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Rivista di storia economica. A.04 (1939) n.4, Dicembre

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Academic year: 2021

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(1)

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Direzione: Via Lamarmora, 60 - Torino. Amministrazione: Giulio Einaudi editore, Via M ario Gioda, 1 - Torino — Abbonamento annuo per l'Italia l. 40. Estero L. 50. Un numero L. 12.

Anno IV - Numero 4 - Dicembre 1939 - XVIII

Giulio Mandich : Delle fiere genovesi dei cambi, parti­

colarmente studiate come mercati periodici del c r e d it o ... Pag. 257

Luigi Einaudi: I contadini alla conquiste della terra

italiana nel 1920-1930 . . ...» 277 N O T E E RASSEG N E:

Luigi Einaudi: Tema per gli storici dell’economia : negli

investimenti di capitali è preferibile il fumo o

l'a r r o s t o ? ... » 309

M ario De Bernardi: Appunti: Del generalizzare -

Qualche notizia su Edgeworlh - Ai riformatori della scienza economica - Una buona abitudine

b ib lio g ra fic a ... > 317 REC EN SIO N I d i:

M. L. - F. B. - A. R. : su libri di B. Nogaro, G. F.

W arren e F. E. Pearson, B. lavergne, G. letellier, J. Perret, H. E. Zuber, A. Dauphln-Meunier, C. Magni,

J. Boissonnet, Bureau International du Travail . . » 320

Luigi Einaudi: Aldo Mautino (n ecro lo g io !... » 327

»

TRA RIVISTE ED ARCHIVI :

(2)
(3)

delle pagine delle pubblicazioni periodiche il presente numero è

pubblicato in numero ridotto di pagine.

D.

elle fiere di cambi che si tenevano in Europa sino al ’700 molto si è

scritto per quanto riguarda l’ufficio che esse avevano di offrire un comodo e

utilissimo mezzo di compensare i pagamenti fra commercianti e banchieri

intervenuti in fera. E rimasto invece alquanto in ombra l’altro uff ciò di

offrire a coloro i quali avevano da pagare una somma maggiore di quella

da riscuotere il mezzo di condurre a buon fne la opportuna compensazione.

Il saldo passivo veniva raramente pagato in contanti e per conseguenza non

veniva del pari riscosso; ma nell’intervallo fra il giorno della presentazione

delle partite da pagare e da riscuotere ed il giorno della chiusura dei bi­

lanci, si stipulavano contratti di cambio, semplici o destinati a rinnovarsi,

detti di ricorsa, con i quali in sostanza chi aveva saldi attivi a riscuotere

concedeva credito a chi aveva saldi passivi da pagare, mascherando l’ inte­

resse sotto la forma di di frem e di cambio. Tutta questa procedura com­

plessa è efficacemente descritta da Giulio Mandich, nel primo degli arti­

coli offerti in questo fascicolo.

Nel secondo, sono riassunti e commentati i riattati della grande in­

chiesta condotta dall’Istituto nazionale di economia agraria intorno al mag­

gior avvenimento economico sociale verificatosi nel decennio 1920-930

nell’Italia rurale: il passaggio di un milione di ettari dalla proprietà di

signori a quella di contadini. Come il passaggio avvenne, come i contadini

abbiano potuto pagare il prezzo delle terre acquistate, quale l’ufficio degli

intermediari in terreni, quale il tipo di proprietà maggiormente cresciuto,

4

(4)

quali i contrastanti ideali famigliari e sociali, sono i problemi analizzati nello

studio.

Nella rubrica delle Note e Rassegne alcuni appunti di Mario De Ber­

nardi vogliono attrarre l’attenzione, fra l’altro, su talun difetto proprio degli

innocenti (riscoperta di teorie vecchie) e dei presuntuosi (preteso perfe­

zionamento di teorie già pienamente, quant’era necessario, chiarite da altri).

Il direttore della rivista, riassumendo una bella indagine americana, sugge­

risce agli storici dell’economia di studiare il quesito se negli investimenti

di capitali sia preferibile quel che si vede o quel che invece è invisibile ed

impalpabile.

Nella rubrica delle Recensioni ed in quella Tra riviste ed archivi si dà

notizia di alcuni libri e degli articoli di storia economica del ’700 in poi

pubblicati nelle puntate più recenti delle effemeridi storiche ed economiche.

7

M ù

del-STEFAN TH. POSSONY

L'ECONOMIA DELLA GUERRA TOTALE

L. 20

CESARE ALIMENTI

IL PETROLIO NELL'ECONOMIA MONDIALE

L. 15

(5)

L A F O R M A Z I O N E

D E L L A

U N I T À E U R O P E A

DAL SECOLO V AL XI

L. 20

DALLA BARBARIE DELL'ALTO MEDIOEVO

AGLI

ALBORI

DELL' ETÀ

COMUNALE

LE CONTRASTANTI FORZE DEI POPOLI

ROMANZI E GERMANICI, DELLA CHIESA

ROMANA, DI BISANZIO E DELL'ISLAM

SI AMALGAMANO FATICOSAMENTE IN

U N A CIVILTÀ NUOVA

GIULIO EINAUDI, EDITORE - VIA GIODA

TORINO

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(6)

B E R N A R D FAY

LA

MAS S ONERI A

E

LA RIVOLUZIONE INTELLETTUALE

DEL SECOLO XVIII

L. 20

LA STORIA DELLE GRANDI DEMOCRAZIE

(INGHILTERRA, STATI UNITI, FRANCIA)

ESCE IN GRAN PARTE RINNOVATA DA

QUESTE INTELLIGENTI E MALIZIOSE RICERCHE

(7)

BANCA

COMMERCIALE

ITALIANA

MILANO

CAPITALE L. 700.000.000 INT. VERS. R I S E R V A LI RE 1 5 5 .0 0 0 .0 0 0 A L 25 M A R Z O 1 9 39 - X V I I

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(9)

SCRITTI DI ECONOMIA E DI FINANZA

IV

MITI E PARADOSSI

DELLA

GIUSTIZIA TRIBUTARIA

SECO N D A EDIZIONE

Un volume in-8°, di pp. VIII-312: L. 20

Il presente libro collo stesso titolo fu pubblicato dallo stesso editore nel 1938, come volume XV della colle­ zione « Problemi contemporanei ». Il volume, in-8° di pp. 278, comprendeva I' introduzione ed i primi dieci capitoli; e questi nella presente edizione compaiono riveduti ed in parecchi punti rinnovati, per tener conto delle alcune critiche altrui che all'autore par­ vero rilevanti e di quelle più numerose, principal­ mente formali, che egli stesso ebbe a muovere al suo dettato. I due ultimi capitoli sono del lutto nuovi.

(Nola bibliografica dell’autore a quesla edizione)

GIULIO .EINAUDI, EDITORE - VIA GIODA 1

- TORINO

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/

(10)

Delle fiere genovesi di cambi parti­

colarmente studiate come mercati

periodici del credito.

1.

— La nostra indagine, in primo luogo, intende accentuare il signi­

ficato di alcuni aspetti caratteristici delle fiere di cambi, considerando queste

soprattutto dal punto di vista della funzione creditizia che sono chiamate

a svolgere: si tratta, è vero, di aspetti già rilevati in opere monografiche

e generali (1), ma pur ci sembra non inutile farli ancora oggetto di ulte­

riore esame, sia per metterli in più chiara luce, sia per inquadrarli meglio

nell’ambito dell’accennata funzione. In secondo luogo, intende soltanto con­

siderare le fiere genovesi di puri cambi, tenute in Piacenza e in Novi nella

prima metà del 1600 (2): e ciò perchè esse realizzano nella forma più

perfetta l’organizzazione di istituti che, risalendo ad un’epoca abbastanza

remota, assumono via via il carattere di mercati periodici e specializzati

del credito. Infine, si vale soprattutto degli scritti del genovese Gian Dome­

nico Peri, raccolti nelle quattro parti dell’opera « Il Negotiante » e redatti

verso la metà del 1600: la scelta di questa fonte, certamente un po’ tarda (3),

è motivata non solo dal numero e dalla attendibilità delle notizie in essa

(1) Per l’indagine giuridica, ricordiamo il lavoro di W. Endemann, Studien in der romanisch-kanonìstìschen Wirtschajts-und Rechtslebre, voi. I. (Berlin, 1874); per l'indagine

economica, il lavoro di R. Ehrenberg, Das Zeilaller der Fugger, voi. II. (Jena, 1922). Un'espo­

sizione generale anche in P. Huvelin, Essai historique sur le droit des marchès et des foires,

(Paris, 1897). Per uno sguardo d’insieme, il lavoro di G. Luzzatto, Storia economica, Età moderna, (Padova, 1934); cenni anche in P. Rota, Storia delle banche, (Milano, 1874).

(2) Esse continuano a chiamarsi «fiere di Bisenzone » anche se sono da parecchi anni trasferite in Italia. Oltre gli autori su citati, v. U. Benassi, Per la storia delle fiere dei cambi,

(in «Boll. Storico Piacentino»; anno 1915, p. 5 segg.; p. 62 segg.).

(3) Si desume sicuramente che la prima parte venne compilata nel 1638 e la seconda nel 1647; di data imprecisabile sono invece le altre due. Le nostre citazioni sono tolte dal­ l'edizione veneziana di Gio: Giacomo Hertz, pubblicata nel 1682.

17, IV.

(11)

contenute, fornite da persona bene esperta della materia, ma anche dalla

scarsa utilizzazione che ci sembra abbia avuto sinora (4).

2. — N o n sarà inutile premettere allo svolgimento più propriamente econo­

mico del tema una descrizione alquanto minuta dei principali negozi cambiari che si stipulano o si liquidano sulla fiera, come anche delle fondamentali operazioni che nel corso di questa hanno luogo. D egli altri aspetti, basterà solo ricordare che la fiera ci presenta un gruppo non molto numeroso di individui, chiamati banchieri, i quali usano raccogliersi insieme quattro volte l'anno, per la liquidazione di pre­ cedenti negozi o per la stipulazione di nuovi, agendo per conto proprio e per conto altrui. Si tratta di un gruppo che viene a ricomporsi nel luogo di fiera ad inter­ valli regolari di un trimestre, per poi scindersi, dopo una permanenza normale di otto giorni, su di un certo numero di piazze, relativamente vicine; esso ha in fiera una particolare organizzazione, atta ad individuarlo e a dargli vita non effimera, ed è retto da una propria magistratura, con attribuzioni soprattutto giurisdizionali ed amministrative.

Va subito precisato che nell’attività di fiera viene impiegata una speciale moneta di conto, costituita dallo « scudo di marche » e convertibile in determinate monete effettive, secondo un prestabilito rapporto: 101 scudi di marche per 100 scudi d'oro dei conii di Spagna, Genova, Venezia, Firenze, Napoli (« scudi d'oro in oro delle cinque stampe »). Più precisamente : nella stipulazione sulle piazze dei negozi di cambio, il computo della somma si effettua in scudi di marche; nella esecuzione in fiera di tali negozi, il pagamento deve aver luogo con effettivi scudi d ’oro, ove non operi la compensazione. Gli scrittori dell'epoca parlano al riguardo di compere e di vendite di scudi di marche (5 ): chi su di una piazza dà a cambio per una certa fiera, consegna sulla piazza danaro contante ed acquista cosi, ad un certo prezzo (corso del cambio), lo scudo di marche, esigibile a scadenza sulla fiera; e chi sulla fiera dà a cambio per una certa piazza, vende sulla fiera lo scudo di marche ad un certo prezzo per avere più tardi sulla piazza, giunta la scadenza, altra moneta (6).

Circa queste operazioni, due sono le forme che vanno particolarmente di­ stinte: il cambio libero e il cambio di ricorsa. Il cambio libero è così chiamato «p erchè non ha conditione alcuna, dovendo haver il suo fine nel luogo desti­ nato » (7). Supponiamo che Primus dia a cambio in Genova a Secundus scudi d’argento 1180 per avere sulla fiera di N ovi 1000 scudi di marche, e che Primus incarichi Titius di N ovi di riscuoterli, mentre Secundus ordina a Caius, pure di N ovi,

(4) Lo stesso Endemann ignora il Peri e attinge notizie soltanto dai giuristi dell'epoca : in particolare dallo Scaccia e dal De Turri. Noi abbiamo potuto procedere anche ad alcuni confronti con documenti dell'Archivio di Stato di Venezia, dei quali è però nostra intenzione servirci per altro studio.

(5) Lo scudo di marche è considerato quale «mercanzia propria delle fiere di cambi ». Esso si suddivide in 20 soldi, di 12 danari ciascuno.

(6) Per la terminologia: il corso fissato sulle piazze chiamasi «prezzo dell'andata»; quello fissato sulle fiere, « prezzo del ritorno ».

(7) Peri, op. cit., parte 1*. p. 63.

/ \

/

(12)

DELLE FIERE GENOVESI DI CAMBI 259

di pagarli (8). In fiera di N ovi, Caius estingue il primo cambio versando i 1000 scudi di marche, e poi se ne procura altrettanti da un banchiere, con la consegna a questi di una cedola, tratta su Secundus; reciprocamente, Titius riscuote anzitutto i 1000 scudi di marche del primo cambio e li cede poi ad altro banchiere per ot­ tenere da questi una cedola, da rimettere a Primus; se in N ovi il corso del cambio è di 120 scudi d’argento per 100 di marche, la somma delle nuove cedole ammon­ terà a 1200 scudi d’argento. I due contraenti usano spesso servirsi di un medesimo agente, a cui l’uno trae e l’altro rimette. L’agente è invitato a pagare « a sè stesso » : in un primo tempo, dovendo estinguere il cambio indirizzatogli, egli addebita il traente e accredita il rimettente; in un secondo tempo, ritornando le somme con una nuova tratta sul debitore e una nuova rimessa al creditore, procede allo storno delle precedenti registrazioni.

Più complesso è il cambio di ricorsa, perchè « tiene la conditione di nuovo recambio » (9). obbligandosi il creditore a concedere ulteriore credito al debi­ tore, quando scadrà la prima cedola, onde permettergli di estinguerla nel luogo dove essa è diretta. La nuova concessione di credito assume la forma di un secondo cambio e si spiega con l ’esistenza di rigorose norme canoniche e statutarie, le quali esigono che il luogo di stipulazione sia diverso da quello di esecuzione: il che è appunto reso formalmente possibile con la ricorsa, non ostante alcune vive op ­ posizioni di teologi e giuristi. Senza indugiare in proposito, basterà aggiungere che il debitore può sempre impedire il secondo cambio, effettuando con propri mezzi il pagamento del primo; e può cautelarsi contro i soverchi rischi delle variazioni dei corsi, apponendo al negozio la clausola dello « interesse (o prezzo) limitato ». Ciò significa che il di più della somma ricevuta sarà pagato solo nella misura cor­ rispondente alla oscillazione dei cambi, e non sarà comunque mai superiore ad

un certo massimo. Per un esempio di ricorsa, scegliamo la forma definita come

« più costumata » (10). In fiera di N ovi, Primus dà a cambio a Secundus 1000 scudi di marche per avere in Genova 1200 scudi d’argento; e siccome in Genova Secundus non ha nè danaro nè credito, Primus g li offre anche il suo agente Titius, il quale viene non solo incaricato di accreditare a Primus la rimessa, ma anche di addebitare la tratta a Secundus « sopra lo stesso Primus » ( 11). Perciò, in Genova, Titius dà esecuzione al negozio semplicemente addebitando l ’uno e accreditando l ’altro (1 2 ); poi, supposto che il cambio sia di 118 scudi d ’argento per 100 di marche, con una sua cedola ordina a Secundus di pagare a Primus, in fiera di N o v i, scudi di marche 1016.18.11.

(8) Ai due agenti spetterebbe una provvigione, che dovrebbe essere pagata da Primus a Titius e da Secundus a Caius, ma ne trascuriamo il calcolo per semplicità.

_(9) Peri, op. cit., parte 1*, p. 67. (10) Peri, op. cit., parte 1*, p. 75.

(11) Riteniamo tipico della ricorsa questo addebitamento del traente sopra lo stesso rimettente; Endemann (op. cit., p. 270) pone invece in rilievo l'ordine dato all'agente di pa­ gare a sè stesso; ma si è pur visto che ciò è comune a non pochi cambi liberi.

(13)

La cosidetta « continuazione dei cambi » non è altro che una ricorsa per la durata di due o più fiere, originata o in seguito ad un patto fra creditore e debitore, o senz'altro di iniziativa del primo, in caso di mancato pagamento da parte del secondo: infatti, il creditore, prendendo danaro a cambio da altri, può tenerlo investito ai danni del debitore, finché questi non paga (13).

3. — Per esporre anche le ragioni d'impiego dei principali tipi di negozi

cambiari, accenneremo anzitutto ai negozi che sorgono sulle piazze, convergendo in fiera. Sulle piazze, nell'epoca più lontana dalla fiera, perchè allora il corso dello scudo di marche è più basso (14), vi sono banchieri che investono in cambi liberi il contante disponibile, in vista del solo lucro realizzabile con il corso del ritorno (15). M olto più di frequente però i cambi liberi servono per l'utilizzazione di crediti disponibili in località che poco si prestano ad un traffico cambiario da piazza a piazza : allora il creditore si fa rimettere l'importo sulla fiera, o perchè in questa potrà poi negoziarlo con maggior vantaggio, dato il livello del corso del ritorno, o perchè, volendo realizzare subito sulla piazza il contante, può qui tro­ varlo con maggiore facilità, mediante una cedola diretta in fiera, dove giungerà pure la rimessa (16). Cambi liberi non infrequenti sono ancora gli « arbitrij », com­ piuti da chi acquista scudi di marche su certe piazze, dove il prezzo è basso, e li rivende su altre, dove invece il prezzo è alto, indirizzando il debito e il credito sulla stessa fiera (17). Ulteriori cambi liberi vengono stipulati da mercanti che intendono procurarsi opportuni mezzi di pagamento in lontane regioni e che perciò acquistano sulla piazza scudi di marche per rivenderli poi sulla fiera, onde ottenere più facilmente la moneta di cui essi abbisognano (18).

Sulle piazze sorgono anche numerosi cambi di ricorsa, diretti sulla fiera, ma destinati a ritornare una o più volte sul luogo d ’origine, sino ad avervi definitiva estinzione: essi servono per esercitare il credito a titolo oneroso, sostituendosi alle forme genuine, ma condannate, del mutuo feneratizio. Il danaro viene spesso chiesto a cambio, oltre che da banchieri, da negozianti di mercanzie (19), i quali nascondono la stipulazione dello interesse sotto la forma di un adempimento al corso del ritorno (quasi sempre superiore, come vedremo, a quello dell’andata); e viene spesso dato a cambio per via indiretta anche da varie categorie di modesti rispar­ miatori, i quali, volendo o dovendo rimanere estranei alla negoziazione, fanno agire per loro conto, ma non in loro nome, i più accreditati banchieri della piazza (20). Sono questi che investono nella ricorsa il danaro dei clienti, perso­ nalmente obbligandosi di restituirlo in base al corso del ritorno e trattenendosi

per la loro opera e per Io « star del credere » la consueta provvigione.

(13) Per un es., v. Peri, op. cit., parte 2*, p. 36.

(14) Sulla piazza, il corso del cambio tende normalmente ad aumentare, via via si ap­ prossima il momento dell’apertura di fiera; v. Peri (op. cit. parte 1*, p. 48).

(15) Peri, op. cit., pa,rte 1*, p. 48. (16) Peri, op. cit., parte 3 \ p. 99.

(17) Per es., v. Peri, op. cit., parte 2*, p. 25. (18) Peri, op. cit., parte 2*, p. 86.

(19) Peri, op. cit., parte 3*, p. 100. (20) Peri, op. cit., parte 1*, p. 75.

r

(14)

DELLE FIERE GENOVESI DI CÀMBI 261

è da rilevare ora che chi ha così acquistato o venduto sulla piazza lo scudo di marche, si trova più tardi stimolato ad offrirlo o a domandarlo sulla fiera. Chi ha crediti di scudi di marche, è indotto a concedere questi scudi a cambio, ottenendo cedole esigibili sull’una o sull’altra piazza, sia per speculare sul fa­ vorevole corso del ritorno, sia per evitare i disagi e i pericoli del trasporto di danaro, a cui sarebbe altrimenti soggetto. E chi ha debiti di scudi di marche, è a sua volta spinto a prender questi scudi a cambio, consegnando cedole che egli pagherà sull’una o sull’altra piazza, sia per conservare ancora la disponibilità del capitale, sia per non dover recare con sè in fiera il danaro necessario al paga­ mento in contanti. E quindi dagli stessi negozi stipulati sulle piazze possono origi­ nare sulla fiera ulteriori negozi, della cui notevole importanza diremo fra poco. Qui vanno ricordate invece altre tipiche operazioni di fiera, compiute da coloro che, giungendovi senz’avere acquistato o venduto sulle piazze lo scudo di marche, cercano ora di procurarselo, mediante arbitrij e mediante ricorse: i primi, stipulati molto spesso nella forma di « cambi doppi » (21), sono assai favoriti dal gran numero di negozianti recatisi in fiera; le seconde, che nascono ex-novo sulla stessa fiera, vi ritornano di solito una o più volte, sino ad esaurire il ciclo della loro durata.

Queste ricorse hanno una particolare importanza, perchè derivano spesso dai famosi « asientos », conclusi dai banchieri di Genova con la Corona spagnola. Il Peri offre sul tema esaurienti informazioni : « Il Re di Spagna.... ha bisogno di proveder in Anversa prontamente Se. cinquecento milla, non ha nè il danaro, ne v e in Madrid Mercante, che possa a dirittura per via di credito proveder in Anversa questa somma : perciò ne passa Assento con un N egotiante Genovese, quale s’incarica far la provisione del danaro fra il termine aggiustato. Questi dà ordine in Genova al suo corrispondente, che rimetta per la più breve strada possibile in Anversa Se. 500 M. Chiaro è che da Genova, nè da piazza alcuna non può tro­ varsi a rimettere tanta somma non essendovi singolatamente chi abbia in Anversa tanto effetto da potersi valere, ma il detto corrispondente di Genova dalla fiera di N ove rimetterà questa somma in Anversa negotiandola parte con Banchieri G e­ novesi, parte con Milanesi, parte con Fiorentini, etc. ciascheduno de quali, o per occasione di proprie mercantie, o per altro ha commodità di far tratta in Anversa di qualche somma » (22).

Ora, il regolare adempimento dell’obbligazione nata con lo asiento è comu­ nemente reso possibile da una stipulazione in fiera di numerose ricorse, come precisa altrove lo stesso Peri: « n o n occorre dubitare che tal negotiatione non sia stata in gran parte introdotta per non haver il debitore presentemente la commodità nella Piazza dove va il debito per l ’estintione di quello. Questa defficienza può esser cagionata da più cause mentre si continua quantità di debiti; e fra questi tengono il primo luogo quelli de quali s’incaricano coloro, che fanno Assenti con

Pren-(21) Nel cambio doppio, un contraente dà ao un altro una certa somma per un luogo determinato e prende contemporaneamente la stessa somma dallo stesso contraente, ma per un luogo diverso. CSf. Peri, op. cit., parte 2“, p. 31 segg.

(15)

cipi, e particolarmente col Re di Spagna...; poiché dovendosi molte volte sborsar il danaro prima d'imborsarlo, trattandosi di partite rilevanti, bisogna c'habbiano chi in tanto li vada soccorrendo. E mentre che essi riscuotono l'interesse dal su- detto Re (il quale tanto pe ’1 lucro cessante, come pe '1 danno emergente sopra il danaro anticipatamente sborsato si contenta di andarlo pagando a ragione d’otto per cento l ’anno), sborsano insiememente l’interesse a coloro, che li soccorrono: e.... patuiscono, che l’interesse sia limitato, e sempre subordinato all’interesse del cambio libero, ne mai può esser maggiore, e che per ciò se ne fa la continuatione sopra cambij, con che si causa la ricorsa » (23).

4. — Descritti così, nelle loro linee fondamentali, alcuni negozi cambiari,

gioverà anche ricordare il caratteristico funzionamento delle fiere, dove questi ne­ gozi o nascono o si estinguono (24).

Le partite convergenti sulla fiera sono soggette ad una speciale procedura, che ha subito inizio nel primo giorno e viene detta delle « accettazioni generali con scartafacci » : si svolge infatti alla presenza del Console e con la partecipazione di tutti i banchieri interessati, i quali devono portar seco i fascicoli delle partite da pagare e da riscuotere. Rivolge per primo domanda di accettazione chi ha da riscuotere, risponde poi chi ha da pagare; se la partita è accettata, allora le due parti tracciano nei rispettivi scartafacci, laddove sono le registrazioni, un segno speciale. E il procedimento continua, finché ognuno non ha « puntato » con tutti i suoi creditori e debitori. N on è però da escludere che ulteriori accettazioni pos­ sano verificarsi anche in seguito, in forma diretta e privata. L’effetto giuridico, in ogni caso, è quello di rendere personalmente obbligato il banchiere che accetta, di fronte al banchiere a cui accetta. M a un secondo effetto può essere la immediata

estinzione,

ipso iure,

di talune partite, quando queste si compensano. E perciò, nel

« bilancio delle accettazioni », subito compilato nel secondo giorno, ogni negoziante, escludendo le somme accettate che si compensano, perchè in dare e in avere di una stessa persona, escludendo pure le somme non accettate, perchè ne farà levare il protesto, registra unicamente quelle già accettate ma non ancora compensate.

I cambi che affluiscono in fiera possono venire estinti mediante la così detta « compensazione privata » (25), quando, come si è accennato, un negoziante accetta una partita ad un altro, e questo a sua volta accetta una partita a quello. Ma siffatta compensazione richiede un duplice e diretto incontro tra banchiere e banchiere. Se Primus deve 100 a Secundus, se Secundus deve 100 a Tertius, se Tertius deve

10 0 a Primus, è chiaro che non può verificarsi tra di essi una compensazione pri­ vata, malgrado il pareggio dei singoli bilanci. Ma è chiaro altresì che, per realiz­ zarla, basterebbe un semplice giro di partite: basterebbe, ad esempio, che Primus

assegnasse a Secundus il suo credito verso Tertius. Una via m igliore è però offerta

dalla « compensazione pubblica », che rappresenta %un secondo modo di estinzione

dei cambi, attuato con la consegna di tutti i « bilanci dei pagamenti » al

Magi-(23) Peri, op. cit., parte 1", p. 67.

(16)

DELLE FIERE GENOVESI DI CAMBI 263

strato di fiera, giunto l’ottavo giorno. N el bilancio dei pagamenti, ogni nego­ ziante registra le partite che egli ha ancora da pagare o da riscuotere; e supposto che tutti i bilanci siano in perfetto pareggio (26), riesce evidente come possa realiz­ zarsi, riunendoli nelle mani del Console, una compensazione generale (27). L’uti­ lità grande di questa spiega le severe norme statutarie aventi lo scopo di agevolarla e garantirla; se nell’ottavo giorno un negoziante resta ancora con un «m anca­ mento », gli statuti concedono che il suo creditore possa esigere da lui, entro certi limiti di somma e per determinate località, nuove cedole di cambio (28).

Le partite residue potrebbero però venire estinte anche mediante il pagamento in danaro contante, ma questa forma ha scarsa applicazione. Comunque, l ’impiego del contante può aver luogo in due modi ; o versandolo direttamente al creditore, o « a colui che ha l’avanzo nella fiera » ; oppure consegnandolo al Console, che lo fa rimettere a chi risulta « creditore della fiera quando si presentano i bilanci » (29). Questo secondo modo è però ancor meno frequente del primo, ed è usato soltanto per modesti importi. In realtà, il pagamento in contanti riesce non poco ostacolato, esigendo il legislatore che sia compiuto con scudi aurei e durante i primi quattro giorni di fiera. Oppure nell’ultimo giorno, ma usando moneta fatta bollare nel corso di quei primi quattro (salvo sia impossibile al debitore ricorrere a nuovi cambi).

Altra operazione caratteristica è la determinazione ufficiale del corso del cambio. « Mettere il conto », significa appunto procedere alla stima dello scudo di marche, il cui prezzo viene indicato in una particolare moneta, usata nella località per dove i cambi sono diretti; e questa stima ha luogo durante il terzo giorno di fiera, con l'intervento di alcuni negozianti, i quali, radunandosi assieme al Magistrato, sono tenuti a dichiarare valori giusti e ragionevoli. Il « conto » deve infatti rap­ presentare il « pretium verum cambiorum » : ecco perchè sono ammessi a determi­ narlo soltanto i negozianti di maggior rilievo, che hanno « negotij competenti per tutte le p iazze», e quindi possono conoscerne le reali condizioni; ecco perchè ven­ gono fatti allontanare i diversi sensali, avanti che la procedura abbia inizio, e vengono fatti denunciare i contanti, portati in fiera per i pagamenti. Solo allora comincia la votazione: il cancelliere interroga i presenti uno ad uno, prendendo nota dei prezzi da essi via via dichiarati : se le dichiarazioni non coincidono, viene scelto come prezzo ufficiale quello che ha ottenuto la maggioranza dei voti, purché oltre la metà.

Resi pubblici questi corsi ufficiali, i banchieri mirano subito ad una vantag­ giosa stipulazione di nuovi cambi. A l riguardo interessa conoscere se essi deb­ bono rigidamente attenersi, o meno, al « prezzo del conto ». Secondo lo statuto di fiera, integrato dalle informazioni del Peri, soltanto nei seguenti casi, diventando assai delicata la posizione del debitore, quello riesce obbligatorio : per le continuazioni anche brevi, originate da un accordo fra il debitore e il creditore; per i protesti

(26) Se il totale del dare coincide con quello dell'avere, il bilancio è « a g g iu stato » ; altrimenti presenta un « avanzo» o un «m ancam ento».

(27) Il procedimento delle compensazioni pubbliche non ci sembra ben chiaro nelle esposizioni di Endemann e di Ehrenberg; vi ritorneremo fra poco.

(17)

di cedole, quando queste non vengono tempestivamente accettate o pagate; per i cambi imposti dal creditore a chi rimane con un mancamento, ormai giunto l'ottavo giorno (30). In ogni altro caso, il « conto » deve essenzialmente servire per al­ lontanare il sospetto d'usura dalle pattuizioni che vi si conformano, per quanto la cosa non sia del tutto pacifica, non mancando talune accuse contro di esso. N oi ci limiteremo qui ad un rilievo, che avrà in seguito ulteriore svolgimento : il livello del « conto », stabilito sulla fiera, risulta quasi sempre superiore al livello « cor­ rente », formatosi sulla piazza (31).

5. — Completerà il quadro ora abbozzato della vita di fiera un più preciso

cenno sull'attività che in essa svolge il singolo banchiere (32). D i solito, questi proviene da una piazza non molto lontana, dove ha una propria « casa di negozio »

(non unica, se il suo traffico ha estensione notevole) e giunge in fiera per compiere operazioni cambiarie che riguardano anche parecchie altre case, ricevendo molte­ plici « spacci ». N eg li spacci sono contenuti ordini di pagare tratte e di riscuotere rimesse; si trovano comunemente disposizioni circa il ritorno del debito o del credito; talvolta anche istruzioni per eventuali arbitraggi, non sempre connessi al ritorno delle somme da realizzare in fiera. In certi casi, l’autore dello spaccio trae o rimette per conto proprio, facendosi personalmente addebitare o accreditare; in altri casi, invece, trae o rimette per conto altrui, facendo addebitare o accreditare terzi.

N on occorre ritornare sulle cause che possono aver originato nella piazza tanti negozi. Osserviamo invece il banchiere che, per prima cosa, si accinge alla compilazione dello scartafaccio, dovendosi presentare con esso alle accettazioni ge­ nerali. N ello scartafaccio vanno, fra gli altri, distinti due ordini fondamentali di conti: conti dei pagamenti e delle riscossioni, conti degli addebitamenti e degli accreditamenti. N ei conti del primo gruppo, il banchiere segna nel dare o nell’avere dei negozianti di fiera, gli importi che nei loro confronti egli ha da riscuotere o da pagare; nei conti del secondo gruppo, segna invece nel dare o nell'avere dei corrispondenti di piazza (comprese le sue case) i pagamenti e le riscossioni che per loro conto deve fare. I due gruppi non corrispondono, perchè nei conti del secondo non figurano affatto, come invece in quelli del primo, le partite non infre­ quenti che il banchiere di fiera è invitato a pagare a se stesso. E l’importanza della distinzione ha subito modo di manifestarsi, quando il banchiere partecipa alla pro­ cedura delle accettazioni generali: le partite a questa soggette sono soltanto quelle dei conti del primo gruppo, distinti secondo i vari negozianti. Quindi la com­ pensazione privata si verifica unicamente fra le somme in dare e in avere di ciascuno di essi, e il bilancio delle accettazioni altro non contiene che i loro residui attivi e passivi.

(30) Peri, op. cit., parte 3*, p. 70; v. anche cap. 13 dello Statuto. (31) Cfr. Peri, op. cit., parte 1*, p. 95.

(18)

DELLE FIERE GENOVESI DI CAMBI 265

La compilazione di questo bilancio chiude la prima delle tipiche operazioni di fiera. Ma il banchiere deve anche ritornare sulla piazza i debiti e i crediti di coloro per i quali egli agisce, compresi i debiti e i crediti delle sue stesse case. Ad ogni obbligo assunto dal banchiere per conto altrui, corrisponde un suo cre­ dito, da realizzare con una tratta sul debitore; ad ogni diritto acquistato dal ban­ chiere per conto altrui, corrisponde un suo debito, da soddisfare con una rimessa al creditore. Ora, se il totale dei saldi passivi da ritornare su di un certo luogo equivale al totale dei saldi attivi da ritornare sullo stesso luogo, il banchiere non ha in fiera un compito veramente difficile: basta che egli usi proprie cedole, traen- dole sui debitori e rimettendole ai creditori, senza dover mettersi alla ricerca di una controparte, a cui domandare od offrire scudi di marche. Ma di solito manca questa esatta coincidenza. E quindi effettivi negozi sorgono unicamente dallo scarto fra i saldi attivi e passivi che hanno da ritornare su di una stessa piazza. Se però si considera che il banchiere non è sempre rigorosamente obbligato a seguire gli ordini ricevuti per la scelta della località del ritorno (33), una concreta stipula­ zione di nuovi cambi viene specialmente a dipendere dallo scarto fra il totale di tutti i saldi attivi e il totale di tutti i saldi passivi dei conti del secondo gruppo. In altre parole, dall'avanzo o mancamento del bilancio delle accettazioni.

Il banchiere, che non è in alcun modo favorevole ad una riscossione o ad un pagamento in danaro contante, investe l'eventuale avanzo dando a cambio gli scudi di marche e copre l ’eventuale mancamento prendendoli a cambio. Per gli incontri delle offerte e delle domande servono appunto i rimanenti giorni di fiera, sino a quando ne è prossima la chiusura. Il banchiere deve allora provvedere alla compilazione del bilancio dei pagamenti, ricavandolo dai conti del primo gruppo. Si è già detto che il bilancio è « aggiustato » se il valore complessivo delle somme da pagare corrisponde al valore complessivo di quelle da riscuotere; ora possiamo precisare che tale corrispondenza è in grandissima parte il risultato degli accennati nuovi cambi, sorti sulla fiera. Infatti: le somme del mancamento che il banchiere aveva da pagare in origine, per i negozi di piazza, trovano ora le loro contropartite nelle maggiori somme che egli deve riscuotere, p e r . i nuovi cambi presi sulla fiera (34); e analogamente, alle somme dello avanzo da esigere in origine, si con­

trappongono le maggiori somme da versare, dovute ai nuovi cambi dati, è in

questo modo che il primitivo squilibrio viene gradualmente eliminato, portando ad uno stesso livello le somme che restano da pagare e quelle che restano da riscuotere. Ma un banchiere può trovare opportuno prendere a cambio malgrado il suo avanzo, come può trovare opportuno dare a cambio malgrado il suo mancamento. Questi negozi sono tuttavia ostacolati dal fatto che essi accrescono lo squilibrio iniziale ed esigono perciò che lo stesso banchiere trovi in fiera maggiori contropar­ tite. Ciò viene a dirci che qualunque effettiva stipulazione di fiera, sia che derivi

(33) Cfr. Peri, op. cit., parte 1*, p. 107.

(19)

da crediti o debiti di scudi di marche sorti in precedenza sulle piazze, sia che ne risulti invece affatto indipendente, pone al banchiere la seguente alternativa: o ricorrere a nuovi cambi di investimento e di copertura; o impiegare per le differenze una notevole quantità di danaro contante. Ed essendo questa seconda via raramente preferita, la illazione riesce facile: il banchiere è disposto a dare o prendere a cambio solo se può a sua volta prendere o dare a cambio. Comunque, siccome non sono rare in fiera le congiunture favorevoli, il livello complessivo dei cambi che in essa nascono supera di solito quello dell'originario avanzo o mancamento, creato dai precedenti negozi di piazza (3 5 ); e il banchiere riesce di solito a presentare al Console un bilancio in perfetto pareggio, scaduto l'ultimo giorno.

6.

— La precedente esposizione, essenzialmente descrittiva, deve ora

permetterci di comprendere meglio il significato economico delle fiere di

soli cambi, considerandole nei loro aspetti più caratteristici : compensazione

pubblica, determinazione del « conto », impiego dello scudo di marche.

L’attenzione degli studiosi di storia economica e giuridica si è diretta sinora

con particolare insistenza alla compensazione di fiera, certo perchè elemento

più appariscente della vita nundinale (36), ma senza troppo distinguere

fra compensazione privata e compensazione pubblica, come anche senza

molto indugiare sulla portata di questa seconda. Pur avendo entrambe una

straordinaria importanza, di fronte alle insufficienze monetarie dell’epoca,

riteniamo che non bastino per giustificare appieno la istituzione delle fiere

cambiarie.

Anzitutto, nei riguardi delle compensazioni « private » (37), non va

esagerata la loro importanza quantitativa, per la difficoltà di realizzare un

duplice e diretto incontro fra banchieri, che devono reciprocamente farsi

pagamenti e riscossioni; nella massa totale delle compensazioni, il primo

posto spetta nettamente a quelle « pubbliche », perchè esse esigono sol­

tanto che sia raggiunto il semplice pareggio tra il totale delle somme da

pagare e il totale delle somme da riscuotere. Testimonia infatti il Peri,

(35) Desumiamo dallo scartafaccio del Peri alcuni dati (approssimati). Conti degli adde- bitamenti e accreditamenti, all'inizio della fiera: dare dei terzi, se. 170000; avere, 215000. Conti delle somme da riscuotere e da pagare all’inizio della fiera: dare dei terzi, se. 145000; avere, 100000. Bilancio delle accettazioni: dare dei terzi, se. 110000; avere, 65000; avanzo, se. 45000 ; Cambi presi e dati dal banchiere durante la fiera : presi, se. 20000 ; dati, se. 65000 (corrispondenti a 20000 + 45000). Bilancio dei pagamenti: dare se. 101000; avere, se. 101000. Le provvigioni spettanti al banchiere importano se. 650.

(36) In una recente pubblicazione, anche H. Sieviking accenna alle fiere genovesi come ad istituzioni destinate essenzialmente alla compensazione (Das Bankwesen in Genua und die

Bank von S. Giorgio; nella raccolta a cura di J. G. Van Dillen, History of thè Principal puhlic bantu, p. 27; The Hague, 1934).

(37) Cenni descrittivi a p. 262 (anche per le compensazioni pubbliche).

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(20)

DELLE FIERE GENOVESI DI CAMBI 267

che appunto questa è la compensazione « più numerosa, saldandosi con

essa tutti li resti delli negotij della fiera » (38).

Poi, nei riguardi della compensazione pubblica, non ci sembra si sia

abbastanza insistito sinora sul mezzo usato per raggiungere il pareggio

del bilancio dei pagamenti, dopo che si è verificato un avanzo o un man­

camento in quello delle accettazioni. Noi già sappiamo che questo mezzo

è normalmente costituito dalla stipulazione in fiera di nuovi negozi di

cambio, venendo raramente usato il danaro contante (39). E allora il

fatto, ben documentato dalle fonti, di dirigere le partite sulle fiere anzi

che sulle piazze (dove una compensazione sarebbe pur possibile e dove

esistono sistemi analoghi, se non identici, per facilitarla) si può certo

spiegare ravvisando in quella non solo una perfezionata clearing house,

ma anche, e prima ancora, un importante mercato del credito. Se la com­

pensazione pubblica è quella che più colpisce, dell'organizzazione nundi-

nale, in effetto essa dipende in larga misura dalla possibilità di conseguire

un pareggio con ulteriori negozi di cambio, la cui entità è fatta anche

palese da vari indici: gli scrittori dell’epoca ci dicono che nel corso della

fiera i negozianti si sentono vivamente stimolati alla liquidazione tempe­

stiva dei loro residui attivi e passivi, per cui dispongono di un periodo

sufficientemente lungo, e specialmente eloquenti sono i numerosi accenni

ai grandi vantaggi offerti dalla fiera, in quanto essa rende facile il « ri­

scontro », sia per chi ha da investire un avanzo, sia per chi ha da coprire

un mancamento (40).

Non dimentichiamo che sulla fiera vengono stipulati anche altri no­

tevoli negozi, per approfittare di una congiuntura che permetta di compiere

lucrose operazioni, del tutto estranee a precedenti compere e vendite di

scudi di marche; non dimentichiamo poi che trattasi sempre di negozi

aventi carattere non fittizio, ma reale, i quali danno perciò vita ad un

vero mercato, se per mercato si intende il punto di convergenza di nume­

rose ed effettive domande ed offerte, rese omogenee dall’identità del loro

oggetto (nel caso nostro, lo scudo di marche). Semplice simulacro di mer­

cato sarebbe invece la fiera, se i cambi già stipulati sulle piazze dovessero

sempre avere in essa un’esecuzione puramente formale. Non vi mancano,

(38) Peri, op. cit., parte 3 \ p. 45. Cfr. anche lo scartafaccio pubblicato dallo stesso; su di un totale di se. 100000 da pagare e 145000 da riscuotere, nel bilancio delle accetta­ zioni figurano ancora se. 65000 e 110000; quindi per compensazione privata si estinguono sol­ tanto 35000 scudi.

(21)

è verissimo, incassi e pagamenti effettuati con semplici registrazioni con­

tabili, come avviene quando un banchiere è incaricato di pagare a sè stesso

e deve ritornare il debito e il credito su di una medesima piazza (41);

ma numerosi sono anche i casi nei quali il banchiere deve invece mettersi

alla ricerca della controparte e iniziare con essa delle trattative, per giun­

gere ad un accordo. Quindi: come la fiera non può essere ritenuta una

semplice stanza di compensazione, così non deve neppur essere considerata

quale esclusivo simulacro di mercato, destinato a realizzare la famosa « di­

stantia loci », richiesta per la validità del cambio.

Che essa sia poi un mercato di mezzi di credito, aventi particolari

forme cambiarie, e non un solito mercato di mezzi di pagamento, costituiti

dagli ordinari cambi traiettizi, crediamo possa riuscir chiaro dalla funzione

economica a cui adempiono i suoi più tipici negozi: soprattutto i cambi

di ricorsa, che nascono e ritornano sulla fiera, e poi anche i cambi liberi,

che sulla fiera seguono ad altri cambi liberi (42). I cambi di ricorsa costi­

tuiscono evidentissimi strumenti di credito, in quanto consentono che il

danaro con essi realizzato resti nelle mani del debitore per la durata

di uno o più interi trimestri; ma non meno efficaci strumenti di credito

sono anche i cambi liberi, quando vengono stipulati allo scopo di coprire

un mancamento sorto da un precedente negozio di piazza: infatti, il se­

condo cambio permette al debitore di disporre più a lungo del danaro

conseguito con il primo, il tutto riducendosi ad un eventuale mutamento

deH’originario creditore. Fra un unico negozio di ricorsa, per la durata

di più fiere, e diversi cambi liberi, che si susseguono in un eguale inter­

vallo di tempo, la differenza economica non ci sembra rilevante (43).

L'impiego di tutti questi strumenti di credito è appunto favorito in larga

misura dalla particolare organizzazione di fiera : attraverso opportuni livelli

del corso del cambio, come subito vedremo, e attraverso lo stesso sistema

di compensazioni, quale abbiamo già descritto. I negozianti che hanno

diretto in fiera le loro tratte per trovarvi anche il danaro necessario a

pagarle (in attesa di realizzare altro capitale proprio) possono qui ottenerlo

con assai maggiore facilità che non altrove, rivolgendosi a coloro che,

in buon numero, hanno a loro volta diretto sulla stessa fiera ingenti rimesse,

(41) Cenni descrittivi a p. 259 e a p. 265. (42) Cenni descrittivi a p. 259.

(43) La vita della ricorsa si scinde in periodi minori, corrispondenti pressappoco a quelli di ogni cambio libero; e avendo ciò importanza per il maturare degli interessi, che di volta in volta si aggiungono al primitivo capitale, resta così eliminata ogni disparità di oneri per il debitore che si obbliga nell’uno o nell'altro modo.

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(22)

DELLE FIERE GENOVESI DI CAMBI 269

mirando appunto, con una rivendita dello scudo di marche, a realizzare

un proficuo reinvestimento delle somme che ora si rendono disponibili;

e i vantaggi offerti dalla compensazione di fiera concorrono non poco a

favorire l’incontro fra le domande degli uni e le offerte degli altri. Sulla

fiera non mancano certo anche negozi che mirano essenzialmente a rea­

lizzare comodi mezzi di pagamento per località lontane, onde evitare gli

inconvenienti molteplici di un trasporto effettivo di contante e le difficoltà

che, per la deficienza di contraenti, può presentare la stipulazione di un

cambio diretto, da piazza a piazza; ma anche il realizzo di questi mezzi di

pagamento richiede spesso un preventivo appello al credito, o presso la

stessa persona che li fornisce, o presso qualche altra (44).

7.

— In quale misura l’organizzazione nundinale valga ad agevolare

l’incontro delle domande ed offerte dello scudo di marche, può essere ancora

indagato attraverso la formazione del corso del cambio. Questo viene sta­

bilito in due modi: o mediante libere contrattazioni private, quale «prezzo

corrente », o mediante dichiarazioni ufficiali di determinati negozianti,

quale « prezzo del conto ».

Punto di partenza per la determinazione del « conto » è sicuramente

il valore che ne rappresenta in qualche modo la « pari » e che va dedotto

dal confronto fra due quotazioni vigenti sulle piazze: l’una relativa allo

scudo aureo delle cinque stampe, l’altra alla particolare moneta di piazza,

usata per i cambi di fiera (45). Questa particolare moneta, da permutarsi

con lo scudo di marche, viene valutata secondo una certa unità di conto,

detta comunemente « lira » : ad esempio, nel 1646, sulla piazza di Genova,

lo scudo d’argento vale lire 6,10. E lo scudo aureo delle cinque stampe,

in cui si converte quello di marche, viene valutato anch’esso nella stessa

unità di conto; ad esempio, ancora in Genova e nella stessa epoca, vale

lire 7,15. In tal modo resta determinato il rapporto che intercorre fra la

moneta di piazza usata per i cambi e lo scudo aureo delle cinque stampe:

nel caso nostro, con una certa approssimazione, il rapporto è di 1 : 1,19.

Ma questo rapporto esprime anche la « pari » del corso dello scudo di

marche: scudi di marche 100, corrispondenti con una certa approssima­

zione a 99 scudi d’oro, varranno infatti 118 scudi d’argento (46). Analogo

(44) Come nel caso delle ricorse. (45) v. i brevi cenni descrittivi a p. 258.

(23)

confronto si può ripetere per ogni piazza, dove Io scudo delle cinque

stampe, assai conosciuto e diffuso, viene valutato nella stessa unità di conto

che serve anche per la moneta adibita al cambio. E l'importanza fondamen­

tale da riconoscere al valore dello scudo aureo deriva dal fatto che esso

serve ottimamente come termine generale di confronto e permette così

di perequare meglio i corsi del cambio, secondo le varie piazze (47).

Le oscillazioni di questi corsi sono dovute, dicono tutti gli infor­

matori, alle condizioni monetarie delle piazze, dove le cedole dovranno

più tardi essere o pagate o riscosse: se per una località si prevede « lar­

ghezza » di danaro, il prezzo dello scudo di marche sarà spinto ad alta

quota, per il poco valore della moneta con cui lo si cambia; se invece

vi si prevede « strettezza », allora esso sarà spinto a bassa quota, per le

ragioni diametralmente opposte. Ma si potrebbe anche parlare, usando

termini più comprensivi, di una previsione delle domande e delle offerte

dello scudo di marche: infatti, per le piazze dove la moneta è ritenuta

abbondante, verrà a delinearsi in fiera un’accentuata domanda e una de­

bole offerta; per le piazze dove la moneta è invece relativamente scarsa

verrà a delinearsi una debole domanda e un’accentuata offerta; quindi,

per raggiungere l’equilibrio fra le une e le altre, bisognerà stabilire un

alto corso del cambio, nel primo caso, e un basso corso, nel secondo (48).

Ma la tendenza normale del corso del cambio, più o meno accentuata

in conformità di queste condizioni delle domande e delle offerte, è quella

di superare, salvo casi eccezionali, il livello stabilito precedentemente sulle

piazze, dopo che su di esse ha ormai raggiunto la massima quota (49).

Ciò significa, in sostanza, che il banchiere, domandando sulla piazza scudi

di marche, a cambio di altra somma che egli versa in contanti, e offrendo

poi gli stessi scudi di marche sulla fiera, a cambio di ulteriore somma

che riscuoterà in contanti più tardi, riesce a realizzare un utile, perchè il

ricavo della vendita sulla piazza, al nuovo corso aumentato, supera il costo

della compera sulla piazza, dove il corso risultava relativamente basso.

Ne consegue che la differenza rilevata fra i due prezzi mira in realtà a

(47) Per un es., v. Peri, op. cit., parte 2*, p. 84.

(48) Il problema presenta alcune complicazioni, specialmente nel caso dei cambi di ri­ corsa conseguenti dagli asientos. Da un lato, i banchieri devono trovare chi è disposto a fornir loro una notevole quantità di scudi di marche, acconsentendo a ricevere cedole su talune piazze, da dove poi seguirà la continuazione: e perciò bisogna che il prezzo dello scudo sia fissato nei confronti di tali piazze a quota sufficientemente alta. D'altro lato, gli stessi banchieri de­ vono trovare chi è disposto, accettando questi scudi, a consegnare loro nuove cedole, realizza­ bili sulle piazze per dove necessita eseguire l'asiento: ed è ovvio che a tanto possono riuscire se il prezzo dello scudo viene stabilito a bassa quota. Per es., v. Peri, op. cit., parte 2*, p. 88.

(24)

DEI±E FIERE GENOVESI DI CAMBI 271

consentire un normale vantaggio al creditore, occultando il vero interesse

sul danaro e limitando l'alea del negozio compiuto. E questo non è affatto

ignoto a taluni scrittori dell’epoca, i quali non si peritano di denunciare

il corso di fiera come una forma di « palliata usura ».

Sulla fiera, attraverso numerose contrattazioni private, si forma anche

un « prezzo corrente », quale risultato di un gioco effettivo di domande e

di offerte di scudi di marche : esso è quindi ben distinto dal « prezzo del

conto », che deriva da semplici stime di taluni banchieri, senza esserne

tuttavia profondamente diverso, almeno in una situazione normale di mer­

cato. Si consideri infatti il significato giuridico del « conto » e il suo

particolare modo di formazione: da una parte, il «conto» è destinato

ad esprimere una valutazione equa dello scudo di marche, cui giova ai

banchieri conformarsi, se vogliono impedire che, specialmente in caso di

controversie, i loro negozi siano sospettati d'usura; d’altra parte, gli stessi

banchieri dimostrano di essere non del tutto insensibili al peso delle san­

zioni religiose, se invocano spesso dall’autorità ecclesiastica un giudizio

sulla liceità di certe forme di cambio, che essi desiderano di poter usare

senza soverchi rimorsi di coscienza (50); inoltre, il «conto» viene sta­

bilito da elementi che appartengono allo stesso ceto mercantile interessato,

i quali nel determinarlo si ispirano ad esigenze squisitamente economiche,

che essi sono in grado di valutare con sufficiente precisione. Ciò non toglie,

evidentemente, la possibilità di uno scarto per inadeguate o dolose valu­

tazioni, come anche per il diverso credito di cui gode il debitore: allora

i negozi cambiari vengono stipulati ad una quota superiore a quella uffi­

ciale, oppure con un aggio sulla moneta di piazza.

Aggio e maggior corso non vengono però a togliere al « conto »

quell’importanza che esso manifesta non solo attraverso la sua efficacia

vincolativa, limitata ad alcuni negozi (51), ma anche attraverso la sua più

consueta funzione, esercitata nei riguardi di tutti gli altri negozi, in quanto

serve loro come punto di riferimento e di gravitazione. Non è irrilevante

in proposito che il conto sia posto subito nel terzo giorno di fiera, prima

che giungano ad un accordo coloro che stipulano i nuovi cambi, perchè

quando più tardi, dalla massa di questi accordi, verrà a delinearsi il prezzo

corrente, esso avrà già avuto modo di orientarsi sul prezzo del conto.

Entrambi sono intimamente connessi, pur senza essere sempre esattamente

concordanti; ed entrambi servono per un mercato dei mezzi di credito e

(50) Significativo, fra l'altro, l'aver sottoposto nel 1626-1631 alcune forme di ricorsa al giudizio di Urbano Vili.

(25)

non dei mezzi di pagamento, come dimostrano i seguenti rilievi: sulla

piazza, il prezzo dello scudo di marche è tanto più basso quanto più

lontana è l'apertura di fiera; sulla fiera, il prezzo dello scudo di marche

supera di solito il più alto livello fissatogli sulla piazza.

La constatazione più volte fatta, che la elevatezza del corso del ritorno

viene ad assicurare al creditore un vantaggio non sospetto d’usura, non

permette ancora, in sè e per sè, di dire se la fiera è un vero mercato (del

credito) o soltanto un mercato fittizio. Ma basterà all’uopo ricordare e

distinguere tre categorie di negozi: vi sono cambi che giungono sulla fiera

per ritornare sulle piazze di origine dopo aver ricevuto in quella un’ese­

cuzione puramente formale; vi sono altri cambi che giungono in fiera

per ritornare anch’essi sulle piazze d’origine, ma costringendo tuttavia il

banchiere a stipulare veramente con altri soggetti nuovi negozi; e vi sono

infine cambi che originano in modo indipendente sulla fiera, non

derivando da precedenti debiti o crediti di scudi di marche, contrattati

sulle piazze. Ora, se nei riguardi del primo gruppo il livello del cambio

non serve per agevolare un effettivo incóntro di domande e di offerte,

e consente perciò di vedere nella fiera quel che abbiamo detto un mercato

fittizio, nei riguardi invece degli altri due gruppi, costituenti larga parte

del traffico nundinale, lo stesso livello ha chiaramente lo scopo di favorire

nel miglior modo detto incontro, e autorizza quindi a considerare la fiera

come un vero mercato del credito.

8.

— Giova ancora, ai fini della presente indagine, qualche osserva­

(26)

DELLE FIERE GENOVESI DI CAMBI 273

sura raggiunti scegliendo una qualunque delle più pregiate e più diffuse

monete effettive: quale ad esempio lo scudo aureo dei famosi cinque conii.

Pertanto, una più esauriente spiegazione del suo impiego va cercata altrove.

Sulle piazze, i valori delle numerose monete d’oro e d'argento, espresse

in una certa unità di misura, vengono determinati dal pubblico potere; ma

date le continue variazioni del rapporto commerciale fra l’oro e l’argento

grezzi, data la persistente rigidità del rapporto legale fra gli stessi metalli

coniati, non tardano comunemente a manifestarsi sul mercato gravi squi­

libri, con la nota conseguenza della fuga della moneta più pregiata. Il ri­

medio potrebbe anzitutto consistere in una opportuna modificazione legi­

slativa del valore attribuito al conio aureo o al conio argenteo (52); oppure,

se il valore legale resta immutato, come in realtà succede di frequente, po­

trebbe consistere nel plusvalore attribuito contrattualmente, nella forma del­

l’aggio, alle monete migliori; ma anche questo aggio incontra spesso sen­

sibili resistenze, o attraverso accuse e censure, o attraverso perentori divieti,

che colpiscono direttamente i banchieri. Ed ecco che allora potrebbe ser­

vire, come terzo rimedio, lo scudo di marche: siccome la valutazione dello

scudo di marche altro non è che una indiretta o riflessa valutazione dello

scudo d'oro e siccome sulle piazze il primo si acquista e si vende senza

che ne sia di solito legislativamente precisato il prezzo (53), perciò, col

suo sussidio, resterebbero sottratte alle severe ordinanze monetarie anche

le compere e le vendite del secondo.

Ma non ci si può fermare a questo punto. Certamente il valore intrin­

seco delle monete che si permutano col tramite dello scudo di marche è

un elemento di notevole importanza, ma non è però ancora l’elemento

essenziale: specialmente perchè non sempre vi sono ordinanze monetarie

che agiscono come veri ostacoli (54). Si parla molto, nelle fonti, della

grande mobilità che deve presentare il valore dello scudo di marche; e

proprio per giustificarla si considera questo scudo come la peculiare mer­

canzia delle fiere di cambi. In proposito occorre tener presente la sensi­

bile differenza tra quello che è il comune traffico di piazza e quello che è

il traffico specifico di fiera: il primo ha una portata generale, e in esso

il cambio traettizio serve fondamentalmente ad evitare un trasporto di

(52) Tenendo fermo ad esempio, il valore in lire del primo e diminuendo il valore in lire del secondo, se l'argento si è deprezzato. Cfr. L. Einaudi, Teoria della moneta Immagi­ naria, in questa Rivista, anno 1936, p. 1 e segg.

(53) v. Peri, op. cit., parte 3*, p. 70.

(54) A. Merenda (in Peri, parte 3“, p. 118), riferendosi all'impiego degli scudi delle cinque stampe, afferma che « dal corso, e uso del popolo, e non dalla tassa della zeccha si suole cavare il valore di detti scuti».

(27)

metallo da luogo a luogo; mentre il secondo ha una portata assai più cir­

coscritta, consistendo tipicamente in cambi traettizi usati come strumenti

di credito. Il mercato del credito costituito dalla fiera, rivela perciò esi­

genze proprie, diverse da quelle del solito traffico di piazza: e precisa-

mente con lo scopo di meglio soddisfare si è creata, accanto alla elabora­

tissima organizzazione delle compensazioni, una speciale moneta, resa af­

fatto indipendente dalle quotazioni che possono valere, più o meno bene,

per altri settori economici.

Queste esigenze particolari sono state già esposte trattando della deter­

minazione del « conto », mettendo anzi in evidenza la sopravalutazione

del prezzo del ritorno, onde assicurare al creditore un sufficente vantaggio.

E allora si può qui affermare che l’impiego dello scudo di marche vale non

tanto per l'equilibrio tra il valore ufficiale e il valore corrente della moneta,

quanto piuttosto per l’equilibrio fra le domande e le offerte di credito,

nella veste appunto di domande e offerte di scudi di marche.

Ci si domanda: lo stesso scopo non potrebbe essere egualmente rag­

giunto senza l’impiego di questo scudo di marche? Anzitutto, è esatto rico­

noscere che il mezzo da sostituirgli dovrebb’essere, in ogni caso, capace di

frequenti variazioni di valore, rimanendo sottratto agli inceppamenti che

potrebbero derivare da talune ordinanze monetarie; e poi è necessario ag­

giungere che la questione va presentata sotto un aspetto ancor più generale,

in modo da poter anche prescindere dalla efficacia delle accennate ordi­

nanze, in realtà non sempre vincolanti. Le quotazioni vigenti sulle piazze,

anche se lecitamente difformi da quelle ufficiali, creano pur sempre un non

trascurabile ostacolo: il banchiere non può ignorarle con eccessiva disin­

voltura, quando stipula negozi sulla fiera o per la fiera, perchè, facendo

troppo palese uno scarto fra il valore che ha sulla piazza una certa moneta

e il valore che essa assume in tali negozi, renderebbe vieppiù sospetto il

cambio nundinale. Ed è precisamente sotto questo riguardo che ci sembra

possa essere meglio inteso il reale significato dello scudo di marche: esso

rappresenta un artificio, da aggiungere a non pochi altri, diretto non solo

a scindere il valore che lo scudo d’oro ha per i cambi di fiera dal valore

che lo stesso scudo d’oro ha per il normale traffico di piazza, ma anche ad

occultare l’ordinario scarto che si forma fra di essi (55).

(55) L'uso dello scudo di marche non può certo impedire che gli organi di governo abbiano a prendere speciali provvedimenti contro le quotazioni fissate sulla fiera o per la fiera. Un esempio, nella decisione del Senato veneziano, in data 14 luglio 1530 (v. E. Lattes, La libertà delle Banche a Venezia-, p. 97, Milano, 1869); un altro esempio, nella «Pragmatica»

napoletana del 1607 (v. Rota, op. cit., p. 85).

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