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COLLEGIO DI BARI. Membro designato dalla Banca d'italia. Membro di designazione rappresentativa. dei clienti FATTO

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COLLEGIO DI BARI

composto dai signori:

(BA) DE CAROLIS Presidente

(BA) CAMILLERI Membro designato dalla Banca d'Italia

(BA) TOMMASI Membro designato dalla Banca d'Italia

(BA) CAPOBIANCO Membro di designazione rappresentativa

degli intermediari

(BA) CATERINO Membro di designazione rappresentativa

dei clienti

Relatore ESTERNI - CAPOBIANCO ERNESTO

Seduta del 10/09/2020

FATTO

Il ricorrente afferma di aver stipulato con l’intermediario, in data 20/06/2008, un contratto di mutuo fondiario dell’importo di € 80.000,00; il mutuo prevedeva un piano di rimborso di 15 anni ed era articolato in n. 180 rate mensili, consecutive, posticipate, costanti, calcolate a tasso fisso, in ammortamento alla francese, a decorrere dal 20/07/2008.

Evidenzia che il tasso di interesse nominale veniva fissato al 5,75%, pari al valore dell’I.R.S. a 15 anni, arrotondato allo 0,05 successivo e maggiorato di 0,70 punti percenutali per anno.

Rappresenta poi che l'Indicatore Sintetico di Costo (ISC) veniva pattuito al 5,93981%, mentre, con riferimento al saggio di mora, le parti si accordavano affinché lo stesso fosse stabilito avuto riguardo al tasso contrattuale, aumentato di due punti percentuali.

In garanzia del predetto contratto di mutuo, il ricorrente e la cointestataria del ricorso, intervenuta in sede di rogito, concedevano alla parte mutuante ipoteca per complessivi

€ 120.000,00, su una casa di abitazione.

Tanto rilevato, osserva preliminarmente che il contratto di mutuo oggetto di analisi,

“sebbene formalmente stipulato nel periodo ante 2009”, risulterebbe comunque passibile di esame da parte dell’Arbitro Bancario e Finanziario, essendo il contratto di mutuo un contratto di durata “(laddove la durata è essenziale ed è concepita in funzione di un certo affare o ciclo di affari che il mutuo è destinato a finanziare, mentre il “termine” è solo un elemento naturale […])”; ritiene quindi che non si potrebbe affermare “che si tratti di una

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operazione e/o comportamento solo antecedente al 2009, tant’è che lo stesso [rapporto contrattuale] si protrae sino ai giorni di oggi”.

Ciò detto, ritiene che il contratto sia affetto da indeterminatezza in quanto allo stesso non è stato allegato un piano di ammortamento debitamente sottoscritto; inoltre, rileva che non è stata esplicitata la formula di calcolo dell’I.S.C. e che il valore applicato risulta pari al 6,256%, diffferente da quello pattuito ab origine pari al 5,940%.

Richiama l’art. 117 t.u.b. per affermare che le clausole di determinazione degli interessi sono affette da nullità, in quanto “pur apparendo di per sé analitiche, si risolvono, da un punto di vista matematico-finanziario, in enunciati non danti luogo ad una univoca applicazione”, con conseguente applicazione del tasso legale ex art. 1284, comma terzo, c.c.

Ne consegue che la pattuizione relativa alla debenza di tassi convenzionali è illegittima ed indeterminata ed il rapporto deve essere ricalcolato applicando il tasso di interesse BOT di cui all’art. 117 t.u.b., con diritto alla restituzione di € 24.538,71 o in subordine, il tasso d’interesse legale di cui all’art. 1284 comma 2 c. c., con diritto alla restituzione di

€ 22.408,36, così come indicato in perizia.

Ritiene inoltre che, anche qualora non si dovesse reputare il contratto indeterminato, vi sarebbe stato, ad ogni modo, un inadempimento contrattuale della banca per erronea indicazione dell’ISC, essendo l’ISC applicato in concreto diverso da quello indicato nel contratto (per una differenza pari allo 0,316%).

Considerato che l’ISC, il quale “esprime il costo complessivo del mutuo” , altro non è che il TAEG effettivamente praticato dall’Istituto, la sua erronea indicazione comporta la violazione dell’art. 116 t.u.b., con consueguente diritto di parte mutuataria alla

“rideterminazione del piano di ammortamento mediante l’applicazione del tasso imposto dalla legge (…) ai sensi del successivo comma 7, lettera a), art. 117 t.u.b.”.

Al riguardo richiama, tra l’altro la dec. n. 18832/18 del Collegio di Coordinamento che, in tema di non corretto inserimento nei contratti bancari del TAEG, ha confermato l’applicazione del meccanismo di tipo invalidativo/sostitutivo di cui all’art. 125-bis, commi 6 e 7, T.U.B, con conseguente applicazione del tasso nominale sostitutivo dei “BOT o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministero dell’Economia emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto”.

Fa presente che, per accertare il corretto comportamento dell’istituto bancario con riferimento all’usura contrattuale del tasso di mora, occorre confrontare il tasso effettivo applicato al finanziamento in questione (cd. “TAEG”) al TEGM, individuato trimestralmente dal Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze e aumentato secondo la “misura determinata dalla legge”.

In riferimento agli interessi moratori previsti in contratto, richiamando l’art. 644 c.p., evidenzia che “Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”.

In particolare il ricorrente rileva che il tasso di interesse applicato, come si evince dalla perizia allegata, tra il luglio 2009 e l’aprile 2011, eccede il tasso soglia relativo all’usura oggettiva.

Ritiene, pertanto, di aver diritto ad un riconteggio del rapporto dare/avere che preveda la diminuzione del capitale residuo nella misura degli interessi versati dal luglio 2009 alla fine del piano di ammortamento, pari ad € 27.216,39; e di avere altresì diritto agli interessi e alla rivalutazione su tale somma, dal dovuto al saldo o, quanto meno, diritto alla restituzione delle somme versate a titolo di interessi per i trimestri in cui si è verificato il superamento del tasso soglia, come indicato in perizia, per un importo di € 7.728,25.

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Osserva come dall’invalidità del mutuo per applicazione di interessi usurari derivi, altresì, la nullità della garanzia ipotecaria, stante il suo carattere accessorio, con conseguente diritto alla liberazione dell’immobile.

Lamenta la presenza in contratto di interessi anatocistici a causa dell’applicazione di un piano di ammortamento alla francese (cita, tra l’altro, il Tribunale di Napoli, sentenza n.

1558/2018 e il Tribunale di Cremona, sentenza n. 227/19), con conseguente diritto alla restituzione a tale titolo dell’importo di € 2.944,01.

In virtù di quanto esposto, afferma di aver subito danni patrimoniali e non patrimoniali. I primi sarebbero costituiti dalle spese sostenute per la perizia tecnica di parte, per instaurare il “tentativo di mediazione” e il presente procedimento (danno emergente), nonché dalla “mancata disponibilità di liquidità”, in quanto “indebitamente” corrisposta alla banca e che invece “avrebbe potuto investire in altre operazioni finanziarie che avrebbero potuto fruttare interessi”. Quantifica tale danno in via “forfettaria” in complessivi

€ 10.000,00.

Quanto al danno non patrimoniale, quantificato in € 5.000,00, richiama un orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui il “riconoscimento del carattere

“omnicomprensivo” del risarcimento del danno non patrimoniale non può andare a scapito del principio della “integralità” del risarcimento medesimo”.

Riferisce, infine, che in data 3/07/18 si svolgeva un tentativo obbligatorio di conciliazione

“con cui gli istanti specificavano le predette irregolarità”, conclusosi con esito negativo stante la mancata partecipazione della banca.

Seguiva quindi la proposizione di un reclamo, pure riscontrato negativamente dall’intermediario.

Il ricorrente chiede in via principale di:

- accertare e dichiarare la nullità delle clausole usurarie e, per l’effetto, condannare l’intermediario a restituire tutte le somme indebitamente pretese e – precisamente -

€ 27.216,39 o, quanto meno, a vedersi abbattere il capitale residuo del mutuo della somma corrispondente, oltre interessi e rivalutazione monetaria fino al soddisfo;

- condannare l’intermediario al pagamento di € 5.000,00 a titolo di risarcimento del danno patrimoniale e di € 5.000,00 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, oltre interessi e rivalutazione monetaria fino al soddisfo;

- dichiarare la nullità del contratto di mutuo per usura e, per l'effetto, dichiarare la garanzia ipotecaria inserita nel contratto nulla e, pertanto, priva di effetti e, conseguentemente, condannare l’intermediario “a prestare il consenso per la cancellazione della predetta garanzia”.

In via subordinata, chiede di:

- accertare e dichiarare l'indeterminatezza delle pattuizioni dei tassi di interesse per tutti i motivi esposti in narrativa e così dichiararla illegittima e, per l’effetto, condannare l’intermediario alla restituzione di € 24.538,71; o, in subordine, alla restituzione

€ 22.408,36 così risultante dal ricalcolo al tasso legale ex art. 1284 comma 2 c.c.;

in subordine chiede l’applicazione dal 2009 l’ISC dichiarato in contratto e non quello effettivo;

- condannare l’intermediario al pagamento di € 5.000,00 a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, oltre interessi e rivalutazione monetaria fino al soddisfo;

- accertare e dichiarare la sussistenza di interessi anatocistici e, per l’effetto, condannare l’intermediario alla restituzione di € 2.944,01, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dovuto sino al soddisfo;

- accertare e dichiarare la restituzione delle somme versate a titolo di interessi per i soli trimestri in cui si è verificato il superamento del tasso soglia indicate in perizia,pari ad

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€ 7.728,25, o nella maggiore o minor somma che parrà all’Arbitro, oltre interessi legali dal dovuto sino al soddisfo, e rivalutazione dal dovuto al saldo;

- condannare l’intermediario al pagamento di € 5.000,00 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, oltre interessi e rivalutazione monetaria fino al soddisfo.

in via ulteriormente subordinata:

- accertare e dichiarare l’inadempimento contrattuale da parte della banca convenuta, nella misura complessiva pari al 0,316% punti percentuali nel pretendere interessi da parte ricorrente e, per l’effetto, condannare l’intermediario al pagamento a favore dei ricorrenti dell’importo corrispondente a detto differenziale già pagato o addebitato sino ad oggi, oltre interessi e rivalutazione dal dì del dovuto al saldo oltre al riconoscimento della non debenza di tale differenza percentuale per il futuro con conseguente ricalcolo del piano di ammortamento originario.

In ogni caso, con vittoria di spese, diritti ed onorari di legge, oltre a rimborso forfettario del 15%, C.P.A. 4% e IVA 22%.

L’intermediario eccepisce in primo luogo l’incompetenza ratione temporis dell’Arbitro, sostenendo che le contestazioni avanzate dal ricorrente attengano a vizi genetici del rapporto contrattuale, stipulato il 20/06/2008.

Ritiene comunque che le prospettazioni sollevate dal ricorrente siano nel merito infondate.

In particolare, per quanto riguarda il superamento del tasso soglia di usura, fa presente che il tasso di interesse del contratto è stato pattuito nella misura del 5,75%, a fronte di un tasso soglia di usura per la categoria mutui pari al 9,06%.

Inoltre l’intermediario fa presente che l’orientamento giurisprudenziale di cui alla sentenza n. 350 del 2013, che considera ai fini del rispetto della soglia di usura, il tasso corrispettivo iniseme a quello moratorio, risulta ormai superato da numerose sentenze della giurisprudenza di merito e dalle decisioni nn. 18757/14 e 2666/14 del Collegio di Coordinamento, per il quale risulta non corretto calcolare nel costo del credito i tassi moratori che non sono presi in considerazione per la determinazione dei tassi soglia, sia in ossequio al principio di simmetria, sia perché l’art. 1815, co. 2 , c.c. si riferisce ai soli interessi corrispettivi dell’operazione di finanziamento.

Rileva poi che la contestazione relativa all’usura sopravvenuta risulta priva di pregio, anche alla luce della sentenza delle S.U. Cass. n. 24675/2017.

Con riferimento al presunto anatocismo l’intermediario rileva che gli interessi compresi in ciascuna rata sono semplici perché vengono calcolati mese per mese sul solo capitale residuo del mutuo, risutante dopo il pagamento della rata precedente.

Per quanto riguarda l’applicazione degli interessi moratori, richiamando la sentenza n.

4451/86 della Corte di Cassazione, fa presente che tali interessi si applicano all’intero debito inadempiuto, senza distunguere capitale e interessi. Pertanto non si verifica alcun fenomeno anatocistico, perché al momento dell’inadempimento l’obbligazione è unitaria e inscindibile.

Osserva poi che ai mutui fondiari non si applica neppure l’art. 1283 c.c., di modo che la maturazione degli interessi moratori avviene sull’intero ammontare della rata non pagata.

(cfr. Trib. Torino n. 9695 e Coll. di Napoli, dec. 2533/11).

Infine, per quanto concerne la asserita indeterminatezza del contratto e in particolare la non correttezza del TAEG indicato in contratto, l’intermediario osserva che: tale valore assolve una funzione di trasparenza, informando la clientela del costo globale dell’operazione; l’erronea indicazione di esso non comporta l’applicazione dell’art. 125 bis, comma 6 e 7, t.u.b.. Infatti l’art. 122 t.u.b. dispone che le disposizioni del Capo II del Titolo VI del t.u.b., non si applicano ai finanziamenti di importo inferiore a € 200,00 e superiore a

€ 75.000,00, nonché a quelli garantiti da ipoteca su bene immobile di durata superiore a cinque anni, tra cui rientra il caso di specie.

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Osserva inoltre che le disposizioni di trasparenza della Banca d’Italia confermano quanto esposto, prevendendo l’indicazione del costo dell’operazione (TAEG), solo ai fini dell’informativa precontrattuale.

L’intermediario precisa che l’esclusione dell’applicazione dell’art. 125, comma 6 e 7, t.u.b.

alle fattispecie non rientranti nel credito al consumo, è stata confermata dal Collegio di Roma, dec. n. 4953/16; né risultano applicabili le conseguenze di cui all’art. 117 t.u.b., ciò in quanto “l’erronea indicazione dell’ISC/TAEG, in un contratto non disciplinato dall’art. 125 bis t.u.b., può unicamente comportare conseguenze risarcitorie, dovendo tuttavia in tal caso il cliente fornire la prova, ove gli fosse stato correttamente rappresentato il costo complessivo del credito, non avrebbe stipulato il contratto di finanziamento” (Collegio di Roma, dec. 4953/16)”.

Infine rispetto alla pretesa risarcitoria, l’intermediario osserva che essa risulta priva di supporto probatorio, sia in ordine all’an, sia al quantum del presunto danno.

L’intermediario chiede conclusivamente: “in via pregiudiziale (…) di dichiarare il presente ricorso irricevibile per le eccezioni di cui in premessa, o, in via subordinata, dichiarare inaccoglibili perché infondate le richieste dei ricorrenti”.

In sede di repliche, il ricorrente contesta tutto quanto dedotto dall’intermediario ribadendo le proprie argomentazioni; in particolare, per quanto attiene all’eccepita incompetenza ratione temporis, rappresenta che i vizi genetici di cui risulta affetto il mutuo in esame si protraggono per tutto il corso del finanziamento, producendo effetti anche nella fase successiva al 1° gennaio 2009.

Nel merito, richiama dottrina e giurisprudenza ad ulteriore supporto delle proprie argomentazioni e ribadisce le proprie asserzioni e richieste.

DIRITTO

Col presente ricorso, il cliente lamenta talune anomalie in riferimento a un contratto di mutuo fondiario stipulato il 20/06/2008.

Deve accogliersi l’eccezione di incompetenza ratione temporis dell’Arbitro sollevata dall’intermediario. Al riguardo, il Collegio rammenta che, come più volte ribadito anche dal Collegio di Coordinamento, “la norma della Sez. I, § 4, 2° alinea Reg. ABF, che esclude la competenza dell’Arbitro Bancario Finanziario per fatti o comportamenti anteriori al 01/01/2009 vada intesa nel senso che, in caso di controversia avente ad oggetto un rapporto di durata sorto anteriormente al limite temporale cognitivo posto dal Reg. ABF ma ancora efficace (i.e. produttivo di effetti) successivamente a tale data, occorra aver riguardo al petitum onde verificare se esso si fondi su vizi genetici del rapporto (nel qual caso vi sarà incompetenza temporale) oppure su una divergenza tra le parti che riguardi effetti del negozio giuridico prodottisi successivamente al predetto limite (nel qual caso vi sarà competenza temporale)” (ex multis Collegio Bari, dec. n. 6280/2020).

Orbene, il Collegio rileva che i vizi lamentati dal ricorrente attengono in gran parte alla fase genetica del rapporto contrattuale e non agli effetti del contratto prodotti successivamente al 1° gennaio 2009. Pertanto, reputa le relative doglianze inammissibili, così come inammissibili devono considerarsi i riferimenti fatti dal ricorrente all’usura sopravvenuta (solo) in sede di repliche.

Passando all’esame del merito circoscritto alle sole doglianze concernenti l’effetto anatocistico del piano di ammortamento impiegato, poiché il contratto è, tuttora, in regolare ammortamento, il Collegio osserva che il piano di ammortamento applicato dalle parti al contratto di mutuo in oggetto risulta essere il c.d. ammortamento “alla francese”, con una rata costante, composta da una quota interessi decrescente calcolata sul debito

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residuo risultante al periodo precedente, e da una quota capitale crescente, pari alla differenza tra l’importo della rata e quello della quota interessi.

Il Collegio pertanto ritiene che non possano trovare accoglimento le doglianze relative all’applicazione del regime di capitalizzazione composta, insito nel meccanismo di ammortamento “alla francese” che caratterizza il contratto de quo. Aderendo sul punto al consolidato orientamento dell’Arbitro e della giurisprudenza sottolinea, infatti, che detto piano di ammortamento, caratterizzato da rate di rimborso costanti in cui la quota capitale è crescente e viceversa quella degli interessi decresce, non dà luogo ad un effetto anatocistico perché la più lenta riduzione del debito residuo non è conseguenza della violazione dell’art. 1283 c.c. e della applicazione di interessi composti, ma della diversa costruzione della rata, con prioritaria imputazione dei pagamenti periodici agli interessi prima che al capitale, in applicazione peraltro di quanto dispone l’art. 1194 c.c. (cfr. ex multis Collegio Bari, dec. n. 7793/2020; Collegio Bologna, dec. n. 5867/2019). Alla luce di tali considerazioni, il Collegio ritiene la domanda nel merito infondata.

Il ricorso, pertanto, deve dichiararsi in parte inammissibile ed in parte infondato per le ragioni di cui sopra.

P.Q.M.

Il Collegio dichiara il ricorso in parte inammissibile e in parte non lo accoglie nei sensi di cui in motivazione.

IL PRESIDENTE

firma 1

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