SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Anno XXXII - Voi. XXXYI
Firenze, 16 Luglio 1905
N. 1628
SOMMARIO: Le liquidazioni ferroviarie — A. D., L’ esercizio di Stato delle Ferrovie — Le case popolari a Milano — R. C., Socialismo e intervento di Stato (I) — R ivista bibliografica: Gustavo Del Vecchio, Prodotto netto e monopolio - Prof. Alessandro Groppali, Elementi di sociologia - Doti. Lèon Cahen, Le Grand Bureau des pauvres au milieu du XVIII siècle - Avv. Paul Drillon, La jeunesse criminelle -—- Rassegna economica e finanziaria : Il bilancio francese del 1906 - Il trattato di commercio fra VAustria e la Germania - Le emissioni fatte nel 1904 - Emissioni inglesi nel 1905 - Prestiti di guerra contratti dal Giappone — Rassegna del commercio internazionale: Il commercio dell Austria-Ungheria nei primi cinque mesi del 190o — Il commercio della Norvegia e della Cina nel 1904 — La Sotto-Giunta del Bilancio e le liquidazioni ferroviarie — L’esercizio ferroviario di Stato in Svizzera — 11 disegno di legge per la Cassa di Maternità — Camere di Commercio — Mercato monetario e Rivista delle Borse — Società commerciali ed industriali — .Notizie com merciali.
LE LIQUIDAZIONI FERROVIARIE
Quale concetto si debba formarsi sull’Ammi nistrazione dello Stato, ne dà modo ciò che av viene per la liquidazione del debito dello Stato ; verso le tre Società esercenti, che hanno termi- ! nato il loro ufficio il 30 giugno.Dopo tanti studi, tante conferenze, tante e | diverse Commissioni non si è riusciti a determi nare, prima della scadenza delle Convenzioni il j debito dello Stato non solo, ma mentre il Go verno aveva già conclusi degli accordi e questi stavano davanti al Parlamento per essere di scussi ed approvati, la Giunta generale del bi lancio si dichiara nella impossibilità di venire a qualche conclusione in tempo utile; il 30 giugno passa senza che sia provveduto, nemmeno con un Decreto reale da convertirsi in legge, a quello che il Parlamento non aveva potuto esaminare, e l’onor. Fortis è costretto a dichiarare che con vocherà straordinariamente la Camera alla fine di luglio perchè discuta gli accordi intervenuti. Intanto la Sotto-Giunta del bilancio esamina e non approva gli accordi intervenuti.
Non vogliamo imitare quei periodici che in colpano il precedente Ministero per la sua lunga apatia, mentre le scadenze si avvicinavano ine sorabilmente ; e nemmeno imiteremo i periodici di opposizione che accusano 1’ attuale Ministero di aver fatto delle proposte, senza aver presa esatta cognizione delle questioni che implicano.
E ’ abbastanza strano che, a giustificare la diffidenza della Giunta generale del bilancio, si affermi da molti, che i funzionari del Governo che si sono occupati dell’ argomento, non ave vano sufficiente scienza ed esperienza, mentre i funzionari delle Società erano abilissimi e intel ligentissimi. Ciò dimostrerebbe, ad ogni modo, la capacità inferiore dello Stato a sciegliere i suoi funzionari o la diffidenza che il Parlamento di mostra per la loro opera.
Rileveremo soltanto, perchè ciò tocca tutto un sistema di incosciente confusionismo, che e
pericolosissimo — in questioni, le quali non sono e non possono essere politiche, ma riguardano sol tanto interessi industriali ; — è pericolosissimo far distinzione tra la condotta di questo o quel Go verno, tra la parola di questo o di quel Mini stro, mentre il contraente non è nè un Ministero, nè un Ministro, ma lo Stato, che teoricamente deve avere continuità di scopo, di vigilanza, di tutela della cosa pubblica.
Rileveremo soltanto che ñon può rettamente funzionare costituzionalmente un paese, quando nel momento in cui si trattano i più alti pro blemi ferroviari, si chiama a reggere il Ministero, una egregia persona che non fu mai Ministro, non ha mai trattato quei problemi e non po teva rendersene piena ragione in poche settimane, nemmeno se fosse un Salomone.
Rileveremo che la principale causa della confusione attuale sta nella mancanza di coraggio che ebbero i diversi Ministri di assumersi chiare e precise le responsabilità sulle loro decisioni. La paura, è la vera parola, di tener terzo a car rozzini od a carrozzoni, portò gli uni a ter giversare senza nulla concludere, e spinge gli altri ad essere incerti sul mantenimento di ac cordi che hanno liberamente sottoscritto, vogliamo sperare, con piena scienza e coscienza. E cosi la mancanza di coraggio o la sfiducia nell’ opera propria rende i Governi sempre più tentennanti, ed il loro tentennamento, la loro scarsa sicurezza sul valore delle proprie opinioni, rende tentennante anche 1’ azione dello Stato, e ciò che è peggio mette lo Stato in condizioni tali, di fronte ai terzi da dover sospettare che il suo contegno non sia leale.
E le convenzioni datano dal 1885; ecco quindi venti anni di tempo ohe lo Stato aveva per tutto predisporre; e sono mesi e mesi che Commissioni reali e non reali, Ministri, alti funzionari lavorano per queste liquidazioni. E mentre le Società, ap pena chiamate, hanno subito presentato il conto del loro avere, lo Stato, con tanti organismi vi gilanti, con tanto lusso di burocrazia, con tanti studi intrapresi non è ancora in caso di presen tare il conto del suo dare, e dopo scadenza sorge una delle mille Commissioni del complicato in granaggio a dichiarare che vuol rifare i conti di nuovo, e di nuovo li fa.
Si sa benissimo che la Commissione o Sot tocommissione della Giunta Generale del bilancio non farà nessun conto proprio, ma si rivolgerà a quegli stessi funzionari che hanno già forniti gli elementi alle altre numerose Commissioni, e quindi saranno sempre le stessè cifre, le stesse basi, gli stèssi criteri fondamentali à cui si darà una nuova * forma, per venire poi ad una nuova arbitraria conclusione. Ma ciò che avviene in questi giorni dimostra ad evidenza quanto scarse sieno le co gnizioni di cui nel loro complesso dispongono gli uomini che sono al servizio dello Stato. Quelle stesse divergenze, quelle stesse incertezze, quella stessa paurosa titubanza, che emerge, dai vari organi dello Stato nello stabilire il conto del dare, avrebbero dovuto emergere anche dai diversi or gani delle Società per determinare il conto del l’avere. E si avrebbe dovuto essere davanti a due conti precisi e stabiliti intorno ai quali si avrebbe dovuto discutere. Ma le Società hanno presentate chiare e determinate le loro pretese, pure mostrandosi pronte a fare delle concessioni ; lo Stato apparve invece incapace a dire quale fosse la sua cifra del dare, ed ha presentato lo spet tacolo indecoroso che i vari suoi organi avevano criteri, concetti e conclusioni e cifre una diversa dall’ altra.
In conclusione, lo Stato si è mostrato ina dempiente. Avvocatura Erariale, Corte dei Conti, Commissione Reale, Commissione speciale per le liquidazioni, Contabilità generale dello Stato, Mi nistri, ex-Ministri, Giunta Generale del Bilancio, ciascuno ha la sua cifra definitiva e ciascuno ac cusa l’altro di incapacità od anche di connivenza con le Società esercenti.
Uno spettacolo veramente scandaloso, il cui effetto è che vi è mezzo miliardo da pagare, e gli organi dello Stato si mostrano incerti se il pagamento di tal somma sia o no giusto; intanto si sospende il pagamento.
Non vogliamo nè possiamo entrare nel merito delle liquidazioni, troppi elementi occorrono per farsi un . esatto criterio, ma ci domandiamo : — e se quello-che fa lo Stato contro le Società aves sero fatto le Società contro lo Stato ? Se fossero esse le debitrici, e le Assemblee dei soci nominas sero Commissioni sopra Commissioni per deter minare la cifra del debito e non fossero mai d’ac cordo tra loro, e di questo disaccordo profittassero per non far onore agli impegni presi?
E chi dovrebbbe dare l’ esempio a tutti è lo Stato, che sempre più va prendendo la divisa della prepotenza per nascondere la sua incapacità.
L’ esercizio di Stato delle Ferrovie
Richiamiamo tutta l’ attenzione dei nostri lettori sopra questa lettera che ci viene mandata da una persona competente, tutta infervorata per l’esercizio di Stato delle ferrovie e tutta, così presto, allarmata del moda con cui procedono le cose.ROMA, 14 luglio. In questi giorni non mi vuol uscire dalla mente la storiella di quell’israelita, che venuto per curiosità a Roma ed avendo assistito alle funzioni in San Pietro, si convertì subito al cri stianesimo, dicendo che il vero Dio doveva esser quello dei cattolici, se tratteneva i suoi fulmini contro quei costumi mondani.
Io mi trovo da più tempo, ormai, in mezzo a questa nuova Amministrazione delle ferrovie di Stato che va sorgendo, sono venuto qui con la fede più profonda nella bontà del sistema, con l’animo disposto a dare tutta l’opera mia perchè riesca bene.... ed ho paura di mantenere la mia fede per l’esercizio di Stato, invocando le stesse ragioni dell’ebreo.
Non voglio nè scrivere, nè lasciar intravve dere pettegolezzi, che pur sarebbero abbondanti e non rubano poco tempo a coloro che dovreb bero occuparsi di cose serie; è naturale che l’im pianto (diciamo « improvviso » perchè di fatto fu così, sebbene tanto tempo si avesse per predi sporlo) di una nuova Amministrazione di tanta importanza e che presenta tante difficoltà, non poteva a meno di produrre degli inconvenienti. Hanno torto, a mio credere, coloro che si fermano su quelle miserie, le quali non sono che transi torie. Certo è che il programma tracciatosi su questo argomento dal comm. Bianchi, la cui a t tività ed il cui saggio criterio furono messi a dura prova, sembrerebbe in gran parte mancato. Egli voleva apparecchiare il quadro del personale se condo le esigenze del servizio, servendosi degli uomini più capaci ed esperti per metterli nei punti più strategici, e poi attuare ad un tratto il piano combinato, domandando a tutti la abnegazione di accontentarsi per ora, salvo a migliorare, ed ac comodare più tardi.
Ma sul più bello egli fu addirittura sopraf fatto; e non solamente dalle esigenze del perso nale, ma dalle intromissioni di ogni genere, per sino di coloro dai quali egli, il comm. Bianchi, avrebbe dovuto attingere la forza per resistere. La nuova Amministrazione sembrò uno di quei territori degli Stati Uniti d’America che in un dato giorno venivano aperti al pubblico, il quale largamente vi accorreva per costituirsi, quasi gra tuitamente, un diritto di proprietà.
ri-manente, la folla, non vide altro se non il proprio presente interesse.
E qui taccio, perchè non voglio inasprire lo stato delle cose, ma deploro che queste questioni di persone abbiano rubata tanta parte della at tività di chi doveva dirigere ed aveva. tante al tre cose importantissime a cui provvedere; e devo dichiarare che soltanto la paziente resistenza del Direttore Generale evitò mali maggiori.
E taccio anche sull’azione del Ministro on. Fer raris ; brava persona, tenace, di buoni propositi, di una scrupolosa integrità, ma a cui, mentre la tenacia sarebbe stata di grande giovamento in questi momenti, se fosse stato esperto, fu di grave inciampo questa stessa qualità, stante la mancanza di competenza. Ci vollero talvolta ore e molte per convincerlo su questioni relativamente di poca importanza. Uomo di molto ingegno finiva e fini sce a persuadersi, ma con molto sciupìo di tempo e di energia per coloro che gli stanno d’intorno.
Non vi so dire tutto il male che ha prodotto la incertezza del Governo nella questione del ri scatto delle Meridionali. Piantare un servizio di Stato con o senza la rete delle Meridionali non è la stessa cosa. Il comm. Bianchi desiderava il riscatto ed aveva anzi una specie di formola : o conservazione dell’Adriatica, almeno per tre anni, o riscatto delle Meridionali. Gli argomenti del direttore generale erano così chiari, così convin centi, così pieni di opportunità, che tanto il Mi nistro dei Lavori Pubblici, come il Presidente del Consiglio ed il Ministro del Tesoro si erano pro nunciati d’accordo con il comin. Bianchi.
Sembrava una battaglia vinta, e non aveva costato poco tempo per esser vinta; ma il Mi nistro non ebbe il coraggio di mettere chiara e precisa la questione di gabinetto su tale punto, nella persuasione che si trattasse di un affare, che sarebbe poi stato giudicato come una condi scendenza verso l’Adriatica.
Ma intanto tra il sì ed il no siamo andati avanti fino a quattro giorni prima del 30 giugno ; in vano si diceva che bisognava decidersi, che il tempo stringeva; i Ministri è ben vero decide vano in modo definitivo ; ma un giorno per il riscatto, un giorno per il non riscatto, un giorno per la conservazione dell’Adriatica. E siamo ar rivati alla vigilia; venne il famoso ordine del giorno della Giunta del bilancio, e la questione delle Meridionali rimase insoluta. E ’ vero che 1’ on. Fortis ha promesso di convocare la Camera alla fine di agosto per decidere, ma se non ebbe il coraggio di decider ora, come lo potrà in ago sto? E se mancò ora agli impegni presi colla Adriatica, come sperare che li mantenga in agosto? Ed ora che la Giunta del bilancio non approva le liquidazioni, come andranno le cose ? A sentire certi discorsi, pare che la Camera sia convinta che i Ministri non sono ancora padroni della
questione. .
Voi avete visto che la questione si dibat teva veramente tra il Bianchi ed il Tedesco ; quello, che non ha odi per 1’ Adriatica, voleva il riscatto, perchè gli pareva e gli pare un non senso che tutte le ferrovie italiano sieno eserci tate dallo Stato, meno quelle di un angolo estremo della penisola; questo perseguita il suo piano: non riscattare le Meridionali ; fare ad esse una
vita impossibile, obbligandole a cedere le linee a buoni patti. Così all’ incirca ha dichiarato nelle ultime sedute della Camera.
Non potete credere quanto di tutto questo sia addolorato il nuovo Direttore Generale, il quale ha veramente la ambizione di riuscire nella difficile impresa, sente di avere la forza di condurla a buon porto, ma da tutti questi fatti si sente an che fortemente ostacolato, e sopratutto lo tormenta la incertezza della situazione e la posa forza del Governo a volere ciò che dichiara buono.
Ma ora vi è di peggio assai, e di questo mi lamento acerbamente, perchè vedo l’esercizio di Stato presentarsi nel peggiore dei modi.
Si era detto che l’Amministrazione doveva essere autonoma; cioè una industria esercitata dallo Stato, indipendentemente da tutte le altre amministrazioni e con criteri principalmente in dustriali.
Questo era ed è il pensiero del comm. Bian chi, e quasi anche del Ministro dei Lavori P ub blici, il quale, socialista di Stato com’è, faceva delle riserve solo all’ultima frase: « con criteri principal mente industriali». L ’on. Ferraris, appunto se guendo il concetto del socialismo di Stato, vor rebbe che la azienda fosse amministrata con criteri principalmente di interesse generale; e quindi, anche con sacrifizio della finanza se mai
potesse occorrere.
Comunque, tale differenza di vedute non do veva venire ora discussa; se non che l’autono mia, che doveva essere la base del nuovo impianto, è seriamente minacciata, così che, se non inter viene qualche autorità ferma e tenace a metter un quos ego, 1’ esercizio di Stato sarà amministrato da tutto il complesso della burocrazia italiana.
Il Ministero del Tesoro ha diritto di vederci chiaro e di interloquire, perchè si tratta delle en trate e delle spese del bilancio.
Il Ministero di Grazia e Giustizia ha di ritto di veder chiaro e di interloquire, perchè ha una avvocatura erariale, fatta apposta per soste nere le liti, vedere i contratti, dar pareri sul contenzioso.
Il Ministero delle Finanze ha diritto di in tervenire in quella Amministrazione, perche si tratta di tasse che colpiscono i trasporti, e sanno di tasse anche le tariffe, almeno nei loro effetti sul bilancio.
I l M inistero di A gricoltu ra, In d u stria e Commercio, manco a dirlo, è fatto apposta per interloquire su lle tariffe, che sono tanta parte della economia nazionale.
Il Ministero della Guerra ha troppe ragioni per avere parte importante nella Amministrazione ferroviaria, la quale in certi casi può cadere nelle sue mani.
E il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti e credo perfino il Ministero della Pubblica Istru zione, il quale, vedendo che si va determinando la confusione, afferma di avere in ciò una par ticolare competenza acquistata con lunghi anni di tirocinio.
Eccoci quindi alle prese con questo mostro insaziabile che è la burocrazia, ed ecco le ragioni del mio stato d’animo tu tt’altro che fiducioso nella riescita finale.
un : basta ! significativo ; ma è tale e tanta^ la presunzione di tanta gente, che non mi stupirei se lo lasciassero andare. L ’esercizio di Stato or mai è un fatto compiuto ; per molti anni il P ar lamento lo manterrà ; perchè andarsi a perdere in teorie, dicono i burocratici, mentre vi è tanto spazio per allargarci ?
Spetta a noi che da tanti anni serviamo lo Stato di avere i primi posti....
Faccio punto per ora e sono, tutto vostro A. D.
Le case popolari a Milano
Abbiamo qui sott’ occhio la relazione della Commissione municipale d’ inchiesta su le abita zioni popolari a Milano, e vorremmo diffusamente parlarne se già alcune cifre spigolate qua e là non bastassero al nostro scopo. In 14 anni, dal 1890 al 1904, la popolazione milanese è salita da 408,879 a 518,226 abitanti : una enorme forza di attrazione esercita la sua influenza su quanti sono i disorientati della vita e gli sperduti nel buio, trascinandoli nel vortice della civiltà indu striale cittadina. Dove e come abita questa folla di lavoratori indigeni e immigrati ?
L ’inchiesta ha potuto constatare che il 70.22 per cento della popolazione vive in case da 1 a 3 camere, mentre a Londra — che, com’ è noto, è uno dei centri di maggiore agglomeramento — si raggiunge appena il 55 per cento ; non solo, ma, quantunque la commissione abbia adottato per la determinazione delle case eccessivamente po polate un criterio non certo molto rigido (è detto affollato quell’ alloggio che contiene un numero di persone superiore al doppio del numero dei locali più uno), pure il totale delle case che, se condo le disposizioni tassative dell’art. 84 del Regolamento 9 ottobre 1889 per la legge su la sanità pubblica, dovrebbero essere dichiarate sog gette allo sfollamento forzato, ascende a ben 19.102 ; mentre a Parigi una statistica di 10 anni fa registra un totale di 331,976 abitanti, che si trovan troppo strettamente alloggiati, su 2,424,705 censiti (14 per cento di fronte al 25 . per cento di Milano).
Se non che, le cifre diventano davvero rac capriccianti quando passiamo ad esaminare i par ticolari, diciamo così, dell’agglomeramento.
Oltre 19,000 famiglie si trovano pigiate in case da 1 a 3 stanze con tale promiscuità di sesso, con tale attentato alla salute e al buon costume che appena, crediamo, si possa immagi nare uno stato più deplorevole. Non mancano casi in cui ben 11 persone vivano accumulate in una sola camera ; e ben 86 famiglie con un to tale di 946 persone si trovano alloggiate in 258 piccole camere! Vero è, però, che a Parigi, sono stati contati 14 casi di oltre 14 persone insac cate in un solo ambiente ! A tutto questo si ag giunga il fatto gravissimo che, tranne pochissime eccezioni, vi sono interi quartieri che andrebbero distrutti, sia pure da un provvidenziale incendio, come si esprimeva un medico di spirito.
La difficoltà, poi, dell’esazione dei fitti e la necessità di continui restauri, oltre il rischio di essere frodati e il desiderio di compensarsi delle noie dell’ amministrazione, fanno sì che i proprie tari rifuggano dall’ investirvi i loro capitali, oltre UDa certa misura, e pretendano dei fitti davvero esorbitanti — 100 lire, in media, per ogni camera. Quindi il bisogno negl’ inquilini di escogitare un mezzo per alleviare il peso della pigione; quindi 1’ affitto di camere o di letti ad 8 o 10 lire al mese ; quindi 1’ agglomeramento diventa sempre più grave.
Al Landtag del regno di Prussia fu presen tato l’anno passato un progetto di legge assai radicale per lo sfollamento e il rifacimento dei quartieri popolari ; in Francia il signor Turot, in una sua recentissima inchiesta, propone, per P a rigi, che si faccia subito un prestito di 80,000,000 franchi e si costruiscano 80,000 buoni locali alla periferia della città.
E in Italia? A Napoli i lavori del risana mento si trascinano penosamente da oltre un ventennio, e il capitale privato è ancora eccessi vamente timido ; nelle Puglie, specie in Capita nata, si permette ancora che un’intera famiglia di contadini o di braccianti viva in una sol ca mera a pian terreno o sotterranea insieme con gli animali da lavoro ! La legge del 31 maggio 1903, che completava l’altra del 25 giugno 1865, è già qualcosa per spingere e costringere le am ministrazioni municipali a riparare al danno e alla vergogna del nostro paese. Ma la legge re sterà inerte se i capitalisti non intenderanno che l’ interesse della collettività e il loro privato in teresse, rettamente inteso, richiedono una pronta soluzione del grave problema.
SOCIALISMO E INTERVENTO DI STATO
I.levato sul mare, che portava seco or profumi di orientale acutezza, or vampate di fuoco, or eco di alti clamori e strepiti di guerra, ora melodie dolcissime quasi peregrine a questo mondo; e i nocchieri si eran fermati impensieriti sul ponte di comando a consultare nervosamente la bussola, i termometri e i barometri.
Si vide che il nuovo partito disconosceva apertamente i diritti di nazionalità (almeno così appariva alla superfìcie delle cose), per cui in tutta Europa e nelle colonie si erano combat tute tante lotte e tanto sangue era stato sparso, e che i concetti di patria si slargavano per esso fino a coincidere con l’umanità intera : — e que sto poteva parere ed era ancora un sogno, che Emanuele Kant avrebbe volentieri accolto nel- l’anima sua e nel suo opuscolo su la pace uni versale, scritto — ricordiamolo ! — quando si al zavano le prime nuvole sanguigne su la Francia di Luigi XVI! — Ma si vide ancora che il vento che si era levato sul mare annunziava la tem pesta; che la falange ardita, con gli occhi per duti in una lontana visione di pace, cantava pure il terribile coro di Goethe: « Guerra vogliain, non pace! »; che si volevano violentemente spez zati tu tti i rapporti sociali, sovvertite le basi di tutta quanta la società, essiccate le sorgenti delle favolose ricchezze ammassate nelle mani di pochi, distrutte le forme di governo che pur avevano la loro giustificazione nella storia e nello sviluppo della coscienza giuridica umana. Jj Internazio nale fu come il carroccio dei vecchi Comuni ita liani, intorno a cui si assieparono quanti erano gl’insofferenti di freno, gli scontenti di uno stato di cose insopportabile, i sognatori di una società futura immensamente migliore ; ma 1’ azione di retta e violenta da essa spiegata nel centro e nel!occidente d’Europa fece sì che nel Socia lismo non si vedesse, per un pezzo, altro che un pericolo sociale a cui bisognava opporre qualun que arma. Una discussione sul suo contenuto economico, che avesse potuto sconfinare dai limiti, sempre troppo angusti, di una discussione teo rica; una valutazione esatta delle sue idee in torno allo Stato e al diritto amministrativo era impossibile, non ostante che Marx ed Engels e i minori apostoli della nuova fede avessero qua e là nei loro scritti forniti gli elementi necessari per un giudizio o, quanto meno, per una disputa abbastanza obbiettiva. Molto, infatti, è conden sato nelle brevi pagine della Lotta sociale in Francia; nell’introduzione al Capitale, e negli scritti illustrativi di Engels.
Ma, quando il primo tumulto si fu chetato, e fu possibile ascoltare l a . voce delle cose, tanto il movimento socialista che i suoi giudici più se veri assunsero un atteggiamento meno minac cioso, sì da rendere possibile l’esame del pro gramma del nuovo partito e i suoi primi esperimenti o tentativi di esperimenti. Una volta staccatosi decisamente dagli anarchici, voleva dire che la violenza era per esso e per tutti relegata nel capace magazzino delle previsioni, come un og getto, passato di moda, che venga serbato, sia pur- gelosamente, nella speranza che il capriccio degli uomini gli dia ancora una volta il diritto di comparire — rimesso a nuovo — alla luce del sole.
Si discusse ; e tanto più quando si vide che il Socialismo andava a mano a mano confezio nandosi una certa veste di protezione di fronte alle leggi imperanti, non solo facendo propri i principi fondamentali dell’Evoluzione...., ma con vertendosi in vero e proprio partito di governo, nel senso di tendere alla conquista dei pubblici poteri della società capitalistica. Questi poteri, s’intende bene, sarebbero stati profondamente mutati il giorno che la democrazia sociale se ne fosse impadronita; ma intanto, il gran giorno era lontano e, di fronte ad un partito che entra nell’agone politico, amici ed avversari hanno il diritto di sapere che cosa esso pensi intorno alle questioni più vitali che affaticano in alto e in basso tutte le classi, e la cui soluzione è il pre supposto logico della sua azione futura. Una volta che in Germania, in Francia, .in Italia e in Inghilterra — quantunque colà meno recisa mente per lo sviluppo del cooperativismo trade- unionista — il partito socialista diceva di voler conquistare i municipi, quasi per segnare la sua prima tappa, e di voler mandare i suoi rappre sentanti nei Parlamenti, non soltanto perchè le loro voci risonassero come altrettante bombe lan ciate dalla mano del proletariato nei consessi bor ghesi, ma perchè effettivamente si adoperassero a rialzare il livello del benessere materiale e mo rale della classe operaia, era logico che gli si domandasse come esso intendesse la funzione dei municipi e dello Stato. Gli economisti, princi palmente, che nella prima metà del secolo deci monono si erano affannati intorno alla vexata quaestio del liberismo e del protezionismo, van tavano bene i loro diritti. — Volete voi che i fatti economici si evolvano per virtù propria, indipen dentemente da ogni azione di tutela o di. con fisca da parte dello Stato, o volete che lo Stato sia il regolatore sapiente e infallibile delle atti vità economiche di un ambiente geografico e di un periodo storico? Volete che l’ individuo si esau risca nello Stato, ossia nella collettività, e che la legge positiva, creata in determinate contingenze economiche e politiche, fìssi un criterio stabile nella determinazione dello scambio, oppure pen sate che la libertà piena e intera ci compensi ad usura dei mali che produce o che può produrre? Che cosa intendete voi per funzione municipale e a quali bisogni credete che possa e debba cor rispondere? — Queste domande si presentavano e si presentano ancora spontanee, dopo tanto dilu viare di discussioni, perchè in realtà nè prima nè poi il partito socialista ha nettamente rispo sto. Perchè diciamolo subito, non poteva rispon dere, quantunque così non pensi M. Alfred des Cilleuls in suo recentissimo libro sul Socialismo municipale a traverso i secoli, che ha dato ori gine a questi nostri brevi appunti (1). Egli, in- infatti, chiamando Socialismo municipale la ten denza a municipalizzare i pubblici servizi e Vimmixtion officidle nello svolgimento delle forme economiche, viene implicitamente ad ammettere non soltanto che una risposta a quelle domande si sia avuta, ma che effettivamente il
lismo sia presso a poco sinonimo 'di protezio nismo.
Ora — ci duole di non potere ampiamente qui svolgere tutto il nostro pensiero — la questione va rimessa nei suoi confini naturali, cominciando con una distinzione, che non crediamo e non sap piamo sia stata ancora adoperata come argomento primo e sostanziale in simili discussioni. Noi dob biamo, infatti, distinguere tra il Socialismo in-, teso come concezione economica e sociale, e il So cialismo inteso come partito politico che si propone di tradurre in atto quella concezione. Se per So cialismo intendiamo quel sistema di economia po litica che sostiene la scomparsa del capitale e quella del! imprenditore, di modo che il prodotto del lavoro sia intero di chi produce una deter minata ricchezza, ed ammette quindi come pos sibile la proprietà collettiva della terra e dei mezzi di produzione, prevedendo un assetto della società tale da rendere assurda la formazione e il dominio di classi con interessi antagonistici, noi possiamo ritenere che esso non è più liberi sta che protezionista, che anzi liberismo e prote zionismo sono questioni che esulano assolutamente dalla sfera d’influenza, diciamo così, delle sue dottrine. Che cosa bisognerebbe proteggere una volta che non si trattasse più nè di assicurare il profitto capitalistico nè il salario all’ operaio delle industrie protette? Eliminate le conseguenze del rischio e le ragioni dell’ interesse sul capi tale impiegato, il protezionismo diventa un non senso e un assurdo: lo Stato non potrebbe as sumere che un atteggiamento in certo senso pas sivo di fronte al libero svolgersi delle attività economiche degli uomini. Tutto il sistema di Marx non autorizza affatto a confondere il so cialismo con lo statismo, inteso quest’ ultimo come passaggio allo Stato di tutte le industrie attual mente gestite dai capitalisti. Se, anzi, qualcosa si può dedurre dal fatto che in vari punti del primo volume del Capitale (4.a ediz.. tedesca) Marx, parlando della legislazione sociale in In ghilterra e in Trancia, non ha parole eccessiva mente benevoli per i risultati di essa e finisce col dire apertamente che, in definitiva, i capita listi non ne sono quasi affatto colpiti, noi pos siamo concludere che l’intervento dello Stato, quale è oggi costituito, è escluso dal sistema marxista, e che l’intervento dello Stato in regime socialista non avrebbe ragion d’essere; a meno che per intervento di Stato non si voglia assai grossolanamente intendere il tatto che lo Stato metta a disposizione, diciamo così, dei bisogni delle industrie tutta la sua forza morale e giu ridica. Nel qual caso noi potremmo soggiungere che si deve arrivare prima all’anarchia, e poi parlare di scomparsa di un intervento di Stato ; e chi scrive non avrebbe affatto a dolersi di tale scomparsa, pur non essendo anarchico. Protezio nismo e liberismo, insomma, sono per noi due questioni inerenti allo sviluppo dell’ economia ca pitalistica.
Ma, se consideriamo il Socialismo come par tito che deve pur infiltrarsi nella società contem poranea ed agire nelle attuali condizioni econo miche, noi possiamo formulare un altro giudizio. Pochi o punti partiti sono così relativisti, come il socialista : nessuno quasi si trova nella
impos-sibilità, come esso, di formulare un proprio credo economico, poiché un partito non soltanto di op posizione.... costituzionale, ma di opposizione a tutto l’ordinamento attuale della società deve essere necessariamente un po’come l’ usuraio e come il ladro: usuraio, perchè parco nello spen dere le sue riserve e abile nel trar profitto da ogni debolezza o errore altrui per accumulare te sori ; ladro, perchè deve pur penetrare senza troppo fracasso nel campo avversario, camuffandosi, fa cendo l’ imbecille e magari mentendo. E ’ prote zionista? è liberista? E ’ l’una cosa e l’altra. Supponete che domani una qualsiasi legge vo tata dal Parlamento in senso liberista faccia cor rere pericolo agli operai di parecchie piccole in dustrie o ai piccoli proprietari e produttori, ed ecco che il partito socialista strepiterà contro quella legge, reclamando che lo Stato intervenga a tutelare con qualsiasi mezzo i pericolanti. Ma, se i grandi produttori hanno tutto l’interesse a mantenere, per esempio, il dazio protettore sul grano, ecco lo stesso partito fare tutta una cam pagna per ottenere che si accordi completa li bertà d’importazione e di esportazione, da cui numerosi e immensi benefici trarrebbero le classi lavoratrici e la piccola borghesia.
Nè, quindi, come concezione scientifica, nè come partito politico che ha le sue basi nell’ as sociazione di lavoro (e non nel corporativismo come molti credono erroneamente), il Socialismo è o può essere a priori liberista o protezionista. E la legislazione sociale da un lato, e la muni cipalizzazione dall’ altro — sostenute quasi da per tutto dai socialisti, principalmente nei paesi dove, si noti, più scarsa è la forza di organizza zione proletaria — non sonò affatto manifesta zioni dello spirito socialista e delle sue tendenze, ma hanno la loro ragion d’esseré un po’in un fenomeno costante e comune a tutte le democra zie, un po’in alcune necessità tattiche, che non vanno certamente confuse con i principi informa tori — siano buoni o malvagi, scientifici o uto pistici, non importa — del Socialismo.
Però, a nostro avviso, la espressione socia lismo municipale è assolutamente inesatta, non fosse altro perchè ogni definizione deve partire dai caratteri sostanziali della cosa che si vuol definire, e non dai caratteri accidentali o sem plicemente visibili e tangibili, a meno che — come nel caso della luce, della elettricità o del ca lore, ecc. — si fosse impossibilitati a cogliere i caratteri sostanziali. Quando, poi, a quella espres sione si aggiunge l’altra a traverso i secoli, noi non sappiamo davvero che cosa pensare. Che i Comuni italiani non siano stati altro che il primo esperimento di Socialismo? Che, peggio ancora, l’intervento dello Stato, nel regolare i rapporti economici, dall’Impero Romano all’età feudale, non sia stato che una forma di Socialismo? Pro cureremo di dimostrare il contrario, seguendo il Des Cilleuls lungo il cammino delle sue ricerche.
(Continua).
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ibliografica
G u s ta v o Dei V e c c h io . - Prodotto netto e mo nopolio. — Bologna, A. Noè, 1905 pag. 138; Il giovane Autore ha ampliata la sua tesi di laurea e ci dà questo volumetto che tratta importanti questioni di economia pura; il pro dotto netto, ossia la differenza fra il risultato e 10 sforzo (e perchè no fra lo sforzo che viene prima, ed il risultato che viene dopo?) nell’ in tento di determinare i suoi rapporti con la teo ria del valore e più precisamente con la teoria del monopolio, è il tema propostosi dall’Autore, ed è trattato con molto ordine e con vasta co gnizione della materia.
La trattazione è divisa in due parti: la prima, il prodotto netto, dove sono esaminate le questioni riguardanti il salario, l’interesse il pro fitto e la rendita ; — la seconda, il monopolio, dove, dopo alcune considerazioni preliminari, è discusso del concetto del monopolio e dei valori di monopolio.
Per ciascuno di questi punti 1’ Autore esa mina i concetti a mano a mano accettati dai mag giori scrittori di Economia politica; e forse in ciò — il solito e perdonabile peccato giovanile — vi è qualche esuberanza, che non stanca però, in quanto l’Autore intercala le sue abbondanti ci tazioni, con osservazioni talvolta acute e con cludenti.
Non è facile riassumere il pensiero dell’Au tore, per lo più molto denso e ristretto in poche pagine, per cui è maggiore il sottinteso, che bi sogna indovinare, che non sia l’espresso, che chiarisca il concetto. Qualche volta ci parve per sino che l’Autore rifuggisse dall’esprimere una propria conclusione sulle stesse questioni che egli solleva e chiarisce con notevole dottrina ; fatto questo che, se fa onore alla modestia, che non si trova sempre nei giovani, rende perplesso 11 lettore che attende la soluzione. Ma ciò non ostante, non si può esitare a riconoscere nell’Au tore una vera disposizione a trattare tali que stioni, ed una non comune capacità di sintesi ; onde va incoraggiato a pubblicare gli altri la vori che nella breve prefazione ci promette. P ro f. A le s s a n d r o G ro p p a li. - Elementi di
sociologia. — Genova, Libr. Moderna, 1905. Abbiamo già reso conto delle « Lezioni di sociologia » pubblicate dallo stesso Autore (vedi l’Economista del 13 aprile 1902) e segnaliamo ora questo stesso lavoro ampliato e completato, che vede la luce col titolo di Elementi di Socio logia.
Il bisogno che la sociologia come scienza a sè, vada determinandosi e concretandosi, è così sen tito, che i lavori i quali tendono a questo scopo sono accolti con molto favore dal pubblico, il quale avverte la esistenza di fenomeni che non trovano giusto posto nelle altre scienze, ed amerebbe di vedere la sociologia affermarsi recisamente in un campo concreto e preciso. E siccome molti sono ancora coloro che negano la esistenza di tale scienza e la possibilità che essa esista, è bene che coloro, i quali hanno invece contraria fede,
raddoppino gli sforzi per delinearla meglio che sia possibile.
L ’Autore si ferma poco, a dir vero, sulla questione pregiudiziale della esistenza della so ciologia, e la prima lezione che consacra alla de finizione della scienza ed ai suoi rapporti colle altre scienze, non è davvero esauriente. Ma si può dire invece che emerge il concetto dell’Au tore dal complesso del libro, dove sono trattati con laghezza di vedute e con metodo sempre cor retto e sobrio i diversi argomenti. Sono nove lezioni concettose che trattano: delle origini della società e della famiglia; — del problema della causalità e della variazione nei fenomeni sociali; — dell’ origine e della evoluzione sociale ; — del fenomeno economico ; — del fenomeno giuridico ; — del fenomeno politico; — dei fenomeni morali e religiosi ; — dei fenomeni artistico e scienti fico ; — le leggi e la prevedibilità dei fenomeni sociali.
Non osiamo dire che questi elementi di so ciologia valgono a stabilire veramente i contorni della scienza, ma riconosciamo che in ogni modo gli argomenti trattati lo sono con molta chiarezza e con larga dottrina.
D o tt. L èon C a h e n . - Le Grand Bureau des pau-vres à Paris au milieu du XVI I I siècle. — Paris, Soc. N ouvelle de lib. et d’édition, 1904, pag. 78.
Il Grand Bureau des Pauvres, antichissima istituzione, potrebbe paragonarsi alle moderne pubbliche assistenze, intese in un largo senso; alcuni vogliono vederne la fondazione in un de creto del 1532, ma è più probabile . che a quel l’epoca per la prima volta si denominasse così una istituzione od un complesso di istituzioni che già preesistevano. Ad ogni modo l’Autore con molta erudizione tratta nella introduzione l’argo mento e cita i documenti relativi.
Viene quindi a delineare quale fosse la fun zione di questa istituzione alla metà del X V III secolo e la considera sotto il triplice aspetto: —■ il Grande Ufficio, propriamente detto, che distri buiva agli indigenti dei sussidi regolari in de naro ; — l’ospizio delle Piccole Case, dove erano ricoverati gli indigenti vecchi e gli idioti ; — l’ospizio della Trinità, che raccoglieva i fanciulli orfani di padre e di madre, e che insegnava loro un mestiere.
L ’Autore nel suo diligente lavoro descrive il modo di funzionamento di queste tre istituzioni e i mezzi di cui ciascuna di esse disponeva.
La tassa per i poveri, in teoria, è un contributo aleatorio, ma al quale nessuno poteva sottrarsi. Studiando l ' Istituzione, si comprende come ì con temporanei la abbiano vista sparire senza ram marico durante la rivoluzione ; ed è precisamente lo spettacolo di una carità cosi iniqua che ha provocato la formazione di teorie più generose, più umanitarie, più egualitarie di cui si costi tuisce rappresentante il Comitato di mendicità della Costituente. Tra 1’ antico _ regime e la Ri voluzione, vi è una assoluta reazione, e del Lrand Bureau rimangono soltanto (ed anche questa è una ipotesi) alcune parole come Bureau, comis- saire e administrateur ».
A vv P a u l D rillon. - La jeunesse criminelle. Paris, Bloud et C.ie. 1905, pag. 64.
Abbiamo già reso conto brevemente nel nu mero del 25 giugno scorso dell’Economista di un altro lavoretto dello stesso Autore « i diritti e doveri del padre di famiglia ». Questo che pre sentiamo è strettamente legato_al_ precedente, e tratta di un argomento' tra i più importanti, poi ché la società dovrebbe sentire tu tta la respon sabilità morale. che incombe^ in causa della gio ventù criminale, quando sia dimostrato che il numero dei giovani criminali sarebbe grandemente diminuito ove la società a questo fenomeno do loroso consacrasse per poco le sue cure. _ _
L ’Autore comincia con alcuni dati statistici. I criminali minori dei 16 anni, tradotti davanti le Assise, furono in Francia nella media per quinquennio per il periodo 1831-1901 nel seguente numero : Accasati Accusati 1831-35 N> 108 1871-75 N.° 52 1836-40 » 93 1876-80 » 42 1841-45 ,> 71 1881-85 » 82 1846-50 » 80 1806-90 » 81 1851-55 » 80 1891-95 » 81 1856-6) » 49 UÎ96-910 » 26 1861-65 » 42 1901 » 24 1866-70 » 37 D e lin q u en ti D elin q u en ti N.° 298 1871-75 N.° 261 » 261 1876-80 » 280 » 321 1881-85 » 200 « 363 1886-90 » 184 » 431 1891-95 » 137 » 302 1893-900 » 113 » 310 » 245 1901 » 100
Tra i 16 ed i 21 anni nel periodo anzidetto scesero da 1171 a 570 e il numero totale degli accusati da 7466 a 3016. Cifre, queste, che nella loro assoluta espressione sarebbero abbastanza confortanti. Davanti i tribunali correzionali, i cri minali minori dei 16 anni diedero le seguenti medie annuali per quinquennio :
1831-35 1836-40 1841-45 1846-50 1851-55 1856-60 1861-65 1866-70
Ma se alle cifre assolute si sostituiscono le percentuali del numero dei criminali tra gli anni 16 ed i 21 in rapporto al totale dei criminali, si hanno le seguenti cifre :
Per cento _ Per “ nto
1831-35 15,65 n ’m 1836-40 16,36 1B76-90 17’Ì i 1841-45 16 44 I88I-80 17,11 1846-50 15>J }oqi6"u? i5 « 9 1H51-55 14 65 1891-9o lo ,69 1856-60 ÌB96-900 16,90 1861-65 13,63 1901 1866-7Ò 15,65
Qui non si scorge più la diminuzione, anzi negli ultimi anni si trova un sensibile aumento.
Bene quindi l’Autore cerca la qualità dei delitti di cui la gioventù si rende colpevole, _ e ne cerca le cause ed i rimedi nella famiglia, nella scuola, nell’officina, nella morale e nella re ligione. Quindi rileva che vi sono anche cause e rimedi in ciò che riguarda la pratica giudiziaria e la legislazione penale ; tratta poi della respon sabilità penale dei minori e finalmente delle case di correzione e della assistenza pubblica e privata.
Sebbene l’Autore abbia scritto questo lavoro con fini schiettamente religiosi, il libro è dettato con larghezza di vedute e con chiara cognizione dell’ambiente, cosi che la professione di fede non toglie efficacia allo scopo interessantissimo.
J.
m s t a
economica
e
finanziaria
Il giorno 6 luglio cori-, alla Camera francese dopo incominciata la discussione del progetto di legge che tende a reprimere la frode nel commercio della birra e la fabbricazione della margarina, il Ministro delle finanze ha depositato il bilancio francese del 1906 e, su domanda del sig. Rouvier, il progetto di legge fu rinviato alla Commissione già nominata.
Il bilancio del 1906 presenta su quello del 1905 una eccedenza di spese per 67 milioni, delle quali circa 56 milioni provengono dagli aumenti resultanti dalle leggi votate. Per dare idea dei principali aumenti, riporteremo i seguenti:
F ra n ch i
Legge militare
» sui giudici di pace Programma navale
Premi alla marina mercantile Opere d’ assistenza
Pensioni
In conclusione il bilancio francese del 1906 così si presenta : •21.050,000 2 ,000,00.) 6,000,050 6.500.000 3.200.000 2.500.000 Entrata Spese F ra n ch i 3,700,563,093 3,701,408,958 154,135
Eccedenza delle spese
_ Il primo Ministro austro-ungarico, ha fatto alla Commissione dei trattati di commercio una comunicazione che ha deciso 1’ accettazione in seconda lettura, per parte della Commissione del trattato di commercio tra l'Austria e la Ger-
mania. Il Ministro ha annunziato che egli ha
— Fu pubblicata in alcuni giornali la tabella delle emissioni fatte nel decorso dell'anno 1904 e ne stralciamo i paesi principali, facendo il con fronto tra il 1903 e il 1904, e avvertendo che le cifre rappresentano milioni di franchi :
Paesi d’Europa 1£03 Francia e colonie .>92,2 lì ? ’? G-ermania 2,121,7 2,lob,o Austria-Ungheria 29,7 5,04a,b Belgio 300,8 251,4 Bulgaria 71,6 — Danimarca — _ Spagna . 156>7 0
Gran Bretagna e colonie 2,156.6 2,403,8
Grecia 76,9 4,1
Italia 1,631,9 1,306,9
Lussemburgo 1,8
Norvegia — / l i i
Paesi Bassi e colonie 85,8 141,1 Portogallo e colonie 5,0 39,6 Bumania 1,0 167,’ Bussia l,62o,5 Serbia - , Svizzera 68,1 l o ^ Turchia 47,0 1,443,0 Svezia °4>S 7-, Fuori d’ Europa Africa. ■¡¡o&o ^4959
America latina 426, J Yno t
Canada 17o,5 China 91,5 ■ 68,6 Congo 86,3 11>,9 Egitto 2 Ì | 85,2 Stati-Uniti 3,051,3 2,808,4 Giappone 1,688,0 Totale 14,480,8 18,488,4 Dal quale specchietto risulta una sensibilis sima differenza tra le emissioni del 1904 e del 1903, dovute specialmente alle diminuzioni che si riscontrarono negli Stati Uniti, Austria-Ungheria e Russia.
— E ’ stato pubblicato il ragguaglio delle emissioni inglesi nel 1905, le quali furono di 67,301 migliaia di sterline pel primo semestre, e di 36,915 pel secondo semestre contro 19,905 e 50,654 rispettivamente nel 1904. Ed è interes sante pure conoscere la differente natura dei principali imprestiti inglesi, nel semestre 1905 in confronto a quello 1904 in lire sterline .
1005 1944
Prestiti inglesi v ii
» coloniali 9,313,300 » stranieri 20,539,360 » municip. ingl. 3,964,700
Corpor. col. ingl. e stran 7,863,100 2,89o,0o0 Ferrovie inglesi » straniere 7,709,000 1992 5001,992,ouu Società commerciali 795,300
» territoriali 1,674,900 575,200 » metallurgiche 2,575,500 h041,200 » d’elettricità 1,467,300 2,130,400
Diversi l,56o,000 144,600
__ E ’ opportuno rilevare la lista dei prestiti di guerra contratti dal Giappone durante la cam pagna negli anni 1904 e 1905.
Febbraio 1905. 1° prestito interno di 100 mi lioni di yens (corso 75).
Maggio 1904. 2° prestito interno per 7 anni 5 per cento, di 100 milioni di yens (corso 32).
Giugno 1904. Buoni del Tesoro 6 per cento a corta scadenza per 10 milioni di sterline (corso
1 / \
Ottobre 1904. 3° prestito interno di 80 mi lioni di yens.
Novembre 1904. 2a emissione di buoni del Tesoro a Londra e a New York per 12 milioni di sterline (corso 90 */*')•
Febbraio 1905. 4° prestito interno per 7 anni, 5 per cento, per 100 milioni di yens (corso 93).
Marzo 1905. Prestito 4 */* per cento a Lon dra e New York per 30 milioni di sterline
(corso 90). _
Aprile 1906 5° prestito interno di 100 mi lioni di gens (corso 90).
Il debito pubblico giapponese, in cifre tonde, riceve dunque l’aumento considerevolissimo di 2 miliardi di franchi.
Rassegna del commercio internazionale
Il commercio dell'Austria-Ungheria nei primiCinque mesi del 1905. — L ’ importazione del-
rAustria-Ungheria in questi primi mesi si è ele vata a 913,7 milioni di corone, compresi i me talli preziosi;-e l’ esportazione si è elevata a 804,2 milioni di corone. Dalle quali cifre risulta un saldo passivo di 108,5 milioni di corone contro un saldo attivo di 40 milioni di corone per lo stesso periodo del 1904.
L ’aumento dell’importazione proviene spe cialmente dalle materie prime. I prodotti fabbri cati e mezzi finiti sono restati presso a poco allo stesso livello. Per l’esportazione invece si con stata il contrario : una diminuzione tanto nelle materie prime che nei prodotti fabbricati.
Il commercio della Norvegia nel 1904. — Il Console britannico a Cristiania osserva, in un suo rapporto, che l’anno 1904 non può passare per un anno prospero dal punto di vista industriale e commerciale. I raccolti furono cattivi ^ general mente, specialmente a causa delia siccità ; una sola industria ha migliorato in confronto al re sultato avutosi nel 1904 : quella della cellulosa di legno.
Ecco i resultati del commercio esterno m migliaia di franchi :
importazione esportazione
1904 397,429 241,870
1903 402,648 238,350
l a diminuzione dell’importazione avvenne specialmente sul vino in fusti, tabacco ecc. ; ed è compensata dall’ aumento del prezzo del cotone, e di alcuni articoli di prima necessità.
La diminuzione della esportazione si è veri ficata specialmente sul legname ; vi_ fu aumento invece per la cellulosa, la carta, il latte con
densato. n
Le rendite delle dogane furono di 46,471,501) franchi contro 47,500,000 del 1904.
La marina mercantile norvegese contò nel 1904 circa 1,243,904 di tonnes.
Il commercio della Cina nel 1904. — E ’ in teressante notare anzitutto che il commercio ci nese nel decennio ultimo è raddoppiato. Da una raccolta di dati statistici infatti, pubblicata dal- 1’ agente commerciale italiano in Cina, risulta che
dal 1895 al 1904 il totale della importazione e della esportazione fu il seguente :
1895 . 1896 . 1897 . 1898 . 1899 . 1900 . 1901 . 1902 . 1908 . 19.04 . 218,783,107 di taeìs 226,917,516 » 265,678,930 » 251,205,837 » 306.701,390 » 243.606,777 » 298,454,980 » 346,122,864 » 351,200,609 » 405,064,260 »
Il quale aumento è pressoché progressivo e distribuito quasi equamente sì nell’ importazione che nell’ esportazione. E ’ notevole però che 1’ am montare degli introiti doganali durante il de cennio rimase stazionario.
Quanto alla importazione cinese, essa pro venne in maggior quantità dai seguenti paesi principali : Inghilterra per Hong-Kong (transito) » Indie Orientali » Singapore (transito) » America Inglese » America Inglese » Stati Uniti »
Europa (senza Russia) » Russia Europea »
Giappone »
Indie Olandesi » Turchia, Egitto e Persia »
63,461,469 40,763,683 31,843,844 3,816,063 2,666,632 2,666,032 51,898,313 55,729,369 6,016,751 58,925,758 2,169,373 3,305,795 di taels » » » » » » »
Quanto poi alla esportazione cinese, presenta particolare interesse quella di alcuni articoli, spe cialmente confrontandola con quella del 1903, per
li articoli stessi : 1904 differenza col li Cascami di seta 48,424 — 13,474 Bozzoli i 6,962 — 8,145 Lana di pecora 222,353 + 54,497 Lana di capra 8,386 + 3,212 Lana di cammello 23,283 + 8,870 Pelli di vacca 249,053 + 42,485 Cotone greggio 117,307 + 369,067 Pelli di capra 7,351,032 4- 5.453,972
La Sotto-Giunta del Bilancio
e le liquidazioni ferroviarie
La. Sottocommissione della Giunta del Bilancio, in caricata di riferire sul disegno di legge delle liquida zioni ferroviarie ha presentato la sua relazione ai col leghi della Giunta stessa, la quale esamina paratamente gli accordi presi con la Mediterranea, con VAdriatica e con la Sicula. Crediamo utile pubblicare quasi inte gralmente questa relazione :Per la Mediterranea, la relazione così si e- sprime:
« Gli accordi con questa Società si riassumono in mi credito della Società, compresi i riscatti, di lire
800,957,808. . .
« Questa somma è il risultato di molte partite di dare ed avere, la maggior parte delle quali, come quella del materiale del 1885 in L. 185,000,000 e del materiale del 1900 in L. 70.000.000, sono pacifiche, salvo le deduzioni contrattuali per il deprezzamento; così dicasi pure di quella del riscatto delle tre linee di accesso al Sempione fino alla concorrenza di L. 45,725,000, che è il prezzo contrattuale approvato con leggi spe ciali.
« Ma accanto alle partite pacifiche ve ne sono al tre, che questo carattere non hanno.
« Uno dei principali crediti dello Stato è quello per la deficienza delle linee. Un prospetto riassuntivo delle ispezioni dei circoli in data 10 dicembre 1904 in dica questo credito in L. 18,703,000 ».
La Sottocommissione osserva ancora che tale cre dito venne ridotto, prima a L. 12,000,000, poi — nelle
*
liquidazioni in data 21 maggio — a L. 5,000,000. E le ragioni di tale discesa sono, secondo essa, discutibili.
Un altro credito dello Stato è la partecipazione agli utili che oltrepassano il 7.50 per cento. Questo credito dalla Commissione ispettiva nella relazione del 19 maggio 1904 era valutato in lire 8,084,068.02, più l ’ammontare degli interessi : dalla Commissione delle liquidazioni è ridotto invece in lire 4,000,000.
Altra partita degna di rilievo è quella dei com pensi ultra contrattuali chiesti dalla Società per le linee di accesso al Sempione.
I compensi extra contrattuali chiesti dalla Società ammontano complessivamente per le tre linee a ben 30 milioni per diversi titoli, fra i quali primeggiano quelli per eccessive e imprevedibili difficoltà incon trate nella esecuzione di alcune opere, come le gallerie del Gattico ed elicoidale, e quelli per aumento di sa lari e per diminuzione di ore di lavoro: dalla Commis sione delle liquidazioni sono dichiarati ammessibili in lire 5,009,000.
La sotto Giunta nota che è proprio della natura del contratto à forfait che tutte le alee dell’ opera siano a carico dell’assuntore.
Viene poi la questione del riscatto della Varese- Porto Ceresio e della Trastevere-Rom a-Viterbo.
J1 prezzo di riscatto, fissato in L. 26,800,000, è se condo la Sottocommissione, troppo oneroso.
Infine, nota ancora la Sottocommissione, i crediti dello Stato nel conto generale di liquidazione sono stati ridotti a 9 milioni, mentre dovrebbero essere di L. 17,900,000.
Per 1’ Adriatica, dice la relazione, gli accordi con questa Società si riassumono in un credito della Società di lire 176 milioni.
In questi accordi il credito dello Stato per il de prezzamento del materiale e per le eventuali deficienze delle linee, a differenza di quanto è praticato negli ac cordi con la Mediterranea, non è definito, ma sarà de terminato all’atto della riconsegna in via economica. Qui la partita più degna di attenzione è il cre dito dello Stato e la partecipazione agli utili netti ol tre il 7.50 per cento. La Commissione ispettiva nella relazione del 1(3 novembre 1904 lo determinava in 26,618,267 lire. La Commissione per le liquidazioni lo determina invece in L. 4,000,000. Quale è il motivo — chiede la relazione — di così notevole differenza?
A qualche commissario è pure nato il dubbio sulla determinazione di una parte degli utili delle costruzioni.
Anche a proposito degli accordi con l ’Adriatica si presenta la questione delle garanzie per la valutazione dei deperimenti del materiale e delle linee. La que stione a proposito dell’Adriatica ha meno importanza per lo stato migliore delle linee.
Infine per la Rete Sicula la Relazione nota che la liquidazione con questa Società sì riassume in un credito della medesima indicato approssimativamente in 23 milioni.
II patto 5° degli accordi stabilisce che il diritto dello Stato alla partecipazione al fondo di riserva sia determinato in L. 1,000,000.
Parrebbe invece — dice la Relazione — opportuno ed equo che la partecipazione rimanesse regolata con le norme dell’art. 27 del contratto di esercizio, come è stabilito nell’accordo con la Società Adriatica.
La Relazione così conclude :
« Signori ! Da quanto precede apparisce quale sia il nostro giudizio sul disegno di legge.
« Il Governo, conformandosi ai capitolati e tenendo conto delle semplicizzazioni autorizzate coll’ art. 10 della legge 25 giugno 1905, potrebbe pagare la massima parte dei debiti che, com’ è noto, è costituita dal valore del materiale mobile del 1885 e del 1900 e dagli approv vigionamenti, e potrebbe altresì pagare il prezzo con trattuale delle linee del Sempione. Per le altre partite crediamo che siano indispensabili nuove indagini e piu maturo consiglio.
« Certo le liquidazioni appartengono a quei negozi che non conviene considerare soltanto nelle singole parti, ma anche nel loro assieme. Ed è certamente de siderabile che i rapporti fra Stato e Società si sciol gano di buon accordo.
« Ma anche guardando il disegno di legge da un punto di vista complessivo e pur tenendo in debito conto la convenienza di evitare liti, pare alla sotto- Giunta che questi accordi risentano soverchiamente della ristrettezza del tempo e del desiderio di giungere sollecitamente a un componimento con le Società.