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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.32 (1905) n.1617, 30 aprile

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SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno XXXII - Voi. XXXVI

Firenze, 30 Aprile 1905

N. 1617

SO]V[]YI.A.!R,IO : Emilio Maraini, Deputato al Parlamento, La Convenzione di Bruxelles e le condizioni dell’ in­ dustria degli zuccheri — R. D. V., La municipalizzazione del gas a Venezia — Il disciplinamento delle Società Anonime — [ R i v i s t a b i l b l i o g r a f l c a : Prof. Nicolò Rodolico, La democrazia fiorentina nel suo tramonto (1378-1882) - Prof. Maffeo Pantaleoni, Scritti vari di Economia - Dott. C. de Fromont de Bonaille, Conciliation et Arbitrage - A. Maurice Low, Protection in thè United States - Dott. Fruii Hcrzfelder, Des problem der Kreditvensicheremg — L ’ abolizione del dazio sui farinacei — Emigrazione e commercio del Brasile — La questione della Banca d ’ emissione nella Svizzera — Mercato monetario e Rivista delle Borse — Società commerciali ed industriali — Notizie commerciali.

La convenzione di Bruxelles

e le condizioni dell’ industria degli zuccheri

La Convenzione internazionale, stipulata a Bruxelles il 5 marzo 1902, sul regime economico fiscale degli zuccheri, superando le non lievi dif­ ficoltà incontrate nel suo cammino, entrava pun­ tualmente in vigore il I o settembre 1903. I Go­ verni, che l’avevano conchiusa, non si lasciarono rimuovere dalle opposizioni dei produttori, e i Parlamenti degli Stati rispettivi li secondarono con sollecitudine maggiore di quella che si pre­ vedeva.

Gli è che, in tutti i paesi d’ Europa, Go­ verni e Parlamenti si sentivano stanchi del re­ gime economico fiscale stabilito per questa indu­ stria, il quale, oltre all’ essere informato ad un concetto così arbitrario ed assurdo come quello dei premi di esportazione, aveva finito per per­ dere gran parte della sua efficacia, di fronte al- l’ incremento sempre maggiore della produzione saccarifera negli antichi e nei nuovi paesi pro­ duttori ed al conseguente rinvilio dei prezzi di questa derrata, che costringevano i produttori ad una lotta di cui non potevano prevedere il risultano finale, e da cui non potevano non sen­ tirsi prostrati. Quando si pensa che, per mante­ nere questo regime, i bilanci degli Stati che lo applicavano erano costretti a sostenere gravi sa­ crifizi, che i loro cittadini erano sottoposti ad alti tributi ed obbligati a pagare lo zucchero ad un prezzo molto elevato, e che tutto ciò non aveva altro risultato, da quello infuori di far ri­ bassare sui mercati esteri il prezzo di codesta

(*) La questione del regime fiscale sugli zuccheri in Italia ha acquistato tanta importanza dopo la Con­ ferenza di Bruxelles ed è tanto discussa dalla stampa italiana, che accogliamo ben volentieri questo scritto dell’on. Maraini, nel quale è trattato a fondo l’ argo­ mento, con ammirevole chiarezza.

derrata ad un livello inferiore al costo di produ­ zione, si comprende come la Convenzione di Bru­ xelles sia stata considerata ed abbia di fatti avuto il pregio di una grande liberazione.

D i questo avvenimento non avrebbero avuto ragione di dolersi che i paesi di grande consumo di zucchero, i quali, non producendo questa, der­ rata, avevano l’ opportunità di acquistarla a prezzi molto bassi, spesso inferiori al costo effettivo di produzione. Nelle lotte internazionali, specialmente quando assumono spiccato carattere economico, avviene sempre che chi si trovi al di fuori rie­ sca a trarne profitto ; à questa stregua nessun fattore più efficace di sviluppo industriale del blocco continentale; e di fatti di tal specie, seb­ bene d’ intensità minore, si potrebbero ricordare esempi molti. Ma cosi fatti vantaggi, intrinseca­ mente ingiusti, se non illegittimi, che derivano da perturbamenti più o meno gravi delle leggi naturali economiche, non potrebbero costituire una specie di diritto acquisito, e meno ancora aver carattere duraturo. Perciò, anche quando non vi fosse stata spinta dall’ alto interesse della produzione saccarifera delle sue colonie, l’ Inghil­ terra, aderendo alla Convenzione di Bruxelles, non avrebbe recato danno ai suoi consumatori di zucchero, imperocché quella situazione anormale era, per la intrinseca sua natura, destinata a cessare anche senza l’ intervento di essa.

Con più ragione si può dire che errino co­ loro i quali asseriscono, che l’ Italia, produttrice di zucchero, avrebbe meglio tutelato i suoi in­ teressi non aderendo alla Convenzione predetta, nè l’avervi aderito danneggia ora i consumatori, e meno ancora potrà danneggiarli in avvenire, come chiarirò più innanzi.

* * *

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mercato internazionale e prodotto una grave crisi. Vero è ohe a questo regime si deve pure il me­ raviglioso sviluppo della produzione saccarifera europea nell’ultimo quarto di secolo, ed il note­ volissimo ribasso del prezzo dello zucchero, che ha agevolato la estensione del consumo di questa derrata tanto utile all’ alimentazione umama. Si può dire che queste forme di protezione indu­ striale, sunt mala mixta bona; esse possono es­ sere utili, ma, insieme al bene, rivelando la ten­ denza a produrre anche il male, hanno la carat­ teristica di certi veleni i quali assorbiti in pic­ cole dosi, riescono salutari all’ organismo fisico, ma presi in grosse dosi lo uccidono. Bisogna che esse, come tutte le forme di protezione industriale, siano moderate nella misura, limitate nel tempo, in relazione al fine che si propongono, e cessino appena questo sia conseguito, o appena si chia­ riscano disadatte a raggiungerlo. Ora, non è dub­ bio che il regime dei premi era andato oltre il giusto punto ed aveva prodotto dei mali comuni a tutti i paesi, cioè una superproduzione ecces­ siva, e, conseguentemente, con ribasso enorme dei prezzi, una vera crisi, che invano si cercava di trattenere nel suo fatale svolgimento col nuovo e ben congegnato artificio dei Cartells e dei Trusts.

Ho detto che tutti gli Stati dell’ Unione di Bruxelles hanno applicato puntualmente i patti stipulati abolendo i premi diretti ed indiretti e limitando i loro dazi di confine nella misura di fr. 5.50 per lo zucchero greggio e di 6 Ir. per il raffinato, resistendo così alle opposizioni dei loro produttori. Soltanto l’Austria-Ungheria, vo­ lendo accordare qualche soddisfazione a costoro, aveva disegnato una. legge, la quale, determi­ nando le quantità di zucchero da produrre pel consumo, e facendone la distribuzione fra tutte le fabbriche, tendeva ad assicurare all’ industria un aumento nei prezzi di vendita del prodotto equivalente al dazio di confine. Ma, questo inter­ vento legislativo dello Stato per regolare obbli­ gatoriamente la produzione, fu giudicato dalla Commissione permanente di Bruxelles, che veglia sulla regolare osservanza dei patti della Conven­ zione, contraria a questi ; per cui l’ Austria-U n­ gheria dovè abbandonare quel suo proposito e abrogare la legge all’ uopo promulgata. E ciò sta a dimostrare come l’ Unione si sia chiarita sino dal suo inizio capace di conseguire le sue finalità, poiché l’ organismo della Commissione permanente esercita un controllo efficace, e le sue provvidenze assicurano la leale osservanza, da parte di tutti gli. Stati, dei patti della Convenzione.

* * *

La situazione creata dall’ applicazione della Convenzione al nucleo dei paesi, che forniscono il più ragguardevole contingente della produzione saccarifera europea non è stata, e non poteva essere di certo molto favorevole. La produzione loro, al pari di quella degli altri paesi produt­ tori di Europa, non diminuiva. L ’ Associazione internazionale di Statistica calcolava la produ­ zione europea dopo l’ applicazione della Conven­ zione di Bruxelles, nelle cifre complessive di tonnellate 5,778,890 contro 5,307,200 nell’ anno precedente, cioè un aumento dell’ 8.88 per cento;

nei cinque principali Stati produttori, la produ­ zione, secondo le cifre predette, sarebbe :

1952-903 1903-904 Differ, tonn. tonn, percentuali Austria-U ngheria 1,057,692 Germania 1,762,461 Francia 823,210 Russia 1,261,311 Belgio 224,220 1,158,800 + 9.5 1,929,410 + 9.4 794,430 — 3.4 1,160,660 — 7.9 202,850 — 9.5 La diminuzione avvenuta nella produzione francese, russa e belga trovava, come ognun vede, un larghissimo compenso nell’aumento di quella degli altri Stati.

Perciò gli stoclcs, già ragguardevoli, esistenti all’ inizio della campagna ultima, continuarono a pesare sui mercati internazionali, tanto più du­ ramente in quanto erano stati acquistati a prezzi bassi nel momento in cui i produttori cercavano di profittare dell’ ultimo periodo di applicazione dei premi di esportazione e dei vantaggi offerti dai Cartells. Ora è evidente come la Convenzione di Bruxelles non potesse svolgere la sua efficacia immediatamente, se non a patto di una diminu­ zione di produzione, e in seguito mercè un in­ cremento del consumo interno degli stessi, paesi produttori.

A codesto duplice scopo intesero gli sforzi dei produttori e dei Governi. La necessità di una diminuzione della produzione, ottenuta merce un regolamento di essa, suggerì al sig. Sachs l ’idea di un Sindacato internazionale tra fabbricanti di zucchero di Europa. Una Conferenza fu tenuta a Bruxelles, nei. primi di luglio 1903, alla quale parteciparono i delegati dei fabbricanti del Bel­ gio, della Francia, della Germania, dell’ Olanda e della Russia. Questa Assemblea deliberò una serie di proposte intese a limitare la produzione dello zucchero per l’ esportazione, onde prevenire la superproduzione di questa derrata; e ciò me­ diante un’ intesa fra tutti gli organismi organiz­ zati, rappresentanti l’ industria saccarifera nei paesi produttori ed esportatori di Europa.

Ed ecco le risoluzioni adottate dalla Con­ ferenza :

1° E ’ desiderabile che la produzione dello zucchero di barbabietole nei diversi paesi di Eu­ ropa sia limitata per l’ esportazione, onde preve­ nire la superproduzione di questa derrata.

I I 0 Questo risultato può essere raggiunto mediante una intesa fra tutti gli organismi or­ ganizzati, rappresentanti l'industria zuccheriera nei paesi produttori ed esportatori di zucchero in Europa. Resta inteso che l’ impegno sarà tanto per gli zuccheri raffinati quanto per i greggi.^

I l i 0 Occorre l’adesione unanime di tutti i paesi europei che esportano attualmente zucchero, cioè : Germania, Austria-Ungheria, Belgio, Fran­ cia, Paesi Bassi e Russia. (E ’ stato emesso il voto che anche l’ industria zuccheriera di Giava aderisca a questa intesa).

I V 0 E ’ sufficiente fissare per ogni paese, ogni anno, la quantità di zucchero da esportare lasciando a ciascuno di questi paesi la cura di regolare il proprio consumo interno.

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internazionale sorveglierà l’ esecuzione del contin­ gentamento, e deciderà, a misura dei bisogni, la quantità supplementare eventualmete da esportare. Questa quantità supplementare sarà ripartita se­ condo le stesse basi fra i diversi paesi esporta­ tori.

Y I° L ’ intesa avrà la stessa durata della Convenzione di Bruxelles del 5 marzo 1902, cioè fino al 1° settembre 1908, a meno che la detta Convenzione non spiri più presto. Prima del 1° settembre 1907 si deciderà se l’ intesa sarà prolungata o no.

V I I ° Il controllo delle esportazioni si farà mediante le statistiche ufficiali delle dogane, con­ tando kg. 90 di zucchero raffinato per kg. 100 di grezzo.

V i l i 0 Si prenderà come base del contin­ gente di ogni paese la produzione media di zuc­ chero delle tre campagne, 1900-901, 1901-902 e 1902-903, diminuita del consumo medio di queste campagne ed aumentata della cifra media delle importazioni durante queste stesse campagne.

Tuttavia, resta inteso che l’ importazione non potrà essere aumentata per quanto tempo la Convenzione sarà in vigore.

Nel caso in cui questa importazione fosse diminuita in un paese, il contingente di questo paese verrebbe diminuito nella stessa proporzione.

I X 0 Ogni paese dovrà presentare delle ga­ ranzie di esecuzione della presente Convenzione rispetto agli altri contraenti.

Ma queste proposte, sebbene accettate dai produttori di qualche Stato, incontrarono gravi difficoltà da parte di altri e in particolar modo della Germania. Difatti, l’ Assemblea dell’ Asso­ ciazione generale dell’ industria tedesca, pur ma­ nifestando tutta la sua simpatia per il principio che informava le risoluzioni adottate dalla Con­ ferenza « di fronte alle difficoltà che si incontre- « rebbero ad unire per via di accordi privati « 1400 fabbriche europee, e sopratutto avuto ri- « guardo all’ evidente difficoltà di assicurare, con « impegni privati, delle garanzie internazionali, « riteneva di non poter attribuire un valore ef- « fettivo alle risoluzioni stesse, a meno che la « Conferenza non si risolvesse a considerare un « regolamento per la via legislativa, oppure tro- « vasse i mezzi per unire tutte le fabbriche e « per determinare le necessarie garanzie ». Il progetto del Sindacato, di cui si tratta, abortiva malgrado gli sforzi che continuarono a fare i suoi promotori, le difficoltà essendo di quelle per loro natura insuperabili. La diminuzione della produ­ zione doveva ottenersi dalla forza naturale delle cose, cioè dal ripristinamento dello stato normale nella concorrenza, che risulterà dalla cessazione dei premi diretti ed indiretti e dalla eguaglianza e moderazione dei dazi stabiliti nei paesi espor­ tatori.

Quando i produttori di ciascuno di questi paesi, non potendo più vendere lo zucchero al- l’ interno ad un prezzo elevato, si troveranno nella impossibilità di offrirlo sui m erc'ti esteri ad un prezzo inferiore al costo di produzione, le leggi naturali della concorrenza riprenderanno il loro imperio, la esportazione di ciascun paese dimi­ nuirà fino all’ ultimo limite, e i produttori sa­ ranno costretti a ridurre la produzione rispettiva

al limite imposto dal consumo; allora cesserà la superproduzione e la Convenzione di Bruxelles avrà conseguito completamente il suo scopo.

Gli sforzi dei produttori di tutti i paesi si concentrarono nel promuovere lo sviluppo del consumo interno, ed a tale scopo essi invocavano l’ ausilio ed il concorso degli Stati rispettivi, i quali doveano trovare un certo tornaconto ad esaudire siffatti voti, così nell’ interesse econo­ mico nazionale, che impone di sorreggere questa grande industria che costò tanti sacrifizi al loro erario, come in quello sociale per 1’ alto pregio che lo zucchero ha acquistato nell’ alimentazione umana. Sulla opportunità di agevolare il consumo dello zucchero erano quindi d’ accordo l’ interesse dei produttori, dei consumatori e dello Stato.

* * *

Il mezzo più efficace per far progredire il consumo dello zucchero consiste nello sgravarlo dei tributi che pesano sul prezzo di esso. Non vi è alcun’ altra derrata il cui prezzo naturale abbia subito un ribasso eguale a quello ottenuto dallo zucchero negli ultimi cinquanta anni, così per l’ estendersi, come pel perfezionarsi della estrazione dello zucchero dalle barbabietole nei diversi paesi d’ Europa.

Senza rimontare al tempo in cui il prezzo dello zucchero era di 80 fr. il quintale, noi tro­ viamo che nel 1875 era ancora di 60 fr., ne! 1885 di 40 fr., e nel 1900 di 32 fr., per discendere a 22 fr. nel 1902, mentre, nell’ ora in cui entrava in vigore la Convenzione di Bruxelles, malgrado l’ aumento verificatosi, batteva sui 25 franchi.

Sono i tributi fiscali che rincariscono forte­ mente questi prezzi; tributi il cui livello è stato elevato a misura che i progressi industriali, lo sviluppo della produzione e la concorrenza inter­ nazionale ribassavano i prezzi stessi ; per cui i consumatori non hanno profittato di queste di­ verse cause di diminuzione dei prezzi ;. essi pa­ gano lo zucchero come trent’ anni addietro, ma la maggior parte del prezzo è rappresentata dai tri­ buti fiscali.

La riduzione dei dazi di confine alla tenue misura di 6 fr. al quintale, dove era di 25 o 30 fr., costituiva già una prima diminuzione di tributi ; ma, poiché l’ incidenza dei dazi di confine sui prezzi di rado è uguale alla misura di essi, la diminuzione non sarebbe stata efficace. Sono le imposte interne di consumo quelle che aggravano di più e in tutta la loro entità i prezzi di que- j sta derrata. I principali Stati produttori riconob

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Non è lieve la perdita ohe i primi due Stati facevano subire ai loro bilanci dalla riforma fiscale sullo zucchero. Infatti, se il consumo _si fosse tenuto sulla media degli ultimi cinque anni avreb­ bero perduto : la Francia fr. 74,383,068, pari al 43.6 per cento; la Germania fr. 4,250,000, pari al 3.6 per cento della entrata rispettiva, al netto dei premi di esportazione ; invece, l’ Austria-Un- gheria avrebbe ottenuto un vantaggio di 9 mi­ lioni di fiorini, pari al 16.3 per cento, che le proviene dall’ abolizione dei premi di esportazione. E ’ dal progresso del consumo che la Francia e la Germania si ripromettevano il rifacimento della perdita di entrata fatta subire al loro bilancio.

Pei consumatori di zucchero in questi paesi, il vantaggio della riduzione dell’ imposta di con­ sumo e dei dazi doganali è apprezzabile, perchè si ragguaglia: in Francia a f r ..4 1 ; nel Belgio a fr. 31 ; in Germania a fr. 26.t>0; in Austria a fr. 21,50; i consumatori di questi due ultimi Stati hanno potuto risentire tutto 1’ effetto della dimi­ nuzione dei dazi doganali, che per mezzo dei

Cartells si riflettevano per intiero sui prezzi del mercato interno, e che l’ applicazione della Con­ venzione di Bruxelles ha fatto cessare.

Questi sgravi hanno avuto una benefica ri- percussione sul consumo : sebbene il periodo di tempo fin qui decorso sia ancora forse troppo breve per giustificare un giudizio assoluto sulla misura che verrà assumendo il progresso, non essendo mancati nell’ inizio delle cause di pertur­ bazione, tuttavia il progresso esiste, è notevole e deriva direttamente dalla diminuzione del prezzo dello zucchero conseguito dalla riduzione dei tributi.

Infatti, in Francia il consumo dello zucchero raffinato si è elevato da tonnellate 371,119 nel 1902-903 a 699,030 nel 1903-904, cioè dell’88.35 per cento; nel Belgio, durante lo stesso periodo da tonnellate 40,000 a 83,000, cioè del 107.50 per cento; in Germania da tonnellate 742,251 a tonnellate 1,137,189. pari al 25.07 per cento; in Austria-Urigheria da tonnellate 381,874 a ton­ nellate 503,962 pari al 17.9 per cento. Nel pe­ riodo dal settembre 1904 al febbraio 1905, in cui il deficiente raccolto di barbabietole e la conse­ guente diminuzione della produzione dello zuc­ chero fecero elevare i prezzi di questa derrata, il consumo è diminuito: in Francia da tonnellate 415,187 a 310,882; in Germania da 602,074 a 492,738; nel Belgio da 48,279 a 38,995; in Au- stria-Ungheria da 255,141 a 216,455; in con­ fronto allo stesso periodo dell’ esercizio precedente. L ’ influenza che ha avuto sul consumo la diminuzione dei tributi è evidentissima. Infatti il progresso più sensibile si è verificato appunto nei paesi in cui l’ attenuazione dei tributi è stata maggiore, cioè in Francia, dove fu di 41 su 64 fr. e nel Belgio dove fu da 51 a 31 fr. Per quanto si attenui la entità di tale progresso in vista di cause speciali, essa rimane sempre ragguardevole e mette in luce tutta la efficacia della diminu­ zione dei tributi nei riguardi così del fisco come dei consumatori. Sta in fatto che l’ Erario fran­ cese ha ottenuto nel 1903-904 dal tributo sugli zuccheri parecchi milioni in più degli anni pre­ cedenti, e i consumatori, pur consumando una quantità tanto maggiore di questa derrata, hanno

speso 15 milioni in meno sulla media degli ul­ timi quattro anni. In Germania il Ministro delle Finanze, parlandone al Reichstag, valutava l’ in­ cremento del consumo dello zucchero nei paesi dell’ Impero, dopo lo sgravio dell’ imposta, al 34 per cento, ma nei primi otto mesi avea già su­ perato il 38 per cento.

E ’ da considerare, però, che la produzione europea non può fare più assegnamento sullo sbocco del mercato americano dopo il trattato di commercio tra Cuba e gli Stati di America, san­ zionato dal Presidente Roosevelt il 17 dicembre 1903, che accorda agli zuccheri cubani una ri­ duzione del 20 per cento sul dazio della tariffa, riduzione che non può essere consentita agli zuc­ cheri di altri paesi. In virtù di questo trattato, i produttori cubani troveranno un vantaggio ad esportare tutto il loro zucchero agli Stati Uniti di America, ed anche ad aumentare la loro pro­ duzione in modo da escludere dagli Stati Uniti tutti gli zuccheri stranieri.

Ecco, inoltre, in cifre rotonde, le quantità di zucchero di cui gli Stati Unti possono ora disporre.

A ) Zucchero esente da dazi :

Tonnellate Zucchero di canna e di barbab. indigeno 521,094 » delle Isole Sandwich (Ilawai) 330,745

» di Porto-Rico 11(5,942

B ) Zucchero a dazi ridotti:

» delle Filippine (riduz. 20 0/q) 22,100 » di Cuba (riduz. 20 0/o) 980,000 Totale tonn. 1,970,881 Gli Stati Uniti di America avendo consu­ mato nel 1904 tonnellate 2,767,162 di zucchero, la importazione dall’ estero è stata di tonnellate 769,281, di cui appena tonnellate 170,000 di zuc­ chero di barbabietola dall’ Europa.

Siccome la produzione europea, fatta ecce­ zione per la campagna ultima, che si è svolta in condizioni eccezionalmente sfavorevoli, tende ad aumentare di circa 600,000 a 700,000 tonnellate, si è costretti a riconoscere che il solo incremento del consumo europeo non sarebbe sufficiente a. ricondurre l’ equilibrio tra esso e la produzione continentale; donde la necessità di una restrizione di quest’ ultima, consigliata ai produttori dei di­ versi Stati europei e che già ha avuto attuazione nelle due ultime campagne, durante le quali il numero delle fabbriche in attività, nei diversi Stati d’ Europa, è disceso da 1408 a 1357, e il numero degli ettari di terreni seminati a bar­ babietole è disceso da 1,635,337 ad 1,528,644.

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prò-dotti zuccherati, destinati alla esportazione, ve­ nisse permessa in tutte le fabbriche, sotto sor­ veglianza fiscale, ecc.

Due dei voti ora enunciati sono stati già esauditi dallo Stato in Francia: la Camera dei Deputati, nella seduta del 3 giugno p. p. ha ap­ provata la legge per l’ abolizione di ogni imposta sugli zuccheri denaturati impiegati^ nella fabbri­ cazione della birra e sugli zuccheri cristallizzati aventi meno di venticinque gradi saccarimetrici alla polarizzazione e sugli sciroppi provenienti dalla turbina, che dopo essere stati denaturati nella stessa fabbrica, vengono utilizzati .per la alimentazione del bestiame. Ma gli agricoltori ed i fabbricanti non sono ancora soddisfatti e domandano che la tassa di consumo sia ridotta a 20 franchi.

In Germania, visto che lo sgravio tributario ha dato un positivo impulso al consumo, si pensa già di ridurre più sensibilmente l’ imposta, ab­ bassandola a 10 marchi a partire dal 1° settem­ bre 1905, e la Lega degli Agricoltori vorrebbe che la riduzione si spingesse sino a 7 marchi.

In Austria—Ungheria, dove l’ imposta è stata mantenuta al precedente livello di 38 corone, i produttori insistono per la riduzione a 26 corone e per conseguire questo scopo è stato suggerito di consolidare sino a tutto 1’ esercizio 1908-909 l’ entrata del 1902-903 in 143,185,520 corone, _e di destinare ogni maggiore entrata allo sgravio dell’ imposta stessa sui prodotti contenenti zuc­ chero, cioè riducendo a 6 corone la tassa sullo zucchero impiegato nella fabbricazione delle con­ fetture, delle marmellate, dei biscotti, dei vini, dei liquori, della birra bruna, sullo zucchero im ­ piegato nei mosti, nel sidro, ecc., sullo zucchero denaturato sotto il controllo dello Stato con ad­ dizione di 5 a 10 per cento di farina e, infine, sullo zucchero invertito, detto raffinato liquido. Il Ministro delle Finanze austriaco nominava una Commissione per lo studio di siffatta questione, ed essa ha già conchiuso che per svolgere la col­ tivazione delle frutta e l’ industria delle confet­ ture e delle marmellate, sia indispensabile di esonerare completamente dall’ imposta lo zucchero destinato a tale industria. Infine, nel Belgio i produttori insistono affinchè la tassa sia ridotta da 20 a 15 franchi.

Ma molti credono che queste provvidenze non basteranno a risollevare le sorti dell’ indu­ stria saccarifera europea se non concorressero al­ tresì una riduzione nel costo di produzione ed una ripresa nei prezzi.

Gli effetti dell’ applicazione della Conven­ zione di Bruxelles non ebbero durante alcuni mesi un’ azione sensibile sui prezzi, malgrado l’ incremento del consumo; il che si spiega col fatto degli abbondanti stoks che aveano potuto godere ancora i vantaggi dei premi di esporta­ zione e dei Cartells.

* * *

Ecco i prezzi al 31 luglio, al 31 ottobre 1903, e nel Giugno 1904:

81 Luglio 81 Ottobre Giugno 1904 Londra, Cubi Tate, per

cwt. scellini. . • 18.00 lo.oO lU.ou Granulati austriaci per 1 1 9 1 / 4

cwt. scellini . . . 9.101/2 10.30 11.2 1/4

31 Luglio 31 Ottobre Giugno 1901 Magdeburgo, B,affinati

in pani per chilo­

grammi 50 marchi 29.70 20.07 Vienna raffinati in pa­

ni, per 100 K g. co-

r o n e ... 85.00 66.30 Parigi raffinati in pani

per 100 Kg. fr. . . 93.25 58.75 Bruxelles raffinati in

pani per 100 chilo­

grammi fr. . . . 75 1/8 46.00

20.00

66.50 60.75 48.00 G iova appena avvertire che i prezzi del lu­ glio per tutti i detti paesi, meno Londra, com­ prendono i tributi nella misura precedente. Se si tien conto della riduzione di questi, i prezzi del luglio corrispondono: per Magdebnrgo, a mar­ chi 19, per Vienna a marchi 67.65, per Parigi a fr. 52.25, per Bruxelles a fr. 45 1/8. V i sarebbe stato, dunque, un aumento molto moderato, meno che per Parigi, dove apparisce abbastanza sen­ sibile, ed è in Francia appunto che la riduzione di tributi è stata maggiore.

Col mese di agosto 1904, il progresso dei prezzi cominciò ad avere un movimento più sen­ sibile e più sollecito: gli è che le notizie sul raccolto delle barbabietole divenivano di giorno in giorno meno favorevoli, sino a che divennero gravi e misero in chiaro una situazione di cui oggi si possono valutare i resultati.

Infatti, secondo gli accertamenti pubblicati il 29 ottobre p. p. dall’ Association Internationale de statistique sucrière, le 1357 fabbriche in eser­ cizio in Europa, durante la campagna saccarifera ultima, hanno lavorato tonnellate 32,071,300 di barbabietole contro 40,187,100 della campagna precedente, ed hanno ottenuto una produzione di zucchero di tonnellate 4,631,700 contro 5,778,890 della campagna precedente. N ell’ insieme, la pro­ duzione europea sarebbe diminuita del 19,80 per cento, e particolarmente : —■ in Germania e in Au- stria-Ungheria del 21 0 /q, in Francia del 27.7, in Russia del 18.5, in Italia del 40.7 0/(j. Tenendo conto della produzione degli Stati Uniti, valutata in 191,000 tonnellate, e di quella dello zucchero di canne coloniali in 4,591,000 tonnellate, si ha il totale della produzione mondiale in tonnel­ late 9,413,000, contro 10,372,752 dell’ anno pre­ cedente.

Come vedono i lettori, alla nostra produzione è toccata la peggiore sorte ; una diminuzione di produzione di oltre il 40 0 /q, per giunta otte­ nuta da una quantità di barbabietole proporzio­ natamente maggiore a causa dello scarso rendi­ mento in zucchero accertato in esse, dimostra quale sia stata la situazione della produzione na­ zionale, e conferma altresì quel carattere parti­ colare di questa industria, la quale è soggetta all’ alea delle vicende agrarie, a cui si sottrag­ gono altre industrie.

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prezzi odierni sono lontani da quelli normali di fr. 62 a 63 del 1876 quando il mancato raccolto provocò un movimento rapido identico all’ attuale che li spinse a 95 fr.. e sono lontani anche dal movimento avvenuto nel 1889 quando il prezzo normale di 40 fr., ascendeva in meno di un mese a 67 fr.

Il prezzo massimo di 42 fr. che si è otte­ nuto in questi ultimi tempi non è dunque, l’ ef­ fetto della Convenzione di Bruxelles, ma è la conseguenza fatale della produzione deficiente di questo anno. Si discuteva molto fra le più elette competenze del mercato internazionale sugli ef­ fetti ulteriori di questo avvenimento. I calcoli del competentissimo Otto Licht valutavano lo Stock generale disponibile pel consumo a tonnel­ late 10,823,605 contro 10,895,238 dell’ anno in­ nanzi : dalle quali cifre era agevole dedurre conte non fosse molto probabile un rialzo ulteriore del limite toccato dai prezzi, ed il fatto ha confer-' mato siffatte previsioni: ora si ritiene come si­ curo che si giungerà alla nuova produzione con uno stock non minore di un milione di tonnel­ late. La depressione del consumo dello zucchero, specialmente nei paesi nei quali questa derrata ha ottenuto una notevole riduzione di gabella, non è stata molto sensibile; F aumento dei prezzi ha rallentato il progresso che si è manifestato nel consumo dei paesi stessi. Il rialzo dei prezzi ha prodotto il consueto effetto di richiamare sul mercato quello che i tecnici definiscono stock in­ visibile, cioè i depositi che sfuggono all’ accerta­ mento statistico, esistente specialmente nei paesi che d’ ordinario non esportano zucchero, e di sti­ molare la esportazione in Europa degli zuccheri coloniali che hanno così potuto cominciare a trarre dalla Convenzione di Bruxelles i vantaggi che se ne riprometteva F Inghilterra. Anzi, a voler es­ sere esatti, bisogna notare che di questa oramai sicura concorrrenza dello zucchero coloniale si preoccupano già i produttori europei. NelF A s­ semblea ultima del Sindacato dei fabbricanti di zucchero di Francia, il Presidente dice: la canne se présente désormais devant nous comune ime concurrente redoutable. Ajourd’ hui que les primes betteravières de toute sorte ont disparu, la valeur du sucre a augmenté, les producteurs de sucre de canne vont réaliser aux 100 Kilog. une plus value de 7 à 8 francs.

Da ciò, è lecito conchiudere, che sarebbe molto fallace una riforma fiscale tra noi, che traesse argomento dal progresso rapido, ma tran­ sitorio, dei prezzi. Io son tra quelli i quali cre­ dono all’ efficacia della Convenzione di Bruxelles sul progresso -dei prezzi, ma il progresso normale non potrà essere che graduale piuttosto lento, e troverà sempre un ostacolo ad oltrepassare il li­ mite che gli verrà frapposto dalla concorrenza dello zucchero coloniale.

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Appena F estrazione dello zucchero dalla bar­ babietola si affermò in Europa come industria, ne fu vagheggiata la introduzione in Italia. Si ricorda un primo tentativo a Sarno, in provincia di Salerno, fin dal 1842, abortito per ragioni non bene accertate ; gli altri tentativi, ripetuti più volte ed in luoghi diversi, non diedero ri­

sultati soddisfacenti, tanto che un senso di sfi­ ducia, un certo scetticismo, accompagnava gli studi iniziati dallo Stato italiano dopo il compo­ nimento dell’ unità politica, contribuendo ai nuovi insuccessi che ebbe l’ impianto di questa produ­ zione nella provincia di Roma poco dopo il 1870. Le difficoltà non rendevano meno vivo il desi­ derio, in quanti s’ interessavano alla prosperità del paese, di introdurre in Italia una industria così vantaggiosa anche all’ agricoltura, come è la saccarifera ; e lo Stato a tale scopo dovette sta­ bilire una legislazione fiscale, non dissimile da quella per mezzo della quale negli altri paesi era sorta ed aveva prosperato l’ industria stessa: con tale intendimento il Parlamento approvava la legge del 1883, la quale, giova ripeterlo a sa­ zietà, non istituiva a favore dell’ industria ita­ liana una protezione maggiore di quella di cui godeva da molti anni l’ industria straniera.

Però gli effetti di quella legge non furono solleciti, imperocché non bastino le leggi a pro­ muovere ed a far prosperare le industrie dove facciano difetto l’ ardimentoso spirito di inizia­ tiva, la competenza tecnica, F operosa perseve­ ranza di propositi e il capitale. L ’ industria sac­ carifera non è delle più facili; i progressi, così nella coltivazione delle barbabietole, come nei pro­ cessi tecnici di estrazione dello zucchero, essendo continui ed incessanti, richiedono studi, cure e dispendi maggiori che in altre produzioni indu­ striali. Tuttavia, non mancarono coloro che con fermezza di propositi, vincendo lo scetticismo e la ripugnanza generati dai passati insuccessi, seppero svolgere la produzione in quegli stessi stabilimenti nei quali erano fallite le prime prove; poterono ammaestrare gli agricoltori ed invo­ gliarli a dilfondere la coltivazione delle barba- bietole, introdurre a mano a mano i congegni ed i metodi più perfetti, e mettere l’ industria sac­ carifera in grado di affermarsi. Nel frattempo le condizioni finanziarie del paese divenivano migliori, e il cresciuto capitale nazionale comin­ ciava ad aver fiducia negli impieghi industriali. Così, F Italia, sebbene ultima arrivata nel campo della produzione, ha ottenuto, in breve volger di tempo, una produzione maggiore di quanto oc­ corre al consumo del paese.

Chi guardi, infatti, lo svolgimento di questa produzione tra noi, rileva che, dopo un periodo piuttosto lungo, di incubazione e di elaborazione dal 1884 al 1898, durante il quale le fabbriche sono tre o quattro e la produzione annuale non supera 25,000 quintali, si manifesta un movi­ mento rapidissimo ed intenso; le fabbriche da un anno all’ altro crescono; sono già 13 nel 1899; 28 nel 1900; 33 nel 1901; e la produzione da 39,000 quintali nel 1898, ascende a 232,000 nel 1900; a 651,000 nel 1901, ad 896,000 nel 1902, ad 1,075,000 nel 1903, ad 1,271,669 nella cam­ pagna ultima, E poiché il consumo annuo dello zucchero in Italia si calcola ad un milione di quintali, la produzione nazionale ha superato que­ sto limite, e comincia a dibattersi già nelle dif­ ficoltà della superproduzione.

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stabilito per l’ applicazione della tassa di fabbri­ cazione, poscia è stato abolito del tutto il sistema induttivo, e la tassa è prelevata sull’ effettiva quantità di prodotto. Questi rapidi mutamenti hanno perturbato gli interessi delle fabbriche in generale ed in particolar modo di quelle impian­ tate in condizioni meno vantaggiose rispetto alla materia prima, e tecnicamente più dispendiose. Tuttavia, l’ industria ha dal vigente regime una protezione, che avrebbe potuto essere sufficiente, se altre circostanze non fossero intervenute a perturbarla.

La forma del regime fiscale richiederebbe necessariamente che questa industria fosse orga­ nizzata in guisa da poter usufruire di tutta la protezione che essa le offre.

Infatti, secondo il detto regime la protezione fiscale si ragguaglia a lire 20.80 per lo zucchero greggio, e a lire 28.85 per il raffinato; siccome in Italia l’ industria della raffinazione è sorta molto prima della fabbricazione dello zucchero, così questa venne a mano a mano costituendosi per produrre dello zucchero greggio, e venderlo quindi agli stabilimenti che si occupavano di raf­ finarlo e di metterlo in commercio. L e raffinerie si trovarono, così, in una situazione di fatto pri­ vilegiata di fronte alle fabbriche ; esse potevano imporre il prezzo che loro meglio tornasse pro­ fittevole, altrimenti avrebbero preferito lo zuc­ chero greggio estero, la cui importazione era fa­ vorita dal sistema adoperato , dalla dogana nel classificare gli zuccheri esteri (tipo 20 d’ Olanda) che permetteva di introdurre come greggi zuc­ cheri di un rendimento sino a 98. Per tal modo tutti i fattori d’ inferiorità della produzione na­ zionale di fronte a quella straniera, tra’ quali i premi di esportazione, che influivano sui prezzi di quest’ ultima, ricadevano intieramente sulla protezione di L . 20.80 dello zucchero greggio, ed aggravandosi finivano quasi per annullarla.

L ’ ultima riforma fiscale ha eliminato il pro­ fitto che derivava alle raffinerie dal sistema di classificazione degli zuccheri esteri ; perciò que­ ste, non trovando più un particolare tornaconto ad importare zucchero straniero, debbono neces­ sariamente acquistarlo dalle fabbriche nazionali. Ma, da ciò, non conseguiva quella omogeneità d ’ interessi che avrebbe potuto condurre fabbri­ canti e raffinatori ad equi accordi ; questi ultimi avendo sempre a loro vantaggio, oltre la neces­ sità dell’ intervento della loro .industria, la orga­ nizzazione commerciale, indispensabili l ’ una e 1’ altra per la vendita del prodotto. Per sottrarsi all’ azione delle raffinerie, alcune fabbriche ave­ vano cercato di produrre lo zucchero cristallino e venderlo direttamente sul mercato, soddisfa­ cendo al gusto di una parte dei consumatori : al­ tre fabbriche, invece, si erano determinate a completare il loro impianto onde produrre zuc- , chero raffinato ed offrirlo al commercio.

E ’ facile intendere come ciò dovesse con­ durre ad uno stato di concorrenza sul mercato interno, le cui conseguenze non potevano essere che disastrose per tutti. Di fatti, si è veduto nei primi mesi del 1904 che, mentre lo zucchero raffinato importato dall’ estero sarebbe costato 128 lire, quello indigeno era venduto da 115 a 116 lire al quintale, e alcune fabbriche si

trova-rono nella necessità di vendere il loro zucchero greggio, base 88, a 94 lire il quintale, cioè ad un prezzo che, dedotta la tassa, risultava di molto inferiore al costo di produzione.

In tale momento le condizioni dell’ industria italiana dello zucchero erano divenute gravi, prin­ cipalmente a causa della mancanza di organiz­ zazione dell’ industria stessa, che generava una concorrenza interna addirittura disastrosa. Quando pure i prezzi esteri avessero cominciato a pro­ gredire, perdurando le cause della forte concor­ renza interna, che deprimevano i prezzi ad un punto inferiore al costo di produzione, la prote­ zione fiscale avrebbe perduto ogni efficacia, e l’ industria si sarebbe trovata in una situazione più grave che se la protezione non esistesse.

L a conchiusione a cui conduceva questa si­ tuazione è che, ai prezzi del mercato italiano, l’ industria dello zucchero non solo non lasciava profitto, ma produceva una perdita. Ora, situa­ zioni di tal fatta non possono protrarsi a lungo; la crisi né è la conseguenza fatale ; crisi dannosa per tutti immediatamente, che avrebbe finito per spegnere gli organismi deboli o meno forti ; e al­ lora, come accade in tutte le crisi economiche di produzione, gli organismi forti, sopravvissuti, avrebbero avuto probabilità di ricondurre l’ in­ dustria alle sue condizioni normali.

N ell’ interesse vitale dell’ industria occorreva, perciò, che essa si concentrasse per organnizzarsi sopra basi più solide. Non bastava che l’ orga­ nizzazione si limitasse a ridurre la produzione ed a rimettere il mercato in condizioni normali ; era mestieri che, per via di una illuminata e sagace concentrazione, essa cercasse d i . ridurre il costo di produzione e di avvicinarlo a quello dell’ in­ dustria straniera, così per trarre profitto dall’au­ mento di prezzo, che sarebbe conseguito natural­ mente dall’ applicazione della Convenzione di Bru­ xelles, come per prepararsi ad una diminuzione della protezione fiscale, che eventualmente potesse avverarsi più tardi, quando, lo S tatosi decidesse a ridurre i tributi che ora aggravano i prezzi dello zucchero in Italia.

L a necessità di ridurre il costo di produ­ zione è evidente per chi conosca le condizioni odierne dell’ industria nostra e la tendenza del­ l’ industria estera a battere questa stessa via. E ’ noto infatti, che nei grandi paesi di produ­ zione- de.lo zucchero si discute già intorno al modo di ridurre il prezzo della materia prima, mentre tra noi le fabbriche mantengono i prezzi di questa ad un livello relativamente elevato, certo superiore a quelli dell’ estero. Il difètto di organizzazione, che caratterizzava l’ industria ita­ liana, lasciando alle iniziative singole lo studio e l’ attuazione di tutto ciò che potrebbe ridurre il costo di produzione, non porgeva sicurezza di risultati favorevoli.

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L ’ Unione intende, non soltanto a regolare economicamente la produzione affinchè eviti lo sperpero della superproduzione (poiché data l’im­ possibilità di esportare, la superproduzione_costi­ tuisce un vero e proprio sperpero, ingiustificato sotto tutti i rapporti), ma eziandio a far progre­ dire tecnicamente ed economicamente la produ­ zione, per ridurne il costo. Del resto, lo statuto dell’ Unione zuccheri spiega nettamente queste finalità, le quali sono legittime ed utili cosi ai privati produttori come agli interessi generali del paese, visto e considerato che, quandi! l’ in­ dustria saccarifera non esistesse tra noi, i con­ sumatori non pagherebbero di certo lo zucchero estero ad un prezzo minore.

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Sebbene la situazione dell’ industria saccari­ fera sia tutt’ altro che lieta, vi è chi non cessa d’ invocare che lo Stato la privi della protezione fiscale ; e le stesse difficoltà nelle quali essa si è dibattuta forniscono argomento a questa tesi, poiché si vuol dedurne che l’ industria non trovi nel paese le condizioni adatte per vivere e pro­ sperare neppure sotto l’ usbergo di una lauta protezione. Ora, contro questo argomento sta il fatto, che l’ industria saccarifera ha potuto fa­ cilmente stabilirsi in paese perchè vi ha trovato il primo e vitale suo elemento, la materia prima, cioè le barbabietole. Nessuno ora oserebbe asse­ rire sul serio che questo tubero non abbia in Italia le condizioni telluriche e meteoriche adatte alla sua coltivazione. Certo, questa non ha rag­ giunto quel grado di perfezionamento toccato in Francia, in Austria, in Germania, nel Belgio ; ma quando si pensa al tempo brevissimo da che tale coltivazione è introdotta tra noi, di fronte ai settanta e più anni da che esiste all’ estero, si può affermare che il progresso conseguito è molto importante, e si può con sicurezza confi­ dare nell’ avvenire.

Questa è una di quelle inferiorità, destinate a sparire a grado a grado, e che spiegano e giu­ stificano il regime di protezione, senza del quale, nello stato presente, nessuna industria in alcun paese potrebbe sorgere e stabilirsi. Della stessa natura temporanea sono le altre inferiorità, che potremo dir tecniche; di persone e di cose, del- l’ industria nostra al confronto della straniera : il personale tecnico direttivo e la maestranza su­ periore si va formando ; e se oggi siamo tribu­ tari dell/'estero per molti congegni ed apparecchi, nulla impedisce che col tempo siffatta dipendenza sparisca.. Ma queste, al pari dell’ inferiorità che deriva dal combustibile, sono state e sono eguali per tutte le grandi industrie italiane, ed a nes­ suno potrebbe venire in mente di asserire l’ inu­ tilità di esse e di proporre che le si lascino mo­ rire pel vantaggio dei consumatori.

I quali, per quanto riguarda lo zucchero più che per qualunque altro prodotto, come si è ac­ cennato, non avrebbero tratto finora, nè trarreb­ bero in avvenire, alcun vantaggio dall’ acqui­ stare lo zucchero dall’ estero. Oggi, lo zucchero raffinato è venduto in Italia 134 lire ; se lo si importasse dall’ estero costerebbe 142 lire ; ed anche quando la produzione nazionale potesse

essere organizzata in guisa da rendere completa l’ incidenza del dazio sul prezzo, il che accade ra­ rissimamente, i consumatori non sopporterebbero un aggravio maggiore. Nè è fondata l ’ afferma­ zione, che la protezione accordata all’ industria, faccia perdere all’ erario parecchi milioni, per la differenza tra la tassa di fabbricazione pagata dalla produzione nazionale e l’ ammontare del dazio che l ’ erario riscuoterebbe se lo zucchero fosse importato dall’ estero ; cosicché, mentre i consumatori pagano questi milioni in più, tali somme, anziché nelle casse dell’ erario, entrano nelle tasche dei produttori.

In questi calcoli c’ è qualche cosa più del- l’ iperbole ; c ’ è 1’ errore. Cominciamo dal notare che, siccome lo zucchero indigeno, si è venduto tra noi a 134 lire, quando a farlo venire dal- 1’ estero ne sarebbe costato 142 almeno, i consu­ matori non furono gravati di tutte le lire 28.85 di protezione, essi pagarono 8 lire in meno del- l’ imposta che avrebbero pagato per acquistare dello zucchero estero se l’ indigeno non fosse esi­ stito, e le proporzioni sono di poco variate dai prezzi odierni. Il margine di protezione risulta quindi di lire 20.85, che va ridotto ancora di lire 8 per la spesa occorrente per trasformare lo zucchero greggio in raffinato. .Rimarrebbe per­ tanto, oggi, una protezione di circa lire 12.85 le quali non entrano affatto nelle tasche dei fabbri­ canti, perchè, come tutti sanno, non costituiscono un profitto, ma sono assorbite in gran parte dalle differenze esistenti fra l’ industria estera e la nazionale, differenze che derivano altresì dal fatto che i prezzi attuali del mercato internazionale appena ora hanno cessato di essere inferiori al costo di produzione.

Ma lo Stato perde davvero 25 milioni, come si è asserito? E ’ presto detto: se il consumo di un milione di quintali fosse fornito dall’ estero 1’ erario riscuoterebbe!99 lire al quintale; essendo fornito dall’ industria indigena lo Stato riscuote lire 70.15. A parte la circostanza di fatto, che la cifra di un milione di quintali indica il greg­ gio, il cui dazio è di lire 88, è lecita la domanda, se la quantità di zucchero sdaziata sarebbe pure di un milione quando il prodotto fosse importato dall’ estero ? Il quesito, che potrebbe, a prima vista, parere un paradosso, trova la sua piena giustificazione nei fatti e nelle cifre. Fino a quando la produzione indigena si tenne in limiti ristretti di 20 a 25 mila quintali di zucchero, il consumo, anziché progredire, diminuiva ; era di 862,238 quintali nèl 1890-1891, ed era ridotto a 761,633 quintali nel 1895-1896. A misura che cresceva la produzione indigena, progrediva il consumo, come apparisce dalle cifre seguenti :

Anni Produz. indigena Import, estera Totale

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Calcoliamo pure che nelle cifre ultime vi sia rappresentato uno stock di 300,000 quintali, l ’in­ cremento, come ognuno vede, non cessa di essere troppo rapido e troppo collegato all’ aumento della produzione per conseguire 1’ esclusività del consumo. Non diciamo che un certo progresso nel consumo, per effetto delle migliorate condizioni economiche, non vi sia stato ; ma è fuori dubbio che in nessun tempo in passato, neppure quando i tributi fiscali sullo zucchero erano relativamente tenui, si verificò nel consumo di questa derrata un progresso così rapido e sensibile. Questo e dovuto a diversi fattori, che traggono tutti la loro origine dallo sviluppo della produzione na­ zionale, cioè : il ribasso dei prezzi, che abbiamo visto quanto sia stato sensibile ; la maggiore en­ tità' degli stocks formatisi in paese perchè la pro­ duzione indigena non è regolata, come avviene per l’ importazione dell’ estero, dalle esigenze del consumo ; la quasi cessazione del contrabbando al confine.

L o sviluppo della produzione indigena fino al livello del consumo ed anche oltre, colpisce il contrabbando ; è ovvio che, data la facilita della vigilanza sulle fabbriche, neppure la più piccola parte della produzione indigena sfugga all’ im­ posta, mentre, trattandosi di una merce colpita da forti dazi, il contrabbando al confine è fre­ quente e tutt’ altro che di lieve momento. La produzione indigena, così abbondante impedisce il contrabbando per due vie, cioè : col ribasso del prezzo e col controllo che permette alla finanza di esercitare sul commercio. Si può quindi affer­ mare, che, se la produzione indigena non esistesse, l ’ importazione dello zucchero estero batterebbe intorno ancora ai 750,000 quintali ; e in conse­ guenza 1’ Erario non incasserebbe di più dei 65 milioni che otteneva in passato da questo capi­ tolo doganale.

L e cifre seguenti forniscono elementi più si­ curi di giudizio : Anni 1892- 93 1893- 94 1894- 95 1895- 96 1895-97 1897- 98 1898- 99 1899- 900 1900- 901 1901- 902 1902- 903 1903- 904 Tassa di fabbric. 596.000 688.000 1.253.000 1.769.000 1.546.000 2.605.000 4.013.000 15,534,010 40.404.000 49.951.000 64.115.000 88,973,246 Dazi d’ entrata 65.954.000 63.112.000 (53,021,000 64.728.000 65.333.000 65.345.000 66.374.000 51.520.000 35.237.000 22.246.000 9,291,000 3,200,164 Totale 66.550.000 63.800.000 64.274.000 66.497.000 66.878.000 68.051.000 70.387.000 67.054.000 75.641.000 72.198.000 73.408.000 92,173,410 A conti fatti 1’ Erario, anziché perdere, ha visto progredire di parecchi milioni, l’ammontare complessivo dell’ entrata che ritraeva dallo zuc­ chero prima che si sviluppasse 1’ ’.ndustria nazio­ nale. Ma, anche ammettendo che abbia riscosso in qualche anno alcuni milioni in meno, la diffe­ renza sarebbe sempre stata largamente compen­ sata dagli altri tributi che l’ industria nazionale fornisce all’ Erario. Si consideri cosa hanno pa­ gato al Fisco le 33 fabbriche : per dazi sulle macchine importate dall’ estero e ohe continuano ad importare ogni anno per le innovazioni fre­ quenti in questa industria ; per tasse di registro sui contratti di acquisto dei terreni e di costru­ zione delle officine ; per tasse sulla costituzione delle società esercenti l’ industria ; per l’imposta

annuale di ricchezza mobile e per la tassa sulla circolazione dei loro titoli ; per l’ imposta sui fabbricati ; per tasse sui contratti di acquisto di barbabietole ; per tasse e noli di trasporti ferro­ viari e via dicendo ; e poi si dica se, a calcolo completo, 1’ esistenza della produzione non ^ sia stato un buon affare per lo Stato fin dall’inizio.

Il negare poi, come taluni fanno, l’ utilità che la coltura della barbabietola reca all’ agri­ coltura, direttamente ed indirettamente, _ ed alle classi operaie rurali, è così fuori di ragione che non meriterebbe neppure l’ onore della discus­ sione. Sono, per ora, più di 40,000 ettari di ter­ reni, che con la rotazione si elevano a 120,000, i quali hanno potuto sostituire a colture più po­ vere, quella doviziosa della barbabietola : sono intiere plaghe che hanno potuto far progredire la coltura del grano, che hanno potuto giovarsi de­ gli avanzi delle barbabietole come concime, o come mangime per 1’ allevamento del bestiame, sono infine decine di migliaia di operai della campagna che trovano due o tre mesi dell’ anno un lavoro fàcile e buoni salari. Questi sono van­ taggi reali, evidenti, che nessun artifìcio pole­ mico riesce a nascondere od a negare, e^ 1’ agri­ coltura li ha compresi tanto che la coltivazione della barbabietola si va estendendo più rapida­ mente di quanto era nelle più favorevoli previ­ sioni ; i proprietari e i contadini ne apprezzano il pregio e vorrebbero adottarla nelle loro terre, così che vi è da temere che la produzione ecceda i bisogni delle fabbriche di zucchero, se non si troverà modo di allargare il consumo di questa derrata.

Fortunatamente non è detto che il consumo non possa svolgersi più largamente. L ’ Italia oc­ cupa quasi l’ ultimo posto fra i paesi consumatori di zucchero ; la media di consumo annuo per abi­ tante supera di poco i tre chilogrammi. Anche senza toccare l’ alto segno del consumo inglese ed americano, non è dubbio che almeno quello di 6 chilogrammi potrebbe essere sollecitamente raggiunto, e allora sarebbero due milioni di quin­ tali che la nostra produzione dovrebbe fornire al consumo.

In questo campo dello sviluppo del consumo dello zucchero vi è tutto da fare. L o Stato può far molto, riducendo la misura dei tributi, che costituiscono la difficoltà più grave all’ incremento del consumo dello zucchero in Italia, e riducendo i tributi sulle altre derrate che sono i veicoli dello zucchero, come il caffè, il cacao, il thè ; usando largamente questa derrata nell’ alimenta­ zione dell’ esercito; abolendo i dazi consumo nei Comuni; consentendo la franchigia per lo zuc­ chero adoperato nelle industrie e dato come nu­ trimento al bestiame, come si vien praticando negli altri paesi produttori.

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Con-venzione di Bruxelles, purtroppo, lo si è visto ! I prezzi discesero a 11.5 lire, e se si sono poi elevati a 136 lire, questo fenomeno non ha nulla da ve­ dere con la Convenzione anzidetta. Questa ha per effetto di ricondurre il mercato internazionale degli zuccheri alle condizioni naturali e perciò normali, eliminando i fattori artificiali della sua perturbazione ; lo scopo, quindi, non è quello antieconomico, di elevare i prezzi per mezzo di una coalizione ; è uno scopo perfettamente econo­ mico, giusto, legittimo. Non bisogna riguardare i prezzi dello zucchero sui mercati internazionali quali sono oggi per effetto di una produzione de­ ficiente di oltre un milione e 200,000 tonnellate, ma ai prezzi quali erano ridotti nel 1902, cioè ad un punto che non coprivano in alcun paese neppure il costo della sola materia prima, ed a questo punto eran giunti per forza di mezzi ar­ tificiosi, quali i premi di produzione e di espor­ tazione. i Cartells e simili ; era un vero e proprio stato di guerra economica fra i paesi produttori di zucchero in Europa. E ’ egli presumibile che un simile stato di guerra potesse perpetuarsi, e che il bassissimo prezzo dello zucchero che ne conseguiva, potesse costituire una specie di diritto acquisito ed immutabile pei consumatori di zuc­ chero dei paesi non combattenti ?

Ciò è semplicemente assurdo. Le guerre eco­ nomiche sono meno durature di quelle politiche che si svolgono con gli eserciti e coi cannoni. La guerra fra i paesi produttori di zucchero, se la Convenzione di Bruxelles non fosse intervenuta, si sarebbe chiusa con una crisi rovinosa. L ’ In­ ghilterra, come già avevano fatto gli Stati Uniti d’America, avrebbe stabilito delle sopratasse eguali all’ ammontare dei premi e dei Cartells sullo zuc­ chero proveniente da paesi che li consentivano ; la crisi avrebbe prodotta la rovina dei produttori, e su questa rovina sarebbe sorta l’ èra nuova, cioè le leggi naturali economiche avrebbero ri­ preso il loro imperio e regolato la produzione. Come risultato finale i prezzi sarebbero tornati al punto normale del costo di produzione ; anzi lo avrebbero superato, perchè la concorrenza, na­ turale e legittima, se non spenta del tutto, sa­ rebbe rimasta fortemente attenuata e i consu­ matori avrebbero scontato duramente il vantaggio ottenuto durante la guerra. La Convenzione di Bruxelles ha voluto far cessare la guerra, evi­ tando la crisi disastrosa e riconducendo, per via di equi accordi, la situazione di questa industria al suo stato normale.

Da ciò dovea seguire un aumento nei prezzi dello zucchero ? Certamente ; ma, come si è visto, l ’ aumento sarebbe stato graduale, lento, mode­ rato ; se • è stato, invece, rapido e sensibile in questi ultimi mesi, l’evento non si deve alla Con­ venzione di Bruxelles, ma alla grande deficienza della produzione, deficienza che, come si è accen­ nato, si ragguaglia per l’ Europa alla enorme cifra di 11 milioni di quintali di zucchero.

Non si comprende perchè l’ Italia avrebbe dovuto astenersi dal partecipare alla Conferenza di Bruxelles e alla Convenzione in essa conchiusa. Avrebbe potuto rimanere estranea a discussioni e ad accordi fra molti Stati, che intendevano di regolare con provvedimenti internazionali la pro­ duzione e il regime fiscale dello zucchero, lo Stato

italiano che possedeva una doviziosa produzione di tale derrata e che traeva da essa 70 milioni di tributi ? Il suo dovere era quello d’ interve­ nire, di far conoscere le condizioni della sua pro­ duzione, e cercare di tutelarla, riserbando a sé la piena libertà di regolare all’ interno il regime fiscale dello zucchero.

Sarebbe strano che si facesse torto al Go­ verno di aver ottenuto questa libertà di azione, della quale esso non ha indugiato a far uso, abo­ lendo il sistema induttivo come base della tassa­ zione interna e sopprimendo così a vantaggio dell’ Erario il premio indiretto che questo con­ sentiva ai produttori.

Coloro i quali si dolgono di questa libertà lasciata all’ Italia, mostrano d’ ignorare che essa le fu consentita dalla Conferenza internazio­ nale di Bruxelles, cioè da un’ assemblea di emi­ nenti economisti competentissimi, di tutti i paesi produttori di zucchero, dopo un esame coscien­ zioso delle condizioni reali della nostra giovane produzione, e che, come all’ Italia, fu consentita ad altri Stati che si trovavano in identiche con­ dizioni.

L ’Italia non aveva ragione di essere soddi­ sfatta della guerra ; la quale, protraendosi e ge­ nerando la crisi, avrebbe potuto, malgrado la protezione interna, spegnere la produzione nazio­ nale. Vero è che lo sperpero di 80 o 100 milioni è stato giudicato salutare, in questo caso, da qualche liberista italiano ; ma nè lo Stato, nè il paese avrebbero potuto reputarsi soddisfatti di questa soluzione da Erostrati. Neppure i consu­ matori, poiché, spenta la produzione indigena, avrebbero dovuto pagare lo zucchero importato dall’ estero molto più caro di quello nazionale. Ed è un grossolano errore il credere, che l’ Italia, ri­ masta fuori dell’ Unione, avrebbe potuto, ora che la sua produzione comincia ad essere esuberante, farsi esportatrice di zucchero, perchè ciò le sa­ rebbe stato impedito dalle sopratasse imposte nei paesi esteri sullo zqpchero proveniente da Stati non aderenti alla Convenzione di Bruxelles.

Ed a proposito dell’ obbligo da noi assunto d’ imporre queste sopratasse, non ha valore l’ af­ fermazione che per esso l’ Italia si sia privata del vantaggio di importare gli zuccheri della Russia, la quale, essendo rimasta fuori dell’ Unione, può continuare a concedere un premio indiretto al­ l ’ esportazione di questo prodotto e quindi ven­ derlo all’ estero a prezzi minori degli altri. Ma come potrebbe importare zucchero dalla Russia l’ Italia la cui produzione è di tanto eccedente il consumo ? E poi chi per poco abbia seguito lo svolgimento della legislazione internazionale sugli zuccheri sa, che la Russia, per essere ammessa a far parte dell’Unione, ha già notevolmente mo­ dificata la sua legislazione interna e che le trat­ tative per consentirle la chiesta ammissione sono a buon punto.

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produzione, trattenuto da ogni eccesso dalla pro­ duzione coloniale, il cui costo è minore ; allora l ’ industria italiana potrà sollevarsi, ed aiutata da una razionale organizzazione, nonché dai pro­ gressi che a mano a mano va compiendo, potrà anche concorrere per la sua parte ad una gra­ duale diminuzione, dei tributi.

Ed io credo di essere facile profeta, affer­ mando'che la riduzione dei tributi sullo zucchero, questo complemento necessario della nutrizione umana, se non avverrà per ragionevole resipi­ scenza dei nostri reggitori della Finanza pub­ blica, verrà indubbiamente imposto al Governo dagli agricoltori ; i quali non da oggi si sono ac­ corti degli enormi vantaggi della coltura delle barbabietole, ed anche per necessità di intensifi­ cazione di coltura e per fatalità di cose debbono assolutamente tendere ad un allargamento di tale coltivazione. L ’ Italia avrà cosi una ricca indu­ stria saccarifera, e i consumatori non pagheranno lo zucchero più di quanto pagherebbero ad im­

portarlo dall’ estero.

A questo scopo debbono intendere gli sforzi del Governo e dei produttori nazionali.

Roma, 20 aprile 1905.

Em i l i o Ma r ai.v i

Deputato al Parlamento.

LA MUNICIPALIZZAZIONE DEL GAS

A V E N E Z I A

La tendenza municipalizzatrice comincia ad affermarsi nelle maggiori città italiane. Questo fatto ha una spiegazione forse più semplice di quello che comunemente si crede. E gli è che le amministrazioni comunali, esaminando le conces­ sioni fatte a Compagnie specie estere e in epoche piuttosto lontane, trovano ch’ esse hanno fatto gua­ dagni cospicui e che è tempo che quei guadagni passino al Comune e ai cittadini. Niun dubbio, infatti, che le Società estere calate circa mezzo secolo fa in Italia, specialmente per la fornitura del gas, abbiano fatto degli eccellenti affari. Firenze, Venezia e altre città ne possono dare la prova indiscutibile. E poiché in origine i con­ tratti o le concessioni non furono stipulate con accorgimento, neanche col più elementare criterio di difesa degl' interessi, almeno del Comune, se non dei privati, ne è derivato che, di solito, negli utili cospicui avuti da certe Società civili del gas 1’ ente che ha dato la concessione non ha parte­ cipato affatto. Oggidì è venuta la reazione, certo naturale ; ma è supponibile che se le concessioni fossero state fatte con qualche accortezza, la ten­ denza municipalizzatrice, coi suoi pericoli e le sue illusioni, non si avrebbe affatto o non presente­ rebbe quel vigore che va assumendo qua o là. A Venezia intanto si e pensato appunto al servizio diretto del gas da parte del Comune e il Consiglio comunale ha già esaminato e appro­ vato le proposte della Giunta per la municipaliz­ zazione. La relazione stesa dall egregio avv. P li­ nio Donatelli è un documento che presenta molto interesse, precisamente dal punto di vista degli

utili fatti dalla Società civile lionese del gaz. Già nella tornata del 10 giugno 1904 il Consiglio comunale di Venezia aveva approvato con 35 voti favorevoli e 3 contrari quest’ ordiue del giorno proposto dal consigliere Ascoli : « Il Consiglio co­ munale dichiara non accettabili le proposte della Società del gas e invita la Giunta a presentare con la maggiore sollecitudidine al Consiglio il progetto sulla municipalizzazione della illumina­ zione a gas sia pubblica che privata ».

Pel riscatto dell’ impianto della Società lio­ nese il Comune di Venezia fece fare gli studi dall’ ing. Enrico Sospisio e dall’ ing. Michelan- giolo Bohm. Due questioni vennero accuratamente esaminate: quella cioè del valore industriale del­ l’ impianto e del profitto cessante, come esige l’art. 25 della legge 29 marzo 1903 sull’ assun­ zione diretta dei pubblici servizi. Non possiamo entrare qui nei particolari relativi alla determi­ nazione del valore industriale dell’ impianto e del profitto cessante. Notiamo soltanto, rispetto al profitto cessante, che secondo lo studio fatto dal- l’ ing. Sospisio siccome il periodo che resta a de­ correre della concessione è di 23 anni, così in quel lasso di tempo la Società lionese dovrebbe ammor­ tizzare la differenza tra il valore iniziale dell’ im ­ pianto e il valore che alla fine della concessione potranno avere presumibilmente i terreni, i fab­ bricati, il macchinario di officina, la canalizza­ zione, i mobili eco. Ne viene che il profitto della impresa, oggi calcolato in L . 593,319, va dimi­ nuito di L. 26,625 quota di ammortamento per le diminuzioni di valore degli impianti ; a^ cui poi vanno aggiunte L . 186,000 che è presumibile verrebbe a perdere la Società del gas per la con­ correnza da parte della energia elettrica generata dal Cellina, sicché il vero profitto netto che la Società del gas può sperare di avere da ora in poi sarebbe di L. 380,694, profitto che capita­ lizzato pel numero massimo delle annualità sta­ bilite dalla legge, cioè 20, darebbe al saggio di interresse del 6 per cento un valore—capitale di L . 4,366,565. Con questo valore-capitale di Lire 4,366,565.57 dovuto al mancato profitto dice la relazione Sospisio — e con quello di L . 1,800,000 valore assoluto degli enti da espropriarsi ho de­ terminato i dati che precipuamente devono en­ trare nella determinazione della somma comples­ siva da accordarsi alla Società lionese per il ri­ scatto della sua officina del gas.

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