PROSPETTO SULLA ORIGINE,
NATURA, E
CARATTERI DELLA PESTE, ...
Angelo Bossi
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PROSPETTO
SULLA ORIGINE, NATURA, E CARATTERI
DELLA PESTE
,DE'CONTAGJ
DELLA FEBBRE GIALLA DI AMERICA E
della Malattìa attualmente dominanteNELLA CITTÀ DI LIVORNO
Contenente i migliori metodi di cura, ipreservativi» e i profumi praticati da i più dotti Medici
e Chimici dell'
Europa
LE REGOLE DI POLIZÌA E DI SANITÀ
s
Per
ricevere le Mercanzie .Un
compendio de'generi suscettibili, e non ranetti*bili di Contagio, e
un
breve ragguagliodelle prin-9
«pali Pesti, che in varj tempi
hanno
desolato la' lerra.REDATTO DAL CITT. A.
B.Per istruzione del Popolo Lucchese.
v «
Sem
' 'LUCCA MDCCCIV,
R IL MARESCANDOil
CON AP?*OTA2IONE.
—
«-DigitizedbyGoogle
I
DELLA PESTE
O CONTAGIO
4
PARTE 1STORICA
L*
Storia di tutti i Popoli della terra assicura, che?la Peste deriva dall'Asia,e che iogenerale non ha aU
tra origine. Quasi tutte le Pesti,.che da duemila an- ni a questa parte sono comparse in Europa sembrano
in fatti esservi state trasportate dai Saracini , dagli
A-
rabi, dai Mori, o dai Turchi.
Ma
qualunque sia ilcredito, che vogliasi dare a questa opinione , e qua.
lunque sia lavera causa della peste,non siconoscono, propriamente parlando, che quattrosorte di peste.
La
pesce a buboni cosi chiamata, poiché io essa vengono buboni alle ascelle ed alla anguinaja, o altre eruzioni nel corpocome
i carbonchi . Il sudore maligno, o ilsudore inglese, nel quale il malato perisce io seguitodi sudori nel primo, neKsecondo, o nei terzo giorno*
La
peste senza buboni, e carbonchi è caratterizzata da depositi, o tumori gangrenosi,che
attaccano i piedi, e le mani, e tutte le parti esterno della generazione negli uomini. Questa è la peste di.Atene descrittadaErodoto e da Lucrezio•
Li
quarta specie è il male di Siam; proviene dall'Oriente» e inquesta malattia il•angue si perde dai pori delia pelle traspirando, e i
malati periscono. Tutte le altre malattie epidemiche, benché producano effetti egualmente fatali, non sono dell* natura della vera peste.
Gl'Italiani danno
comunemente
ilnome
di Contagio allapeste, e collaistessa indifferenza chiamano soven- te peste le alcre malattie contagiose. Tanto lapeste, che le malattìecontagiosesicommunicano
col contatto»e
si propaganocolmezzo
di persone» o dimerci,o di altre robe infette, e senza che alle volte si penetri ilcome
. Gli annali della Storia fanno menzione di tre pe«ti memorabili, chedesolaronoilMondo.
L'unaac- caddequattrocento trentuno anni avanti la nascita diGesù
Cristo, I'altra nel secoloVI
e la terza nel secoloXIV
dell'Era Cristiana. Tucidide,Diodorodi Sicilia, e Plutarco narrano che la prima cominciò io Etiopia, e invase la Libia,V
Egitto, la Giudea, laFenicia, la Siria, la Persia, l'Attica, e singolarmen- te Atene. Tucidide, che ne fuattaccato, ne descrive tutte le circostanze, ed i sintomi nel libbro secondo della Guerra del Peloponnesso. Ippocrate non curan-
do
gl'inviti, e le offerte generose di Artaserse ricusò di trasferirsi nella Persia per curarvi simile malattia;egli si consacrò tutto alla salvezza de' suoi Concitta- dini: sirecò in Atene ed ebbe la gloria di annovera- le fra i suoi ammalatiil famosoPericle.Questo
Graa
Capitano, il primoUomo
di Stato, la di cui saviezza c abilità sostenne la Repubblica per lo spazio di qua»*rane'anni,
dopo
aver veduto periretutti i suoi paren- ti dalla peste, ne inori egli stesso tra le bracciad'ip-pocfatemalgradotutti isoccorsi dellasuaarte.
La
se- conda pesce avvenne nell'anno 543. diGesù
Cristo, e fece perlospazio dicinquantadueanni unaorribile strage in quasi tutta P estensionedella terra•Comin-
ciò due anni dopo chela Città diAntiochia fupre- sa ila i Persiani. Alcune Città ne furono talmen- te infestate che perderonotutti gli Abitanti» Attac- cava le persone o nel!a testa, o nel viso, o ne- gli occhi , o nella gola, e tutte perivano inesora- bilmente. Cagionava sovente la diarrea, cibile apo- stemenell'ano, febbri, delirio,pustule, ecarboa- chj. Afcuni essendo stati attaccati da questo fla- gello una, o due volte, e avendovi resistivo,mo-
rirono nelterzo assalto.Questa malattia avevapres- so a poco tutti i caratteri della peste -df^Atene de- scritta da Tucidide. La peste del Secolo
XIV,
che levò dal
mondo
quasi le quattro delle cinque parti dellaGente Europea, nacque nel 1346 nella .parte Settentrionale della Cina, passò nell'IndieO-
ricntali sino alla Soria, e Turchia, all'Egitto, allg Grecia,all'Affrica ec. Alcune Navi diCristiani par- tite di Levante nel 1347. la portarono in Sicilia, Pisa,
Genova
ec. Nel 1348. giunse ad infestare tutta l'Icalia, salvo che Milano, e tuttii paesi vi- cini alle Alpi, che dividono 1' Italia dallaGerma-
nia", ove fece poco
nocumento.
Nell'anno istesso passò leMontagne,
e si estese io Savoja, Proven.za, Delfinato, Borgogna, Catalogua, Granata, Ca-
rtigliaec. Nel 1349* prese l'Inghilterra, la Scozia, l'Irlanda, e la Fiandra, a riserva delBrabante,ove pocooffese. Nel1350. oppresse ì'Alemagna, l'
Un-
gheria, laDacimVca.
Nel 1361- 1363. e 13»3»* * 3
9
passò in Italia, e desolò molte Città, e Paesi di questa bella Penisola.
L'ordinaria permanenza della peste in una Città
è
di nove in dodici mesidopo di che suol cederei .Nei paesi peraltro ove si praticano le debite caute- le di Sanità, l'espurgazioni, e altri rimedj dell'ar- te, la pertinacia del male resta vinta, e durapoco.Jl
mezzo
più sicuro, e quasi certo dì preservareun Paese dalla peste, o dal contagio, èquello d'impe- dire, e troncare subito il commercio e pratica del- la gente sana colla gente oinfetta, o sospetta.La
Storia di questo male, che in tanti diversi tempi ha devastato la Terra, prova che lapestesilascia por»
redegli Argini, e non s'inoltrada per tutto,
ma
siferma ai confini, e alle porte di chi vi si oppone, con prudentierigoroseprovidenze. AitempidiLeo- poldo
h
Imperatore di Germania la Polonia, l'Un- gheria,la Prussia, e la Danimarca,[furono grave-mente
infestate dal contagio. L'istesso male attac- cò Vienna di Austria, ma^ fu così ben posto argine alla sua furia, che non si stese per tanti altri pae- jì.La
Città di Conversano nelRegno
di Napoli a xempi della Sede vacante di Alessandro Vili ne re.stò Meramente afflitta ,
ma
mercè di un cordone di separazione dagli altri Paesisani noncommunicò
il$uo malore aivicini.Nell'anno 1576*. furono oppres- se dalla Peste le Città di Milano,
Mantova,
Pado- va, Venezia, ed altri luoghi;ma
le altre Città del- la Lombardia si difesero, e fu osservato, che nel Cremonese non si godè mai sì buona salute,come
5n quell'epoca. Nel 1656,
Roma,
Napoli,Genova
>
ed alcune pocha altreCittà soggiacquero alla peste,
1
7
ma
senza, che se He commuofcasse il veleno al dì qua dell'Appennino, nè alla Toscana,nèa
captial- tri paesi confinanti. Anzi Castel Gandolfo, benché vicino a queldi Marino, edaltreterre infette sipre- servò per cagione delle diligenze ivi adoperate.Nella funestifsimapeste d* Italia del 1630 la città .
di Treviso,benché assediata diogni intornodal
ma»
le restò illesa; Ferrara anch'essa si preservò.
La
Otta di Faenza col rmntenersi sapa tagliò i pro- gressi al morbo, che da Bologna si sarebbe inoltra- to nellaRomagna. E
ciò avvenne perchè poste dai Faentini le guardie ad un fiume, che febrre poco lungi dalla città,,ua degno Preiato, che era allora siGoverno,
e alla custodia di essa, indefesso di giorno, e notte, quandomanco
si penfava,compa-
riva a cavallo a rivedere le guardie, e i passi del fiume più facili, e tenendo le forche in piedi,fuori della città non risparmiava nè terrori, nè castighi aidisobbedicctì .
La
cu<à.di;Reggio, benché posta fra
Modena,
e Parmaambedue
città infette, lunga- mente si mantenne sana, e forse ne sarebbe andata esente, se ilmale
non vi fosse staro portato disav- vedutamente da chi era al disopra dalle Leggi. Ss rei 1793 quando si manifestò la febbre £Ìa!U inFi- ladelfia la Magistratura fosse accorsa al pejjepiche91
fulmine alla
mino
sarebbesi potuta confinare. lama-
lattìa in via dell'Acqua*o in«quella
dell'ho, p
ve nacque, e rifparmiare in tal guisa una moltitudine di vittime, che rapirono un tredicesimodelìaca
popolazione, scnz3 contare le conseguenze funeste, che dalia dilatazione del malefurono provate nel re- stante della Unione.Americana.Le
Colonie Inglesi»DigitizedbyGoogle
e Spaglinole> e alcune altre Provincie, e distrettili, roitrofi al Territorio di qaella Repubblica, e tutti gli stabilimenti Inglesi diquà dal mare, e oltre
ma-
re,separandosi affatto, e subico, dai Paesi sospetti restarono immuni da quel pericolo.
Anco
nella ipo- cesi disgraziata, che il male sia entrato in una Cit- tà, tagliandole Contrade, o i Quartieri infetti del- ia medesima, si può sempre riuscire a prefervare ilrimanente degli Abitanti. Ripullulatoessendoil con- tagio di Firenze
Tanno
1632 si serrò quel Quartie- re ove esso faceva danno, e in venti giorni tornò a restituirsi il commercio. Così nella peste diRoma
del 1656 una porzione dellacittà* di là dal
Tevere
scopertasi infetta, fu inuna fola notte rinserrata, e fatto un
muro
all'intornoconinscupore,e con inutili doglianze di quegli Abitanti, che se ne avvidero la mattina. Così in Venezia nella peste del 1576 de- clinando il male nella parte della Città di quà dal Canale grande, questa fu difesa con guardie dall'al- tra, ove tuttavia infieriva il male. Si narra nelle Storie di Ferrara, che ael 1(530 essendo gii la pe- ste in Verona si dilatò la mortalità sino ad Osti- glia, da dove essendo passato a Ferrara un Vero- nese appestato andò ad alloggiare in caia di un;suoCompare»
abitante dirimpetto alla Chiesa di S.An-
tonio vecchio. Costui si pose a letto con febbre, e visitato dai Medici fu giudicato tocco dalla paste,
siccome era ia fatti , e in due giorni morì. Per Jt qnal cosa quel cadavere fu subito sepolto nella cal- ce viva, e chi l'aveva ricettatoin Casa fu condot- tocolla sua Famigli.! al Lazzaretto fuori della Cit*
tà, e chiusa la sua Casa: quindisi rmauovarono le
9
diligenze, e non restò per tale accidente presi dal- la peste quella Città, benchéil malesi dilatasse per sino a Melara, e Brigantino, e passato il
Pò
venis- se ancoraal Ponte di Lago-scuro, ein altre Ville poco lungi da essa Ferrara. Nelle due pestilenze, cbe tanto afflissero la Città di Milano negli annil57<i9 e 1630 dopo esser morte tante, migliajadi persone, nè cessando il male, altro rimedio non si
trovò per vederne il fine, che quello di mettere in quarantina, cioè di rinserrare nelle case tutto il
Popolo, a riserva dei Magistrati, de' Ministri, e Serventi necessarj. Qjesto espediente fu preso an- co in Lucca nell'anno 1631 infetta dalla istessa pe- steche si era,
come
oggi, manifestata per la pri-ma
volta nella Città di Livorno. Furono asportate molte vesti, epanni,che maneggiati da persone ap- pestate avevano contratta la semenza del male, e questi introdotti in Civitavecchia, e Nettunno,pas- sarono aoche furtivamente inRoma
, accendendo poscia in tutti quei luoghiil fuoco contagioso,che a poco a poco si dilatò ne*contorni. Penetrò la pe- ste in Padova nell'anno 16*30, perchè essendo po- ste le Guardie ai confini del Vicentinoinfetto^ que- ste erano malamente tenute , col fare anchè sup- plire iragazzi e trovarsi talvolta gente ai passi, a cui bastava qualche bollettaper passare oltre. L'in- terruzione delCommercio
aveva inoltre ridotto la Città in secco di molte merci solite a condursi da Venezia, c in particolare di Cordovani da scarpe,il che era di gran molestia. Fece uo Mercante ve- nire alquante balle di essi Cordovani da Venezia già infetta, e parte ne introdusse nel luogo della
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contumacia, per farne lo spurgo, e parte fu furti-
vamente introdotta di notte su per le mura.
Que-
sti ultimi infettarono prima i Facchini, e quindi ogni sorta di persone
Nell'anno 1630 la peste desolando gli StatiTosca- ni, e i Paesi della Garfagnana, fu proposto nel Se- nato di Lucca di tirare un cordone armato, il qua- le,oltrele disposizioni diSanità già prese, fosse suf- ficiente a preservare il Popolo Lucchese,
La
mozio- ne fu ravvisata savia e necessaria,ma
fu sospesa per ragioni politiche. Frattanto il contagiosi mani- festò nella Contrada diS. Concordio. Si tirò allora il Cordone,ma
il male era già fatto esenza rime- dio. Dagli amicanti di S» Concordio sicommunicò
il contagio alla Città, e al rimanente dello Stato, e fece orribilistragiper lo spaziodiquattordici me-
si. Costa che la malattia fu communicata da una.
Balla di Canape Bolognese transitata perPisa,ein- trodotta nello Stato della Repubblica.
11racconto della origine della pestediMessina del x7t3» cne distrusse quirantatremila persone tra la Città, il Borgo, e i Casali, e che si manifestò nel giorno stesso, in cui quella Città fu colpita da un orribileterremoto, fà anche oggi spavento. Si nar- ra che nel giorno 10,
Marzo
1*743approdònel Por- to di Messina una Tartana con bandiera Napoletana .partita da Missoìongi, piccolo Paesesituatoalla boc- ca del Golfo di Lepanto, e in faccia di Cefalonia,con
carico di Lana, Grano Turco, e tele finissime di Levante. L'equipaggio dellaTartana mancava diun Uomo,
e fu asserito che era morto in altomare<ìi malattia ordinariacagionata datlefatiche del viag-
« If gio molto disastroso, e in tempeste.
La
Sanità di1 Messina fece depositare le merci delJa .Tactana nel Lazzaretto, e sottopose il resto dell'Equipaggio a unasevera quarantina. la pochigiornimorirono qua*
si tutti gl'Individui ditale equipaggio con tutti i se- gni di una malattia pestilenziale.
La
Sanità ordinò allora l'incendio della Tartana. Nel giorno trentaMarzo
fu dato esecuzione a quell'ordine;ma
:iQf
pravvenuta la notteprima chefosse terminatadi ab*
bruciare ed essendosi all'improvviso suscitato un impetuoso vento Scirocco, e fattoil maretempesto*
so, fu dall'impeto delle onde spintal'accesa Tar- tana al Lido detto di S. Paolo, e dall'impeto del vento fu gettato, e sparso in quella riviera del fro- mento,e della lana del carico chenonera stato in- tieramente sbarcato. Intanto la pestesiscopri in un quartiere della Città vicino a quella riviera.
La
Fa- coltàMedica
riunita avanti il Governatore dichiarò che la malattia non era pestifera,nècontagiosa,ma
una semplice epidemia maligna.
La
rapidità peraltro con cui si propagò il male, eia strage che cagionò amenti tutta la teoria di quei Medici.E' fama inoltre che la famosa peste di Marsiglia nei 1720, e 1721 che fece perire 87754. persone,
si propagasse per le mercanzie, cioèperalcuni sac- elli di Lana, e di Cotonesbarcati in quel porto.
Dai suddetti spaventevolicsempjpuò ciascuno fa- cilmente comprendere quanto possa essere fatale in tempi di vicino contagioanco la contravenzione al- la minima regola di sanità, quanto possa divenire funesta ogni specie di compassione o male intesa pietà, eche l'imprudenza, elanon curanza dei pe-
I
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%
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ricoli, e spesso la cupidigia el'interessepuò io si.
mili deplorabili circostanze produrre la distruzione di se stesso, la morte delle proprie famiglie, la di- sgrazia della Patria, e larovina d'intiereCittà, Pro- vincie, e Regni.
Nei sospetti, e pericoli di peste una Città si tro.
va nello stato di una Piazza assediata dagli Esercì-
ti di un nemico di gran possanza, e fierezzaU che- pensa ad occupare, e devastare il
%suo Territorio,
ed a passare a fil di spada tuttigiiAbitanti.
Non
vi è altra differenza, che imali,ei dannidi una guer- ra provengono da chiènaturalmentenemico,estra- niero, e quei della peste derivano, da chi regolar-mente
è amico, sia egli straniero, o del paese;Ora chiunque vuole offendere la vita nostra,eil Popolo nostro, quantunque interamente non covi infenosibarbara voglia , pure si presume nostro nemico;
dunque
si può, e si dee tener lontano colla forza, e metterlo in statodi non poterci nuocere,atterren- dolo, fermandolo, castigandolo, ed anche rigorosa- mente, secondo i casi di minore, o maggiore negli- genza, malizia, e fraude. Così a guisa de' pericoli della Guerra si ha ne' pericoli della peste da ado- perare ogni possibile forza, e difesa affine di sal- vare il proprio distretto, e la propria terra, e Cit- tà.Le
misure di precauzione nelle malattie espe- rimentate contagiosenonsonomai soverchie, ema-
le agiscono, ed in contradizione col verace bene della Umanità coloro, che cimentano anco sull'az- zardo la vita, dei Concittadini. Nei tempi di pub-
blica calamità, e precisamente di un contagio inci- piente, le leggi della dolcezza divengono le leggi
15 di Dracone.
Va
solo peccato d'indulgenzapuò por-tare l'eccidio a uno Stato, Filippo Ingrascia celebre
Medico
di Sicilia prescriveper principalissimirime- dj espugnatori dellapestei tre seguenti, cioè l'ort, ilfuoco,e laFona
.Desiderando perciò il Popolo Lucchese di pre- servarsi dalla infezione della malattia contagiosa di Livorno dovrà ricordarsi ogni giorno, e tcicr bene impresso nella mente, che un solo Individuo può esser la causa della morte di tutti, e cheilsa.
crificio di quest'Individuo, e di più ancora, non potrebbe mai espiare i mali fatti a una Società,
o
compensaretedisgrazieimmense
cagionate dalla pe-•te, 0 dal contagio.
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" 1
-
DELLA PESTE, O CONTAGIO PARTE MEDICA.
La
causa vera, e costituente la peste, è ancora un problemain medicina. Alcuni pretendono, chesia l'ef- fetto di un veleno volatile sparso nell'aria, che si scarica invisibilmente sopra i corpi animali. I Gre-ci nella guerra di Troja essendo attaccati dalla pe»
sto inalzarono dei grandi roghi, sopra i quali abbru- ciavano tutti i cadaveri, poiché s'immaginavano, che il fuoco fosse il miglior
mezzo
per purificare l'aria da ogni infezione. Altri credono, che la pe- ste sia prodotta dagli efHuvj, che dimanano da so- stanze vegetabili corrotte, in luoghi bassi, umidi, non ventilati, da cattivi alimenti, da alitipaludosi, da passioni di animo, dai venti diMezzo
.giorno, da difetto di esercizio, da freddi violenti, da caldi eccessivi, o da stagioni ineguali. Altri suppongono, che la peste sia una conseguenza di qualchè Terre-moto,
o un effetto della respirazione di parti pu»iride nell'aria, che vi sono naturalmentetrasportate dai venti dei paesi caldi, e che viene aumentata,e fomentatadalla disposizione deicorpi. Si dice, che queste esalazioni non infettano tutta l'Atmosfera, tna si spargono, e si depositano in uua parte, o in un'altra dell'aria*
Con
ciò si spiega ilfenomeno,
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G
J
li che la peste non infetta tutti quelli, che respirano, evivono nell'istessa Atmosfera,
I Medici delsistemadi Brown, la scienzade quali è fondata sopra una legge immutabile, e generale, cioè sulla eccitabilità, o irritabilità, e sensibilità dei corpi, che in ragione dei diversi gradi di stimolo,
,
o di azione fisica,la chiamano o accumulata,
o
esau- sta, o abbondante,oconsumata,ma
che supponesem
- pre una quantità; i Browniani, che distinguonotut- te le malattie in due classi cioè in steniche, ed aste- niche, ovvero in malattie di vigore, a di debolezza, fissano in primo luogo, che in natura non vi è al- cun veleno assoluto* Dividono poi i veleni in nata*tali, e preternaturali. Definiscono il veleno naturale quello, che si riscontra in qualunque corpo natura- le, corrotto, ed incorrotto, animale, vegetabile, o minerale, e che ne forma sempre parte costituen- te, essenziale, o non essenziale dello stesso, ctie
può
essere formato da questi corpi naturalmen- te mediante l'arte umana. In questa classe pongo-no
il veleno della serpe, Voppio, Varsenico, il subii»muto ec. Dichiarano, che i veleni preternaturali sono quelli, che sitrovano nei corpi non
come
parte co- stitutiva permanente;ma
che derivano semplice-mente
dal concorso di varie cause nel corpo, e sipropagano da questi ad altri corpi, i quali hanno con tali veleniunanecessaria affinità
.
(
Inquesta clas- se pongono tutti i così detti veleni delle malattie contagiose. Definiscono questi veleni ,
come
pre- ternaturali poiché li riguardanocome
modificazioni morbose, perchè credono, che essi hanno origine da queste, ed anco possono produrle, eterminano16
col dire, che ogni malattia è preternaturale,
Ag«
giungono, che i veleni naturali possono agire sen- za veruna predisposizione del corpo,
ma
che ive-
lenipreternaturalisiadattanosempre ad una partico- lare predisposizione, senzadellaquale essi non pos«
sono esercitare la loro azione. Dividono i contagi in proprj, ed impropri, e non
ammettono
per vero contagio, che il vajuolo, i morbilli, la lue venerea, la scabbie, ela idrofobia.Posti questi principi dichiarano i Browniani, che nella peste, o nelle malattie contagiose, non avvi realmente un particolarevelenomorboso,o
miasma
pestifero, che sia cagione propria dellorosviluppo,
ma
che esse sono prodotte soltanto dal concorsodi molte potenze nocive eccitanti in proporzione del loro grado di eccitabilità: quindi stabiliscono, che se Teccitamento delle potenze nocive saràeccessivo ne nasceranno le malattie di vigore,come
Vinfiam*mozionedipolmoniec. se l'eccitamento sarà difettivo, regneranno lefebbri putride, la peste, ec. Conchiu-
dono
infine,che lapeste è unsemplicemorbo
pro- dotto da eccitamento, o stimolo nocivo, e che intempo
di contagio il paziente essendo sopraffattoda continue idee di avere ad acquistare la peste, ne seguono de*tristi patemidi animo, iqualicome
po- tenze nocive cooperanti facilitano Io sviluppo della malattia.Negano,
che la peste si propaghi per lemercanzie. Se le merci, dicono essi, possono rite- nere, o communicare de' miasmi, o veleni pestife- ri, da che deriva, che lapeste non rimane sempre ne* paesi, ov'è trasportata? Il vajuolo è statopor*
tato una volta in Europa, e con a'è più uscito.
*7
*
Appoggiano questa Teoria alla Storia, e procurano
di dimostrare cogli avvenimenti, e fenomeni acca- duti in
tempo
di contagio, l'efficaciia delle poten- ze nocive nel faresviluppare, e diffondere la peste, senza che sia stata verisimile la presenza di uq contagio; allegano, che quandoRoma
fa presa dai Galli, iRomani,
che abitavano nel Campidoglio ri-masero del tutto
immuni
dalla peste, ed all'oppo- sto i Galli, ì quali stavano accampati un poco pitiabbasso, sebbene non si lasciasse loro mancare i
viveri, nulla ostante ne furono acerbamente
malme*
nati. Si assicura, che in Costantinopoli la peste re- gna ordinariamente soltanto fra il popolo miserabi- le. InPera,dovesoggiornanogPInviati,egli
Amba-
sciatori Europei, giammai si fa vedere la peste nel
momento
stesso,che essa desola tutti gli altri quar-tieri della città.
Non
di rado regna la peste soltan- to in una città , o in uu villaggio, mentre il ri-manente della Provincia, 6 affatto libero. Se in oltre,si esprimonoi Browniani,nella pesteviregnas- se un vero miasma cosi facile a diffondersi
come
volgarmente sisuppuone, non potrebbero mai essere sufficienti a limitare a certi paesi il miasma pestifero gl'istituti, e le provvidenzetutte dipubblica sanità, mentre nel gran circuito di un Paese non è suppo- nibile, che si usi semprela conveniente attenzione, c diligenza. Ciò è manifestamente comprovatodall' avere osservato scendere la peste anco nei luoghi in vicinanza dei Lazzaretti, e degli altri Istituti,ove
si fa la quarantina.
Ecco
i più celebri teoremi, che.sulla natura del- la peste offre lamediana,
e che formano in cora-b
plesso la opinione
comune
sopri questa atrocissima malattia, lo lascio ai dotti, e in singoiarmodo
aimedici, la grande e difficile impresa di giudicare della verità delle teorie sopraccennate, e di stabili- 're definitivamente, per il bene della umanità, le ve»
re cause efficienti che costituiscono la peste, e le altre malattie contagiose.
In
mezzo
ai pericoli di un vicinocontagio iocre- do per altro di dover seguire le sole osservazioni che sono il risultato della pia matura, e ragionata cfperieL-za, e non de* sistemi, o delle ipotesi.Un
trattato sopra la Peste , che grassò in Alep--po
regli anni 1760, 1761,e 1762, delModico
Rus*set
Membro
della reale Società di Londra dà le no-*tzioni più accurate sulla più atroce e.precipu* neil*
ordine delle malattie contagiose. Questo
Medico
conosciutissimo per le sue utili produzoni dimo- rò per la serie di nove in dieci anni nella Capitale della Sorla, dove il commercioimmenso
e indistin- to con tutte le Nazioni, fa soggiacere con frequen- ' za alla introduzione della peste quella numeroshsi.ina popolazione. Egli si è trovato colà pel corso di tre anni continui quando vigeva un tal morbo:
ce osservò 1'aBdamento, i fenomeni, le termina- zioni, le conseguenze: ne vidde il principio, l'su- mentazioue, il decadimento, laevanescenza; e poi- ché ne* Paesi Ottomani ogni precauzione contro il contagi* pestilenziale è derisa
come
del tutto inu- tile a fronte di quella fatalità, cui pensano di.do- ver soggiacere inevitabilmente i Settatori dell'Al- corano, potè comprendere alcune altre circostanze, ie quali, o favoriscono, o minorano, o anche io19 qualche combinazione inibiscono 1*attività del con»
tagio. L'Autore s'introduce nella,sua Opera stam- pata in Londra nell*anno 1793 con un Diariostori- co e ragionato sopra lapeste, che pertre annicon- tinui
dominò
furiosamente in ogni quartiere, diA-
leppo,e distrusse una quarta partedi quella popo- lazione, la quale si calcolava in addietro vèrso iquattrocento mila abitanti.
Un
tal Diàriocompren-
de i suoi primi sviluppamenti, isuoi progressi, l'a- tro:ità sua, il suo susseguente dileguamento; Scor- rendo questo Diario si vede evidentemente, ed a colpo di occhio, che la sua diffusione si è effet- tuata di quartiere in quartiere mediante il piama*
nifestocontagio senza darealcun segno di predo- minio epidemico* S'intende poi dalia stesso Dia.
rio che la peste si propagò dall'Egitto all'Isola di Cipro, che di là venne trasportata in varj luoghi della Sorìa, e finalmente nella Capitale della Pro*
vineia: il che dimostra anche da se solo quanto sia agevole inibire affatto la introduzione della peste ne' paesi sani, malgrado la sua esistenza nelle con- trade limitrofe. Rimarca l'Autore che sebbene un
tal
morbo
sia stato ridottoda molti Scrittori a piii generi, egli c non ostante uno ed unico assoluta- mente, e che offre soltanto delle varietà relativea delie circostanzefortuite,come
si osserva a undi- presso in qualunque altro genere di malattie. So- stiene poi con fermezza non essere a di lui cogni- zione veruna storia medica della pesteche descrivail morbo" con precisione, e con verità; ed è per questo che egli ne enumera ordiuatamente i sir.ro-
mi, quali ha potuto» vederli co^ii occhi proprj sa b 2
1
quella moìtìplicità d'Individui, che gli si offerir©
a contemplare fra il numero spaventevole di unti jnfcfti. Io reputo dunque cosa anco utile ai miei Concittadini di seguire sulle rituali circostanze li dottrina, e quasi le istesse idcctifkbe espressioni del Dott. Russel,
La Piste in conseguenza-è una febbre che inco- mincia co* più marcati sintomi febbrili, che mai si
dileguano finche dura la malattia, qualunque nesia lo stadio. La tVbbre però diversifica grandemente ne* varj Individui appestati, ed ò necessario deter- minarne le gredazoni.
Una
tal febbre si vede co-munemente
procedere con delle remissioni e con delle esacerhazioni, quantunque sieno poi irregola- lissime quanto al periodo ed al graco; non v'ha peraltro ne*casi dellapesteundelirio chetanto s'in- nalzi,come
si suole osservare in molte altre feb- bri, ed e con frequenza il deliriomedesimo
alter- cato colf affezione comatosa, e non è rara la per- dita temporaria della favella, v'i ha.qelJa pesteuna certaimmondezza
degliocchipoco dissimiledauna«przic di fangosità; e l'Autore ha osservato questo
«interna particolare con tal diligenzache spessevol- te dall'averlo riscontrato ne* suoi malati potè deci- dere della loro infezione:
ma
fa d'uopo notare gli cechi medesimi anco per un'altra ragione, mentre«e sono troppo splendenti additano per ordinario es- sere allora fatale la malattia. Eglinon ha rimarcata veruna mutazione che appartenga alla lingua, e la jspezioue della faccia è variante, perchè rosseggia, 6e il malato è in delirio, e impallidisce quando sia colto dall'affezione comatosa.
La
mente in genera-*p t le sembra irretita da una indifFereczaj che si avvi, cina alla stupiti ita.
Gli altri sintomi concomitanti la peste sono ì se- guenti: II polso e basso e assai celere, talora in»
terraittente, e si trova poi alquanto più sollevato epiù regolare nelle remissioni dello stato febbrilee un poco più validoal
tempo
delleesacerbazioni.La
respirazione non diversifica gran fatto dalla condì- zionsuanaturale,ma
una spezie di ansietà, anziuna vera oppressione intorno ai precordii costituisceun
fenomenoindesinente, e terribile,il quale siaccom- pagna sovente a una sensazione dolorosa circala re- gione del cuore, e prossimamente all'orifizio supe- riore del ventricolo. In tutti i casi, chesiprepara- no a una terminazionecziziale, si osserva sopravve- nire uno spossamento rapidissimo, e ad un grado enorme; e qualchè volta lo spossamentomedesimo
presagisce una subitanea estinzione di tutte le for- ze vitali, d'onde succede la morte inaspettata, o improvvisa. Sono le convulsioni un fenomeno
mol-
to raro nella malattia della peste; il deliquio però
si osserva frequentemente; ed è per questo, che il deliquio
medesimo
accresciutosi d'intensità, emu-
tatosi neila sincope, rapisce taloragl'infetti datfhdi- stante all'altro, e senza veruna causa apparente.
Nel maggior
numero
de'casi si suole incontrare una tendenza spontanea al sudore; ed in fatti il sudore copioso riesce talvolta critico, e salutare.H
vomi- to non ecommune
alla peste: avviene però qual- che vota questo fenomeno, che è riscontrato dì cattivo augurio generalmente; e^J è inoltre osserva- to* che Je rejczioai di materia biliosa sogliono es-V
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ter
menò
frequenti nellapestemedesima, chein qua!, tivoglia altra febbre del genere delle autunnali.Vi
ha qualche caso di una tal malattia,in cui findalla stessamanifestazione dellapeste incomincia la solu- zionedel ventre,ma
questofenomeno non è frequen- te, e suole piuttosto verificarsi verso l'ultimo sta»dio de/
Morbo
, ed è sempre un fenomeno decisa- mente dannoso.Lo
stato del ventre sitrovapiù spes- so consistere in una stitichezza, la quale accom- pagna il corso tutto della malattia, nè porta seco verun disordine d'importanza; e tutte leemorragìe, che ne'primigiorni della peste riesconotalvolta uti- li, o sono almeno indifferenticomunemente,
sono sempre un sintoma perniciosissimo, allorché sì svi- luppano verso il termine morboso.Le
donne, eh»sono gravide, se vengono colpite dalla peste, abor- tiscono indubitabilmente, e spesso poi anche peri- scono; e quelle che si trovano prossime ailoro ca.
tamenii si osservano d'ordinario guarirne, purché questa loro periodica cmorraggla naturale si effettui
tapidamente, poco dopo lo sviluppamento febbrile.
Alla descrizione de'sintomi concomitanti la peste, e caratterizzanti la indole particolarediuna tal
ma-
lattìa succcJono alcune distinzioni che necostitui- scono delle varietà accidentali, le quali si ridutono asei spezie.
La
più osservabile, e la più tremenda varietà della peste c quella, che perturba subitoe direttamente le funzioui medesimedella vita, eter- mina d'ordinariocon una morte rapidissima, ed im«provvisa, nè si accompagna adun grado sensibile di febbre, nè dà
campo
allaeruzione de'buboni.Que-
sta varietà di un tal
morbo
consiste nelmassimo
al-'
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*3
teramento dello statonervoso, Inunaenormeatassia, o disordine, che appena incomincia, finiscecon una sincope insuperabile; ed è da notarsi, che l'attivi- tà di cosigrave infezione non è particolare a qual- sisia circostanza evidente, e si realizza inqualsivo- glia temperamento, e in qualsivoglia combinazione.
Le
altre varietà poi si ripetono da quella gradazio- ne differente, onde i fenomeni nervosi si manife- stano, permettendo alla peste un corso più, ome-
no celere, ed offendendo più omeno
le potenze vi- tali.La
peste è una febbre del genere delle atattc, o irregolari, che sidilegua colmezzo
di unaeruzio- ne, e simi!i6sima a tutte le altre febbri di genio c- ruttivo, ella può presentarsi con quella successio- ne di ombreggio, che vaglia, eadopprimere asso- lutamente, e irreparabilmente la vita, e a rendere dubbio il contrasto fra le potenze vitali, e la causa morbosa, e a concedere quanta energia è necessa- ria a resistere, e ad estrinsecare la infezione. Si è veduto la peste recare la morte nell'atto stesso del proprio sviluppamento, nel giornomedesimo
della sua manifestazione, fra il terzo, ed il quarto gior- no, e al compiersi del primo settenario. Sei'appe- stato oltrepassa un tal punto, egli è in una condi- zione d'incertezza fino al quattordicesimo, e dopo quest'epoca il più delle volte risana;ilmorbo può
annoverarsi fra gli acutissimi, fra ì peracuti, e fra gli acuti semplici, nelcorso delquale possono aver- vi delle eruzioni,c precoci, e sintomatiche, e cri- tiche, e salutari, e dannose. Precoci sono quelle; eruzioni, che antecedono il primo giorno febbrile;
sintomatiche quelle che non alleviano la malattia, o b 4
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2*
ne aumentano la intensità; e l'una e l'altra sono e- ruz;oni di trista significazione.
Sono
poi critiche ,e perciò salutari, quelle eruzioni, che avvengono dal primo al quarto giorno con evidente diminuzione de' fenomeni, e sono dannose le altre che dopo la loro apparenza svaniscono, o tendono al gan^reni.smo,
o si conservano affatto immutabili. Quest'ul- time, se svaniscono, sogliono precipitare nella sinco- pe, e perciò nella morte improvvisa; se si gangre-'
nano passanobenespesso alia contaminazione gene*
rale di tutta la organizzazione; e se non cambiano
di figura, e di resistenza, un languore estremo fa perire i malati senza neppure cognizione della loro sorte.
Le
eruzioni, ebe avvengono dalia infezione della peste souo buboni, i carbonchi, c le vibici petec- chiali. Quantunque i buboni, e i carbonchi tanto disgiunti, quantoaccompagnati l'un l'altro si riguar- dinocommunemente
sotto l'aspetto di que'fenome- ni, che assicurano il giudizio della peste, si è però veduto, che alcuni casi vi hanno diuna talmalattia»dove si fatte eruzioni non appariscono,segnatamen- te ne* primi Individui, chesitrovano colti dalla in- fczionc: esu questo punto vedesi nella pesteun an- damento niente dissimile da quello, che si osserva avvenire in tutte le altre malattie eruttive,dove la
febbre pestando secoi genuini fenomeni, per esempio,
«lei vajuolo, de' morbilli, della scarlattina, e diqua- Junque altro si veglia esantema, non si manifesta poi mai la particolare eruzione, cui dovrebbe dar luogo la stessa febbre. Consistono i buboui iu una tumefazione glandularc occupante gl'inguini, le a*
sedie, le partisottoil mento,le parotidi,'e la cer- vice, benché negl'inguini sogliono manifestarsi eoa pia di frsquenza, che altrove. Hannovi molti casi, De'quali i buboni appariscono nel primo giorno feb- brile, e servono a caratterizzare sul fatto stesso la
ma
Suuh.
Generalmente ne viene sempre desiderataJa suppurazione; 1*Autore con tutto questo non la reputa necessaria, avendo spesso veduto, che il bu- bonc si dissipa da se solo, quando cessa la febbre concomitante la peste; e sopra di un tale argomen- to paragona le osservazioni sue proprie, con quan- to fu scritto da altri, edimostra in fatti esser
me-
glio abbandonareque'tumori alla sol3o^eradellana- turasenza irritarli
minimamente
con applicazioni di veruna spezie, emoltomeno
col taglio, edisappro- va, e condanna l'uso introdotto di farli aprire colla lancetta anche in stato di crudità. Si osservainoltre apparire nella peste un'altra spezie d'intumescenza, cui si dà ilnome
di bubone spurio, e consiste inun piccolo induramento glanduloso sotto la cute,
men
dolente del primo, e che può nascere in qual- sivoglia parte del corpo.Descritti nella riferita maniera i buboni è neces- sario discorrerede'carbonchj oantraci,eruzioned'al- tra specie,
ma
sempre importantissima cella malat- tia della peste, e che oftre moltissime gradazioni, alle quali potrebbesi imporre anche ilnome
di va- rietà. Il carbonchio e riconoscibiledallasua figura è una specie di pustula gangrenosa, più omeno
este- sa, più omeno
profonda,ma
sempre coperta da un'escara, o lacerazione, superficiale delia pelle, la* quale ne'casi tendenti al bene si suole cambiare in
s
£6
una buon* suppurazione. L'Autor* non hamai
ve*
duro manifestarsi i caròonchj con quilchè frequen- za innanzi al mese di
Maggio; ma
da quelmese
fino dopo il
Novembre
li osservò assaicommuni;
e lo sviluppamelo di essi non ha verano periodo determinato nella malattia; sitrovano generalmente complicati a i bubooi, e il pitidelle volte si
ma-
nifestano
dopo
questi ultimi. Si trattanoconsomma
blandizie, e si tengono soltanto fomentati con del- le applicazioni emollienti. Quanto poialle petecchie non si possono esse mai risa;..nrJare
come
un esan- tema, che sia propriodellapeste: non sonofrequen-ti ad una tal malatcia, e sostano il più delle vo!- te divenire il presagio di un esito affatto mortale.
Si vedono in più casi, e sempre sotto la forma di vibici ampie, e di figura irre^olarissima, cioèdissi- mili da quelle petecchie) che s'incontrano orJina- riamente in alcunealtre febbri, e che si riduconoa stigmi, o punteggiature. Si e di più osservato, che quando nella malattia della peste vi sonodellestri- sce, o delle macchie azurre, o purpuree lungo
U
cute, la morte èpoco lontana; risulta essere il bu- bone inguinale la eruzione più frequente ne*casi di peste, mentre due terzi di queimalati, cheeglieb- be a vedere in Aleppo con una tal malattia, furo- no appunto di questa classe, e tutti gli altri prova- rono o i buboni nellealtre partidel corpo, o i bu- bo'ni congiunti a qualche altra eruzione, o i solicar- bonchi» o le sole petecchie, ovvero mancarono to-
talmente di ogni esantema.
Trattata nel ragguagliato
modo
la peste, passa ilMedico Kussel «Ila cura, che può convenire ad un*
ma-
\
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.
•7
malattia cosi atroce; ed esamina in primoluogose*
convenga il salasso. I medici di que*paesi, dove la peste s'insinua frequentemente, devengono ad una simile operazione senza riguardo, allorché il
morbo
si trovi ne* suoi primordii. L'Autore stesso l'usò parimenti senza riserva ogni qual volta una condi- zione di evidente atonìa, o rilassamento, non siasi opposta ad istituire una deplezione, e dimostra ab- bastanza essere ragionevole, ed utile, inuna tal e- poca della pesta il salasso,
come
lo è del pari a quellamedesima
epoca in tutte le febbri eruttive•Egli è a di lui avviso un errore ilpretendere, che
la debolezza sia il carattere singolare dellapeste, e perciò si abbiano del tuttoad escluderele deplezio- lì; la peste ne' casi regolari procede
come
ogni feb- bre, e il prevenire gli effetti dellacircolazione ac- cresciuta è consentaneo aibisogni della natura.£' bene nonostante, tanto nella peste,.quantonelle al- trf febbri,nonprofondeie ilsangue con un solo sa- lasso; è meglio ripeterlo una-, o due volte ne* pri-mi
tre giorni della malattia, I medicisoliti avede- re la pestenonricorronomaiairamministrazionede-gli emetici: il
Medico
Russel ne ha fatto qualchè uso consomma
prudenza in quelle circostanzeuni- camente, nelle quali la nausea, o il vomito richie- devano un tal soccorso, nè ebbe quindi apentirse- ne. Se abbiavi l'attenzionediadoperarequalchè las- sante da principio delmorbo,
si suolprevenirequel- ladiarreaformidabile, chetalorasuccede inprogres- so, e si ottiene in guisa di ridurla più tollerabile:le soluzioni spontanee del ventre si reprimono io generedaimedicidi quei paesi coldiascordeo,ocolla
ftt
teriaca: L'Autoreinun tal
fenomeno
adoperò sem- pre fortunatamente P oppio in sostanza, e iu dosi assai generose.Non
sospinse egli mai l'uso de* su- doriferi a quella estinzione che viene raccomanda- ta dagli scrittori; egli prescrisse unicamente qual- che diaforetico blando per non averne a consegui, re degli effetti violenti, e non ha bastevole fonda- mento per approvarelaprattica de' vessicatorj,seb- bene abbia veduto, qualche volta, de'buoni effetti dall'applicazione de'senapismi. Qualora l'anzietà, e l'oppressione esigevano un qualche ajuto,egli ri-scontrò essere vantaggiosa qualchè bevanda legger-
mente
cardiaca o stomatica fatta di acoue stillate,o>composte,alle quali fosseroaggiunte poche gocciodi spiritodinitro dolcificato,odispiritodizolfoper
cam-
pana. Fece bere usualmente delleacqueacidulatecon qualchè acido vegetabile, o minerale; e proscrisse il vino sotto ogni forma, il cui uso aborriscono in que'paesi durante la peste tonto i Cristiani quanto gli Ebrei. E' qui d'uopo insistere che venganoRi- spettati i buboni, e i cubonchj sopra de quali sihannodaapplicaresolamente dellefomentazioni
am-
mollierti, perchè la suppurazione di talitumori di*
pende effettivamente dallo stato della malattia, ed è utile in genere lasciare che ibuboni si aprano da loro stessi anche quando si trovano già suppurati.
L'Autore raccomanda collo'zelomaggiore,chenis- sunosi azzardi a qualsisia operazione in simili circo- stanze , perchè il fatto costante dimostra doversi ne'casi di peste confinare la medicina ad essere spet- tatrice, e ministra della natura, la quale rifiuta un regolamento sforzato, e ammette appena di veuir
«occorsa nella esecuzionede'snoi movimenti. Il sa- lasso, e qualchè leggieroeccoprotticoo purgante lassa- tivooprincipiodellamalattiadevonoessereunicamente
gli ajuti determinabili dalla perspicacia del medico*
Evvi pure la questione agitata fra i Medici, c i
Magistrati, se nellapeste simo possibili la recidiva, o lanuova infezione. Si osserva essvre opinionerice- vuta dovunque, e comunemente, che qaegFIndivi- dui, i qua'i sreno una volta guariti dalla pes:e non ne sieno p ù suscettibili, almeno durante il corsodi quH'a stagione, in cui domina una tal nnalatiia. Il
Medito Russe! giudica es«>er questa credenza un er- ror popn'are, ancorché i®n sfa per altroun avveni-
mento
ord'nano la nuova infezionedi un Individuo guarito durantelostesso anno. Egli osserva che nelnumero
di au.ttro mila quattrocento appestati gua-riti sotto i suo-* proirj occni, ventotto ne furono di nuovo infetti evidentemente; e poi hannovi del- le
rivive
eh» si possono ri^uardire,come
il prò*dottòdi qualche reliquia morbosa non benedistrut- ta; e un simile avvenimento non sarà forse bene discernibile dalla nuova infezione. Veramentele re- cidive,per quanto si è potuto scorgere,
mancano
dicsacerbazioni, eriproducono de'nuovi siatom; pesti, feri dopo alcuni giorni di un apparente convalescen- za. Ne'casi di questa fattasimanifestanodelle nuo- ve eruzioni, le quali non riescono giammai fatali.
Non
è poi punto determinabile iltempo,
in cui siverifichi unanuova infezione,
ma
quei vent'ottoin- dividui, che l'Autore osservò di nuovo appestati, erano tutti guariti da qualchè mese,godevanodella più piena salute, e contrassero di nuovo lamaUt*
3»
tia col trattare degli altri infetti. Egli è di'parere, chedairepoca dellainfezioneallosviluppamelodel
morbo
possa trascorrere in generale un periodo, e di tre giorni, e di quattro, e più spesso, di otto»e di dieci. Assicura per ultimo d'ignorare quanto
tempo
durino i convalescenti in istato dicommuni»
care l'infezione,edè affatto indeterminabilequanto
ci voglia a distruggere senza i mezzi dell'arte,
e
naturalmente l'attività di comraunicare l'infezione in quei generi, che avrannoservito ad individui ap- pcstati. #1 Browniani sostengono anch'essi che un contagio possa attaccarsi perla secondavolta, e dicono che
Ja ragione è riposta inciò che il contagio la prima volta non può esercitare liberamente la sua azione in vigore delle differenticausealuicontrarie chesi
sono sviluppate nel corpo a motivodinon esservi preceduta la conveniente predisposizione; o perchè
egli è in certo
modo
un attributo dellanaturatilo
stesso contagio di dod trovarsi sempre egualSVell*
energia dellasua torza stimolante. Aggiungono che quando uncontagio qualunqueassalisceper lasecon.
da volta, egli agiscecon più veemenza, poiché ciò presuppone sempre una maggiorforzastimolante del contagio,
ma
spessissimo l'eccitabilità sì locale che universalecheviene quasi esauritamediante l'irrita- zione deiprimo conugiovi era ripristinata colmez-
zo di un nuovo foprav veniente stimolo, e qualora sopravvengaJ*irritazionedèi secondo contagio, ella viene confermata dinuovo, ed inallora accademol-te che possa essa vcaire ristabilita.
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