze nell’ uso del suolo. A prova di questa consapevolezza crescente si può citare un largo numero di libri pubblicati da economisti, studiosi di scienze politiche, esperti di altre discipline. Il presente articolo prenderà in considerazione alcuni aspetti di tre di questi contributi. Le opere sono : « The Squeese », che reca il sottotitolo « Cities vvithout Space » di Edward Iligbee ; « Land for thè Future » di Marion Clawson, F. Burnell Held e Charles H. Stoddard ; e « Metrópolis 1885 » di Raymond Yernon (3). Non cercherò di trattare tutti gli argomenti discussi in questi studi. Piuttosto considererò quattro problemi connessi tra di loro. Que­ sti sono :

1) la funzione della città;

2) i fattori determinati dello sviluppo metropolitano ; 3) i bisogni ricreazionali ;

4) il risviluppo urbano e pianificazione del territorio suburbano. Ciascun problema verrà discusso partita-mente.

II

1. Perchè abbiamo grandi città? A quale funzione adempiono le grandi città che non possano essere adempiute dalle piccole? Ogni analisi circa l’ uso della terra deve cominciare da questo punto, ma questa non è una questione semplice, come sembra a prima vista. Higbee sostiene che molti inconvenienti circa l’uso del suolo dipen­ dono dalla mancanza di chiarezza di idee su questo problema. La conclusione di Higbee è particolarmente interessante poiché la sua specializzazione professionale è quella di geografo, sebbene egli sia

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competente anche in varie altre discipline. Inoltre egli possiede uno straordinario buon senso ed intuito. Egli inizia la sua analisi asse­ rendo che la funzione di una grande città consiste nel sistemare un gran numero di persone su uno spazio esiguo (4).

1 sobborghi, d’altra parte, hanno il ruolo opposio. La loro fun zione è quella di offrire una gran quantità di spazio a poche persoli'.'

Higbee sostiene che gli urbanisti, gli uomini politici ed altri hanno cercato di fare sì chi“ le grandi città adempissero a compiti suburbani.

Cerne egli dice :

« Il problema centrale della pianificazione urbanistica è di si­ stemare la maggior quantità possibile di persone in un’ area ristretta, senza provocare claustrofobia o polluzione. Se una grande città non è strutturata in modo compatto, e nello stesso tempo libera da ogni congestione, non può servire adeguatamente i suoi cittadini. Si sciu­ perebbe troppo danaro nel cercare di eliminare gli ingorghi del traf­ fico, e altre forme di polluzione, mentre si trascurerebbero i servizi che aumentano il piacere di vivere in città. Il modo in cui una città usa lo spazioni influenza inevitabilmente le sue funzioni e il modo di vivere che la sua popolazione conduce. Tina metropoli non dovrebbe imitare i sobborghi come ha fatto Los Angeles; sparpagliandosi di­ sordinatamente sulla campagna. Con un quarto della popolazione di New York. Los Angeles copre un’area del 40 % più grande. Non c’è da stupirsi se non c’ è nè la ferrovia sotterranea, nè un efficiente sistema di trasporti di superficie. E troppo sparpagliata e rarefatta per avere un servizio di trasporto pubblico efficiente e capace di autofinanziarsi... Le grandi città e i sobborghi hanno due compiti contrari che non si possono unire armonicamente.

Tentativi di fonderli danno come risultato delle mostruosità che difettano dei requisiti positivi di entrambi. Una città riunisce la gente, un sobborgo la sparpaglia » (6).

La tendenza a mescolare il modo di vivere urbano e quello sub urbano, Higbee afferma, deriva da un tentativo di far posto alle automobili e a modelli di consumo adattati a queste. Un sobborgo può essere costruito in funzione del trasporto automobilistico, ma una grande città non può permettersi di provvedere strade e par­ cheggi necessari a queste forme di trasporto e nello stesso tempo

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assolvere al suo compito di fornire lina struttura compatta li pro­ duzione e consumo.

2. Passando ai problemi della produzione, il ruolo delle grandi città solleva un dilemma. Perchè le industrie scelgono di collocarsi in una metropoli? Ovviamente alcune industrie, per la loro natura devono collocarsi il pili vicino possibile ai consumatori, ma le grandi città contengono sempre industrie che a prima vista potrebbero sembrare più vantaggiosamente situate in piccole città. Per esempio, come mai la maggior parte dell’industria degli abiti fatti è accentrata in New York, e in poche altre grandi città, mentre la produzione tessile è localizzata in piccole città? Questo problema fu considerato ampia­ mente dal « New York Metropolitan Kegion Study » (NYMRS). Que­ sto studio, condotto dal 1956 al 1959 è probabilmente la più completa analisi mai fatta dello sviluppo urbano. Raymond Vernon, il diret­ tore dello studio, ha riassunto in « Metropolis 1958 », i risultati espo­ sti più dettagliatamente in altri otto volumi. La sua spiegazione del perchè certe aziende di produzione scelgano di localizzarsi in grandi città è che certe industrie esigono economie esterne, dovute all’in­ certezza dei processi della domanda o dei processi di produzione.

Per esempio, nel commercio degli abiti femminili, a causa del­ l’incertezza della moda, i fabbricanti hanno bisogno di essere vicini a fornitori specializzati che, sulla base di richieste del momento, possano offrire bottoni, materiali, nuovi disegni, ecc. Un’ altro esem­ pio citato da Vernon riguarda la pubblicazione di libri e riviste. Questa industria, a causa della natura incerta della domanda, ha bi­ sogno di essere situata in qualche punto in cui si possano avere con­ tatti immediati con specialisti di una quantità di settori diversi. Sono anche indispensabili buone biblioteche, attrezzature fotografi­ che, archivi di illustrazioni e altri simili servizi specializzati. Lo stampare, che è un’operazione di routine, si localizza in piccole città o in sobborghi, al contrario dell’ industria editoriale che si situa nella grande città (7). Ciò ha conseguenze per lo sviluppo sìa delle grandi città, sia delle industrie. Frequentemente, quando un’ industria è nel primo stadio di sviluppo, vi è grande incertezza e l’ industria sarà localizzata in una grande città. Mano a mano che l’ industria si svi­ luppa, le operazioni aziendali diventano più standardizzate ed è pos­ sibile all’impresa di svolgere al proprio interno servizi che prima ac­ quistava. In questi casi, le grandi città perdono la loro attrattiva e

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spesso le aziende si trasferiscono in città piccole. Un esempio di que­ sto trand è dato dalla produzione di radio negli S.U.

3. Ricapitolando, la funzione di una città, secondo Higbee e Vernon, è di provvedere economie esterne nel consumo e nella produ­ zione, mettendo assieme una gran quantità di persone in un piccolo spazio. In contrasto i sobborghi e le aree rurali forniscono una gran quantità di spazio per abitante, sacrificando però le economie esterne, oppure accollandosi gli oneri del trasporto e del consumo di tempo per procurarsi i servizi desiderati. Se le città falliscono nell’ adem- piere efficientemente alle loro funzioni chi ci perde, anche nei termini economici piò stretti, è la società.

I l i

1. La conclusione di molti americani contemporanei è che le città stanno fallendo nel soddisfare i bisogni per cui furono progettate. Un sintomo delle difficoltà urbane è l’ esodo in larga scala dalle città delle persone di classe media. Higbee sostiene che questo esodo non è dovuto esclusivamente a un mutamento nei gusti dei consumatori. Invece, egli afferma, ciò deriva da un circolo vizioso nelle finanze delle città. Egli mette in evidenza che in epoche precedenti le città erano aree privilegiate; esse erano centri di cultura e benessere, che attingevano tributi dalle campagne. Ma negli Stati Uniti le città sono diventate figliastre del governo. (9) La ragione di ciò, egli afferma, è che le città degli Stati Uniti sostengono il peso maggiore del mante­ nimento del benessere sociale. Le città devono provvedere all’assi­ stenza, all’istruzione, ai servizi antincendio, alla polizia, all’ elimina­ zione dei rifiuti, ai parchi e a una quantità di altri servizi e attrez­ zature. I mezzi per pagare tutto questo derivano, per tradizione, dalle imposte sulla proprietà e la maggior parte degli Stati non per­ mette alle città alcuna altra forma di introito. La sperequata pres­ sione di questi tributi, Higbee dice, ha portato a un movimento dei titolari di proprietà e dei cittadini più ricchi ai sobborghi. Ciò ha ridotto la materia imponibile e ha portato a imposte più alte che a

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lort> volta hanno condotto a una maggiore migrazione, e così via, in una spirale sempre crescente. (1 0)

2. Diversamente da lligbee, Vernon sostiene che per la città di New York e i suoi sobborghi, lo spostamento dalla città è dovuto a svi­ luppi fondamentali tecnologici nei mezzi di trasporto e a profondi mutamenti nei desideri dei consumatori... (10) Vernon conclude che il futuro modello di distribuzione dei cittadini di New York sarà il seguente :

« Vicino al distretto centrale degli affari avremo maggiore do­ manda per abitazioni per persone con alti redditi. Immediatamente dopo, per miglia in ogni direzione, assisteremo probabilmente a un assottigliamento e a un invecchiamento continuo della popolazione, assottigliamento che può essere modificato ma sicuramente non sarà rovesciato da programmi pubblici per abitazioni; e una tendenza si­ mile prevarrà nelle vecchie città della contea che circondano la re­ gione (di New York). In ogni altra parte ci sarà aumento di popola­ zione. Ciò sarà dovuto in parte all’ aggiungersi di case a più alloggi. Ma la maggior parte di questo fenomeno sarà dovuto a case di fa­ miglie singole, distese a macchia d’ olio sul paesaggio, che divoreranno il terreno a nuovo alto ritmo » (1 2)

Vernon conclude che la regione di New York richiederà, in modo crescente terra per alloggiare i suoi residenti.

3. Lo sviluppo urbano è stato analizzato anche da tre collabora­ tori della « Resources Por The Future », Ine. (R.P.P.), un organismo di ricerche di Washington D.C. Clawson, Held e Stoddard considerano probabili cambiamenti fra sei categorie di usi del suolo, uno dei quali è l’ urbano. Gli altri sono: svaghi, agricoltura, afforestamento, pa­ scolo e usi vari, comprendenti trasporti, riserve, parchi per animali selvatici. Essi concludono che, su base nazionale, mutamenti fra le categorie dell’ importanza di quelle che si ebbero nel XIX secolo sa­ rebbero improbabili. (13) Ciò nonostante vi saranno mutamenti, pro­ babilmente significativi, di uso in molte aree locali. I mutamenti pre­ visti sono elencati nella tavola che segue, che riproduce con qualche cambiamento la tavola 53 di .« Land for thè Future ». (14)

(10) Ibid., pp. 31-40. (11) Vernon, p. 165. (12) IMd., pp. 159-160. (13) Clawson, et al, p. 476.

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