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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.18 (1891) n.914, 8 novembre

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, .FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIV A TI

Anno XYII1

Yol. XI!1

Domenica 8 Novembre 1891

N. 914

I R E S P O N S A B I L I

A lcuni giornali, e tra gli altri il

Corriere della

Sera, l'Opinione e Riforma, hanno trattata in que­

sti ultimi giorni una questione che, a vero dire, non avrebbe grande importanza, se non come giudizio intorno al tempo passato, ma d ie riesce interes­ sante, perciò che serve a chiarire in qualche parte la condizione finanziaria ed economica del paese, e la azione degli uomini che la produssero.

Il

Corriere della sera rimproverava il Governo

attuale di mancare di sufficiente energia a riparare alle difficoltà tra le quali il paese si dibatte; — l’ Opinione rispondeva al giornale di Milano negando la mancanza di energia sufficiente, ma sopratutto mettendo in sodo che il Ministero attuale non ò responsabile della situazione attuale, anzi ha il dif­ ficile ed ingrato compito di assumere o liquidare una eredità molto oberata; — la

Riforma inter­

viene e cerca dimostrare che l’attuale Ministero non solo non ha saputo mantenere le promesse che ha fatte, ma ha anzi peggiorata la situazione.

Questi punti, non sono i soli trattati dai tre au­ torevoli periodici, ma sono quelli che ci preme ri­ levare e sui quali ci permettiamo qualche osserva­ zione entrando nella contesa per dimostrare che si dimentica troppo giudicando così del Ministero attuale.

Cominciamo prima di tutto a riconoscere che i’ Opinione è perfettamente nel vero quando fa no­ tare che dell’attuale disagio economico e finanziario non può essere responsabile il

Ministero Rudinì,

il quale anzi è costretto a subire una condizmno di cose che sono soltanto il frutto degli errori co m ­ messi dai precedenti Ministeri.

Nessuno può certo rimproverare al

Ministero at­

tuale la rottura dei rapporti commerciali con la Francia ; e la ostilità della alta banca francese verso il nostro mercato; nessuno può rimproverare al

Mi­

nistro attuale il disavanzo del bilancio, il debito del

Tesoro, il disordine bancario, l’alto saggio dei cambi e tutte le altre manifestazioni del nostro malessere economico. E se anche si può lamentare — come l’ Economista ha lamentato — che nei provvedimenti intorno alla circolazione monetaria il Ministero attuale abbia commessi degli errori ed abbia prese delle misure perfino puerili, si può però prender nota della promessa della

Opinione che il discorso che l’on. Ru­

dinì pronuncierà a Milano conterrà l ’annuncio di tali risultati ottenuti nella regolarizzazione del Bilancio e del Tesoro, e tali promesse di buona amministra­ zione da far dimenticare le colpe che abbiamo vi­ vamente condannate.

Ma entrando nella discussione sollevata dai tre citati periodici, ci permettiamo di far rilevare che mal si giudica parlando di responsabilità, quando si cerchi a qual

Ministero debba attribuirsi. Se la

nostra Camera fosse divisa in partiti bene delineati, la parola

Ministero vorrebbe dire programma di un

partito e designerebbe anche azione di uomini ; ma nella stato confuso, nel quale sino a qui venne con dotta la politica parlamentare, non è agevole parlare di

Ministeri ed è invece logico parlare di uomini.

Erano per lo meno cinque anni che la finanza e la economia italiana volgeano verso la decadenza, e erano due anni in cui il movimento si era fatto spa­ ventoso. A capo del

Ministero furono Depretis p ri­

ma, Crispi poi. Ma i responsabili di tutti gli errori commessi sono proprio soltanto quei due uomini di Stato ed i loro colleghi dei passati gabinetti? I fatti dimostrano il contrario.

E se prendiamo in mano i documenti ufficiali ve­ diamo che formarono la maggioranza, la quale so­ stenne sempre, specie nelle questioni economiche e finanziarie, i Ministri Depretis e Crispi, precisamente quelli uomini che oggi sono il nucleo più forte del presente Gabinetto.

Non sappiamo in verità comprendere come mai la

Opinione, la quale è in vece di riportare molto

spesso il pensiero dell’ on. Luzzatti Ministro del T e ­ soro, possa credere di rendere un servizio al M in i­ stro parlando di responsabilità della attuale situa­ zione.

L ’ on. Luzzatti in parte fu pensiero, in parte fu azione . i tutto quel periodo che ci condusse allo stato presente : — anzi diremo di più, 1’ on. L u z ­ zatti quale Piesideute della Giunta del bilancio aveva il compito di sindacare la condotta del Governo, e le sue relazioni numerose e voluminose sono là a te­ stimoniare che se nelle considerazioni ha qualche volta criticato il Governo ed i provvedimenti che esso proponeva, nelle conclusioni accordò sempre la sua approvazione ed il voto palese fu sempre fa­ vorevole. Non cerchiamo adunque di ingannare la pubblica opinione cambiando il nome alle cose.

I responsabili della attuale situazione del paese sono è ben vero i passati Ministeri che avevano la parte esecutiva, ma dividono tale responsabilità an­ che gli attuali Ministri che colla parola e col voto cooperarono a mantenere al potere coloro che que­ gli errori proponevano e commettevano.

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bilanci futuri, ma non può dimenticare il paese che la maggioranza degli attuali Ministri li ha approvati.

Andiamo-adunque adagio assai parlando di re­ sponsabilità, poiché invero molti degli uomini che attualmente sono al potere debbono in conSdenza sentire che se la loro opera è oggi rivolta a ripro­ vare gli errori commessi, di quegli errori essi hanno una parte e non piccola di responsabilità. E ricor­ diamo benissimo che quando I’ on. Luzzatti presi­ dente della Giunta del Bilancio mosse nella famosa relazione d e ll 888 un fiero attacco all’ On. Magliani,

VEconomista rimproverò al relatore di essere venuto

a conclusioni che contraddivano le premesse.

E bene quindi che

l’ Opinione pensi a ll’ avvenire

e cerchi che le promesse sieno mantenute ; in quanto al passato è meglio per ora lasciarlo dormire.

TESORO E RISPARMIO

Nel breve discorso del 2 marzo alla Camera dei Deputati l’on. Luzzatti, dopo l’annunzio di nuove e coraggiose riduzioni nelle spese, toccò con la con­ sueta eleganza e splendore di forma del debito del tesoro, scolpì all’ evidenza con tre o quattro propo­ sizioni, felici e chiarissime, i danni che ne risentono la finanza dello Stato e l’ economia nazionale; e, ri­ cordato un canone di finanza severa, secondo il quale i debiti del tesoro si devono

redimere con entrate

effettive, disse che intendeva assegnare al migliora­

mento del tesoro i maggiori proventi che si ripro­ metteva dalle leggi per le polveri piriche, per le ri­ vendite di sali e tabacchi, per il lotto, per le pen­ sioni, per la riforma bancaria e quelli che sperava dal maggior gitto delle entrale future: egli si con­ tentava di due o tre milioni subito, calcolava arri­ vare pòco dopo a quattro o cinque milioni e, ago­ gnando ardentemente alla sistemazione dell’ eccesso del debito del tesoro, vaticinava un avvenire non molto lontano, nel quale la parte di esso, che potrà essere sopportala senza minaccie e senza timore, si '¡sarebbe assettata tutta sulle anticipazioni statutarie in via principale e in via sussidiaria sui buoni che sono a interesse meno mite di quelle.

Con queste parole veramente il Ministro non an­ nunziava una pronta chiusura o riduzione della ec­ cedenza del debito del tesoro , e in fa tti, quando il 21 marzo venne in discussione l’assestamento 1890-91, egli stesso dichiarò che nella fiducia dell’ approva­

zione dei progetti davanti alla Camera calcolava un piccolo margine per poter cominciare a operare lievi

e graduali miglioramenti nella situazione del tesoro:

ad ogni modo ei si teneva fermo al concetto che solo nei

mezzi di rinforzo del bilancio poteva tro­

vare salvezza la minacciosa condizione del tesoro, e, a rinsaldare nel Parlamento la volontà di seguirlo in questa buona strada, il 13 aprile in Senato os­ servava, mollo a proposito, non esservi speranza che l’economia privata possa ottenere capitali a buon mer­ cato fino a che il Governo rimane il più grande ac­ cattatore di prestiti, fino a che la maggior parte del risparmio nazionale si assorbe dal Governo.

Nella tornata poi del 27 giugno il Ministro spiegò i suoi concetti. Nessuna preoccupazione, secondo lui, deve dare quella parte di debito del tesoro che de­ riva dalla prevalenza consueta dei residui passivi

sugli attivi, la quale costituisce un beneficio di cassa. L ’altra parte invece, da 150 a 200 milioni, bisogna consolidarla, egli disse, con due modi, il primo dei quali sta nelle anticipazioni delle banche da tenersi in conto distinto e separato dalla circolazione pel commercio, e il secondo, (annunciato come mezzo più ardito di vincere le difficoltà), consiste in prov­ vedimenti da concretarsi per novembre. Si seppe per altro fin da allora che tali provvedimenti dovevano essere degli accordi con le nostre casse di risparmio e coi nostri istituti di previdenza nel fine di trasfor­ mare col loro beneplacito una parte dei buoni del tesoro, dei quali essi sono già i maggiori detentori, in buoni a più lunga scadenza, ovvero in titoli con­ solidati pagabili

possìbilmente all’ interno.

Non mancarono gli applausi dell’ assemblea a questo annunzio, perchè il ministro si disse sicuro dell’ aiuto all’ erario da parte degli Istituti casalinghi, di quelli

a lui segnatamente più simpatici perchè non avendo

dividendi da distribuire rivestono un carattere di

materna imparzialità.

Quanto all’eccedenza dei residui passivi noi con­ sentiamo con l’on. ministro che una parte di debito fluttuante può lasciarsi senza danno in causa di essa, ma il nostro consenso è soggetto a riserve e con­ dizioni. È inevitabile il debito galleggiante dei buoni del Tesoro in causa del distacco di tempo tra la scadenza degli impegni e la scadenza delle riscos­ sioni ; ma fuori di questi termini l’ eccedenza dei residui passivi è un espediente che profitta al T e­ soro solo perchè 1’ amministrazione è larga e spen­ sierata a preventivare le spese, lenta a eseguirle e più lenta a pagarle : che se si cambia in d irizzo , se, come tutti; desiderano, l’ amministrazione d i­ venta cauta nell’ impegnare il bilancio, alacre nel­ l’ esecuzione dei lavori e pronta a pagare i creditori, chissà che non si inverta la posizione fino ad avere eccedenza di residui attivi sui passivi ; or bene chi non andrebbe lieto di questo mutamento, primo fra tutti il ministro stesso del Tesoro, anche dovendo constatare che gli è mancato un mezzo, una r i­ sorsa per il debito galleggiante ?

Quanto alle anticipazioni dalle Banche, da quegli Istituti cioè che non entrano in prima linea nelle simpatie dell’on. Ministro, ci è sembrato un po’ sin­ golare e una contraddizione il lamentio, quasi invi­ dioso, dell’on. Luzzatti quando disse che il governo non ha dalle Banche quel tornaconto e quei bene­ fici pecuniari che a lui piacerebbe cavare, quasi che lo Stato abbia criteri e interessi finanziari di natura eguale e identica a quelli dei produttori e dei ne­ gozianti, e come se l’ uso che lo Stato fa del cre­ dito dagli Istituti sia un uso riproduttivo al pari di quello a cui i privati convergono il fido ottenuto dalla Banche. Non si lasci sedurre l’ on. Luzzatti dal miraggio dei grandi lucri del Tesoro per aiuto dalle banche ; pensi che queste, più ne danno al governo, meno sono utili al paese, pensi che i lu cri assorbiti dal governo sono consumati, mentre quelli distribuiti agli azionisti restano come una maggiore rendita e una maggiore agiatezza pei cittadini, o p ­ pure restano come un risparmio destinato a feconda riprodozione.

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risparmio e di previdenza e che li trova già in possesso_ della maggior parte dei buoni non ha b i­ sogno di stringere nuovi accordi ; mantenga accre­ sca, se d’ uopo, le relazioni di simpatia fra il go­ verno e gli Istituti, ma non chieda di più, perchè deve poter essere tranquillo che i buoni saranno rinnovati e ricollocati presso gli Istituti medesimi. Non vi è ragione di mutare il titolo e la forma del debito e noi non sapremmo approvare il consolida­ mento anche quando si conseguisse un allievamento di interessi ; perocché, se il ministro è deciso fer­ mamente a tendere cou ogni sforzo alla riduzione del debito fluttuante (e già nei primi mesi dell’eser­ cizio 1891-92 il debito netto effettivo dei Tesoro ri­ sulta diminuto di 44 milioni e 1 | 4 ‘ ) è molto me­ glio tenere il debito galleggiante con

1 18

0|0

o un

1[6

Ojo in più di interessi, ma con le occasioni fre­ quenti e col principio costante di operarne la ridu­ zione a poco per volta, anziché fare un debito con­ solidato per 5,

8

o 10 anni a saggio più mite, del quale la scadenza piuttosto lontana affievolisce le cure e il pensiero della estinzione.

Se adunque le parole dell’on. Luzzalti nella scorsa estate non celano altri progetti, se proprio egli mira ad assicurarsi per ora la conservazione dello

statu

quo presso le casse di risparmio, noi lo esortiamo

a non crucciarsi alla ricerca di nuovi accorgimenti e a persistere, come nei primi tre mesi dell’eserci­ zio, a migliorare la situazione dei debiti del Tesoro con mezzi effettivi di bilancio e in ragione di 15 m i­ lioni in media ogni mese.

Non è però solamente per le gravezze del tesoro, sempre minacciose, che ci tengono perplessi le idee esposte il 27 giugno dall’on. Ministro : sono le stesse sue laudi agli istituti di risparmio che ci hanno tur­ balo la mente e fatto pensare mestamente all’ eco­ nomia nazionale del paese.

In Francia dove le casse di risparmio sono as­ sorbite dallo Stato, si invoca la liberazione degli istituti dal duro vincolo col Tesoro e con la Cassa dei depositi e si proclama che quelle casse sono oggimai doventate un modello perfetto del piu pe­ ricoloso socialismo di stato : là i migliori uomini del governo, amministratori e scienziati, fra i quali l’ on. Luzzatti conta amici carissimi, come i Say, i Rostand, i Leroy-Beaulieu, fanno una campagna con­ trastata, ma vigorosissima, tentando aprire una brec­ cia in favore della grande causa della utilizzazione del .risparmio e della redenzione dalla servitù degli impieghi in titoli di Stato : sono recenti ancora gli echi del congresso di Mentone (aprile 1890) quando l ’ on. Luzzatti con veduta pratica e profonda, con

1) Situazioni del tesoro esclusi i fondi di cassa :

Mi g l i o r a m e n t o De b i t o 7 ---S itu a zion e a l De b i t i Cr e d i t i n i t i d o s a lla s itu a z io n e p re ce d en te s a lla s itu a z ion e 30 g iu g n o | 189 1 SO g iu g n o 1891476,073,369 48,277,226 427,796,143 — 81 lo g lio » 521,236,673 124,883,658 396,353,015 31,443,128 31,443,128 31 a g o s to » 513,918,525 120,744,306 393,174,219 3,178,796 34,621,924 30 o tto b r e » 502,831,099 19,251,052 383,580,047 9,594,17aj 44,216,096

eloquenti parole di affetto per la Francia e con alti, patriottici sensi deplorava la condizione delle Casse di risparmio francesi incatenate allo Stato e descri­ veva i larghi benefizi ottenuti da noi con l’ impiego libero dei fondi dei nostri istituti. Ora noi non te­ miamo che questi possano mai dimenticare lo scopo vero e primo della loro azione ; ma ci preme e ci grava il dubbio che l’ on. Luzzatti, allettando le casse di risparmio allo impiego dei fondi in ope­ razioni non brevi col tesoro, possa distrarle dal loro fine naturale, il quale è l’ utilizzazione diretta sul luogo stesso dove i depositi si sono formati; e ci dorrebbe di vedere che l’on. Luzzatti, apostolo del decentramento economico e delle banche popolari si inducesse veramente a disturbare le nostre Casse delle^ quali egli stesso ricordava a Mentone: «

qu’ elles

ont été les sources nourricières p ou r le credit popu-

laire, réescomptant le papier des banques coopé-

ratives ».

Tenga fermo l’ on. Luzzatti al suo programma del

2

marzo, che nei primi tre mesi dell’ esercizio finanziario ha già avuto un principio felice di ese­ cuzione ; seguiti a pagare con entrate effettive il di­ savanzo del tesoro; là via è più lunga, ma la meta è sicura e l’averla raggiunta sarà per lui un vanto, una soddisfazione vera. a. C.

Il risparlo in Italia alla Ine lei 1889

Poche settimane or sono è stata pubblicata la

Sta­

tistica delle Casse di Risparmio per l ’ anno 1889.

Il ritardo nella pubblicazione di questo volume è talmente grave che prima di presentare i dati prin­ cipali di quella Statistica, sentiamo il dovere di ri­ chiamare l ’attenzione dei lettori, e vorremmo poter dire della Divisione industria, commercio e credito, che ha l’ ufficio di compilarla, su! modo punto sol­ lecito e quindi poco efficace che si è finora seguito nel dare a|la luce questo importante volume. L e sta­ tistiche, ai nostri tempi, se vogliono venire in aiuto dogli studiosi, degli interessati e del pubblico in ge­ nerale devono essere pubblicate alla minima distanza possibile di tempo dall’ epoca alla quale si rife ri­ scono. Ora invece la Statistica del risparmio pub­ blicata della suindicata Divisione viene data alla luce a una distanza massima, perchè in verità non crediamo che un più lungo indugio sarebbe possibile, visto che si tratta già di

1

anno e 9 mesi. Non sarebbe certo pretesa soverchia che nell’ ottobre si potesse avere la statistica dell’ anno immediatamente prece­ dente, e forse questo risultato, sarebbe più facilmente raggiunto se essa venisse compilata, come dovrebbe essere, dalla Direzione generale di Statistica. Questa sui materiali fornitele dalla Divisione del credito potrebbe senza dubbio sollecitare la pubblicazione e fornirebbe un lavoro sotto più aspetti completo e istruttivo, sul genere di quelli ottimi che già pub­ blica intorno alla emigrazione, alla statistica giudi­ ziaria e via dicendo.

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La legge 15 luglio 1888 ha dato, come è noto, un nuovo ordinamento alle Casse di risparmio or­ dinàrie1; conviene quindi, anzitutto, richiamare alla memoria i suoi principali obbietti. Per essa a tre ordini di riform e sono state chiamate le Casse di risparmio : quelle che avevano assunto il carattere di Società civile e commerciale, avevano l’ obbligo di mutare titolo entro un anno dalla promulgazione della legge; quelle altre che erano congiunte nel patrimonio e nella gestione con l’ ente morale fon­ datore, 1’ obbligo di distaccarsene entro lo stesso pe­ riodo di tempo ; tutte poi dovevano uniformarsi alle rimanenti prescrizioni della legge entro tre anni dalla promulgazione di essa. Secondo gli ordinamenti statutari di alcune Casse di risparmio, instituite da Società di persone, i soci avevano diritto ad una partecipazione agli utili dell’ azienda sia sotto il sim ­ bolo dell’ interesse sulle azioni o quote di contri­ buto, sia sotto l’altro del dividendo. Alcune altre Casse di risparmio si erano, poi, in tempo recente costituite nella forma di Società commerciale coo­ perativa od ordinaria. La legge speciale che confe­ riva alle Casse di risparmio gli attributi dell’ ente morale ed escludeva ogni movente di lucro pei fon­ datori, doveva regolare la condizione di quelle Casse, e quindi prescrisse che mettendo in armonia il nome con la cosa, mutassero titolo. Non si poteva però negare a quelle che volessero conservarlo la facoltà di .mutare i loro ordinamenti, adattandoli alla nuova legge. E il Ministero nel vegliare alla esecuzione di quel precetto legislativo, invitò le casse che si tro­ vavano nelle accennate condizioni a scegliere fra le due vie: quella della trasformazione e l’ altra della mutazione del titolo. Quest’ ultima venne seguita dalle Casse di risparmio di Perugia, di Brisigliella, di Campiglia Marittima e di Marradi ; le altre ac­ colsero il consiglio della trasformazione.

Quanto alla separazione del patrimonio della Cassa da quello dell’ ente fondatore, che doveva avvenire entro un anno, secondo la legge, il Ministero ha do­ vuto procedere con estremo riguardo per le diffi­ coltà inerenti alla separazione stessa e si è accon­ tentato che nell’ anno indicato dalla legge fossero almeno iniziati gli atti occorrenti per la separazio­ ne. — Finalmente un certo numero di Casse hanno già adattati i loro statuti ai precetti della nuova legge; ma non sono ancora molti, avendo la legge concesso tre anni per la riforma degli Statuti.

A l 51 dicembre 1889 funzionavano nel Regno 5502 centri raccoglitori del risparmio e cioè: 393 Casse di risparmio ordinarie (comprese le filiali) 600 società cooperative di credito, 121 società or­ dinarie di credito e 4388 casse postali di risparmio ; l’ incremento è stato di 106 uffici, di cui 27 società cooperative di credito e 81 casse postali, diminui­ rono le società ordinarie di credito di due ; nelle casse di risparmio ordinarie avvenne un movimento di qualche importanza, ma il numero non variò. Non tutti gl’ istituti suindicati hanno trasmesse al M in i­ stero le necessarie informazioni statistiche ; mancano i dati per 6 casse di risparmio Ordinarie, 29 coopera­ tive di credito e 6 società ordinarie di credito. La statistica pubblicata riflette perciò 387 casse di r i­ sparmioordinarie, 571 società cooperative di credito, 115 società ordinarie di credito, 4388 casse postali di risparmio; ossia in totale 5461 istituti di risparmio.

Il progressivo aumento nel numero degli istituti nel decennio 1880-1889 è stato il seguente :

8 novembre 1891

18 80 1885 1889

. . . . .. . ( principali 194 215 219

Casse d! risparmio ordinane | flUaU 1M 1M

Id. id totale 357 388 893

Banche popolari e società cooperative

di credito... 160 387 600 Società ordinarie di credito... 73 96 121 Casse postali di risp arm io... ... 8,313 8,091 4,388 Totale degli Istituti di risparmio... 3,903 4,772 5.502 Un Istituto di risparmio per abitanti. 7,308 5, 964 5,173

È bene avvertire che le casse di risparmio ordi­ narie si dividono in principali ed affiliate; al 31 dé­ cembre 1889 quelle principali erano 219 e 174 le affiliate; queste ultime dipendono dalle seguenti casse: dalla cassa di risparmio di Milano 117, da quella di Firenze 28, da quella di Siena 15, da quella di Parma 9, di Piacenza 4, e di Messina 2.

Il movimento dei depositi a titolo di risparmio av venuto durante gli anni 1888 e 1889 presso le quat­ tro categorie di istituti si riassume nelle cifre se­ guenti :

1889 1888

Versamenti 8. 4,870,804 per L. 956,648,041 II. 4,457,426 per L. 916,325,477 Mmlorst »8,101,716 » 915,876,062 . 2,969,040 » 905,270,709

Eccedenza

dei

versamenti

---sopra i rimtorsi.. . . 1. 40,770,979 L. 11,054,768

Gli incrementi annuali

ottenuti per la eccedenza

dei versamenti sui rimborsi durante l’ ultimo decen­

nio sono stati i seguenti :

Eccedenze Eccedenze annuali annuali 1 8 8 0. .L . 70,661,982 1 8 8 5. . . L . 74,156,185 1 8 8 1. . . » 63,715,231 1 8 8 6. . . . » 142,920,463 1 8 8 2. . . » 52,957,750 188 7. . . . > 18,783,297 1 8 8 3. . » 105,784,412 18 8 8. . . . » 11,054,768 1 8 8 4. . . » 129,187,859 18 8 9. . . . » 40,771,979

Ma non tutte le quattro categorie di istituti hanno avuto una eccedenza dei versamenti sui rimborsi come può vedersi da questi dati:

Eccedenza dei versamenti sui rimborsi

negli anni 1888 e 188&.

Nelle Casse di risparmio

ordinarie... L.

1888

1,417,000

1889

26,839,876

Nelle Società Coopera­

tive di credito e Ban­

che popolari...»

3,031,895

— 1,017,070

Nelle Società ordinarie

di credito... »

- 9,313,976

— 5,402,377

Nelle Casse postali di

risparmio... »

15,919,849

20,351. 550

Totale.. . . L. 11,054,768

40,771,979

Il maggior favore è dovuto alle Casse di ri­ sparmio ordinario, le quali da un incremento di l,417,000nel 1 8 8 8 sono giunte a26,839,876 n ell8 8 9 . Anche le Casse postali hanno ottenuto un aumento nella eccedenza annuale di 4 milioni circa : nelle società cooperative ed ordinarie di eredito si è in­ vece verificato il fenomeno inverso, essendovi stato eccedenza di rimborsi sui versamenti.

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ver-8 novembre 1ver-891

L ’ E C O N O M I S T A

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samento era, per tutti gli istituti considerati, di L. 276.30 e ne) 4889 di L. 218.87, l’ainmontare medio di cia­ scun rimborso da 334. 07 era sceso a L. 293.28.

Il numero dei libretti e l’ammontare dei depositi presso i vari istituti alla fine di ciascun anno del de­ cennio 1880-1889 emergono dalle seguenti cifre:

Credito A nno N. dei libretti in circola­ zione Credito dei depositanti Libretto

medio per abitantedei deposit,

— — Lire Lire Lire

18 8 0. ...1,475,273 910,155,858 616. 94 31.91 18 8 1. ...1,673,608 979,388,565 585. 20 34.41 18 8 2. ...1,861,400 1,040, 803.021 559.15 36 22 18 8 3. ...2,164,437 1,150, 934,846 531.75 40.06 188 4. . ..2,452,749 1,307,091,079 532.91 45.93 1 8 8 5. . ..2,717,887 1,420,111,026 522. 51 49.90 18 8 6. . ..3,018,865 1,594,778.753 528. 27 56.— 18 8 7. . ..3,273,868 1,654.440,034 505. 35 58.13 18 8 8. . ..3,503,721 1,728,912,427 497.21 60. 46 18 8 9. . . . 3,724,828 1,755,689.573 471 35 61.69

Ecco' come si decomponeva il credito dei deposi­ tanti, riguardo agli istituti che raccolgono il risparmio:

Credito dei depositanti (capitale e interessi) 1888

Casse di risparmio ordinarie Società cooperative di credito

Id. ordinarie di credito.. . Casse postali di ris p a rm io ....

L . 1,112,305,999 * 199,849,483 » 136,045,586 * 263,693,674 Totale L . 1,711,894 742 1,139.145,875 200,314 633 131.173,367 285,055,698 1,755,689,573

La differenza tra le due cifre è di lire 43,794,831 e rappresenta l’ incremento nei depositi, compresi gl'in­

teressi capitalizzati i quali nei conti delleCasse ordina­

rie sono contenuti nelle partite versamenti e rimborsi. Interessa pure conoscere l’aumento effett ivo dei depo­

siti sull'annopreced.,alla fine degli anni 1880 a 1889 :

Casse Società cooperativei Casse

Anni di risparmio ordinarie ed ordinarie di credito postali di risparmio Totale

Lire Lire Lire Lire

18 8 0.,...29,908.086 19,748,142 20,020,574 69,676,802 1 8 8 1...28,083,877 20,404.825 70,744,005 69,232,707 1 8 8 2., ...29,101,752 14,358.333 17,954,371 61,414,456 188 3 ,...56,726,902 26,306,562 27,098,361 110,131,825 1 8 8 4...90.240,724 29,749,211 36,166,298 156,156,233 18 8 5. . ...63,582,979 20,916.255 28,520,713 113,019,947 18 8 6. . ...78.866,668 61,076,551 34.724. 508 174. 667,727 18 8 7. . ...43.955.140 — 5,022,132 20,733,273 59,666.281 1 8 8 8. . ,. .38,999,638 3,968,470 31,499, 285 74,467,393 18 8 9...22,866,621 — 17,451,499 21,362,024 26.777, 146

Nel decennio l ’aumento dei depositi che rispetto all’anno precedente risulta minore è quello del 1889.

Diamo per ultimo la ripartizione per comparti- menti del numero dei libretti e del credito dei de-positanti presso i vari istituti di risparmio al 31 décembre 1889:

Numero

Credito

dei Libretto dei depositantiCredito

Comparti- dei libretti depositanti medio per abitante

menti in circolaz.

_

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Piemonte . .. 447,225

196,343,442

439.03

63.95

Liguria .. . . 178,156

. . 802,497

85,198,461

478.23

95.47

Lombardia

578,275,274

720.59

157.11

Veneto. . . .. 216,585

130,776,001

603.81

46.47

Emilia. . . .. 365,370

173,181,288

473.99

79.32

Umbria .. .

79,495

25,218,233

317.23

44.08

Marche... . . 182,525

60,707,992

332.60

64.63

Toscana.. .. 391,972

169,809,995

433.22

76.87

Soma.. . . 225,341

104,212,436

462.33

115.35

Abruzzi e Molise 63,801

16.074,782

255.09

Campania. .. 340,752

110,733,490

324.37

38.23

Puglie. . . 86,365

22,593,385

261.60

1422

Basilicata. . . . 26,148

5.978,488

228.64

11.40

Calabrie.. . . . 58,482

14,078,407

55,717,902

240.73

I L I 9

Sicilia. . . .. 228,128

244 24

19.03

Sardegna. . . . 31,986

6,789,997

212.28

9.96

Bagno.. 3,724,828 1,755,689,573

471.35

61.69

Vedremo in altro numero quale era alla fine del 1889 la situazione particolare delle Casse ordi­ narie di risparmio, riguardò ad alcune parti della loro gestione economica e finanziaria.

L I R I D l M I i D E L L ! OHE III LAVO RO

e i s u o i e ffe tti e c o n o m ic i <)

XI.

L ’ osservazione dei fatti, pur troppo necessaria­ mente limitata, se non ci ha condotto a conclusioni aventi tutto il rigore della precisione e della sicu­ rezza scientifica, ci permette tuttavia di passare alla indagine teoretica senza preconcetti e sopratutto senza idee assolute intorno agli effetti che l’accorciamento della giornata di lavoro può produrre 2). Anche se le indagini precedenti avessero provato soltanto che è stato possibile abbreviare il lavoro quotidiano degli operai delle fabbriche senza conseguenze disastrose nè per essi, nè per gl’ imprenditori e ottenere che la diminuzione nella produzione fosse proporzional­ mente minore di quella che si verifica nelle ore di lavoro, quell’ esame rapido dei fatti non sarebbe stato inutile, perchè proverebbe almeno che in questa questione il fattore umano ha pure grande efficacia.

Ma conviene anche guardarsi da un pericolo. Ed è questo : i fatti che vari scrittori hanno esposto essendo tali, il più spesso, o da impressionare o al­ meno da appagare l’osservatore, così da velare o da fugare i suoi dubbi e le sue obbiezioni, possono essere facilmente assunti per fondamento di principi gene­ rali e condurre a risultati inammissibili sia teorica­ mente, che praticamente. Il Rae, ad esempio, accen­ nata una serie di fatti relativi a ll’ applicazione delle otto ore, dice che essi dimostrano come « siamo an­ cora ignari delle risorse che sono riposte nella mente e nei muscoli dei lavoratori e naturalmente suggeri­ scono la domanda se il limite più profittevole per la giornata di lavoro non possa trovarsi ancora più al disotto delle otto ore. L ’esperimento delle otto ore, egli soggiunge, è stato fatto con successo in una grande varietà di industrie e se un iutraprenditore è riuscito e continua a riuscire di fronte alla concorrenza della giornata più lunga dei suoi vicini, non vi è alcuna buona ragione perchè gli altri debbano fallire alla prova. » Ora tutti i fatti che si possono citare hanno un valore essenzialmente relativo, che dipende dalle condizioni molteplici nelle quali essi si sono ve­ rificati; essi valgono a provare unicamente che in quelle determinate condizioni e iu quelle soltanto non si sono avuti certi effetti o si sono ottenuti certi risultati. È chiaro infatti che se la giornata di lavoro di 12 ore venne ridotta a 11 o a 10 e l’operaio che prima, suppongasi, nelle ultime due ore per la

stan-*) Vedi il n. 912 dell

'Economista.

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710

L’ E C O N O M I S T A

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chezza del corpo e della mente produceva poco e male, riesci ad ottenere nelle dieci ore un prodotto quasi uguale, lavorando invece solo otto ore, ben più difficilmente potrà compensare con una maggiore alacrità il lavoro soppresso durante due ore. Quanto più la giornata di lavoro è lunga, tanto più facil­ mente potrà essere compensata la differenza deri­ vante da una riduzione della sua durata, perchè è presumibile che 1* attitudine al lavoro vada decre­ scendo gradatamente e sia quindi nelle ultime ore la minima del periodo giornaliero, e che per ciò stesso il suo effetto produttivo sia compensabile nelle restanti ore. È pericoloso quindi arguire dai fatti precedenti, ossia dagli effetti ottenuti nelle precedenti riduzioni delle ore di lavoro, i risultati di quelle suc­ cessive, perchè può dirsi che ogni attenuazione nella durata del lavoro abbia congenite, a seconda della specialità dei casi, le proprie risultanze, in ragione del rapporto peculiare che viene a stabilirsi tra la potenzialità lavoratrice dell’operaio e il tempo in cui essa si svolge.

Di fronte alla durata del lavoro l’ operaio si trova in una“condizione più o meno favorevole per dare il massimo effetto utile; determinare il tempo nel quale egli può dare il massimo di produzione è opera assai ardua, se non impossibile, specie nell' industria mo­ derna governata dalla meccanica *). In ogni caso giudicare le future riduzioni delle ore di lavoro con ìa sola guida delle riduzioni già compiute equivale a supporre che l’accennato rapporto tra la produttività del lavoro e la sua durata debba rimanere costante, il che a p riori non è e non può essere. E questo non è che uno dei fattori influenti sul risultato, poiché altri, come è noto, concorrono a far si che una de­ terminata durata del lavoro sia più o meno produt­ tiva, primo tra tutti quello delle macchine. A costo quindi di scemare o di togliere in chi legge la con­ vinzione dell’ utilità delle indagini finora intraprese non è possibile disconoscere che la luce che esse gettano sulla questione è inevitabilmente scarsa, e che l’ induzione deve essere qui sorretta e comple­ tata in più punti dalla deduzione.

Per intendere gli effetti probabili della riduzione delle ore di lavoro in ordine ai salari, ai prezzi, ai profitti, al consumo, alla concorrenza sui mercati interno ed esterno, la questione principale che va

f) Potrebbe parere, a primo aspetto, ohe prolungando

la durata del lavoro vi debba essere sempre, correla­

tivamente, un effetto utile, cioè un aumento, qualun­

que esso sia, di produzione ; se in cinque ore di la­

voro si ottiene, suppongasi, 50, in sei ore dovrebbe

aversi 60, in 10 ore 100. Ma ciò non è. Anzitutto

scema, come si avvertì già, gradatamente la capacità

al lavoro col decorrere del tempo e quindi se nelle

prime cinque ore ottiensi 50, nelle seconde cinque ore

il prodotto non può essere di pari entità, ma sce­

mando 1’ entità del lavoro deve scemare anch’ esso.

Inoltre la diminuzione nella quantità si accompagna

col peggioramento nella qualità del lavoro, collo

sciupìo della materia prima o dei materiali, così che

a un certo punto 1’ effetto utile scompare e subentra

lo scapito. - Cfr. i calcoli del

Gr a z ia n i

(Studi sulla

teoria economica delle macchine, pag. 105), i quali però

essendo fondati sul concetto che l’intensità del lavoro

sia un modulo costante nella giornata, sebbene diffe­

rente in ragione della sua durata, anziché una va­

riabile in relazione a singole frazioni della giornata di

lavoro, non rispecchiano forse esattamente la legge

complessa della produttività del lavoro.

esaminata è quella delle conseguenze che ne può risentire la produzione. Convien supporre, natural­ mente, che la riduzione delle ore di lavoro sia ge­ nerale, ma anche in cotesta ipotesi la riduzione può essere differente, cioè più o meno rilevante nelle varie industrie in ragione della diversa durata che presenta la giornata di lavoro. Ora, nelle industrie nelle quali il lavoro manuale ha tuttora una parte principale vi è la possibilità, comprovata dalla espe­ rienza, di poter ottenere con un lavoro più intenso, più perseverante e attento un prodotto poco o punto inferiore a quello avuto prima dell’ accorciamento della giornata. Questo processo' di compensazione, per altro, si collega con lo stato dietetico dell’operaio e con la forza muscolare o cerebrale che nella fat­ tispecie il lavoro esige ; chè se non è possibile un aumento di intensità nel lavoro per la deficiente nutrizione o perchè l’operaio già presta il massimo di sforzo muscolare o intellettuale o di attenzione la minor durata del lavoro si risolve in minore pro­ dotto. Laddove invece la parte più considerevole del lavoro è compiuta dalle macchine, l’ effetto imme­ diato del minor tempo di lavoro,

ceteris paribus, è

una corrispondente diminuzione di prodotto. Qui non sì applica, o in misura quasi trascurabile, il principio della decrescente produttività del lavoro, poiché i movimenti costanti e uniformi delle macchino fanno sì che l’ ultima o le ultime ore siano egualmente o quasi produttive- delle prime ore. La differenza se vi è dipende naturalmente dalla rilassatezza del­

l’ agente umano che regola i movimenti delle mac­ chine e che di essi trae partito. Notava il prof. Munro che un filatore di cotone fila praticamente nell’ ul­ tima ora tanto quanto nella prima ora della giornata, così che nell’opinione di giudici competenti una r i­ duzione di un ottavo nelle ore di lavoro nell’ in d u ­ stria del cotone praticamente ridurrebbe la produ­ zione pure di un ottavo 1).

Noi possiamo tuttavia riconoscere che vi è in questa affermazione qualche cosa di assoluto, per­ chè l’esperienza dimostra la possibilità di compen­ sare una frazione del tempo del lavoro ridotto : di­ mostra pure come con taluni accorgimenti e talune combinazioni nel lavoro possa compensarsi qualche altra frazione. E le macchine più perfette possono pure ovviare quel danno, come avvenne dopo l’ applica­ zione delle leggi sulle fabbriche in Inghilterra. Non sono però queste condizioni che si-verifichino a un tratto e senza indugio, nè sono bastevoli ad attuare un processo di compensazione pari a quello che pre­ sumibilmente può verificarsi, entro certi limiti, nelle industrie in cui predomina il lavoro manuale. Rimane adunque una parte della perdita, per così dire, allo sco­ perto; o in altri termini devesi avere qui una effettiva diminuzione di prodotto, sebbene in proporzione m i­ nore di quella voluta nella durata del lavoro. Nè va esclusa l’ipotesi, accennata dal Munro, che il pro­ dotto possa essere ridotto in talune industrie in una proporzione maggiore di quella delle ore di lavoro, per gli effetti derivanti dal trovarsi esse sul mar­ gine di coltivazione o di produzione. Una fattoria o ima fabbrica che possegga così scarsi vantaggi o per la fertilità o per la posizione da pagare appena i salari e l’ interesse normale può cessare d’ essere

*) The probable effects on Wages o f a generai re-

duction in thè Hours o f Labor by Professor J. E. C.

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8 novembre 1891

L ’ E C O N O M I S T A

711

profittevole e quindi venire abbandonata o cessare di lavorare. Nel qual caso, è chiaro, gli effetti sa­ rebbero di duplice specie, perchè la riduzione nelle ore di lavoro non solo ridurrebbe la produzione, ma verrebbe a togliere, almeno pel momento, il capitale e il lavoro dal loro impiego. Sulla quale ipotesi avremo agio di tornare in seguito.

Or dunque, essendo nell’economia contemporanea prevalenti le industrie nelle quali l’ impiego delle macchine è fattore precipuo della produzione, questa, riducendosi il periodo di tempo in cui esse sono in azione, è destinata a subire una restrizione. Per po­ ter mantenere inalterato il livello della produzione può soccorrere il progresso della tecnica e non v’ ha dubbio che esso venga stimolato ogni qualvolta l’ in­ teresse degl’ imprenditori sia in causa ; ma non è detto con ciò che se ne abbia sempre un beneficio o che sia pari al bisogno, nè che esso sia generale.

Facendo quindi per ora astrazione dai perfezio­ namenti tecnici, due condizioni sono naturalmente necessarie perchè la produzione non scemi, il mag­ gior impiego cioè di operai e l’ incremento correla­ tivo del capitale. La qual cosa, intanto, significa, che per avere la medesima quantità di prodotti bi­ sogna sottostare a un aggravio maggiore o con a l­ tre parole che la massa dei beni ottenuti ha un costo complessivo maggiore. D i ciò non si spaventano certo coloro che dandosi pensiero degli operai disoccupati vedono nella riduzione della durata del lavoro, nelle famose otto ore specialmente, l ’ espediente per sce­ mare il numero dei disoccupati. È possibile questo? E ammesso che lo sia quali ne sarebbero le conse­ guenze sui salari ?

La riduzione delle ore di lavoro dovrebbe tra l’ altro attuare una redistribuzione del lavoro ; quelli che ora lavorano per una giornata eccessiva avreb­ bero a cedere una parte del loro lavoro ai di­ soccupati od a quelli aventi occupazione irregolare. M a qui si suppone una perfetta corrispondenza tra la qualità degli operai disponibili e il lavoro da com­ piere, che è ben lungi dall’ esistere ; se potrà aversi in un certo numero di casi, in altri, anche maggio­ ri, 1’ operaio disoccupato potrà risultare inadatto al genere di lavoro pel quale sarebbe richiesto. Si dice bensì che « le macchine riducono tutte le ope­ razioni ad una enorme semplicità, distolgono dalla fatica gravosa che è inerente al lavoro manuale, trasformano il lavoro abile in lavoro inabile » (Ora­ ziani, op. cit. pag. 105) ; ma vi è qui non poca esa­ gerazione, perchè le macchine non tolgono che nel campo assai accidentato della produzione, siano ne­ cessarie attitudini, abilità, cognizioni peculiari e dif­ ferenti tra loro. Nelle industrie nelle quali il così detto lavoro abile (lo skilled labour degli inglesi) con­ serva una funzione eminente, come nelle industrie meccaniche, l’impiego di nuovi operai non è sempre possibile o agevole , mancando nei disoccupati quelle qualità fisiche o intellettuali che sarebbero richieste. Non è ipotetico il caso che vi sieno operai abili in cerca di lavoro e nello stesso tempo industrie alle quali fan difetto gli operai abili, perchè vi sono dei limiti anche alla

mobilità del lavoro da industria a

industria *). La riduzione della giornata di lavoro potrebbe per ciò stesso riuscire inefficace riguardo

') Ne

fornisce varie prove,

H.

Llewellyn Smith,

Modern changes in the mobility o f labour, especially

between trade and trade. — London, 1891.

ai disoccupati se mancasse la necessaria correlazione tra la qualità del lavoro abile offerto e la qualità del lavoro richiesto ; e le poche e incomplete noti­ zie statistiche cjrca il numero dei disoccupati e la loro abituale professione non consentono di deter­ minare con qualche approssimazione il contingente di braccia ch’essi potrebbero fornire alle varie in­ dustrie.

Il prof. Munro a provare che la diminuzione delle ore non assicurerebbe di per sè un maggior im ­ piego di operai, adduce il caso della Società dei mec­ canici

[Amalgamated Society o f Engineers), la quale

ha avuto nell’ anno 1871 con 60 a 54 ore di lavoro settimanali, un numero di disoccupati per mese pari all’ 1.3 0/o dei membri della società; nel 1872 con 54 a 51 ore di lavoro la percentuale scendeva a 0.9; poi nel 1875 adottate generalmente le 54 ore, la percentuale oscilla tra il 13.3 e T 1.8. Giustamente nota che una crise commerciale, un cattivo raccolto, una tariffa ostile sono altre cause che influiscono sull’ impiego degli operai e che non possono essere rimosse dalla riduzione delle ore di lavoro.

Non si può escludere invece la possibilità di un mag­ gior impiego di braccia in quelle industrie nelle quali il lavoro che si richiede non è specificato, abile, di indole tale da esigere una coltura professionale par­ ticolare; tale è il caso, ad esempio, per certe occu­ pazioni, delle industrie dei trasporti. Quivi può river­ sarsi meno difficilmente una parte dei disoccupati, come T esperienza 1’ ha spesso provato ; e lo stesso fatto è probabile avvenga per qualche altra industria in cui si adoperino macchine e non sia possibile ac­ crescerne la rapidità dei movimenti, mentre è inte­ resse dell’ imprenditore di non scemare la propria produzione.

Il problema della disoccupazione di tanti operai è certamente meritevole di studio indefesso, ma dif­ fondere l’idea che la sua soluzione risieda nella ri­ duzione delle ore di lavoro è forse come divulgare una illusione e preparare amari disinganni per l’ av­ venire. Una trattazione generale dell’ argomento, qual’ è quella che qui si può soltanto tentare, non può giungere a precisare in che misura l'accennato problema troverebbe la propria soluzione nell’ accor­ ciamento della durata quotidiana del lavoro. Però, pare si possa concludere, rispetto alla prima do­ manda che più sopra è stata fatta, che contro l’ im ­ piego di un numero maggiore di operai, per ottenere il medesimo prodotto lotta inevitabilmente l’ interesse dell’ imprenditore, il quale rispecchia e riassume le condizioni dell’ industria in un dato momento ; esso si vale in quella lotta d ’ogni perfezionamento tecnico e d’ogni altro mezzo industriale a sua disposizione; cederà soltanto di fronte a un vantaggio superiore o a un compenso immediato fornitogli dall’ aumento dei prezzi. Nè con ciò è detto tutto; rimane a vedere l’ influsso che il maggior impiego di lavoratori eser­ citerebbe sui salari.

RIVISTA DI COSE FERROVIARIE

I resultati della tariffa a zone 'a Ungheria

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fornitici da un articolo che il direttore delle ferro­ vie dello Stato, della rete stessa, cioè dove I’ espe­ rimento ebbe luogo, ha testé pubblicato nel giornale delle ferrovie austro-ungariche.

L ’ ardita riforma del ministro Baross che, abolendo tutte le riduzioni speciali preesistenti, come i bi­ glietti di abbonamento e di andata e ritorno, non­ ché la franchigia dei bagagli stabiliva quattordici zone oltre due speciali pel servizio fra le stazioni vicine, andò in vigore il 1° agosto 1889: il nuovo regime ha quindi compiuto una prova di due anni, la quale permette non solo di fare confronti col sistema anteriore, ma anche d i formarsi un’ idea dei probabili suoi effetti nell’ avvenire.

Ricordiamo che le tasse pel servizio delle stazioni vicine vennero fissate come segue:

1» classe 2a classe 3a classe

per la prima stazione... fior. 0,30

0,15

0,10

per la seconda stazione.. » 0,40

0,22

0,15

e che i prezzi delle quattordici zone applicabili in ogni altro caso erano così graduati:

la classe 2» classe Sa classe fior. kr. fior. kr. fior. kr.

I a

zona da 1 km. a 25 km.

0,50

0,40

0,25

2a

»

26

»

40

»

1,00

0,80

0,50

3*

»

41

J>

55

»

1,50

1,20

0,75

4*

»

56

»

70

»

2,00

1,60

1,00

5 “

»

71

»

85

»

2,50

2,00

1,25

»

86

»

100

»

3,00

2,40

1,50

7*

»

101

»

115

»

3,50

2,80

1,75

»

116

»

130

»

4,00

3,20

2,00

9*

»

131

»

145

»

4,50

3, 60

2,25

10a

»

146

»

160

»

5,00

4,50

2,50

I I a

»

161

» 175 »

5,50

4,40

2, 75

12*

»

176

» 200 »

6,00

4,80

3,00

13a

»

201

» 225

»

7,00

5,30

3,50

14»

»

226 ed oltre

»

8,00

5,80

4,00

La tariffa del traffico vicinale, tenuto conto del fatto che in Ungheria le stazioni distano spesso più di 10 km. fra loro, rappresenta, in confronto di quella preesistente, una riduzione veramente straor­ dinaria, in media del 65 0|Q circa. Era quindi na­ turale aspettarsi uu grandissimo aumento in questa categoria di viaggiatori e nei relativi prodotti. Infatti mentre il numero complessivo dei passeggieri durante il primo anno dell’ attivazione della tariffa a zone (1° agosto 1889-1890) crebbe di 8 milioni su quello dell’ anno precedente (15 contro 5), ben 6 4|2 milioni, cioè tredici sedicesimi di questo aumento, furono dati dal movimento fra le stazioni vicine, che da sè solo rappresenta un maggior introito di 700,000 fio­ rini. Va notato poi che allo sviluppo davvero straor­ dinario di questo speciale movimento contribuì il fatto che la classe più povera della popolazione trovò modo di usufruire i prezzi ridottissimi delle due zone vicinali anche per percorsi cui normalmente non avrebbero potuto applicarsi, e ciò interrompendo il viaggio, a costo anche di perder tempo per aspettare il treno successivo.

Pei viaggi che non entrano nelle due zone v ic i­ nali, esclusa l’ ultima, la riduzione è iu media del 30 0(0 soltanto : perciò il risultato non poteva essere così brillante come fu pel movimento fra le stazioni vicine e p jr quello che rientra nella quattordicesima zona. Infatti in queste zone intermedie il numero dei viaggiatori si accrebbe del 50 0|q, ma i prodotti

dei treni omnibus diminuirono di circa 500,000 fio­ rini nelle prime dodici zone e aumentarono soltanto nella tredicesima, che comprende il percorso da Budapest a Vienna, mentre in tutte indistintamente aumentò invece il prodotto dei diretti. Da questo fatto l’articolista deduce non essere sufficiente la ri­ duzione di prezzo portata in queste zone intermedie e doversi abbassare ancora di più la tariffa.

I percorsi dell'ultima zona, che va dai 225 chil. ai confini della rete, e le cui tasse 8, 5.80, e 4 fiorini, aumentati, come in tutte le altre zone, del 20 0|o, pei treni diretti) si applicano a viaggi che possono essere fino di 1000 chil. con un ribasso in tal caso del 75 0|0, crebbero in modo straordinario, come quelli delle zone vicinali. Essi ebbero quasi a tri­ plicarsi pei treni omnibus e a quadruplicarsi pei di­ retti, come emerge dalle cifre seguenti :

1888-89 1889-90

treni omnibus...N. 131,000

382,000

»

d iretti... »

28,000

118,000

I prodotti relativi poi furono pei treni omnibus di 1,800,000 fior, in confronto di 1,000,000 fior, avutosi l’anno prima, e pei diretti di 758,000 fior, contro 280,000, con una differenza totale in più di 1.278.000 fior. È qui da osservarsi che il movi­ mento tra Vienna e Budapest fu raddoppiato e quasi decuplato quello fra Budapest e Fiume, tanto più che anche da Vienna si può ora recarsi a Fiume, percorrendo le linee Ungheresi, con minor spesa che seguendo la linea diretta della Siidbahn austriaca. Notisi ancora che da Fium e ad Ancona vi è due volte per settimana un servizio di vapori sovvenzionato, sicché il viaggio da Vienna a Roma via Budapest- Fiume-Ancona può compiersi per soli 30 fior.

L ’ introito totale del servizio viaggiatori durante il primo anno del nuovo sistema sulla rete propria­ mente dello Stato (chil. 500 o circa) fu di 11,440,000 fior, in confronto di 9,423,000 fiorini avuti nell’eser­ cizio precedente : si ebbe così un aumento di 2.017.000 fior, ai quali aggiungendo un maggior introito di 220,000 fior, avutosi sulle altre linee esercitate dall'Amministrazione governativa (chil. 700 circa), risulta un aumento totale di 2,237,000 fior.

Passando poi ad esaminare i risultati del secondo anno d’esercizio, I’ autore dimostra eh' essi segnano un ulteriore miglioramento, e constata quindi con soddisfazione che l’aumento nel numero dei viaggia­ tori e nei prodotti verificatosi nel primo anno del nuovo sistema non fu il massimo effetto della radi­ cale innovazione, bensì un primo passo verso più forte incremento.

Ecco la progressione nel numero dei viaggiatori, comprese anche le ferrovie ultimamente riscattate, quindi con una rete di circa 5700 chil.

servizio delle zone vicinali.. 9,195,400

»

delle altre zone . . . 6,380,200

T o ta le .... 15,575,600 ed ecco quella dei prodotti :

(9)

8 novembre 1891

L ’ E C O N O M I S T A

713

in più di viaggiatori, e siccome le entrate del detto primo anno avevano superato quelle dell’ ultimo anno della tariffa chilometrica di 2,2-10,000 fior., così il maggior introito totale nei due anni compiuti della tariffa a zone, risulta di 5,601,000 fior. (2,210,000 - f 3,661,000).

Qui il direttore della rete ha cura di avvertire che negli ultimi anni durante i quali era rimasta in vi­ gore l’ antica tariffa chilometrica il movimento dei viaggiatori si era mantenuto stazionario, quindi l’ au­ mento attuale non deve attribuirsi a normale svi­ luppo del traffico, bensì all’ azione diretta delle nuove tariffe.

Ya segnalato un fatto interessante, ed è che in seguito alla riduzione di tariffa non si verificò, come ritenevasi, un uso assai maggiore delle due classi superiori, quantunque i prezzi delle tre classi siano stati mantenuti ancora nella primitiva proporzione di 1 ; 1 .5 : 2. Su molte linee a servizio esclusi­ vamente diurno la prima classe continuò anzi ad essere tanto poco utilizzata, che potrebbe senza ili- convenienti essere soppressa.

Quanto alle spese, l’autore osserva che le nuove costruzioni e gli acquisti di materiale rotabile resisi necessari nel biennio lo sarebbero stati per la mag­ gior parte anche senza la tariffa a zone, perchè nuovi treni vennero introdotti la cui attivazione era deliberata in ogni modo, nuove coincidenze furono stabilite, nuove linee secondarie si aprirono all’ eser­ cizio: Siccome poi la semplicità del sistema adot­ tato per la distribuzione dei biglietti, che si vendono negli esercizi pubblici come i francobolli postali, e per la registrazione dei bagagli permise di far fronte al cresciuto traffico senza aumentare il personale delle biglietterie e della revisione; siccome anche le spese per la manutenzione delle linee non aumen­ tarono punto ; così, pur calcolando a carico del nuovo sistema di tariffe una larga quota sulle spese di acquisto e di mantenimento dei rotabili e su quelle dei chilometri percorsi in più dai treni om­ nibus si può fin d’ ora calcolare, in attesa delle li­ quidazioni definitive, che al maggior introito del servizio viaggiatori negli ultimi due anni, che s’ è visto essere di fior. 5,601,000, corrisponda una maggiore spesa di fior. 1,500,000 al più.

E se questa asserzione sarà confermala da prove positive, è innegabile che la riforma del ministro Baross avrà, almeno nel caso speciale dell’Ungheria, vinto la prova.

R iv ista Bibliografica

John Rae.

— Contemporary Socialism. Second edition,

revised and enlarged. — London, Swan Sonnen­

schein and Co., 1891, pag. X II

508.

L ’ opera del Rae sul

Socialismo Contemporaneo

è ormai nota al pubblico italiano per la traduzione che ne è stata pubblicata nel 1889 (Firenze, Le Montiier). Ma ora ci giunge la seconda edizione in­ glese notevolmente ampliata ; crediamo quindi utile di segnalarla ai nostri lettori, perchè in materia di socialismo gli avvenimenti si incalzano con tanta ra­ pidità, che il seguirli non riesce sempre agevole e

un libro che stia al corrente del movimento socia­ lista torna sempre comodo.

Il signor Rae, oltre ad avere riveduta tutta la pro­ pria opera, vi ha fatto aggiunte considerevoli. Un lungo capitolo npovo è dedicato al Socialismo di Stato, argomento che nella prima edizione del 1881 era stato quasi del tutto trascurato. Il capitolo in parola è assai interessante, perchè esamina il socia­ lismo di Stato sotto parecchi aspetti ; anzitutto lo con­ sidera in relazione all’economia politica inglese e tende a dimostrare che i pensatori inglesi, fatta eccezione dello Spencer, non sono stati mai credenti nel

laisser

faire assoluto. Ma il Rae fermandosi alla lettera

degli scritti di vari economisti perde di vista lo spi­ rito delle loro dottrine e arriva così a vedere nello Smith, non diremo un socialista della cattedra, ma qualche cosa che vi si avvicina e di molto. Questo ad ogni modo ha una importanza relativa e sebbene sia utile precisare la posizione di uno scrittore di fronte a una determinata dottrina non ci pare sia un argomento decisivo il fatto che lo Smith o il Mac Culloch o altri non sono stali seguaci dell’ in­ dividualismo, come si crede e si dice spesso. Co­ munque sia — e la questione può certo discutersi, come si può attenuare il significato delle citazioni fatte dal Rae — T egregio Autore passa ad argo­ menti di maggior rilievo, quando ricerca la natura e i principi del socialismo di Stato, considera la r i­ forma sociale da esso tentata, i pregi e i difetti del- l’ amministrazione dello Stato nelle varie sfere della sua attività, e per ultimo l’ intervento dello Stato in varie questioni. In generale l’ Autore non si lascia illudere o fuorviare dalle dottrine favorevoli al so­ cialismo di Stato e sa evitare negli apprezzamenti le esagerazioni in qualsiasi senso.

Delle altre parti di questo interessante volume non è il caso di ragionare a lungo ; ci basti avvertire il lettore che in questa seconda edizione T Autore ha aggiunto un breve capitolo sull’ anarchismo ed ha no­ tevolmente migliorato e ampliato l’ introduzione (ca­ pitolo 1 e II) nella quale svolge le considerazioni ge­ nera i sul socialismo e sui suoi precedenti e presenta un quadro dello svolgimento e della situazione odierna del socialismo nei principali paesi.

Le qualità pregevoli dell’ opera del Rae sono spe­ cialmente la chiarezza e semplicità dell’ esposizione; le dottrine socialiste sono esattamente e concisamente riassunte; è sopratutto un libro che interessa e istruisce come pochi tra quelli pur numerosi sul so­ cialismo.

R iv is ta (Economica

Le riduzioni delle tariffe ferroviarie in Francia. — / socialisti tedeschi.La carestia in Russia. Il protezionismo al Senato francese.

Le riduzioni delle tariffe ferroviarie in Fran­

cia.

— Alla Camera dei Deputati si distribuì nella scorsa settimana, la Relazione, dettata dall'onorevole F e lix Faure, sul progetto di legge, presentato dal governp, per una riduzione delle tariffe di trasporto — viaggiatori e merci — su tutte le ferrovie della

(10)

714

L’ E C O N O M I S T A

8 novembre 1891

si riterrà superfluo lo avere un’ idea complessiva di questo progetto che segna un rivolgimento abbastanza importante nel grande servizio ferroviario francese,

Prima del 1870 lo Stato percepiva una tassa del 12 per cento (compreso il decimo) sul prezzo di tatti i posti di trasporlo in comune. In seguito ai disastri del 1870-71, la tassa fu quasi raddoppiata e portata al 23.2 circa per cento. Il prodotto di questa tassa figura per una parte rilevante nel bilancio, al quale fruttava 88 milioni nel 1888, 100 milioni nel 1889 e 93 nel 1890.

A ll’epoca, nel 1883, del rimaneggiamento delle Convenzioni, le Compagnie s’ impegnarono a dim i­ nuire dal 10 per cento il prezzo dei posti di 2a classe e del 20 per cento quello dei posti di 5a, semprechè lo Stato consentisse ad abolire la sopra­ tassa, imposta dopo il 1871. Ma la crisi finanziaria e le esigenze del Bilancio non permisero allora di fare ciò che pare si creda poter fare attualmente, mercè la migliorata condizione.

Crede infatti il Governo che sia possibile, non solo, ma equo lo alleggerire questo balzello, a com­ penso dell’ aggravio che i contribuenti verranno a risentire per causa del nuovo regime doganale, cui dovranno rassegnarsi dal 1892 in poi.

Il relatore esamina, primieramente, quale sia la parte del sacrifizio che viene ad imporsi lo Stato. Per quanto concerne i viaggiatori e i loro bagagli, il Governo propone di sopprimere la sopratassa, la­ sciando soltanto sussistere la tassa del 12 percento. Ma per il trasporto delle messaggerie e delle der­ rate crede doversi rinunziare anche a questa.

G l’ introiti in tal guisa abbandonati dal Tesoro, rappresentano, secondo i risultati dell’esercizio 1890, una somma complessiva di 49,091,486 franchi, dei quali 37,884,667 per i viaggiatori e 13,206,819 per le merci. Senonchè, siccome dal canto loro le Com­ pagnie ribasseranno le loro tariffe, il prodotto della tassa 12 per cento della quale continueranno ad essere colpite, diminuirà necessariamente in una proporzione che si prevede in quattro milioni, co­ sicché, in totale, sarebbero 33 milioni circa cbe cesserebbero d’entrare nelle casse dello Stato.

La Commissione del Bilancio, peraltro osservava che i risultati, già noti, dei primi mesi di quest’anno e il progresso delle entrate permettono di non cal­ colare a più di 50 milioni circa la diminuzione reale per il 1892, la quale scenderebbe a soli 58 milioni per quest’ ultimo stesso anno, tenuto conto che la legge non dovrebbe avere la sua applicazione se non a partire dal 1° venturo aprile.

Di fronte ai sacrifizi che toccheranno, per questa riforma, allo Stato, importa tener conto di quegli eziandio che toccheranno alle Compagnie e che sono di due specie: ¡sacrifizi dipendenti da impegni assunti mediante le convenzioni del 1883 e quelli che esse Compagnie consentirono di assumere spontaneamente con i negoziati successivi, base della nuova legge.

Abbiamo veduto che le Compagnie accettarono, nel 1883, di diminuire del 10 per cento i prezzi della 2* classe e del 20 quelli della 3.* Cumulati con la riduzione dell’ imposta che concederà lo Stato, i nuovi prezzi risulteranno inferiori agli attuali del 18 per cento per la 2* e del 27 per la 3a classe. Nelle precitate convenzioni non si faceva menzione dei biglietti d’andata e ritorno, i quali ordinaria­ mente, rappresentano una riduzione del 25 per cento sulla tariffa legale.

Ora le Compagnie consentirono, anche per questi biglietti, una riduzione del 20 per cento a favore d’entrambe le accennate due classi sui prezzi, quali verranno a risultare mercè la nuova tariffa. Ne de­ riva che, riguardo ai prezzi attuali dei biglietti sem­ plici, i quali godono ora d’ una riduzione uniforme del 25 per cento sulle linee dell’Orleans, del Lione e del Mezzodì, per tutte e tre le classi, subiranno una riduzione del 28 per cento nella 2* e del 36 per cento nella 3* classe in confronto alle tariffe attuali. Queste riduzioni si calcolano, in complesso, in circa 23 milioni.

Riguardo alle merci, nessun impegno era stato preso nel 1883 dalle Compagnie ; le quali aderirono ora a ribassi considerevoli. Due grandi categorie furono stabilite; 1’ una per le merci in genere, se­ condo il loro peso, 1’ altra per le derrate. Mancaci lo spazio per esaminare le tasse diverse che si ap­ plicheranno alle due categorie. Basteranno pochi esempi ad averne una idea.

Il prezzo di trasporto d’ un piccolo collo di 20 chilogrammi da Parigi ad Amiens, che importa og­ gigiorno una spesa di franchi 1.40, non sarà più che di cent. 90; un collo identico, spedito da Parigi a Marsiglia e per il quale pagasi presentemente una tassa di franchi 6. 60, sarà trasportato per soli franchi 5. 40. E, mentre il Tesoro concede un alle­ viamento di quasi il 19 per cento sul prezzo totale d’oggi per il trasporto delle merci, il pubblico ne avrà un beneficio progressivo del 27 al 41 p. cento per le messaggerie e del 45 al 56 per cento per le derrate. A 19 milioni presso a poco si fanno ascen­ dere i sacrifizi che deriveranno da queste conces­ sioni suppletive.

Eppure non a tutti sembrarono sufficienti queste concessioni e vi furono membri della Commissione del Bilancio i quali domandarono al ministro di en­ trare in negoziati colle Compagnie, per ottenere dalie medesime altre riduzioni, massime per il trasporto delle derrate, al che il Governo si rifiutò, pensando con ragione come non sia momento opportuno per ¡spingere le cose all’ estremo quello in cui si viene ad adottar una riforma la quale ha per effetto di arrecare una profonda modificazione nei Bilanci dello Stato e delle Compagnie. Prima di esporsi ad altri rischi e sacrifizi, conviene attendere gl’insegnamenti dell’esperienza.

La Commissione dei Bilanci esprime, per bocca del relatore, l’assoluta convinzione che i ribassi delle tariffe avranno, per effetto immediato, il vantaggio d’ aumentare in misura enorme i viaggi e i trasporti a grande velocità e che quindi l’ aumento degl’ in­ troiti coprirà, compenserà la perdita risultante dalla risoluzione nei prezzi. E questo è un ragionamento fondato, confortante, indiscutibile, che tuttavia vuol essere tenuto a calcolo ragionevole e lontano da pe­ ricolose esagerazioni.

I social sti tedeschi.

— In Germania, i giovani socialisti, dopo la scomunica che lì espulse dal grem­ bo della vera chiesa al Congresso di Erfurt, hanno tentato di organizzarsi e di fondare un nuovo par­ tito. Per raggiungere questo intento, essi riuniranno 1’ 8 novembre un’ assemblea costitutiva e fonderanno un giornale che si dovrà contrapporre al

Vormaerts,

che, come tutti sanno, è 1’ organo del Comitato di­ rettivo socialista.

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