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COLLEGIO DI ROMA. Membro designato dalla Banca d'italia. (RM) GRANATA Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari

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(1)

COLLEGIO DI ROMA

composto dai signori:

(RM) SIRENA Presidente

(RM) SCIUTO Membro designato dalla Banca d'Italia

(RM) PAGLIETTI Membro designato dalla Banca d'Italia

(RM) GRANATA Membro designato da Associazione

rappresentativa degli intermediari

(RM) SARZANA DI S. IPPOLITO Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti

Relatore SCIUTO

Nella seduta dell’11/09/2020

- dopo aver esaminato l’istanza di correzione del dispositivo della decisione n.

0004666/20 del 12/03/2020 presentata dall’intermediario resistente

- viste le vigenti “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari”

- Il Collegio, esaminata l’istanza di correzione, la accoglie e per l’effetto determina di sostituire il dispositivo della decisione con il seguente:

“Il Collegio dispone che l’intermediario corrisponda alla parte ricorrente l’importo di euro 158,02. Respinge nel resto.

Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e alla parte ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.”

IL PRESIDENTE

firma 1

(2)

COLLEGIO DI ROMA

composto dai signori:

(RM) SIRENA Presidente

(RM) PAGLIETTI Membro designato dalla Banca d'Italia

(RM) PATTI Membro designato dalla Banca d'Italia

(RM) D ALIA Membro di designazione rappresentativa

degli intermediari

(RM) SARZANA DI S. IPPOLITO Membro di designazione rappresentativa dei clienti

Relatore ESTERNI - PAGLIETTI MARIA CECILIA

Seduta del 16/01/2020

FATTO

In sede di reclamo, parte ricorrente contestava la mancata retrocessione da parte dell’intermediario, della quota parte dovuta a titolo di commissioni e di premio assicurativo a seguito dell’estinzione anticipata (avvenuta in data 24.2.12) di un contratto di finanziamento contro cessione di un quinto della retribuzione, stipulato in data 9.9.10.

Insoddisfatta del riscontro, reiterava la richiesta (assistita da un difensore di fiducia) in sede di ricorso, domandando l’accertamento del proprio diritto alla restituzione di € 621,00, oltre alla rifusione delle spese per la difesa tecnica.

L’intermediario, con le controdeduzioni, ha chiesto il rigetto del ricorso, eccependo la propria carenza di legittimazione passiva quanto all’obbligo di rimborso del premio assicurativo, a suo avviso gravante sulla compagnia di assicurazioni. La convenuta precisa che il finanziamento è stato estinto a seguito della cessazione del rapporto di lavoro della ricorrente e il debito residuo è stato pagato in parte con il TFR ed in parte con l’intervento della compagnia assicurativa e riferisce di aver provveduto a richiedere all’Amministrazione Terza Ceduta (ATC) il versamento del TFR maturato pari ad € 2.352,46.

La rimanente parte del debito residuo, pari ad € 2.222,56, è stata recuperata dalla Banca attraverso l’attivazione della polizza assicurativa “rischio impiego” annessa al finanziamento.

(3)

Deduce la non rimborsabilità delle commissioni di attivazione, in quanto relative alla fase prodromica alla conclusione del contratto. Deduce, inoltre, l’avvenuto rimborso, in sede di conteggio estintivo, delle commissioni di gestione, per la somma di € 306,59, importo calcolato in conformità ai principi contabili internazionali IFRS/IAS che impongono la contabilizzazione delle attività finanziarie, e nello specifico dei crediti verso la clientela, secondo il criterio del costo ammortizzato (IAS 39). Con riguardo agli oneri assicurativi, la resistente precisa che l’importo addebitato alla ricorrente corrisponde al premio per il rischio vita mentre per il rischio credito il relativo onere è stato sostenuto dalla convenuta;

rappresenta l’avvenuta trasmissione alla compagnia assicurativa, a seguito della ricezione del reclamo, della richiesta di rimborso del premio vita non goduto.

L’intermediario chiede inoltre il rigetto della domanda di rifusione delle spese legali, deducendo la facoltatività dell’assistenza del difensore nei procedimenti di fronte all’Arbitro bancario finanziario.

In via subordinata, la convenuta chiede, qualora fosse tenuta a riconoscere ulteriori somme alla ricorrente, di circoscrivere l’importo dovuto a quanto già offerto in sede di riscontro al reclamo e rifiutato dalla ricorrente (pari ad euro 121,02).

In via ulteriormente subordinata, la banca richiede di decurtare da quanto dovuto la somma già riconosciuta a titolo di commissioni di gestione.

DIRITTO

Si controverte del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito, ai sensi dell’art. 125 sexies T.U.B. (D.gs. 1.9. 1993, modificato con D. Lgs. 13/08/2010 n.

141).

Posto il deposito, in atti, di molteplici conteggi estintivi elaborati in momenti differenti con una diversa rappresentazione dei pagamenti avvenuti (il primo datato 12 dicembre 2011, il secondo 24 febbraio 2018), il Collegio ritiene di prendere come base dei calcoli quello elaborato con riferimento alla data in cui il ricorrente ha interrotto la prestazione lavorativa, ovvero il secondo (secondo l’orientamento espresso anche dal Collegio di coordinamento:

decisione 13306/2018).

Nella controversia in questione il versamento diretto del TFR al finanziatore non è stato sufficiente ad estinguere il finanziamento erogato alla ricorrente, trattandosi di un importo inferiore a quello dovuto alla resistente. La differenza è stata pertanto a quest’ultima pagata dalla società di assicurazione che può surrogarsi nei diritti spettanti al finanziatore nei confronti del debitore inadempiente là dove ciò sia stato pattuito nel contratto di finanziamento. Segnatamente, a fronte di un debito residuo pari ad € 4.692,02, € 2.352,46 sono stati versati dall’ATC (l’Amministrazione terza ceduta) con il TFR ed € € 2.222,56 dall’assicurazione, come attestato dalla documentazione versata in atti dalla ricorrente (evidenza del bonifico con il quale l’ATC ha provveduto a versare l’importo maturato come TFR nonché l’atto di quietanza attestante il versamento della restante parte del debito residuo da parte dell’assicurazione con diritto di surroga nei limiti di tale importo).

Per quanto riguarda il primo soggetto sopra richiamato intervenuto nel pagamento del debito residuo, si ricorda che questo Collegio è solito riconoscere il diritto del ricorrente al rimborso pro rata temporis dei costi (cfr. decisione del Collegio di Roma n. 3375/2015) in quanto i versamenti sono stati effettuati con somme accantonate dallo stesso lavoratore.

Poiché tali versamenti hanno coperto parzialmente il debito residuo, il Collegio riconosce un rimborso pro rata temporis limitatamente alla quota del TFR e del fondo complementare incassati rispetto al debito anticipatamente rimborsato (cfr. Decisione n.

4302 del 09.05.2016 del Collegio di Roma).

(4)

Pertanto il ricorrente ha diritto al rimborso del 50,14% dei costi così calcolato:

(2.352,46)/4.692,02 = 50,14%.

Ancora, nel merito della controversia, il Collegio osserva quanto segue.

PREMESSO che:

La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, Prima Sezione, 11 settembre 2019, pronunciata nella causa C-383/18, ha stabilito che: «L’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore».

Secondo quanto è stato chiarito dal Collegio di coordinamento di questo Arbitro nella decisione n. 26525 del 2019, il principio di diritto enunciato dalla suddetta sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea è direttamente e immediatamente applicabile non solo ai contratti stipulati posteriormente, ma anche a quelli stipulati anteriormente alla sua pubblicazione.

PREMESSO inoltre che:

La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, Prima Sezione, 11 settembre 2019, pronunciata nella causa C-383/18, ha statuito che: «[L]’effettività del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito risulterebbe sminuita qualora la riduzione del credito potesse limitarsi alla presa in considerazione dei soli costi presentati dal soggetto concedente il credito come dipendenti dalla durata del contratto, dato che […]

i costi e la loro ripartizione sono determinati unilateralmente dalla banca e che la fatturazione di costi può includere un certo margine di profitto» (para 31).

Nella misura in cui la ripartizione tra costi recurring e costi up-front risulti esclusivamente dalle clausole contrattuali, la loro ripartizione è determinata unilateralmente dalla banca (trattandosi di un contratto standard da quest’ultima redatto) e la loro fatturazione può includere un certo margine di profitto. Ne consegue che, in applicazione del principio di diritto enunciato dalla suddetta sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, tali costi dovranno essere tutti assoggettati alla riduzione del costo totale del credito che è disposta dall’art. 125 sexies, 1° comma, t.u.b.

Secondo quanto è stato chiarito dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella suddetta sentenza, l’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 va interpretato nel senso che: «il metodo di calcolo che deve essere utilizzato al fine di procedere a tale riduzione consiste nel prendere in considerazione la totalità dei costi sopportati dal consumatore e nel ridurne poi l’importo in proporzione alla durata residua del contratto» (para 24). Ai sensi dell’art.

125 sexies, 1° comma, t.u.b., il criterio c.d. pro rata temporis, il quale si rifà a un rigoroso principio di proporzionalità, deve essere quindi preferito ad altri criteri (come quello basato sulla curva degli interessi), i quali si rifanno a un principio più o meno accentuato di regressività. Secondo quanto è letteralmente stabilito dall’art. 125, 1° comma, t.u.b., inoltre, il criterio c.d. pro rata temporis deve essere applicato al costo totale del credito in quanto tale, indipendentemente dalla natura o dalla qualificazione contrattuale delle sue singole componenti; in particolare, tale criterio è applicabile tanto ai costi recurring (compreso il premio dell’assicurazione a protezione del credito), quanto a quelli up-front.

Secondo quanto è stato chiarito dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella suddetta sentenza, la soluzione di cui si è detto non è idonea a penalizzare in maniera sproporzionata il soggetto concedente il credito, in quanto «gli interessi di quest’ultimo vengono presi in considerazione, da un lato, tramite l’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2008/48, il quale prevede, a beneficio del mutuante, il diritto ad un indennizzo per gli eventuali costi direttamente collegati al rimborso anticipato del credito, e, dall’altro lato,

(5)

tramite l’articolo 16, paragrafo 4, della medesima direttiva, che offre agli Stati membri una possibilità supplementare di provvedere affinché l’indennizzo sia adeguato alle condizioni del credito e del mercato al fine di tutelare gli interessi del mutuante» (para 34).

PREMESSO d’altro canto che:

Secondo quanto è stato chiarito dal Collegio di coordinamento di questo Arbitro nella suddetta decisione n. 26525 del 2019, «la CGUE, lungi dal procedere a un’assimilazione concettuale dei costi up front e dei costi recurring, ed anzi riconoscendone in astratto la diversità (v. in particolare il paragrafo 34 della sentenza), ha semplicemente valutato l’obiettiva difficoltà in concreto della loro differenziazione».

Qualora sussista un oggettivo riscontro probatorio che l’intermediario abbia effettuato il pagamento di un costo indicato nel contratto come up-front, viene meno il rischio che, secondo quanto paventato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella suddetta sentenza, «il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti più elevati al momento della conclusione del contratto di credito, poiché il soggetto concedente potrebbe essere tentato di ridurre al minimo i costi dipendenti dalla durata del contratto» (para 32).

Qualora sussista un oggettivo riscontro probatorio che l’intermediario abbia effettuato il pagamento di un costo indicato nel contratto come up-front, viene inoltre meno il rischio che, secondo quanto paventato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella suddetta sentenza (para 31), la fatturazione di tali costi possa includere un certo margine di profitto per l’intermediario.

Qualora sussista un oggettivo riscontro probatorio che l’intermediario abbia effettuato il pagamento di un costo indicato nel contratto come up-front, la sua (parziale) retrocessione al consumatore farebbe sì che quest’ultimo si arricchisca ingiustificatamente a spese dell’intermediario, avendo comunque usufruito del servizio finanziario che ha costituito oggetto del contratto stipulato tra le parti. Nella sentenza 16 dicembre 2008, Grande Sezione, pronunciata nella causa C-47/07, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha riconosciuto che il divieto di arricchirsi ingiustificatamente a spese altrui costituisce uno dei principî generali del diritto dell’Unione europea (para 50).

Qualora sussista un oggettivo riscontro probatorio che l’intermediario abbia effettuato il pagamento di un costo indicato nel contratto come up-front, il suo importo non è pertanto assoggettato alla riduzione del costo totale del credito che è disposta dall’art. 125 sexies, 1° comma, t.u.b. Questa soluzione è applicabile a imposte e tasse, spese vive di istruttoria (segnatamente, perizie), compenso per l’attività di intermediazione del credito (sempre che l’intermediario fornisca un oggettivo riscontro probatorio di averne pagato l’importo).

Per quanto riguarda imposte e tasse si deve rilevare che, trattandosi di un adempimento imposto dalla legge, può essere presunto fino a prova contraria che l’intermediario abbia provveduto al pagamento dell’importo indicato nel contratto stipulato con il consumatore.

Per quanto riguarda il compenso per l’attività d’intermediazione nel credito (svolta tanto dal mediatore, quanto dall’agente), è necessario che il suo pagamento sia provato in modo particolarmente rigoroso dall’intermediario resistente.

Sulla base di tali premesse, in relazione al caso di specie si osserva quanto segue:

- l’importo di imposte e tasse, indicato nel contratto stipulato con il consumatore, e che si presume sia stato pagato dall’intermediario sino a prova contraria, non è assoggettato alla riduzione del costo totale del credito disposta dall’art. 125 sexies, 1° comma, t.u.b. ;

- le commissioni finanziarie e le commissioni d’intermediazione del credito sono assoggettate, unitamente a qualsiasi importo contrattualmente previsto che rientri nel costo totale del credito, alla riduzione del costo totale del credito disposta dall’art. 125 sexies, 1° comma, t.u.b., stante l’assenza, nell’attuata produzione documentale, di evidenze idonee a provare l’avvenuto pagamento ai terzi;

(6)

- il compenso relativo alla clausola contrattualmente denominata “commissioni rete esterna”, non è assoggettato alla riduzione del costo totale del credito, avendo l’intermediario versato in atti la documentazione idonea ad attestare il pagamento della relativa commissione.

Con riguardo, invece, all’intervento della compagnia assicurativa, si devono richiamare le decisioni del Collegio di Coordinamento (nn. 13305 e 13306 del 19.6.18), le quali hanno stabilito che:

- tutte le volte che in sede di estinzione anticipata del contratto di finanziamento interviene l’assicuratore, il premio relativo alla copertura assicurativa inizialmente corrisposto dal cliente, se individuabile, non è suscettibile di restituzione ai sensi degli artt. 125-sexies TUB e 2033 c.c.;

- nel caso di assicurazione stipulata a proprie spese dall’intermediario a protezione del proprio credito nei confronti del cliente, quest’ultimo non ha diritto ad alcuna ripetizione di commissioni, a meno che l’assicuratore abbia esercitato il diritto di rivalsa nei suoi confronti;

- nel caso di assicurazione vita/danni, con oneri assicurativi sopportati dal cliente finanziato, l’estinzione diretta da parte della compagnia di assicurazione non preclude al cliente l’azione di ripetizione relativa agli oneri non maturati per effetto dell’anticipata estinzione.

La ricorrente ha sostenuto solo il costo del premio assicurativo “ramo vita”; il costo della polizza credito che garantisce il mancato adempimento dell’obbligazione di rimborso del finanziamento a seguito della perdita del posto di lavoro è stato sostenuto dall’intermediario; non risulta esercitato il diritto di surroga da parte della Compagnia previsto dall’art. 5 del contratto. Alla luce di quanto sopra rilevato, il Collegio ritiene che la ricorrente non vanti diritto ad alcun rimborso in relazione al versamento della compagnia assicurativa .

Considerato che, per quanto sopra esplicitato, la riduzione del costo totale del credito disposta dall’art. 125 sexies, 1° comma, t.u.b. consiste nel prendere in considerazione la totalità dei costi sopportati dal consumatore e nel ridurne poi l’importo in proporzione alla durata residua del contratto e che il richiamato criterio c.d. pro rata temporis) è applicabile tanto ai costi contrattualmente qualificati come recurring (compreso il premio dell’assicurazione a protezione del credito), quanto a quelli up-front,

la parte ricorrente ha diritto, considerando i rimborsi già effettuati dalla convenuta, in ossequio al principio della domanda, alla somma risultante dalla seguente tabella:

rate pagate 15 rate residue 45

commissioni attivazione 167,13 125,35 125,35

commissioni gestione 575,19 431,39 306,59 124,80

rischio vita 86,68 65,01 65,01

315,16 Totale

Rimborsi già effettuati Residuo Oneri sostenuti

Importi Metodo pro quota Metodo contrattuale

Pertanto, tenuto conto di quanto su esposto la ricorrente avrebbe diritto al rimborso di € 158,02 pari al 50,14 % dell’importo totale risultante dalla tabella.

Non può accogliersi infine la domanda di rifusione delle spese legali, considerato (cfr. Coll.

Roma n. 11244/16) che l’orientamento consolidato di quest’Arbitro in subiecta materia e la sua agevole conoscibilità rendono superflua l’assistenza di un professionista.

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PER QUESTI MOTIVI

Il Collegio dispone che l’intermediario corrisponda alla parte ricorrente la somma di euro 315,16. Respinge nel resto.

Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e alla parte ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

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