• Non ci sono risultati.

IL COLLEGIO DI ROMA. Avv. Michele Maccarone Membro designato dal Conciliatore Bancario e Finanziario [Estensore]

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "IL COLLEGIO DI ROMA. Avv. Michele Maccarone Membro designato dal Conciliatore Bancario e Finanziario [Estensore]"

Copied!
5
0
0

Testo completo

(1)

IL COLLEGIO DI ROMA composto dai signori:

Dott. Giuseppe Marziale Presidente

Prof. Avv. Pietro Sirena Membro designato dalla Banca d'Italia

Avv. Massimiliano Silvetti Membro designato dalla Banca d'Italia

Avv. Michele Maccarone Membro designato dal Conciliatore Bancario e Finanziario

[Estensore]

Prof. Avv. Marco Marinaro Membro designato dal C.N.C.U.

nella seduta del 06/12/2012, dopo aver esaminato:

x il ricorso e la documentazione allegata;

x le controdeduzioni dell'intermediario e la relativa documentazione;

x la relazione istruttoria della Segreteria tecnica.

Fatto

Il ricorrente, titolare di una carta prepagata, disconosce un’operazione di ricarica on line di altra carta prepagata, avvenuta in data 26/10/2011, dell’importo di euro 222,58 (comprensivo di € 1,00 per spese di commissione).

Il ricorrente in data 3/11/2011 ha provveduto al blocco della carta e il giorno successivo ha presentato denuncia all’A.G..

Il ricorrente riferisce che l’operazione contestata è stata oggetto di un procedimento penale per utilizzi illeciti di codici di carte di credito, concluso con decreto di archiviazione in data 23.02.2012 “per l’impossibilità di risalire all’autore del reato”.

Con il ricorso chiede: a) la restituzione della somma di euro 222,58; b) la riattivazione della carta (che, al momento della operazione contestata, presentava un saldo attivo di euro 2,99) o l’emissione di una nuova carta, con accredito di Euro 2,99; c) il risarcimento dei danni pari ad Euro 223,04, di cui euro 103,04 per spese legali (per le quali allega notula), euro 20,00 per spese del procedimento dinanzi all’ABF ed euro 100,00 per “i disagi ed ulteriori costi sopportati”.

(2)

Nelle sue difese, l’intermediario chiede il rigetto del ricorso in quanto infondato, rilevando che alla data dell’operazione contestata il ricorrente non aveva provveduto ad attivare il nuovo sistema di sicurezza predisposto dall’intermediario (che prevede la digitazione obbligatoria di un codice dispositivo “usa e getta” generato in automatico dai sistemi di sicurezza ed inviato in tempo reale tramite un SMS al numero di cellulare indicato dal titolare). Fa rilevare che l’operazione è avvenuta mediante il corretto inserimento di tutti i codici identificativi del ricorrente e che la somma trasferita sulla carta è stata prontamente prelevata dal titolare poco dopo l’accredito. L’intermediario rimarca inoltre che il ricorrente non prova alcun suo inadempimento contrattuale in quanto l’ordine è stato eseguito dopo che l’ordinante era stato correttamente identificato nel pieno rispetto di quanto contrattualmente previsto. L’intermediario segnala poi che i suoi sistemi sono assolutamente sicuri e certificati secondo rigorosi standard internazionali e conclude che il comportamento del ricorrente, che ha presumibilmente consentito a terzi di venire a conoscenza dei codici della carta, è affetto da negligenza in quanto contrasta con l’obbligo di segretezza dei codici stessi e configura gli estremi della colpa grave.

Diritto

I fatti oggetto del ricorso devono essere valutati alla luce della disciplina prevista dal d.

lgs. 27 gennaio 2010, n. 11, entrata in vigore il 1° marzo 2011 per recepire nell’ordinamento nazionale la direttiva 2007/64/CE relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno. In base a tale disciplina le perdite derivanti dalle operazioni che il titolare dello strumento di pagamento nega di aver autorizzato sono poste a carico del titolare stesso solo se venga provato che questi abbia agito in modo fraudolento e non abbia adempiuto con dolo o colpa grave ad uno o più dei suoi obblighi; in caso contrario, esse gravano sul prestatore dei servizi di pagamento, salvo una franchigia comunque non superiore a 150 euro (v. art. 10, comma 2 e art. 12, comma 3 del d. lgs. cit.).

Compete pertanto all’intermediario, per liberarsi da ogni responsabilità, l’onere di dimostrare la colpa grave o il comportamento fraudolento del titolare dello strumento di pagamento, in base ai principi che regolano la responsabilità contrattuale (art. 1218 cod.

civ.)

In proposito, l’intermediario sostiene che la colpa grave del ricorrente sia dimostrata dal fatto che le operazioni contestate sono state effettuate con l’utilizzo di tutti i riconoscimenti informatici necessari per l’operatività on line. Tale circostanze lascerebbero quindi

(3)

presumere, ad avviso dell’intermediario, che il ricorrente sia venuto meno, con colpa grave, all’obbligo di custodia e riservatezza dei propri codici.

Il Collegio non ritiene tuttavia che dalle circostanze sopra riferite possa trarsi una presunzione di colpa grave a carico del ricorrente.

Costituisce infatti orientamento consolidato dei Collegi dell’Arbitro che la mera circostanza della corretta digitazione dei codici non sia sufficiente ad addossare al cliente la responsabilità per una loro incauta o negligente custodia e, tanto meno, un suo comportamento “caratterizzato da un grado elevatissimo e del tutto abnorme, rispetto ai parametri dell’essere umano medio, di negligenza ed imprudenza”, in cui si concreta la colpa grave (cfr. dec. n. 982/2010). Infatti, come ribadito in più occasioni anche sulla scorta della Giurisprudenza di merito (cfr., per tutte, Decisione n. 665 del 2 luglio 2010),

“nel caso di uso illegittimo di una tessera bancomat, la società di servizi la quale eccepisca la colpa concorrente del titolare per difettosa custodia del codice personale (P.I.N.) ha l’onere di provare concretamente tale negligenza, la quale non può ritenersi in re ipsa per il solo fatto che una tessera bancomat, dopo il furto, sia stata utilizzata per prelevare contante facendo uso del P.I.N. (Trib. Roma, sez XIII civile, 20 febbraio 2006).

E’ infatti dato acquisito, anche negli ambienti bancari (cfr. Rapporto ABI CIPA CNIPA sul furto di identità elettronica tramite internet, Bancaria editrice, 2006, p. 23 ss.), quello secondo cui, allo stato delle conoscenze tecnologiche, non si può affatto escludere la possibilità della sottrazione al cliente, da parte del terzo frodatore, dei codici identificativi attribuiti al primo per l’accesso ai servizi bancari on line o per l’utilizzo di strumenti di pagamento, senza che al comportamento del cliente possa riconoscersi alcuna efficienza causale nella produzione del fatto illecito (il “furto” dei detti codici d’accesso o numeri identificativi)”. Si richiama in proposito anche una recentissima decisione del Collegio di coordinamento dell’Arbitro (dec. n. 3498/12 del 26.10.2012) che con riferimento alle frodi informatiche, quale quella riscontrabile nel caso in esame, ha dato ampiamente conto delle ragioni a sostegno dell’orientamento citato.

Non utile a configurare una responsabilità del ricorrente a titolo di colpa grave, risulta anche l’ulteriore circostanza, dedotta dalla parte resistente, della mancata attivazione del servizio di generazione di una password di sicurezza monouso. Alla data di emissione della carta del ricorrente (9.12.2010) l’utilizzo di tale cautela era infatti ancora presentato dall’intermediario come facoltativo, essendo stato reso non derogabile per le sole carte emesse a decorrere dal 22 dicembre 2010; il non avervi fatto ricorso non può quindi essere ritenuto atto talmente sconsiderato da integrare una colpa grave del ricorrente.

(4)

Piuttosto, l’introduzione di una procedura aggiuntiva di sicurezza testimonia che l’intermediario era consapevole di un funzionamento non del tutto garantito del proprio sistema e la circostanza che essa non sia stata resa obbligataria per la generalità della clientela può essere indice di una sua responsabilità per non aver operato in modo da rendere più sicuro il servizio offerto, in violazione del disposto dell’ art. 8, comma 1, lett. a) del d. lgs. n. 11/2010.

Parimenti inconferente appare anche l’ulteriore rilievo della parte resistente con il quale viene evidenziato che il ricorrente non ha in alcun modo provato un suo inadempimento contrattuale. È infatti agevole obiettare che tale considerazione si ispira ad una palese inversione del sistema di ripartizione degli oneri probatori previsto dalla disciplina sopra citata e non può essere invocata per escludere la responsabilità dell’intermediario.

Dalla mancanza di prova di un comportamento gravemente colposo del ricorrente deve pertanto conseguire, in base alle disposizioni sopra citate del d. lgs. n. 11/2010, che le perdite derivanti dall’indebita sottrazione dei fondi siano poste a carico dell’intermediario.

Considerate poi la ridotta misura dell’importo sottratto e soprattutto la circostanza che le somme distratte sono state immediatamente prelevate dall’autore della frode (ciò che ricorre con sconcertante frequenza nei rapporti intrattenuti con la clientela dalla parte resistente, postulando una accertata inaffidabilità dei sistemi e delle procedure da questa utilizzati), il Collegio, in applicazione dei consueti criteri di determinazione della franchigia (su cui cfr. dec. n. 1412 dell’8.5.2012), dispone di non far luogo all’applicazione di alcuna franchigia.

Quanto alle ulteriori domande formulate dal ricorrente, il Collegio osserva che la sua cognizione può limitarsi esclusivamente al petitum relativo al risarcimento dei danni “non rientrando nelle attribuzioni dell’Arbitro Bancario Finanziario il disporre a carico del resistente l’obbligo di [ri]attivazione della carta di credito, in quanto determinativo di un facere infungibile precluso tanto dalle vigenti disposizioni che regolano la materia sottoposta al suo giudizio, quanto, più in generale, dalla stessa giurisprudenza (cfr., fra le tante, nella giurisprudenza di merito, Trib. Catania, 19 gennaio 2004; in quella di legittimità, Cass. 13 ottobre 1997, n. 9957)” (Collegio di Napoli, dec. 18 gennaio 2012, n.

168).

Ciò posto, il Collegio ritiene che debba essere accolta la richiesta di rifusione delle spese sostenute per l’assistenza del legale, nell’importo di euro 103,04 documentato dalla notula trasmessa, considerato che le vigenti disposizioni disciplinanti la procedura presso l’ABF non escludono la possibilità per il ricorrente di farsi rappresentare da un legale.

(5)

Meritevole di accoglimento è anche la domanda risarcitoria relativa al danno patrimoniale per “i disagi ed ulteriori costi sopportati”, quantificato nell’importo di euro 100, che, pur in difetto di specifiche evidenze probatorie, deve ritenersi giustificato dalle modalità di svolgimento del rapporto con l’intermediario e dalle attività dispiegate dal ricorrente per far valere le sue ragioni.

In relazione a quanto sopra, il Collegio dispone, conclusivamente, che l’intermediario corrisponda al ricorrente l’importo di euro 425,62 (quattrocentoventicinque/62).

P.Q.M.

Il Collegio accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione.

Dispone inoltre che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

Riferimenti

Documenti correlati

In realtà, dai chiarimenti resi dalla cliente nelle note di replica alle controdeduzioni, nonché dall’esame della complessiva documentazione in atti, si può verosimilmente

A tale interpretazione consegue l’accoglimento della domanda formulata dalla ricorrente per l’accertamento della illegittimità della condotta dell’intermediario con riferimento

moltiplicando le 83 rate mensili da corrispondere per l’importo medio di € 778,52, il TAEG effettivo applicato dall’intermediario era tuttavia risultato pari al 29,144%,

Venendo al merito della restante controversia, dalla documentazione acquisita agli atti del procedimento risulta che in data 28/09/05 l’intermediario comunicava all’odierno

Al riguardo appare priva di pregio l’eccezione della resistente la quale ritiene che la cliente avrebbe dovuto costituire in mora non la società fornitrice (affiliata) che

Dopo numerosi solleciti, il 18.5.2012 la banca convenuta rispondeva asserendo che il mutuo non potesse usufruire delle agevolazioni stabilite dall’art. decreto Bersani)

Il 17 agosto 2012 la banca convenuta notificava al ricorrente e alla moglie, nella sua qualità di prestatrice della fideiussione, la decadenza dal beneficio del termine a seguito

Nelle controdeduzioni dell’8.3.2012 l’intermediario ribadisce di non poter accogliere la richiesta formulata dalla ricorrente sostenendo la correttezza del proprio comportamento,