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IL COLLEGIO DI ROMA. [Estensore] Prof. avv. Diego Corapi Membro designato dal Conciliatore Bancario Finanziario

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IL COLLEGIO DI ROMA composto dai Signori:

Dott. Giuseppe Marziale Presidente

Prof. avv. Vincenzo Meli Membro designato dalla Banca d'Italia Dott.ssa Claudia Rossi Membro designato dalla Banca d'Italia

[Estensore]

Prof. avv. Diego Corapi Membro designato dal Conciliatore Bancario Finanziario

Prof. avv. Marco Marinaro Membro designato dal C.N.C.U.

nella seduta del 19/07/2013 dopo aver esaminato:

x il ricorso e la documentazione allegata;

x le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione;

x la relazione istruttoria della Segreteria tecnica,

FATTO

La controversia attiene al conteggio estintivo elaborato dall’intermediario all’atto della risoluzione anticipata di un mutuo di credito fondiario.

Il 21.12.2006 la ricorrente contraeva un mutuo trentennale dell’importo di 148.400 euro, da estinguersi in 372 rate mensili, la cui provvista veniva contestualmente utilizzata: a) quanto ad euro 110.000 per saldare il prezzo di acquisto di una unità immobiliare “A” ad uso abitativo –valutata € 110.500- con annesso terreno -valutato € 4.500,00; b) quanto ad € 26.134,73 per estinguere un mutuo precedentemente accordato da un altro intermediario per l’acquisto della prima casa “B”; c) quanto ad € 11.235,37 la banca consegnava alla ricorrente un assegno intestato alla mutuataria stessa per le proprie esigenze.

Il residuo importo –pari ad € 1.029,90- veniva trattenuto dalla banca a fronte di spese ed oneri fiscali sull’intera operazione.

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L’art. 7 del contratto stipulato tra le parti determinava l’entità della penale da pagare in caso di anticipato rimborso: nella misura del 3% del prestito residuo ove la risoluzione fosse avvenuta prima della 60ma rata, e dell’1,5% ove il rimborso fosse avvenuto successivamente.

Il 27.2.2012 la ricorrente, avvalendosi anche dell’apposito modulo predisposto dalla banca mutuante, corredato della necessaria documentazione, chiedeva di estinguere anticipatamente il prestito sicché il prestito residuo –pari ad euro 136.730,82- veniva estinto in concomitanza con la scadenza della 64 ma rata del prestito, vale a dire, il 21.4.2012.

Tenuto conto della penale, determinata dalla banca nella misura di 2.050,96 euro, della voce “onere sospensione pagamenti” (2.626,20 euro), nonché delle spese (€ 6,70), la cliente provvedeva a bonificare un complessivo importo di 141.414,68 euro secondo le istruzioni che le erano state precedentemente fornite dalla banca con nota del 4.4.2012.

Peraltro, il 19.4.2012, dopo aver inutilmente interloquito con il call center, la ricorrente aveva provveduto a contestare per iscritto l’entità della penale, ritenendo che al mutuo in questione si dovessero applicare le previsioni agevolative di legge nel frattempo intervenute che limitano ad un massimo dello 0,50% del prestito residuo la penale sulle estinzioni delle operazioni di specie, trattandosi di un mutuo contratto in larga prevalenza per l’acquisto di un immobile (“A”) ad uso abitativo -immobile del resto ormai adibito a prima casa della ricorrente a partire dal 1.2.2010- e per estinguere un mutuo a suo tempo sottoscritto per l’acquisto della “prima casa” (“B”). La ricorrente chiedeva pertanto la revisione dei conteggi eseguiti dalla banca, rappresentando l’urgenza di concludere l’operazione in considerazione della imminente vendita dell’immobile “A”, la cui stipula era stata fissata per il 26.4.2012

Dopo numerosi solleciti, il 18.5.2012 la banca convenuta rispondeva asserendo che il mutuo non potesse usufruire delle agevolazioni stabilite dall’art. 7, del d.l. 7/2007 (cd. decreto Bersani) convertito nella legge 40/2007, in quanto “il finanziamento … era stato erogato con finalità di sostituzione e liquidità” e che “la maggior parte dell’importo erogato …, pari ad € 121.235,27 era finalizzato all’acquisto di una seconda casa e alla concessione di liquidità aggiuntiva”. Sosteneva in proposito la banca che la disciplina citata “prevede

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l’annullamento delle penali di estinzione in caso di anticipata risoluzione dei contratti nel caso in cui i finanziamenti siano erogati per l’acquisto o la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale”. Nel contempo la banca asseriva di aver calcolato la penale in maniera erronea, a vantaggio della ricorrente, utilizzando il coefficiente dell’1,5% anziché del 3%, sicché sulla base di un “corretto” conteggio la penale si sarebbe ragguagliata ad € 3.404,59, con una differenza di € 1.353,63 rispetto a quanto pagato dalla ricorrente, differenza, questa, che la banca dichiarava di voler abbuonare alla ricorrente “in un’ottica di attenzione al cliente”.

Le argomentazioni della banca venivano puntualmente contestate con una nota del 31.5.2012, con la quale la ricorrente, dopo aver ribadito la richiesta di rimborso, evidenziava: a) che l’art. 7 del decreto citato dalla banca, nel testo modificato in sede di conversione, risultava applicabile sia ai mutui “prima casa” sia a quelli destinati a finanziare l’acquisto di una “seconda casa”; b) che la risposta della banca non teneva conto (nemmeno) del contratto stipulato tra le parti, con particolare riguardo all’art. 7, comma b).

Il 12.7.2012 la banca riconosceva, a seguito di “ulteriori verifiche”, di essere debitrice nei confronti della ricorrente di un importo di € 389,68, importo di cui forniva una ricostruzione solo in data 8.10.2012, dopo ulteriori sollecitazioni della ricorrente. In tale occasione la banca asseriva infatti che il corretto conteggio della penale si ragguagliava a 1.661,28 euro, come effetto dell’applicazione del coefficiente dello 0,50% sulla “quota sostituzione” ovvero sul 18% (sic) del debito residuo e l’1,5% sulla “quota liquidità”, ovvero sul 75%

(sic) del debito residuo e di aver provveduto ad effettuare tale rimborso in data 5.10.2012 sul conto bancario indicato dalla ricorrente.

Quest’ultima, insoddisfatta degli sviluppi della vertenza, si è rivolta all’Arbitro con il presente ricorso dell’8.3.2013 per conoscere se la penale di anticipata estinzione “alla fine pagata … è dovuta e se dovuta in questa misura, alla luce della legislazione vigente”, chiedendo il rimborso di quanto pagato in eccedenza, nonché l’accertamento della condotta della banca ritenuta dalla ricorrente “affetta da un atteggiamento punitivo e reticente”.

Nelle controdeduzioni del 26.4.2013 la resistente riepiloga sommariamente la vertenza, affermando di aver considerato, nella precedente nota dell’8.10.2012, quanto previsto dalla “normativa vigente”, con particolare

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riferimento alla legge 2.4.2007, n. 40 e al successivo accordo intercorso tra l’Associazione Bancaria Italiana e le associazioni dei consumatori. La banca peraltro produce un nuovo (quarto) conteggio della penale: la cifra corretta, che emergerebbe “dalle ulteriori verifiche effettuate in occasione del ricorso”, ammonterebbe, a suo dire, a 1.810,67 euro, in quanto la cd. “quota di liquidità”

del prestito si ragguaglierebbe all’82,39% del prestito, mentre la “quota di sostituzione” si ragguaglierebbe al 17,61%.

Ritenendo così di “aver prestato la massima attenzione alle esigenze della cliente, anche a fronte del maggior importo rimborsato alla ricorrente” la banca convenuta chiede che il ricorso venga respinto.

DIRITTO

Il ricorso è fondato. Nel corso della controversia la banca convenuta ha infatti fornito alla ricorrente quattro diversi conteggi della penale sull’estinzione anticipata del prestito, nessuno dei quali è risultato corretto, tutti a detrimento della ricorrente.

E’ infatti di tutta evidenza che all’operazione in questione risultino applicabili le previsioni del cd. decreto bersani, convertito in legge 40/2007, successivamente trasfuse negli articoli 120-ter, comma 1 e 161, comma 7 ter del Testo unico bancario, per effetto dell’art. 4, commi 2 e 6, del D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141. Stabiliscono infatti le citate norme del Testo unico bancario:

art. 120-ter, comma 1: “E’ nullo qualunque patto o clausola, anche posteriore alla conclusione del contratto, con il quale si convenga che il mutuatario sia tenuto al pagamento di un compenso o penale o ad altra prestazione a favore del soggetto mutuante per l’estinzione anticipata o parziale dei mutui stipulati o accollati a seguito di frazionamento, anche ai sensi del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, per l'acquisto o per la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione ovvero allo svolgimento della propria attività economica o professionale da parte di persone fisiche. La nullità del patto o della clausola opera di diritto e non comporta la nullità del contratto.”

art. 161, comma 7-ter: ”Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 120- ter si applicano ai contratti di mutuo per l’acquisto della prima casa stipulati a

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decorrere dal 2 febbraio 2007 e ai contratti di mutuo per l'acquisto o per la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione ovvero allo svolgimento della propria attività economica o professionale da parte di sensi del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, a decorrere dal 3 aprile 2007.

La misura massima dell'importo della penale dovuta per il caso di estinzione anticipata o parziale dei mutui indicati nel comma 1 dell’articolo 120-ter stipulati antecedentemente al 2 febbraio 2007 è quella definita nell’accordo siglato il 2 maggio 2007 dall'Associazione bancaria italiana e dalle associazioni dei consumatori … “

Detta previsione è del resto espressamente richiamata nel modello predisposto dall’intermediario resistente per le richieste di estinzione anticipata, sottoscritto e consegnato dalla ricorrente, ove si legge: “si fa presente che in caso di mutuo stipulato precedentemente al 2 aprile 2007, ai sensi del D.L. n. 7 del 2007 così come convertito nella L. n. 40 del 2007 e art.

161 d.lgs. n. 385 del 1 settembre 1993 (TUB), all’estinzione del mutuo si applicherà la penale massima prevista dagli accordi firmati dall’ABI e dal CNU in data 2 maggio 2007, anziché quella contrattualmente prevista” (cfr. all. 1 al ricorso).

L’accordo siglato il 2.5.2007 tra l’Associazione bancaria italiana e le associazioni dei consumatori ha stabilito che la penale di anticipata estinzione di un mutuo a tasso variabile stipulato precedentemente al 3.4.2007 -data di entrata in vigore della legge n.40/2007-, ed in essere a tale data, come nella fattispecie ora all’esame del Collegio, non può superare lo 0,50 % del debito residuo, purché risulti comprovata la finalità del mutuo stesso “per l’acquisto o per la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione ovvero allo svolgimento della propria attività professionale da parte di persone fisiche”.

La questione dei mutui solo parzialmente finalizzati alla sostituzione o all’acquisto di unità immobiliari è stata del resto già affrontata e chiarita dall’ABF in analoghi ricorsi, tra i quali figurano anche quelli precedentemente mossi nei confronti del medesimo intermediario qui convenuto (cfr. in proposito la decisione n. 498 del 7.6.2010 di questo Collegio e la decisione n.

362 del 13.5.2010 del Collegio di Napoli) pervenendo alla conclusione che nei mutui con finalità “miste” la penale contrattuale si applica soltanto alla quota parte del finanziamento finalizzato alle cosiddette esigenze di liquidità e che le

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previsioni della legge Bersani si applicano alla quota parte del mutuo contratto per l’acquisto, la ristrutturazione o la costruzione di immobili ad uso abitativo, ovvero per l’estinzione di un precedente mutuo avente le medesime finalità.

Il Collegio osserva altresì che sulla base del contratto stipulato tra le parti nel 2006 la penale contrattuale per la risoluzione anticipata alla scadenza della 64ma rata si commisura all’1,5 % del debito residuo (e non al 3%, come talora affermato dalla convenuta).

Tutto ciò premesso, dalla documentazione versata in atti risulta che la provvista ottenuta dalla ricorrente, ivi compresa quella trattenuta dalla banca a copertura dei costi complessivi del mutuo, sia stata indirizzata nella misura del 74,642% per l’acquisto di un immobile ad uso abitativo, nella misura del 17,734% all’estinzione del mutuo prima casa (cd. quota di sostituzione), e solo nella misura del 7,624 % a sopperire esigenze di liquidità della ricorrente. Per quest’ultima quota soltanto risultano pertanto inapplicabili le agevolazioni previste dalla legge Bersani.

Nel precisare che la suddetta ripartizione prende bene inteso in considerazione anche le spese di accensione del mutuo sostenute dal mutuatario che vanno ripartite in proporzione alle diverse componenti/finalità del prestito erogato, il Collegio osserva che la penale applicata alla ricorrente non avrebbe potuto superare l’importo di € 787,89, determinato applicando al 92,38% del debito residuo il coefficiente dello 0,50%, concordato in sede ABI/associazioni del consumo, e al 7,62% del debito residuo il coefficiente dell’1,5% convenuto in sede contrattuale.

Ne consegue che l’intermediario dovrà rimborsare alla ricorrente la differenza tra quanto sino ad ora sostenuto a titolo di penale (€ 1.661,28, sulla base della documentazione versata in atti) e la cifra come sopra ricalcolata (€787,89 euro). Sull’importo ancora dovuto dalla banca -complessivamente pari ad € 873,39- la medesima dovrà altresì corrispondere alla ricorrente gli interessi legali dalla data di pagamento della penale (21.4.2012) fino al soddisfo.

Con l’occasione questo Collegio non può non stigmatizzare il comportamento inescusabilmente negligente tenuto dall’intermediario nella vicenda considerata.

E’ stato infatti osservato come la banca abbia fornito quattro diversi conteggi, tutti errati e sfavorevoli alla cliente: dapprima 2.050,96 euro (primo conteggio

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del 4.4.2012, difforme dalle previsioni della legge Bersani e dalla modulistica utilizzata); successivamente 3.404,59 euro (secondo conteggio del 18.5.2012, difforme dalla previsioni della legge Bersani, dalla modulistica e dalle previsioni contrattuali); poi 1.661,28 euro (terzo conteggio del 12.7 e dell’8.10.2012, che recepisce solo parzialmente la legge Bersani); infine 1.810,17 euro (quarto conteggio prodotto dopo il ricorso in sede di controdeduzioni).

E’ di tutta evidenza che nel caso di specie la banca, a dispetto delle formule di rito riprodotte nella corrispondenza con la clientela, abbia trattato con assoluta superficialità il reclamo avanzato dalla ricorrente nonostante le puntuali e documentate evidenze prodotte dalla medesima; è altresì evidente che abbia esaminato con superficialità le clausole contrattuali, che abbia reiteratamente disapplicato le previsioni normative del comparto dei mutui edilizi – un settore in cui svolge una parte significativa della propria attività operativa e dove pertanto risulta inammissibile l’ignoranza della legislazione in materia- nonché disatteso le precedenti decisioni emanate dall’Arbitro in analoghe fattispecie in cui la medesima banca figurava parte convenuta.

Sicché, anche alla luce delle pronunce della Suprema Corte in materia (cfr.

Cassazione Civile, Sezione III, 04/05/2009 n. 10182; Cassazione civile sez. I, 24 settembre 2009, n. 20543; Cass., sez. I, 22-01-2009, n. 1618) questo Collegio reputa che la condotta della banca convenuta non sia stata improntata a quei principi di correttezza, buona fede e diligenza richiesta al buon banchiere nell’esercizio della propria attività professionale.

P.Q.M.

Il Collegio accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

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