• Non ci sono risultati.

COMMENTO ALLA QUANTIFICAZIONE TABELLARE DEL DANNO PSICHICO

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "COMMENTO ALLA QUANTIFICAZIONE TABELLARE DEL DANNO PSICHICO "

Copied!
12
0
0

Testo completo

(1)

COMMENTO ALLA QUANTIFICAZIONE TABELLARE DEL DANNO PSICHICO

- Tabella delle Menomazioni prevista aall’articolo N. 138 del Decreto Legislativo 7 settembre 2005 N. 209 (redatta dalla Commissione Ministeriale prevista dal D.M. 26 maggio 2004) -

A. Calderone

*

, G. Cannavò

**

La valutazione di un danno biologico di natura psichica non può prescindere dalla definizione di malattia mentale per un corretto inquadramento della patologia così da ovviare a inutili speculazioni. Il limite tra normalità e patologia è stato a lungo dibattuto nella storia della psichiatria. L’ipotetico confine tra normalità e anormalità di un comportamento, ha posto in realtà molti dubbi e molte questioni. Tale confine, in effetti, difficilmente è delimitabile in modo netto. Vissuti e comportamenti comuni e normali sfumano, infatti, per gradi verso condizioni anormali e patologiche. Tratti di personalità, aspetti dell’esperienza psichica, comportamenti e modi d’interazione che in genere definiamo normali non sono, infatti, definibili in modo univoco con formule o leggi.

Importanti esponenti della storia della psichiatria come Kalbaum e Kraepelin consapevoli di non poter disporre di effettive correlazioni biologico- cliniche per molte patologie psichiche, fecero riferimento interamente all’ osservazione clinica per l’individuazione di pattern di sintomi. Jaspers pose l’accento anche su un criterio esterno ovvero la capacità lavorativa del soggetto. Secondo Jaspers «La capacità lavorativa e la volontà di lavorare vengono gravemente colpite dalle malattie psichiche».. Questo criterio è esterno all’individuo inoltre non è né strettamente psicologico né biologico. Su

* Specialista in Psichiatria, Ass. medico giuridica Melchiorre Gioia

** Specialista in Medicina Legale, Presidente Ass. Melchiorre Gioia

(2)

di esso e sulla fenomenica sintomatologica è impostato il confine del “disturbo” rispetto alla “normalità” di due dei più importanti sistemi nosografici standardizzati attualmente diffusi a livello mondiale, il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, DSM- IV-R messo a punto dall’American Psychiatric Association, e l’International Classification of Diseases (ICD-10) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che offrono una valida definizione di malattia mentale.

Secondo il DSM ogni disturbo mentale è concepito come una sindrome o pattern comportamentali o psicologici clinicamente significativi che si verificano in una persona e che sono associati con attuale distress (sintomo doloroso) o disabilità (riduzione della capacità in una o più aree della funzionalità) o con un significativo aumento del rischio di morte, o importante perdita di libertà; qualsiasi ne sia la causa, la sindrome deve essere considerata come la manifestazione di una disfunzione comportamentale, psicologica o biologica della persona. La malattia mentale è pertanto considerata in quanto tale per la compromissione della funzionalità lavorativa, affettiva sociale e relazionale ovvero per l’impatto che comporta sulla vita del soggetto. Il concetto di norma centrato sulla funzionalità psicosociale e lavorativa è un utile parametro anche nella personalizzazione del danno.

Le aree dove le conoscenze dello stress hanno raggiunto il maggior campo di applicazione a livello clinico sono due: psicologia clinica e psichiatria, da un lato, medicina in generale, dall’altro. Di fatto, in campo psichiatrico, eventi e situazioni di stress della vita sono spesso stati rilevati come fattori che precedono l’insorgere di disturbi e malattie, a volte con ruolo solo scatenante, altre volte con vero e proprio ruolo predisponente.

(3)

Nella nosografia psichiatrica per alcuni specifici disturbi come il Disturbo Post- traumatico da Stress, il Disturbo Acuto da Stress, i Disturbi dell’Adattamento è evidente il ruolo eziopatogenetico di un evento. Per altre condizioni che vanno dai quadri nevrotici a quelli psicotici, si suppone che lo stress possa rivestire comunque un ruolo patogenetico, da evidenziare nella valutazione di un danno psichico.

Per la diagnosi di una menomazione psichica è opportuno procedere a una raccolta anamnestica, un esame psichiatrico, un esame neuropsicologico e psicodiagnostico e successivamente formulare una diagnosi psichiatrica secondo criteri diagnostico-statistici internazionali suddetti. A tale scopo, per evitare eventuali speculazioni per effettuare la diagnosi basale sarebbe opportuno l’utilizzo di uno strumento diagnostico specifico (Structured Clinical Interview for DSM-IV Axis I Disorders, SCID).

In ambito psichiatrico la raccolta anamnestica fornisce informazioni non soltanto per quanto concerne la psicopatologia ma fornisce anche utili notizie sullo stile di vita del soggetto e sul livello di funzionamento precedente l’insorgenza della patologia.

L’esame psichiatrico comprende una valutazione degli aspetti concernenti l’integrazione sensoriale, l’umore e l’affettività, il contenuto e la forma del pensiero e del discorso, la percezione, le funzioni cognitive, il livello di funzionamento globale dell’individuo, ecc. Quindi nella personalizzazione del danno è importante valutare i due cardinali aspetti indicativi di patologia ovvero la presenza dei criteri di base del disturbo mentale e la compromissione sociale, relazionale e lavorativa del soggetto.

Innanzitutto la distinzione tra forme lievi moderate o gravi dovrebbe basarsi sul numero dei criteri del DSM soddisfatti. Le forme lievi dovrebbero essere quelle in cui vengono soddisfatti i criteri minimi del disturbo e la compromissione funzionale di conseguenza non è marcata. Le forme da moderate a gravi soddisfano buona parte o tutti i criteri del manuale.

(4)

DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATO; DISTURBI DA ATTACCHI DI PANICO; FOBIE- FORME LIEVI (10-15.)

Nell’ambito dei disturbi d’ansia i più recenti studi di review mostrano un impatto maggiore sulla qualità di vita del Disturbo Post traumatico da Stress (PTSD) e del Disturbo d’ansia generalizzata (GAD) rispetto al panico e alle fobie specifiche (Hoffman, Dukes, & Wittchen, 2008). Quindi in un range tra 10-15 è più corretto comunque dare un punteggio superiore al GAD. Riguardo alle fobie è chiaro che bisogna identificare la tipologia di fobia e inquadrarla nella situazione specifica. I principali sottotipi di fobie sono: il tipo Animali ad esempio uccelli o insetti, tipo ambientale naturale come temporali e altezze, il tipo Sangue-Iniezioni-Ferite, il tipo situazionale ovvero causata da una situazione specifica, come trasporti pubblici, tunnel, ponti, ascensori, volare, guidare o luoghi chiusi. La tipologia di fobia pertanto, in base alla situazione di vita della persona cambia notevolmente il valore del punteggio. La fobia di volare per una casalinga ha indubbiamente meno impatto che per una manager o un diplomatico, così come la fobia per gli aghi o le infezioni ha un notevole impatto in un infermiere, ma è notevolmente meno rilevante per un bancario. In ogni caso tendenzialmente le fobie hanno un minor impatto disabilitativo rispetto ad altre forme d’ansia e quindi andrebbero valutate con un punteggio minore (Olatunji et al., 2007).

Nella valutazione del disturbo da attacchi di panico lieve è importante la distinzione della presenza o meno di evitamento agorafobico. L'agorafobia è un insieme di varie paure che hanno principalmente per oggetto i luoghi pubblici e frequentati, dai quali potrebbe essere difficoltoso allontanarsi o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto nel caso che l'individuo venga colpito da un attacco di panico. L’agorafobia comporta la paura di andare per negozi a fare compere, la paura di ritrovarsi in mezzo alla folla e quella di viaggiare. Chi soffre di agorafobia prova spesso un forte disagio nell'allontanarsi di casa, e può anche evitare completamente di farlo. La

(5)

presenza di condotte di evitamento aggrava indubbiamente il quadro muovendoci sempre in un’ottica di definizione di malattia nel contesto del funzionamento sociale.

DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATO; DISTURBI DA ATTACCHI DI PANICO; FOBIE- FORME DA LIEVE A MODERATA O LIEVE COMPLICATA (16-20.)

Un punteggio maggiore viene assegnato alle forme moderate o lievi complicate. La corretta valutazione dovrebbe comprendere l’intensità della sintomatologia in base hai criteri del DSM presenti, la compromissione delle aree di funzionalità ma anche gli aspetti che in psichiatria vengono definiti come complicanze ovvero l’abuso di sostanze e la presenza di sintomi depressivi. Infatti, le condotte che in letteratura rappresentano una possibile complicanza dei disturbi d’ansia sono la presenza di sintomi depressivi, l’abuso di farmaci ansiolitici e di alcolici (Noyes 2001, Bolton J 2006). Sia per quanto riguarda il GAD, ma sopratutto per gli attacchi di panico è importante anche la valutazione dell’entità e pervasività dei sintomi somatici (tachicardia aerosol, disturbi intestinali...) e l’eventuale presenza di somatizzazione che ne aggrava la prognosi.

DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATO; DISTURBI DA ATTACCHI DI PANICO; FOBIE- FORME DA GRAVE O MODERATA COMPLICATA, A GRAVE COMPLICATA (26-30.) I disturbi d’ansia gravi si possono definire tali poiché in grado di soddisfare la maggior parte dei criteri diagnostici. Come già detto il GAD, secondo gli ultimi studi è il disturbo con una maggiore compromissione della funzionalità pertanto le forme gravi dovrebbero essere valutate con il massimo del punteggio. La compromissione del disturbo di panico di grave entità va valutata in base alla presenza di condotte agorafobiche contestualizzate al tipo di attività effettuata dal soggetto. Sicuramente può rientrare in un range medio. Le fobie invece anche nelle forme gravi poiché

(6)

coinvolgono paure specifiche difficilmente hanno una marcata compromissione e pertanto dovrebbero comunque essere valutate con il punteggio minore dell’intervallo (Olatunji et al., 2007).

Nelle forme gravi questi disturbi possono presentare una comorbidità di sintomi depressivi o di condotte di abuso (ansiolitici, alcool). La presenza di tali condotte pur non configurandosi in disturbi di Asse ne aggrava la prognosi e quindi in tali casi il punteggio dovrebbe essere il massimo (Noyes 2001, Bolton J 2006).

DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESS CRONICO-FORME LIEVI (10-20.)

Per un PTSD di grado lieve vengono soddisfatti i criteri minimi del DSM. La tipologia dei sintomi presenti e sopratutto il grado d’interferenza con l’attività sociale e lavorativa rappresentano un criterio di valutazione del punteggio. La riduzione marcata dell’interesse o della partecipazione ad attività significative, la presenza di sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri, l’affettività coartata, sintomi come irritabilità e scoppi di collera e incubi notturni (in letteratura predittori di tentativi di suicidio) sono una sintomatologia indubbiamente interferente con la vita sociale e affettiva e quindi sicuramente da valutare con un punteggio maggiore.

DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESS CRONICO-FORME DA LIEVE A MODERATA O LIEVE COMPLICATA (21-25.)

La valutazione di un disturbo come forma complicata dovrebbe comprendere oltre ai sintomi del DSM e alla marcata compromissione sociale la presenza di complicanze come sintomi depressivi fino a condotte di abuso da valutare con il massimo del punteggio (Kessler et al 1995).

DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESS CRONICO-FORME DA GRAVE MODERATA COMPLICATA A GRAVE COMPLICATA (31-35)

(7)

Le forme da moderate a gravi complicate dovrebbero comprendere la valutazione di sintomi più raramente presenti in letteratura che ne indicano un decorso più severo. In particolare la presenza di comportamenti auto lesivi e impulsivi, sintomi dissociativi (Brett, 1993), lamentele somatiche; sentimenti di inefficienza, vergogna, disperazione o mancanza di speranza (Schnurr & Green 2003), (Ouimette et al, 2004), oppure cambiamento delle caratteristiche precedenti di personalità fino a veri e propri sintomi psicotici dovrebbero essere valutate con il massimo punteggio in quanto a prognosi più sfavorevole.

DISTURBO DEPRESSIVO MAGGIORE CRONICO-FORME DA LIEVE A MODERATA O LIEVE COMPLICATA (10-30)

Gli episodi depressivi lievi sono caratterizzati dalla presenza di cinque o sei sintomi dei criteri codificati nel DSM e soltanto una lieve disabilità o la capacità di funzionare normalmente ma a costo di uno sforzo sostanziale e insolito. I sintomi depressivi causano una minima compromissione del funzionamento lavorativo, delle attività sociali abituali, dei rapporti con gli altri. Le forme in cui non sono presenti ulteriori elementi indicativi di gravità dovrebbero essere codificati con il punteggio minore. Le forme moderate presentano più sintomi e una maggiore compromissione funzionale senza tuttavia manifestazioni psicotiche.

DISTURBO DEPRESSIVO MAGGIORE CRONICO-FORME DA MODERATA O LIEVE COMPLICATA A GRAVE CON MELANCONIA, FINO ALLA PRESENZA DI SINTOMI PSICOTICI E AGITI SUICIDARI (31-75.)

La caratteristica essenziale di un Episodio Depressivo Maggiore, con Manifestazioni Melanconiche, è la perdita d’interesse in tutte, o quasi tutte, le attività, o una perdita di reattività agli stimoli solitamente piacevoli.

(8)

L’umore depresso dell’individuo non migliora, neanche temporaneamente, quando accade qualcosa di positivo. Inoltre è presente anche una qualità particolare di umore depresso, un peggioramento timici al mattino, risveglio mattutino precoce, rallentamento psicomotorio o agitazione, significativa anoressia o perdita di peso, sentimenti di colpa eccessivi o inappropriati . E’ importante valutare ai fini del punteggio l’impatto di questi sintomi sulla vita lavorativa e relazionale dell’individuo.

La depressione melanconica non complicata tuttavia ha una buona risposta ai trattamenti farmacologici, pertanto dovrebbe essere valutata nella parte più bassa dell’intervallo. Maggiore è il punteggio in caso di presenza di sintomi psicotici che inevitabilmente comportano una notevole disabilità funzionale. In particolare la presenza di deliri o allucinazioni. Più comunemente il contenuto dei deliri o delle allucinazioni è coerente con i temi depressivi. Tali manifestazioni psicotiche congrue all’umore comprendono deliri di colpa (per es., essere responsabile della malattia di una persona amata), delirio di meritare una punizione, deliri nichilistici , deliri somatici, oppure deliri di rovina. Le allucinazioni, quando presenti, sono di solito transitorie e non elaborate, e possono riguardare voci che rimproverano la persona per difetti o peccati.

Meno comunemente, il contenuto delle allucinazioni o dei deliri non ha relazione apparentemente con i temi depressivi. Tali manifestazioni psicotiche incongrue all’umore comprendono deliri persecutori, deliri di inserzione del pensiero, deliri di trasmissione del pensiero, e deliri di influenzamento. Queste manifestazioni sono associate a una prognosi più sfavorevole e quindi dovrebbero essere valutate con un punteggio superiore rispetto alle formecongrue all’umore.

Nella valutazione degli agiti suicidari bisogna distinguere le condotte suicidarie da quelle parasuicidarie la cui linea di confine dovrebbe essere l’intenzionalità e la consapevolezza della finalità del gesto. In generale il comportamento suicidario può

(9)

essere considerato come uno spettro continuo di condizioni psicopatologiche che va dalla semplice ideazione suicidaria al suicidio portato a termine. Solitamente s’intende per “tentato suicidio” un comportamento autolesivo finalizzato alla morte del soggetto, che include un eterogeneo spettro di condizioni che va dal tentativo pianificato ad alta letalità (suicidio mancato), a tentativi di suicidio con più bassa letalità. Il parasuicidio è caratterizzato dall’assenza di un chiaro intento di morte e dalla bassa letalità del gesto, evidenziata dalla scelta del metodo e dalla scarsa premeditazione, ed ha solitamente una finalità dimostrativa. Il più forte predittore di condotte parasuicidarie è avere una pregressa storia di parasuicidio, Il 50% dei soggetti che hanno commesso un gesto parasuicidario ha un’anamnesi positiva per pregresso parasuicidio (De Leo D 1999, Hjelmeland H 1998). Il 16-25% dei soggetti ripete il tentativo entro il primo anno (Mann JJ 1998, Owens D, 2002), 7% dei soggetti muore per suicidio (Hjelmeland H 1998).

La presenza di una condotta suicidaria denota sempre una situazione di notevole gravità del disturbo. Tuttavia nella valutazione del punteggio è importante verificare l’

intenzionalità del gesto in base alla modalità e alla pianificazione con cui è stato compiuto per poter distinguere anche ai fini di una personalizzazione del punteggio un tentato suicidio da una condotta parasuicidaria. La presenza tuttavia di più condotte parasuicidarie sebbene a livello dimostrativo sia invece anch’essa da considerare con il massimo del punteggio poiché fattore di rischio di suicidio a termine.

CONCLUSIONI

La valutazione di un danno di natura psichica implica la considerazione di una serie di aspetti che giustificano la variabilità del punteggio. Tali aspetti vanno dalla valutazione della oggettiva entità del danno all’esame della parte introspettiva che

(10)

implica la definizione della personalità premorbosa e la manifestazione fenomenologica. Data l’alto numero delle sfaccettature coinvolte il medico legale dovrebbe avvalersi della figura di uno specialista psichiatra con una preparazione specifica in ambito psichiatrico-forense.

Dal punto di vista metodologico per quanto concerne la diagnosi di una menomazione psichica è opportuno procedere ad una raccolta anamnestica, un esame psichiatrico, un esame neuropsicologico e psicodiagnostico e successivamente formulare una diagnosi psichiatrica utilizzando manuali diagnostico-statistici internazionali che si avvalgono di sistemi di valutazione multiassiali.

Tale metodo consente di registrare numerose informazioni, utili sul piano diagnostico, terapeutico e prognostico su vari assi di valutazione.

La raccolta anamnestica dovrebbe fornire informazioni non soltanto di natura psicopatologica (familiarità per patologie psichiatriche, personalità premorbosa, precedenti psicopatologici, ecc.), ma sullo stile di vita del soggetto, sulla dinamica delle relazioni interpersonali e sul livello di funzionamento precedente l’insorgenza del disturbo. L’esame psichiatrico comporta l’esame degli aspetti riguardanti l’integrazione sensoriale, l’umore e l’affettività, il contenuto e la forma del pensiero, la percezione, le funzioni cognitive, il comportamento, la psicomotricità. Inoltre è importante definire la realtà soggettiva del paziente in relazione connessa agli elementi psicopatologici emersi. Tale elemento, di fondamentale importanza in ambito clinico e terapeutico lo è ancor più in ambito forense per differenziare la realtà soggettiva di una menomazione da una simulazione sintomatologica. L’esame psichiatrico infine dovrebbe essere sempre accompagnato da un esame neuropsicologico e psicodiagnostico avvalendosi di test validati a livello internazionale (Structured Clinical Interview for DSM-IV, Minnesota Multiphasic Personality Inventory, Mini Mental State Examination) che permettono di confermare eventuali ipotesi diagnostiche e completare le informazioni cliniche sulla personalità del soggetto.

(11)

BIBLIOGRAFIA

Bolton J, et al. Use of alcohol and drugs to self-medicate anxiety disorders in a nationally representative sample. J Nerv Ment Dis.2006;194(11):818–825

Brett, E. (1993) Classifications of post-traumatic stress disorder in DSM–IV: anxiety disorder,dissociative disorder, or stress disorder? In Post-Traumatic Stress Disorder:

DSM–IV and Beyond (eds J. R. T. Davidson & E. B. Foa), pp. 191–204. Washington DC: APA.

De Leo D, Scocco P, Marietta P, et al. Physical illness and parasuicide: evidence from the European parasuicide study interview schedale. Int J Psychiatry Med 1999; 29:

149-63.

Hjelmeland H, Stiles TC, Bille-Brahe U, et al. Parasuicide: the value of suicidal intent and various motives as predictors of future suicidal behaviour.Arch Suicide Res 1998;

4: 209-25.

Hoffman DL, Dukes EM, Wittchen H-U. Human and economic burden of generalized anxiety disorder. Depression and Anxiety. 2008;25:72–90.

Mann JJ, Watwernaux C, Gretchen LH, et al. Toward a clinical model of suicidal behavior in psychiatric patients. Am J Psychiatry 1999; 156: 181-9.

Noyes R Jr. Comorbidity in generalized anxiety disorder. Psychiatr Clin North Am.

2001;24(1):41–55.

Olatunji BO, Cisler JM, Tolin DF. Quality of life in the anxiety disorders: A meta- analytic review. Clinical Psychology Review. 2007;27:572–581

(12)

Ouimette, P., Cronkite, R., Henson, B. R., et al (2004) Posttraumatic stress disorder and health status among female and male medical patients. Journal of Traumatic Stress, 17, 1–9.

Owens D, Horrocks J, House A. Fatal and non-fatal repetition of self-harm: systematic review. Br J Psychiatry 2002; 181: 193-9.

Schnurr, P. P. & Green, B. L. (eds) (2003) Trauma and Health: Physical Consequences of Exposure to Extreme Stress. Washington, DC: American Psychological Association.

Riferimenti

Documenti correlati

E’ infatti di comune esperienza che la tensione emotiva dolorosa si riversa, tramite il sistema nervoso periferico, sull'organismo, che, a seconda dell’intensità degli

“ “ Non sono assicurabili, indipendentemente Non sono assicurabili, indipendentemente dalla concreta valutazione dello stato di. dalla concreta valutazione dello stato di salute,

Il cosiddetto danno biologico inteso come la menomazione della integrità psico-fisica della persona in se e per se considerata in quanto incidente sul valore uomo in tutta la

L’operazione deve peraltro essere condotta dal giurista con la consapevolezza che nell’ambito del danno psichico l’apporto della medicina legale non può essere limitato alla fase

La risposta è che, per l'esistenza del danno biologico, occorre che sia stata riscontrata una lesione psichica, con conseguente stato di malattia (v. in tema di

è stato costretto, suo malgrado, ad astenersi forzatamente dal lavoro, sia pure per breve periodo; ciò ha prodotto in lui una sorta di smacco al suo orgoglio narcisistico

Una fondamentale distinzione deve essere effettuata tra test cognitivi o di efficienza e test non cognitivi o di personalità, anche se molti test mentali, soprattutto i più

Dopo il gradito saluto del Presidente dell’Ordine dei Medici Gianfranco Chiappa e del Presidente dell’Ordine degli Avvocati Metti, si sono susseguiti gli interventi dei relatori: