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IL COLLEGIO DI ROMA. [Estensore] Avv. Michele Maccarone Membro designato dal Conciliatore Bancario e Finanziario

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IL COLLEGIO DI ROMA

composto dai Signori:

Avv. Bruno De Carolis Membro designato dalla Banca d’Italia, che svolge le funzioni di Presidente

Dott.ssa Claudia Rossi Membro designato dalla Banca d'Italia

Dott. Comm. Girolamo Fabio Porta Membro designato dalla Banca d'Italia [Estensore]

Avv. Michele Maccarone Membro designato dal Conciliatore Bancario e Finanziario

Prof. Liliana Rossi Carleo Membro designato dal C.N.C.U.

nella seduta del 4/06/2012, dopo aver esaminato x il ricorso e la documentazione allegata;

x le controdeduzioni dell'intermediario e la relativa documentazione;

x la relazione istruttoria della Segreteria tecnica,

Fatto

In data 4 ottobre 2006 la ricorrente stipulava con la banca convenuta un contratto di apertura di credito assistito da garanzia ipotecaria per l’importo di euro 175.000,00, regolato in conto corrente, alle seguenti principali condizioni: i) tasso debitore nominale annuo composto da una quota fissa pari a 2,50 punti percentuali e una quota variabile pari alla media mensile Euribor (divisore 365) per utilizzi entro il fido accordato; ii) tasso debitore nominale annuo pari al 13,75 % “per utilizzi in supero del fido accordato”; iii) commissione di massimo scoperto pari all’1,20%, calcolata sul saldo debitore oltre il fido concesso per utilizzi di conto pari o superiore a tre giorni, ovvero una percentuale pari al 20% degli interessi debitori maturati nel periodo di liquidazione, per utilizzi di conto di durata inferiore a tre giorni; iv) facoltà riconosciuta alla banca di apportare eventuali

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modifiche alle condizioni contrattuali originarie, ai sensi degli artt. 117 e 118 del d. lgs.

385/1993 (TUB), per espresso consenso del cliente.

Ciò premesso, con ricorso del 24 settembre 2011, esponeva la ricorrente di aver ricevuto in data 11 maggio 2009 una “Proposta di modifica unilaterale del contratto” con la quale l’intermediario, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 2/2009 e “in considerazione degli effetti della crisi finanziaria”, comunicava la modifica del regime commissionale concernente le forme di remunerazione del credito pattuite, attraverso l’introduzione del c.d. “tasso di utilizzo oltre fido” (TUOF), applicabile con cadenza trimestrale sull’intero saldo a debito (e non sulla mera eccedenza extrafido) in caso di superamento dell’accordato, in luogo della commissione trimestrale di massimo scoperto e di tal altri oneri connessi.

In data 30 giugno 2009, a seguito di un marginale scoperto di conto eccedente l’apertura di credito, la ricorrente rilevava l’addebito di competenze significative a titolo di TUOF; sicché, con nota del 20 ottobre 2010 chiedeva chiarimenti sul punto all’intermediario contestando l’illegittimità della suddetta voce di costo. Seguivano altre contestazioni sulla questione formalizzate, da ultimo, con reclamo del 15 giugno 2011.

Rimasto senza esito favorevole il reclamo, la ricorrente presentava il ricorso introduttivo al presente procedimento a mezzo del quale, contestando l’assenza di un giustificato motivo e di una inadeguata informativa in ordine alle modifiche apportate alle originarie condizioni negoziali, nonché la condotta dell’intermediario contraria ai canoni di buona fede ex. art. 1375 c.c., chiedeva al Collegio:

- di dichiarare la nullità della clausola recante il “TUOF” (tasso debitore in caso di utilizzo oltre il fido);

- di condannare l’intermediario alla ripetizione della somma illegittimamente addebitata in forza della clausola di cui sopra – complessivamente quantificata in euro 25.000,00 - ovvero della diversa somma stabilita dal Collegio, anche in via equitativa;

- di condannare l’intermediario al risarcimento dei “danni conseguenti all’abusivo esercizio del diritto di variazione delle condizioni contrattuali ex art.118 TUB, in via equitativa”.

Resisteva la banca con controdeduzioni del 29 dicembre 2011 sollevando le seguenti eccezioni di rito e di merito.

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Sotto il primo profilo la resistente eccepiva la tardiva presentazione del ricorso effettuata dopo lo spirare del termine di dodici mesi dal reclamo richiesto dalle vigenti disposizioni sull’ABF, risalendo la prima contestazione della ricorrente al 16 settembre 2010, nonché il difetto di competenza del Collegio sulla domanda di nullità, proponibile solo nei confronti di un organo giurisdizionale.

Quanto al merito, la banca evidenziava che le condizioni originarie del contratto di apertura di credito prevedevano l’applicazione di interessi al tasso nominale del 13,75%

annuo sugli eventuali utilizzi eccedenti il fido accordato, nonché un articolato regime commissionale composto, tra l’altro, dalla Commissione di Massimo Scoperto trimestrale.

Ciò posto la resistente precisava che l'applicazione del “TUOF” - tasso d’interesse applicabile trimestralmente in caso di utilizzi eccedenti il fido accordato, in ragione del 12,50% sull’intero importo utilizzato - era stata effettuata in ossequio al disposto di cui all'art. 2-bis della legge n. 2/2009, avendo provveduto in data 11 maggio 2009 ad inviare alla ricorrente la “Proposta di modifica unilaterale delle condizioni” ai sensi dell'articolo 118 del D. Lgs. 385/1993. Tale proposta - che non veniva rifiutata dalla cliente nei sessanta giorni successivi alla ricezione della stessa, tramite l'esercizio del diritto di recesso - riportava in maniera chiara il contenuto delle variazioni apportate al contratto inerenti la sostituzione della "Commissione sul Massimo Scoperto" e degli altri oneri connessi all’utilizzo del credito. Pertanto la resistente, ritenendo di aver correttamente applicato il TUOF sull’intero importo utilizzato – avendo rilevato sul conto della ricorrente un saldo debitore di euro 177,758,06 superiore all’affidamento di euro 175.000,00 nel periodo interessato – nonché l’infondatezza della richiesta risarcitoria sprovvista di alcun elemento di prova, chiedeva al Collegio il rigetto del ricorso in quanto infondato.

Diritto

In via preliminare si rigetta l’eccezione d’inammissibilità del ricorso sollevata dalla resistente per il superamento del termine di dodici mesi dalla data del reclamo previsto dalle “Disposizioni sull’ABF” quale limite temporale per accedere alla presente procedura.

Tale atto, propedeutico all’odierno procedimento, può infatti rinvenirsi nella richiesta formulata all’intermediario in data 15 giugno 2011 che trova puntuale riscontro nel ricorso.

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Sempre in via pregiudiziale si rigetta l’eccezione d’incompetenza ratione materiae sollevata dalla resistente in ordine alla invocata declaratoria di nullità della clausola di remunerazione del credito introdotta con “proposta di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali”, posto che, a mente dell’art. 4 delle richiamate Disposizioni: “all’Arbitro Bancario Finanziario possono essere sottoposte controversie aventi ad oggetto l’accertamento di diritti, obblighi e facoltà, indipendentemente dal valore del rapporto al quale si riferiscono”.

Pertanto, considerato che dalla dichiarazione di nullità della clausola in esame deriva l’accertamento di un diritto o di un obbligo a carico di una delle parti, non può revocarsi in dubbio che la questione rientri nella competenza dell’ABF.

Rilevata l’ammissibilità del ricorso, il Collegio ritiene di poterlo accogliere nel merito, nei limiti di seguito indicati.

Assume rilievo la verifica della legittimità dell’esercizio dello ius variandi di cui all’art. 118 T.U.B. in virtù del quale la banca (con comunicazione dell’11 maggio 2009), a seguito dell’art. 2-bis, l. n. 2/2009, ha modificato talune condizioni del contratto inter partes – afferenti il regime commissionale degli utilizzi oltre fido – introducendo, in sostituzione della previgente commissione trimestrale di massimo scoperto, e di ulteriori spese connesse, un corrispettivo denominato “TUOF” (tasso debitore per utilizzo oltre il fido) applicabile a partire dal 1°luglio 2009.

Al riguardo, ai sensi dell’art. 117 del D.Lgs. n. 385/1993, è innanzitutto necessario che la facoltà della banca di modificare unilateralmente, anche in senso sfavorevole alla controparte, tassi, prezzi e altre condizioni, sia espressamente stabilita in contratto per mezzo di clausole sottoposte a specifica approvazione da parte del cliente. La modifica va inoltre comunicata preventivamente al cliente secondo le modalità e sulla base dei presupposti di cui al successivo art. 118 T.U.B.

Nella specie, dalla documentazione in atti, tale facoltà appare formalmente riconosciuta alla banca posto che, secondo quanto previsto dall’art. 12 del contratto: “Il beneficiario approva espressamente, ai sensi dell’art. 117 del TUB, la facoltà della Banca di variare le clausole economiche e contrattuali che regolano il rapporto”.

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Quanto al secondo aspetto, questo Arbitro ha avuto modo di chiarire che costituisce giustificato motivo – ai sensi dell’art. 118 T.U.B. – la necessità di adeguare i contratti in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore dell’art. 2-bis, l. n. 2/2009, con conseguente possibilità per la banca di avvalersi dello ius variandi per sostituire clausole di remunerazione degli affidamenti comunque denominate non conformi alla normativa vigente con altre che invece rispondono ai requisiti di legge, “fatta salva la facoltà di recesso del cliente in ogni momento”.

Tale possibilità presuppone che il contratto in corso preveda pattuizioni che contrastino con i precetti di cui alla norma da ultimo citata poiché, in caso contrario, verrebbe meno uno dei presupposti per applicare l’istituto dello ius variandi, il quale non può essere utilizzato per introdurre nel regolamento negoziale previsioni nuove, ma solo per modificare pattuizioni già esistenti in modo da garantire la permanenza dell’equilibrio sinallagmatico del contratto (ABF, Roma, Dec. n. 2165/2011).

Nella fattispecie, la “proposta di modifica unilaterale delle condizioni” inviata alla cliente reca indicazioni sul corrispettivo di remunerazione del credito a carico della medesima secondo cui, a fronte di uno sconfinamento, la banca applica trimestralmente il “tasso debitore in caso di utilizzo oltre il fido” accordato; tale onere viene tuttavia calcolato in ragione del 12,50% dell’intero importo del saldo debitore – e non sulla mera eccedenza oltre l’ammontare dell’apertura di credito – per i giorni di effettivo utilizzo.

Ora, ad avviso del Collegio, una clausola siffatta appare estranea alla fattispecie delineata dall’art. 2-bis, comma 3°, della l. n. 2/2009 – la cui entrata in vigore rappresenta un “giustificato motivo” per le variazioni che riguardano le commissioni di remunerazione degli affidamenti o sconfinamenti comunque denominate – in quanto non comporta la sostituzione dell’originaria commissione di massimo scoperto con altra rispondente ai requisiti della nuova norma, ma determina una variazione del tasso di interesse applicato sull’intero saldo a debito del conto corrente, che si attiva in caso di superamento del fido accordato.

Ne consegue che, nella specie, il rinvio “all’entrata in vigore della legge n. 2 del 28 gennaio 2009” non è idoneo a legittimare la citata modifica unilaterale; né può costituire giustificato motivo dell’esercizio dello ius variandi il richiamo “agli effetti prodotti dall’attuale crisi economica e finanziaria”, in quanto indicazione estremamente sintetica e generica tale da non consentire al cliente di valutare la congruità della variazione rispetto alla

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motivazione che ne è alla base (ABF, Milano, Dec. n. 2419/2011). Si rileva altresì che la comunicazione non appare soddisfare i criteri di esaustività ed adeguatezza nella descrizione delle modalità di calcolo dei nuovi oneri in modo da consentire al cliente di esercitare eventualmente, in maniera consapevole, il diritto di recesso.

In tale contesto, l’introduzione di una clausola di remunerazione, peraltro svincolata dall’ammontare del fido accordato, in quanto atta a modificare radicalmente l’equilibrio sinallagmatico del contratto in parola, deve ritenersi nuova e quindi non suscettibile di rientrare fra le ipotesi di modifica unilaterale del contratto previste dall’art. 118 T.U.B.

Pertanto, in mancanza dei presupposti previsti dalla legge, l’introduzione del corrispettivo denominato TUOF applicato dalla banca in caso di utilizzi oltre il fido concesso deve ritenersi illegittima e inefficace nei confronti della cliente, alla quale dovranno essere rimborsate le somme addebitate in conto a tale titolo.

Si rigetta invece la richiesta risarcitoria per i danni risentiti in quanto sfornita del necessario supporto probatorio. Resta assorbita ogni altra domanda.

P.Q.M.

Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso nei sensi di cui in motivazione.

Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

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