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Academic year: 2021

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CAPITOLO 3

TECNICHE DI CAMPIONAMENTO ED ANALISI PER LA

DETERMINAZIONE DI COMPOSTI ORGANICI

VOLATILI IN ARIA

3.1 LA TECNICA DI ESTRAZIONE IN FASE SOLIDA

Gli inquinanti volatili vengono monitorati principalmente con due modalità di campionamento:

- raccolta e conservazione di un campione di aria; - campionamento dei soli analiti volatili.

Nel primo caso la raccolta del campione avviene all’interno di buste di materiale plastico (Tedlar®, Nalophan®) o di contenitori metallici in acciaio inox, i cosiddetti

canister. Poiché la concentrazione di composti organici volatili non è mai così elevata da poter iniettare un volume d’aria direttamente in un cromatografo, i VOC vengono preconcentrati mediante adsorbimento su apposite fasi solide adsorbenti e successivamente vengono estratti per via termica o per eluizione con opportuni solventi [4].

Nel campionamento dei soli analiti volatili, detto anche metodo di estrazione in fase solida, la preconcentrazione avviene direttamente sul sito di indagine. I campionatori utilizzati, infatti, sono costituiti da fiale impaccate con una fase stazionaria adsorbente, che ha la capacità di trattenere i VOC. Per questo motivo, e grazie alle piccole dimensioni delle cartucce impiegate, il metodo di estrazione in fase solida risulta il più utilizzato.

Le sostanze volatili preconcentrate sono analizzate in laboratorio dopo essere state desorbite termicamente o estratte con idonei solventi. Esistono, però, alcuni sistemi di

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monitoraggio detti “tubi rivelatori”, che permettono misure dirette sul campo della concentrazione di specifici inquinanti, in base al cambiamento di colore della sostanza adsorbente [14]. Questi sistemi di rilevamento non presentano una grande accuratezza e sono generalmente specifici per un ristretto numero di molecole; il loro unico vantaggio è legato all’immediatezza della risposta non necessitando di una analisi di laboratorio [14].

I tubi di adsorbimento possono essere in acciaio, vetro, acciaio rivestito internamente in vetro (glass-lined) o altro materiale inerte. Le fasi stazionarie che riempiono questi tubi sono classificabili in base alla loro forza adsorbente, cioè all’affinità dei vari analiti nei confronti di un dato materiale di campionamento [25].

Fig.10 Esempi di tubi di campionamento: campionatori per desorbimento termico

(A), fiale a carbone attivo (B), fiale con fasi stazionarie polimeriche (C).

Esistono fasi stazionarie specifiche per determinate classi di composti, in quanto costituite da un materiale adsorbente avente una reattività specifica nei confronti di un determinato gruppo funzionale. Ad esempio, per la preconcetrazione di composti carbonilici è possibile utilizzare una fase stazionaria costituita da 2,4-dinitrofenilidrazina (2,4-DNPH) supportata su silice. Si tratta in questo caso di un agente derivatizzante selettivo per il gruppo carbonilico di chetoni e aldeidi, che

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reagisce in maniera quantitativa formando i corrispondenti idrazoni. Tali cartucce vengono successivamente eluite con un solvente organico, in genere acetonitrile, e analizzate mediante cromatografia HPLC [14,20,4,13].

Quando, invece, è necessario campionare una maggiore varietà di sostanze volatili, si utilizzano fasi adsorbenti costituite da polimeri organici (tenax, 2,6-diphylphenyleneoxide, o tenax GR, tenax grafitato) [4] o carbone ( carbone attivo, carbone nero grafitato, carbone poroso).

Le sostanze raccolte su queste fasi stazionarie vengono, in seguito, desorbite per poter essere sottoposte all’analisi gas-cromatografica (GC). Il desorbimento può essere effettuato in due modi: per estrazione con solvente, e successiva analisi della soluzione o per via termica e successiva analisi dei gas.

Il desorbimento termico consiste nel riscaldare la fase stazionaria sotto il flusso del gas di trasporto che finisce nella colonna cromatografica. Questo metodo permette di trasferire in colonna l’intero quantitativo di analiti raccolti sul carbone, consentendo una maggiore sensibilità della procedura analitica.

In alternativa al desorbimento termico si può ricorrere all’estrazione con solvente. Il solvente scelto deve essere il componente più volatile presente nella miscela introdotta nel gas-cromatografo, in modo da uscire per primo dalla colonna, separandosi facilmente dal resto degli analiti. Le procedure analitiche più comunemente utilizzate consigliano l’utilizzo di CS2.

Al contrario del desorbimento termico, in questo caso soltanto una minima parte di analiti estratti dalla fase stazionaria vengono iniettati in colonna (i volumi di estrazione sono dell’ordine del millilitro, quelli di iniezione dell’ordine del microlitro).

3.1.2 IL CAMPIONAMENTO ATTIVO E DIFFUSIVO

La preconcentrazione degli analiti sul campo può avvenire sia tramite un campionamento in flusso che tramite un campionamento diffusivo.

Nel campionamento in flusso un volume noto di aria viene fatto passare per un certo intervallo di tempo attraverso la fiala contenente il materiale adsorbente tramite l’ausilio di un sistema di aspirazione [25]. E’ necessario misurare in maniera accurata il flusso di aria aspirata dal sistema e il tempo di campionamento, per poter calcolare il volume di aria a cui rapportare la quantità di analiti raccolti per il calcolo della loro concentrazione.

I campionatori passivi, invece, si basano sulla semplice esposizione del materiale adsorbente. Gli analiti raggiungono la superficie della fase attiva per processi di diffusione, pertanto a parità di tempo di esposizione la quantità di molecole raccolte dipenderà dal loro coefficiente di diffusione in aria, dalla loro concentrazione ma anche

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dalla geometria del campionatore. Inoltre, la quantità di molecole adsorbite dipenderà dal tempo di esposizione fino a al raggiungimento di una condizione di equilibrio.

Il campionamento passivo fornisce informazioni sulla concentrazione media degli inquinanti atmosferici nell’arco di tempo di più giorni, tempo certamente superiore a quello normalmente necessario per un campionamento attivo.

In un campionamento passivo la velocità di adsorbimento di uno specifico analita da parte del materiale adsorbente, nota come Uptake rate (Ur), è espressa dalla seguente relazione:

Ur

= D

A

L

Dove:

- D è il coefficiente di diffusione in aria dell’inquinante, ossia il numero di molecole che si muove nell’unità di tempo a parità di gradiente di concentrazione,

- A è la superficie di fase stazionaria esposta,

- L è lo spessore del gradiente di concentrazione ovvero la distanza tra la superficie della fase stazionaria esposta ed il primo strato di aria esterno al campionatore. Sperimentalmente è possibile ricavare il valore di Ur per un determinato campionatore per esposizioni di questo a miscele gassose a concentrazione nota dell’analita di interesse.

Nota la concentrazione a cui è esposto il campionatore, la massa (m) del composto di interesse adsorbita dalla fiala che ha campionato in maniera passiva, e il tempo di esposizione della stessa (t), si può calcolare il valore di Ur caratteristico della sostanza adsorbente per quello specifico analita:

t Ur m C ⋅ = 3.1.3 IL VOLUME DI BREAKTHROUGH

Nei sistemi di campionamento in flusso si definisce volume di breakthrough (Vb) il massimo volume di aria che può essere campionato prima di osservare una diminuzione della resa di trattenimento della fase stazionaria. Questo parametro è specifico per ciascuna coppia sostanza adsorbente/analita e viene espresso in litri per grammo di fase adsorbente.

In maniera più appropriata, possiamo definire Vb come il volume di campione contenente un VOC a concentrazione nota, che può passare attraverso una cartuccia

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prima che la concentrazione del componente nel campione in uscita raggiunga il 5% della concentrazione iniziale. Tale volume può essere determinato facendo passare attraverso un tubo di campionamento una miscela standard di gas a flusso costante e collegando il gas in uscita ad un rivelatore, che registra il segnale in continuo.

Fig.11 Andamento percentuale della quantità di analita in uscita dal tubo, in funzione

del volume di gas che lo attraversa.

Fino a quando la fase stazionaria contenuta nella cartuccia sarà in grado di trattenere completamente le molecole del composto volatile, la risposta del rivelatore sarà nulla. Oltrepassato il volume di breakthrough, invece, il segnale registrato dal rivelatore aumenterà fino al raggiungimento di una concentrazione pari a quella presente nella soluzione standard di partenza, come mostrato in figura 11.

Non è mai consigliabile lavorare al limite del volume di breakthrough dal momento che diversi fattori, quali la temperatura del campione, la portata di campionamento, la presenza di umidità e la concentrazione del campione stesso, possono ridurre la capacità adsorbente di un materiale. Per garantire un certo margine di sicurezza nelle operazioni di campionamento, viene, dunque, definito il Safe Sampling Volume (SSV), cioè il volume massimo effettivamente campionabile, corrispondente al 70% del volume di breakthrough ed espresso in litri/g di materiale adsorbente [27].

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3.2 LE FIALE A CARBONE ATTIVO

Una delle sostanze adsorbenti più utilizzate per il campionamento di composti organici volatili è il carbone attivo, dal momento che il suo utilizzo ha notevoli vantaggi:

- elevata inerzia chimica e stabilità termica;

- è adatto alla raccolta di una grande varietà di VOC, con concentrazioni dell’ordine di grandezza dei ppb;

Il carbone attivo è caratterizzato da una struttura altamente porosa e da un’area superficiale molto estesa, dalla quale dipende la capacità adsorbente del carbone [27]. Il carbone attivo può essere di due tipi: carbone di cocco, ottenuto dalla triturazione di gusci di noce di cocco e carbone di petrolio, derivante dalla raffinazione del carbone fossile [28]. Entrambe le tipologie, prima di essere impaccate nelle fiale, sono depurate attraverso il riscaldamento fino ad una temperatura di 600°C e tramite il passaggio di un flusso di azoto [29].

Il carbone contenuto nelle cartucce è separato in due sezioni, una principale, contenente una maggior quantità di fase stazionaria, e una di controllo, separate da un tampone in poliuretano. Nella sezione principale dovrebbero teoricamente trovarsi tutti i composti volatili che, attraversando la fiala insieme all’aria, sono stati adsorbiti dalla fase stazionaria. La sezione di controllo serve, invece, per valutare la resa di trattenimento. In particolare, la presenza di analiti in questa parte della fiala può essere dovuta alla saturazione della sezione principale (in questo caso sarà opportuno diminuire la velocità di aspirazione del flusso d’aria o il tempo di campionamento), ad una bassa resa di trattenimento per l’analita di interesse (fase stazionaria non idonea), o al superamento del volume di breakthrough [28].

La modalità di utilizzo delle fiale a carbone attivo è molto semplice. Le cartucce possono essere impiegate sia per il campionamento attivo che per quello passivo e in entrambi i casi il flusso d’aria scorre nella direzione che va dalla sezione maggiore (sezione a, vedi figura 12) alla sezione più piccola (sezione b) per un opportuno periodo di campionamento. Trascorso questo tempo le estremità della fiala vengono chiuse con tappi in materiale plastico e conservate a bassa temperatura fino al momento dell’analisi.

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(a)

(b)

Fig.12 Rappresentazione schematica (a) e foto (b) di una fiala a carbone attivo.

Il solvente utilizzato per l’estrazione dei VOC dal carbone attivo è il solfuro di carbonio, a cui è poco sensibile il sistema di rivelazione a ionizzazione di fiamma (FID) del gas-cromatografo [25]. L’estrazione viene, inoltre, facilitata dall’agitazione del campione, in maniera manuale o tramite agitatore meccanico.

3.2 LE FIBRE SPME

Per ovviare agli inconvenienti derivanti dall’impiego di solventi, recentemente sono state sviluppate delle tecniche alternative, che sfruttano il desorbimento termico e non richiedono l’uso di solventi. Fra queste ha avuto grande diffusione la tecnica di microestrazione su fase solida (solid-phase microextraction, SPME) [30],sviluppata da Pawliszyn nel 1989 ed esplicitamente dedicata all’analisi mediante GC [31].

Le fibre sono in genere esposte con la modalità di campionamento passiva, anche se in alcuni studi è stata sperimentata la loro esposizione in flusso [31]. Per l’esposizione diffusiva, il metodo SPME richiede un periodo di campionamento estremamente ridotto rispetto ai normali campionatori passivi.

La fibra è costituita da silice fusa ed è rivestita da un sottile strato di fase stazionaria. Tipicamente ha una lunghezza di circa 1 cm ed un diametro esterno di 0.11 mm [32], ed è incorporata in una microsiringa modificata, il cui ago serve da protezione per la fibra durante la fase di introduzione nel sistema di iniezione del gas-cromatografo [33].

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Fig.13 Microsiringa modificata Solid Phase Microextraction.

La tecnica SPME è relativamente semplice: la fibra viene posizionata fuori dall’ago di protezione ed esposta al campione, successivamente, al termine del tempo di esposizione, viene ritratta nell’ago e inserita nell’iniettore del GC, gli analiti sono così termicamente desorbiti e trasferiti in colonna tramite il gas di trasporto.

Al momento dell’analisi le fibre sono tenute nel sistema di iniezione per i primi 5 minuti del programma di temperatura del forno cromatografico. Trascorso questo tempo, la fibra può essere riutilizzata per il campionamento.

La tecnica SPME permette di campionare composti organici volatili e semivolatili ed ha numerose applicazioni:

- campionamento di inquinanti presenti in atmosfera,

- campionamento di composti organici presenti nelle acque (MTBE, additivi delle benzine ecc.),

- campionamento di contaminanti del suolo,

- screening di composti volatili presenti nelle tinte e nelle vernici, - analisi di composti volatili emessi da bevande ed alimenti [34], - estrazione e quantificazione di droghe nelle matrici biologiche [35], - campionamento dei costituenti organici emessi dalle opere d’arte [36].

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L’analisi dei composti organici volatili mediante fibra SPME può essere eseguita tramite la sua esposizione in aria, l’immersione diretta in campioni liquidi o l’analisi dello spazio di testa di questi ultimi, come mostrato in figura 14.

Fig.14 Uso della fibra per l’analisi dello spazio di testa.

Per ottimizzare la procedura di campionamento è necessario studiare e selezionare i seguenti parametri: il tipo di fibra, la temperatura di desorbimento, il tempo di esposizione. Inoltre, nel caso in cui la fibra venga esposta in modalità dinamica è importante il controllo del flusso del gas [36].

Come nei sistemi di campionamento diffusivo precedentemente descritti anche questa tecnica di campionamento si basa sull’equilibrio di ripartizione degli analiti tra la matrice del campione e la fase estraente che ricopre la fibra, che può essere di tipo diverso:

- Polidimetilsilossano (PDMS): è un rivestimento non polare usato per diversi composti volatili semipolari quali composti aromatici, esteri e alcuni pesticidi;

- Polidimetilsilossano/Divinilbenzene (PDMS/DVB): per ammine e nitrocomposti aromatici;

- Poliacrilato (PA): è un rivestimento polareusatoper sostanze polari semivolatili; - Carboxen/ Polidimetilsilossano (CAR/PDMS): usato per gas e composti a basso

peso molecolare;

- Carbowax/Divinilbenzene (CW/DVB): è una fase polareusataper alcool e composti polari;

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- Divinilbenzene/Carboxen/Polidimetilsilossano (DVB/CAR/PDMS): per composti volatili e semivolatili [37].

Fig.15 Schema del rivestimento di una fibra DVB/CARBOXEN/PDMS.

Esistono, quindi, tipi diversi di fibre che, a seconda della polarità del rivestimento utilizzato, possono presentare maggiore affinità per specifiche classi di composti [31]. Una maggior porosità del rivestimento rende le fibre in grado di adsorbire maggiori quantità di analiti a basso peso molecolare, questo tipo di fase stazionaria è, quindi, preferibile rispetto alle altre per l’analisi di sostanze presenti in tracce nelle matrici di interesse. In particolare per ottenere un adsorbimento migliore, il diametro dei pori dovrebbe essere circa due volte quello della molecola da trattenere [33].

L’uso delle fibre ha notevoli vantaggi. Esse sono particolarmente adatte per il campionamento diffusivo in quanto l’elevata superficie di esposizione permette recuperi sufficienti anche in tempi di esposizione dell’ordine di qualche ora. Inoltre, dal punto di vista cromatografico, non necessitano di una strumentazione dedicata e non richiedono l’uso di solventi per l’estrazione degli analiti raccolti. In aggiunta il metodo SPME ha un limite di rivelabilità dell’ordine dei ppb [32].

Come per tutti i sistemi diffusivi l’analisi quantitativa mediante tecnica SPME necessita della misura dell’Uptake rate mediante esposizione della fibra ad atmosfere standard, in modo tale da poter correlare la quantità delle diverse sostanze trattenute dalla fibra con le loro concentrazioni nella matrice di interesse.

Di conseguenza, l’applicazione principale delle fibre è l’analisi qualitativa e semiquantitativa dei composti presenti in una data matrice, che in genere vengono poi quantificati più accuratamente, ad esempio, utilizzando tubi a carbone attivo.

La tecnica di campionamento SPME risulta particolarmente versatile nell’analisi dei VOC tramite gas-cromatografia interfacciata con la spettrometria di massa (GC-MS).

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In questo modo si possono identificare i componenti volatili presenti nel sito di indagine ottenendo informazioni su i livelli di concentrazione, utili nell’ottimizzazione di un campionamento attivo.

Sulla base di quanto descritto nel capitolo precedente si è deciso di adottare le seguenti tipologie di campionamento:

1. campionamento con fibre ricoperte di CAR/PDMS;

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