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DANNO MEDICO LEGALE E DANNO GIURIDICO: UNA DISTINZIONE FONDAMENTALE NEL DIBATTITTO SULLE DEFINIZIONI DELLE CATEGORIE DI DANNO E SUL CONTRIBUTO DEL MEDICO LEGALE NEL RISARCIMENTO DELLE ALTERAZIONI ESISTENZIALI

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1 DANNO MEDICO LEGALE E DANNO GIURIDICO:

UNA DISTINZIONE FONDAMENTALE NEL DIBATTITTO SULLE DEFINIZIONI DELLE CATEGORIE DI DANNO E SUL CONTRIBUTO DEL MEDICO LEGALE NEL

RISARCIMENTO DELLE ALTERAZIONI ESISTENZIALI

Dr. Marco Bona* Premessa

Il confronto tra medici legali e interpreti del diritto è quanto mai opportuno e nevralgico, e da esso non si può certo prescindere. Nei prossimi mesi a venire, peraltro, questo confronto sarà ancor più prezioso e fondamentale, poiché è solo nel solco di un lavoro congiunto tra le due discipline che si potrà affrontare compiutamente il dibattito in corso sulle prospettive di riforma del danno alla persona e sul recente ingresso del danno biologico tra le prestazioni erogate dell’INAIL1.

Del resto, in questi anni abbiamo tutti assistito ad un sempre più crescente interessamento della dottrina medico legale alle questioni squisitamente giuridiche del risarcimento, così come ad una maggiore capacità della parte giuridica di sapere cogliere l’importante contributo della medicina legale2. Interessamento, quello dei medici legali, che sicuramente ha portato non pochi contributi e nuovi impulsi all’evoluzione del sistema risarcitorio del danno alla persona. Al riguardo si pensi anche solo agli inediti scenari che si sono venuti delineando negli ultimi dieci anni in tema di danno psichico, oppure agli sviluppi notevoli in tema di responsabilità medica.

Tuttavia, i termini del dialogo tra medicina legale e cultori del diritto necessitano oggi di essere rimeditati veramente a fondo e di venire ricondotti entro linee, almeno in parte, diverse: ciò non tanto per evitare gli equivoci che già si riversano sulle disquisizioni accademiche e sulle tavole rotonde dei congressi, vivacizzando così i convegni con animati dibattiti; ma, in primis, al fine di evitare le distorsioni che iniziano purtroppo ad emergere ripetutamente nella pratica di ogni giorno e, in particolare, nella litigation che si svolge quotidianamente nelle corti intorno alle consulenze medico legali. Distorsioni che sicuramente si sono venute ad accentuare in seguito all’innegabile successo conseguito dal danno esistenziale, e comunque già si presentavano allorquando, sul finire degli anni ottanta, si iniziò a trattare con maggiore sensibilità il profilo dinamico relazionale del danno3.

Le modeste riflessioni, che seguiranno in questo scritto, sono finalizzate – mi preme rilevarlo – ad incentivare un dibattito sul dialogo tra medicina legale e operatori del diritto, non già a minare tale rapporto, che anzi deve essere sempre più coltivato, soprattutto nell’interesse dei danneggiati.

Danno medico legale e danno giuridico

Ad un recente incontro, che si è svolto in terra pisana in seno alla Melchiorre Gioia e al centro studi Gennaro Giannini4, dai medici legali presenti è stata prospettata l’esigenza di definire con una certa precisazione le categorie di danno: non solo il danno biologico, ma anche il danno morale e il danno

*Dottorando in Diritto Comparato presso la facoltà di Giurisprudenza di Trento, Studio Legale Ambrosio & Comodo, Torino

1 Oliva e Bona, Il danno alla persona nella riforma INAIL: l’art. 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2000 n. 38, in Monateri, Il danno alla persona, Torino, 2000, Volume I, 913 ss.

2 Contributo che, come noto, è risalente nel tempo: cfr. sul punto Gerin, dalle giornate triestine del 1952 all’incontro pisano del 1986. La valutazione del danno alla persona in responsabilità civile, in Resp. Civ. Prev., 1986, 215.

3 Ciò soprattutto nel solco dell’orientamento giurisprudenziale teso a valorizzare la c.d. “personalizzazione del danno”.

4 Incontro di Chianni (PI) del 27 gennaio 2001.

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2 esistenziale, e gli altri danni che si affacciano qui e là a seconda della fantasia dei giudicanti (danno edonistico, danno da lesione del rapporto parentale, ecc.). Questa esigenza, come anche è emerso in occasione di suddetto incontro, è ovviamente avvertita pure in campo giuridico, ancorché in termini forse diversi. A quest’ultimo riguardo sia qui sufficiente un richiamo alle differenti pieghe che può assumere nel diritto una certa quale tendenza alla costruzione di categorie dogmatiche, laddove spesso il formalismo giuridico si è prestato a istanze di politica del diritto chiaramente restrittive della responsabilità civile.

A parte tale ultimo rilievo, alla base delle istanze definitorie, certamente legittime e giustificate, si pone, mi sembra, lo scopo manifesto, pienamente condivisibile, di evitare duplicazioni di danno, così come il fine di definire i contorni dell’apporto che il medico legale fornisce all’avvocato e al giudice.

Questa esigenza non è certo nuova, ma, come emerso anche in sede del menzionato incontro pisano, risulta oggi alimentata da un lato dall’ingresso nelle corti della figura del danno esistenziale, dall’altro lato dalla precisazione che il nostro legislatore, bontà sua, ha voluto dare alla lettera a) del comma 2° dell’art. 13 del d.lgs. n. 38/2000: “le menomazioni conseguenti alle lesioni dell’integrità psicofisica … sono valutate in base a specifica «tabella delle menomazioni», comprensiva degli aspetti dinamico-relazionali»5. Quale significato attribuire a questa precisazione circa gli aspetti dinamico relazionali? Il medico legale deve esprimersi anche su tali aspetti? E, se si esprime su tali profili, non viene dunque a trattare del danno esistenziale? Quale distinzione corre pertanto tra danno biologico e danno esistenziale? Come li definiamo?

Tutte queste domande sono ovviamente più che legittime, soprattutto a fronte di novità quali quelle or ora menzionate. In effetti, come già si osservava, se il problema delle linee differenziatici tra danno biologico e danno esistenziale e, ancor prima, l’indagine sui contenuti relazionali del danno biologico non sono questioni nuove, tuttavia il disposto legislativo richiamato, unitamente al successo del danno esistenziale, rende ancora più attuale la vexata quaestio dei contorni delle varie categorie di danno.

Ciò premesso in ordine ai problemi oggi sul tavolo, mi sembra a questo punto necessario rilevare come il medico legale non debba preoccuparsi di definire il danno esistenziale, oppure darsi pena di ritornare nuovamente sui contenuti del danno biologico allo scopo di tenere in qualche modo conto degli sviluppi giurisprudenziali recenti che hanno segnato una notevole apertura verso la categoria del danno esistenziale6.

Infatti, è sicuramente compito del medico legale descrivere, prima di tutto dal punto di vista naturalistico, come la menomazione dell’integrità fisica e/o psichica possa incidere, in una prospettiva dinamica del danno, sull’esistenza della vittima, e non si dubita altresì che ciò possa avere dei risvolti sulla valutazione medico legale del danno. Ma il risultato di tale apporto del

5 La tabella delle menomazioni, come noto, è stata approvata con decreto del ministero del lavoro e della previdenza sociale in data 12 luglio 2000, pubblicato sul supplemento ordinario n. 119 alla Gazzetta Ufficiale del 25 luglio 2000 n.

172. Il testo del d.m., unitamente alle allegate tabelle, è riportato in Guida al Diritto, 2000, n. 32.

6Trib. Locri, Sez. distaccata di Siderno, sez. pen., 6 ottobre 2000, in Giur. It., 2001, con nota di Bona (danno da nascita indesiderata); Trib. Torino, sez. IV, 28 giugno 2000, ined. (danno esistenziale per la perdita di un congiunto); Trib.

Milano, 15 giugno 2000, ined. (danno esistenziale per la perdita di un congiunto); Trib. Milano, 8 giugno 2000, ined.

(danno esistenziale da levata illegittima di protesto); Trib. Milano, 21 ottobre 1999, in Resp. civ. prev., 1999, 1335 (danno esistenziale da immissioni acustiche rumorose); G.d.P. Casamassima, 10 giugno 1999, in Danno e responsabilità, 2000, 89 (danno da perdita del frutto del concepimento in seguito ad incidente stradale); Trib. Milano, 20 ottobre 1997, in Danno e responsabilità, 1999, 82 (danno da bambino non voluto nato in seguito a fallito intervento di vasectomia); Trib. Verona, 26 febbraio 1996, in Dir. Informazione e informatica, 1997, 1436 (danno esistenziale da lesione dell’identità personale); Trib. Torino, 8 agosto 1995, in Resp. civ. prev., 1996, 282 (danno esistenziale da perdita del congiunto). A queste sentenze di merito si deve peraltro aggiungere una recente sentenza della Suprema corte, in cui si registra una esplicita apertura verso il danno esistenziale: Cass., 7 giugno 2000, n. 7713, in Danno e responsabilità, 2000, 835, con annotazioni di Monateri e Ponzanelli.

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3 consulente, sia questi in veste di CTP o di CTU, è solo ed esclusivamente il danno biologico medico legale: questa precisazione è nevralgica, altrimenti si ingenerano gli equivoci di cui si è dato atto in premessa. Sarà poi compito dell’avvocato, a livello propositivo, e del giudice, nella fase della decisione, trovare le categorie giuridiche appropriate per dare il giusto rilievo a ciò che il medico legale ha descritto nel suo elaborato circa i riflessi dinamico relazionali delle lesioni. Sic et simpliciter : da un lato il “danno medico legale” che ci fornisce il consulente nei sui elaborati peritali, dall’altro lato il “danno giuridico”, o, meglio, i danni giuridici, che elaborano, dialogando tra loro, avvocati, dottrina e giudici. Siamo cioè dinanzi a due medaglie del danno biologico, ciascuna con una diversa effige. E si osservi peraltro che danno biologico, danno esistenziale, danno edonistico, danno alla vita sessuale, danno morale non sono altro che categorie dello stesso genus:

sono tutti danni non patrimoniali. Il problema della loro distinzione è esclusivamente giuridico, e su ciò sia sufficiente richiamare la genesi che il danno biologico ha avuto nel diritto: per i giuristi è stato il primo passo verso il superamento della ben nota clausola limitativa del risarcimento del danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c. Non a caso, proprio per distinguere il danno biologico medico legale da quello giuridico, giurisprudenza e dottrina spesso preferirono adottare, agli albori dell’attuale sistema risarcitorio, la diversa etichetta del danno alla salute, riferendosi questa non già ad un concetto medico legale (la validità biologica della persona), bensì ad una nozione squisitamente giuridica (il bene salute, tutelato dall’art. 32 cost.)7. Nel processo di frantumazione della categoria del danno non patrimoniale l’evoluzione giurisprudenziale e dottrinale è poi giunta a consegnarci il danno biologico, ma poteva benissimo condurre all’affermazione di altre etichette, quali, appunto, il “danno alla salute”, oppure il “danno da perdita di amenità”, o, ancora, il “danno non patrimoniale da violazione della salute”.

Se si ragiona in questi termini ecco allora che le istanze definitorie avanzate dai medici legali verso i giuristi non trovano sostanzialmente giustificazione, se non, per la precisione, dinanzi a macroscopi errori come quelli che si riscontrano allorquando viene richiesto al medico legale, CTP o CTU, di esprimersi sul danno esistenziale, utilizzando nella formulazione del quesito peritale tale etichetta, che in realtà nulla significa e deve significare per il medico legale. Ma evidentemente qui si registra un errore di partenza: è sbagliato in principio mettere nelle mani del medico legale la categoria del danno esistenziale, che è nata da esigenze solo e unicamente giuridiche nel contesto del processo di sgretolamento dell’art. 2059 c.c.8. Questo tipo di errori può solo ingenerare confusione e portare il medico legale ad occuparsi di problematiche non di sua pertinenza: al medico legale non serve la categoria del danno esistenziale. Pertanto, questi sono certo errori che vanno quanto prima corretti, ed a questo appunto mi riferivo in premessa accennando all’opportunità di rivedere il dialogo tra dottrina medico legale e dottrina giuridica al fine di evitare gli spiacevoli equivoci che iniziano a registrarsi nella pratica. Insomma, l’ingresso del danno esistenziale, così come la menzionata precisazione del legislatore all’art. 13 del decreto legislativo INAIL, nulla dovrebbe spostare nell’ambito del danno medico legale. Del resto, il medico legale, dal momento in cui si è iniziato ad affacciare il danno biologico, si è sempre occupato – o almeno avrebbe dovuto – degli aspetti dinamico relazionali.

Quanto poi alle istanze classificatorie che emergono tra gli interpreti del diritto, non vi è ombra di dubbio che chiarezza vada fatta, ma pur sempre cum grano salis e senza aprire la porta al formalismo giuridico, che, come si è detto, è spesso portatore di precise strategie restrittive e si accompagnano alla politica, di chiaro stampo americano-assicurativo, del c.d. «floodgate argument».

7 Cfr. ad esempio Trib. Pisa, 10 marzo 1979, in Giur. It., 1980, I, 2, 20 ss., con nota di Del Medico, in Resp. Civ. Prev., 1979, 356, con nota di Ponzanelli.

8 Cfr. Monateri, Danno morale e danno esistenziale (alle soglie di una nuova categoria), in Monateri, Bona e Oliva, Il nuovo danno alla persona, Milano, 1999, 23. Inoltre, AA.VV., Il danno esistenziale, a cura di Cendon e Ziviz, Milano, 2000.

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4 Sta di fatto che il problema centrale che si pone a livello giuridico è comprendere una vola per tutte che danno biologico, danno esistenziale e danno da sofferenze morali (quest’ultimo da tenersi distinto dal danno morale da reato subito di cui all’art. 2059 c.c., che chiaramente non riguarda la sfera soggettiva del danneggiato, ma, in chiave sanzionatoria e di deterrente, la condotta del reo9) sono pur sempre tutti riconducibili entro la macrocategoria del danno non patrimoniale. Non sembra dunque potersi qui dubitare che ogni giudice sia libero di attribuire autonoma rilevanza, tramite l’utilizzazione di diverse categorie, ai singoli pregiudizi di natura non patrimoniale. In altri termini, non si vede per quali ragioni il giudicante non possa, nell’esercizio del suo potere discrezionale, decidere di scomporre il danno non patrimoniale in più categorie descrittive delle conseguenze negative dell’illecito sul valore uomo. Del resto, ciò avviene da lungo tempo anche in altri ordinamenti. In Inghilterra ed in Francia, ad esempio, la categoria del danno non pecuniario si presenta spesso frantumata in diverse tipologie di pregiudizio che non sono rigidamente separate (si pensi solo alle categorie inglesi del loss of amenity, spesso frantumata in varie sub-categorie, e al pain and suffering)10. In realtà le categorie giuridiche di danno hanno una funzione puramente descrittiva e l’interprete è libero di descrivere il pregiudizio subito dalla vittima facendo uso di più etichette, fermo restando che nel nostro ordinamento, dati gli attuali limiti che discendono dall’art.

2059 c.c., taluni colori della stessa tavolozza non possono essere tra loro sovrapposti. Unico fondamentale limite a questo tipo di operazioni è invero che il giudice non giunga per siffatta via a risarcire una somma che non sia equa. Rimane cioè quanto mai valido quanto rilevato correttamente da una parte della dottrina11: ci muoviamo in un contesto di pregiudizi non patrimoniali e dunque, inevitabilmente, di risarcimento equitativo, cosicché compito del giudice sarà proprio quello di contemperare tra loro le singole voci risarcitorie onde evitare possibili duplicazioni. In altri termini, poco importa se il giudice, accanto al danno biologico liquida anche una somma a titolo di danno esistenziale, o se riconduce taluni pregiudizi in una categoria piuttosto che nell’altra, purché le somme allocate, globalmente considerate, configurino un risultato equo e non una mera duplicazione dello stesso danno.

Quali ruolo del medico legale nell’accertamento-valutazione delle alterazioni esistenziali?

Ciò chiarito, quale contributo può offrire il medico legale per le alterazioni esistenziali?

Certamente una lesione fisica e/o psichica, anche solo temporanea, si riflette sull’esistenza di un soggetto: fin qui nulla da obiettare. Ciò implica che il medico legale o, nel caso di danno psichico, lo psichiatra hanno titolo ad esprimersi sui riflessi esistenziali della lesione?

Una volta messo in luce che il danno esistenziale non è un concetto medico legale, bensì una categoria squisitamente giuridica e, in quanto tale, riservata solo ad avocati e giudici, e che la questione di eventuali sovrapposizioni tra la categoria classica del danno biologico e quella del danno esistenziale non attiene quindi al medico legale, la risposta non può che essere positiva nei seguenti termini. Il medico legale è semplicemente tenuto a svolgere il ruolo che ha sempre svolto in questo campo: descrivere le menomazioni fisiche e/o psichiche, esaminare il modo in cui le varie funzionalità dell’individuo sono venute a modificarsi in peius e valutare in termini percentuali, tenuto conto dei parametri elaborati dalla scienza medico legale, il danno; inoltre, per quanto riguarda la vexata questio in esame, descrivere le possibili incidenze della lesione sulla vita futura della vittima, e cioè la perdita o la riduzione della possibilità di continuare a godere delle varie amenità e chance che l’esistenza prima offriva (ad esempio, impossibilità di praticare un hobby

9 Sul punto rinvio per comodità alle mie osservazioni in Bona, Danno morale e colpa presunta ex art. 2054 c.c.:

malgrado tutto le antiche regole resistono, in Danno e responsabilità, 2000, 847.

10 Sul punto si rinvia a Bona, Verso una dimensione europea del danno alla persona, in Monateri, Bona e Oliva, Il nuovo danno alla persona, Milano, 2000, 166 ss.

11 MONATERI, La responsabilità civile, Torino, 1998, 304.

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5 precedentemente coltivato, difficoltà nello svolgere ruoli familiari prima ricoperti nel pieno delle facoltà fisiche e psichiche, ecc.).

Come si è sopra precisato, spetterà invece all’avvocato, che difende la vittima, e al giudice individuare entro quali limiti le categorie tradizionali possano realizzare compiutamente in ciascun caso concreto il risarcimento integrale del danno. Il danno biologico “giuridico” può bastare, come invece non essere sufficiente ai fini della restituito in integrum.

E allora quale ruolo, sotto il profilo pratico, può essere riservato al medico legale o allo psichiatra in funzione di ciò che poi verrà sviluppato da giudici e avvocati in merito alle alterazioni esistenziali subite dal danneggiato? A mio modesto parere può essere chiesto a questi tipi di consulenti di esprimersi sulla possibilità della vittima di continuare a svolgere determinate attività che prima svolgeva, esattamente come si è sempre chiesto al consulente medico legale di pronunciarsi sugli effetti delle lesioni sulla capacità lavorativa specifica oppure su determinate attività sportive o altre attività umane, come la conduzione di una famiglia e delle faccende domestiche. Sarà poi compito dell’avvocato, che assiste la vittima, utilizzare i rilievi tecnici del medico legale o dello psichiatra al fine di evidenziare al giudice i riflessi della lesione sulla sfera esistenziale della vittima e sarà sempre l’avvocato a suggerire al giudice di incrementare il quantum del danno biologico, tramite una maggiore valutazione dell’aspetto dinamico, oppure di liquidare una posta risarcitoria diversa, a titolo di danno esistenziale, per dare il giusto rilievo alle conseguenze dell’evento lesivo sulla personalità dell’individuo, tenendo presente che il bene della personalità è un quid giuridico più ampio rispetto al bene salute. Infine, sarà il giudice a chiudere il cerchio allocando delle somme a titolo di una sola categoria di danno, oppure sotto varie etichette.

Del resto, se si pensa a determinati tipi di lesioni (ad esempio, una violenza sessuale), è ben difficile che con l’accertamento del danno biologico, che la vittima abbia eventualmente patito in conseguenza dell’aggressione (ecchimosi, lacerazioni, ecc.), il medico legale riesca a valutare anche tutte le conseguenze esistenziali sulla vita della vittima.

In questo senso il medico legale non può né escludere, né riconoscere il danno esistenziale, ma solo contribuire ad illuminare il giudice su taluni aspetti, oggettivi, dei riflessi della lesione sulla sfera esistenziale. Nel caso mancasse questo contributo (ad esempio perché non si è richiesto al medico legale di scendere nel merito delle singole attività sportive, culturali, relazionali della vittima, o perché il contributo del medico legale si è limitato ad una visione statica del danno biologico), ciò non significa che il danno esistenziale non possa trovare un riconoscimento. La vittima potrà infatti ricorrere a strumenti probatori quali testimonianze, produzioni di attestati (ad esempio attestati sportivi comprovanti il livello della sua attività sportiva, ecc.) e inoltre potrà rivolgersi ad altri esperti per determinare i riflessi della lesione sulla vita quotidiana.

Ad esempio, nel caso in cui la vittima abbia subito una lesione anche lieve ad un’articolazione inferiore (ad esempio al malleolo) e pratichi uno sport marziale (ad esempio il karate), potrà essere chiamato, accanto al medico legale che accerterà l’entità del danno fisico sotto il profilo statico, un esperto dello sport praticato dalla vittima (ad esempio un maestro di karate) per spiegare l’incidenza delle difficoltà motorie sullo svolgimento da parte della vittima di tale attività sportiva.

In breve, il medico legale, così come lo psichiatra, non hanno affatto pieno dominio sull’aspetto dinamico relazionale del danno biologico e, dunque, sulle alterazioni esistenziali, siano esse poi ricondotte dal giudice entro la categoria classica del danno biologico o in quella del danno esistenziale, oppure entro il danno morale.

Altri consulenti per il danno esistenziale

Come si è appena visto adducendo l’esempio del karateka, anche quando ricorre un danno biologico, non sempre il medico legale o lo psichiatra esauriscono il novero di periti, cui può essere chiesto un apporto da parte dell’avvocato della vittima o da parte dell’organo giudicante.

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6 Vi sono invero casi, in cui le figure tradizionali di consulenti, quali il appunto il medico legale, possono venire affiancati da altri esperti in materie diverse dalla medicina legale o dalla psichiatria.

Questa scelta di aggiungere il contributo di un secondo esperto potrà ovviamente essere effettuata dallo stesso medico legale incaricato di redigere l’elaborato peritale.

Gli esempi potrebbero essere numerosi e si può veramente lasciare correre la fantasia: un professore del conservatorio potrà spiegare i riflessi di una lesione ad un dito sull’attività concertistica della vittima; uno psicologo del lavoro potrà fornire allo psichiatra il substrato necessario per accertare un’ipotesi di danno psichico da mobbing, con tutte le sue conseguenze esistenziali che esso comporta anche sulle vittime riflesse (il c.d. “doppio mobbing”)12; uno psicologo infantile potrà illustrare gli effetti perversi del «child bullying» su un bambino “bullizzato” dai propri compagni.

Al fine di meglio illustrare l’ampio ventaglio di possibilità che si offrono a giudici ed avvocati, sia sufficiente qui richiamare un caso deciso dal Giudice di Pace di Catania, che aveva ad oggetto l’azione proposta da una giovane donna contro un parrucchiere, che le aveva eseguito il taglio dei capelli corto invece di quello lungo richiesto, costringendola pertanto a rinunciare all’abito di nozze, non adatto al taglio corto dei capelli, e così a rinviare la data delle nozze (G.d.P. Catania, 25.04.99, n. 288, ined.). Nella specie, è stato liquidato un “danno biologico d’immagine e di vita di relazione” oltre che sulla base delle prove testimoniali raccolte, altresì a fronte dei rilievi del consulente tecnico d’ufficio, che si era avvalso dell’ausilio di un esperto “munito di diploma di maestro d’arte parrucchiere”13.

Vi sono poi ipotesi, in cui si può prescindere del tutto dai consulenti tecnici tradizionali, sia pure sussistendo una qualche incidenza sulla salute della vittima.

Un primo caso che si può qui richiamare è quello delle immissioni acustiche eccedenti la normale tollerabilità. In queste ipotesi, laddove non sussista una vera e propria malattia psichica in capo alla vittima, si può ben fare a meno dello psichiatra, ma centrale sarà invece l’intervento di esperti nella misurazione dell’inquinamento acustico, che forniranno i dati idonei a cogliere nella sua effettiva portata il danno esistenziale «consistente nell’alterazione delle normali attività dell’individuo, quali il riposo, il relax, l’attività lavorativa domiciliare e non»14.

In relazione al settore specifico delle immissioni rumorose si ricorda peraltro che in questi anni, soprattutto a seguito della legge 26.10.1995, n. 447 (legge quadro sull’inquinamento acustico), si sono venute costituendo numerose società di professionisti, cui sia il giudice sia il difensore della vittima possono richiedere di stilare perizie fonometriche su fabbriche, pub, discoteche, locali da ballo, pizzerie, ristoranti e quant’altro possa porsi come “sorgente sonora”. E’ sufficiente navigare su Internet per cogliere l’ampia disponibilità di consulenti in questa materia, quali ad esempio gli ergonomi specialisti in acustica.

Allo stesso modo, al passo con l’evoluzione normativa della tutela dell’ambiente, oggi chi lamenta un danno esistenziale connesso ad una modificazione peggiorativa dell’habitat in cui vive o del paesaggio cui tiene particolarmente, può fare affidamento sull’esperienza maturata in questo campo da vari professionisti specializzati nella valutazione di impatto ambientale (c.d. “V.A.I.”), solitamente ingegneri ed architetti.

In relazione al danno esistenziale, che possa derivare dalla perdita o dalla diminuzione del panorama goduto a causa della realizzazione di una costruzione abusiva in violazione delle norme del regolamento edilizio, la consulenza tecnica si pone senza dubbio come elemento centrale per la decisione. La stessa Cassazione, riconoscendo l’ingiustizia di tale danno, ha affermato che la prova del danno relativo alla perdita o alla diminuzione del panorama goduto da un appartamento

12 Monateri, Bona e Oliva, Mobbing – Vessazioni sul lavoro, Milano, 2000.

13 Ovviamente si tralascia in questa sede ogni commento alla sostanza del caso concreto, laddove ad esempio l’utilizzazione stessa della categoria del danno biologico risulta quanto meno criticabile.

14Trib. Milano, 21 ottobre 1999, in Resp. Civ. Prev., 1999, 1335, con nota di Ziviz.

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7 dipende invero dall'accertamento di fatti che possono essere rilevati e valutati esclusivamente con l'ausilio della consulenza tecnica15.

Alla lunga lista dei periti, che possono intervenire nel variegato mondo delle lesioni della sfera esistenziale, si devono poi aggiungere tutti quei soggetti, che hanno un curriculum di studi ed esperienze professionali in vari specifici settori, quali la società (sociologi ed assistenti sociali), l’infanzia (psicologi dell’infanzia), il variegato mondo del lavoro (psicologi del lavoro, esperti in ergonomia, economisti, consulenti del lavoro), specifiche attività sportive (guide alpine, istruttori, ecc.), la scuola (gli stessi insegnanti, ad esempio).

Di particolare rilievo è l’ipotesi di danni occorsi ai minori (non solo da lesioni fisiche, ma anche da eventi che travolgono la sua vita in famiglia), in cui l’apporto del consulente è decisamente delicato, date le difficoltà che si incontrano nell’interpretazione di ciò che la giovane vittima prova e sente, e delle sue esigenze materiali ed esistenziali.

In questi casi l’apporto di un consulente specializzato nella tutela dei minori è senz’altro fondamentale e si suggerisce qui il ricorso ai consulenti, normalmente degli psicologi, che sono usi operare a stretto contatto con i giudici del Tribunale dei Minori.

In relazione ai possibili impieghi di esperti del mondo lavorativo, si è già accennato al ruolo dello psichiatra e dello psicologo nelle ipotesi di mobbing. Si pensi tuttavia alle ipotesi di danno esistenziale da demansionamento o dequalificazione. In questi casi un consulente del lavoro può offrire un prezioso contributo all’avvocato del dipendente nell’individuazione degli elementi che compongono la fattispecie in esame. Anche il giudice, a sua volta, potrà nominare quale consulente d’ufficio un professionista di questo tipo sia per la definizione, in relazione all'organizzazione tecnica ed amministrativa dell'ente datore di lavoro, delle modalità di espletamento delle mansioni effettivamente svolte dal lavoratore, sia per la qualificazione delle stesse mansioni, senza peraltro che ciò possa implicare abdicazione del giudice al dovere di procedere ad un'autonoma valutazione dei compiti del lavoratore in rapporto ai requisiti previsti dalla disciplina collettiva per l'inquadramento in una determinata categoria. Ovviamente, è fatto divieto al giudice di ricorrere a tale consulenza, qualora sia configurabile un'utilizzazione della stessa per esonerare il lavoratore dall'onere probatorio posto a suo carico16.

Conclusioni

Tirando dunque le somme su quanto finora espresso, mi pare sufficientemente chiaro come si sia assistito in questi ultimi tempi ad una confusione, sempre più evidente, tra due nozioni fondamentali: danno medico legale e danno giuridico. Questa situazione di non chiarezza ha finito in buona sostanza con il confondere le acque su quello che è il ruolo del consulente medico legale nell’accertamento delle alterazioni esistenziali.

Si tratta ora di ricuperare il senso di siffatta bipartizione e di riconsegnare ai giuristi la spinosa questione del danno esistenziale, o meglio di tutte le etichette di danno riconducibili al danno non patrimoniale. I giuristi, tuttavia, dovranno seriamente attivarsi per trovare nuovi punti di equilibrio in un sistema che peraltro continua, malgrado tutto, a conservare una norma scomoda quale l’art.

2059 c.c.

Il medico legale, tenendosi entro la sfera di sua competenza, può serenamente dare il suo importante aiuto nella ricerca del giusto risarcimento delle alterazioni esistenziali, utilizzando eventualmente le esperienze di altre professioni.

15 Cass., sez. II, 18 aprile 1996, n. 3679, in Foro it. 1997, I, 1236, in Nuova giur. civ. commentata, 1997, I, 136, con nota di BOERI.

16Cass., sez. lav., 20 novembre 1984, n. 5932, in Giust. civ. Mass., 1984, fasc. 11.

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