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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.32 (1905) n.1619, 14 maggio

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SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno XXXII - Yol. XXXYI

Firenze, 14 Maggio 1905

S. 1619

SOMMARIO : Sul riscatto delle «M eridionali» — A. J. de Johanhis, Sul regime degli zuccheri m Italia R D V., La organizzazione dell’ agricoltura — La disoccupazione e 1 suoi rimedi — f U v i s t a t o i b l i o g r a f ì c a .

Doti. Alessandro Schiavi, Le ultime elezioni politiche italiane - Doti. Filippo Carli, I processi storici - Prof. P. S Leicht, Il Parlamento della patria di Friuli - Sua origine, costituzione e legislazione - Victor Richard,

Tratté elementare des Operatimi de Banque - Prof. Eugene de Robert/,, Nonveau programme de sociologie - R i v i s t a e c o n o m i c a e f i n a n z i a r i a — Il valore di Borsa delle Azioni di Banche e Società italiane — Il consumo dei concimi in Italia — La questione del cotone — La legislazione ferroviaria negli Stati Uniti Banche Popolari e Cooperative — Mercato monetario e Rivista delle Borse — Società commerciali e indu­ striali — Notizie commerciali.

SUL RISCATTO DELLE “ MERIDIONALI ”

, Abbiamo letto in questi giorni interviste ed articoli, sul riscatto delle SS. F F. Meridionali, diretti a dimostrare che lo Stato non ha nessuna convenienza a tale operazione, e che in ogni modo se mai dovesse farla, la Società dovrebbe pagare a titolo di compenso allo Stato una grossa somma che alcuni fanno arrivare fino a 12 milioni l’anno per tutta la durata della concessione.

A noi mancano gli elementi per confutare una per una quelle cifre e per costruire i conti quali debbono essere fatti, poiché bisognerebbe a questo scopo avere, non solamente le cifre degli uni, ma anche quelle degli altri, e porre in con­ tradditorio le due parti per sentire le ragioni di ambedue e quindi esaminare le risultanze.

Ma anche senza conoscere completamente lo stato delle cose, a noi pare che qualche osserva­ zione utile si possa ricevere da tutto quanto sul­ l’ argomento è stato detto.

E senza perderci in preamboli ci limitiamo a due sole considerazioni, 1’ una di carattere giu ­ ridico, l’altra di carattere finanziario.

Per la parte giuridica abbiamo delle chiare ed esplicite disposizioni di legge, le quali fissano in nAdo preciso le condizioni del riscatto nel caso che il Governo volesse compierlo sotto il regime delle concessioni del 1862 o prima della scadenza del termine fissato dalle ancora vigenti conven zioni di esercizio.

Se il riscatto avvenisse per desiderio del Governo in base alle concessioni del 1862, lo Stato dovrebbe pagare una annuita eguale alla media degli utili netti risultante dagli ultimi sette anni di esercizio dedotti i due peggiori ; se il riscatto dovesse avvenire in base alle Convenzioni ancora in vigore, lo Stato dovrebbe pagare una annuita eguale agli utili netti risultati nell’ esercizio del 1884.

Il legislatore, quindi, ha già stabilito il prezzo di questo riscatto ed ha certo tenuto conto nel fissarlo, tanto la prima come la seconda volta, di tutte le condizioni perchè il prezzo stesso non fosse esagerato nè in un senso nè nell’ altro.

Il punto fondamentale, il criterio su cui si è basato il legislatore è quello di consolidare in certo mòdo per tutta la durata della concessione l’utile netto che la Società ricavava dall’ esercizio, utile medio di cinque anni, scelti tra i migliori dell’ ultimo settennio in un caso, utile determi­ nato in quello del 1884 nel secondo caso, nel quale si sa che esso ammontava a circa 1,300,000 lire.

Su questo punto ogni discussione è adunque oziosa, poiché gli articoli sono così chiari che non ammettono difficoltà di interpretazione.

Ma convien tener conto che, nel fatto con­ creto, non è lo Stato che vuole il riscatto, ma e la Società che domanda di essere riscattata. Ed è naturale che vi sia una differenza di prezzo nei due casi ; che cioè lo Stato, il quale non è obbligato al riscatto e dice di non averne bisogno, domandi un compenso alla Società per accedere al suo desiderio. Avviene sempre che se si va a comperare un titolo da un banchiere lo si paghi qualche cosa di più di quello che il banchiere lo pagherebbe se invece di comperarlo si dovesse venderlo.

Ma qui non si tratta, a quanto dicono gli intervistati e gli articolisti, di una differenza di prezzo quale può correre tra il comperare e il vendere ; non si tratta di dire alla Società : in base al contratto io vi dovrei dare una annuità di 1,300,000 lire per riscattarvi ; accontentatevi di un milione o di mezzo, o di nulla. L o Stato dovrebbe dire alle Società: se io volessi riscat­ tarvi dovrei pagarvi 1,300,000 lire; ma siccome siete voi che volete essere riscattata, invece di darvi io quella annuità, datemene voi una di quattro, di sette, e perfino di dodici miliardi.

Una riflessione viene subito alla mente. Se il riscatto fosse possibile a questo prezzo di dodici milioni da pagarsi dalla Società, anzi tredici milioni, che senno aveva il legislatore del 1862 e del 1885 che ha invece determinato che il riscatto si debba fare pagando un milione ed un terzo alla Società?

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310 L ’ ECO NOM ISTA 14 maggio 1905

Come ammettere che la legge dica che la tal cosa si deve poter comprare pagando un mi­ lione e un terzo, e poi invece si possa comprarla riscuotendo dodici milioni ?

Qualunque fosse la soluzione a cui si venisse, è chiaro che chi farebbe una figura meno illu­ minata sarebbe il legislatore, o quello del 1862 e del 1885 o quello del 1905.

A noi pare quindi che la questione giuridica voglia dire che sarebbe bene strano che le cose fossero così come intervistati ed articolisti ce le dipingono.

Ma più strabiliante ancora è la questione finanziaria. Suppongasi che sia ragionevole chie­ dere alla Società dodici milioni per essere riscat­ tata. Una annuità di 12 milioni vuol dire, al 4 per cento, un capitale di 300 milioni.

Il capitale della Società è di 260 milioni, per cui, avvenuto il riscatto, gli azionisti dovreb­ bero perdere tutto il capitale e pagare di tasca 40 milioni per il gusto di essere riscattati....

In verità che ci nasce il dubbio che le no­ stre ormai vecchie cognizioni di aritmetica non sieno più in corrispondenza colla aritmetica mo­ derna; perchè il vedere stampato, come la cosa più semplice del mondo, che la Società delle Me­ ridionali deve rifare allo Stato la perdita che subirebbe riscattandole, la quale perdita ammon­ terebbe a 12 milioni, ci pare una tale assurdità finanziaria da dover ritenere che qualche grosso equivoco si nasconda in questo affare, o che si voglia far perdere il tempo alla gente.

La enormità stessa della conclusione avrebbe dovuto indurre coloro che 1’ hanno escogita a com­ prendere che è assurda a priori.

Ripetiamo di non avere elementi per esa­ minare con sufficiente conoscenza i diversi punti proposti, ma, e sotto l’aspetto giuridico e sotto l’ aspetto finanziario, non possiamo credere che le cose sieno quali le si espongono.

Se lo Stato per altri motivi crede di van­ tare dei crediti verso la Società delle Meridionali, questa è un’ altra questione; ma che possa chie­ dere ad essa, solo perchè ottenga il riscatto, più ancora di tutto il suo capitale, a noi sembra assolutamente assurdo.

SUL REG IE DEGLI ZUCCHERI

I N I T A L I A

Ho accolto molto volentieri nelle colonne dell’ Economista l’ articolo dell’ on. Maral ni che, poteva esporre, dal suo punto di vista, le ragioni degli industriali produttori di zucchero nella con­ troversia sorta dopo la Convenzione di Bruxelles, sul regime da applicarsi a quella produzione, ed ho accolto altrettanto volentieri le osservazioni che l’ egregio sig. E. Giretti ha voluto inviarmi, inquantochè era mio desiderio che i lettori fossero pienamente illuminati sull’ argomento e nessuno poteva farlo meglio dei due competenti avversari.

Ma ho anche promesso di aggiungere in proposito qualche considerazione, sebbene abbia avuto altra volta occasione di esprimere nel­

l’ Economista (1) i miei convincimenti sull’ argo­ mento.

Potrei ripetere qui il famoso detto di padre Cristoforo « non vorrei nè sfide, ,nè duelli » ma questo è troppo noto, ai lettori dell’ Economista, il quale ha sempre propugnato e continua a pro­ pugnare le idee economiche più liberali ; il che non implica però isolarsi dal mondo e dal movimento quotidiano dei fatti, per limitarsi a ripetere sem­ pre e solamente : viva il libero scambio, od ab­ basso il protezionismo.

Non credo di essere meno liberale dell’ egregio sig. Giretti, se, mentre dura ed imperversa il protezionismo, lo deploro e lo combatto, ma nello stesso tempo espongo le considerazioni che credo migliori perchè tale funesto ed illogico sistema sia il meno disordinato ed il meno dannoso che sia possibile.

Da questo punto di vista, che non implica affatto il riconoscimento di una qualunque giu­ stizia o Convenienza economica in un regime fiscale che tassa il grano, lo zucchero, il petrolio e tanti altri generi di prima necessità con enormi ed anticivili aliquote, — da questo punto di vista, ripeto, debbo rilevare che un regime protezio­ nista, il quale fosse continuamente mutevole e quasi pauroso delle conseguenze proprie, sarebbe ancora più dannoso alla economia del paese di un protezionismo anche più aspro.

A torto od a ragione — e, si intende, credo a torto — i dazi protettori hanno lo scopo di escludere dal mercato le merci estere, affine di farne sorgere in paese la produzione. Un prote­ zionismo che non riuscisse in tale scopo, invece di essere un regime che pretende di essere eco­ nomico, sarebbe un regime schiettamente fiscale, perchè graverebbe i prodotti esteri col dazio, senza riuscire ad escluderli, e quindi senza pro­ durre 1’ effetto principale, che è quello di far sor­ gere e vivere la rispettiva industria nazionale. Il protezionismo vero e proprio deve adunque nei suoi congegni essere sufficiente a far nascere e vivere la industria nazionale per quei prodotti sui quali il protezionismo stesso intende di eser­ citare la sua funzione. E perciò il protezionismo va inteso, non solamente come una rete di dazi di confine contro i prodotti esteri, ma anche come un complesso di provvedimenti che valgono a mantenere la industria allo stesso livello della industria estera, della quale si vogliono escludere i prodotti.

A che varrebbe infatti il protezionismo se col dazio cercasse di equiparare i corsi di pro­ duzione dell’ interno e dell’ estero, tenendo conto solo della parte tecnica del costo, mentre ad esempio le imposte accrescessero esorbitantemente tale costo, o le tariffe dei trasporti gravassero in più alta misura la circolazione delle merci, od il prezzo del denaro fosse molto più alto di quello dell’ estero ?

Il protezionismo deve, in certo modo — ed è questo uno dei principali difetti del sistema, poiché dà luogo ad ingiustizie e talvolta anche a corruzioni — fare il bilancio di ciascuna in­ dustria che intende proteggere, stabilire una

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specie di perequazione tra il costo interno ed il costo estero del prodotto, e lasciare che entro tali limiti si svolgano le differenze di capacità di ogni ordine tra i diversi industriali.

Se il protezionismo non avesse questo scopo, somiglierebbe a chi volesse salire una montagna provveduto di una quantità di energia capace di condurlo soltanto a poca distanza dalla cima. Sa­ rebbe cioè uno spreco inutile di energie ed in­ fliggerebbe al paese, con grande dispendio dei con­ sumatori, gli inconvenienti del sistema, senza al­ cuno di quei benefizi transitori che può apportare. Per queste — certo non nuove considera­ zioni — mi pare che, liberisti o no, tutti dovreb­ bero combattere un protezionismo che gravasse di dazi i prodotti esteri, senza riuscire a dar vita alla produzione nazionale.

Niente quindi da stupirsi, se un economista liberale, studia un regime protezionista ed indica quali creda sieno migliori provvedimenti per renderne meno dannosa la azione nel complesso della economia.

Ora dico, appunto per questo, che se si crede che l’ Italia possa ad un tratto o gradualmente passare ad un regime di libertà economica, la con­ dotta doganale può avere un dato indirizzo, ma se di questo cambiamento non vi è alcuna speranza od alcun sintomo, i liberali possono bensì e debbono anzi combattere con ogni mezzo il protezionismo, per illuminare le menti, ma intanto debbono agire in modo da evitare, per quanto possono, che il protezionismo sia applicato col maggior danno possibile.'

Nello stabilire il regime protezionista, l’ Italia ha pensato di accordare dei favori alla granicol­ tura, alla produzione del fèrro lavorato, alla in­ dustria cotoniera, alla produzione dello zucchero di barbabietola ecc. ecc. ; e nello stipulare i trat­ tati di commercio colle altre nazioni, ha cercato di equilibrare, finché ha potuto e saputo, i danni che il protezionismo degli Stati esteri produceva alla esportazione italiana, coi danni che il protezio­ nismo italiano produceva alla produzione indu­ striale estera.

Or bene, questo sistema, che ha tutti i di­ fetti che ben conosciamo, deve però essere orga­ nico, conseguente a sè stesso, armonico, direi quasi, senza di che ondeggiando o modificandosi troppo frequentemente, produrrebbe quella inevi­ tabile sfiducia nel capitale e nel lavoro, di cui si sono avuti degli esempi molto chiari, ad esem­ pio nella produzione dell’alcool.

L a questione quindi che solleva l’ egregio sig. Giretti, mi pare che debba essere presentata così: — la produzione dello zucchero in Italia ha un eccesso quantitativo di protezione cosi che lasci dei guadagni troppo larghi ? — e ancora : — la produzione dello zucchero in Italia ha avuto già un periodo di protezione sufficiente, cosi che possa senza pericolo essere lasciata ora libera a sè stessa ?

Francamente la risposta a queste due do­ mande non la si è ancora letta così esauriente come sarebbe stato desiderabile.

Se la protezione è eccessiva, nel margine tra il dazio e la tassa di fabbricazione, ciò dovrebbe risultare dagli utili ottenuti per un congruo pe­ riodo di tempo, dalle fabbriche di zucchero.

Bisognerebbe che si facessero conoscere al pubblico i bilanci delle Società zuccheriere, ad esempio, per l’ ultimo quinquennio, e ricavare da essi quali e quanti utili furono distribuiti ^ agli azionisti o furono portati ad aumento di capitale. Si intende, esclusi gli utili derivanti da giuochi di borsa, i quali nulla hanno a che fare colla, industria degli zuccheri, ma sono pure e semplici

speculazioni di credito. j

Una simile dimostrazione sarebbe più effi­ cace assai di tutte le troppo generali ed un poco forzate affermazioni che si mettono avanti per indurre il Governo a modificare il regime degli zuccheri.

Per esempio il sig. Giretti non avverte che i suoi strali contro la Convenzione di Bruxelles, per ciò che riguarda l’ Italia, non sono ^ giusti, subitochè quella Convenzione non ha già imposto all’ Italia di mantenere il margine attuale tra il dazio e la tassa di fabbricazione, ma non ha fatto obbligo di ridurlo a L . 6 ; le due cose sono ben diverse ; e infatti all’ Italia venne lasciata una completa libertà di azione.

L a Convenzione di Bruxelles mirava a re­ golare un ordine di fatti molto piu generali e più importanti di quelli che si rilevano nella controversia che ha sollevato il sig. E. Giretti, al quale non voglio nemmeno imputare come so­ verchia ingenuità la ipotesi che l’ Italia con un regime protezionista abbastanza aspro, come è quello che oggi corona i suoi confini, potesse an­ che solo discutere di lasciar aperto il proprio mer­ cato alla produzione estera dello zucchero.

E ’ in base a queste considerazioni, a cui ho altra volta accennato, che io concludo: —- si è fatto male a far nascere con provvedimenti pro­ tezionisti la industria della fabbricazione dello zucchero come si è fatto male a far nascere cogli stessi mezzi la industria del cotone, la industria del ferro e tante altre ; — su questo siamo d’ ac­ cordo; ma si farebbe ancora peggio se, non_ volendo nulla sacrificare delle entrate doganali,, si volesse ora restringere il margine concesso alla industria zuccheriera, senza aver prima bene provato che essa è in grado di sopportare il nuovo tratta­ mento. E questo dico, non tanto o non soltanto per gli effetti sulla industria degli zuccheri, quanto per gli effetti generali che un simile in­ coerente procedere nell’ indirizzo economico dello Stato, produrrebbe sull’ insieme del capitale, che appena ora, in Italia, comincia ad avventurarsi in misura un po’ meno ristretta, nelle industrie.

Ma se su questo punto, sino a ragion cono­ sciuta, non sono d’ accordo col sig. Giretti, ciò non toglie che desideri come lui che il Governo ribassi così il dazio e la tassa di fabbricazione sullo zucchero,'da poter rendere più largo il_ con­ sumo e permettere quindi anche di diminuire il margine di cui ora gode la industria.

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misura il protezionismo agricolo ; e molto proba­ bilmente le tariffe del 1887 non sarebbero state possibili se prima non fosse stato accordato il primo aumento protettore del dazio sul grano. E nessuna protezione industriale cadrà, se prima non sarà vinta la battaglia, che sventuratamente nessuno vuol ingaggiare con fermo proposito, per una graduale diminuzione del dazio sul grano.

E ciò è naturale poiché, a paragone degli effetti del dazio sui grani, a danno dei consuma­ tori, le altre singole protezioni sono ben poca cosa. Ed il sig. Giretti, che intende combattere qualunque forma di protezionismo, segue una tat­ tica non sagace, poiché sperpera le forze in sca- ramuccie il cui esito è molto difficile, mentre tutte le forze dovrebbero essere rivolte a vincere il caposaldo del protezionismo, che è la protezione alla granicoltura.

* * *

H o già detto essere mio convincimento che il sig. Giretti e coloro che assieme a lui si sono occupati dì questo argomento, avrebbero dovuto cominciare dal provare la verità delle loro asser­ zioni dando al pubblico una sufficiente massa di fatti.

Voglio credere che non abbiano però affer­ mato a caso, ma abbiano raccolti gli elementi valevoli per suffragare la loro tesi, ma che non abbiano creduto necessario di pubblicarli.

Però, dal canto mio, ho cercato di farmi un concetto delle condizioni finanziarie della indu­ stria dello zucchero ed ho potuto avere alcuni dati, che credo esatti e li pubblico perchè essi smentirebbero la asserzione del sig. Giretti, che gli azionisti zuccherieri abbiano fatto colla in­ dustria dello zucchero tanti guadagni e che la industria stessa non sia più bambina e quindi possa camminare da sola senza protezione o con molta minor protezione.

Il sig. Giretti vorrà, se i miei dati non sono esatti, contrapporre i suoi e se altri ne possiede che smentiscano ì miei, farli conoscere.

Siamo d’accordo col sig. Giretti nel non volere la protezione, ma dobbiamo essere anche d’ ac­ cordo nel non affermare che cose vere e provate ; se no i liberali finiranno a perdere ogni credito ed a lasciar credere che lavorano di fantasia. E, per mio conto, faccio il possibile che ciò non av­ venga mai.

Ho adunque raccolto, per ora, i dati di tredici fabbriche di zucchero riguardanti gli ultimi cin­ que anni e li trascrivo.

* *

1. Società Valsacco per la fabricazione dello zucchero in Roma. — Il capitale originario di que­ sta Società era nel 1899 di L. 2,000,000 ; ma nel 1904 ha dovuto procedere ad una svaluta­ zione per L . 750,000 e chiamare gli azionisti a reintegrare la perdita portando ancora il capitale a 2,000,000 di versato. Nel 1899 ha dato un di­ videndo del 6 per cento e nei quattro anni 1900- 1903 non ha dato nessun dividendo.

2. Società Ligure-Ravennate con sede a Ge­ nova. — Questa Società fu fondata nel 1900 con un capitale di L . 1,500,000 ed ha distribuiti i seguenti dividendi :

1901 il 7 per cento. 1902 il 7 per cento. 1903 il 7 por cento.

3. Società generale per lo zucchero indigeno con sede in Roma. — E ’ una delle più impor­ tanti Società ed ha un capitale di 12 milioni, tutto versato, ha dato i seguenti dividendi :

1900 1’ 8 per cento. 1901 il 6 per cento. 1902 il 6 1/2 per cento. 1903 il 6 1/2 per cento.

4. Zuccherificio agricolo Ferrarese. — Ha un capitale di L . 2,000,000 ed ha distribuito i se­ guenti dividendi :

1900 il 5 per cento. 1901 il 3 per cento. 1902 il 5 per cento. 1903 il 5 per cento.

5. Société Générale de sucrérie con sede in Alessandria. — Venne fondata nel 1901 con un capitale di L. 1,800,000; nel 1902 non ha dato nessun dividendo, nel 1903 ha distribuito il 3 per cento.

6. Società Romana per la fabbricazione dello zucchero. — Il capitale iniziale di questa Società fu di L. 1,800,000 che nell’esercizio 1901-902 venne portato a L. 2,500,000. Nel febbraio 1903 venne svalutato a L . 900,000 e poi reintegrato dagli azionisti mediante il versamento di L. 64 per azione riportandolo così a L . 2,500,000. Ma nel febbraio dell’ anno successivo 1904 venne ope­ rata una nuova svalutazione di L . 1,250,000 e reintegrato colla emissione di nuove azioni da L . 50 1’ una ; e poscia il capitale stesso fu aumen­ tato fino a 6 milioni di versato, mentre quello autorizzato dallo statuto è di 10 milioni.

I dividendi pagati furono : Nel 1899 il 10 per cento.

» 1900 nessun dividendo. » 1901 nessun dividendo. » 1902 il 3 per cento. » 1903 1’ 8 per cento.

7. Eridania fabbrica di zucchero con sede a Genova.

II capitale originario di questa Società fu nel 1899 svalutato del 25 per cento e reintegrato dagli azionisti. Nel 1904 il capitale sociale fu portato a 15 milioni di cui 11 versati. Ha distri­ buito, come è noto, i seguenti dividendi :

1900 il 7 per cento. 1901 nessun dividendo.

1902 il 15 per cento sul capitale nominale. 1903 il 25 per cento.

1904 il 15 per cento.

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8. Fabbrica di zucchero a Cecina. — Questa fabbrica non ha fatto che una s o l a campagna con esito così infelice che la Società si sciolse liqu i­ dando una notevole perdita. Ora la Fabbrica di Cecina è demolita.

9. Zuccherifici Veronesi di S. Bonifacio e Co- logna Veneta. — Anche questa Società ha dovuto sciogliersi liquidando la perdita di quasi tutto il capitale. Gli stabilimenti passarono in proprietà di un’ altra Società.

10. Società Ligure Sanvitese. — Venne fon­ data nel 1900 col capitale di L . 1,800,000; non ha mai distribuito dividendi.

11. Fabbrica di zucchero Ligure-Vicentina. — Anche questa Società venne fondata nel 1900 con un capitale pure di L . l,80O,000 ; ma anche essa non ha mai distribuito dividendi.

12. Zuccherificio Ostigliese. — L a data della fondazione è egualmente del 1900 ed il capitale è, anche di questa Società di L . 1,800,000 ; e non ha mai distribuito alcun dividendo.

13. Società Italo-Belga per l ’ Industria degli zuccheri. —• Venne fondata nel 1900 con 2 mi­ lioni di capitale e non ha mai dato dividendo.

* * *

. Non faccio commenti e nemmeno riassunti ; veggo, di fronte ad alcune poche Società che hanno limitatamente rimunerato il capitale, numerose altre che o non hanno potuto vivere ed hanno subito gravi perdite, o non hanno mai dato un centesimo di dividendo ai loro azionisti.

Lascio al sig. Giretti elaborare questi dati e contrapporne degli altri e lascio poi ai lettori di giudicare se sia vero che la industria degli zuc­ cheri abbia dato i lauti guadagni e se sia vero che essa è già adolescente.

E concludo ripetendo che se il Governo è a cognizione degli elementi esatti della controversia dovrebbe, sotto pena di essere accusato di fare e disfare a spese altrui, non mutare per qualche tempo ancora il regime degli zuccheri.

Ohe cosa si direbbe di un coltivatore di frutta precoci, che dopo aver speso tutto l’ inverno in carbone onde mantenere calde le serre, dichia­ rasse in Marzo di non voler spendere di più e lasciasse morire le piante ? Male avrebbe fatto ad impiantare una industria senza avere i mezzi sufficienti per condurla a buon fine.

Tale sarebbe lo Stato se agisse ora contro una industria che ha voluto far nascere e che lotta ancora, nel complesso, tra scarsi guadagni ed enormi perdite di capitali.

A . J . D E J O H A N N IS .

t i ORGANIZZAZIONE DELI’ AGRICOLTURA

Nella vita economica del nostro tempo l ’as­ sociazione tiene un posto eminente in ogni campo di attività industriale e, sebbene più tardi che in altre sfere di interessi economici, anche in quella agricola l’ associazione h avuto notevoli applicazioni. Il fatto, nelle sue generalità, non è ignoto ad alcuno, ma è certo che sarebbe altamente utile di considerare le cause del movimento as­ sociativo nell’ agricoltura e i risultati che se ne

sono ottenuti, specie in alcuni paesi dove si è saputo adattare 1’ associazione alle più varie con­ dizioni locali e alle molteplici esigenze della in­ dustria agricola. Quei paesi sono parecchi ormai, e non può essere compito di un breve cenno di tale argomento — oggidì più che mai opportuno, dopo la iniziativa di Sua Maestà — di passarli in rassegna ; ma qualche considerazione su ciò che è stato fatto in alcuni di essi, situati anche nelle zone più lontane, varrà a richiamare 1’ at­ tenzione sulla utilità e la necessita del movimento organizzatore sorto anche nell’agricoltura. Di esso si valgono ora non soltanto i grandi agricoltori, i Hauptagrarien della Germania, ma anche i mi­ nori, i Nebenagrarien, e i proprietari non meno dei conduttori di fondi, i lavoratori della terra, al pari dei fittavoli, tutte insomma le classi di persone interessate nella produzione e nella ven­ dita dei prodotti del suolo. A lle dispute sulla prevalenza da darsi alla agricoltura o all indu­ stria, sullo Stato industriale (Industriestaat) da proteggere più dello Stato agricolo (Agrarstaat) __ controversia che può avere una base soltanto su interessi transeunti che cercano di vivere a spese della società —1 si va sostituendo una di­ samina più utile e serena della necessità di or­ ganizzare l’ agricoltura sistematicamente e dei modi di applicare il principio di associazione in quel campo di operosità economica, nell’ intento di migliorare le sorti sia del lavoratore della terra, sia dell’ imprenditore o del proprietario. Molto è già stato fatto, e la prova migliore la possiamo avere studiando il movimento agrario in Germania o nel Belgio, in Danimarca ^ o in Francia, ma molto rimane da fare perchè esso incontra ostacoli, se non insormontabili, certo assai difficili da superare in non poche regioni dove il più gretto individualismo, o pregiudizi profon­ damente radicati, od anche il regime della pro­ prietà e dell’ esercizio della industria agricola oppongono difficoltà gravi a un coordinamento razionale delle energie produttive, a, un avvia­ mento verso nuove forme di spaccio delle der­ rate, a un mutuo aiuto nelle contingenze difficili nelle quali può trovarsi il coltivatole. E ’ tutta una educazione nuova che occorre formare, è un rinvigorimento della tendenza ad associarsi che deve procurarsi, è una maggior fiducia nei bene­ fici risultati dell’associazione che bisogna propa­ gare. E tutto ciò diverrà possibile se gli. uomini più ascoltati e stimati fra gli agricoltori, la­ sciando da parte ogni veduta egoistica, armati di molta pazienza e molta fiducia, sapranno far tesoro di tutte quelle esperienze che sono state fatte in questi ultimi anni e scegliendo e adat­ tando e rinnuovando riesciranno a dare alla_ in­ dustria agricola forme, atteggiamenti, combina­ zioni, metodi e ardimenti nuovi in relazione alle mutate contingenze della società, della lotta eco­ nomica, della tecnica industriale, dell agricoltura, insomma, e dell’ ambiente nel quale essa deve vivere e prosperare.

Un distinto agronomo francese (1) ha osser­ vato che due trasformazioni recenti hanno

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fìcato profondamente la tecnica agraria, e cioè l ’ impiego dei concimi minerali e industriali com­ plementari, e l’ uso delle nuove macchine. A l­ t’ inverso di ciò che è avvenuto nella industria, gli strumenti meccanici non hanno una importanza grandissima nell’ agricoltura od almeno la mac­ china non vi ha una funzione capitale come nella industria. Ma se la macchina non ha compiuto, almeno sinora, una rivoluzione nell’ agricoltura, paragonabile a quella verificatasi nell’ industria .trasformatrice delle materie fornite dalle indu­ strie estrattive e da quella rurale, perchè è sem­ pre la pianta che produce le materie alimentari e industriali, è certo che va tenuto conto, e gran conto, del progresso delle macchine agricole. Si comprende quindi che i coltivatori abbiano un grande interesse ad assicurarsene l’ uso e come l’ associazione possa facilitare la conoscenza esatta e l’ acquisto delle nuove macchine.

Maggiore è certo la importanza dell’uso dei concimi, esercitando essi una influenza quasi sem­ pre rapida o immediata sulla composizióne del suolo e per conseguenza sulla nutrizione dei ve­ getali. Lo studio della loro azione, della loro natura nei suol rapporti con la composizione della terra, della quantità da adoperare, delle combi­ nazioni chimiche sotto le quali si devono impie­ gare, in breve la scienza sperimentale della con­ cimazione ha esercitato una influenza decisiva sulla produzione agricola. E anche qui la asso­ ciazione può rendere segnalati servigi. L o stesso Zolla domanda giustamente come potrebbe un agricoltore isolato, che non possiede alcuna istru­ zione scientifica e non suppone le molteplici tra­ sformazioni della frode, premunirsi contro i peri­ coli che essa presenta? Come potrebbe acquistare con sicurezza e a buon mercato, se un’ associazione non venisse ad aiutarlo esigendo delle garanzie riguardo alla dosatura dei concimi e stipulando dei contratti importanti a dei prezzi minimi?

Ma ciò che si può dire delle macchine e dei concimi è anche vero per le altre trasformazioni che furono determinate dalle scoperte scientifiche controllate dalla esperienza, utilizzate dai pratici. Come si può agire sulla produzione vegetale com­ pletando il suolo coll’aiuto dei concimi, cosi si può parimente raggiungere lo stesso scopo sele­ zionando le sementi, lottando contro i parassiti e le malattie crittogamiche, il che esige degli aggruppamenti speciali per divulgare i metodi riconosciuti migliori, studiare le malattie, procu­ rarsi gli strumenti e le materie necessarie per combattere quelle malattie.

Ancora, la produzione cooperativa è talvolta indispensabile per poter ottenere un prodotto di buona qualità, di tipo uniforme e a un costo minore ; valga 1’ esempio della fabbricazione del burro. Lo studio dei mercati e la vendita in comune s’ impongono pure agli agricoltori che vogliono trar profitto dalle condizioni favorevoli, sia rispetto ai prezzi, sia relativamente alle spe­ dizioni cumulative per mercati lontani. E nel credito si può svolgere, non meno che in altre manifestazioni dell’ attività economica, 1’ azione collettiva. Assai vasto adunque è il campo nel quale il principio di associazione a favore del- l’ agricoltura può essere applicato, e una orga­ nizzazione completa della agricoltura non si potrà

raggiungere sino a tanto che l’ associazione non avrà avuto le applicazioni che, di volo, abbiamo ora accennate.

Tuttavia una serie di fatti stanno a dimo­ strare che già è stato fatto qualche cosa per dare all’agricoltura quella organizzazione della quale ha indubbiamente bisogno per poter pro­ gredire e prosperare. E uno scrittore inglese, Edwin A. Prati, ha presentato or non è molto un quadro, certo non completo ma abbastanza com­ prensivo di ciò che è stato fatto nei vari paesi (1). E l’ impressione che si ricava dal suo studio è che in più luoghi si è sulla buona via, solo oc­ corre dare impulso maggiore, vale a dire più efficace, continuo, perseverante a molte iniziative già prese e che si dimostrano veramente utili. Qui non è possibile esporre ciò che è stato fatto nel Belgio, in Danimarca, in Francia, in Ger­ mania, al Canada e via, dicendo; soltanto si può chiamare l’ attenzione dei lettori sopra tutto un movimento che se non si arresterà darà, è lecito credere dai primi risultati ottenuti qua o là, un nuovo slancio alla industria agricola e le per­ metterà forse in un avvenire più o meno lontano, secondo gli Stati, di competere con 1’ agricoltura dei paesi nuovi senza bisogno della protezione doganale. Il risveglio della industria agricola dev’ essere il fatto saliente del primo periodo del secolo nuovo, perchè non è possibile ammettere che una industria così importante continui per lunga serie d’ anni a rimanere in una condizione di profonda depressione senza che sorgano nuove energie, nuovi sistemi per ridarle vigore e pro­ sperità, senza che uomini tecnici, legislatori, eco­ nomisti non si dieno pensiero di restituirle quella importanza e quel benessere che già ebbe in mi­ sura notevole.

L a iniziativa del R e in appoggio della pro­ posta di creare un Istituto agricolo internazio­ nale, proposta esaltata da alcuni e combattuta da altri, ma in ogni caso utile, perchè richiama gli Stati e g l’ interessati a pensare alle sorti del­ l’ agricoltura, avrà anche il vantaggio di favorire la organizzazione di quella industria col far co­ noscere ciò che già si è fatto e coll’indicare altri fini da raggiungere per mezzo dell’ azione collet­ tiva. E su questo punto non vi sarà Certo dis­ senso.

R . D. V. (1) The organization of agriculture (London, 1904).

LA DISOCCUPAZIONE E I SUOI RIMEDI

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verte in modo speciale durante alcuni mesi del­ l’ anno, e precisamente nell’ inverno, vi è la disoc­ cupazione, diremo cosi, normale, che oscilla a se­ conda delle varie arti intorno a percentuali piu o meno elevate e che costituisce certo uno dei fenomeni più dolorosi della vita economica. Per­ chè in sostanza si ha il desolante spettacolo di gente che cerca un lavoro adatto alle sue capa­ cità e non riesce a trovarlo, mentre il bisogno quotidiano, spinge ad accettare anche le condi­ zioni meno favorevoli d’ impiego.

Non è il caso qui di indagare le cause di questo fatto o di esporre le teorie che da Giam­ maria Ortes a Carlo Marx sono state sostenute per spiegare il fenomeno di cui ci occupiamo ; dobbiamo limitarci a constatare eh’ esso esiste e che sono stati fatti già molti tentativi per por­ tare rimedio a una condizione di cose che merita di essere seriamente considerata da ogni classe di persone interessate al pacifico progresso civile ed economico.

Dei rimedi si è occupato di recente l’Ufficio del lavoro della Società Umanitaria di Milano. Il dottor Schiavi, che ne è ora il direttore, ha os­ servato che varie sono le cause della disoccupa­ zione e diverse sono le categorie dei disoccupati ; diversi devono quindi essere necessariamente — e corrispondenti — i mezzi coi quali si intende provvedervi.

« Come nella profilassi medica, e nella igiene, nelle varie forme di infezione, e contro le diverse specie di parassiti si adoperano antisettici e ste­ rilizzanti specifici, così nella profilassi sociale contro la disoccupazione che è tra le cause di infezione la più temibile in quanto attacca organismi sani nel pieno della virilità, e nel massimo vigore delle forze, e trasforma entità attive e produttive in ele­ menti negativi e passivi, in gravami sociali, in focolari di infezione entro 1’ ambiente nel quale vanno a finire di esistere via via digradando dal­ l’ uno all’ altro strato, occorrono rimedi e provve­ dimenti specifici a seconda del grado di intensità al quale 1’ infezione è già arrivata, dello stato di disgregamento e di deperimento al quale l’ indi­ viduo disoccupato è giunto e dello strato sociale nel quale ancora esso si trova. »

Così mentre l’ ufficio di collocamento è quasi il rimedio comune che serve un po’ a tutti i di­ soccupati, la cassa di assicurazione contro la di­ soccupazione si volge alla élite degli operai qua­ lificati dell’industria, nei quali sono già sviluppati lo spirito della previdenza e della associazione e che mal si adatterebbero ad accettare l’elemosina della beneficenza, o ad entrare in una casa di lavoro per compiervi un’ opera quasi carceraria, oppure in una colonia agricola ; la casa di lavoro può — senza avvilire — dare ricovero e assi­ stenza finché passi il periodo della crisi o della morta stagione o finché si trovi lavoro altrove, agli innumeri operai non qualificati, non esperti che la prima bufera gitta sul lastrico nei quali i magri salari e il basso livello intellettuale mal favoriscono lo spirito di previdenza ; la colonia agricola può facilitare il ritorno ai campi degli immigrati di recente dalla campagna ai grandi centri industriali dove, spesso, per mancanza di abilità tecnica, non riescono a trovare una occu­ pazione stabile. Quanto agli invalidi al lavoro, la

carità pubblica o privata (in attesa della pen­ sione assicurata dalla società, a tutti i suoi figli che hanno lavorato per tutta la vita) dovrebbe provvedere al loro ristoro, al loro riposo.

In questo, modo secondo lo Schiavi, ognuno degli Istituti creati in vista di attenuare i danni della disoccupazione integra mutuamente gli altri, ed il grave problema trova, nei limiti del possi­ bile consentito dalla costituzione economica odier­ na che è di esso la causa precipua, la soluzione, le soluzioni più adeguate.

L a disoccupazione può essere determinata : da oscillazioni nella domanda e nella offerta di braccia, da morta stagione, da crisi economiche, da sospensione di lavoro per guasto nelle mac­ chine, per incendio della fabbrica, ecc. Ebbene, lo spirito di previdenza per attenuarne le conse­ guenze si è manifestato in varie forme, con mezzi diversi e con risultati del pari differentissimi. L o studio della Società Umanitaria distingue op­ portunamente la previdenza professionale indivi­ duale da quella collettiva ; da un lato cioè l’ope­ raio che conosce il rischio della disoccupazione inerente alla sua professione, vi provvede da se, col mantenere elevati i salari perchè compensino i pericoli di mancanza del lavoro ; dall’ altro A s­ sociazioni operaie di mestiere salde e numerose hanno creato delle Casse di disoccupazione, allo scopo di ripartirne il peso sull’ intera corpora­ zione. Allora i fondi raccolti con quote indivi­ duali vengono distribuiti in due forme come viatico agli operai disoccupati che vanno a cercar lavoro in altre località e come sussidio giorna­ liero per un dato periodo della disoccupazione. Il viatico viene distribuito ad esempio nel- P Inghilterra sotto forma di danaro a quei soci che si mettono in viaggio per cercar lavoro. Ma siccome presenta vari inconvenienti, si presta alle finzioni e si rende in parte inutile potendo ricorrere alle comunicazioni postali e telegrafiche, così esso va cadendo in disuso. In Francia il sussidio dato parte in natura — spesso mercè accordi con un albergatore — parte in danaro potendo ser­ vire al vagabondaggio, il Comitato federale delle Borse del Lavoro ha sostituito i concorsi speciali delle diverse Borse con un viatico collettivo, ri­ servato ai lavoratori organizzati, regolato dagli stessi interessati e che sopprime per la, maggior parte, se non tutti quegli inconvenienti. Fino ad ora però i risultati della organizzazione del via­ tico non sono stati in Francia molto brillanti quasi tutte le Borse fanno qualche cosa per i viaggiatori ma ben poche hanno organizzato un servizio esatto del viatico.

Le organizzazioni operaie aderenti alla Ge- nerallcommission der Gewerkschaften della Ger­ mania hanno speso in 13 anni dal 1891 al 1903 — in sussidi di viaggio, marchi 5,096,248 di cui 613,870 nel 1903.

A Milano parecchie L eghe distribuiscono sussidi di viaggio ai loro soci, e di passaggio in diversa misura, secondo l’ anzianità di inscrizione, la distanza da percorrere ecc.

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meccanici il socio che riceve il sussidio dev’ es­ sere stato licenziato o lasciare il suo posto in condizioni che sodisfino la Sezione alla quale egli appartiene. Il sussidio di solito viene dato se­ condo una scala discendente. La Società dei fale­ gnami (Amalgamateci Society o f Carpenters and Joiners) distribuisce 10 scellini per le prime 12 settimane e 6 per le 12 successive ; altre danno in principio 18 scellini e altre 3 scellini e mezzo. Le Trades Unions negli ultimi 11 anni hanno speso una somma considerevole in sussidi di disoccupazione ; nel 1902 ad esempio essa salì a 420,911 sterline.

In Francia, in Danimarca, nel Belgio, in Germania, in Austria le organizzazioni operaie hanno pure speso somme importanti. In Italia fu l’ organizzazione dei lavoratori del libro che introdusse fino dal 1877 il sussidio di disoccu­ pazione e che lo mantiene su basi saldissime. Se­ guirono poi, a molti anni di distanza, altre or­ ganizzazioni, così che nel 1903 sopra 115 leghe inscritte alla Camera del Lavoro di Milano 41 ave­ vano nei loro statuti regolato quel sussidio, ma di esse 32 sole effettivamente lo distribuivano. I sistemi di pagamento delle quote di contributo dei sussidi sono diversi tra i vari gruppi di le­ ghe per l’ altezza e la durata. La quota infatti può essere unica per tutti (10 centesimi la set­ timana, ad esempio), oppure facoltativa nel senso che sono stabilite in due categorie e ciascuna poi è libera di inscriversi in quella che vuole ; oppure proporzionale alla età, proporzionale alla abilità tecnica o al salario. L ’ altezza del sussi­ dio varia quasi in corrispondenza delle quote o in rapporto agli anni di appartenenza alla Lega ed è spesso legato alla durata. Così per gli ore­ fici è diverso, come le quote, secondo che il socio è sotto i 18 anni o donna, o è sopra quell’ età, ma la durata è comune.

Per la rinnovazione del sussidio alcune L e­ ghe stabiliscono che non si possa percepire il sussidio che una sola volta in un anno; altre determinano un periodo di lavoro continuativo, dopo il quale si può tornare a godere del sussi­ dio. Per gli apprendisti, in tutte le Leghe il sus­ sidio è ridotto a metà circa di quello percepito dagli operai.

L e due ass.ociazioni di mestiere milanesi che distribuiscono da più lungo tempo il sussidio di disoccupazione e in più elevata somma annua sono i compositori e gli impressori. Ogni compo­ sitore versando in media lire 6.77 viene ad aver diritto a un sussidio variabile, secondo l ’ anzia­ nità da lire 90 a 210, sussidio che in realtà si distribuisce tra i soci in misura di lire 6.74. Per g l’ impressoi’i a un premio di lire 6.54 è corri­ sposto un susssidio di lire 4.91. L ’ avanzo costi­ tuisce il fondo di riserva per i periodi di crise, durante i quali si ricorre anche a contribuzioni straordinarie.

Vedremo in altro articolo ciò che riguarda la previdenza sociale in materia di disoccupa­ zione.

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ibliografica

Dott. A l e s s a n d r o Schiavi. - Le ultime ele­

zioni politiche ita’iane. — Torino, Roux e Via- rengo, 1905, pag, 48.

Questo opuscolo, estratto dalla ottima Ri­ form a sociale, è un esame analitico dei risultati delle ultime elezioni politiche a base di stati­ stica, resa di facile intelligenza con opportuni e numerosi diagrammi.

Premesse alcune considerazioni sulla situa­ zione politica del Regno poco prima delle ele­ zioni, riassunti i programmi dei partiti, date alcune interessanti notizie numeriche sugli elet­ tori politici in rapporto alla popolazione e dei vo­ tanti in rapporto agli inscritti nelle liste eletto­ rali, così nel complesso del regno come per le singole regioni, l’Autore esamina quali furono i risultati delle elezioni del 1904.

Prima di tutto osserva gli eletti in rapporto al Ministero e trova che dei 508 ben 362 erano ministeriali e solo 146 di opposizione ; quindi r i­ cerca le divisioni degli eletti in conservatoli e dei partiti popolari, dandone la proporzione per ciascuna regione. Infine rileva quali sarebbero stati i risultati se fosse stato applicato il sistema proporzionale e trova che di esso, si sarebbero avvantaggiati i partiti popolari. La Camera at­ tuale gli risulta composta di 212 avvocati, cioè il 41.73 per cento, di 101 membri che non hanno indicazione determinata, di 49 professori, di 26 dottori in legge, 21 ingegneri, 18 medici, 14 pub­ blicisti, 15 industriali, 10 proprietari agricoltori, 10 militari, 6 Consiglieri di Stato, 6 magistrati, 3 dottori in scienze agrarie. 3 proprietari, 3 ban­ chieri, 2 dottori in scienze sociali, 2 ragionieri, 2 operai, 2 commercianti, 1 contabile, 1 notaio, 1 intraprenditore. E non si può dire certo che la Camera sia ben composta.

Gli elettori farebbero bene a leggere l’ inte-' ressante studio del dott. Schiavi.

Dott. Filippo Carli. - I processi storici. — P or­

tici, Stabil. Tip. Vesuviano, 1904, op. 16. L ’Autore in questo breve articolo — troppo breve forse per le molte cose che ha voluto di­ scutere sommariamente — tratta del concetto che è racchiuso nella nota espressione « materialismo storico » e che dà luogo a tante interpretazioni.

Il dott. Carli, con molta dottrina ed anche con chiarezza espone il suo pensiero sull’ argo­ mento respingendo tanto la dottrina di coloro che dànno al materialismo storico un senso troppo strettamente economico, come quella di coloro che ne fanno invece una dottrina affatto materialista.

Come tutte le trattazioni di questo genere, pecca nel citare esempi storici di epoche lon­ tane, delle quali è difficile assai conoscere tutti gli elementi e vivere in esse per giudicare le azioni individuali e collettive del tempo, e pecca ancora nel tentativo di previsioni di un lontano avvenire, alle quali fanno difetto sufficienti ter­ mini cogniti per impostare l’ equazione.

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P r o f. P. S . L e ic h t . - 11 Parlamento della patria del Friuli - Sua origine, costituzione e legisla­ zione (1231-1420). — Udine, Tip. G. B. Do- retti, 1903, pag. 252.

L ’Autore di questo pregevole studio tende a dimostrare tutta la importanza che ebbe, spe­ cialmente dal lato giuridico, il Parlamento friu­ lano anche per alcuni aspetti politici; —• Per lotta che allora si combatteva fra le naziona­ lità contermini; — per l’ altra lotta interna che vigeva tra i feudali, che erano quasi tutti tede­ schi, ed il popolo, che era latino; — per l’azione moderatrice, che quell’ Istituto esercitava per te­ nere in freno le tendenze del patriarca e far va­ lere la forza dei comuni.

Dopo aver con larga critica esaminato le opinioni di diversi scrittori sulle origini del Par­ lamento friulano, l ’Autore ne indica la costitu­ zione ed il modo col quale agiva ; quindi studia quali erano le sue primitive competenze e come si svolsero. Cosi chiude la prima parte, diremo preliminare ; nella seconda parte l’ Autore studia la funzione di fatto esercitata dal Parlamento, nel diritto provinciale, nella procedura civile, nel diritto civile e nel diritto pubblico.

Una appendice dà i regesti dei lavori, ed una serie di documenti.

Non abbiamo competenza per giudicare il valore storico di questo lavoro, ma ne abbiamo ammirata la diligente e la chiara trattazione.

V ictor Richard. - Traité elementaire des Opéra-

tion de Banque. — Paris, Garnier Fréres, 1905, pag. 918 (Fr. 7.50).

L ’Autore, che è Direttore d ’ Agenzia del Comptoir National d’ Escompts de Paris, si è pro­ posto con quest’opera una modesta meta, poiché, notando che coloro i quali hanno trattato di cose bancarie per lo più hanno rivolti i loro lavori a persone pratiche e perciò hanno usato un lin­ guaggio tecnico senza sentire il bisogno di spie­ garne il significato, ha voluto invece dettare un trattato che fosse alla portata di tutti.

Ma l’esame di questo lavoro fa vedere che esso contiene molto di più di quello che l’ Autore promette ; non solo il linguaggio tecnico è spie­ gato, ma la materia, non certo facile, è ordinata e presentata con molta competenza e con rara precisione di concetto.

Essa è divisa in undici titoli che trattano rispettivamente : — degli effetti di commercio — della negoziazione —- del pagamento — della scrittura —■ dei cambi — delle merci —• dei ti­ toli — delle assicurazioni — della corrispondenza — del contenzioso — delle società.

Chiude il volume un dizionario delle espres­ sioni più in uso in banca ed in diritto.

Si trovano nel volume molte notizie prati­ che ; non solamente le leggi a cui si riferiscono i diversi argomenti, ma ancora i calcoli sulle monete straniere riportate in franchi, i moduli dei principali libri di commercio, l’elenco dei prin­ cipali titoli dei diversi Stati, modelli di corri­ spondenza ecc. ecc.

Un lavoro quindi utile a tutti coloro che trattano affari.

P r o f. E u g è n e d e R o b e r t y . - Nouveau pro­ gramme de sociologie. — Paris, F. Alcan, 1904, 'pag. 268 (Fr. 5).

Il noto professore della Nuova Università di Bruxelles, che ha già pubblicati tanti interessanti e lodati volumi nella pur nota Biblioteca di filo­ sofia contemporanea, edita dal valente editore F. Alcan, in questo volume vuol creare nuove basi alla sociologia. L ’ Autore crede che la causa principale del lento progresso di questa scienza stia nel suo empirismo, dal quale vorrebbe sot­ trarla assurgendola a più alto concetto, e sopra­ tutto volendo cercare il legame che corre tra i fatti inorganici, organici e superorganici.

A spiegare la sua tesi, l’Autore divide il la ­ voro in tre libri : nel primo, tratta del superor­ ganico nell’ universo ; nel secondo dei modi essen­ ziali del pensiero sociale ; nel terzo dei prodromi di un nuovo ordine sociale.

Mentre si può e si deve ammirare lo sforzo dell’ Autore che, non volendo essere positivista, cerca di creare una nuova metafisica un tantino, per quanto celatamente, materialista, si deve ri­ conoscere che la scienza non fornisce ancora ele­ menti sufficienti per legare i tre ordini di fatti come vorrebbe l’Autore. Certo si può sospettare la unità di tutte le forze, ma da questo sospetto al poter trovare i rapporti che passano tra le innumerevoli e diverse manifestazioni delle forze stesse, nel concetto della unità, troppo ancora ci corre, e vi è pertanto pericolo che le ipotesi sieno troppo immaginative.

RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA

Una notizia data dal Giornale dei Lavori Pubblici sulla concessione accordata ad una So­ cietà belga o francese del p o r t o d i T r ip o li ha sollevato grande rumore in Italia, parendo a molti che una tale concessione fosse in contraddizione colla promessa che la Tripolitania sarà una terra riservata all’ Italia.

Ora con una remora più lunga del conveniente, il Ministro degli esteri fece smentire la notizia; ciò non impedì che se ne discutesse al Senato, nella seduta del 9 corr.

Il Ministro degli .affari esteri potè assicurare quanto segue :

1° che della pretesa concessione a stra­ nieri del porto di Tripoli il Sultano ha avuto notizia per la prima volta da comunicazione del Gran Vizir, cui dette ordine immediatamente di smentirla in modo categorico ;

2° che nessuna concessione relativa al porto di Tripoli è stata data e che da nessuno è stata mai chiesta ;

3° che, per ora, S. M. I. non ha inten­ zione di costruire il porto di Tripoli e che quando dovrà farlo, l’ opera sarà intrapresa dal suo Go­ verno ;

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Però non tutti sono convinti che le cose sieno tali quali il Ministro le ha presentate e molti anzi credono che qualche fatto fosse inter­ venuto a dare consistenza alla voce Corsa.

L ’ Italia non ha ancora imparato che il mondo per possederlo bisogna conquistarlo e che la conquista non si fa senza spesa e fatica ed abilità.

Del resto se gli Italiani pensassero un po’ più alla loro casa, vedrebbero che hanno in patria tante conquiste ancora da fare, che quelle di paesi lontani possono sembrare non urgenti.

— A Berna venne tenuta una Conferenza per la p ro te z io n e d e l la v o r o tra i rappresen­ tanti dei diversi Stati. In questa Conferenza, di­ versamente da quello che si suol fare in simili casi, due soli argomenti furono posti in discus­ sione; il primo, sull’ uso del fosforo bianco nella fabbricazione dei fiammiferi, il secondo, sul lavoro notturno delle donne.

Consultati i singoli delegati circa la que­ stione riguardante la proibizione dell’ impiego del fosforo bianco nella fabbricazione dei fiammiferi, alcuni delegati dichiararono di aderire compieta- mente a questa parte del programma, gli altri dichiararono invece di subordinare la loro ade­ sione definitiva, tanto al risultato dei negoziati cogli Stati, che non sono rappresentati alla Con­ ferenza, quanto al risultato dei lavori della Com­ missione che dovrà riferire sulla questione.

La proposta del Consiglio federale, tendente a proibire il lavoro notturno delle donne, fu ac­ colta, in massima, con molta simpatia da quasi tutti i delegati.

— La nuova in d u stria d e g li a u to m o b ili va prendendo uno sviluppo veramente importante, non parliamo tanto del valore delle azioni delle Fabbriche italiane, gli sbalzi di quei titoli sono dovuti in gran parte a speculazioni, ma in parte anche col lavoro che è già assicurato a quelle Società ; tuttavia mancano elementi sufficienti per determinare con qualche precisione la estensione di tale lavoro. Vediamo invece il meraviglioso e rapido progresso delle fabbriche francesi ; una statistica della importazione ed esportazione de­ gli automobili in Francia dà, dal 1899, le se­ guenti cifre, in franchi :

E sportazion e Im porta zion e

1899 4,259,000 470,000 1900 9,417,000 517,000 1901 15,782,000 676,000 1902 30;219,000 1,068,000 1903 50,837,000 1,267,000 1904 71,302,000 3,835,000 181,816,000 7,836,000 — In Inghilterra va determinandosi un m o ­ v im e n t o o p e ra io che desta qualche inquietudine nelle industrie e specialmente in quella delle, co­ struzioni navali. I Sindacati operai stanno pre­ parandosi ad una organizzazione più estesa in modo che abbracci interi distretti ; e si teme che questo collegamento delle forze collettive possa accrescere la probabilità di scioperi.

Ora, sopratutto la industria navale, che in que­ sto momento è molto prospera in Inghilterra in causa delle abbondanti ordinazioni di questi ultimi tempi è inquieta. Infatti se si determinassero

scioperi per aumenti di salari, ed i costruttori dovessero accettare tali aumenti, le condizioni dei contratti conclusi per la fabbricazione delle nuove navi, muterebbero, in alcuni casi riducendo i be­ nefizi, in altri determinando delle vere perdite. Per ora il movimento è limitato al distretto di Cleyde; si fa di tutto per circoscriverlo onde non abbia a risultarne uno sciopero di tutti i cantieri del Regno Unito.

- - I l Tesoro spagnuolo ha emesso 2 0 0 m i­ lio n i d i o b b lig a z io n i destinate al pagamento del debito fluttuante ; cosi la Spagna, che prova tante difficoltà a riordinare definitivamente le sue finanze, procede come per tanto tempo ha fatto l’ Italia, a pagare i debiti a scadenza con de­ biti perpetui, . sperando che l’ avvenire sia mi­ gliore del passato e del presente e fornisca i mezzi per cominciare a diminuire gli oneri del debito.

In questo caso non si tratta che di una tra­ sformazione di titoli ; i buoni del Tesoro sono, nella stessa somma di 200 milioni, trasformati in ob­ bligazioni 3 per cento al netto.

La situazione però del bilanhio spagnuolo non lascia intravedere per ora dei margini pros­ simi. Le entrate del 1903 furono di 224.4 mi­ lioni, e quelle del 1904 di 225.3 con una diffe­ renza in più, appena di 600,000 pesetas; il che significa che la situazione finanziaria è stazio­ naria.

IL VALOKE LI BOKSA

delle Azioni di Banche e Società italiane

Dai consueto prospetto comparativo pubblicato dal- P Economista d’ Italia del 1° corrente, portante i prezzi a fine aprile di tutte le azioni di Banche e Società italiane quotate in Borsa, si rileva che il valore com­ plessivo dei titoli stessi, calcolato sui prezzi di com­ pensazione, ascendeva a lire 2,967,650,010, presentando un aumento di lire 88,474,030 su quello risultante alla fine marzo precedente.

Avvertiamo però che anche durante il mese di aprile scorso furono staccati i dividendi e cedole su diversi titoli, il cui importo complessivo si può valu­ tare a 22 e mezzo milioni c.rca ; per conseguenza il valore globale di Borsa presenterebbe virtualmente un aumento, durante il 'mese di aprile, di quasi 51 milioni.

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2,014,000; Tessitura e Filatura 1,870,000 ; M ollili360,000 ; Prodotti Chimici 2,240,000; e nel gruppo industrie di­ verse L. 580,000.

Tutto ciò considerato, se ne trae, la dimostrazione che di vere e proprie diminuzioni nel valore di Borsa non se ne sono avute, nel mese di aprile scorso, che per le azioni della industria dei molini, mentre in tutte le altre v ’ è stato un aumento più o meno no­ tevole.

IL CONSUMO DEI CONCIMI IN ITALIA

Ora che è stata approvata dal Senato la legge per tutelare il commercio dei concimi e garantirne all’agri­ coltura la genuità, è interessante vedere quale sia l'au­ mento che si va verificando in Italia nell’applicazione dei concimi manufatti. A questo riguardo togliamo al­ cune notizie da una interessante memoria del prof. Gi- glioli, pubblicata negli Annali del Ministero.

Benché l ’aumento nel consumo si verifichi special - mente nell’ Italia settentrionale, tuttavia, per quanto più lentamente, esso si manifesta pure nelle parti più estreme della penisola e delle isole.

* * *

I concimi, chimici siano essi manufatti in Italia, oppure direttamente importati, provengono quasi tutti da materiale di importazione. Perciò le quantità delle varie sostanze utilizzabili nella concimazione e che sono importate in Italia, danno ogni anno una misura ab­ bastanza approssimativa del consumo totale.

Fra queste sostanze vanno incluse anche le quan­ tità non piccole di gesso e di calce che pure si impor­ tano dall’ estero, servendo anch’ esse in parte per mi­ gliorare le terre, ed in piccola parte servono i gessi, la calce e le marne provenienti dalle nostre cave.

Le seguenti cifre rappresentano, per questi ultimi anni, le quantità totali ed i valori totali dei materiali importati in Italia per servire principalmente alla con­ cimazione diretta o indiretta dei nostri terreni :

Quintali Lire

1900 2,951,826 23,712,162 1901 2,848,646 22,015,152 1902 8,058,149 19,819,838 1903 3,503,222 24,660,913

Non tenendo conto del gesso e della calce adope­ rati per emendare le terre, di tutte le sostanze conci­ manti, ad eccezione delle ossa e di piccole quantità di solfato ammoniaco, nessuna si produce in Italia.

Di anno in anno aumenta 1 ’ importazione dei fo­ sfati minerali, i quali forniscono la materia prima che serve per la fabbricazione dei perfosfati. Nel 1903 ne importammo quintali 1,723,280.

L ’ Italia possiede un solo giacimento di calcare fo­ sfatico, nelle vicinanze di Capo di Lenca in Terra d’ Otranto : ma esso è troppo povero di concrezioni fo­ sfatiche, perchè se ne possa trarre vantaggio per la la­ vorazione.

L ’ Italia acquista i fosfati terrosi principalmente dagli Stati Uniti, ed anche in forte proporzione dal­ l’Algeria e Tunisia.

Si può dire che quasi tutti i ricchi fosfati del Ten­ nessee, che dagli Stati Uniti vengono in Europa, sono diretti ai porti italiani.

Nel 1903, sopra un totale di 657,530 quintali di fo­ sfati del Tennessee diretti per l ’Europa, 463,290 vennero in Italia.

Aumenta pure l ’importazione delle scorie Thomas, provenienti principalmente dalle acciaierie della Ger­ mania, della Russia e del Belgio.

* ¥■ #

Si può calcolare che da ogni quintale di fosfato terroso si possano produrre circa qu. 1.8 di perfosfati. I fosfati terrosi introdotti in Italia vengono solo in pic­ cola parte adoperati direttamente per concimazione : la maggior parte serve per la fabbri azione dei perfosfati.

L ’ aumento che si osserva nella importazione dei fosfati naturali e la diminuzione nella importazione dei fosfati esteri, è la prova che la fabbricazione na­ zionale dei perfosfati è in aumento.

La economia della quale si avvantaggia il paese nel fabbricare in casa i perfosfati, invece di comprarli

fabbricati, si vede nel fatto che mentre le quantità di concimi importati vanno crescendo o g n i anno, il prezzo complessivo che l ’ Italia paga per questi concimi tende

a diminuire. . . T. , •

Le fabbriche che attualmente si trovano in Italia sono circa 50, oltre ad una ventina di piccole fabbri­ che, che non posseggono impianti per la preparazione dell’ acido solforico.

Delle 50 fabbriche maggiori se ne trovano 40 tra il Piemonte, Liguria, Lombardia, E m i l i a e Veneto ; nella Toscana ve ne sono 5; nel Lazio 2 ; nel Mezzo­ giorno 2 e nella Sicilia una.

Queste fabbriche producono da 3 milioni e mezzo di quintali di perfosfati e manipolano la maggior parte dei fertilizzanti acquistati a.11’ estero, rivendendoli ai commercianti minori ed agli agricoltori, oppure uti­ lizzando ì prodotti esteri per mescolarli coi prodotti di fabbrica, mettendo in commercio concimi complessi. Si calcola che le fabbriche italiane, col loro impianto attuale, siano capaci di ; produrre circa 6 000,090 di quintali di perfosfati, cioè il doppio di quanto real­ mente producono. Ma dovranno passare probabilmente diversi anni, prima che il mercato agricolo italiano sia capace di alimentare una attività industriale^ dop- pia della presente nella fabbricazione dei concimi.

* * *

Tutti i concimi potassici, che nelle varie forine adopera l’ Italia (benché in scarsa misura) per la sua agricoltura, provengono dalla Germania, dalle saline di Stassfurt, le quali ne hanno il monopolio. Una più razionale lavorazione delle acque madri delle nostre saline marittime della Sicilia e della Sardegna, potrebbe permettere all’ Italia di produrre in casa i concimi po­ tassici salini dei quali ha bisogno. . ,. Inoltre, se si utilizzassero i ricchi giacimenti di rocce che si trovano fra i prodotti d ’ eruzione dei vub cani spenti di Bocca Monfina, dei Colli Laziali, di Bolsena, l’ Italia potrebbe produrre quei concimi po­ tassici che sono forse in modo speciale adatti per la concimazione dei vigneti e delle piante da frutta, colla speranza anche di farne esportazione.

Infine, se i nostri agricoltori imparassero ad uti­ lizzare meglio 1’ abbondante mèsse di alghe marine che si possono raccogliere in quasi tutte le stagioni nell’ampia distesa dei lidi del Tirreno e dell’Adriatico si avrebbe, assieme con una forte provvista di potassa, anche una non indifferente di azoto, con tutti i van­ taggi che derivano al terreno da una concimazione

organica. . . , „

L ’ Italia sfrutta troppo i suoi terreni della potassa che contengono, specialmente nella coltura della vite e dell’ olivo, anzi l’ Italia esporta, solo sotto forma di tartaro, una quantità di potassa non molto inferiore a quella che importa per concime. .

Nel 1902 fra tartaro, grumi di botte, feccia di vino e cremor di tartaro, l’ Italia esportò 16d,224 quintali di sostanze ricche di potassa, per un valore di Lire 12,488,988.

Ed intanto continua a dipendere per la concima­ zione potassica, quasi esclusivamente dalla Germania, anche per ouei sali potassici e pel salnitro, che pro­ vengono da" altre parti dell’ Europa e dalle Indie, e che indirettamente essa importa dalla Germania.

LA QUESTIONE DEL COTONE

In Francia e in Inghilterra la questione del cotone continua ad essere vivamente discussa. Si parla sempre di passare ad atti pratici nell’ opera di messa in colti­ vazione di paesi nuovi. Agli Stati Uniti, le industrie davanti ai progressi delle loro produzioni, domandano al Governo l’ invio di missioni ufficiali, in Oriente so­ pratutto, per studiare nuovi mercati sui quali potere spingere le cotonerie americane. Il presidente Roose­ velt ha ricevuto i cotonieri e finanzieri degli Stati del Sud e ha studiato con essi le misure a prendersi per l ’avvenire dell’ industria americana.

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