L'ECONOMISTA
GAZZETTA. SE T TI MANALE
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERR O V IE, INTERESSI PRIVATI
Anno II - Yol. IY
Domenica 12 settembre 1875
N. 71
I nuoyi bilanci comunali
w
l’anno 1816
Il R. Ministero dell’ interno, previo accordo con quello di agricoltura- industria e commercio, ha re- i centemente compilato un nuovo modulo di bilanci comunali da servire per la gestione 1876 e susse guenti, col fine di meglio distinguere e classificare i varii servigi affidati ai Comuni, ed anche perchè il bilancio comunale potesse meglio servire alla com pilazione di quelle statistiche che da qualche tempo si pubblicano con lodevole sollecitudine dalla Dire zione generale di statistica dipendente dal rammen tato Ministero di agricoltura, industria e commercio. Cotesto nuovo modulo era reso necessario più che altro dalla legge del 14 giugno 1874, n° 1941, la quale stabilisce che le spese non obbligatorie per legge non possono farsi da quei Comuni i quali per le condizioni del proprio bilancio sono costretti j ad eccedere il limite legale della sovrimposta sulla fondiaria, tantoché era conveniente che coteste spese facoltative avessero nel bilancio una sede separata e distinta, non solo per regola delle amministrazioni comunali, quanto anche per comodo delle Deputa zioni provinciali, le quali hanno dalla legge ora ram mentata l’ incarico di depennare dai bilanci comu nali le spese facoltative quando la sovrimposta co munale necessaria a colmare il deficit di cotesti bilanci superi il limite fissato dal decreto legislativo 28 giugno 1866.
Il nuovo bilancio dei Comuni si distingue prin cipalmente in tre parti: E ntrata, Uscita, e Residui
attivi e passivi della gestione precedente. La parte
prima si compone di tre titoli, cioè : E ntrate ordi
narie,. Entrate straordinarie e Contabilità speciali.
Il titolo primo dell’Entrata comprende quattro ca tegorie così distinte: l a Residui attivi resultanti dalla parte terza del bilancio della gestione antecedente; 2a Rendite patrimoniali; 5a Proventi diversi; 4a Tasse e diritti diversi. La sovrimposta comunale occor rente a pareggiare l’ entrata con l’uscita ha un pa ragrafo speciale nella 4 a categoria e deve segnarsi in bilancio quando* sieno già approvate e stabilite tutte le altre partite di entrata e di uscita. Il se condo titolo dell’Entrata comprende due sole cate
gorie, l’una destinata al movimento di capitali, come riscossione di crediti, creazione di mutui passivi, ecc., e l’altra all’entrate eventuali straordinarie come do nazioni, sussidii, ecc. Il titolo terzo ha anch’ esso due distinte categorie, la prima delle quali è desti nata alle così dette partite di giro, ossia a quelle partite d’ entrata che hanno il loro corrispondente nelfiuscita come rimborsi di spese e simili, la se conda alle contabilità speciali attive di stabilimenti e consorzii amministrati dal Comune le quali pure trovano la corrispondenza passiva in separata sede nella parte seconda del bilancio.
La parte seconda ( Uscita) si distingue in quattro titoli diversi; Spese obbligatorie ordinarie, Spese
obbligatorie straordinarie, Contabilità speciali, e Spese facoltative. Il primo di cotesti titoli si compone di
nove categorie diverse le quali si distinguono come appresso: l a Oneri patrimoniali, 2° Spese d’ ammi nistrazione, 3a Polizia e igiene, 4a Sicurezza pub blica e giustizia, 5a Opere pubbliche, 6 a Istruzione pubblica, 7a Culto, 8a Beneficenza, 9“ Servigi di versi. 11 titolo 2° distinguesi anch’ esso in nove ca tegorie come quelle del titolo primo e relativi agli stessi rami di servigio di sopra indicati. Il titolo 3° contiene due sole categorie, la prima destinata alle
p artite di giro e la seconda alle contabilità passive
di stabilimenti e consorzii amministrati dal Comune, quali partite d’ uscita trovano la rispettiva corri spondenza nel titolo 3° della Entrata. Il titolo 4° è specialmente destinato alle Spese facoltative ordinarie e straordinarie riassunte in otto categorie diverse aventi gli stessi oggetti di quelle comprese nel primo e secondo titolo e che vanno dal 2 al 9. La cate goria 4“ dei titoli 1° e 2° ( Oneri patrim oniali) non figura e non può figurare in cotesto titolo quarto delle spese facoltative.
La parte terza, la quale si riferisce ai Residui attivi e passivi dell’anno antecedente, non viene com pilata all’ epoca dell’ impianto del bilancio preventivo, ma lo è soltanto quando nel corso della gestione cui il bilancio si riferisce, è già approvato il rendi conto consuntivo dell’anno antecedente, e può dirsi che il vero bilancio si compone solo delle prime due parti.
nel quale le partite sono più specificate e meglio coordinate di quello che lo fossero nel modulo antico, servirà a rendere più regolata F amministra zione dei Comuni e ad agevolare la rigorosa osser vanza della legge 14 giugno 1874, la quale vuole che le spese del Comune sieno limitate a servizii ed uffici di pubblica utilità entro i termini della respettiva circoscrizione amministrativa e che non possano farsi spese facoltative quando debba ecce dersi il limite legale della sovrimposta comunale sulla fondiaria. Però dall’esame di cotesto modulo nasce spontanea la considerazione che di fronte a tutti quei Comuni i quali sono necessitati ad ecce dere il limite normale della sovrimposta sui terreni e fabbricati, la libertà di amministrazione è affatto sparita.
È agevole 'intendere che per. cotesti Comuni la operosità e la iniziativa dalle rappresentanze locali è ridotta a nulla, e per loro la compilazione del bilancio preventivo, il quale è Fatto più importante e più solenne del Consiglio comunale, si riduce ad una mera formalità senza interesse. Difatti se si tratta di spese obbligatorie, il Consiglio deve includerle nel bilancio, in difetto di che lo farebbe la deputazione provinciale, la quale ha pure Fincarico di esaminare se le cifre di coteste spese sono nella giusta misura; se si tratta poi di spese facoltative, non è ammesso che di coteste ne figuri pur una nel bilancio. I Consigli comunali non hanno adunque altra facoltà da quella di votare le spese obbligatorie in quella misura che piacerà all’autorità tutoria. Nè potrebbe dirsi che cotesta sia una situazione eccezionale per pochi Comuni del Regno, giacché il margine della sovrimposta sulla fondiaria rilasciato ai Comuni è così ristretto dopo l’ impianto dei bilanci provinciali che è troppo frequente il caso di dover sorpassare il limite legale di cotesta sovrimposta. Nell’anno 1875, i Comuni che avevano ecceduto cotesto limite erano in numero 3869, di fronte a 3460 Comuni che ne avevano rispettati i confini. E siccome nel 1876 le sovrimposte provinciali aumenteranno ancora indubi tatamente attesa la perdita di altri cinque di quei quindici centesimi d’imposta sui fabbricati tolti loro dalla legge 14 giugno 1874, così è. evidente che, ristretto ancora il margine della sovrimposta comu nale, il numero dei Comuni che dovranno sorpas sare il limite legale aumenterà ancora. Ecco adunque come per la maggior parte dei Comuni del Regno è vietata ogni libertà amministrativa, e cotesto chi sa per quanto tempo ! Per ora invero non è spera bile una condizione migliore giacché da un lato l’as soluta mancanza di materia imponibile rende illu soria per molti Comuni la facoltà di cercare nuove risorse nelle tasse locali, e dall’altro lato non crediamo che il Governo sia disposto a rilasciare a vantaggio delle finanze locali qualche cespite fruttifero di en
trata, che anzi un esempio recentissimo ci ha dimo strato che egli è più che mai deciso a sacrificare le amministrazioni di tutti gli enti minori per gio vare all’erario e per raggiungere il sospirato pareg gio. Se poi tutte le spese che di fronte alle leggi oggi vigenti possono dirsi facoltative fossero vera mente tali da potersene far di meno senza danno degli amministrati, forse cotesta limitazione delle fa coltà delle rappresentanze locali, quantunque sempre condannabile in teoria, pure potrebbe in pratica am mettersi senza troppi lamenti. Ma fra coteste ve ne sono alcune che sia per antiche ab tudini- locali, sia per ragioni potentissime di equità e di moralità non possono cassarsi dai bilanci comunali senza grave disturbo degli amministrati. A citare un esempio, rammenteremo per una gran parte dei Comuni della nostra Toscana quei sussidii che si usa concedere alle madri povere, impotenti ad allattare la loro prole o per malattia o per assoluta miseria, i quali oggi sono resi ancor più necessarii per la decretata abo lizione delle Ruote degli Spedali di esposti. Or bene, cotesti sussidii sono di fspnte alla legge una spesa meramente facoltativa, e le deputazioni provinciali dovranno negarne la iscrizione nei bilanci di tutti quei Comuni che eccederanno il limite normale della sovrimposta sui terreni e fabbricati. Potremmo citare altri esempii, ma quello ora addotto basterà a far conoscere in qual posizione abbia messe le rappre sentanze comunali l’articolo 5° della legge di sopra rammentata.
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dare che per conseguirlo debbano così dissanguarsi le amministrazioni locali da farle morire della lenta morte del tisico. Si guardi il Governo di non tro varsi un bel giorno ad una crise municipale, perchè allora si accorgerebbe di quanta gravità si fosse il nuovo peso delle faccende locali.
Si può istituire una ricerca suirinciftenza dei trilli?
È noto come la ricerca della incidenza dei tributi affatichi gli economisti. I quali però finiscono col concludere che una legge sicura non si può trovare; si possono al più istituire dei calcoli di probabilità. Generalmente finiscono col concludere che i tributi vanno a cadere, o tendono almeno a cadere, sul con sumatore se Fesplicamento di questa tendenza non in contra ostacoli. Altri dicono che così deve o almeno così dovrebb’essere, secondo giustizia.
Noi non neghiamo la utilità di queste ricerohe e di ogni altra specie di ricerche ; se vi sono scienze sperimentali sono l’económia politica e la scienza fi nanziaria ; e tutte le ricerche in questo campo vanno incoraggiate, dacché si impara soltanto provando e riprovando. Ci siamo però persuasi che certi quesiti sulla così detta incidenza delle tasse, se cioè esse vadano a carico del produttore o del consumatore, di chi vende o di chi compra, di chi dà a mutuo o di chi riceve, e così via, riposino sopra un inganno o non sieno ben posti.
È fuori di dubbio che le tasse sulla produzione equivalgono ad un aumento di spese di produzione; tanto è che io paghi 100 lire di più ai miei operai, o 100 lire di più di tassa; ma quando si dice che il produttore si rifarà, o almeno cercherà di rifa rsi sul consumatore, e fino ad un certo punto vi riu scirà, la tassa essendo generale, o si dà luogo ad un equivoco o ad una conclusione errata, quand'an che il produttore vendesse la cosa più cara, oltre il prezzo della cosa, due volte la tassa.
Il produttore, sia o non sia tassato, cerca sempre di vendere più caro che può. In questo suo desi derio incontra due limiti :
a) uno dipendente dagli altri produttori con
correnti; più caro dei quali non può vendere, se vuol vendere ;
b) l’altro dipendente dalle condizioni dei consu
matori. Più caro vende e meno consumato riavrà per la nota ragione che la società è una piramide economica. Al vertice i più ricchi, e giù giù i meno ricchi. Questa seconda considerazione è freno anche a chi tenga monopolio.
Pel produttore tanto è una tassa, ossia un aumento nelle spese di produzione, che, a spese eguali, una diminuzione del prodotto. Se il produttore produce
un valore di 100 con una spesa di 80, il suo gua dagno è 2 0 ; ma tanto è che egli produca 100 ed abbia una spese di 85, che produca 95 e la spesa rimanga di 80; p erla buona ragione che 100 meno (80 -(- 5) cioè 15,è uguale a (10 0 -5 ) menoSO, coiè 15.
La tassa essendo generale non avverrà solo per questo che i produttori cerchino di rifarsi sui con sumatori vendendo più cari i prodotti ; che per spin gere a questo i produttori non c’è bisogno di tassa che li ecciti; ma avverrà, per parlar più propria mente, che tutti saranno posti nella necessità o di rincarare o di cessare. E poiché tutti i produttori faranno così, la merce rincarerà.
E la conseguenza del rincaro sarà che la merce sarà meno venduta, cioè scemeranno o almeno non cresceranno i richiedenti ; alcuni astenendosi dal com prare, altri comprando meno; molti comprando merci di qualità inferiore. Ricordiamo la piramide sociale: prima si faceva, per esempio, un consumo come 100 mila di quella specie di merce, perchè a comprare quella cosa arrivavano comodamente le borse del 29° grado; ora ci arriveranno soltanto le borse del 50° grado più elevato e più ristretto.
Quindi avverrà, che più che il produttore rincara e meno venderà; e se rincara non per mettersi in tasca il di più, ma per darlo al Governo, il produt tore risente un danno quanto ne risente il consu matore.
Ma può avvenire, si dirà, ed avviene che il pro duttore profitti dei bisogni" dei consumatori , e se paga una tassa del dieci per cento sul valore della cosa prodotta, riesca a far pagare HO o anche 115 quello che vendeva prima per 100. Dunque, si dice, il produttore può rifarsi anche interamente sul con sumatore.
Niente affatto. Se il produttore dopo la tassa del 10 per cento riesce a vendere 110 quel che vendeva prima 100, e riesce anche a vendere la stessa quan
tità di prodotti, senza cioè sentire una diminuzione
nello smercio, ciò significa :
a) 0 che è aumentato il bisogno della cosa, o
sono aumentate, rispetto al tempo precedente, le per sone in grado di comprare la cosa; quindi alterato
11 prezzo dopo fatto il calcolo ;
b) Ovvero che il produttore si era ingannato
(quando la tassa non c’ era) fino al punto a cui po tesse giungere, nell’ alzare i prezzi; vendeva cioè a meno di quello che avrebbe potuto vendere; quindi
sbagliato il calcolo dei pre zzi
potuto Tendere anche senza la tassa e avrebbe po tuto intascarsi egli quel 10 per cento di più. Il con sumatore non paga mica di più una cosa perchè quel pover’ uomo del produttore paga le tasse ; la paga di più perchè a meno non la trova. Dunque, dato pure che il produttore riesca, come dicono, a rifa rsi, egli eviterà un danno che a prima giunta pareva dovesse subire, ma perderà anche un lucro. E la prova che avrà perduto il lucro consisterà nel- T esser riescito a vendere di più e in egual quantità per ripigliare in tutto o in parte il valore della tassa da lui sborsata.
In sostanza : o il produttore vende di meno, e scapita perchè vende meno; o vende la stessa quan tità e scapita perchè T aumento del prezzo avrebbe potuto intascarselo egli; se non in tutto, in parte.
Esaminiamo opa gli effetti del tributo fondiario. Il tributo fondiario se è destinato a rimanere equivale a scemare il valore del fondo di tanto quanto è il capitale della tassa ; il peso del tributo è subito tutto da colui che possiede al momento che la tassa viene stabilita. Se una tassa c’era già, il possessore prova lo stesso effetto; in modo però limitato, cioè limitato al capitale della differenza fra la vecchia e la nuova tassa ; come prova 1’ effetto di una donazione o re missione di debito se la tassa viene scemata. I suc cessivi acquirenti non sentono il peso della tassa perchè il tributo equivalse a mettere fu o r i del com
mercio dei privati tanto quant’è il capitale della tassa.
Non insistiamo su questa dimostrazione perchè fatta e rifatta. Noi ci crediamo, benché oggi non si voglia riconoscere, e la nostra legislazione sui tributi diretti s’ispiri ad altro concetto.
Si dice da alcuni che il proprietario nuovo o vec chio cercherà di rifarsi del tributo vendendo più cari i prodotti, facendo pagar più cara la pigione, ecc. Anche questa è per nostro avviso un’illusione di con cetto derivante dall’usare un linguaggio inesatto ; una
fallacia grammaticale, direbbe una scolastico, che dà
origine ad una fallacia logica.
Se il fondo A è gravato di una tassa che figu riamo essere B, e questa tassa sarà destinata a durare e inseparabile, il fondo A sarà sempre nella sua stima
A -B , e non diverrà mai A . Si venda bene o si venda
male il fondo, si venderà male o bene A -B . Se ho un vicino che si è invogliato di cotesto fondo e me lo paga 9000 lire mentre stando alla rendita e al saggio corrente d’impiego del danaro sarebbe valso 800 o 900, non posso dire di essermi rifa tto della tassa o dell’aumento di tassa che mi pose il Governo. Ciò vuol dire nè più nè meno, che ho venduto bene ; ma che cosa? Ho venduto bene A - B e sempre A -B . È impossibile che valuti, fosse anche per rifarmene quello che è stato posto fu o ri del commercio. Da temi che B sia una quantità reale, coni’ è vero in
matematica che A - B non potrà mai essere eguale ad
A , così vera è la nostra tesi.
Così se vendo bene i prodotti. Ciò vorrà dire che invece di avere una rendita di 50-10 (la tassa) avrò una rendita di 60-10 o 70 -1 0 ecc. Il rifarsi della tassa, il far ricadere il peso della tassa, la incidenza della
tassa, ecc., sono espressioni inesatte, perchè il valore
della tassa è messo fuor del commercio, è sparito. E dove la tassa sia reale, abbia la natura cioè di ju s in
re,e sia sullo stesso fonte di produzione destinata a ri
prodursi ogni anno, per esempio la fondiaria, la rite nuta sulla rendita pubblica, ecc., l’effetto di codesta tassa reale è sottrarre al commercio il capitale cor rispondente. Quando una cosa sparisce e va al Go verno, sparisce per tutti; le vicende economiche, le leggi della dimanda e dell’offerta potranno avere in fluenza su quel che resta : ma cotesta, a parlar propria mente, non è questione d’ incidenza di tassa ma è
indagine della perturbazione economica prodotta dalla tassa.
Esemplifichiamo ancora.
In una città appartengono a una società I I ma gazzini d’ olio di egual bontà e quantità ; il valore che si attribuisce è, che a fin d’ anno si potrà ri cavare un milione per magazzino. E poiché la merce deve essere spacciata nell’ anno, la società proprie taria calcola a fine d’anno l i milioni. Un incendio distrugge totalmente T olio di un magazzino : la so cietà deplora la perdita di un milione se la merce non era assicurata. Si mettono in commercio gli al tri 10 milioni, si tengono sostenuti i prezzi e per circostanze favorevoli la società viene a fin d’ anno a realizzare gii 11 milioni che aveva posti in bilancio nonostante la perdita di un intero magazzino. Io credo che si avrà un bel dire alla società : voi non avete scapitato nulla perchè volevate prendere 11 milioni e li avete presi ; la società risponderà e con regione: feci male i calcoli, stimai troppo poco la mia m erce; ma non per questo ho perduto meno tutto il valore dell’ olio che era nel magazzino : vor rei che una fata me lo facesse ritornare e non sa rebbe per me indifferente I averlo o no.
Eppure secondo la teorica che il produttore si
r ifà sul consumatore, perchè la società è riescita a
fargli pagare di più la merce che gli restava in modo da arrivare agli I I milioni previsti, la società do vrebbe convenire di non aver sentito il peso della tasca ! Un magazzino d’ olio eguale a zero !
Ora ponete che invece di esser bruciato olio per un milione il Governo avesse posto sulla società la tassa di un milione le conseguenze non sarebbero le stesse?
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di 1/n; quindi aumentato il prezzo in proporzione e condizioni relativamente eguali di offerta e di do manda.
Conseguentemente se una diminuzione del pro dotto nuoce tanto al consumatore quanto al produt tore, nuocerà tanto al consumatore quanto al produt tore 1’ aumento di tassa che reca le stesse conseguenze, se non subito, alla lunga.
La legge di concorrenza non può avere effetto che su ciò che è non su ciò che non è. La legge•DO di concorrenza dice questo: che se oggi la merce A è di valore eguale a 6, se 1’ offerta scema o la ri chiesta aumenta, che è lo stesso perchè è tutta que stione di relazione, A sarà eguale a 7, a 8, a 9 e così via. I servigi e le cose, si cambiano con ser vigi o cose, non con zeri ; e se una tassa equivale a scemare un valore o sopprimere una quantità, è assurdo chiedere qual possa essere la influenza della legge di concorrenza sulla parte di valore ridotta zero o sulla quantità annientata. In altre parole : se una tassa equivale a scemare un valore o una quantità, o a porlo fuori di commercio, è contradi zione in termini chiedere che influenza possono avere le leggi commerciali su cosa posta fuori di com mercio.
La legge che abbiamo enunciata si avvera per ogni specie di tassa. Ho 100 oggetti del valore di una lira l’uno e voglio passare il confine. Lo stato esige 5 lire di dazio doganale. Per me tanto è che paghi 5 lire di dazio o che regali al govevno cin que oggetti che al confine mi valgono o lire, o che li distrugga. Venda male o bene, è egli proponibile la questione : a chi debba far ripagare i 5 oggetti che non ho più? È proponibile la questione se io posso trovare il modo di far sì che non senta la mancanza di quei o oggetti ? Se quei 5 oggetti ave vano un valore, come non posso non sentire il danno del non averli più?
Così nei contratti. Se si fa un mutuo si dice, si stipula a carico di chi deve andare la tassa di ric chezza mobile. Sia pure, ma ciò è indifferente ri spetto alla questione della incidenza: se la tassa è dell’ 1 per cento, tanto è che io pigli il 7 per cento con 1’ obbligo di pagar la tassa, o pigli il 6 e pa ghi la tassa 1’ altro contraente. È questione di chi si debba pigliar quello incomodo, non è questione d’ incidenza.
Ma se io riesco a pigliare il 7 e fo pagar la tassa al mutuatario, si dirà che fo cader su lui il peso della tassa? Niente affatto; checché si sia stipulato seguendo le apparenze. Vuol dire che ci sono delle persone che per aver danari si sottopongono a sborsare 1’ 8 per 100 all’anno, cioè 7 per lOO al sovventore, e 1 per 100 al Governo. Se non ci fosse la tassa, io sovventore potrei trovare più del 7 giacché ci sono persone che colla tassa arrivano a pagare 1’ 8 ; ci
avrebbe guadagnato il mutuatario che ne sarebbe uscito pagando poco più del 7, ma non 1’ 8 per 100. La concorrenza insomma potrà influire nel decidere se io sovventore troverò il 4 il 5 o il 6 per 100 e così pel mutuatario se dovrà pagare il 5 o il 6 o il 7 ; ma non influisce su ciò che indiscutibilmente si deve allo Stato, e che verso il sovventore scema Folferta del frutto, verso il mutuatario — che è costretto ad offrire tanto meno quanto maggiore è la tassa —• scema l’offerta dei capitali.
Così nelle tasse di registro, per es., per compre e vendite: si venda bene o si venda male, il ven ditore si vede scemato il massimo della oiferta di prezzo di tanto quanto è il valore della tassa. Il com pratore che può arrivare sino a 103, non può offrire 103 ma solo 100 se 3 deve darlo al Registro. La tassa essendo cosa fuori di commercio, non può ca dere sull’uno più che sull’altro; e la prova è che se io venditore stipulo la tassa a carico del compratore, ma invece la pago io, mi posso far rimborsare.
Se le osservazioni fatte sono vere possiamo furmu- lare i seguenti principii :
Ogni tassa equivale a mettere fu o ri di commercio una quantità delle cose tassate fino a concorrenza del valore della tassa.
L a tassa è egualmente una privazione o un danno pel produttore e pel consumatore ; e in generale pel contraente tenuto a pagar la tassa e per Valtro con traente che acquista i prodotti.
L a legge di concorrenza ed ogni altro rapporto economico che influisca sui p r e z z i potrà influire non già p er determinare su chi debba cadere il peso della tassa, ma sul p ili alto o meno alto prezzo delle cose e servigi gravati d i tassa, meno però il valore della tassa, che rim an fu o ri di questa legge.
Yuolsi però evitare di confondere come si fa la questione della così detta incidenza della tassa con cernente i rapporti tra produttore e consumatore ed intermediarii, con la questione se avvenga lo sconto del capitale della tassa nei rapporti di successione o sostituzione di proprietario nella proprietà di un de terminato fonte di produzione gravato di tassa reale destinata a durare indefinitamente ; cioè a rinnovarsi indefinitamente a periodi.
Nella successione di proprietario in cotesto primo caso mai si valuta il capitale della tassa sottratto al commercio; quindi il danno della tassa è sentito soltanto dal proprietario al tempo che la tassa fu stabilita, non dai successivi acquirenti. Non si sente più il peso della lassa perchè ci fu chi lo sentì per lo intero capitale di essa.
mi-nor guadagno pel produttore a maggiore spesa pel consumatore.
Si potrà obiettare a quanto abbiamo detto che in sostanza non abbiamo fatto che rettificare, o almeno mutare il linguaggio comunemente adottato; e che non abbiamo detto nulla di nuovo; solo mostrato sott’altra forma quello che già si sapeva.
Non pretendendo il vanto di originalità ci parrà aver fatto abbastanza se esponendo sotto forma di dubbio quello che esponemmo avremo in qualche modo contribuito a rettificare il linguaggio.
0 . Luchini.
LA LEGGE DEL 30 APRILE 1874
sul Consorzio delle Banche
La relazione ministeriale presentata dagli onorevoli Minghetti e Finali per ottemperare al disposto del l’articolo 29 della legge del 30 aprile 1874, e che noi non mancheremo di prendere in maturo esa me, mentre accenna alle gravi difficoltà che nelle condizioni presenti della finanza italiana s incontre rebbero quando si volesse procedere senza indugio all’ abolizione del corso forzoso, mostra riporre la maggior fiducia nell’applicazione della legge predetta e del relativo regolamento. Aggiunge che voglionsi introdurre delle disposizioni penali, e che del resto la legge pel suo stesso carattere si presta ad essere modificata in quelle parti che sono per avventura più difettose. Ci è sembrato pertanto non inoppor tuno il prenderne ad esame alcune disposizioni.
Prima di entrare in materia ci piace dichiarare che non intendiamo fare una vera e propria critica intorno ai principii sui quali la legge si fonda, il che sarebbe stato bene quando essa non era che una proposta pendente dinanzi al Parlamento, ma sarebbe oggi superfluo. Quindi ci asterremo dal discutere sulla bontà intrinseca del sistema, che in fondo si basa sulle speciali condizioni del nostro paese, e che mentre si allontana da quello della Banca unica, rimane pure sistema di privilegio.
Ricordiamo brevemente le principali disposizioni della legge. Dopo avere vietato a qualsiasi privato, società od ente giuridico di emettere biglietti di banca o altri titoli equivalenti pagabili al portatore ed a vista durante il corso forzoso, la legge costi tuisce in consorzio i sei principali istituti di credito, compresi la Banca Nazionale e la Banca Romana divenuta istituzione del Regno dopo la occupazione di Roma, allo scopo di somministrare al Tesoro dello Stato un miliardo di biglietti fabbricati e rin novati a loro spese e po’ quali lo Stato pagherà un’annualità di lire 0, 50 per cento per i primi
quattro anni e di lire 0, 40 pel seguito, salvo la ritenuta per la tassa di ricchezza mobile. Questi biglietti avranno il corso forzoso e dei medesimi risponderanno solidalmente gl’ istituti di emissione, mentre nei loro scambievoli rapporti tale responsa bilità si intenderà per ciascuno proporzionata al proprio patrimonio.
La Banca Nazionale pagata del suo credito coi bi glietti consorziali e tolti dalla circolazione i biglietti emessi per conto del governo, rientrerà nella condi zione degli altri istituti. Ciascuno dei sei istituti non potrà emettere biglietti per proprio conto per una somma magggiore del triplo del capitale versato, escluso il fondo di riserva o massa di rispetto, nè del triplo del numerario esistente in cassa in metallo o in bi glietti consorziali. Quanto alla Banca Romana e ai Banchi 'di Napoli e di Sicilia si è fatta un’eccezione, considerando come di già formato un capitale che forme ranno in seguito. Per gli altri titoli divèrsi dai biglietti o titoli equivalenti, ma pagabili a vista e per ogni spe cie di conti correnti le Banche dovranno avere una speciale riserva, che al solito dovrà corrispondere al terzo del debito. P er bisogni straordinarii ed urgenti de! commercio, dopoché si sarà sperimentato T au mento dello sconto, il governo potrà permettere agli istituti di spingere la loro emissione fino al quadru plo, ma dovrà aver luogo un ulteriore aumento di sconto e dovrà dichiararsi il termine, dentro il quale dovrà tornarsi alle condizioni normali.' Questo termine non potrà essere maggiore di tre mesi. Tale mag giore circolazione sarà esclusivamente impiegata in sconto di cambiali a scadenza non maggiore di tre mesi e gli utili netti saranno a totale benefizio del l’erario. Gl’istituti di emissione potranno aprire una sede in qualunque provincia del regno e dovranno averne una nella capitale. I loro biglietti avranno corso legale in tutte le provincie dove abbiano una sede, una succursale o una rappresentanza che as suma l’obbligo del cambio per. tutta la durata del corso legale che è limitata a due anni. La legge svincola grado a grado e per la sola metà fino al termine del corso legale le riserve metalliche delle Banche, che potranno essere impiegate in acquisto di cambiali a scadenza non maggiore di tre mesi e pagabili in moneta metallica nello Stato. È ricono sciuta la efficacia della stipulazione dei pagamenti in moneta metallica, ma per le sole cambiali, biglietti a ordine fra commercianti o per cause commerciali, pei conti correnti o depositi presso le Banche e le Casse di risparmio.
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glietti o titoli equivalenti per una somma maggiore di quella stabilita dalla legge dovranno pagare una multa eguale alla esuberanza della circolazione. Se mancassero ai cambio immediato in una provincia, perderebbero in essa il corso legale. La legge nulla innovò intorno al credito fondiario e agl’ istituti di credito agrario, i cui biglietti perciò garantiti in modo speciale continuano a circolare. Tali sono le principali disposizioni della legge.
Per quanto varie e complesse possano essere le eause che influiscono sull’aggio, è certo che un no tevole influsso sul medesimo viene esercitato dalla quantità della carta, dalle rinnovate emissioni e fino dal timore che ne possano avvenire, poiché è certo che quanto più remota apparisce la possibilità che il corso forzoso sparisca e tanto più il biglietto de prezza. Ciò è attestato dall’ esperienza di tutti i paesi che hanno dovuto subire la sventura del corso for-' zoso. Tralasceremo di ricercare se fosse provvido proseguire nella via delle emissioni. A ogni modo la legge volle porre un limite che non potesse oltre passarsi, quello del miliardo, e per raggiungere più facilmente questo scopo distinse il biglietto emesso per conto del governo da quullo emesso dallfe ban che por proprio conto e pose il miliardo sotto la garanzia delle banche. P er quanto la finanza dello Stato eserciti una influenza generale sul commercio e sul credito del paese, è prudenza non dare al go verno una facoltà pericolosa, non confondere un de bito con un atto di autorità, ma porre invece per base un contratto. Considerando poi che all'aumento della carta per conto dello Stato occorre l’adesione degl’ istituti di credito, il cui interesse è invece quello di aumentare 1’ emissione dei biglietti propri, non può non trovarsi in ciò una specie di freno.
Quanto alla circolazione bancaria, il porre un limite pare a noi che fosse ragionevole, durante il corso forzoso, lasciando da parte la questione se la facoltà dell’emissione dovesse riserbarsi a soli sei istituti privilegiati; però è certo che una limitazione ci vuole, considerando che quando la carta che fun ziona da moneta ha una cifra fissa, manca quella elasticità della circolazione per la quale in tempi normali il credito può facilmente allargarsi o restrin gersi e le banche possono ricorrere senza troppo grave sacrifizio all’estero per rifornire le loro riserve.
Nel caso che il commercio senta il bisogno di un aumento di circolazione, le banche possono chiedere al ministro delle finanze l’autorizzazione di spingere la emissione fino al quadruplo, il che può esser loro concesso, purché dentro tre mesi al più tardi rien trino nelle condizioni normali. For impedire poi che le banche ne facciano oggetto di lucro, gli utili netti di questa maggiore circolazione andranno a benefizio dell’erario. Era naturale che il governo si preoccu passe del caso in cui i bisogni del credito aumen
tassero, per es. all’epoca delle sete e alle liquidazioni a fin d’anno, come dall’altra parte del pericolo elio le banche fossero spinte ad aumentare l’emissione dall’insistenza di gente che volesse farne strumento di speculazioni fittizie. Richiedendo prima un aumento di sconto e dichiarando poi che gli utili netti di questa maggiore circolazione andranno a totale bene fizio dell’erario, la legge volle assicurarsi che le Banche non chiedano un aumento di emissione per cupidigia di lucro. Ciò una volta stabilito, si poteva fare a meno di un ulteriore aumento di sconto e di esigere l’autorizzazione del ministro, il quale non solo non ci pare il miglior giudice delle improvvise ne cessità del commercio, ma che può anche nuo cergli coll’indugio.
E concesso anche tutto questo per un eccesso di prudenza, ci pare strano il dichiarare che a ogni modo l’aumento non potrà durare per più di tre mesi, essendo certo che a ninno è dato sapere quando il bisogno potrà per l’appunto cessare. Noi crediamo che quando si è tolto alle Banche ogni vantaggio diretto in una nuova emissione, si potrebbe rila sciare il giudizio alla prudenza degli amministratori, tanto più che l’interesse delle Banche si ricollega a quello generale del commercio. Noi troviamo che quando lo Stato può lare a meno di caricarsi di troppe ingerenze e responsabilità, ci guadagnano esso e il paese.
L’aver tolta la regionalità del biglietto è stato un vantaggio. Il biglietto a corso legale circolerà in qua lunque provincia ove le Banche abbiano una sede, una succursale o una rappresentanza che s’impegni al cambio immediato dei suoi biglietti durante tutto il tempo del corso legale. Una delle cause principali del baratto era la necessità in cui molti si trovavano di fare una rimessa di fondi sopra una piazza, sulla quale il biglietto di una Banca non aveva corso le gale, la qual cosa spingeva le Banche incontro alla necessità di restringere, lo sconto con scapito del commercio, ovvero a fare operazioni non conformi alla loro indole. Certo non bisogna esagerare la portata della disposizione stante la difficoltà di impiantare nuove sedi ; pure il baratto può scemare coll’ im pianto di una sede nelle città cui gli affari sono maggiori.
La disposizione ehe vieta impieghi diretti senza speciale autorizzazione, tranne l’eccezione che sopra accennammo, che ordina che gli Istituti tengano in evidenza le loro operazioni e pubblichino a ogni de cade la loro situazione, la vigilanza e il sindacato del Governo varranno, per quanto è possibile, a im pedire che le Banche si allontanino dal loro scopo naturale, che è quello di aiutare il commercio.
zione. E T idea ci par giusta, perchè se la ricerca dell’ oro non è la sola causa dell’ aggio, come altri a torto affermò, influisce su! medesimo in modo notevolissimo. A parte le condizioni del bilancio, 1’ affluire dell’ oro scema 1’ aggio. L’ esperienza del- 1’ America dimostrò essere falsa T idea che a volere che la carta sia più ricercata e quindi ne aumenti il valore convenga procurare in ogni modo che i cambi si operino col mezzo della carta stessa, allon tanando più che sia possibile l’ oro dal mercato. Dandosi una base giuridica alle contrattazioni in oro, 1’ oro ritornerebbe, mentre sotto il regime del corso forzoso non può prevedersi il valore che la carta avrà dopo un certo tempo, e questo distoglie molti dal contrattare.- A noi sarebbe sembrato buono anche 10 svincolamento delle riserve metalliche dello Ban che, non essendovi ragione di temere per la loro parte una imprudenza, tanto più che poco monta che si abbia 1’ oro per riserva quando si abbiano titoli buoni e quindi a ogni bisogno convertibili in moneta metallica, colla differenza che 1’ oro tenuto stagnante non rende nulla, mentre bene impiegato dà un frutto.
La legge per assicurarsi che le banche non fac ciano pagare la tassa ai loro clienti non ha lasciato loro la facoltà di stabilire il saggio dello sconto che per le sole cambiali in oro. Potrebbe lasciarsi alle banche una maggior libertà nel movimeto dello sconto, dichiarando solo che i lucri netti derivanti da una elevazione dello sconto- al disopra di un certo limite, che poteva essere del cinque per cento, fossero devoluti al Tesoro. Eppoi in fin de conti la tassa pesa sul pubblico, perchè quanto più le ban che saranno gravate e minore sarà P aiuto che avrà 11 commercio. E quando questo è meno fiorente, ciò reagisce sulle condizioni del tesoro e le peggiora. Non bisogna considerare le finanze dello Stato come assolutamente staccate dagl’ interessi generali.
L’ art. 30 che commina una multa eguale all’,esu- beranza della circolazione o del debito agl istituti che non si trovino in regola colla riserva, sia per i biglietti o titoli equivalenti, o per gli altri titoli e conti correnti, pe’ quali la legge ha stabilito, come abbiamo veduto, un’ apposita riserva, ci sembra, di ciamolo pure, enorme e tale che farebbe chiudere qualunque banca, se venisse rigorosamente applicata. Una banca ha dieci milioni di capitalo e trenta di biglietti; cinque si presentano al baratto: resta con cinque di riserva e venticinque di circolazione ; se dovesse pagar subito quella multa, sarebbe rovinata. Supponiamo una banca che abbia delle sedi filiali. Dato il caso che in una di esse un baratto improv viso avesse ridotto la riserva a meno di un terzo, è chiaro che ci vorrà almeno un giorno perchè la direzione generale possa provvedere ; se nell’ inter
vallo sopraggiunge l’ispettore del governo, essa dovrà pagare la multa.
Quando si pensa che la riserva si vuole appunto per far fronte ai rimborsi eventuali e che nel caso di un improvviso baratto è pur forza che scemi mo mentaneamente, siamo portati a credere che 1’ arti colo 30 abbia voluto accennare, alle banche che per propria colpa si ponessero in quella situazione illegale o vi persistessero volontariamente.
Questa disposizione tolta da una legge straniera fatta in circostanze diverse, sarebbe appena ammis sibile in condizioni normali, quando le Banche pos sono facilmente rifornire le loro riserve. Noi temiamo che debba avvenire quello che si dice accadesse delle leggi di Bracone, le- quali per essere troppo severe non si applicavano mai. E di quante altre leggi non è avvenuto cosi! E quante tasse non si riscuotono che in parte per una ragione consimile !
L ’ articolo lo limita a due anni la durata del corso legale; questo termine trascorso i biglietti dello banche diverranno puramente fiduciarii. Non mancò chi avrebbe voluto che il corso legale fosse tolto ad un tratto, ma ciò avrebbe portato una certa e non lieve perturbazione, perchè il baratto sarebbe necessariamente cresciuto, e d’ altra parte pareva equo lasciare alle banche un tempo sufficiente per mettersi in grado di far fronte senza pericolo a questo maggior baratto. Tanto più poi che il corso legale è un privilegio si, ma non un privilegio che dispensi le banche dal cambio. Sop/a a tutto rimane dunque la questione di fidncia.
L ’ E C O N O M IS T A 329 12 settem bre 1875
Vicende flelM tnto Tecnica Italiano e natura di esso
col nuovo ordinam ento o ttobre 1871 I
L’ Istituto tecnico da m a sua istituzione
AL NUOVO ORDINAMENTO
Una istituzione che sorge senza tradizioni, senza esemplari su cui modellarsi, che si fonda sopra idee astratte, doveva certamente, anche in breve tempo, subire molte modificazioni e cambiamenti a seconda del tempo e della esperienza per adattarsi ai bisogni ed alle necessità della nuova società cui essa veniva a sodisfare. L’ Istituto tecnico non ebbe mai un ca rattere determinato, circoscritto per la sua indole stessa che era di prestarsi ai bisogni locali delle industrie, dell’ agricoltura e del commercio. Prima del 1859 gli istituti tecnici non erano che 4 o 5, ed erano succeduti ad altre istituzioni di consimile scopo già preesistenti ; esso condusse fino allora una vita languida, stentata senza scopi determinati e senza i mezzi necessari. D’al tra parte sebbene il governo subalpino si desse sempre molta cura per la pubblica istruzione, tuttavia allora \ un pensiero più alto, supremo occupava le menti ed il cuore di tutti, ed a questo erano rivolti i desideri'!, gli sforzi, la vita di tutti,- all’ affrancamento della patria dallo straniero. Venne la legge 13 novembre 1859 ge nerale sulla pubblica istruzione. Essa ci dà dell’ Istituto un concetto incerto, confuso; non apparisce chiaro se lo consideri come scuola d’istruzione secondaria, di -coltura generale o scuola speciale pratica ; perchè ne gli artìcoli dalla legge e nel regolamento di essa tu trovi ragioni per sostenere 1’ una e f altra afferma zione. Di fatti questa esitanza ed indeterminatezza della legge Casati circa gli Istituti tecnici apparve nella lunga discussione che si fece alla Camera dei deputati sulla interpellanza dell’ on. Coppino, la quale occupò le due tornate 27 e 28 febbraio 1862 e vi presero parte 1’ onorevole Sella, l’onorevole Caracciolo ed il Ministro della pubblica istruzione De Sanctis. Soste neva l’onorevole Coppino, che gli Istituti tecnici non potevano essere aggregati al Ministero di agricoltura e commercio di recente istituito, come richiedeva il R. decreto 28 novembre 1861, che stabiliva le attri buzioni del nuovo ministero. Egli diceva : essere gli Istituti scuole d’ istruzione generale, che sommini strano una conveniente coltura generale a quei gio vani che non vogliono percorrere i corsi accademici, ma abbisognano di ritrarre al più presto un vantaggio dalle cognizioni apprese, dandosi alle industrie, ai commerci ed a quelle occupazioni che offre al figlio del borghese la nuova società. Egli li paragonava alle scuole reali prussiane ed alle professionali del Belgio le quali sono avute come scuole secondarie e di coltura generale. Ma 1’ on. Sella, uno dei tre della Commissione nominata d’ accordo dei due ministri
della pubblica istruzione e d’agricoltura e commer cio, e che aveva aggiudicato, esser gli Istituti di spettanza del nuovo ministero, rispose all’onorevole Coppino sostenendo : che gli istituti erano vere scuole speciali, perchè si proponevano di dare una coltura adatta ai giovani che volessero applicarsi a deter minati ordini d’arti, che ogni arte per essere con vantaggio ed intelligenza esercitata aveva mestieri di un complesso di nozioni e di cognizioni, le quali appunto davansi nell’Istituto tecnico, che gli istituti non erano scuole pratiche, perchè, nella sua opi nione non vi possono esistere vere scuole pratiche, e dove furono stabilite fecero mala prova, l’Istituto insegnare la teorica della pratica. Questa discussione non determinò certo quale fosse la natura propria degli Istituti, i quali dallo stesso ministro della pub blica istruzione sono chiamati « un enigma, un in dovinello e perchè molti Edipi si sono messi a de cifrarlo è divenuto ancora più oscuro. »
parlare con un insegnamento soverchiamente positivo, utilitario, indirizzato all’ arte ed alla professione.
Oramai s’era venuti a tale colla meccanica e colla merceologia, da dire col poeta che la meccanica ed il genio mercantile s’ erano tolta la bega d’educare il mondo. Ma l’uomo, ed il giovane soprattutto, sin ché sarà quel piccolo cosmos che è, con sentimenti, affetti, immaginazioni, non potrà mai venire educato col freddo calcolo, coll’arido ragionamento, colla spe culazione dell’utile e del tornaconto. Giù nei fondacci della coscienza vi esiste un mondo invisibile, infi nito, potente di vita, colle sue aspirazioni, coi suoi bisogni; abbiamo un cuore coi suoi palpiti, un’ im maginativa coi suoi estri e le sue visioni, i senti menti di gloria, d’onore, di sacrifizio, d’ amore che rendono grande l’uomo e bello il vivere umano i quali anch’essi vogliono essere coltivati, educati, per migliorare l’uomo intiero, ed hanno proprio oggetto, che non sono lo linee, ¡circoli, il libro mastro. Gli alunni degli Istituti occupati in una specie d’istruzione che loro solamente parlava alla mente e svolgeva l’intel ligenza a scapito delle altre facoltà, ne uscivano con idee, meschine, grette, affatto tecniche e facevano cattiva riuscita nella stessa professione. Allora il male richiese un rimedio, e gli intelligenti ben s’avvidero che i mali presenti ad i pericoli futuri che sopra stavano alla Istruzione tecnica secondaria derivavano appunto da quelle attitudini meccaniche, chimiche, mercantili, agricole, alle quali venivano quasi asso lutamente indiretti gli alunni negli Istituti. Allora conobbero che anche per riuscire e perfezionarsi nelle abilità tecniche, era necessaria una preparazione anteriore, la quale si rivolgesse all’ uomo svolgen done tutte le facoltà, e servisse di tirocinio e neces saria preparazione alle arti ed alle professioni. Allora si fe’ senno e furono con lodevole sollecitudine presi dal ministero d’agricoltura, industria e commercio quei provvedimenti, che fecero conoscere il vero stato degli Istituti ed i bisogni loro. L’opera del Con siglio superiore dell'istruzione industriale e profes sionale, le relazioni delle Giunte di vigilanza, l’isti tuzione di una Giunta esaminatrice centrale alla quale venivano deferite ogni anno alcune prove del l’esame di licenza, i rapporti dei commissarii regii agli esami, degli ispettori straordinarii, dei presidi contribuirono ad una nuova riforma, la quale inco minciata nel 1869, rinvigorendo l’insegnamento let terario e dando maggiore estensione all’insegnamento del disegno, fu compiuta col nuovo ordinamento ot tobre 1871, col quale gli Istituti entrano in una nuova fase che noi esamineremo studiando la na tura che viene ad assumere l’Istituto, lo scopo cui si prefigge, i mezzi adoperati e le difficoltà, che, a nostro giudizio, si oppongono al conseguimento del fine prestabilito.
II
Cabattere professionale e preparatorio
dell’ Istituto
Di che natura è la riforma apportata agli Istituti tecnici colf ordinamento dell’ ottobre 1871 ? Servi essa a porre meglio in evidenza e fermezza quale debba essere il carattere dell’Istituto tecnico italiano? Apprestò un efficace rimedio ai mali lamentati e potrà soddisfare ai desideri! ed ai bisogni industriali, commerciali ed agricoli che il nostro paese vivamente sente? L ’ordinamento del 1871 si propose di dare una vera e stabile base alla istruzione tecnica se condaria, approfittando degli ammaestramenti delle altre nazioni e della propria esperienza. Esso volle che la istruzione tecnica secondaria, senza dare in un gretto e degradante utilitarismo e senza abban donarsi ad un soverchio idealismo ed erudizione, che male si accordano colla tendenza e coi bisogni della moderna civiltà intenta a rendere fruttifera ed utile la scienza, potesse fornire una conveniente istruzione ed una vera educazione al figlio del bor ghese, ed a quella classe numerosissima di giovani che non vogliono percorrere le alte carriere accade miche ; ma dedicarsi alle industrie, ai commerci, agli impieghi dello Stato. Onde nello spirito del nuovo ordinamento, la coltura tecnica viene elevata allo stesso grado della classica ; esso considera le due forme d’ istruzione come due grandi correnti, due fiumi reali, i quali scorrendo parallelamente in letti diversi, portano entrambi le loro acque a fecon dare il medesimo campo, che è quello della civiltà moderna. Questo concetto vero della istruzione tecnica secondaria che per un po’ di tempo certe preoccu pazioni avevano fatto dimenticare presso di noi, era stato quello che aveva informato le leggi, i programmi d insegnamento di altri popoli, i quali furono di noi più fortunati e più solleciti nel provvedere alle ne cessità delle classi, che arricchendo la patria nobili tano sé stesse col lavoro illuminato dalla scienza. Fin dal 1849 e più in su, ecco qual’era il concetto dei più valenti pedagogisti della Germania circa la scuola reale: « La scuola reale è una istituzione di istruzione universale, alta, scientifica, non già una scuola d’arti e mestieri. Suo scopo è l’umanità, quale la richiede il tempo dall’alta classe borghese ’). Essa sta al paro col ginnasio, da cui in sostanza solo in questo differisce, perchè in essa lo studio delle lin gue moderne viene a preferenza coltivato.... L’inse gnamento è liberamente più vario che nel ginnasio. E l’ordinanza prussiana del 6 ottobre 1859 parlando dello scopo delle scuole reali e delle alte scuole
*) Die Gegenwart. B ine encyhlcpàdische u. s. v.
E rster B a n d L eipzig. Broskhaus, 1848, neU’articolo: Die R ealschulen oder hóhern B urguschulen, p a g i
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L’ ECONOMISTA
331
borghesi, che è di dare una coltura scientifica, dice che queste istituzioni non si debbono commisurare all’ immediato bisogno della vita pratica, ma allo scopo, che, la gioventù in queste preparata, debba portare la sua potenza intellettuale a quello svolgi mento che è necessario presupposto di una libera ed indipendente formazione della vocazione posteriore. Esse non sono per nulla scuole speciali, ma, come il ginnasio, debbono trattare della generale coltura e delle cognizioni fondamentali2). Si sente che il pensiero della istruzione classica è ancora sempre quello che tiene occupate le menti, ma lo scopo della istruzione tecnica vi è chiaramente espresso. Nè altramente il Duruy nella circolare 2 ottobre 1865 parla riguardo all’ insegnamento professionale, « sulla base della istruzione primaria sorgeranno paralleli i due insegnamenti secondari : 1’ uno classico per le carriere dette liberali, T altro professionale per le carriere dell’ industria, del commercio, dell’ agri coltura. »
Si stabilì la istruzione tecnica, non come reazione al passato per voler negare l’istruzione classica avuta sempre come la più alta e la più perfetta ; ma per chè si riconobbe che dopo il rinascimento e nei tempi moderni, oltre i progressi della scienza e le sue ap plicazioni, che hanno mutato 1' aspetto della società, la letteratura dei popoli civili essersi arricchita di nuove opere dell’ingegno umano improntate di tanta bellezza di lingua, di stile, altezza di pensiero e no biltà morale, da potersi sicuramente, sopra il fonda mento delle letterature moderne innalzare un solido edifizio educatorio, senza la necessità di attingere alle fonti sempre vive e perenni delle lingue e lettera ture antiche. L’alto grado cui venne innalzato l’Isti tuto risalta evidente dall’ampliamento del suo orga nismo, dalla parte fatta alla coltura generale dai pro grammi e dalle avvertenze che li precedono.
Dal disegno generale scorgesi pure che l’ Istituto è considerato il grado secondario della istruzione tec nica quale s’impartisce presso di noi. Questo carat tere di studi secondari potè in alcuni momenti essere posto in dubbio negl’ Istituti, perchè divisi in tante speciali sezioni che non avrebbero potuto cercare altrove il loro complemento, solamente la sezione fisico-matematica fu sempre preparatoria ; ma colla fondazione delle scuole superiori, tutte le sezioni pos sono avere il loro compimento in studii più alti che rappresentano per le carriere professionali o tecniche, le università moderne. I licenziati della sezione agro nomica possono accedere alle scuole superiori di agricoltura di Milano o di Portici, quelli della se zione commerciale alla scuola superiore di Veneziii, mentre chi attende agli studii di marina passa dallo
z) Weise. Verordnungen u n d Gesetze fü r die höhe■ ren Bürguschulen in Preussen.
Istituto di marina alla scuola superiore navale di Genova. L ’ istituzione delle scuole superiori era ri chiesta non solo per compiere il sistema d’istruzione tecnica, come vi esistono presso altre nazioni i poli tecnici; ma anche per avere gli insegnanti idonei per gli Istituti. Inoltre se da principio frequentavano gli Istituti giovani di bassa fortuna che abbisognavano di trarre il più presto alcun profitto dai loro studi, oramai in essi cercano la propria istruzione giovani agiati e facoltosi, i quali scelgono l’Istituto come il più acconcio al loro scopo ed al loro ingegno, ed a cui non si potrebbe precludere ogni via a studi più svolti, più alti, più scientifici.
Per altro le sezioni dell’Istituto sono così ordinate che il proseguire gli studi in scuole superiori non diventi una necessità, esse forniscono tale istruzione , che può l’Istituto essere compiuto in sè, e l’alunno da questo passa al banco di commercio, all’officina, ad un impiego pubblico o privato, avendo le cogni zioni necessarie per sostenerlo. E questo carattere professionale dei nostri Istituti, vuol essere non pur conservato, ma largamente svolto e convenientemente curato, affinchè l’Istituto, non venga meno al suo scopo precipuo. Uno degli appunti che si facevano alla istruzione classica, era di essere esclusiva, tenere dalla casta, prestandosi solo ai ricchi di fortuna e di eletto ingegno, i quali potessero per lo spazio di parecchi anni provvedere al loro mantenimento, men tre per le classi borghesi, per la grande maggioranza che abbisogna di una istruzione utile nella vita pra tica e nella professione, ogni via era chiusa. Ai bi sogni e desiderii di questa classe numerosissima pensò l’istruzione tecnica, la quale allorquando non fosse così distribuita da offrire come altrettanti circoli concentrici d’istruzione ciascuno compiuto in sè, secondo la gra duazione delle varie classi, fallirebbe ad uno dei primi suoi intenti. Anzi, io credo, che una istruzione tecnica semplicemente secondaria e preparatoria a scuole superiori, non potrebbe durare e prosperare in alcuno Stato d’Europa, non certo in Italia.
altrove si è istituito dopo le scuole tecniche un corso preparatorio all’Istituto, onde dalle singole sezioni per avere la licenza dell’Istituto si richiedono, sette ad otto anni ed uno di più per la sezione di ragioneria ; il tempo che si dimanda per le scuole classiche se condarie. P er molti alunni questo corso è già troppo lungo e non possono seguitare sino al fine, perchè mancano di mezzi necessarii.
Giuseppe Dalmazzo.
Il bilancio preventivo turco dei 1815-76
Finalmente è stato pubblicato il bilancio preven tivo turco per quest’ anno, tanto ritardato perchè la Commissione ed il ministero non si trovavano d’accordo, ma secondo il solito mancano i dati i più necessari e dettagliati che diano a conoscere veramente quante saranno l’entrate e quante le spese. La insur rezione della Bosnia mostra ora chiaramente la ne cessità dei resoconti chiari ed accurati che dimostrino l’esattezza del bilancio preventivo; perchè incagliando l’ incasso di una parte dell’ entrate e obbligando a spese enormi per reprimerla, ha fino da principio rovesciato tutto il piano finanziario. Un governo le di cui finanze siano esposte a simili disturbi non può dare un’ idea chiara e netta della sua posizione, senza dare una regolare serie di conti che dimo strino le entrate e le spese.
L ’ incidente è così importante da pontrappesare qualunque cosa possa esser detta circa 1’ attuale cal colo, specialmente riguardo all’ annunziato deficit di 4 milioni e mezzo di lire sterline, che ora probabil mente si aumenterà di gran lunga. L’avere ammesso nel preventivo 1’ esistenza di un tale deficit prova però un progresso nella sua compilazione. Quello dell’ anno scorso ne ammetteva uno nominale di 298.000 lire sterline, ed i precedenti erano pari mente difettosi; ma ora viene francamente confessato un deficit reale di 4 milioni e mezzo.
Era cosa evidente che il governo turco non gua dagnava nulla nel tacere molte forti spese che no toriamente esistevano, onde mostrare un sopravanzo nominale o solo un piccolo deficit, e fino dall’anno scorso si era avveduto dello sbaglio perchè un rap porto supplementare al preventivo accennava alcune delle spese omesse, e riconosceva la necessità di farle apparire nei futuri bilanci. Il miglioramento esiste, ma è difficile, il credere alla realtà di una riforma turca di qualunque genere si sia.
La principale rettificazione eseguita, in confronto ai bilanci antecedenti, è nelle spese, che è portata a 26.299.000 lire ster. per il 1 8 75-76, mentre nel 1874-75 appariva di 22,850,000 lire ster. e negli anni antecedenti in molto minor somma. Questo
mi-glioramento particolare è un seguito dei migliora menti introdotti negli anni decorsi. Quello dell’ anno passato era, come si è detto sopra, migliore degli an tecedenti perchè ammetteva una maggior somma per le spese generali, escluso l’ interesse del debito pub blico, invece d’ impossibili piccole somme accennate per l’ innanzi. Attualmente abbiamo anche il van taggio che l’ interesse del debito pubblico è chiara mente esposto. Sembra che i finanzieri turchi ab biano fino ad ora avuto la persuasione che fino a tanto che il debito pubblico non fosse consolidato, non era necessario l’ approvare il bilancio preventivo.
Il debito fluttuante veniva considerato come un aliare straordinario e tenuto'totalmente celato. Adesso si conosce perfettamente, e si sa quale interesse debba esser pagato. Benché il debito fluttuante sia diminuito, è aumentato il suo aggravio, e siccome anche il debito consolidato è aum entato, vi è una differenza in più di quasi quattro milioni nell’ inte resse del debito pubblico in
decorsi preventivi.
confronto a quello dei
1875-6 1874-5
Debito esterno, interesse,
fon-L.St. L.St.
di in ribasso ... 6,548,000 5,738,000 Oneri sul debito generale . .
Oneri sulle ferrovie della
3,484,000 1,782,000
R u m e li a ... 1,102,000 1,103,000
Varie annuità locali . . . . 620,000 611,000
Interesse al debito fluttuante Perdita sullo scambio e sulla
1,259,000 449,000
circolazione monetaria . . 505,000 — —
Totale... 13,518,000 9,683,000
ri debito aggregato è indubitatamente aumentato in quest’ anno; ma la gran differenza dimostrata de riva chiaramente, per la maggior parte, da essere stati più completamente particolareggiati vari articoli. Lo avere introdotto un nuovo articolo per « perdita sullo scambio » mostra chiaramente la cura affatto nuova avuta nel compilare il bilancio preventivo e la trascuratezza nei precedenti. Questa addizione ai- fi interesse del debito, è la sola variazione importante nella spesa, essendo la sua somma quasi più di quella dell’ aumento della spesa aggregata, che è di circa 5 milioni e mezzo. Gli altri articoli di spesa, com presi quelli civili e militari, sono stati leggermente cambiati.
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L’ ECONOMISTA
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sulla stima dell’ entrate si deve in parte ad una ri duzione delle stime di alcune ' delle vecchie tasse, che non sono state aumentate, come la tassa sulle pecore. La riduzione sulle decime è solo di 45,000 lire sterline, su di un totale di 8,000,000 di lire sterline. La dogana apparisce per la stessa somma dell’ anno scorso e per il tabacco la stima sale da 1.364.000 lire sterline a 1,500,000. Il rapporto dice che le stime sono basate sui rendiconti in media degli scorsi anni, o come nel caso della dogana, sull’ effettivo dell’ anno passato. Se è così, apparisce chiaro che la Turchia può in tempo di pace calco lare positivamente sull’ entrata di 22,000,000 dì lire sterline all’ anno ; il che mostra un progresso benché sia quasi un milione al disotto della stima del pre ventivo dell’ anno scorso.
Da tutto ciò resulta che i documenti governativi non hanno mai detto la verità come adesso circa le finanze turche, ed i resultati, in certa maniera, spe cialmente riguardo all’ aumento dell’ entrate, sono migliori di quello che vi era da aspettarsi, ma la situazione resta evidentemente molto difficile. Una stima di 26,299,000 lire sterline di spese contro 24.712.000 d’ entrata, quasi un sesto meno, non è al certo soddisfacente, e quel che è peggio, queste spese non si possono ridurre, ed anzi dovrebbero essere calcolate di più. Più della metà consistono in oneri sul debito pubblico, e T altra metà non è troppa per il mantenimento del Governo di un così esteso impero, specialmente per uno che frequentemente va soggetto a disturbi, come per esempio la care stia dell’ anno scorso nell’ Asia Minore, ed all’ insur rezione della Bosnia in questo. L’ entrate non pos sono essere contemporaneamente aumentate tanto da cuoprire subito il deficit. Siccome le spese sono ir riducibili, e le entrate incapaci di istantaneo aumento, la miglior speranza finanziaria per la Turchia, se vi è una speranza, sta nell’aumento progressivo del- P entrate fino all’ estinzione del deficit annuale. Non si sa quale sia ora T aumento progressivo perchè mancano i dati: ma se fosse del 5 o 6 per cento all’ anno, come dice il rapporto, sarebbe forse ba stante per andare di pari passo coll’ annuo aggravio del debito, proveniente dall’ addizione fatta al debito dal deficit di ciascun anno. Un deficit di 4 milioni e mezzo, che a causa della insurrezione della Bosnia in quest’ anno aumenterà di uno o due milioni, co sterà alla Turchia, che trova denaro solo al io per cento più di un mezzo milione all’ anno. Dato anche per la circostanza che 1’ aggravio del debito includa circa 1,500,000 lire sterline per i fondi in ribasso, e che così il risparmio fatto nell’ interesse annuo venga dedotto, resta sempre lo ssesso interesse annuo del
deficit. Il milione e mezzo pagato da solo 6 per cento
interesse, ed un risparmio di 90 mila lire sterline ottenuto così, fa poca differenza quando si forma
un deficit di 4 o 5 milioni al 15 per cento. L’ au mento dell’ entrata turca al 15 per cento appena ap pena riparerebbe a mezzo o tre quarti di milione al l’anno di aumento all’aggravio del debito, ed il miglio ramento annuale sarebbe molto lento. Considerando cosa ha fatto l’Italia con un governo che ispira piena fiducia, noi esiteremmo a dire che le difficoltà finan ziarie della Turchia siano insuperabili ; ma la Tur chia sarà certamenie fortunata se non sarà sopraffatta da queste difficoltà.
(Dall’ Economist)
I lavori delle camere sindacali dell’iMnstria parigina
L E C A M E R E S I N D A C A L I
E L A R E V I S I O N E D E I T R A T T A T I D I C O M M E R C IO
Abbiamo fino ad ora seguito con un vivo inte- resse le manifestazioni dei bisogni e le tendenze dei corpi costituiti, relativamente ai principii che do vranno tosto presiedere al rinnovamento dei trattati che uniscono la Francia alle diverse nazioni, sotto il punto di vista degli scambi commerciali,
Non è di minor interesse il vedere nei più im portanti rami dell’ industria parigina, tanto feconda e tanto attiva, quali siano i voti espressi e le spe ranze trasmesse ai rappresentanti degl’ interessi fran cesi di fronte all’estero. Questi voti sono quasi una nimi per reclamare, come base di ogni accordo, il màntenimento della libertà commerciale.
In seguito alla circolare ministeriale che faceva appello agl’ interessati per illuminare i negoziatori sulla vera opinione del commercio francese, la com missione d’ iniziativa del sindacato generale delle Camere sindacali di Parigi, volendo centralizzare le risposte del commercio parigino, si era sforzata di riunire tutte le informazioni che potevano facilitare l’incarico suo e rendere il suo lavoro, l’espressione la più sincera possibile dei gruppi sindacali del l’Unione nazionale.
La pubblicazione sommaria dell’ esame fatto, sui punti principali della questione da studiare, ha per messo già ai membri delle Camere sindacali di giu dicare su quali di questi punti, ed in qual senso potrebbero fare delle utili osservazioni. Ecco alcuni particolari studiati da questa commissione:
1° Per pronunziarsi fra il sistema dei trattati di commercio e quello delle tariffe generali, devono considerarsi sotto il punto di vista del protezionismo, o della libertà degli scambi?