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Rivista di storia economica. A.04 (1939) n.2, Giugno

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(1)

'JttoidUvdi'

£CÒtoó4KÌC(l’

d i f e t t a d a JIu ì q ì E i n a u d i

D irezione: Via Lamermora, 60 - To rin o . Amministrazione: G iulio Einaudi editore. Via Arcivescovado, 7 • To rin o — Abbonamento annuo per l'Ita lia l. 40. Estero l . 50. Un numero l. 12.

Anno IV - Numero 2 - Giugno 1939 - XVII

Armando Sapori : Cose e botteghe a Firenze nel tre­

cento — La rendita della proprietà fondiaria . . Pag. 97 Luigi Einaudi: Della moneta « serbatoio di valori » e

di altri problemi m o n e ta ri... » 133

N O T E E RA SSEG N E:

Mario Einaudi: Cavour, De Sellon e Bentham . . . » 167 Luigi Einaudi: Ristampe di cose ra re ... » 172 N. L.: L ' « ordine naturale > dei f is io c ra t i... » 177 Merio De Bernardi, L. E., R. B. : Appunti ( I l doppio

equivoco dell'utilità — Di un inedito di Panlaleoni — Obiezione — Il metodo delle approssimazioni successive — Il produttore marginale in Ricardo —

La teoria della cooperazione in un guscio di noce). > 180

R EC EN SIO N I :

L. E. - A. M. - A. R. su lib ri di F. Ferrara, A.

Gra-ziadei, G. Maranini, A. P in o -B ra n c a ...» 185

TRA R IV ISTE ED A RC H IV I:

(2)
(3)

T

i

o studio di

A

rmando

S

apori

è un modello deI modo co! quale deb­

bono essere saggiate alla cote delle notizie tratte pazientemente da docu­

menti sicuri affermazioni gratuite correnti in libri divulgati. A suffragare

la teoria secondo ¡a quale il mercante del duecento e de! trecento aveva cu­

mulato ricchezze, invece che col duro lavoro e le ardite iniziative del traf­

fico commerciale, speculando su terreni ed usureggiando su! denaro, Wer-

ner Sombart aveva affermato, ossia inventato, che in quei due secoli la

popolazione cresciuta aveva spinto prezzi di aree e fitti a Untiti atti a riem­

pire l’osservatore di meraviglia. Di qui, e non dal lavoro, l’origine della

ricchezza delle città mercantili medievali. Sapori studiò i fatti e cioè non

ì soliti proemi dei bandi comunali e le filippiche dei predicatori, ma i conti

di casa di una famiglia di mercanti fiorentini, i quali tra il 1314 ed il 1367

usavano investire i risparmi del fondaco in case e trarne fitti. La conclu­

sione è tutta diversa da quella dei romanzieri della storia economica: i fitti

rimasero stazionari; gli investimenti in case non furono strumento di spe­

culazione, bensì mezzo per collocare a frutto tranquillo e modesto i capi­

tali che si voleva sottrarre agli azzardi del traffico e su cui si fondava il

crescente credito dell’impresa commerciale.

(4)

che è quello di essere serbatoio di valori. Alcuni brani degli scritti del più

grande tra i cart alisti monetari che la storia ricordi, John Late, sono im ­

pressionanti per la loro attualità.

A d occasione di una ristampa dei due volumi di Francesco Raffini su

«L a giovinezza di Cavour »,

M

ario

E

in audi

richiama, sulla scorta di let­

tere inedite e di scritti dimenticati, gli interessanti rapporti fra il giovane

Cavour, lo zio De Sellon e gli insegnamenti di Bentham, li un piccolo si­

gnificativo capitolo della formazione intellettuale di Cavour in ordine al

prò bl e ma costituzionale.

(5)

A. DE VITI DE MARCO

PRINCIPII DI

ECONOMIA FINANZIARIA

NUOVA EDIZIONE RIVEDUTA

Un volume di pp. XXXII-424 - L. 40

È una delle opere rappresentative della scienza economica italiana contem­

poranea. Il suo successo, che ha condotto a questa nuova edizione curata

dall'autore, è testimonianza sicura del valore perenne dei libri rivolti unica-

.

mente all’incremento della scienza.

LUIGI EINAUDI

IL SISTEMA TRIBUTARIO ITALIANO

Un volume di pp. 349 - L. 25

QUARTA EDIZIONE

La quarta edizione di questo fortunatissimo libro, alla quale ha collaborato

il prof. F. A. Rèpaci dell’università di Padova, si avvantaggia considerevol­

mente sulle precedenti. La mole più vasta ha consentito di allargare il campo

della trattazione, sicché il volume costituisce ormai un utile strumento di

consultazione anche per gli uomini di affari. Creato per la scuola, esso serve

ottimamente per la vita, a chi voglia procurarsi una corretta e completa

conoscenza della legge fiscale.

G I U L I O E I N A U D I , E D I T O R E —

T O R I N O

^ / A

(6)

Sono usciti i due primi volumi della BIBLIOTECA DI CULTURA ECO­

NOMICA, che promette di diventare una delle più fortunate della nostra

Casa, poiché interessa ad un tempo chi ricerca le opere classiche e chi pre­

ferisce l'acuta disamina di problemi particolarmente attuali.

CARLO CATTANEO

S A G G I

DI E C O N O M IA RURALE

A CURA DI

LUIGI EIN AU D I

Un volume di pp. 338 - L. 20

STEFAN TH. POSSONY

L’E C O N O M IA

DELLA GUERRA TOTALE

Un volume di pp. 259 - L. 20

(7)

r

olive'b'bi

studio 42

li

di una poritat ile

io

racchiude nelle

dimension,

(8)

BANCA

COMMERCIALE

ITALIANA

MILANO

CAPITALE L. 700.003.000 INT. VERS.

R I S E R V A LI RE 1 5 5 . 0 0 0 . 0 0 0

AL 25 M A R Z O 1 9 3 9 - XVI I

F. M. PACCES

NOSTRO TEMPO

DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

Un volume di pp. XII-353 - L. 38

U n’opera già affermatasi come testo scolastico universitario, ma il cui valore

supera di molto i limiti della scuola, mettendola in preciso e adèrente con­

tatto con la complessa vita economica odierna. L’insigne corporativista si

propone con questo suo libro di ragguagliare intorno ai più recenti studi

sull’organizzazione industriale, esponendo anche vedute nuove di particolare

interesse.

(9)

FRIEDRICH WAISMANN

I N T R O D U Z I O N E

AL PENSIERO MATEMATICO

Un volume di pp. 325 - L. 20

Il noto filosofo e matematico viennese mostra come i problemi di filosofia

della matematica non costituiscano affatto un'invenzione arbitraria della

fantasia scientifica, ma si impongano da sè ad ogni mente umana capace di

riflettere sui propri atti. L’importanza dell'opera consiste sopratutto nel

rigore dell’analisi, non interrotta mai da divagazioni metafisiche o psicolo­

giche e tanto meno da parentesi retoriche, e nella limpidezza delle soluzioni,

presentate come le più spontanee e le più ovvie anche se nuove e originali.

SIRO ATTILIO NULLI

I PROCESSI DELLE STREGHE

Un volume di pp. 200 - L. 15

Una superstizione che ha costato la vita a decine di migliaia di creature

umane.

Come hanno potuto credere alla fondatezza dell’accusa non solo /

giudici, ma anche le vittime? Attraverso le testimonianze a volta a volta

tragiche e vivaci, curiose e dotte, dei trattati polemici e degli incartamenti

giudiziari, il Cinquecento, secolo d'oro della stregoneria, rivela in questo

libro una delle sue facce meno note.

(10)

Case e botteghe a Firenze nel

Trecento.

La rendita della proprietà fondiaria.

So m m a r io: I. Notizie generali: 1. Fonti e limiti cronologici dello studio. - 2. I proprietari Francesco, e Iacopo e Amerigo Del Bene; le botteghe c gli inquilini. - 3. Il contratto di affitto e il pagamento delle pigioni. - 4. Lavori di manutenzione dei fondi, e gabelle: la gabella delle pigioni. — II. La misura delle pigioni: 1. Canoni di affitto e paga­ menti in moneta di piccoli c in fiorini d'oro: il problema del bimetallismo. • 2. L’an­ damento degli affitti. — III. La rendita della proprietà fondiaria urbana a Firenze nel Trecento: 1. Impostazione della ricerca. - 2. La teoria del Sombart. - 3. Confutazione. • 4. I redditi dei diversi investimenti del danaro : gli investimenti dei Del Bene. — IV. La rendita della proprietà fondiaria urbana nel Trecento. — V. Conclusione.

1. 1. — Il documento che prendo a studiare, conservato nell'Archivio

di Stato di Firenze (1), è un quadernetto nel quale sono registrate in ordine

cronologico le pigioni di alcune botteghe, riscosse dal 1314 al 1367.

2. — La proprietà fu della famiglia D el Bene, di cui altre volte ho

parlato come di una famiglia di mercanti dediti all’Arte di Calimala e al­

l’Arte della lana lungo tutto il corso del secolo XIV, e intenti, come tutti gli

altri dalle aziende di una certa importanza, a costituirsi, con una parte degli

utili ricavati dai traffici, un sempre più vasto patrimonio fondiario e immo­

t i ) Archivio di stato di Firenze (A.S.F.), Pondo Del Bene, n. 26. Sulla prima carta

del quadernetto si legge : « Questo quadernetto siano scritti i pigionali nostri da Santo Spirito ed altri nostri fatti cominciato a scrivere di primo gennaio CCCXIV », che, tenendo nota del computo secondo lo stile fiorentino ab Incarnatione (inizio dell'anno non il primo gen­ naio ma il 2$ marzo), corrisponde al gennaio 1313. Il quaderno che ha la forma allungata e strétta del bastardeilo o dello scartafaccio, e che risulta scritto nelle prime pagine da Fran­ cesco Del Bene, poi da Iacopo, poi da Iacopo e da Giovanni, consta di cc. 61, numerate modernamente, delle quali sono bianche le cc. 9t, 10 r. t., e le ultime dalla 57t alla 6lt. Ciascuna registrazione porta in margine, pur di mano moderna, un numero progressivo fino a 358. Citerò da qui in avanti, per brevità, soltanto questi numeri delle registrazioni.

7, IV.

(11)

98 ARMANDO SAPORI

biliare (2). Nominativamente i proprietari furono: Francesco di Bene Benci-

venni fino al 1326, e poi, alla sua morte avvenuta il 14 di settembre di quel­

l’anno, i figli Iacopo e Amerigo; al quale ultimo subentrò come erede, nel

luglio del 1340, il primogenito Giovanni (3). Le proprietà furono situate

in due zone quasi a fronte una dell’altra, e raccordate dal Ponte a Santa

Trinità: « d i là d’A rno» in Piazza Santo Spirito; « d i qua d’A rno» da

Piazza Santa Trinità a Por Santa Maria, nelle vie parallele di Terma (oggi

via delle Terme) e di Borgo Santi Apostoli, nonché nei « Chiassi » che por­

tano da quest’ultima strada sul Lungarno, ora denominati Vicolo degli Alto-

viti e Vicolo dei D el Bene. In Piazza Santo Spirito i D el Bene ebbero un

« palagio », di loro proprietà almeno dalla fine del Dugento (4), che nella

parte adibita a botteghe e ad ammezzati (palchi) subì alcune modificazioni

nel corso degli anni: nel 1299 vi si trovavano tre fondaci, e sopra a questi,

a tutta grandezza, un palco detto «palco madornale» (5); nel 1314, in

seguito a adattamenti o all’acquisto di un fondo contiguo, si avevano quat­

tro botteghe, un palco madornale, un palco minore e un soppalco, che in

questa guisa ho potuto identificare: «bottega del C anto», «bottega se­

conda del Canto », « bottega lungo l’entrata del palagio con palco e sop­

palco », «bottega della scala e palco madornale». Infine, nel 1332, nello

spazio di questi due ultimi vani si ricavarono, con opportuni lavori, due

botteghe e un palco: la quinta bottega si disse « bottega nuova », e il palco

conservò, sebbene ormai due volte diminuito, la vecchia denominazione di

(2) A. Sapori, I mutui dei mercanti fiorentini del Trecento e l’incremento della pro­ prietà fondiaria, in « Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni »,

a. XXVI, 1928, nn. 5-6, pp. 223-247. A. Sapori, Una compagnia di Calimala ai primi del

Trecento (voi. VII della « Biblioteca storica toscana » a cura della R. Deputazione Toscana

di Storia Patria, Firenze, Olschki, 1932).

(3) Francesco di Bene Bencivenni fu titolare della compagnia di Calimala (di cui alla nota precedente), nella quale ebbe per compagni Domenico Bardi e Perotto Capperoni. Vedi sue notizie biografiche nel citato mio studio (pp. 25-28). Notizie biografiche su Iacopo, figlio di Francesco, si trovano nell'altro mio lavoro su / mutui dei mercanti fiorentini, ecc. cit., e in un terzo dal titolo: Per la storia dei prezzi a Pistoia: il quaderno dei conti di un Capitano

di Custodia nel 1339, in « Bullettino storico pistoiese », a. XXX, 1928. Altri elementi sulle

' ricordate persone, e su Amerigo, secondogenito di Francesco, si traggono da questo « Qua­ dernetto », e da un altro di « Ricordanze », situato nel medesimo fondo e segnato di n. 27 : « Anne dato (Monna Dina vedova di Monte Acciaiuoli) di settenbre '326, i quali pagò per veli per monna Tana quando morì Francesco nostro padre, fior. 1 d'oro » (Quadernetto n. 63); « Ricordine che di settenbre '326 fece ser Albizzo Tosi il testamento di Francesco nostro padre. Ricordine che di giungno '332 fece ser Naddo Chai il testamento di monna Tana nostra madre. Ricordine che di luglio '340 fece ser Francesco di ser Pino il testamento di Amerigo di Fran­ cesco » (Ricordanze, n. 27, c. 8t) : dal 1340 troviamo nel nostro Quadernetto che le pigioni, già divise in parti uguali tra i fratelli Iacopo e Amerigo, si divisero così tra Iacopo e Gio­ vanni, evidentemente morto subito dopo aver fatto testamento.

(4) V. Appendice, I.

(5) «Aiogai il palagio da Santo Ispirito, cioè il palco madornale con tre botteghe, dì 13 di maggio nel '303....» (v. Appendice, I).

/ \

(12)

CASE E BOTTEGHE A FIRENZE NEL TRECENTO 99

« madornale » (6). Ho parlato di modificazioni; ma richiamo subito l’atten­

zione su questo fatto, che dal 1314 in poi, fino al 1366 non furono tali da po­

tere minimamente influire sull’insieme delle pigioni: il che è indispensa­

bile di mettere in chiaro sin da ora per le finalità di questo studio (7).

« D i qua d’Arno » le proprietà furono più numerose, acquistate in vari

tempi, rivendute, permutate tra parenti e consorti o con terzi, profondamente

modificate con lavori di miglioria a scopo speculativo, o per adibirle ad

abitazione dei proprietari (8). La mancanza, che si lamenta quasi sempre,

delle date di compera, di vendita, di permuta, dell’inizio e della fine dei la­

vori; la deficenza di elementi idonei a farci valutare l’entità delle migliorie

apportate; infine la imprecisione delle espressioni con cui le varie case ven­

gono indicate (9), fanno sì che, per essere sicuri del fatto nostro, dobbiamo

limitare l’esame a poche soltanto, quelle per le quali si hanno dati altret­

tanto certi, e quindi utilizzabili, quanto i dati per l’immobile di Santo Spi­

rito, e cioè: la bottega e i palchi della « Casa di Terma già di Ser Andrea

medico », affittata dal 1317 al 1323, quando quei fondi furono assegnati, in

occasione di una permuta fra consorti, ad un ramo diverso da quello di

Francesco; la « bottega sotto la casa di Tracchino », affittata nel 1326, anno

dell’acquisto dell’immobile (10), sino alla fine del 1366; alcuni locali per

(6) Ripeto che l'identificazione è sicura, così come è sicura quella che ho fatto degli inquilini (v. Appendice, II), perchè l'eventuale lettore del Quadernetto non potrà non rima­ nere, a primo colpo, disorientato dalla incompletezza delle indicazioni lasciateci dagli scrit­ tori : i quali, conoscendo naturalmente bene le loro proprietà e i loro « osti », di solito non si dettero la cura di precisare l'ubicazione dei singoli fondi (« oste nel palco, o nella bot­ tega da S. Spirito »).

(7) Mi fermo alla fine del 1365, in quanto, essendo da allora fondi e palchi adibiti ad uso scolastico, il carattere delle vecchie botteghe fu sostanzialmente modificato, ed occor­ sero opere di adattamento che richiesero notevoli spese, quasi un intero anno di affitto. Dal che l’impossibilità di mettere a raffronto il nuovo affitto con quelli precedenti : « Maestro Ven­ tura che tiene i fanciulli a Reggere.... ànne dato in più partite insino a di 13 di novenbre 1366, i quali paghe per enbrici e legname, aguti e bandelle e aconciatura gli agiamenti e magi­ stero, insomma lbr. 93 s. 10 piccoli» (537).

(8) « Anne dato Bartolo detto, dì 26 d'ottobre *336, lbr. 2, s. 10 per uno e mezzo mese che Ila tenne (una casa in Terma), che poi I'aconciamo per nostro abitare» (309: sappiamo che fu comprata da Guglielmo Altoviti, ma non risulta quando: appare affittata dal 1330). — «Monna Chara n'à dato, dì 12 di setenbre '354 per pigione de la chasa che conperamo da Iachopo del Bene Manetti : uscinne quando si cominciò a murare » (432 : è

l'unica notizia che abbiamo di questa casa, il cui affitto è registrato dal 15 marzo 1353 al

15 marzo 1354). — «Monna Lagia e Miniato n'à dato, dì 26 d'ottobre '354, per pigione di mesi otto della chasa dal Chiasso: chominciò dì 23 di gicnaio '353, finì dì 23 di setenbre '354, e allotta n'uscì che ssi cominciò a murare » (433).

(9) V. sopra, n. 6.

(13)

100 ARMANDO SAPORI

uso di abitazione nella « Casa del Borgo », affittata dal 1326 al 1351 e

dal 1355 al 1359; altri nella « Casa degli eredi Bardo Altoviti in Chiasso »,

comprata nel 1343, e affittata da quell’anno alla fine del 1354, quando

« si cominciò a murare ».

Gli inquilini delle botteghe furono ascritti, vedremo a suo tempo il

perchè, a varie Arti, sebbene si noti una certa prevalenza per quella della

lana e di membri minori di quel mestiere (11). Ciascun inquilino affittò

di solito un solo fondo; ma accadde anche che più fondi fossero locati ad

una stessa persona, e talvolta l’intero piano terreno e tutto l ’ammezzato

del palagio di Santo Spirito furono tolti a pigione da una Compagnia:

ed alla fine un maestro di scuola ridusse fondaci e palchi ad aule scola­

stiche (12). Quanto all’avvicendamento degli inquilini, affitti più lunghi si

ebbero per le botteghe meglio tenute e meglio ubicate (13), e più brevi

per le botteghe meno felici, che rimasero anche vuote da pochi mesi a

qualche anno (14).

3.

— Gli affitti furono conclusi per lo più oralmente, contandosi sulla

lealtà e la buona fede delle parti; solo qualche volta si richiese all’inquilino

rimanesse liberamente a nnoi. Questo fece per fior, d'oro 110 che gli demo il detto dì con­ tanti, oltre a 400 fior, d'oro ch'avea avuti da nnoi » (v. A. Sapori, / mutui dei mercanti, ecc. cit., pp. 241-242). Questi 110 fiorini i Del Bene avevano ricevuti dalla Banca Bardi: « avemo da' Bardi, dì 18 di dicenbre 1J29, fior. 110 d'oro, i quali danari demo a Tracchino di Lippo del Tracca per conpimento della casa che conperamo da llui: valgliono, a fior., Ibr. 159 s. 10 ». (A.S.F., Del Bene, n. 27, c. xxxi t.).

(11) Gli inquilini dello stabile di Piazza S. Spirito furono in tutti 54 dal 1315 al 1367, di cui 42 uomini e 12 donne. Sappiamo il mestiere soltanto di 28. Delle donne, alcune delle quali, mogli di artigiani, una volta rimaste vedove continuarono l'affitto e il mestiere del marito, tre furono tessitrici, una orditricc, una pellicciaia, una sartoressa. Degli uomini, co­ nosciamo cinque lanaioli, due tessitori, un lavoratore di lana, uno zeccolatore, uno scardassiere, un crrdatore, un conciatore; e poi tre calzolai, un bastaio, un bottaio, un portatore, un pel­ licciaio, a cui si aggiungono, come impiegati e professionisti, un maziere del Comune, un misuratore di terre, un maestro di scuola. Dei 14 inquilini delle botteghe di Borgo SS. Apo­ stoli, sappiamo soltanto che sei furono pezzai e uno un galigaio grosso. V. il perchè di tanta varietà, avanti, a p. 114.

(12) V. Appendice II.

(13) Furono la «Bottega del canto»; la «Bottega seconda del canto»; la «Bottega lungo l'entrata del palagio da Santo Spirito»; la «Bottega sotto la casa di Tracchino». L’inquilino più affezionato fu Cione di Ceo, utilizzato dai proprietari come ‘ facitore ’ con l'incarico di riscuotere le pigioni che gli « osti » non portavano direttamente ai padroni, di pagare le tasse, di sorvegliare i lavori più importanti di restauro e di manutenzione. Prese in affitto un palco nel 1315, e poi nel 1328 anche la bottega sottostante, ed ivi rimase sino alla morte, nel 1341.

(14) I locali più infelici furono le botteghe e il «palco madornale lungo la scala». Probabilmente le botteghe furono prive di luce diretta, o quasi, e senza mostra esterna, e il palco ebbe il passo obbligato dalla bottega. La bottega dovette essere anche, in un primo tempo, sterrata, se soltanto nel gennaio del 1337 furono registrate spese per l'ammattonato: «E n'à dato (Antonio di Cenni), i quali ci contiamo per uno amattonato che fece nella bot- tegha di sotto dov'è la schala, insomma fiorini 1 d'oro s. 10 » (322). Per gli sfitti, vedi avanti nella tabella a p. 14, e nell’Appendice, II.

/ / >

!

(14)

CASE E BOTTEGHE A FIRENZE NEL TRECENTO 101

la garanzia di un mallevadore (15); e in pochi casi risulta la stipulazione

di un contratto per mano di notaio (16). L’ingresso e l’uscita degli inqui­

lini avvennero in qualsiasi momento dell’anno (17); ma già troviamo lar­

gamente affermata la consuetudine, che è rimasta ancor oggi in Firenze,

secondo la quale i traslochi si effettuano il primo di maggio e il primo

di novembre (18). La stipulazione dell’affitto, orale o scritta, fu « a d an-

n u m »; ma la corresponsione della pigione fu, di regola, semestrale

e posticipata (19), e più di rado bimestrale (20), trimestrale (21), an­

nuale (22): eccezionalmente biennale (23). L’impegno « p er uno anno»

era vincolativo per i proprietari, che per tale tempo non potevano nè

licenziare « l ’o ste » , nè aumentargli la pigione: scaduto il termine, la ri­

conferma alle solite condizioni era tacita; se invece si voleva procedere a

modifiche, in più o in meno, ciò si faceva con una nuova « rallogagio-

ne » (24). Il pagamento era fatto normalmente in moneta (ne parlerò a

(15) «Madonna Dina moglie che ffu di Monte Acciaiuoli ci dè dare, per pigione d'uno anno della chasa nostra che ffu di ser Andrea, fior. 12 d’oro, i detti danari ci promise per Goro da Richasoli suo genero » (63).

« Benci di Simone di Schiatta dè dare per pigione d'un anno per la casa che ttiene da noi a pigione di quelle che conperamo da’ figliuoli di Bardo Altoviti, comincia il termine in kalendi novenbre ’343, lbr. 16: e ce n’è tenuto Andrea di Bizzo Chanbi » (371).

(16) « Ghanino pezzaio dè dare per pigione d’uno anno d’una bottegha che tiene da noi, la qual’c sotto la casa che fu di Tracchino, lbr. 25 di piccoli.... di questa aloghagione è carta inbreviafa per mano di ser Nardo Chai da Chastello Fiorentino, dì 10 di noven­ bre ’326 » (177). (V. gli altri due casi di pigione stabilita per contratto ai nn. 112, 123).

(17) E allora, nel conteggio della pigione, si teneva nota di tutti i giorni di affitto: « Martino predetto n'à dato, i quali ci diede per lui Torello di.... lanaiuolo in Piazza, di 10 di marzo '319, fior, d'oro 5, i quali furo per pigione da kalcndimagio '319 a dì 7 'di gennaio '319, che sono otto mesi e sette di, a ragione di fiorini sette d'oro l'anno la bottega» (58). (18) Ciò avvenne, per regola, per gli affitti delle due botteghe «dal canto». V. Ap­ pendice, li.

(19) «Bandino sarto dè dare per pigione d'uno anno del palcho del palagio da Santo Spirito fior. 6 d’oro: cominciò il termine in kalendi gennaio '326: l’una metà dè dare a mezzo l'anno, e l’altra metà conpiuto l'anno» (179).

(20) «Maestro Ventura che tiene i fanciulli a Reggere à dato, di 14 di gennaio 1366 per pigione del mese di novenbre e di diccnbre del detto anno 1366 lbr. 17. — E diede, di 23 di gennaio '366 per pigione di due mesi, cioè gienaio e febraio, lbr. 17 » (538).

(21) «Bartolo di Cienni e Bartolo suo chompangno nostri osti nella bottegha del canto de la casa nostra a Santo Spirito ànno dato, di sette di febraio, per pigione di tre mesi pas­ sati infino al detto chalendi febraio '315, a ragione di libre otto l'anno: ànno dato soldi qua­ ranta (17) (Seguono gli altri pagamenti fino al primo novembre « ch’è domani '316 »).

(22) « Riccardo e Lapo figliuoli che furo di Giovanni Bonbero ne deono dare di pi­ gione de la casa nostra di Terma, cioè delle palcora sanza la bottega, per uno anno fiorini d'oro undici: cominciò il termine per kalendi ottobre prosimo presente '319: comincia il primo pagamento per kalendi ottobre che verrà anni '320» (103).

(23) « Messer Bindaccio da Richasoli n'à dato, di 16 di giungnio '357 per pigione della chasa di Borgho per due anni, che cominciato di primo di luglio '355 e finirono di primo di luglio '357, fior. 24 d’oro, a ragione di fiorini dodici d'oro l’anno » (454). (V. il pagamento del secondo biennio al n. 455).

(15)

102 ARMANDO SAPORI

lungo nel secondo capitolo) (25), ma si poteva avere anche con metallo

non monetato (26), in natura (derrate alimentari, manufatti e via di­

cendo) (27), con servizi (28). E, sia che i D el Bene fossero oculati nella

scelta degli inquilini, sia perchè si accontentavano di essere soddisfatti del

loro avere con tutti questi mezzi, fu tutt’altro che frequente il caso di una

insolvenza (29); anzi, generalmente riscossero le pigioni il giorno stesso

« Angiolino di Guigtieimo pezzaio n'à dato per pigione d’uno anno di nuova rallo- ghagione, dì 8 di giugno '332, deila bottegha che ttiene in Terma, finisce il detto anno di 14 d'agosto '352: rechò e' medesimo contanti Ibr. 25 (420),

« Ralogamo al detto Bandino il detto palco (del palagio da Santo Spirito), in kalendi novenbre '327 per fior. 7 d'oro l'anno» (180) (per l'innanzi la pigione era stata di sei fio­ rini l'anno).

(25) V. pp. 105 sgg.

(26) « Salvuccio bottaio n'à dato, dì 5 di novenbre ‘317, per la pigione di sei mesi passati da kalendi magio prosimo che passò '317 a kalendi novenbre prosimo ove siemo '317: diè a mme contanti in bolzone, lbr. 6 » (30).

«Monna Fia n'à dato, dì 15 di magio anni '321, per pigione di sei mesi passati de la soprascritta bottega, cioè da kalendi novenbre prosimo passato '320 a kalendi maggio pre­ sente '321 : rechò Amerigo uno fiorino d'oro in bolzone» (l07).

(La medesima effettuò altri pagamenti in bolzone: v. ai nn. 108, 110, 111, 147). (27) «Anne dato (Banchello di ser Manente) dì 11 di gienaio '346: avemone con­ tanti dalla Ghetta di grano che vendè in Firenze per conpimento della pigione di due anni che cominciarono in kalendi magio '340 e finischono in kalendi magio '342, fior, nove d'oro » (353).

« Anne dato (Banchello di messer Manente), dì 24 di marzo '337, i quali avemo con­ tanti di some sette di suo vino vermiglio che vendemo a più persone, fior. 4 d'oro» (311).

« B ànno dato i detti di sopra (madonna Gemmina e Lapo suo figlio), del mese di

febraio '319, due orcia d'olio del torbido del novello d'unguanno: valse lbr. 6 » (60).

« Francesco di Schiatta n'à dato lbr. 10 per pigione sei mesi, cioè da dì 8 di gen­

naio '333 a dì 8 di luglio '334, della chasa che ttiene da noi in Terma: le lbr. 5 s. 16 diede contanti, dì 17 di luglio '334, e lbr. 4 s. 4 furono per anguille e mugini ch'avemo da Uui, e per lastre e maestero per io tetto, e per fare rimondare il pozzo. Insomma, lbr. 10» (292).

«Bartolo pannaiuolo n'à dato "lbr. 10, dì 2 di marzo '335, per pigione di sei mesi della casa che ttiene da noi in Terma, cioè da kalendi settenbre ’335 a kalendi marzo '335 : le lbr. 9 s. 11 d. 9 furono per brada 59 di panno lino, per d. 39 il bracio, per fare lenzuola da fanti, e s. 8 d. 3 rechò Piero contanti. Somma lbr. 10» (308).

«Bartolo pannaiuolo n'à dato, dì 26 di settenbre '335: le lbr. 8 s. 16 ne diede con­ tanti, e s. 24 per uno chamisciotto ch'io Iacopo ebbi da llui per pigione di sei mesi della casa che ttiene da noi in Terma, cioè da kalendi marzo '334 a kalendi settenbre '335, a ra­ gione di lbr. 20 per anno » (303).

« Salvuccio bottaio dè dare per pigione di sei mesi, cioè da kalendi novenbre '325

insino a kalendi maggio '326, fior. 2 d'oro. Anne dato, i quali si scontarono in uno tino che conperamo da lui, fior. 2 d'oro» (163).

« E diede (Nuccio calzolaio), i quali dovea avere per undici paia di scarpette nuove per li fanciulli e per uno paio risuolate per s. 50 le nove paia colle risolate per s. 5 d. 4 il paio, c s. 2 le risolate le due paia, e per s. 14 le due paia: montano, insomma, lbr. 3 s. 4 » (52).

(28) «Ser Tomaso dell’Abacho n'à dato, dì 20 di febraio '328, per pigione d'uno palcho che tiene da noi, cioè da kalendi novenbre '318 insino a kalendi magio ’329, lbr. 4 s. 10 piccoli. I detti danari dovea avere da noi per misuratura del luogho che conperammo da Manno del Chiaro » (205).

« La moglie che fu di ser Tomaso n'à dato, dì 18 di maggio '330, per pigione d’uno palcho che tiene da noi, cioè da kalendi novenbre '329 infino a kalendi maggio '330, diede lbr. 4 s. 10: le lbr. 3 diede contanti, e s. 30 si scontarono per uno dì che ser Tomaso andò in villa con Iacopo a misurare nostre terre » (226).

(29) V. Appendice, III. Le altre insolvenze risultano da questi brani: «Salvi di ser Nero tiene da noi un palchetto il qual’è sopra la cella della chasa che ffu di Tracchino per

(16)

CASE E BOTTEGHE A FIRENZE NEL TRECENTO 103

della scadenza o poco dopo: ed a quel giorno di regola ottennero il saldo,

anche se il pagamento fu effettuato in più tempi con corresponsioni parziali.

Di queste gli stessi inquilini tenevano nota a volta a volta in un loro

quaderno, che poi veniva firmato dai proprietari allorché costoro facevano

le registrazioni nel loro libro: ove trascrivevano le singole partite e facevano

il totale, o, più di frequente, segnavano senz’altro il totale, facendo rinvio

ai detti scartafacci (30). La registrazione nel « Quadernetto » dei proprietari

faceva prova del pagamento della pigione: una sola volta troviamo che

i Del Bene rilasciarono quietanza per carta notarile (31).

4.

— Dall'esame delle distinte suddette risulta infine che lo spurgo

dei pozzi e dei « necessari » e le riparazioni per la piccola manutenzione

erano a carico dei locatari : per i lavori di una certa importanza occorreva

che i proprietari dessero il benestare, dopodiché gli affittuari provvedevano

a fare eseguire l’opera, pagavano il materiale e il « maestero », e impu­

tavano l’importo a parziale pagamento della pigione; per quelli di minor

conto provvedeva senz’altro l’ inquilino di sua iniziativa, sempre adde­

bitando i locatari (32).

lbr. 5 l'anno, cominciò il termine dì 15 d'aprile '326. Anne dato per parte della detta pi­ gione, dì 7 di novenbre lbr. 2. Anne dato, dì 22 di maggio '327, lbr. 3 s. 8. Fumone in concordia co' llui, c l'avanzo insino a questo dì lo lasciamo, e però lo danno» (117).

« Domenicho di monna Vanna e monna Chiaruccia morirono di luglio '348, e non ne potemo ritrarre chavelle » (403).

« Avemo avuto da Vanni del Bello da Luccha, dì.... d'ottobre '324, fior. 4 d'oro per pigione del palco del palagio da Santo Spirito per cierto tempo cominciato dì.... di gen­ naio '323 insino per lo tenpo che Ila dovea tenere, ciò era a kalendi novenbre prosimo: col- sene quistione, e convene ch'io stesse contento quello che volle, perch'io non avea nè carta nè sodamento: che Dio il distruga » (139).

(30) « Maso Dini n'à dato per pigione di sei mesi, cioè da kalendi magio '336 a kalendi novembre '336, lbr. 12 s. 10 in più partite, come apare al quaderno suo per la bottega che »iene da noi in Terma » (321). (V. anche nn. 330 e 334).

« Angiolino di Guiglielmo pezzaio n’à dato in più partite, insino dì 6 d'aghosto, per lastroni, chalcina, rena e magistero per lastrichare parte della corte, com'apare partitamente al quaderno suo: in tutto lbr. 34» (498).

(31) « Messer Filipo Bonacolti n'à dato per la pigione d'uno anno della casa nostra

di Terma, cioè da mezo ottobre '323 a mezo ottobre prosimo '324: recò fiorini 12 d'oro.

A pagato. Uscio della detta casa; confesamoli per carta» (142).

(32) « Ghanino pezzaio n'à dato, d'ottobre '332, per pigione di sei mesi della bot- tegha che tiene da noi in Terma, cioè da kalendi maggio '332 infino a kalendi novenbre '332, e nolla tiene più egli, lbr. 12 s. 10. In questo paghamento si contarono due palchetti, i quali avea fatti di nostra volontà Ghanino di suo, e sono ora nostri » (265).

«E diede (monna Tessa di Rucco), dì 2 di novenbre ’317, rechò Cione per pigione di sei mesi pasati, da kalendi novenbre ’317 che fue ieri adietro, del palcho ove sta, lbr. 2 s. 18 contanti, e s. 22 dicie che costò tra assi e aguti e toppa e chiavistello per la chiudenda che si fecie nel detto palcho che tiene da noi, e la gabella dè pagare elli. A pagato per lo detto tenpo (20). (V. anche i nn. 81, 426, 427).

(17)

104 ARMANDO SAPORI

Invece, quella che diciamo oggi imposta di valor locativo, e allora

si diceva « gabella delle pigioni », gravava, a seconda degli accordi, ora

sull’inquilino (33) ora sul proprietario (34), ed in mancanza di patti chiari

l’inquilino pretendeva di essere esonerato (35). Talvolta l’attribuire il carico

del pagamento della « gabella » all’una o all’altra parte era un mezzo

per accrescere o diminuire di poco il canone di affitto (chè si trattava,

in un primo tempo di 8 (36), e poi di 9 danari per lira) (37). Altri oneri

dei proprietari D el Bene furono la « gabella » dei tetti (38), quella dei

porticati (39), quella degli sporti (40); ed oltre a ciò troviamo che essi

Vedi, in proposito, lo statuto IV di Calimala (I, 79), in P. Emiliani-Giudici, Ap­ pendice alla Storia politica dei Municipi italiani, Firenze, 1861: « .... che tutti e ciaschuni

singnori di botteghe e di fondachi i quali si conducono, overo condotti sono, overo ne' quali dimorano alchuni di questa Arte, paghino e sodisfaccino, e pagliare siano tenuti a tutti e ciaschuni homini di questa Arte e compangnia di Calimala di tutto ciò che alchuno di questa Arte ricevere dovesse per cagione di spese, o per ¡spese facte in quella bottega o fondacho, 'a quale overo il quale alchuno di questa Arte concludesse, se le dette spese averi facto di volontà del sengnorc del fondacho overo botegha: de la quale volontà si creda al mercatante che cotali spese avesse fatte, in quanto giuri le dette cose essere fatte ».

(33) « Avemo allogato a pigione il palco del palagio nostro da Santo Spirito cò la bottega di sopra ov'è la schala che va nel detto palco, a Marchovaldo di.... per uno anno, cioè da kalendi novenbre prosimo che dè venire '317 a kalendi novenbre '318, per dodici fio­ rini d'oro: e dè pagare tutta la gabella il detto» (24).

« Chiaro di.... ne dè dare di pigione della bottega dinanzi ch'è sotto le case nostre di Terma, per uno anno, fiorini sette d'oro netti di gabella, che Ila dè pagare elgli » (113). (V. anche i nn. 8, 77, 78, 79, 112, 118, 123, 366).

(34) Lorenzeo di Cosa vocato Prete pezzaio tolse a pigione la sopradetta bottegha in kalendi agosto '341 per fiorini sei d'oro l'anno, pagando noi la gabella. Anne dato il detto Lorenzo, di 11 d'aprile '342, per pigione d’uno anno della sopradetta bottegha fior. 3 d'oro s. 31 piccoli; ànne dato, i quali pagò per la gabella della detta pigione, s. 14 d. 8 » (363). (V. anche i nn. 60, 328, 360, 366, 367, 368, 369, 371, 373, 374).

(35) «Nuccio chalzolaio nostro oste a Santo Spirito n'à dato, di 22 di magio '317, per la pigione di sei mesi, da kalendi novenbre prosimo che passò a kalendi magio prosimo passato, lbr. 5 s. 13; de’ quali diede contanti s. 20, e s. 54 dovea avere di scarpette ch'avea dati a' fanciulli nostri, e s. 35 dicie che pagò per la lastrichatura della via dinanzi al pa­ lagio, e s. 4 volle ch'io pagasse de la gabella » (27). (V. anche n. 18).

(36) Risulta dalla nota precedente.

(37) Risulta dal brano alla nota 33. Vedi anche: « Zanobi del Casella n'à dato, dì detto, per pigione de' sopradetti sei mesi del palco che ttiene da noi a Santo Spirito, pa­ gando noi la gabella d. 9 per libra » (328). (V. anche i nn. 368, 369, 373).

(38) « Salvuccio bottaio dè dare, per pigione di sei mesi, cioè da kalendi maggio '326 insino a kalendi novenbre '326, fiorini due d'oro. Ànne dato il detto, i quali si scontarono in uno tino che conperamo da lui, e s. 12 e mezzo avea paghati per la ghabella de' tetti: somma in tutto fior. 2 d'oro » (167).

(39) «Monna.... molglie che fue di Dino Leonardi n’à dato per pigione di sei mesi passati, da kalendi novenbre passato anni '325 a kalendi magio presente '326, recò Nuccio chalzolaio, di 8 di magio presente, contanti lbr. 6 s. 7 e mezzo: e avea pagati per la gabella de’ portichi s. 12 e mezzo. À pagato, insomma, lbr. 7, come dovea dare per li detti sei m esi» (159). Che vi fosse un porticato nel palagio di Santo Spirito risulta da questa re­ gistrazione: «Bartolo di scr Martino lanaiolo in Vie Maggio.... ànne dato, di 15 di no­ venbre ’343, fiorini tre d'oro, i quali ebbe Cione, dice per fare coprire il tetto in parte, e rac- chonciare il porticho che chadea. Rendecene ragione, fior. 3 d’oro » (381).

(40) « Francesco di Schiatta n'à dato per pigione di sei mesi, cioè da di 8 di gen­ naio '331 fino a di 8 di luglio '332, della casa che ttiene: lbr. 11, s. 30 n'avemo in anguille, e s. 30 pagò per noi a’ frati per calcina, e lbr. 3 ne diede contanti, e lbr. 5 pagò per noi alla gabella delli sporti » (240). (V. anche n. 343).

/ \ / i 1

(18)

CASE E BOTTEGHE A FIRENZE NEL TRECENTO 105

provvidero, come frontisti, per il tratto di strada dinanzi alle loro case,

al rifacimento del lastricato (41), e sborsarono una volta una quota parte

delle spese occorse al Comune per i lavori ad un pozzo della contrada (42).

II.

1. — Raccolte le notizie sui rapporti tra inquilini e proprietari di

botteghe si può cercare di stabilire l’andamento degli affitti nel largo spazio

di tempo abbracciato dai nostri documenti, oltremodo ricco di vicende

politiche e di eventi economici, e così carico di destini per l’avvenire dello

Stato cittadino (43). Per la quale ricerca è necessario, preliminarmente,

di sgombrare il campo da un ostacolo: il fatto che troviamo i canoni di

affitto e le riscossioni stabiliti ed effettuate non in un tipo unico di moneta,

ma ora in moneta di « piccioli », a lire di argento, e ora in moneta d’oro,

il fiorino. Il che, io credo, si deve a questo: che i D el Bene, mercanti di

un’Arte che vendeva anche all’ingrosso e lavorava anche per l’esporta­

zione, avevano l’opportunità di servirsi dell’una e dell’altra moneta, dei

fiorini per l’acquisto dall’estero della lana, degli spiccioli per pagare i

(41) «Cione di Ceo ne pagò per la votatura la fossa del scdio livre quattro c soldi diede, e pagò per la lastricatura della via dinanzi al palagio s. trentacinque, e a me diede contanti, di 10 di dicienbre ‘317, soldi trentacinque: sicché, insomma, montano lbr. 8, sic- chome dovea dare per lo sopradetto anno » ( 5).

«Bartolo predetto n'à dato, di 8 di magio '317, per la pigione di tre mesi passati da kalendi febraio ‘316 a kalendi magio ove siemo '317, lbr. 3: de' quali mi diede a me contanti s. 25, e per rilastricare la via dicie che pagò 35 soldi » (21). (V. anche i nn. 29 e 27, copiato quest'ultimo alla nota 35).

(42) «E diede (Cione di Ceo), di 28 di novenbre '316, per lo conpimento de la pi­ gione de' sei mesi : i quali ci rechò Margherita .sua madre il detto di scritto, chon s. 3 che pagò per noi per una inposta che ci fu fatta d'uno pozo de la contrada che si rachonciò : diede a me lbr. 2 » (4).

(19)

106 ARMANDO SAPORI

lavoranti (44). E non solo le pigioni furono fissate nelle due valute; ma,

se normalmente avvenne che il pagamento fosse effettuato nella moneta

nella quale era stato fissato il canone, potè però anche darsi che si pagasse

con fiorini una pigione stabilita in lire di piccioli, e in moneta spicciola

una pigione pattuita in fiorini: nei quali casi ci si regolava sul corso del

giorno in cui si effettuava il versamento, « come ne diede il tavoliere

questo dì », essendo mutevole il rapporto tra le due monete (45).

Allo scopo di rendermi conto del significato e del valore di quelle

mutazioni, e per regolarmi poi nel ridurre tutti gli affitti in una sola moneta

e formare serie di dati legittimamente comparabili, ho ricostruito anno

per anno quel rapporto, giovandomi soprattutto di elementi contenuti nello

stesso documento studiato (46), e integrando le lacune, fin dove ho potuto,

con dati tratti da altre fonti (47):

1315, m a g g io 6 fio rin i 1 =• s.5 8 1319, g iu g n o 2 3 fio rin i 1 “ 8. 6 3 d . C. 1316, a p r i le 8 » » s.5 6 d . 6 . 1 3 2 0 . a a S.6 5 > m a g g io 6 • • s. 57. 1321, m a g g io 3 a a 8. 6 5 d . 6. » o tt o b r e 23 • s.5 6 . » n o v e m b re 12 a a 8. 6 5 d . 6 . » n o v e m b re 20 > s.5 6 d . 6 . • d ic e m b r e 13 a a 8. 6 5 d . 6 . 1317. 1322, m a g g io 10 a a 8. 6 5 d . 6 . 1318, a p r ile 1 • * s. 6 8 d . 6 . • d ic e m b re 7 a 8. 6G. > m a g g io 1 • a s.6 8 . 1 3 2 2 . a a 5.6 6 d . 8 . » n o v e m b re 11 » • s.61 d . 3 . 1323, a p rile -m a g g io a a 8. 6 6 d . 6. 1319, g e n n a io 25 • • 8. 6 2 d . 6 . » m a g g io 16 a a 8. 6 6 d . 6. > a p r i le 2 0 » • 8. 64 d . 4 . 1323, n o v e m b re 12 a a 8. 6 6 d . 2. (44) V. avanti, p. 108, in fine.

(45) « Madonna Giemmina e Lapo suo figlio.... anno dato..., dì 25 di gennaio '318, fiorini d'oro sette: de' quali avemo chontanti fiorini d'oro 6 e s. 37 d. 6 picioli, e s. 25 dicie che pagò per la gabella della pigione, a ragione di lbr. 3 s. 2 e mezzo il fiorino, come diede il tavoliere questo di » (60).

« Monna Fia predetta n'à dato per pigione di sei mesi passati della sopradetta bottega, cioè da kalendi novenbre prosimo passato '321 a kalendi magio presente '322: diede, dì 10 del detto magio, fiorino uno d'oro, del quale avemo lbr. 3 s. 5 e mezzo, come ne dava la tavola. À pagato per li detti sei mesi» (109).

(46) In alcuni casi il rapporto è indicato senz'altro (v. nota precedente). Il più delle volte va determinato con un calcolo. V., ad es., « Lorenzo di Cosa vocato Prete pezzaio dè dare per la pigione della bottega di Terma fiorini d'oro sei l'anno, pagando noi la gabella. Anne dato, i quali pagò per gabella del detto anno a d. 9 per livra, s. 14 d. 10. Anne dato, i quali pagò per una pancha che ssi racchonciò per tutte spese, lbr. 1 s. 2. Anne dato con­ tanti, dì 17 d'aprile '343, fiorini cinque d’oro, e lbr. 1 s. 9 d. 2 piccoli per conpimento d'uno anno conpiè in kalendi agosto '343. Somma fior. 6 d'oro » (368). (V., per tutti i corsi che ho stabilito, i nn. 1, 3, 14, 16, 20, 32, 42, 46, 54p 60, 81, 83, 90,109,114, 116, 143,

147, 158, 180, 214, 275, 322, 352, 374, 381, 384, 391, 400, 435, 444 e 451, 498).

(47) Una fonte sono le Cronache di Giovanni e di Matteo Villani. Altri dati ho trovato nella Istoria compendiata di alcune antiche carestie dì grano occorse in Firenze, cavata

da un diario manoscritto in cartapecora del secolo X IV dal Padre F. Vincenzio Fineschi, Firenze, mdcclxvii, tabella a p. xxii. Nella tabella compilata i dati composti in corpo tondo sono tratti da elementi del Quadernuccio; quelli in corsivo dall'opera del Fineschi ; quelli in corsivo, seguiti da un numerino (in alto), dalle Cronache di Giovanni e di Matteo Villani, e cioè: ( ’), G. Villani, Cronaca, X, c x c ii; (*), id., XI, l x v ii; (•), id„ XII, l i i i; (4), XII, xcvii, ( “), M. Villani, Cronaca, III, lvi.

(20)

CASE E BOTTEGHE A FIRENZE NEL TRECENTO 107

1 3 2 3 , fio rin i 1 «* s . 6 7 . 1343, a p r i le 17 Fiorini I ~ s . 6 6 . 1324, n o v e m b re 18 » » s. 6 6 U. 9 . 1343, d ic e m b re 2 3 k k s . 6 6 . 1 3 2 4 . • ► s 6 6 . 1344, n o v e m b re • • 5. 6 6 1325, m o g g io 15 • » s. 6 6 d . 9. 1345, n o v e m b re 13 k k s. 6 3 d . 4 ; s. 6 2 (3 ). 1 3 2 5 . • » s . 6 6 d . 8 . 1346, n o v e m b re • k s . 6 2 . 1326, m a g g io 4 * » s. 6 7 . 1347, lu g lio 2 » k s . 6 1 . 1 3 2 6 . * p s . 6 6 . 1 3 4 7 . k • s . 6 0 ( 4 ) . 1327, (Ine • 1328 > ■ s. 6 5 ; s. 6 6 . 1348, o tt o b r e 13 k k >. 6 3 . 1 3 2 7 . • » 5 . 6 6 . 1 3 4 9 1 3 2 3 . * » s . 6 3 d . 4 . 1 3 5 0 . 1 3 2 9 . s . 6 3 : s . 6 6 . 1 3 5 1 . k t s . 6 4 . 1330, (e h . 3 - m a r . 31 * * s. 6 5 . 1352. 1 3 3 0 .s . 6 3 d. 4 . 1 3 5 3 . - k 9. 6 8 (5 ). 1 3 3 1 . » * s . 6 4 ; s . 6 0 ( 1 ) . 1354, d ic e m b re 5 - 9. 6 9 d . 10. 1332, m a g g io 15 . . s . 6 0 . 1355, n o v e m b re 2 8 ■ k 9. 7 1 . 1 3 3 2 . » » s. 6 0 . 1 3 5 6 . 1 3 3 3 . • » s . 5 9 d. 9 . 1 3 5 7 . 1 3 3 4 . • . s . 5 9 d. 6 . 1358, n o v e m b re 3 k • 9 . 70. 1 3 3 5 . • * s . 5 0 d. 8 . 1 3 5 9 . 1336, a p r ile 30 . » s . 6 1 . 1 3 6 0 . 1337. te b b r a io 13 * . s. 6 5 ; s . 6 2 ( 2) 1361, a g o s to k • 9. 6 8 . 1 3 3 S . • » s. 6 2 . 1 3 6 2 .1 3 3 9 . » » s . 6 2 ; s 6 3 . 1 3 6 3 . 1 3 4 0 . 1 3 6 4 . 1341, a p rii« . 23 • ì • s. 6 4 . 1 3 6 5 . 1 3 4 2 , a p r ilo II k k s . 6 5 . d . 8. 1 3 6 6 .

Dalla lettura di questi dati risulta pertanto:

a) che dal 1318 si arrestò

la svalutazione della moneta di piccoli, che era stata fino ad allora rapi­

dissima a partire dalla coniazione del fiorino d'oro (48);

b) che in alcuni

momenti la moneta d’argento riguadagnò dei punti nei confronti di quella

aurea; c) che le oscillazioni, pur mantenendosi, per tutto il tempo consi­

derato, entro limiti assai ristretti, furono però frequentissime, avvertibili

addirittura di mese in mese. Tutto ciò fa ritenere, io credo, che il mutevole

rapporto tra la moneta di piccoli e il fiorino, piuttosto che offrire le carat­

teristiche di un ampio fenomeno economico (49), presenti quelle di un

limitato fenomeno commerciale, prezzo dell’oro e prezzo dell’argento. Il

quale ultimo metallo doveva essere sempre più ricercato per gli scambi

(48) Premesso, come è noto, che di moneta di piccioli furono coniati soldi e denari e non lire (la lira fu moneta immaginaria di cui il soldo era la ventesima parte e il denaro la dodicesima parte del soldo), quando si coniò il fiorino d'oro in Firenze nel 1252 fiorino d’oro e lira stavano alla pari, equivalendo al valore di un fiorino d’oro soldi 20 di piccoli. Subito dopo ebbe inizio la svalutazione della moneta spicciola: per il che rimanendo fermi i 20 soldi a formare la lira, ne occorsero una quantità sempre maggiore per raggiungere l’equivalenza di valore col fiorino: nel 1283 ne abbisognavano 33, nel 1300 occorrevano s. 46 d. 6, nel 1301 occorrevano s. 48 d. 4, nel 1302 s. 51, nel 1315 s. 58, nel 1318 s. 68.

(21)

108 ARMANDO SAPORI

e le contrattazioni interne costantemente cresciute di volume, mentre la

divisa a base aurea si andava specializzando ognor più come moneta di

classe, come moneta dei mercanti del grande commercio internazionale

(5 0 ):

il quale, d’altronde, invece che richiedere ingenti masse di metallo monetato

da dislocare per i pagamenti a contanti, si sviluppava (purtroppo più del

dovuto) sulla base del credito

(5 1 ),

e si giovava, sempre al fine di limitare

i trasferimenti in moneta metallica, di mezzi di mano in mano più pro­

grediti, quali le partite di giro nei libri dei banchieri, le compensazioni al

termine delle fiere, e via dicendo (52). Ed in questo pensiero conforta lo

stesso Giovanni Villani allorché, parlando della moneta degli anni

1345

e

1347,

porta la sua limpida e profonda, stavo per dire scientifica riflessione

sul problema del bimetallismo:

« N e l detto .anno 1345, avendo in Firenze grande difetto, e nulla moneta d’argento se non la moneta de’ quattrini, che tutte le monete d’argento si fon- deano e portavansi oltremare, e valea la lega d'once undici e mezzo di fine più di lire dodici a fiorini la libbra, ond’era grande ¡sconcio a’ lanaioli e a più altri arte­ fici, temendo non calasse troppo il fiorino a moneta; sì si ordinò divieto, che niuno non traesse della città e contado di Firenze sotto grande pena; e ordinossi e fecesi nuova moneta d'argento di soldi quattro di piccioli l’uno, o di dodici quattrini, di lega di buono argento d’once undici e mezzo di fine per libbra; e soldi undici e danari dieci di detti grossi pesavano una libbra, e soldi undici e danari otto ne rendeva la zecca, e grossi due ne rimaneva per ovraggio al Comune.... e per lo caro del­ l ’argento tornò il fiorino a lire tre e soldi due di piccioli, e meno ».

« Del mese d’agosto del detto anno 1347, essendo in Firenze montato l’argento della lega d’once undici e mezza di fine per libbra in dodici lire e soldi quindici a fiorino, perocché i mercatanti per guadagnare il ricoglievano e portavanlo oltremare, ov’era molto richiesto; per la qual cosa la moneta da soldi quattro fatta in Firenze l'anno 1345 dinanzi alla moneta di quattrini si sbolzonava e portavasi via, onde il fio­ rino d’oro ogni dì calava, ed era per calare da lire tre in giù; onde i lanaiuoli, a cui tornava a interesso, perchè pagavano i loro ovraggi a piccioli e vendevano i loro panni a fiorini, essendo possenti in Comune, feciono ordinare al detto Comune che si do­ vesse fare nuova moneta d’argento e nuovi quattrini, peggiorando l’una e l’altra moneta per lo modo che diremo appresso.... » (53).

( 50) M. Bloch, Le problème de l'or au Moyen-àge, in « Annales d'histoire économique

et sociale », gennaio 1933. E. v. anche A. Sapori, Il commercio internazionale nel medioevo,

estratto da « Archivio di Studi corporativi », fase. Ili, 1938, Firenze, Sansoni, p. 6. (51) A. Sapori, Storia interna della compagnia mercantile dei Peruzzi. (Estratto dal-

I'« Archivio Storico Italiano», serie VII, voi. xxil, disp. 3 del 1934, Firenze, Olschki, 1935, pp. 47 sgg).

(52) A. Sapori, U commercio internazionale ecc., cit.

(53) G. Villani, Cronaca, XII, l iii, xcvii.

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(22)

CASE E BOTTEGHE A FIRENZE NEL TRECENTO 109

Aggiungo, infine, che l’accennato limitato campo e più ancora l’accen­

nata frequenza delle oscillazioni, escludono la possibilità di una influenza

del mutevole rapporto tra spiccioli e fiorini sulla misura degli affitti, evi­

dentemente più lenti di altri prezzi a adeguarsi anche a mutamenti più pro­

fondi, agli stessi mutamenti della capacità di acquisto della moneta: cosi

come più di altri prezzi, segnatamente quelli delle derrate, non risentirono

affatto dei periodi di abbondanza o di carestia, alternantisi nell’età di mezzo,

con rapida vicenda. E risulta, nel fatto, che i proprietari Del Bene, nel de­

terminare le pigioni, non tennero conto dei vari corsi delle due monete: di

solito lasciarono immutato il canone di affitto finché un inquilino rimase nel

fondaco (54), e comunque, tutte le volte che alzarono o diminuirono le pi­

gioni, ciò fecero in occasione di una situazione generale fortunata o ecce­

zionalmente infelice: la quale, manco a farlo apposta, non è rilevabile

dal fenomeno monetario (55). Per questo, dopo aver formato il prospetto

delle pigioni dei fondachi e dei palchi del « palagio da Santo Spirito »,

esprimendo i prezzi nelle monete pattuite, credo di poter ridurre con piena

tranquillità tutti gli affitti a lire di piccoli in base alla media dei rapporti,

nel cinquantennio, tra valuta d’oro e valuta d’argento (un fiorino = s.64),

e calcolare poi gli indici parziali (distintamente per i vari locali) e quelli

totali di variazione, prendendo a base i canoni del 1315 (56).

(54) V. Appendice, II.

(55) Negli stabili di Terma la casa di Borgo, affittata a fior. 12 nel 1327 quando per un fiorino occorrevano s. 66 di piccoli, la pigione si lasciò inalterata sino alla fine del 1343, quando per un fiorino occorrevano s. 64: e nel frattempo ce ne erano voluti an­ che 60, e 59 e, in un momento, finanche 50. Lo stesso si dica per la « bottega sotto la casa di Tracchino » affittata a Ibr. 25 nel 1326, e mantenuta a questo prezzo fino al maggio 1341 : e nel frattempo, si noti bene, non soltanto si erano avute le mutazioni ora accennate nel rapporto tra oro e argento, ma si erano cambiati tre inquilini. Quella pigione si abbassò poi nel 1341, e ancora nel 1348, e si rialzò nel 1351 e nel 1354 (vedine le ragioni avanti, p. 112).

(56) A questa soluzione, per vero, sono giunto in un secondo tempo, perchè, nono­ stante le considerazioni che ho esposto, e delle quali mi sembra di essere sicuro, fui preso dapprima dallo scrupolo della massima precisione: fare la riduzione a volta a volta al corso dell'anno. Ma poi, adoperati i due sistemi, e confrontati i risultati del calcolo dei numeri indici, ho constatato, che se nell'un caso si formava, naturalmente, una linea più movimentata, e nell'altro una linea meno mossa, tutte e due si equivalevano al fine che mi sono proposto, di rilevare l'andamento degli affitti : chè gli stessi erano, nel corso degli anni, i momenti del­ l'elevamento, e gli stessi quelli della flessione. E allora mi son domandato (e la domanda non è nuova a chi si serve del metodo statistico per rilevare fenomeni del mondo medievale) se quello che può dirsi stretto rigore scientifico non porti talvolta pregiudizio, non fosse altro alla chiarezza. Mi limito, ai primi anni degli affitti della proprietà di Santo Spirito, dal 1315 alla fine del 1320, durante i quali l’equivalenza tra spiccioli e fiorini fu la seguente: 1315, fior. 1 = s. 58; 1316, fior. 1 = s. 56, d. 6; 1317 (?); 1318, mese di aprile, fior. 1 = s. 68, d. 6, maggio, s. 68, novembre s. 61, d. 3: 1319, mese di gennaio, fior. 1 = s. 62, d. 6, aprile s. 64, d. 4, giugno s. 63, d. 6; 1320 fior. 1 = s. 65. Orbene: se facciamo uguali a cento le pigioni del 1315, si ha un rialzo apprezzabile al principio del 1318, di cui non so se sia legittimo tener conto, perchè cade subito alla fine dell'anno, e poi si avverte una ripresa fino al 1320: mentre per l'intero quinquennio i Del Bene lasciarono intatti i canoni di

(23)

I INDICI DI VARIAZIONE (*). A n n I B o tte g a d e l C a n to B o tt e g a s e c o n d a d e l C a n to B o tte g a e p a lc h i lu n g o l ’e n t r a t a d e l p a la z z o B o tte g h e d e l la s c a la e p a lc o m a d o r n a le T o t a le d e lle p ig io n i 1314-1315 Ib r. 12 1 0 0 Ib r. 12 1 0 0 I Ib r. 28 1 0 0 Ib r. 3 8 s. 81 0 0 Ib r. 9 0 s. 8 1 0 0 1315-1316 • 12 1 0 0 B 12 1 0 0 • 28 1 0 0 3 8 s. 81 0 0 B 9 0 s. 8 1 0 0 1316-1317 • 12 1 0 0 a 12 1 0 0 • 28 1 0 0 B 3 8 s. 8 1 0 0 • 90 s . 8 1 0 0 1317-1318 • 12 1 0 0 B 12 1 0 0 . 28 1 0 0 , B 3 8 s. 81 0 0 B 9 0 S. 8 1 0 0 1318-1319 • 12 1 0 0 B 12 1 0 0 > 28 1 0 0 — — — — 1319-1320 . 12 1 0 0 B 12 1 0 0 . 28 1 0 0 — — — — 1320-1321 . 14 1 1 6 6 6 B 12 700 b 2 8 8.161 0 3 6 1 B 3 8 s. 81 0 0 B 9 3 8. 4 ¡OJflS 1321-1322 > 14 1 1 0 ,6 6 B 12 s .1 6 ,1 0 6 f i 6 . 2 8 8.161 0 3 ,2 1 B 3 8 s. 81 0 0 • 94 1 0 3 ,9 8 1322-1323 > 14 116 J66 B 12 s .1 6 106 J66 • 2 9 8.16 106,42 B 4 4 s.16 7 /6 ,6 6 101 s . 8 112,16 1323-1324 » 14 H 6fi6 B 12 8.16 106fi6 b 2 9 s.1 6 106,42 — — — — 1324-1325 • 14 116166 B 12 s .1 6 706 ,6 6 • 2 9 8.1610662 — — — 1325-1326 • 14 116,06 B 12 s . 1 6 '706 ,6 6 • 2 9 8.1610662 — — — — 1326-1327 > 14 H6J66 B 12 s.1 610666 > 2 9 8.16106,42 B 3 5 8. 4 9166 91 s.1 6 101,34 1327-1328 ■ 14 116,66 B 12 8.16 106,66 > 2 9 8.16106,42 B 3 5 s. 4 91,66 B 91 s.1 6 10164 1328-1329 . 14 116,66 B I 2 s . l 6 106,66 > 2 5 8969 B 3 5 s. 4 91,66 » 87 96,23 1329-1330 • 14 116,66 B 12 s.1 6106166 » 2 5 89,29 B 3 3 5.12 8760 B 8 5 s. 8 94,46 1330-1331 • 14 ! 16 fi6 B 12 8.16106ß6 . 2 5 89,29 B 3 8 s. 8100 B 9 0 s. 4 99,77 1331-1332 . 14 716J66 B 12 s.1 610666 a 2 5 89,29 B 3 5 s. 4 9166 B 87 96,23 1332-1333 f / > 2 5 8969 , B 101 s .I 6 112,61 1333-1334 1 . 2 5 89,29 • 101 s.1 6 11261 1334-1335 \ • 2 5 8969 1 B 101 8.16 112,61 1335-1336 ] 1 . 2 8 100 B 104 s.1 6 I h 6 2 1336-1337 \ < • 2 8 100 ; B 104 8.16 115,92 1337-1338 I • 2 8 100 B 104 s.16 11562 1338-1339 / b 2 8 100 B 104 s.16 115,92 1339-1340 b 28 100 B 104 s.16 115,92 1340-1341 \ \ • 2 5 89,29 B 8 9 98,45 1341-1342 91166 a h 9166 . 2 3 82,14 — — — 1342-1343 91,66 B 11 91,66 > 2 3 82,14 — — — 1343-1344 • h 91J66 B 11 91,66 b 2 3 82,14 — — — 1344-1345 > 11 91166 B 11 91,66 • 2 3 82,14 • 3 5 S .1 2 92,70 B 8 0 s.1 2 89,11 1345-1346 • h 91166 B 11 91,66 > 19 s. 4 69,29 • 3 5 8.12 92,70 7 6 s.1 6 8465 1346-1347 • h 91,66 B 11 91,66 > 19 s. 4 69,29 B 3 5 8.12 92,70 B 76 s.1 6 84,95 1347-1348 » h 91,66 ■ 11 91,66 . 19 s. 4 69,29 B 3 5 S .1 2 92,70 B 7 6 s .1 6 84,95 1348-1349 ( ■ 10 8363 I • 6 2 s.1 6 69,46 1349-1350 • 10 83,33 l 6 2 s.1 6 69,46 135C-1351 B 10 83,33 1 ) 62 s.1 6 69,46 1351-1352 B 10 83,33 J 6 2 s.1 6 69,46 1352-1353 f B 11 91,66 1 6 5 8.16 72,79 1353-1354 \ B 11 91,66 \ { a 6 5 s .1 6 72,79 1354-1355 > IO 8363 B 11 91,66 b 22 72,29 — — — — 1355-1356 > 10 83,33 B 11 91,66 > 22 s.1 0 8063 — — — — 1356-1357 » 10 83,83 B I I 91,66 b 2 2 s.1 0 8063 — — — — 1357-1358 > 10 8363 B 11 91,66 > 22 8.10 8063 3 0 s.1 6 80,20 B 7 4 s . 6 82,19 1358-1359 > 10 S3.33 B 11 91,66 b 22 s.1 0 8065 30 8.16 80,20 B 7 4 s . 6 82,19 1359-1360 B 11 91,66 B 11 91,66 » 26 S.10 94,64 3 2 s.1 6 85,41 B 81 s . 6 89,93 13G0-1361 ■ 12 8.16 706,fiö B 13 10863 b 2 9 10367 3 9 S .I2103,12 B 9 4 s. 8 104,42 1361-1362 • 12 s.16106,66 B 13 10863 • 2 9 10367 3 8 s. 1210062 B 9 3 s . 8 103,42 1362-1363 « 12 s.1 6106,66 B 13 10863 > 2 9 10367 3 8 8.1210062 B 9 3 s. 8 10342 1363-1364 > 14 s. 8120 B 13 10863 • 2 9 10367 3 8 s. 1210062 B 9 5 10560 1 364-1365 > 14 8. 8120 B 13 10863 . 3 5 8.10126,79 3 5 8. 8 92,18 B 9 8 s. 6 108,73 1365-1366 11262 1366-1367 112,82

(•) La scric non è completa dal 1314 al 1367: è Interrotta negli anni nei quali si ebbero degli sfitti. Ho qui calcolato gli Indici anche per gli anni 13G5-I367 ; ma v. quanto ho detto alla nota 7 ; ev. anche nota 60.

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