L'ECONOMISTA
G A Z Z E T T A SETTI MANALE
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCPII, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Anno II - Voi. IV
Domenica 19 settembre 1875
N. 72
Il voto politico delle donne nel Parlamento illese
Non è senza interesse l’osservare a qual punto sia il movimento in favore del suffragio politico delle donne, in Inghilterra.
È ancor poco tempo che una tale questione si soleva risolvere negativamente con un epigramma o con un accozzo di vecchie frasi sentimentali. Ma poiché scrittori autorevoli, e primo fra essi, Stuart Mill, presero a sostenere la giustizia di estendere alle donne il voto elettorale, la questione si agitò seriamente in Inghilterra, entrò nel Parlamento, ed
ormai il bill relativo fu respinto alla Camera dei
Comuni colla sola maggioranza di T.5 voti.
Eletta la nuova Camera dei Comuni e passato il potere dalle mani di Gladstone in quelle di Disraeli, i partigiani del bill erano incerti se il mutamento
di Ministero sarebbe stato favorevole alla causa da loro propugnata, sebbene non se ne sia fatta mai questione di partito, tantoché la proposta ha sempre avuto difensori e avversarli nei lati opposti della Camera.
Tenuto conto pertanto dell’opinione predominante nel nuovo Parlamento, si decise che il bill sarebbe
presentato sotto gli auspici di un conservatore e fu scelto il signor Forsyth.
Si attendeva con ansietà la seduta del 7 aprile; i curiosi accorrevano, le signore si accalcavano nella galleria loro destinata dietro le grate. Il Forsyth ebbe la parola e pronunziò un discorso di cui ac cenniamo i principali argomenti.
Egli incominciò col dichiarare che il suo bill aveva
per oggetto di dare il voto elettorale politico alle donne non legate in matrimonio e aventi le condi zioni richieste dalla legge, trattandosi secondo lui di remuovere l’incapacità del sesso, non quella che deriva dall’atto di matrimonio. Non si tratta di una questione di partito; pure l’oratore crede che tutti i membri non maritati voteranno contro. Nessuna questione ha in tempo sì breve fatto così rapido cammino, nemmeno la legge sui cereali. Scorsi ap pena due mesi dalla riunicne del Parlamento si ave vano già 9 00 o 1000 petizioni in favore e più di 219,000 firme. Solo nell’anno scorso tre petizioni contrarie vennero da tre borghi scozzesi.
La proposta si accorda coi principii costituzionale a norma dei quali l’imposta e la rappresentanza sono termini correlativi. Nessuna collettività, nessun indi viduo può in Inghilterra esser tassato senza prender parte all’elezione di coloro che lei tassano. Sei classi di persone sono prive del voto, i poveri, ;i pazzi, i delinquenti, i minori, gl’idioti e le donne, Per le quattro prime classi l’incapacità può esser tempora ria, soltanto per le ultime due è definitiva. Tale ravvicinamento è offensivo per lo donne ed ingiusto, perchè ne risulta fra esse un pregiudizio. La storia ci mostra che la legge fatta dall’uomo è stata in ogni tempo oppressiva per la donna.
« Sic volo, sic jubeo, stai pro ratione voluntas. »
Oggi il Parlamento si occupa di molte questioni che toccano alla condizione sociale delle donno, le quali hanno diritto di essere, intese nelle materie che le interessano personalmente. Non vi sono in Inghil terra meno di due milioni e mezzo o tre milioni di donne che vivono della loro fortuna o del loro la voro. In Londra solamente più di Í000 donno sono alla testa di case di affari. Si tratta di difendere la causa di migliaia di donne costrette a combattere colle proprie forze le dure battaglie della vita.
Il Parlamento ha già accordato il voto fnunicipale alle donne. Negar loro il voto politico è puerile. Si potrebbero citare molte donne illustri ; d’altra parte il voto politico non si fonda nè sulla forza fisica, nè sul genio. Le donne hanno indubitatamente la quan tità di ragione e di perspicacia necessarie per sce gliere i membri della Camera. Il voto segreto ha tolto il solo ostacolo serio che potesse affacciarsi. Oggi le elezioni si fanno colla solennità di un fune rale e ci si potrebbe credere in una assemblea di
quaccheri.
Si dice che si fa della donna un uomo. Ma l’eser cizio del suffragio non potrebbe mutare la natura della donna e non vi sarà mai che un piccolo nu mero di esse che prenderanno un serio interesse agli affari politici. Si tratta per loro semplicemente di eleggere i delegati. Se chiedono il voto per miglio rare la loro situazione legale hanno ragione. Il bill
conservatore si oppone al bill, 1” perchè estende il
terreno del suffragio di già troppo esteso; 2° perchè si fa una esperienza nuova e senza precedenti; 3° per chè il diritto di voto è reclamato da una piccolissima minoranza di donne: la gran maggioranza vi è in differente.
Il sig. Leatham si pone dal punto di vista del sentimento e trova che per la donna entrare atti vamente nell’ arena politica sarebbe discendere da un piedistallo. Non ammette la distinzione che si vuol fare fra le donne non maritate e maritate e crede che il voto delle une porterà seco, prima o poi, quello delle altre. L’elettorato trarrà seco l’ele- gibilità e le basi della famiglia e dell’ordine sociale saranno rovesciate. A senso dell’oratore le donne non possono avere gli stessi diritti sociali degli uomini perchè non hanno gli stessi doveri. Sono dispensate dal servizio militare, dal giuri, dall’obbligo personale di assistere la polizia quando l’ordine sociale è tur- buto. La regina non governa direttamente, ma per mezzo dei ministri che fortunatamente sono uomini.
Il sig. Stansfield ammette una differenza essenziale fra l’indole dell’uomo e quella della donna, ma è questa differenza che lo rassicura. Gli uomini non l’hanno creata, ed essa persisterà senza bisogno di imporla colla legislazione.
Respinge la obiezione che accordandosi il voto alle donne nubili maggiori e alle vedove, la gran massa delle donne maritate avrebbero diritto di la mentarsi. Ma non sarà così. Secondo la logica del suffragio, appena una nuova classe di cittadini è chiamata al voto, la situazione della intera classe si modifica, anche quando il diritto non si estende a tutti i suoi membri.
Si tratta d’altra parte di completare la rappresen tanza della proprietà indipendentemente dal sesso e non' di stabilire il suffragio universale, onde non sta il dire che si corre il rischio di mettere il governo nelle mani di una maggioranza di donne, le quali sono più degli uomini nel paese a motivo dell’ar mata, della marina e dell’emigrazione alle colonie.
L’oggetto del bill dunque, concludeva T oratore, è
chiaro e definito. Esso non introduce nulla di nuovo nella nostra legislazione, ma ne estende il principio ai due sessi. Esso estende il suffragio a tutti i mem bri della comunità che si sostengono essi stessi e che sostengono gli altri, sia colla loro fortuna, sia col loro lavoro, senza alcuna eccezione, e così e al tempo stesso la base e il corollario della legislazione del 1867.
Dopo alcune osservazioni dei signori Sullivan e Jackson, i quali dicono che in sostanza gli argomenti degli avversari si limitano a parlare di pericoli mi steriosi e che non si veggono, il sig. James fa os servare al sig. Forsyth che dopo avere introdotta una clausula per interdire il voto alle donne mari
tate, l’ha ritirata sulle istanze di queste signore, le quali dicevano essere una contradizione negare il voto alle donne maritate che si trovano nelle con dizioni volute dalla legge, e che l’agitazione avrebbe continuato dopo un successo parziale.
Venuti alla votazione, si ebbero su 339 votanti, 152 voti favorevoli, 187 contrari. È pertanto da no tare che la maggioranza è debole, 33 voti, che il
ministero non ha combattuto il bill. Anzi Disdraeli
ha votato in favore e con lui altri ministri. Gladstone si astenne. Su 141 membri nuovi presenti, 78, cioè la maggioranza, ban votato in favore, il che dimostra che la pubblica opinione sempre più diventa favo revole a questa riforma. È pertanto ragionevole il credere che in un prossimo avvenire si vedrà pene trare nella legislazione inglese questo nuovo princi pio. Qualunque sia l’opinione che si professi intorno alla giustizia e all’opportunità del medesimo, non si può ormai non tener conto di un fatto così impor tante che ha luogo nel paese che è alla testa del l’Europa per ciò che tocca all’esercizio delle libere istituzioni.
Ci riserbiamo in seguito di fare una rapida sto ria di questo movimento in Inghilterra.
SOCIETÀ DI ECONOMIA POLITICA DI PARIGI
e Seduta del 6 settembre 1873
La seduta fu consacrata alla trattazione della se guente questione proposta dal signor Courcelle-Se- neuil: « Vi ha egli luogo di distinguere fra l’econo mia politica pura e l’economia politica applicata? » Il soggetto presentava un interesse vivissimo ed una importanza straordinaria. Esso non poteva essere meglio scelto nè più acconciamente formulato; ed è perciò da deplorare che non abbia ricevuto una trat tazione più larga, e soprattutto più netta e pro fonda in questa riunione ch’era del resto pochissimo numerosa ed in cui mancava a svolgerlo il socio proponente. Tale questione prendeva occasione ed era intimamente connessa con quella agitata noi due articoli recentemente pubblicati uno dal signor de La- veleye sopra la Eevue des Deux Mondes e l’altro in
risposta a questo dal signor Baudrillart nel Journal des Er.onomistes di cui facemmo cenno ai nostri let
tori nei numeri dell’ 8 e 22 agosto decorso. Era tal mente connessa con la questione agitata in questi due articoli che la discussione abbandonò quasi il sog getto proposto per portarsi più specialmente nel campo delle dissensioni sollevate dagli economisti che s’in titolano fondatori di una nuova scuola.
Il signor Luzzatti trovò un caldo difensore ed am miratore entusiasta nel signor Hendlé prefetto in ritiro,
vista tutto ciò che è contingente di non tenere ab- bastanza conto della natura umana, della natura delle società e finalmente dei fatti e delle circostanze che impongono la necessità di allontanarsi talvolta dai principii assoluti. Il signor Hendlé comprende appieno come i principii professati dal signor Luzzatti si con concilino con l’omaggio che gli rende di pretto libe rista, affermando che egli medesimo benché si senta in coscienza caloroso partigiano del libero scambio riconosce le gravissime perturbazioni che porterebbe la soppressione immediata e completa dei dazi di con fine; e sotto questo punto di vista non troverà fa cilmente chi gli dia torto.
Il signor Arturo Mangin non crede che ciò che
divide gli economisti ortodossi ed i neo-economisti o come si chiamano in Germania i Socialisti della cat tedra sia una semplice questione di pratica. Infatti
i dissidenti non si limitano a cercare dei principii della scienza, dei temperamenti appropriati alle cir costanze di luogo e di tempo. Essi se la prendono contro questi stessi principii e vogliono introdurre in modo generale l’intervento dello Stato e del governo là ove tale intervento è respinto dagli economisti cioè nelle questioni di lavoro e di scambio di produzione e di distribuzione delle ricchezze. In altri termini i dis sidenti voltano le spalle alla scienza per avvicinarsi ai sogni socialisti. Gli economisti, anche quelli che come Bastiat sono riputati più radicali, non respin gono in ogni cosa e assolutamente l’azione dello Stato, ma vogliono soltanto racchiuderlo dentro certi limiti che, secondo essi, possono e debbono essere determi nati non già arbitrariamente ma scientificamente; sanno distinguere gl’interessi essenzialmente collettivi di cui deve esser serbata la cura allo Stato e alle collettività parziali eh’esso contiene e gl’ interessi individuali che non possono senza danno e senza ingiustizia esser sot tratti alla libera iniziativa dei cittadini ed è a fare netta mente la distinzione di queste due specie d’interessi che si applicano gli economisti ortodossi. La libertà è ai loro occhi la legge sovrana della produzione più abbondante e della produzione più giusta, e senza ri putare di sottoporre alle influenze, derivanti dallo stato degli spiriti e dei costumi, dalle necessità finanziarie e politiche, cercano di non perder mai di vista quel principio. La contraddizione che alcuni amano di ve dere fra la teoria e la pratica non è mai che apparente, se la teoria non è sbagliata o la pratica male intesa; ma la teoria stessa può essere astratta o concreta secondo che trascura le circostanze che in pratica vengono ad alterare la sua applicazione, oppure valuta giustamente queste resistenze, questi attriti e queste dispersioni di forze, tutte cose che sono essenzialmente scien tifiche.
Il signor Hendlé va d’ accordo che l ' estensione
dell’ intervento dello Stato è da determinarsi. I veri economisti hanno osservato a tal proposito che la
parte riserbata allo Stato tende ad aumentare col- l’ accrescersi della libertà politica. Cita ad esempio ciò che ha riguardo all’ insegnamento. Nei paesi ove l’ intervento dello Stato era quasi nullo come in Inghilterra e negli Stati Uniti, lo Stato ha co minciato a intervenire per creare un insegnamento ufficiale. In America lo stato si occupa di mettere l’ insegnamento alla portata di tutti i cittadini. Cita anche come altro esempio quello della libertà delle banche. Gli economisti delle nuova scuola allegano i grandi servigi resi dalla banca di Francia e d’ In ghilterra ed i pericoli che nelle congiunture più gravi queste istituzioni hanno permesso di scongiu rare. Un ragionamento analogo potrebbe farsi per le ferrovie e da ciò conclude 1’ oratore che lo Stato non è tanto malefico quanto i vecchi economisti lo dipingono.
Il signor Courtois fa conoscere sopra la questione
l’opinione del sig. Courcelle-Seneuil assente il quale crede che non siano soltanto delle circostanze acci dentali che devono fare ammettere in economia una distinzione fra la teoria e la pratica. Bisogna stu diare quali siano le circostanze in cui i principii possono essere applicati e 1’ applicazione intempe stiva di principii veri può riuscir funesta. Si può dire in generale che più le popolazioni sono indietro più l’applicazione dei principii deve essere ritardata. Le corporazioni e le maestranze sono state un bene in altre epoche. Anco adesso molti servigi che se condo i principii della scienza dovrebbero esser pre stati dall’ industria privata sono esercitate dallo stato senza dar luogo ad inconvenienti come le poste ed in molti paesi anco le ferrovie ; l’ applicazione dei principii scientifici è dunque una questione di op portunità, di grado, di transazione.
Il signor Dueros antico pastore crede anch’ egli
Questo è il processo di tutte le scienze, esse si svolgono facendo rientrare nelle loro leggi dei casi che sembravano dapprima contraddirvi, e tale è stato il resultato delle scoperte di Newton e di Galileo. Così avviene del principio « lasciate fare e lasciate passare. » Si crede di avere osservato che in molti casi l’iniziativa privata non basta a tutti i bisogni sociali, si è citato la materia dell’insegnamento. Ciò significa, secondo l’oratore, che l’argomento deve es sere ancora meglio studiato ; dopo l’impulso che nel secolo scorso hanno ricevuto l’industria, il commer cio e l’agricoltura, con l’accrescersi dei rapporti, della ricchezza e delle scoperte scientifiche, bisogna aspet tarsi di veder sorgere dei fatti economici nuovi, e non si può senza temerità stabilire dei principii as soluti, ma' ciò che vi è di consolante in tutto ciò si è il vedere che la grande maggioranza dei fatti con fermano le dottrine economiche già formulate, che questa scienza è sulla buona via che non è a rifarsi tutta di pianta ma non può ormai che arricchirsi e guadagnare in precisione. La storia d’altronde ci mo stra che talvolta dei fatti che sembrano in aperta contraddizione con qualunque legge scientifica hanno pure prodotto dei buoni risultati. Chi oserebbe oggi consigliare la guerra per propagare la civiltà? Non potrebbe nondimeno negarsi che la conquista delle Gallie fatta da G. Cesare non abbia prodotto dei buoni risultati per questo paese. Economicamente parlando chi avrebbe potuto approvare le crociate? Eppure esse hanno avuto una grande influenza be nefica e adesso ci si rende facilmente conto delle cause che hanno prodotto la loro utilità. Si vede che il popolo della Gallie otteneva un governo uniforme e più razionale; cessavano per esso le continue guerre intestine fra popolazione e popolazione e veniva a trovarsi in relazione con una civiltà bell’è fatta, come si scorge che le spedizioni in Terra santa, in com penso di un’immensa distruzione di uomini e di cose hanno contribuito ad indebolire le signorie feudali ad aumentere il potere regio, a facilitare l’affranca zione dei comuni e finalmente e stimolare l’industria con l’aspetto di un gran numero di prodotti orien tali ignorati fino allora in Occidente.
Per tal modo il complesso delle circostanze che accompagnano una misura tende spesso a farle pro durre dei risultati che non si sarebbero dapprima potuti prevedere.
Il signor Villiaumé è d’opinione che la questione
dovrebbe essere posta in modo differente perchè in questo modo essa lascierebbe supporre che vi sono due economie politiche, una tutta teorica e nebulosa, l’altra soltanto pratica e reale, e darebbe credito alle accuse che anche uomini come i Thiers e i Gousin, hanno rivolto contro gli economisti i più distinti. La scienza è una, ma il fatto è che l’economia politica
deve essere subordinata alla politica e alla morale,
e se una di queste due scienze pone ostacolo all’appli cazione di un principio economico ciò significa che ancora non è venuto il momento di attuarlo.
Nulla è per esempio, meno economico del mante nimento degli eserciti permanenti, ma la sicurezza degli Stati lo esige e l’ economia politica deve pie gare il capo.
Tutti sono d’ accordo intorno alla libertà, ma la difesa di uno Stato o la necessità di creare un’ in dustria può render legittima la creazione d’ un di ritto di dogana purché non contenga una proibizione. L’atto di navigazione di Cromwell ha fatto del suo paese la prima potenza marittima e la più ricca. Su questo punto il signor Villiaumé dimentica però che altri hanno dimostrato il contrario.
Egli soggiunge che questa era la teoria di Adamo Smith e di Turgot che grandi politici e grandi filo sofi pensavano che i supremi principii della scienza fossero lo scopo cui il legislatore dovesse tendere costantemente e progressivamente senza però spez zare l’albero per la smania di raddrizzarlo.
Il signor Duvert pensa anch’egli che è impossibile
di separare 1’ economia politica pura dall’ applicata. D ’accordo sopra i principii fondamentali della scienza tutti devono riconoscere che non possono applicarsi ugualmente senza tener conto delle differenze di tempo e di luogo.
Il signor Hendlè osserva per altro che sopra certi
principii non vi ha transazione possibile, che se è dimostrato, per esempio, che la limitazione nella misura dell’interesse è contraria alle leggi economi che, questa limitazione non potrebbe in alcun caso mantenersi ed il principio dovrebbe sempre ricevere
quand même la sua applicazione.
In verità questa distinzione del signor Hendlé ci sorprende non poco e ci riesce difficile di scorgere la ragione sopra la quale egli intende di appog giarla.
Il signor A. Mangin si associa all’ opinione dei
signori Ducros e Courtois che la complessità delle questioni è ciò che costituisce talvolta T apparente contraddizione fra la pratica e la teoria e dà appa renza di fondamento agli attacchi dei neo-econom i sti contro la scienza classica. Ad ogni momento si presentano nella vita sociale delle questioni econo miche che sono al tempo stesso delle questioni di morale e di politica e devono essere risolute con i dettami di queste scienze.
Egli conclude affermando la necessità di analizzare i problemi sociali e di ben determinarne gli elementi prima di voler risolvere con la morale ciò che è del campo dell’ economia politica, o con l’ economia ciò che si riferisce alla morale.
Il sig. Foucher de Careil riassume in un lungo
19 settembre 1875 L’ ECONOMISTA è la scienza del contingente ciò che gl’inglesi chia
mano così bene matter of facts ; e questo carattere
rende ad essa applicabile un metodo del tutto spe rimentale modesto ma sicuro a cui essa deve il suo principale svolgimento. Ma anche il suo campo non è indeterminato ed essa non può avere la preten sione di sembrare un’enciclopedia ; il suo campo quantunque rigorosamente determinato è ancora ab bastanza vasto giacché tocca tuttociò che si riferisce alla produzione ed alla distribuzione delle ricchezze
dtntro certi limHi però assegnati dall’esperienza.
L’oratore tocca brevemente delle opinioni emesse dal sig. Luzzatti e dal sig. Emile de Laveleye. Ri guardo al primo egli divide il modo di vedere del sig. Hendlé giustificando il punto di vista in cui il sig. Luzzatti si è posto nella questione dei trattati di commercio con la mira non già di ostentare delle orgogliose pretensioni ad un rinnovamento della scienza economica ma di difendere gelosamente gli interessi che a lui sono affidati. Riguardo al secondo egli crede che il peccato di cui si è incolpato sia stato singolarmente ingrandito. Se è un dissidente soggiunge l’oratore, un eterodosso, un’iconoclasta, bi sogna confessare che egli è tutto ciò con molto spi rito, ed il suo sfogo umoristico contro i prineipii del l’economia politica non deve esser preso nel senso di scisma e di separazione radicale dal tronco del l’economia politica. Gli si sarebbe forse potuto ri spondere distinguendo fra i principi e le leggi del
l’economia politica. Il sig. de Laveleye può criticare i prineipii assoluti della scienza che hanno molto di vieto, che riescono sterili e poco utilizzabili nella pratica ma egli è obbligato di accettare le sue leggi che sono la miglior prova dell’importanza che ha raggiunto T economia politica, la quale è pervenuta a indurre queste leggi col mezzo dell’osservazione e del ragionamento. I pretesi prineipii assoluti della scienza sono troppo rigidi troppo poco malleabili per piegarsi ai fatti generali tratti per mezzo dell’ indu zione dal dominio sperimentale e elevati all’ altezza di verità relative ma utili. Il sig. Foucher crede superfluo il citarne degli esem pi; noi invece ci lu singhiamo ch’egli avrebbe trovato ciò assolutamente indispensabile perchè ci riesci estremamente difficile di afferrare il suo concetto e la nostra mente si perde nella sottigliezza di questa distinzione. Conten tiamoci pertanto del solo caso che gli sovviene alla mente e guardiamo se potesse giovare a rischiarare le nostre idee. Non abbandoniamoci per altro a spe ranze eccessive ; il caso è quello del principio « la sciate fare e lasciate passare. » Il sig. Foucher dice che la critica del sig. de Laveleye è fatto con spirito quando sostiene che esso è l’assenza stessa di qya- lunqae principio e il ritorno allo stato selvaggio per quelli economisti che ne fanno un principio asso luto ed un nuovo domma giacché la libertà di cui
quel principio è un’ingegnosa espressione non ha nulla di assoluto nulla d’ illimitato e si può senza esser tacciati di dissidenza approvare la critica che il sig. de Laveleye fa di quel principio in quanto venga interpretato troppo assolutamente. Ma la sua critica perde ogni diritto e diviene ingiusta se viene diretta contro l’idea che fa di quell’espressione una legge contingente buona per un tempo ad uno stato di civiltà determinato sottoposta a tutte le condi zioni delle cose umane cioè la contingenza e la relatività. L’economia politica prende questi prineipii, e li critica e li mette alla prova 1’ uno con 1’ altro. Così alla dottrina del lasciar fare essa oppone le pretensioni esagerate di certe scuole la cui parola d’ordine è « Lo stato è tutto » e da questo conflitto, da questa autonomia di prineipii contrari svolge una verità, una inedia sperimentale, una legge infine dell’economia politica, legge che è un fatto generale acquisito col mezzo dell’induzione e verificabile me diante l’esperienza. Le leggi verificate e controllate da una lunga esperienza pratica nella vita delle na zioni non possono ingannare o per lo meno le pro babilità di errore ci divengono debolissime. L’indole complessa dei problemi di economia politica a cui alludeva il sig. Mangin è un’ altra condizione che sta a guarentigia dell’ esattezza della loro soluzione giacché tale complessità costituisce una maggior dif ficoltà del problema ; la soluzione elaborata da varie scienze diverse è più certa e sicura. Quanto alla questione d’economia politica pura o applicata essa si risolve da sé stessa in queste condizioni. Non vi ha scienza in cui la sfera dello spirito puro sia più piccola e la sfera d’applicazione più larga che della nostra. — A questa conclusione del sig. Foucher noi non sapremmo pienamente sottoscrivere.
L’ultimo congresso deli’associazione britannica
per il progresso delle scienze
L’Associazione Britannica per il progresso delle scienze ha tenuto recentemente un Congresso a Bri stol, e sir J. Hawkshaw membro della Società Reale di Londra ha pronunziato un discorso inaugurale intorno ai lavori pubblici nell’antichità ed oggi. Que sto discorso è pieno di notizie interessanti, ed ac quista maggiore importanza per la competenza del l’oratore.trovate più tardi. La supposta esistenza di più di 10 metri di differenza fra il livello del Mar Rosso e quella del Mediterraneo fu già una obiezione al ta glio dell’istmo di Suez, obiezione che si faceva an che a’tempi di Dario e di Tolomeo, sebbene un canale fosse esistito alcuni secoli prima.
Dopo molte erudite osservazioni intorno all’Egitto e ai grandi imperi dell’Asia, parla delle prime co struzioni dei Greci, cioè dei monumenti pelasgici, poi dell’arte posteriore più gentile, non che dell’arte etnisca.
La sola epoca però che si possa paragonare alla nostra per la rapida estensione dei lavori di utilità pubblica in tutto il mondo civile è l’età della dominazione romana. La missione delle razze ariane sembra essere stata quella di diffondere nel mondo le arti utili ed industriali. Il bisogno di strade e di ponti pei movimenti mili tari ne fece costruire quando altri motivi sarebbero stati insufficienti, e così la guerra creò mezzi di co municazione e di commercio così necessarii alla prosperità dei popoli. NeU’itinerario di Antonino si trovano enumerate 372 grandi strade per una lun ghezza totale di più di IO mila leghe. L’acqua che Roma possedeva nel primo secolo dell’era cristiana basterebbe ai bisogni di una popolazione di sette -milioni, se fosse repartita nella proporzione adottata per la popolazione attuale di Londra.
Il progetto fu interrotto dalle invasioni barbariche. La potenza mussulmana nel terzo secolo ricondusse condizioni più favorevoli. Dal 10° al 13° secolo si fecero in Europa grandi costruzioni, ma più che altro chiese e monasteri. Solo le repubbliche italiane fecero lavori importanti per migliorare i fiumi ed i porti. L’oratore accenna a grandi lavori di irrigazione che alla stessa epoca si facevano nelle Indie. E in torno ai lavori di irrigazione si diffonde in modo particolare, notando fra le altre cose come l’Olanda debba, in gran parte la sua esistenza all’abilità dei suoi abitanti. Mentre gli Olandesi lottavano coll’ In ghilterra, gli straripamenti dei fiumi scendenti dalle Alpi provocavano in Italia un perfezionamento della scienza idraulica, nella quale è celebre il nome di Torricelli. Molti progetti si debbono agli scienziati italiani e francesi.
L’impulso dato al principio del secolo 18° alla costruzione delle strade si comunicò ben presto ai canali, e ai mezzi di facilitare il trasporto degli uo mini e delle merci in generale. Poi venne la mac china Watt, la cui gloria fece dimenticare il nome dei pazienti inventori di tanto utili macchine. E qui l’oratore passa a notare i benefizi da queste recati in molte industrie. Oggi la concorrenza dei fabbri canti non lascia più dormire una buona invenzione, e dall’altra parte le strade ferrate e la navigazione a vapore hanno dato un più largo sviluppo al com mercio e alle industrie, e più ne daranno quando
mediante certi tecnici perfezionamenti se ne sarà accresciuta la potenza. A questo punto segue una storia accurata delle origini e dei progressi del te legrafo e delle vie ferrate, dopo di che l’oratore si domanda se le strade ferrate nelle mani dello Stato offrirebbero una sicurezza maggiore.
11 governo, egli dice, non pagherebbe i suoi impie gati m eglio, fors’anco non li pagherebbe così bene come le compagnie, ed è a dubitarsi che riuscisse ad attirare al suo servizio uomini di maggior valore degli impiegati attuali. Potrebbe contentarsi di un numero meno considerevole di impiegati superiori, perchè i direttori delle compagnie passano una gran parte del loro tempo in dispute intestine. Potrebbe dirigere P esercizio in modo più dispotico, diminuire il nu mero dei treni o le facilità che offrono, o prendere altre misure per assicurare una maggior sicurezza, ma è dubbio che il pubblico consentisse a essere imbaraz zato così. Yi è una cosa che il governo potrebbe fare e che farebbe probabilmente. Nei casi in cui il m ovi mento è vario e in cui vi sarebbe più sicurezza a im piegare linee ausiliarie che le compagnie non hanno interesse a costruire, il governo che si contenterebbe di un interesse minimo potrebbe incaricarsi di farle. D’ altra parte, quando il budget [di tutta quella mac
china enorme dipendesse ogni anno dai voti del Par lamento, sarebbe più ricco d’ora? È un punto dubbio. Questo soggetto d’altronde, osserva 1’ oratore, tocce ad altre questioni più difficili. Ove si fermeranno i la vori del governo? Le cure inevitabili dello stato sono già gravi e lo diventano di più di giorno in giorno. L’ amministrazione degli arsenali marittimi non è che una bagattella di fronte a ciò che sarebbe quella delle strade di ferro, che impiegano già 250,000 persone. Incaricandosi delle strade di ferro lo stato si espor rebbe a essere in conflitto con tutti i viaggiatori, tutti i mercanti, tutti i manifatturieri del paese. Quanto alle compagnie, su loro non ci sono difficoltà; esse vende ranno sempre le loro intraprese a chi [ne offrirà loro un prezzo assai alto.
L’ oratore crede che per aumentare la sicurezza dei viaggiatori si penserà un giorno a costruire fra le lo calità importanti delle strade di ferro destinate esclu sivamente al trasporto dei viaggiatori o del carbone, o riserbati a un genere di esercizio speciale. L’ esecu zione di questa idea sarà però molto difficile. A que sto punto seguono interessanti notizie intorno all’ au mento nel numero dei viaggiatori e agli accidenti veri ficatisi negli anni decorsi.
L’ ECONOMISTA 359 che è necessario al nostro lavoro e al nostro benes
sere con un consumo di combustibile minore della metà.
Termina coll’ osservare che i lavori d’ arte hanno al nostro tempo costato somme prodigiose, 25,000 chilometri di strade di ferro costarono più. di 76 mi liardi di franchi. Quasi 79 miliardi sono stati spesi in una generazione e mezzo per lavori utili. Queste spese giovano sempre. I progressi futuri aumenteranno la generale prosperità.
Varietà fli opinioni sai nuovi trattati ài commercio
R ic e v ia m o d a u n d is tin to sc r itto r e il s e g u e n te a rtico lo c h e c i fa ccia m o u n d overe d i p u b b lica re su b ito riserb a n d o ci di risp o n d ere in s e g u ito p iù e ste sa m e n te a ll’ e g r e g io n ostro c o n fra tello di R om a.
Non è per aprire una polemica su questo argo
mento col giornale l’Economista d’ Italia, che cre
diamo di aggiungere alcune nostre alle osservazioni sue, svolte nell’ultimo numero dell’ 8 settembre.
Come mai ha potuto cominciare T articolo, dichia
rando che « YEconomista di Firenze da lungo
« tempo aveva smesso il suo uffizio di propagatore « e difensore dei concetti della società Adamo Smith? » I concetti di questa società, sono quelli eh’ ella crede più veri, più esatti più utili nella scienza
economica ; quando FEconomista ha pubblicato al
cuni seritti intorno alla costituzione della società Adamo Smith, ha presentato la conferma delle idee sulle quali il giornale stesso si è costituito, e seguita ad espanderle perchè le crede le più conformi ai principii dell’ economia politica, quali furono mani festati e sostenuti dai più dotti scienziati saliti a fama altissima.
Yi sono altri punti dell’ articolo pubblicato ora
dall’Economista d’ Italia, che sta bene di esami
nare in questo momento. Esso dice : « T impegno
« ora assunto dalla società di Firenze » (è in Fi renze, e non di Firenze) « di costituirsi in pro
li pugnatrice indefessa del libero scambio » (è co
stituita non solo pel libero scambio, ma per ogni libertà) « non può riguardare il passato » (e guar derà bene il passato onde proceder bene nell’ avve nire) « tuttavia noi ce ne allietiamo, e augureremmo « ad essa, se ne fosse il caso, di esser la degna « rivale della Lega di Manchester. » A questo pro posito torna in mente uno degli opuscoli dell’ apostolo del free-trade, Ricardo Cobden, del quale crediamo
opportuno tradur qui ora qualche parola. Cobden era di ritorno di un viaggio in Germania nel 1858, uno dei più giovani ed abilissimi manifatturieri di Manchester. Tre anni prima, nel 1835, aveva stam pato, dolendosi che non fosse abbastanza diffusa al
lora la scienza, di cui Adamo Smith (sono parole
di Cobden) fu il gran luminare (luminary) da un
mezzo secolo: e seguita « è da dolersene che nes- « suna società siasi fondata per rendere popolari i « veri principii del commercio.... Molte altre società « scientifiche, hanno giornali che servono ad esse di « organo per diffonderle. Noi non abbiamo società « di commercianti per rischiarare T opinione pub- « bliea sulla dottrina poco nota e molto calunniata « del libero scambio. Noi abbiamo la società Banks-
« tenne; la società Linnéenne; la società Hunferienne,
« e perchè non avremo noi in ognuna delle nostre « grandi città manifatturiere e commerciali, delle
« società Smithiennes, consacrate a diffondere le
« verità benefiche contenute nell’ opera sulla ricchezza
« delle Nazioni? »
La società battezzata così oggi in Italia, sta bene che ricordi le ragioni del desiderio espresso a Man chester da Ricardo Cobden, perchè abbiamo noi pure delle ragioni importantissime per ripetere adesso, ciò che allora il grande Economista dichiarò, facendosi iniziatore della lega, la quale non si limitò a par lare di cereali.
Un altro punto che giova d’ esaminare fra quelli sviluppati nel primo articolo dell’ ultimo numero del-
YEconomista d’Italia, mira a far credere che l’in
chiesta industriale, a cui si è di recente proceduto in Italia, sia sufficente per assicurare la bontà delle
nuove convenzioni commerciali. « Non basta (dice
l’articolo) che si siano raccolti diligentemente i voti
« di tutti i fabbricanti, de’ negozianti, degli armatori,
dan-neggiano i molti? Poiché l’ autore dell’ articolo ha fiducia, che il nostro Governo si terrà fermo nella politica economica inaugurata da Camillo Cavour, è opportuno ricordar ora uno dei punti culminanti sviluppati da quell’ ingegno sublim e, sui vantaggi del libero scambio, non solo dichiarato a parole, ma applicato in piena regola. Ecco le sue idee su questo punto, che fecero ottima impressione nel suo discorso sul libero scambio, pronunziato alla Camera dei de putati nella tornata del 14 aprile 1851. « Il Mini- « stero professa schiettamente il principio del libero « scambio: egli crede, che in uno stato norm ale,il « governo, non abbia da proteggere con dazii pro- « tettori questa o quell’ altra industria. Il ministero « porta opinione che non abbia nè il dovere, nè « quindi il diritto di favorire una o più industrie « a danno dello altre industrie del paese: è suo av- « viso che non si possa imporre alla generalità dei « consumatori, dazio veruno, onde favorire certi rami « d’ industria, e che le dogane debbano essere ordi- « nate nello scopo delle finanze, cioè dell’utile pubblico.
« Questo ramo lo ravvisa il ministero, bensì come « uno dei più produttivi per le finanze, ma, lo ri- « peto, non solo ei crede che non sia opportuno, « ma nel senso il più stretto, che non sia giusto « l’imporre una tassa alla generalità dei cittadini, in « favore di una classe speciale. » {Bravo, lene.)
Ecco una sentenza scientifica di valore supremo, senza della quale, ricorrere ai mezzi doganali, onde rinforzare le finanze di un paese, è cascare nel si stema protezionista, quantunque si seguiti a dichia rare di voler tenersene lontani.
L’autore dell’artìcolo che esaminiamo, ha dichia rato di non conoscere donde M. Clapier, uno dei negoziatori sui nuovi trattati di commercio, abbia potuto desumere che le nuove tariffe proposte dal Governo italiano, siano tinte di colore protezionista,
e forse, dice l’articolo le sue parole, furono inesat tamente riferite.
È nostro debito di riprodurre quelle ch’egli, il sig. Clapier, pronunziò alla riunione degli economisti, in Parigi, il dì 5 del mese scorso.
« Dans l’application, il y a quelques difficultés à « passer du droit ad valorem, au droit spécifique. Ce « droit, atteint le produit en masse, et souvent il
« frappe trop les produit necessaires aux pauvres, et « pas assez les produits riches. Ainsi, pour ne citer « que les tissus, il est évident qu’il est regrettable « de faire porter la même taxe sur les tissus desti- « nés aux classes laborieuses, et sur ceux des classes « riches. » Non pare all’autore dell’articolo, che il ri solvere in segreto argomenti di questa importanza, per portarne, more solito, le conclusioni alla Camera al
momento che diventa necessaria la votazione, sia di sconoscere uno dei mezzi per cui la libertà del pen siero e della parola, è utilmente adoprata?
Quando nel 1860, anche in Francia si procedè all’inchiesta industriale, l’opinione e la stampa si mi sero in gran movimento, analizzandone le parti di maggiore importanza. Che si è ancor detto in Italia sulla pubblicazione delle molteplici domande e ri sposte, le quali entro i volumi dell’ inchiesta, somi gliano a razzi che partono da un unico centro, ma si espandono in direzioni diverse su tutta la periferia? Nulla, proprio nulla. Quei volumi, di cui abbiamo toccato sono fin qui una specie di lettera morta, e non si conosce a quali conclusioni abbiano a portare.
I molti argomenti che si connettono con quelli che direttamente sulle tariffe dai prodotti industriali si fondano, conte sono discussi e risolti dai negozia tori dei nuovi trattati? Molte Camere di com m ercio,*) di motu proprio, vanno innanzi pel IV Congresso a
trattarne per sè, ma senza conoscere per quali vie intendono di procedere quei delegati governativi che hanno il mandato per risolverli a modo loro.
Noi ringraziamo l’autore dell’articolo Econo
mista d ’Italia che ci porge motivo per discutere
quanto presenta interesse massimo pel nostro avve nire economico, ed auguriamo che si possa verifi care la sentenza romana:
Nulla dies, sines linea.
____________ P. T.
*) L a Camera rii commercio di Modena ha preso su questo argom ento la seguente deliberazione :
« Necessita che vengano in terp ellate le Camere, « prim a di a d o tta r leg g i che abbiano rapporto col « com m ercine con l’in d u stria nazionale, e p a rtic o la r ie m ente nella stipulazione e rinnovazione dei t r a t te t a t i di commercio, e revisione delle tariffe doga ti nali. »
Vicende flellTstitnto Tecnico Italiano e natura di esso
col nuovo ordinamento ottobre 1871
(continuazione e fine v. n. 71)
il i
Os t a c o l i a l l’a t t u a z i o n e b e l n u o v o o e p i n a m e n t o. Mo l t i p l i c i t à e d e s t e n s i o n e d’ i n s e g n a m e n t i d i
s p a r a t i s s i m i.
profes-L’ ECONOMISTA 361 sore dell’ Istituto di preferenza alla parte dottrinale.
Onde questo duplice scopo dell’ Istituto che si debbe raggiungere cogli stessi mezzi, costituirà sempre un inconveniente per il piano d’ istruzione da adottarsi.
In vero poi abbiamo negli Istituti varii insegna- menti che non sono più parte dell’ istruzione tecnica secondaria, come l’ economia politica, il diritto civile e commerciale, la statistica, la chimica, la scienza delle costruzioni ecc., altre discipline come le va rie specie di disegno, le matematiche, assumono tali proposizioni nei programmi, che maggiori non le hanno nelle stesse università e scuole superiori. Un mio amico e collega, l’ egregio professore A. Temina, allievo del Kopp e già assistente del prof. Cantoni alla scuola superiore d’ agricoltura di Milano, dice vano, non trovare differenze tra i programmi d’agro nomia della scuola superiore e quelli che si devono svolgere negli istituti, salvo il maggiore svolgimento che hanno in quest’ultima. Il che viene pure confermato da quell’uomo intelligentissimo dell’istruzione tecnica, che fu il professore Dino Carina, la cui immatura morte fu di grave danno per l’istruzione industriale e professionale : « A me, egli dice, toccò la fortuna e 1’ onore di avere a maestro nei miei studii uni- versitarii l’ illustre Piria. Indi a Firenze per amore di questa scienza, più volte mi recai ad ascoltare le lezioni impartite nell’ Istituto tecnico dal valente pro fessore Emilio Bechi; ma in verità io non mi avvidi che tra le lezioni di Pisa e quelle di Firenze corresse il divario che deve necessariamente passare tra l’in segnamento superiore ed il secondario. » Ed egli stesso confessa di sè, che insegnando economia po litica negli Istituti, salvo li speciali rispetti sotto cui considerava questa scienza in rapporto coll’ industria e col commercio « i corsi che io feci, scrive, non erano certamente più bassi di quelli che avrei voluto seguire quando io fossi stato chiamato a tenere cat tedra in una Università. x) Pertanto al duplice ca rattere che già notammo s’ aggiunge negli Istituti alcun che di proprio che loro dà l’ aspetto, per certi rapporti, di scuole superiori speciali. I pro grammi stessi avvertono che negli Istituti si debbe tener dietro studiosamente ad ogni avanzamento della scienza ed alle nuove applicazioni di essa, si debbono seguire nelle matematiche i metodi di recente introdotti. » Nella geometria il professore debbe avvezzare gli alunni a concepire le dimensioni dei corpi nello spazio, si debbono lasciare i metodi fin qui usati, ci vuole un nuovo principio più largo, più logico e più comprensivo, il quale serva a risolvere i problemi. » Neppure in tutte le università e scuole superiori furono introdotti questi nuovi metodi coi quali si vogliono ammaestrati gli alunni negli Istituti.
Dopo tutto però avranno gli alunni dell’Istituto una *) *) R ivista d’ A gricoltura, In d u stria ecc. an. II, VI dispensa 1871, Firenze.
solida coltura generale, letteraria e morale? Il rior dinamento di un ramo d’istruzione, specialmente se tecnica, ò problema complesso, al cui scioglimento concorrono diversi elem enti, che tutti vogliono es sere ben considerati, perchè si possa dire che esso fu secondo scienza e conforme a natura ideato. Il numero delle discipline, l’ampiezza di esse, il tempo assegnato a ciascuna, lo stato di coltura degli alunni cui si deve impartire l’insegnamento, sono altrettanti termini stret tamente connessi con un saggio ordinamento di studi. Perchè a quel modo che un programma d’insegna mento, anche male ideato e distribuito nelle sue parti, può sotto 1’ abile scorta di valenti insegnanti rendersi adatto per la scolaresca, così un programma di studi sia anche ottimo in sè e riguardo alla scienza in esso ordinata, può riuscire male acconcio per essere esplicato, o perchè non trovi abbastanza apparecchiati o maturi a riceverlo coloro cui debba impartirsi, o perchè dovendosi contemporaneamente svolgere più discipline agli stessi alunni, non resta a costoro il tempo necessario per approfittare come
dovrebbero dell’insesmamento avuto.o
11 nuovo ordinamento che portava a quattro gli anni di ogni sezione e gli divideva in due biennii invigorendo gl’insegnamenti di coltura generale, ri chiedeva certamente una riforma nei programmi di insegnamento nel senso di rendere più logici, più omogenei, più conformi all’indole degli studi tecnici i programmi del 1865, e conseguenza ne era pure un accrescimento nell’orario delle lezioni e nel nu mero dei professori. Le materie comprese nel biennio in comune sono dieci : lettere italiane, geografia, storia, lingua francese, lingua tedesca od inglese, matematiche elementari, storia naturale, fisica, no zioni generali di chimica, disegno ornamentale; nelle sezioni poi aggiungendosi le parti tecniche e speciali, comprendono la sezione fisico-matematica dodici ma terie, dodici pure la industriale ed undici ciascuna l’agronomica e la commerciale.
materie e programmi così estesi, con un orario che consuma le forze dell’ alunno ; non la scuola reale
austriaca, non le Gewerbe Schulen o Realschulen di I. 0.
prussiane, non i ginnasi reali bavaresi hanno tante discipline e tante ore d’insegnamento. Le due ultime specie d’ istituti comprendono dieci materie d’ inse gnamento contando però la religione e la calligrafia, e sono : religione, tedesco, latino, francese, inglese, storia e geografia, storia naturale, matematica e con tabilità, calligrafia e disegno. Hanno nove anni di corso entrambi, i tre primi anni del ginnasio reale si chiamano di latinità, e l’orario è nella S. Reale I. 0 . tra le 30 e le 33 ore settimanali e nel Realgrjmnasium
tra le 23 e le 32 '). E le alte scuole borghesi di Wiesbaden ed Hannover senza latino di sei anni, hanno il loro orario, le prime tra le 30 e 31, le se conde tra le ‘2 6 e 30 ore alla settimana 2). Programmi così vasti non l’ hanno le scuole speciali francesi, non le professionali del Belgio, nè le moderne dell’ In ghilterra. La moltiplicità degli insegnamenti era già censurata ned’istruzione classica, ma pure nel Liceo vi esiste una certa unità nell’insegnamento delle lin gue antiche e dell’ italiana, i rapporti tra queste sono intimi, le scienze matematiche e fisico-naturali vi hanno una parte, la quale sebbene sia, per studi classici, un po’ ampia, è tuttavia tollerabile; la parte filosofica è già di molto ridotta, onde non sarebbero al più che tre i gruppi di materie; ma nell’ istituto qual disparità tra le varie discipline, tra il disegno ed il codice, tra la geometria pratica e gl’ insegna- menti letterarii. Eppure ad insegnamenti cotanto di sparati, svolti con metodo scientifico anche nelle parti loro più difficili e delle quali non intesero mai parlare prima, devono assistere, forse nello stesso giorno, i giovani degli Istituti. S’ingenera nella mente, che si vuole a forza rimpinzare di tante cognizioni, un tumulto, un capo giro, per cui più nulla rimane di durevolmente scolpito. Volere di tante cose or nare la mente giovanile è un opprimerla, un soffo carla e disconoscere la natura umana. Vi hanno così per gli ingegni come per i liquidi ed altri corpi chimici determinati gradi di capacità. L’acqua scio glie tanti grammi di sale ogni litro e poscia lo ri fiuta, si dice che è satura. Il punto di saturazione esiste pure per le menti giovanili, e noi crediamo che a questo siasi già pervenuti negli Istituti con tante e così disparate materie soverchiamente svolte.
Da tutti poi è riconosciuta la pochezza d’ istru zione dei giovani che escono dalle nostre scuole tecniche, ed il Ministro d’ agricoltura e commercio, sempre lamentando l’insufficienza della istruzione che precede l’ Istituto, con evidente incongruenza, senza richiede e la licenza delle scuole tecniche, prescrive *)
!) Der R ealunterricht in Preussen u n d B ayern.
München, 1875, png. 8. *) Libro citato, pag. 39.
un esame d’ammissione agli Istituti così facile, che non è raro il caso di vedere ammessi in questi coloro che furono respinti nell’ esame di licenza tecnica.
IV
So v e r c h i a d i v i s i o n e e f r a z i o n a m e n t o
D EG LI IN SE G N A M E N T I
profes-sori ed assistenti 36 insegnanti, 37 col preside, ma questo Istituto è uno dei più frequentati ed è com pleto; Bologna ha nellTstituto 16 professori, Piacenza 24. Un eccellente preside d’ Istituto ebbe a confes sarmi che reputava come un benefizio, il vedere af fidati gli insegnamenti di secondaria importanza ad un professore poco valente, perchè gli alunni potes sero attendere con più alacrità ad altre materie prin cipali. Noi crediamo, che in nessuno degli Istituti si sieno svolti i programmi del quadrennio nella in terezza, nell’ordine e metodo che le prescrizioni go vernative richiedono, e crediamo pure che sia stato buon provvedimento questo, perchè altrimenti come il sale immerso nell’acqua satura di esso, precipita, così una parte delle cognizioni sarebbero state buttate. Io noto questa eccessiva divisione delle materie, questo sminuzzamento d’ insegnamenti come uno dei vizii più gravi dell’ordinamento del 1871, e propugno che vengano affidati ad un solo profes sore, creduto abile, due ed anche più insegnamenti affini, se secondari. Questo contribuirà all’unità ed al coordinamento delle discipline, le materie avranno quello svolgimento che è necessario nellTstituto a giovani poco apparecchiati per certi insegnamenti e che è compatibile coll’insieme degli studi, questo conferirà alla chiarezza, alla efficacia e sarà ad un tempo di utilità e di sollievo agli alunni. Quello che il governo assegna ad un assistente, ad un supplente, 10 dia al professore titolare, di cui migliorerà la condizione per lo più molto misera, ed arrecherà un vantaggio alla istruzione. Questo io veggo prati cato presso altre nazioni e ne ottengono ottimi frutti. In
un dotto ed assennato articolo nella Nuova Antologia
11 prof. Luigi Ferri parlando del metodo pratico ed armonico onde s’ imparte l’ insegnamento in Ger mania, dice: « per cui si vedono affidate talvolta due e talvolta tre materie a un medesimo professore, non tanto per economia, ma piuttosto per mantenere la connessione delle materie e dei metodi, mediante l’unità della persona del sapere e dell’ arte. ')
Egli è appunto per questa molteplicità eccessiva degli insegnamenti che ingenerano nella mente della gioventù una digestione intellettuale, per la poca preparazione degli alunni a ricevere certe discipline e per lo sminuzzamento delle materie tra un numero di professori oltre il bisogno, che noi opiniamo non potersi aspettare dal nuovo ordinamento i frutti de siderati. E lo verremo provando coll’applicazione degli inconvenienti notati all’insegnamento letterario.
V
Im p o r t a n z a d a t a a l l’ i n s e g n a m e n t o l e t t e r a r i o
N E G L I IS T IT U T I E SCOPO CHE S I PR OPO NE.
Io per ora non piglierò ad esame che l’ insegna mento della parte letteraria, la quale fu fin qui lo 1
1 ) Nuova Antologia, anno 1873: I lib ri di testo in Germania. Novembre.
scoglio fatale per i giovani dei nostri istituti e la preoccupazione di quanti si diedero a 'studiare con amore i bisogni della istruzione tecnica per arre carvi un valevole rimedio. Essa fu che giustamente sollevò le più ardue e delicate questioni, siccome quella che deve essere riguardata come il fonda mento della educazione nazionale e la condizione necessaria degli altri insegnamenti. ') Gli stimoli, i premi, i rigori adoprati, finora non poterono conve nientemente farci raggiungere lo scopo desiderato. La Giunta esaminatrice centrale per varii anni di seguito, ed anche in questo che compie il 4° anno d’ esperimento dei nuovi programmi, riserbò a se 1’ esame della prova di lettere italiane, e noi vor remmo poter leggere nella relazione che presenterà al Ministro sull’ esito degli esami della sessione del luglio, che i risultati delle lettere italiane sono buoni, quali cioè potevano attendersi dai nuovi provvedi menti, ma io dubito, ammettendo pure che dei pro gressi se ne sieno fatti, che la Giunta possa venire alla conclusione di esser sodisfatta. Io riconosco an zitutto che un giusto concetto sull’ indole dell’ inse gnamento letterario negli istituti informa questo pro gramma. Questo insegnamento negli istituti tecnici « deve condurre gli alunni a scrivere con corret tezza e proprietà, procurar loro una sufficiente co noscenza della letteratura nazionale ed educare il loro spirito ed il loro cuore. » Qui abbiamo chiaramente indicato il doppio scopo, filologico cioè e morale dell’ insegnamento letterario, che non deve solamente servire come strumento per manifestare con pro prietà e chiarezza i nostri pensieri ed i trovati della scienza; ma bensì anche mirare al miglioramento dell’ uomo, spogliandone l’ animo dai bassi e mal vagi sentimenti, e temprandolo ai dolci e delicati dell’ affetto, della giustizia, della virtù. E come per la paite grammaticale sono raccomandati una serie di esercizi! di lingua e di stile, esercizii grammati cali, d’imitazione e componimenti originali, che gli alunni verranno facendo sotto la guida del profes sore gradatamente ed in relazione coi loro studi; così per la educazione della mente e del cuore si raccomandano letture ed illustrazioni dei più cele brati scrittori nelle scienze e nelle arti di ogni se colo della nostra letteratura. Questo programma me rita lode, perchè allargò i confini troppo angusti, entro cui generalmente fu costretta la letteratura nazionale dei programmi governativi. In esso tro viamo additati insieme cogli storici gli scrittori di scienze naturali, in parte gli scrittori d’arte, agli au tori di viaggi ed amena letteratura sono uniti i mo ralisti, i filosofi. Dell’avere fatta larga parte agli
scrittori moderni a preferenza degli antichi ecco *)
*) Vedi i due artico li dell'O n. V iflari Gazzetta
cT Italia 20-23 gennaio, e la risposta del professor
quello che è detto nella nota prima al programma « una lingua ed una letteratura viventi, per quanto sia antico e glorioso il passato, debbono innanzi tutto essere fatte conoscere, per quel che le sono presen temente; molto più quando si tratti della lingua materna e della letteratura nazionale, e quando l’in- segnamento di essa debba, come negli istituti tecnici essere utile sussidio di coltura a studi scientifici e speciali. » E per vero se al poeta, allo storico si propongono esemplari da imitarsi per Io stile, per la lingua, per la disposizione del pensiero, perchè dovrà ignorare chi attende agli studi scientifici tecnici 0 positivi, che dir si voglia, che sono esistiti grandi ingegni, i quali non solo onorarono ed arricchirono la scienza1 colla altezza delle loro invenzioni, ma che puro tramandarono i frutti del loro genio in pa gine che dureranno immortali per eleganza di dettato, per ammirabile ordine di pensiero, per ro busta eloquenza di espressione. Ed a quali altri scrittori, se non a questi dovranno aver rivolta la mente i futuri scrittori di cose scientifiche e loro applicazioni, perchè, se la scienza cresce più prodi giosamente dell’ antico figlio della favola mitologica e sarebbe oggi bambino chi venti anni prima era gigante, il modo di esporla, di ordinarla, di scri verla rimane quasi lo stesso. Onde io non so ras segnarmi, « come pare » all’ autore di un assennato articolo : Dell’ insegnamento del diritto nelle scuole professionali, il quale per togliere ogni fondamento
alle censure del sig. Villari, uomo certo di molta competenza in cose d’istruzione, per allontanare per sino il sospetto che si voglia specializzare anche la letteratura, si dovrebbe, egli dice rinunziare del tutto nelle nostre scuole alle opere del Galileo, del Redi, del Davanzati e del S assetti2) Come, si dovrebbe per allontanare un sospetto rinunziare, condannare all’ ostracismo per i nostri istituti, quattro dei più eleganti, ammirati ed originali scrittori della nostra letteratura? Qui non è il luogo e neppure lo cre derei necessario, enumerare i titoli di questi valenti scrittori per il loro molteplice ingegno; gioverà però notare che tutti hanno scritti puramente letterarii, secondo il ristretto concetto, che almeno taluni hanno della letteratura, perchè si devono condannare al 1’ oblio anche questi? Si dovranno leggere allora gli arcadi, gli accademici solo negli istituti? Ma poi sban dire al tutto dagli istituti tecnici il restauratore della moderna filosofia, il motore dei futuri progressi di tutti gli studi fisici, naturali, astronomici, non un errore, ma un sacrilegio parrebbe a me. Sarebbero 1 degeneri ed ingrati figli che si dimenticano del padre loro. Galileo Galilei non è per certo la prima
volta che è proposto come modello nei programmi *)
*) A n n a li del li. Istituto Industriale e Professionale
di Torino. Anno II. 1872-73. Tipografia C. Favate
e Comp., pag. 33.
governativi. 'È da varii anni che si è visto nei pro grammi di liceo e nessuno ha mai gridato che rappresentasse una letteratura speciale, se non si vo glia intendere per speciale, che non era un poeta, un romanziere o che so io. Pietro Giordani, che pure conta qualche cosa in fatto di lingua e di buon gusto, da molto tempo lo proponeva come scrittore da stu diarsi; ed ammirato della lucentezza e dignità e dol cezza in Galileo, diceva : « Se a noi fosse solito come ai greci, lo potremmo chiamare Teofrasto, e credo bene che Cicerone forse più di lui che di Aristotile e del suo Platone si sarebbe compiaciuto *)
Nè solamente Galileo, ma i suoi scolari, che imi tando il maestro ci lasciarono scritti da imitarsi e sono degni di studio per lingua, per nobiltà di pen siero e finitezza di stile. A me poi parmi, che come havvi una letteratura artistica, una letteratura amena, una letteratura politica, così la ci possa essere anche una letteratura scientifica, o tecnica, e la c’ è vera mente e ricca e grande, che può incominciare col
Convito di Dante coi libri dell’ Agricoltura di Pier
Crescenzi, passare a Galileo e continuarsi sino ai no stri giorni a gloria ed utilità della civiltà italiana. E questa letteratura appunto vuole essere insegnata, co nosciuta dalla gioventù che frequenta l’istituto tecnico; e non si tema che la lettura dei grandi scrittori di scienze immiserisca la mente, lasci freddo il cuore e spenga i nobili slanci della immaginativa. La lettura di un dialogo di Galileo fa il medesimo interesse di un poema, esercita ed educa tutte le facoltà dello spirito, e ci solleva e ricrea in un mondo alto e puro colla rappresentazione dei grandi spettacoli della natura.