GAZZETTA SETTIMANALE
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Anno XXXII - Voi. XXXYI
Firenze, 30 Luglio 1905
N. 1630
S O M M A R I O : A. J . d e Jo h a n n is, La conversione del consolidato 5 % — L ’ azione delle Camere^ di commercio — La donna nell’ industria italiana — R. C., Socialismo e intervento di Stato (III) — R i v i s t a Di p l i o - g r a i ì c a : Prof. Rag. Vittorio Marescotti, Il credito gerito dallo Stato - Filippo 6arti, Conquista, Capitale e Religione - Karl Wrabotz, Genossenschaftliche Grundsätze - Prof. A. Luschin con Ebengreuth, Allgemeine Münzkunde und Geldgeschichte des Mittelalters und der Neueren Zeit — R i v i s t a e c o n o m i c a e f i n a n z ia r i a , • Inchiesta sul lavoro dei fanciulli in Inghilterra - La scorta metallica italiana - La campagna serica e 1905 - La produzione serica mondiale nel 1903 e nel 1904 - Un trattato addizionale al trattato di commercio italo-tedesco — R a s s e g n a d e l c o m m e r c i o i n t e r n a z i o n a l e : Il commercio della Grecia nel 1904 - li commercio esterno del Messico nell anno fiscale 1904-905 - Il commercio di esportazione brasiliano nel primo trimestre 1905 - Il commercio belga dei primi sei mesi del 1905 — La situazione del Tesoro al oO giugno 1J05 u. Con gresso internazionale del commercio vinario a Liegi — Camere di Commercio Mercato monetano e üivista delle Borse — Società commerciali ed industriali — Notizie commerciali.
LI
Persistiamo a ritenere che sia deplorevole che il Ministro del Tesoro non abbia poteri per approfittare del momento opportuno a procedere ad una libera conversionè del consolidato 5 per cento lordo in 3 1/2 netto.
Il concetto che ha trattenuto l’ on. Luzzatti durante il 1904 a non attuare il suo programma, sti mando che non fosse prudente intraprendere una grande operazione finanziaria durante una guerra, era concetto veramente giusto; specie negli inizi del conflitto russo-giapponese si poteva temere da un momento all’ altro che il conflitto si allargasse e che la operazione preparata abortisse, o, peggio, che iniziata dovesse sospendersi. Ma ora questo timore è molto remoto, quasi trascurabile; du rante un anno e mezzo le Potenze non bellige ranti avrebbero avuto tanti motivi o pretesti per intervenire, che il non averlo fatto è prova che non hanno la volontà di provocare un conflitto più largò ; anzi hanno manifestato in più_ occa sioni il fermo proposito di non intervenire in nessun caso. Ed, a vero dire, un intervento^ per aiutare il Giappone non avrebbe ragione di es sere, perchè esso sa fare da sè, ed ha dimostrato di non aver bisogno diretto di nessuno'. E chi potrebbe d’ altra parte aiutare la R ussia?
Le due sole Potenze, che avrebbero avuto un qualche motivo per prestare un aiuto armato alla Russia, sarebbero state la Financia o la Germania. Ma quella, la Francia, sebbene alleata della Russia, ha provato recentemente, con una evidenza inattesa, che non vuole, assolutamente saperne di guerra, e che vuole svolgere paci ticamente le proprie forze eco nomiche; se il signor Jaurès è arrivato a dichia rare pubblicamente, senza che si sollevi contro di lui tutto lo chauvinisme francese, che la Francia non intende di far la guerra alla Germania nem meno per la famosa rivincita, cioè per ricuperare le provincie perdute, vuol dire che nel seno della
nazione francese spira un vento di pace, che nè Fasboda, nè Marocco valgono a mutare.
Poteva sospettarsi che la Germania, la quale a quando a quando sente il bisogno di accarez zare la Russia, desiderasse di venire in suo aiuto. Ma evidentemente tale aiuto non potrebbe essere prestato che per mare, e la flotta tedesca non è certo tale da potersi misurare impunemente con quella del Giappone, senza dire che sarebbe im mancabilmente intervenuta l’ Inghilterra a difen dere il Giappone. D ’altra parte qualunque ipotesi in questo senso cessa di aver valore, subitochè vediamo che le principali Banche tedesche hanno in questi giorni sottoscritto largamente al terzo prestito giapponese. E, come si sa, la Germania non è paese dove le Banche potrebbero assumere impegni contro la politica dello Stato.
L ’ orizzonte adunque, si faccia o non si faccia sollecitamente la pace, è abbastanza chiaro, e nulla di prevedibile minaccia di oscurarlo.
L ’ incidente del Marocco, che per un momento parve di eccezionale gravità, non è arrivato a scuotere nè fortemente nè durevolmente le Borse, cosicché si ebbe anzi la dimostrazione più evi dente della straordinaria solidità del mercato in ternazionale, che appena appena si è risentito del pericolo di un conflitto così grave come quello che poteva scoppiare tra la Germania da una parte, la Francia e l’ Inghilterra dall’ altra.
Tanto è vero, che appena si seppe che l’ac cordo era stato stabilito per la questione del Ma rocco, le rendite di Stato ripresero vigorosamente la alta posizione, così che il consolidato 5 per cento, sebbene ne sia stata appena pagata la ce dola di L. 2, ha già superato il 105.
Perchè adunque il Ministro del Tesoro do vrebbe lasciar sfuggire il momento opportuno, imitando in ciò l’ on. Di Broglio, che a suo tempo avrebbe potuto compiere con grande facilità la conversione della rendita ?
consoli-486 L ’ ECO NOM ISTA 30 luglio 1905
dato 5 per cento o il nuovo titolo 3 1/2 per cento od il rimborso dei capitali. Per compiere una si mile operazione su 8 miliardi di capitale si può ancora credere, sebbene allo stato delle cose cre diamo che sia soverchio il timore, che occorra vedere ristabilita la pace.
Ma per fare una conversione libera, sponta nea senza nessuna coercizione e solo offrendo ai portatori qualche vantaggio, crediamo non solo che non sia imprudente il tentarlo, ma che sa rebbe timidezza il non farlo.
Siamo convinti che se il Governo offrisse alla rendita nominativa il cambio in 3 1/2 col solo vantaggio che gli interessi sieno pagati trime stralmente, una parte non piccola dei titolari del consolidato 5 per cento accetterebbe ^ sponta neamente la conversione. Ed ancora piu facile riuscirebbe tale operazione se la si accompagnasse con un piccolo premio.
Ora, è bene ricordare che la rendita nomi nativa è la metà del totale e quindi sono quasi 4 miliardi di capitale. Suppongasi _ pure che la sola metà aderisca a tali condizioni non coercite, e si avrebbe già compiuta la operazione per due miliardi, cioè un quarto del totale consolidato.
E siamo egualmente convinti che se il Go verno offrisse al consolidato 5 per cento al^ por tatore la conversione al 3 1/2 per cento mediante un premio conveniente che aumentasse il capi tale, non poche sarebbero le partite che si pre senterebbero al cambio.
Alcuni dicono che i proprietari del consoli dato 5 per cento farebbero il seguente _ ragiona mento : perchè devo io portare al cambio le mie cartelle di rendita per averne diminuito il frutto del 1/2 per cento, subitochè ciò non è obbliga torio? Vadano gli altri, io tengo il mio 4 per cento e intanto godo il frutto del 1/2 per cento in più.
Ebbene, quantunque tale ragionamento sem bri logico, crediamo che. sarà ancora più logico quest’ altro : perchè devo attendere a convertire le mie cartelle quando già ormai la conversione è inevitabile e corro il rischio, aspettando di piu, di non godere il premio che ora mi si offre ? Me glio un uovo oggi che una gallina domani.
E se il Governo in cambio della conver sione al 3 1/2 offrisse un premio un poco al di sopra del 1/2 per cento che è la differenza di interesse, per esempio 60 centesimi ogni cento lire di capitale nominale, è probabile che una gran parte dei portatori di consolidato 5 per cento si affretterebbero ad usufruire di un premio che, ove il prezzo del consolidato continuasse a salire, evidentemente sarebbe diminuito od anche tolto del tutto nel caso di una conversione obbligatoria.
Un premio di 60 centesimi di capitale im porterebbe, se tutti i quattro miliardi di consolidato al portatore si presentassero al cambio, una spesa di 24 milioni di cui 20 sarebbero già risparmiati sul minore interesse che, data la effettuazione della operazione, lo Stato risparmierebbe.
In altri termini, supponendo, che 1’ on. Oar- cano ottenesse dal Parlamento la autorizzazione di convertire in 3 1/2 netto il 5 per cento lordo che fosse presentato al cambio, con cartelle a pagamento trimestrale degli interessi se si tratta di rendita nominativa, con un premio che suppo
niamo di 30 centesimi per ogni 100 lire di ca pitale nominale e con pagamento semestrale degli interessi, e con un premio di 60 centesimi per ogni 100 lire di capitale nominale — se si tratta di rendita al portatore, inteso che il premio si paga in consolidato 3 1/2 per cento, il risultato finanziario sarebbe il seguente:
Supposto che una simile operazione, ripe tiamo spontanea, cioè senza alternativa di^ rim borso, ma offerta liberamente, permetta di fare la conversione soltanto della metà del consolidato un anno prima di quella che con altro sistema si possa fare, e supposto che la conversione si faccia per metà di rendita nominativa e per metà di rendita al portatore, cioè due miliardi della prima e due miliardi della seconda si avrebbe . 1° che la spesa per pagare la rendita tri mestralmente anziché semestralmente per due miliardi sarebbe di circa L . 612 mila ; perchè l’interesse 3 1/2 di due miliardi importa 7 0 milioni; di questi se ne anticiperebbe di un trimestre la metà, cioè 35 milioni ; ora la spesa di interesse 3,50 per cento per 35 milioni e per un trimestre sarebbe di ^ ^ 2 2 9 = L . 306,250; ma siccome
4
in un anno 1’ anticipato pagamento avverrebbe due volte cosi si avrebbe : 306,250 )< 2 612,500,
2° che la spesa per pagare il supposto premio di centesimi 30 per due milardi di rendita conver tita nominativa sarebbe di
2,000,000,000 v, 0i3() _ 6¡0ü0j000;
100
3° che la spesa per pagare un premio di L . 0.60 per cento lire di capitale per convertire due miliardi rendita al portatore si raggiunge-, raggiunge-, bbe . W * > m * * > > ° j g = L 1-2raggiunge-,000raggiunge-,000. La spesa totale sarebbe adunque di L. 612,400
niù . . . . » 6,000,000
più! ; ; ; ; ...» 12,000,000
L . 18,612,400 Ma di fronte a questa spesa lo Stato ri sparmierebbe il 1/2 per cento sui quattro mi liardi e quindi 4,000,000,000 X 0-50 _ 20,000,000. L . 20,000,000 » 18,612,400 100 In conclusione un risparmio di una spesa d i ...
quindi un guadagno per lo Stato di L 1,387,600 nel primo anno, e di 20 milioni netti negli anni successivi, senza contare che, convertiti i quattro miliardi, la rimanente operazione diventerebbe cosi fàcile che lo Stato potrà offrire il rimborso o il cambio puro e semplice del 5 per cento in 3 1 / 2 per cento.
In verità vorremmo sentire quali serie ob biezioni si possono fare ad un simile sistema, che nulla compromette perchè lascia le cose intatte per 1’ avvenire, anche se pochi fossero coloro che accettassero simili proposte.
Abbiamo indicate delle cifre unicamente per esemplificare il ragionamento, ma si ^ comprende da sè che sono suscettibili di modificazioni se condo le circostanze.
30 luglio 1905 L ’ E CO N OM ISTA 487
L’AZIONE DELLE CAMERE DI COMMERCIO
Piu volte nell’ Economista abbiamo affermato che le Camere di Commercio, le quali generalmente si lagnano di non avere dalla legge funzioni ade guate al loro titolo ed al loro ufficio, trascurano poi, salvo qualche notevole eccezione, di occu parsi di quelle cose a cui sembrerebbero per la loro stessa natura chiamate, mentre invece sciu pano una parte non piccola della loro energia in voti inutili, od almeno di poca efficacia.Persistono, ad esempio, le votazioni di com piacenza tra Camere consorelle. Una Camera di Commercio, ad esempio, domanda al Governo che siano fatti dei lavori per il posto della città dove ha sede, e chiede l’appoggio delle altre Ca mere del Regno, molte delle quali, senza cono scere affatto la questione, fanno un voto di com piacenza dichiarandosi solidali nella domanda. Si dirà che in sostanza questi voti se non giovano alla questione, nemmeno nuocciono, anzi cemen tano i buoni rapporti tra le diverse Camere. Noi però siamo d’ avviso contrario.
Che vi possano essere dei casi di questioni generali, nelle quali l ’ azione concorde delle Camere può essere utile e doverosa, sta bène ; che vi possano essere anche degli interessi di una intera re gione che possono utilmente essere studiati ed ap poggiati dalle Camere della regione stessa, è pure naturale ; — ma che la Camera di Commercio di una provincia della Sicilia esprima il voto per chè sia esaudita la consorella del Piemonte che chiede un treno diretto su una linea che la interessa, è nocevole, non alla questione, ma alla serietà della votazione; perchè si sa che la cosa non è stata nè esaminata nè studiata, ma il voto viene emesso solo perchè la Camera del Piemonte ha chiesto l’ appoggio delle consorelle. E così la manifestazione di solidarietà, che do vrebbe essere solenne, manca di serietà e quindi di efficacia.
Ma mentre rileviamo questo fatto che non giova alla azione delle Camere di Commercio, ri leviamo per contrario una manchevolezza in al tri fatti che pure non dovrebbéro sfuggire alla effettiva azione delle Camere.
D a qualche anno il numero degli scioperi che si manifestano in Italia è abbastanza rilevante, e non pochi di questi scioperi hanno assunto pro porzioni e caratteri di non poca importanza. E b bene, è raro il caso che si senta dire che la Ca mera di Commercio del luogo dove avviene lo sciopero, od i rappresetanti di essa, prendano parta attiva e solerte alle questioni che sono im plicate nello sciopero, affine di comporlo e di at tenuarne le conseguenze. Il Sindaco, il,Prefètto, il Questore, i deputati, specie i socialisti, si in tromettono in un senso o nell’ altro, cercano di avvicinare le parti contendenti, si affaticano per metter pace e trovare i termini di accordo; ma i rappresentati delle Camere di Commercio o non vi concorrono affatto (sempre salva qualche ec cezione), o prendono parte al conflitto come in via secondaria.
E non. occorre dire che i rappresentanti delle Camere di Commercio dovrebbero anzi es sere in prima linea; il Prefètto ed il Questore
agiranno dal punto di vista della pratica del l’ ordine pubblico; il Sindaco da quello della tu tela degli interessi generali della città ; ma il Presidente della Camera di Commercio dovrebbe esercitare una azione di primissimo ordine perchè a lui spetta appunto di conoscere, meglio delle altre autorità, le questioni che riguardano il Com mercio e la industria.
E questa specie di astensione dei rappresen tanti delle Camere di Commercio è ormai così penetrata nel pensiero di tutti, che e operai e industriali o commercianti nei loro conflitti, ten dono più a rivolgersi al Sindaco ed al Prefetto che non sia alla rappresentanza della Camera di Commercio, la quale tuttavia dovrebbe essere il loro organo naturale.
Perchè avviene questo?
Rifuggiamo dal credere che essendo le Ca mere di Commercio composte principalmente di industriali e commercianti, siano per questo ap punto trattenute le rappresentanze di esse dal l’ entrare troppo addentro in simili conflitti. E diciamo di rifuggire dal creder ciò, perchè le Camere non rappresentano affatto i soli interessi dei commercianti e degli industriali, ma rappre sentano il commercio e la industria, le quali comprendono Così il capitale e la intrapresa, come il lavoro.
Si capisce benissimo che il Presidente di una Camera di Commercio, molte volte indu striale e commerciante esso pure, possa credersi in posizione delicata di fronte ad uno sciopero che colpisce un collega di commercio o di indu stria, e quindi, pur mettendosi al seguito delle altre autorità, non voglia prendere un atteggia mento deciso; ma d’ altra parte questo contegno non solo sarebbe biasimevole se fosse ispirato da simili personali criteri, ma lascerebbo credere che la Camera fosse tutrice esclusivamente, o quasi, degli interessi dei padroni, e trascurasse quelli degli operai.
Una azione efficace delle Camere di Com mercio nei rapporti tra padroni ed operai, avrebbe senza dubbio diminuita la efficacia delle Camere di Lavoro, le quali il più spesso hanno uno scopo partigiano. Se i rappresentanti delle Camere di Commercio, abbandonando ogni riguardo perso nale, si fossero intromessi energicamente e con deliberato proposito, animati da spirito impar ziale e conciliativo, nei molteplici conflitti, che sono sorti in tanta parte d’ Italia, le Istituzioni che essi rappresentano avrebbero potuto compiere molto bene, e far loro acquistare un notevole ascendente sulla classe operaia, la quale, poiché non ha autorità che espressamente si occupi dei suoi bisogni e dei suoi interessi, si trovò costretta a fare da sè, creandosi delle istituzioni proprie.
488 L ’ ECONOM ISTA
30 luglio 1905
L i DOMA MELL’ INDUSTRIA ITALIANA
Nei numeri 1625 e 1626 (25 giugno e 2 lu glio 1905) dell’ Economista ci siamo intrattenuti sulle condizioni generali del movimento industriale, e nel constatarne i resultati principali, abbiamo, talvolta accennato a industrie esercitate da donne.Ora 1’ Ufficio del lavoro presso il Ministero di Agricoltura, industria e commèrcio ha pubbli cato importanti studi di demografia e di economia industriale, su L a donna e l’ industria italiana, e crediamo opportuno tenerne discorso, a com pletamento delle notizie già date nei numeri suin- dicati.
Una relazione al Ministro Rava del Diret tore dell’Ufficio del lavoro, G. Montemartini, fa noto come l’ Ufficio credè suo dovere illustrare le condizioni industriali della donna, 1’ elemento umano più debole ma tanto piu interessante pei lo sviluppo della classe lavoratrice, tra tutti gli elementi che concorrono alla determinazione del mondo industriale ed economico, e far noto come l’ Ufficio potè facilmente trovar modo e limiti di stu dio nella legislazione che tutela la donna lavoratrice, attingendo le indagini dal censimento condotto dall’Ufficio fin dal 1903, e dalle denunzie di eser cizio imposte dalla legge 19 giugno 1902 sul la voro delle donne e dei fanciulli: denunzie che, ben adoprate e lanciate, possono diventare uno degli strumenti statistici di prim’ordine per sor prendere annualmente la vita economica della donna operaia.
Su 829,151 operai di ambo i sessi di tutte le aziende del regno denunziate, si hanno 414,236 operaie, così distribuite :
Industrie tessili ^oí’Sna
» del vestiario 21,709
Altre industrie 71,505
In ragione del territorio la Lombardia ne ha 219,665. Seguono il Piemonte e la Liguria con 83,496, il Veneto e l’ Emilia 50,142, l’ Italia cen trale con 37,364, l’ Italia meridionale e insulare con 23,569, sempre di tutte le aziende denunziate.
Volendo poi la proporzionale distribuzione delle operaie nelle diverse regioni d’ Italia, si ha il seguente risultato : 100 operaie denunziate sono repartite così :
Piemonte Lombardia Veneto ed Emilia Italia centrale
Italia meridionale e insulare
20.2 53.0 12.1 9.0 5.7
le cifre riguardanti questo studio, tanto più che è da aggiungere che le ragazze furono stu diate solamente in 1900 opifici, e vi sono così trascurate le grandissime e le piccole industrie, attenendosi invece solo alle medie e alle grandi. Pure vogliamo riportare alcuni dati delle percenj tuali della frequenza di operaie al disotto di 15 anni in tutto il R egno, e del loro salario, classi ficandole per industrie ; avvertendo che diamo ì resultati dell’ inchiesta fatta dall’Ufficio, i quali però, in specie per le industrie tessili, hanno poca discordanza con quelli del censimento :
Salario giornal.
Frequenza medio in centes.
di lira
Industrie agricole » minerarie Lavorazione del legno Industrie chimiche Industria della carta Industrie tessili Industria della seta
» del cotone » della lana Altre industrie tessili
5.8 12.7 12.9 5.6 11.0 23.1 27.0 16.5 10.0 19.5 Industria del vestiario e affini 12.0 Industrie alimentari 12.1 Manifatture dei tabacchi 2.2
Altre industrie 18-5 59 59 59 57 58 60 56 72 69 64 51 57 55 52 Ecco ancora il numero medio dei giorni di lavoro per ogni mese in ordine crescente :
G-iugno Dicembre Febbraio Gennaio Maggio. Aprile 18.8 20.7 20.8 21.5 21.7 22.6 Marzo 22.6 Novembre 22.9 Settembre 23.0 Agosto 23.0 Luglio 23.8 Ottobre 24.4
A seconda dei generi di industria si ha in vece su 100 operaie 77.4 per l’ industria tessile, 5.3 per 1’ industria del vestiario, 17.3 per le altre. L ’ Ufficio del lavoro ha tenuto conto anche dell’età delle operaie lavoratrici, e prendendone sole 321,022 che si occupano soltanto di industria tes sile, e che sono certo la maggioranza, 10,927 hanno meno di 12 anni, 59,542 da 12 a 15 anni, 119,738 da 15 a 21 anni, 130,815 oltre i 21 anni.
Una interessante tavola analitica presenta la classificazione per industria, regione e salano di 38,275 operaie di età inferiore ai 15 anni, osservate al 30 novembre 1903, e la frequenza delle medesime in rapporto alle operaie di età superiore : troppo lungo sarebbe riportare tutte
Calcolando invece la frequenza del lavoro a riguardo del genere dell’industrie, vengono prime le manifatture dei tabacchi nelle quali le operaie lavorano 302 giorni dell’anno; seguono le industrie tessili con 287 giorni, ultime vengono_ poi per ra gioni facili a capirsi le industrie agricole m cui si lavora 165 giorni solamente.
Avuto riguardo infine alle diverse regioni del Regno si è riscontrato che si lavora in Piemonte e Liguria 282 giorni dell’ anno per tutte le indu strie, in Lombardia 265 giorni, nel Veneto e Emilia 259, Italia centrale 252, Italia meridio nale e insulare 245. Il lavoro decresce cioè scen dendo dall’ Italia settentrionale^ alla meridionale, prendendo però sempre la media delle industrie.
Ecco ora la frequenza del lavoro e la indi cazione dei salari per le operaie dai 20 ai 35 anni che rappresentano la maggioranza :
Operaie ohe percepiscono
Frequenza salario giorn. medio
da 76 a 100 da 100 a 150
Industrie agricole » minerarie Lavoraz. del legno Industrie chimiche Ind. della carta
» tessili » della seta » d el cotone » della lana Le altre ind. tessili Ind. del vest. e affini
» alimentari Manif. dei tabacchi Altre industrie 50.6 45.1 45.7 50.8 42.9 44.7 44.3 44.7 49.6 45.9 49.9 48.3 37.2 52.2 34.5 45.6 29.2 39.6 34.7 39,9. 20.0 48.0 27.8 36.2 30.9 43.7 39.1 40.0 16.6 50.7 14.2 45.6 25.3 45.0 19.3 33.1 27.1 33.4 0.9 12.4 9.6 25.8
30 luglio 1905 L ’ ECONOM ISTA 489
sulla fecondità delle donne, quale sia stata la fre quenza delle operaie maritate e delle operaie par torienti in tutti gli opifici industriali osservati. Daremo la solita classificazione delle indu strie. avvertendo che la prima colonna segna il numero delle operaie maritate sopra 100 di oltre 15 anni sino a 55 di età ; la seconda il numero delle partorienti da oltre ‘20 fino a 35 anni, che rappresenta il periodo della fecondità maggiore :
Industrie agricole 34.8 119
» minerarie 21.4 6.6
Lavorazione del legno 28.8 9.3
Industrie chimiche 42.2 12.6 » carta 33.6 8.4 » tessili 24.0 7.5 » della seta 23.5 7.5 » del cotone 23.2 7.8 » della lana 28.7 6.6
Altre industrie tessili 24.3 6.8
Industrie del vestiario e affini 29.9 9.7
» alimentari 34.6 6.0
Manifatture dei tabacchi 59.4 17.6
Altre industrie 59.0 8.2
La relazione dell’ Ufficio del lavoro ci pre-senta pure alcune tavole da cui risulta il nu mero, il sesso, l’età e la distribuzione geografica degli operai normalmente occupati in 14,150 aziende, per le quali è stata fatta denunzia straor dinaria durante il primo anno di applicazione della legge 19 giugno 1902 sul lavoro delle donne e dei fanciulli, nonché l’elaborazione complemen tare del materiale statistico durante 1’ inchiesta fatta per fissare le basi tecniche di una Cassa di maternità.
Non sarebbe possibile riassumere il conte nuto delle tavole, e troppo lungo il riportarle qui per intero. Sennonché una osservazione vogliamo fare a questa ottima Relazione, e cioè che essa non si limita a presentare una ridda di cifre che soddisfino solamente la curiosità del lettore, ma, mentre intercala tra tavola e tavola, tra prospetto e prospetto opportune spiegazioni, non cessa dal trarre sempre le sue conclusioni, e dal fare le proposte piu importanti : là è la nuova assicu razione, qua è la Cassa di maternità che l’ Ufficio crede opportuno di suggerire, e tutto ciò non in base a ipotetiche divagazioni, ma in stretta con formità alle risultanze di fatto, che all’Ufficio del lavoro sono pervenute dalle indagini e studi, da esso direttamente praticati sopra il maggior numero possibile di operai e operaie, lavoranti negli opifici industriali.
SOCIALISMO E INTERVENTO DI STATO”
III.Dicevamo: ha lo Stato interesse di interdire ai Comuni ogni attività muffici palizzatrice? Ed ha il potere di fare quella inibizione?
Ci meravigliamo prima di tutto che in un’o pera, tutta intesa a demolire ogni e qualsiasi fondamento giuridico all’ intervento dello Stato in questioni economiche, si richieda apertamente che il potere centrale gravi sempre più sul li bero svolgersi della vita municipale, secondo gli
(* Vedi Economista num. 1628 e 1629.
intenti e g l’ interessi dei cittadini. Perchè fare una legge apposta per vietare la manifestazione di un fenomeno generale all’ età contemporanea? Evidentemente, se non è possibile o, meglio, se non è ragionevole che si faccia uila legge per far piacere agli economisti come il Des Cilleuls (la cui avversione del resto, nel campo scienti fico, è anche nostra quanto alla municipalizza zione delle industrie), bisogna sostenere che v ’ è un interesse economico da tutelare, o una neces sità politica a cui soddisfare.
Se v’ è un interesse economico che sia mi nacciato dal così detto Socialismo municipale, noi abbiamo il diritto di domandare chi veramente tocchi codesto interesse ipotetico. I consumatori no certo, perchè sono per 1’ appunto i consuma tori, che col loro voto permettono la permanenza al potere di una più tosto che di un’ altra am ministrazione comunale e che direttamente, per mezzo di pubblici comizi, stampa _ locale, ecc., o indirettamente — col solo fatto di non opporsi ad un programma di municipalizzazione — con tribuiscono a mantenere in vita quello che la legge dello Stato dovrebbe condannare alla morte. E se i consumatori non si oppongono, vuol dire che non hanno interesse di opporsi, checché pos sano dire e gridare gli scienziati. L e collettività tutelano assai meglio i loro interessi di quel che possa fare chi è abituato a rivestire di formule teoriche le mille manifestazioni della realtà. I cultori di scienza sono sempre in disaccordo, per chè da vari punti di vista esaminano i fenomeni naturali e sociali ; ma le collettività, fondamen talmente, non hanno che una sola opinione, che corrisponde al grado del loro sviluppo psicologico e al livello del loro benessere economico. Può es sere errata, e sarà prima o poi oltrepassata, ma pel momento non ve n’ è un’ altra migliore, per chè non vi sono sentimenti collettivi tali da de terminare un cambiamento in quella pubblica opinione. — Può e deve lo Stato creare artificial mente una pubblica opinione? E se i consuma tori non si oppongono, mentre avrebbero tutte le armi per opporsi, ai tentativi del Socialismo mu nicipale, vuol dire che g l’ interessi predominanti in quel dato momento e in quel dato luogo sono proprio tali da rendere fecondi quei tentativi. E lo Stato non ha il diritto di dire, poniamo, alla maggioranza dei cittadini di Catania*, voi avete fatto male a municipalizzare la produzione del pane, e però io vi comando di ritornare al vec chio sistema! L ’ on. De Felice Giuffrida potrebbe legittimamente rispondere: ma se l’ attuale si stema si manifesterà difettoso (come, aggiun giamo noi, si è manifestato da un pezzo) e i ca- tanesi non vorranno più sorreggere col loro voto l’ attuale amministrazione col suo programma ri conosciuto fallace, si ritornerà al vecchio sistema senza bisogno che lo Stato venga a insegnarci la via da battere. I ministri pensino un po’ più a stipulare buoni trattati di commercio e a stu diare progetti di legge che consentano di respi rare più liberamente alla ancor nascente indu stria italiana, e a non farsi giocare dalle potenze alleate e non alleate nelle questioni di politica estera !...
libe-490 L ’ ECO NOM ISTA 30 luglio 1905
risti fino alle ultime conseguenze, bisogna su bito opporre che lo Stato non può ergersi a di fensore di coloro che nella concorrenza appariscono o sono i più deboli ; tanto è vero che il Des Cil- leuls non è molto tenero della legge austriaca dal 1883 sul « sistema corporativo », poiché fu effettivamente fatta, su la falsariga di altre preesistenti, a favore della piccola industria. E ciò a prescindere dal fatto che, se davvero la industria privata è preferibile a quella gestita dai Comuni, gli effetti dell’ una e dell’ altra non tar deranno a manifestarsi, e sarà appunto compito della concorrenza mettere in luce quanto vi sia di manchevole dall’ ima parte o dall’ altra. Ma si rovineranno dieci, venti capitalisti ? E- che im porta ? Se si dovesse far questione di sentimen talità, tanto varrebbe che lo Stato italiano con una lqgge tassativa obbligasse i capitalisti del Mezzogiorno, specialmente pugliesi, a retribuire molto meglio il lavoro dell’ operaio e del con tadino.
E dovrebbe, inoltre, lo Stato intervenire in nome dei cosi detti interessi generali? Ma noi domandiamo: esistono degli interessi generali? Quali sono ? Se si ammette la lotta di classe, non si può più parlare di tali interessi ; se si crede all’ armonia angelica degl’ interessi degli uo mini, bisogna credere anche che la Rivoluzione francese, per esempio, o la sollevazione dei con tadini nel medioevo siano stati due fenomeni di pazzia collettiva, o, se mai, due colpi sonori di grancassa atti a rompere un po’ il monotono sno darsi delle famose onde armoniche. Ma se per armonia si intende la risultante di interessi op posti, un quid medium che si determina sempre in ogni lotta sociale, allora bisogna anche dire che il meglio che si possa fare è lasciare che i vari interessi di un ambiente storico si scavino — come altrettanti correnti — ciascuno per sé il proprio letto. L e leggi economiche, se intangi bili e inviolabili, e le leggi naturali, che son davvero inviolabili, agiranno egualmente, senza bisogno che un qualsiasi potere costituito venga a sorvegliarne le funzioni molteplici.
Se non che il Des Cilleuls ¡stesso, nel primo capitolo del suo libro ha aspramente combattuto la pretesa degli Stati di intervenire a regolare rapporti economici tanto in nome dei consuma tori che dei produttori e degl’ interessi generali. E allora non resta che sostenere senz’ altro questa tesi: che siccome molti, diciamo anzi moltissimi, economisti hanno dimostrato o tentato di dimo strare che il così detto Socialismo municipale in tralcia in vario senso il libero svolgersi delle at tività economiche di un popolo, bisogna che lo Stato rimetta i Comuni traviati su la retta via. Per parte nostra, rinunziamo a confutare questa tesi, che riteniamo oziosa.
Ma può essere una necessità politica ciò che possa determinare lo Stato a proibire espressa- mente le municipalizzazioni ? Ebbene : noi non conosciamo necessità politiche che non abbiano la loro ragion d’ essere nelle condizioni dell’ eco nomia nazionale e nelle aspirazioni delle varie classi che si contendono il predominio nella so cietà ; in altre parole crediamo che, sostanzial mente, non si possa parlare di necessità politiche come qualcosa di molto diverso dai bisogni eco
nomici, a meno che per necessità politica non si intenda il capriccio di un Ministro o le losche vedute di una cricca. Ma, poi, noi potremmo sempre obbiettare che il Socialismo di Stato non 1’ hanno inventato nè Marx, nè i marxisti, nè i circoli socialisti ; ma è stato per 1’ appunto, da John Stuart Mill ad oggi, come il riparo eretto dai partiti borghesi contro l’irrompere dei partiti sovversivi, come l ’ espediente, nel campo della teoria e in quello della pratica, atto a smorzare l’ impeto sentimentale e a calmare gli stimoli de gli urgenti bisogni economici delle classi lavora trici. Se un interesse può avere lo Stato di fronte al preteso spirito socialista che s’ annida nelle municipalizzazioni e contro il Socialismo in ge nere, esso è senza dubbio tutto nel tentare con ogni mezzo che le nuove attività sviluppantisi dal seno stesso della società capitalistica siano quasi incanalate nella corrente degli interessi borghesi, e finiscano, in fondo, per alimentarne la portata.
Questo è un vero interesse politico delle classi dominanti, poiché effettivamente corri sponde al supremo interesse che una classe ha di escogitare tutti i mezzi per difendere la sua esi stenza minacciata. Tanto è vero, lo ricordiamo appena di volo, che il discorso-programma del- 1’ on. Sidney Sonnino, nelle elezioni politiche d’ Italia del 1904, parlava esplicitamente di que sta specie di assorbimento che lo Stato — nel l’ interesse dell’ attuale assetto sociale — dovrebbe tentare di tutte le innegabili energie venute su dal movimento socialista. E, dal suo punto di v i sta, 1’ on. Sonnino aveva perfettamente ragione. La storia, inoltre, dell’Australia contempo ranea e della multiforme azione dei suoi partiti politici ci dimostra lucidamente che il Socialismo di Stato è forse il migliore dei mezzi che, in certe determinate condizioni della produzione in dustriale, possa essere adoperato contro l’ inva denza del Socialismo antiborghese, collettivista, rivoluzionario, eccetera....
30 luglio 1905 L ’ ECONOM ISTA 491
tende i benefici ; e la necessità politica delle classi dominanti di concedere, concedere, concedere fino a che è possibile, fino a che la concessione non rappresenti il suicidio. Ed ecco perchè da per tutto, i più intelligenti industriali e i più intel ligenti uomini di Stato si son guardati bene dal combattere le associazioni operaie, ma hanno cer cato, nei limiti del possibile, di farne altrettanti strumenti per l’esercizio delle loro attività di ca pitalisti.
Si che nè pure un interesse politico può spin gere lo Stato ad opporsi all’ opera dei Comuni nei rapporti economici, anche se la loro missione sia davvero originariamente un’ altra.
Ed ora ci resta da rispondere all’ altra do manda che ponemmo in fondo al secondo capi tolo di queste note ; a che cosa, cioè, sia dovuto 1’ intervento di Stato nelle età precedenti se di Socialismo non è il caso di parlare, e se non si può nè pure credere che lo Stato abbia preso quel dato atteggianiento per rispondere a delle pressioni che dal basso sorgevano per spingerlo su la via delle intromissioni. E qui bisognerebbe scrivere un libro intero, se in parte questo la voro non fosse stato fatto, un po’ dal W altzing, dal Dureau du Malie, dallo Stein, un po’ dal Ro- gers, dal D ’Avenel e da qualche altro.
Se il De Cilleuls avesse studiata con una certa profondità la costituzione economica del- 1’ età romana come quella del periodo feudale e dell’ età dei Comuni, si sarebbe trovato davanti una grande quantità di fatti già studiati o da studiarsi, ma che in nessun modo potevano es sere classificati come egli ha frettolosamente- fatto. Ed avrebbe visto che il lavoro libero così in Grecia come a Roma persiste accanto al la voro servile, ma che vive assai stentatamente, fino a che - quasi tutta la produzione necessaria al consumo fu opera dei numerosi schiavi che le guerre di conquista gettavano sul mercato. Ma più tardi, quando queste guerre divennero più rare e i servi, che per altre vie potevano affluire negli immensi latifondi romani e nelle case dei ricchi signori, npn erano più sufficienti ad ali mentare i bisogni del consumo, era altresì molto scemata 1’ attività dei liberi lavoratori diventati clienti e parassiti o correnti in numero straordi nario ad ingrossare le file degli eserciti. Fu al lora che si manifestò 1’ azione coercitrice dello Stato nel senso di disciplinare e promuovere la produzione degli uomini liberi, formando, ci si passi la frase, altrettanti reggimenti da lavoro.
Fin la vecchia opera del Mommsen sui col legi e sodalìzi romani va molto cauta, giusta mente, nel definire i contorni giuridici di essi e nel determinarne i rapporti con lo Stato. Il Pa reto, dal canto suo, incidentalmente, non fa che esporre i mali provenienti da quel sistema neces sario forse allora, ma che non era certo il mi gliore dei sistemi possibili per riattivare le sor genti della produzione. .Sì che, anche a voler seguire ciecamente il Des Cilleuls quando dice che « une pensée politique a seule dicté les me sures ci-dessus décrites » e che la cura minuziosa dello Stato nel regolare i rapporti economici è dovuta tutta alla « importance croissante et re- « doutable qu’ont prise les classes populaires » (p. 35), noi non possiamo seguire la sua opi
nione quanto all’ intervento di Stato nell’ età romana.
E meno ancora crediamo che sia attendibile quel pochissimo che egli dice su tale argomento per i secoli X - X I V , prima di tutto perchè le sue deduzioni non sono affatto poggiate su docu menti e testimonianze dirette, ma su citazioni di seconda mano che hanno soltanto un valore molto relativo. E poi, se l’A. voleva fermarsi esclusi vamente a parlare della Francia medievale, dai merovingi a Luigi X I , doveva tener presente che in Francia non vi fu una vera civiltà comunale, ma che, anzi, il Comune, quale ente amministra tivo e politico, è soltanto una eccezione per il paese che più d’ ogni altro conobbe il regime cur tense o « regime cLomanial » ; e considerare al tresì che la natura dello Stato germanico non consentiva — ed è questo ormai un fatto su cui giuristi tedeschi e francesi e italiani, dal W aitz e dall’ Hegel al Foustel de Coulanges e al Solmi di recente, hanno detta quasi l’ ultima parola — altra organizzazione all’ infuori di quella dello Stato, e consentiva invece qualunque « immixtion offcielle » in ogni sorta di rapporti fra i sud diti, compresi in un certo senso anche i rap porti sorgenti dall’ istituto della famiglia. Egual mente, come un esame più profondo della gilda anglo-sassone, franca e germànica avrebbe fatto risparmiare al Des Cilleuls qualche inesattezza e qualche errore non indifferente, così la esatta co noscenza e valutazione del fondamento economico del feudalesimo gli avrebbe certo suggerito o di non toccare affatto questo tema, come non perti nente al suo « Socialismo municipale », o di pro nunziarsi in modo assai diverso.
Ma se, invea^, il Des Cilleuls volle anche parlare dell’ Italia comunale e di tutti quei paesi dove la forma comunale rivestì una ben deter minata sostanza economica — lo diremo con frase un po’ barocca — allora noi potremmo qui ricor dare quanto scrivemmo recentemente in un nostro volume di ricerche storiche sul secolo X I I I a proposito della politica annonaria dei nostri Co muni, sul divieto di esportazione, eco. Notiamo solo — come conclusione di questo capitolo — che il divieto annonario, che è davvero uno dei fatti più caratteristici dell’ intervento di Stato nelle questioni economiche, non è dovuto soltanto al- l’ influenza delle classi popolari nei momenti della loro fortuna politica, ma corrisponde altresì al programma dell’ aristocrazia terriera e del patri ziato commerciale. Era, in altre parole, un bi sogno dei tempi e rispondeva mirabilmente agl’in teressi dei nostri padri, date le poche o punte cognizioni di scienza economica che illuminavano le loro menti. La fissazione dei prezzi delle der rate non fu un sistema costante, ma soltanto una eccezione, che va spiegata assai diversamente dal modo seguito dal Des Cilleuls nel suo libro.
Completeremo altra volta questi appunti che, se mirano ad intaccare il fondamento storico e sociologico dell’ opera in esame, non vogliono al fresi disconoscerne il valore obbiettivo che quale raccolta di dati essa può avere ed ha certamente.
(Continua).
R . C. .
---492 L ’ ECONOM ISTA 30 luglio 1905
R
ivista
B
iplioqrafica
Prof. Rag. Vittorio Marescotti. - Il credito gerito dallo Stato. — Napoli, tip. F. Raimondi 1904, op. pag. 20
L ’ Autore propone che lo Stato assuma la gestione del Credito ipotecario prestando contro ipoteca, rinunziando alla imposta di ricchezza mobile, ed esonerando dalla imposta fondiaria « s u lla parte d’ imponibile catastale pari all’am montare dell’ interesse del debito ipotecario », ed accettando per contro cartelle al saggio di inte resse del 3 */* Per cento.
L ’ Autore, per fare tale proposta, parte da una premessa che crede assiomatica, ma che in vece richiederebbe qualche piova. É gli dice che la proprietà è soverchiamente gravata dalla im posta, e si sa che ciò non è esatto, poiché lo Stato non riceve che 5 lire per ettaro coltivato; dice che il proprietario ha bisogno di capitali a buone condizioni, e ciò non è esatto perchè, men tre appena 15 anni fa pagava il 6 per cento di interesse, non trova facilmente denaro contro un interesse del 3 l/t.
L ’Autore doveva dimostrare, per suffragare la sua proposta, che il proprietario non abbia esagerato il prezzo dei suoi terreni, e quindi essi non presentino in realtà quella garanzia che ha immaginato.
Filippo Carli. - Conquista, Capitale e Religione: Roma, Coop. Polig. Editrice, 1904, op. pag. 25; Segnaliamo ai lettori questo breve lavoro del sig. Carli nel quale sono illustrate con molta dot trina e con una certa genialità di sintesi, alcuni fenomeni storici ; la conquista favorita e legit timata dai sacerdoti che nel tempio raccolgono i tesori; la successiva necessità di impiegare frut tuosamente tali tesori e quindi le industrie ed i commerci esercitati col capitale confessionale. « Una religione cessando di esser tale, dice 1 Au tore, diventa una Chiesa, e cessando anche di essere una Chiesa, rimane una Banca. »
Poche pagine che meritano di esser lette.
Karl W ra b o tz. - Genossenschaftliche Grundsätze. — Vienna, Manz, 1904, pag. 319, 2» Ed. (K or. 8). Questo diligente lavoro che ci dà una siste matica relazione sull’ insieme della situazione che presentano le Società di mutuo soccorso in Au stria, e una particolareggiata illustrazione di al cuni gruppi di esse, è meritatamente giunto alla seconda edizione. Perciò i dati ed elementi di questa ristampa sono più recenti e più completi, e si può affermare che è uno dei migliori lavori del genere.
I l libro è diviso in tre parti : la prima con tiene la storia delle Società di mutuo soccorso, collo sviluppo numerico da esse raggiunto; —- la seconda parte dà l’ elenco e ta la storia partico lareggiata di 30 Società, divise in gruppi; Unioni, Società di mutuo soccorso, di anticipazioni e cre dito, di consumo, ed altre speciali ; — la terza parte studia l’ argomento riguardo alla questione delle imposizioni.
Come si vede la trattazione è ampia ed è scritta con molta cura.
Prof. A. Luschin von Ebengreuth. - Allge meine Münzkunde und Geldgeschichte des Mittel alters und der Neueren Zeit. — München, R. Oldenburg, 1904, pag. 286 (M. 9).
È una completa trattazione storico-tecnica dell’arte di batter moneta e delle sue vicende attraverso i secoli, con una larga e profonda eru dizione sull’argomento, sempre difficile quando si tenti di provare la equivalenza delle monete tra le diverse epoche.
In una breve introduzione l’Autore delinea il soggetto dell’ arte di batter moneta e della storia del denaro, indica le fonti e gli aiuti scien tifici della numismatica, ne riassume la lettera tura e tratta delle impronte.
Il lavoro quindi viene diviso in due parti, una generale sulla tecnica delle monete : materia, impronte, iscrizioni eco. ; — 1’ altra storica che esamina l’ argomento della, moneta sotto i vari aspetti, finanziario, economico, politico eco. nei diversi tempi e paesi.
Un largo indice alfabetico aiuta le ricerche sull’ importante volume pieno di interessanti no tizie e di acute osservazioni.
J.
RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA
Interessanti anche per noi italiani i risul tati dell’ inchiesta sul lavoro dei fanciulli in Inghilterra che il dott. 0 . F. Thomas, ufficiale medico assistente del « London County Council », ha fatto in merito al regolamento dal L . 0. Coun cil stesso intorno al lavoro dei fanciulli. Il dott. Thomas ha dichiarato che nei fanciulli lavoranti da 20 a 30 ore alla settimana egli ha riscontrato un forte aumento dei fenomeni nervosi ; in quelli lavoranti più di trenta ore, ha riscontrato fre quentemente disordini nelle funzioni del cuore, anemia e turbamenti nervosi. Nelle scuole da lui visitate il dott. Thomas ha trovato il 25 per cento di anemia nel totale della scolaresca, il 34 per cento nei ragazzi occupati a lavorare fino a 20 ore alla settimana, il 37 per cento in quelli che lavorano fino a 30 ore, e il 45 per cento in quelli che lavorano più di trenta ore. In rela zione al numero delle ore di lavoro v ’ era inoltre un aumento di deformità, di disordini cardiaci permanenti e di altre malattie. In certe scuole quasi il 50 per cento dei ragazzi nelle ore libere lavora e non pochi sono inferiori all’ età di un dici anni. Il dott. Thomas ritiene che bisogne rebbe applicare rigidamente la legge; tuttavia riconosce che il problema è molto scabroso e so pratutto in riguardo al guadagno dei fanciulli, che spesso è una provvidenza per le famiglie povere.30 luglio 1905 L ’ E CO N OM ISTA 493
— I risultati del movimento commerciale nei primi sei mesi di quest’anno segnalano un aumento della scorta metallica italiana.
Intatti quei risultati registrano un’ importa zione di lire 61,610,200 di oro e monete contro un’ esportazione di lire 2,843,400, con un aumento di lire 49,050,800 nell’entrata a diminuzione di lire 1,213,300 all’ uscita.
In un semestre, in sostanza, abbiamo au mentato di 50 milioni circa le nostre riserve me talliche, senza contare le grosse somme che nel semestre hanno lasciato gli stranieri, la cui af fluenza è degna di nota e. che si possono valu tare a non meno di 100 milioni.
Ormai le riserve metalliche del tesoro e delle banche toccano il miliardo e le banche e i ban chieri ricostituiscon alla loro volta le scorte me talliche.
— Segnaliamo all’ attenzione dei nostri let tori alcuni dati intorno alla campagna serica del 1905; da cui si rileva che le frequenti _ pioggie cadute nel maggio scorso hanno frustrate in parte le speranze dei produttori, che ebbero tanto a sof frire nella campagna del 1903-904.
Ecco i prezzi delle sete greggie dal giugno 1904 al giugno 1905:
Giugno L. 37.75 Gennaio L. 43.50
Luglio » 38.75 Febbraio » 42,75
Agosto » 38.75 Marzo » 41.50
Settembre » 39.2o Aprile » 42.00
Ottobre » 40.50 Maggio » 42.2o.
Novembre » 41.50 Giugno » 44.2o
Dicembre » 42.75
Fu questo, dunque, un modesto esercizio, che non riuscì certo a riparare i guai dell’ esercizio antecedente.
Dato questo stato di cose, è naturale che le contrattazioni delle nuove partite di bozzoli do vevano iniziarsi in modo freddo e con grande ritegno da parte dei filandieri.
In queste contrattazioni si seguì anche in quest’ anno l’ uso di attenersi all’ adeguato della Associazione serica di Milano per mezza partita con premi fra 40, 50 e 60 cent, e di stabilire un prezzo finito per l’ altra m età;_e in quest’ anno la media sarà, pei bozzoli gialli, di L . 3.33, cioè L. 0.85 al disopra dell’ anno scorso, in cui la media fu di L . 2.48 per ogni chilogramma.
Quanto al prodotto, notiamo che quest’ anno esso è stato del 20 per cento inferiore al normale, essendo la media del prodotto degli ultimi 10 anni di kg. 40,300,000 di bozzoli.
Il prezzo dei bozzoli, però, potrà supplire in parte alla scarsità del prodotto.
__ L ’ Jjnion des Marchands de Soie di Lione ha pubblicato una statistica della produzione se rica mondiale nel 1903 e nel 1904. <
Da essa si rileva che nel 1904 si e rag giunta la cifra di chilogrammi 20,268,000 di seta «reggia contro chilogrammi 18,135,000 nel 1903. ° Nel 1904 la produzione europea ammontò a chilogrammi 5,917,000, quella del Levante e del l’ Asia ammontò a chilogrammi 2,186,000 e quella dell’ estremo Oriente a ck. 12,165,000.
Nel precedente anno l’ Europa produsse chi logrammi 4,361.000 di seta, il Levante e l’ Asia ne produssero 2,530,000 e l’ estremo Oriente chi logrammi 11,244,000.
L a produzione serica europea nel 1904 e così divisa: Italia chilogrammi 4,900,000, Fran cia chilogrammi 625,000; Spagna 77,000; Austria Ungheria 315,000.
L ’ Italia occupa il primo posto nella pro duzione mondiale ; 1’ ultimo posto è occupato dalla Grecia, che produce soltanto 60,000 chilogrammi di seta.
— Il Lokal Anzeiger comunica essere stato concluso nn trattato addizionale al trattato di commercio italo-tedesco, che entrerà in vigore il 1° marzo dell’ anno venturo, durando fino alla fine del 1917. Questa aggiunta riguarda le ap plicazioni delle tariffe concordate e contiene i se guenti principali punti : Le parti contraenti si impegnano a non ostacolare il reciproco commercio con proibizioni d’ importazione, di esportazione e di transito. L e merci portate da navi dell’ una nazione per importazione, esportazione, transito o deposito, possono essere anche portate da navi dell’ altra nazione senza mutazione delle tariffe, senza restrizioni e con diritto ad uguali privi legi, riduzioni ed abbuoni. L e merci esportate dall’ Italia verso la Germania, oppure transitanti attraverso la Germania, non possono^ essere sot toposte a tariffe ferroviarie differenti da quelle delle merci, tedesche viaggianti sul medesimo tra gitto. I prodotti italiani che, entrando in Ger mania, pagano la dogana soltanto durante parte dell’ anno, sono ammessi liberamente anche dopo il termine in cui la tariffa dovrebbe cominciare ad applicarsi, purché siano state presentate al- 1’ ufficio doganale di confine prima che il termine sia spirato. La Germania garantisce all’ Italia le stesse riduzioni accordate ai formaggi svizzeri quando i formaggi dello stesso genere vengano fabbricati anche in Italia, come anche ai for maggi speciali italiani. Il Governo italiano si riserva il diritto di stabilire una tassa d’ espor tazione sulle ossa.
Rassegna del commercio internazionale
Il commercio della Grecia nel 1904. I or miamo i seguenti dati circa la situazione com merciale della Grecia. Da essi si può facilmente rilevare che le condizioni della penisola non sono poi così disastrose come si potrebbe credere. Notiamo, anzitutto, un sensibile aumento nella esportazione, dal 1896 in poi •Importaz. Esportaz. Differenza
sul 1896
1896 1904 1896 1904 Imp. Esp.
(in milioni di franchi)
494 L ’ ECO NOM ISTA 30 luglio 1905
Da tali cifre risulta che dal 1896 al 1904 il commercio greco è aumentato di 40 milioni di fian chi. A ll’ esportazione è notevole l’ aumento di 12 milioni nei grani ed olivi, di 5 milioni nei vini.
Diviso il commercio secondo gli Stati, in questi stessi periodi, si ha tra il 1896 ed il 1902 il seguente movimento : 1886 1802 Diff. sul 189B Esp. + 1-8 — 5.T — 1.5 + 2.4 + 4.0 + 4.0 + 1.4 + 0.8 4- 2.6 Imp. Esp. Imp. Esp. Imp.
(milioni di franchi) Inghilterra 29.4 18.2 28.7 20.0 — 0.7 Russia 24.1 7.6 30.8 1.9 + 6.7 Turchia 14.4 7.9 11.9 6.4 — 2.5 Astr.-Ungheria 11.8 6.9 21.2 9.3 + 9.4 Germania 10.2 3.3 11.0 7.3 + 0.8 Francia 8.5 6.5 11.8 7.9 + 2.8 Stati Uniti 4.5 2.7 3.2 4.1 — 1.8 Italia 2.9 3.9 5.5 4.7 + 2.6 Paesi diversi 10.5 15.5 13.6 18.1 + 3.1 Totali 116.3 72.5 137.2 79.7 + 20.9 Dal che risulta che nel commercio
+ 7.2 l ’Austria-Ungheria, la Francia e l’ Italia sono le Potenze che hanno maggiormente aumentati i loro scambi.
Il commercio esterno del Messico nell' anno fiscale 1904-905. Il servizio di statistica del M i nistero delle Finanze del Messico comunica i re sultati ‘provvisori delle importazioni ed esporta zioni durante i primi nove mesi dell’ anno fiscale 1904-1905 (luglio 1904-marzo 1905).
Importazioni. (Valore calcolato in piastre):
3914-905 1E08-904 Materie animali 5,156,866 4,161,237 » vegetali 11,012,081 10,697,009 » minerali 18,580,982 16.611,865 Tessili 8,306,284 7,254,262 Prodotti chimici 2,365,750 2,262,256 Bevande, spiriti 2,440,914 2,348,790 Carte 1,937,232 1,692,329 Macchine e accessori 7,992,706 7,595,074 Veicoli 1,428,128 1,487,803 Armi ed esplosivi 1,056,346 1,563,072 Diversi 1,841,789 1,835,471
Vi è quindi un , sensibilissimo e costante au mento delle importazioni nel Messico e poiché le differenze tra quest’ anno e il precedente non sono indifferenti, specialmente in riguardo alle mate rie minerali e ai tessili, merita che le consta tiamo : Materie animali + 995,629 » vegetali + 315,071 » minerali + 5,969,116 Tessuti - f 1,052,021 Prodotti chimici q_ 103,493 Bevande, spiriti + 93,123 Carte + 244,902 Macchine e accessori + 397,632 Veicoli 58,875 Armi ed esplosivi + 493,274 Diversi + 6,318 + 5,610,709 Ecco ora i resultati della
Esportazione : 1904-905 1908-904 Prodotti minerali 26,502,786 41,837,826 » vegetali 41,847,046 42,526,222 » animali 7.472,325 8,077;098 » manifattur. 5,546,335 4,347,456 Diversi 554,549 382,294 Metalli preziosi 56,707,059 70,945,709
E d ecco ora le differenze tra questo e l’anno precedente : Prodotti minerali » vegetali » animali » manifatturati Diversi Metalli preziosi 4- 4,614,960 — 1,179,175 — 604,773 4- 1,198,880 + 172,255 — 14,238,643 — 10.038,497 Per l’ esportazione adunque le differenze spe cifiche sono meglio distribuite, e quelle in più potrebbero all’ incirca compensarsi con quelle in meno, se non si avesse la grave diminuzione di oltre 14 milioni nella esportazione dei metalli preziosi del 1904-905.
— Il commercio di esportazione brasiliano nel primo trimestre 1905. E ’ opportuno accennare a questa esportazione che, come aveva preso una notevole espansione durate il 1904, così ha con tinuato a svilupparsi nel 1905.
Il valore delle esportazioni che era giunto fino a 9,822,071 sterline per il primo trimestre del 1904, si elevò a 12,009,293 per lo stesso pe riodo del 1905, ciò ohe sta a indicare un aumento di 2,187,222 sterline: considerevole aumento, data la brevità del periodo che si prende in conside razione.
Indichiamo ora il valore raggiunto dalla esportazione di alcuni dei principali prodotti, sem pre per lo stesso periodo di tre mesi :
1934 1935 Cotone 506,397 88,257 Zucchero 21,110 156,453 Caoutchouc 4,121,682 5,420,619 Caffè 3,506,856 4,482,943 Tabacco 137,238 315,602 Erba matta 189,348 192,611 Totale 8,482,631 10,656,485
Il caontchouc e il caffè sono quindi in au mento considerevole e rappresentano i due prin cipali articoli di esportazione del Brasile. Essi rappresentano per il primo trimestre del 1905, 1’ 82 per cento del totale.
Il Brasile ha esportato 13,441,351 chilo grammi di caoutchouc nei tre primi mesi dei- fi anno in corso, contro 12,104,400 chilogrammi per il primo trimestre del 1904.
Quanto al caffè esportato dal 1» gennaio al 31 marzo 1905, esso è stato di 2,237,759 balle, cifra che eccede di 540,441 balle quella del primo trimestre del 1904.
In complesso adunque il commercio di espor tazione brasiliano è in sensibile aumento. La voce che è in diminuzione rilevantissima è invece il cotone.
— Commercio belga dei primi sei mesi del 1905. L e importazioni totali nel Belgio, durante i primi sei mesi del 1905 si sono elevate a franchi 1,397,699,000, rappresentanti 8,898,847 tonnes contro 8,522,284 aventi un valore di 1,327,652,000 del precedente anno. V i ha dunque un aumento di 20,007,000 fr. e, quanto al peso, un aumento del 4.4 per cento.
30 luglio 1905 L ’ ECO N O M ISTA 495
Essa giunse nel trimestre primo del 1905 a fr. 1.14.287.000 rappresentanti 7,408,726 di tonnes contro 7,359,386 tonnes di un valore di franchi 977.212.000 del primo semestre del 1904. Un aumento, in una parola, di 37,075,000 franchi.
L e importazioni sorpassarono le esportazioni (sempre per lo stesso periodo) di 383,412,000 fr. contro 350,440,000 del 1904, e quanto al peso, di tonnes 1,495,621 contro 1,168,903. tonnes.
L A S IT U A Z IO N E D E L T E S O R O
al 3 0 Giugno 1905
Il Conto di Cassa del Tesoro al 30 giugno 1905 dava i seguenti risultati :
Fondo di Cassa alla chiusi dell’esere. 1903-04. L. 351,499,208.86
» » al 30 giugno 1905 . , . » 429,601,908.43
Differenza in più L. 68,102,689.60
Pagamenti di Tesoreria dal 1° luglio al 30 giugno 1905 :
Per spese di bilancio . . L. 1,855,496,935.58
Debiti e crediti di tesoreria » 3,745,991,930.84 5,601,488,915.92
Incassi di Tesoreria dal 1° luglio al 30 giugno 1905 :
Per entrate di bilancio. . L. 1,940,493,120.52 } Per debiti e cred. di tesor. » 3,789,192,349.23 )
Eccedenza degli incassi sui pagamenti . L.
5,679,685,469.75 60,199,001.35
La situazione dei debiti e crediti di Tesoreria al 30 giugno 1905 risulta dai seguenti prospetti :
D E B I T I al 30 giugno 1904 al 30 giugno 1905 migliaia di lire migliaia di lire Buoni del T e s o r o ...L. 193,840 173,957 V aglia del T e s o r o ... 21,107 23,518
Banche, Anticipazioni statutarie — —
Amm. Debito Pubb. in conto cor. infrutt. 247,381 133,000
» Fondo Culto » » » 15,576 254,480
Altre Amm in. in conto corr. fruttifero . 559 18,685
Cassa Depositi e Prest. in conto corr. frutt. Altre Am m. in conto corrente infruttifero .
60,958 43.S72
20,195 886
Cassa Depositi e Prest. in conto corr. infr. 87,402 20,740
Incassi da regolare... 33,519 34,0 ¿5
Biglietti di Stato emessi per l’ art. 11 della
11,250
legge 3 marzo 1898, n. 47 . 11,250
Operazione fatta coi Banco di Napoli per effetto dell’ art. 8 dell’ allegato B alla
31,850 29,970 legge 17 gennaio 1897, n. 9 Totale debiti L. 673,641 744,384 C R E D I T I al 30 giugno 1904
i
al 30 giugno 1905 migliaia migliaia di lire di lireValuta presso la Cassa Depositi e Prestiti
91,250 91,250
artic. 21 della legge 8agosto 1895 . L.
Amministrazione del Debito Pubblico per
pagamenti da rimborsare . . . .
Amministrazione del fondo per il Culto .
71,665 74,607
13,994 18,574
Cassa Depositi e Prestiti per pagamenti da
32,411 46,186
r im b o r s a r e ...
Altre am m inistrazioni... 22,799 2d,640
Obbligazioni dell’ Asse Ecclesiastico . > •
Defìcenze di Cassa a carico dei contabili 1,757 15,827
1,712
D i v e r s i ... •
Operazione fatta col Banco di Napoli per effetto dell’ art. 8 dell’allegato B alla
70,158
legge 17 gennaio 1897, n. 9. 31,850 29,970
Totale dei crediti L. 281,556 359,099
Eccedenza dei debiti sui crediti . • » 3^2,085 385,285
Totale come sopra L. 673,641 744,334
La eccedenza dei debiti sui crediti al 30 giugno 1905 era di milioni 385.2 e al 30 giugno 1904 di 392
milioni. ,
Il totale dell’ attivo del Tesoro, formato dal tondo di cassa e dai crediti, risulta al 30 giugno 1905 di milioni 788.7, contro 633 alla chiusura dell’esercizio.
I debiti di Tesoreria ammontavano alla nne di giugno a milioni 744.3, contro 673.6 alla fine dell e-
sercizio. . .
Vi è quindi una eccedenza delle attività sulJe pas sività per milioni 244.3 alla fine di giugno, mentre vi era una eccedenza di passività per milioni 40.5 al 30 giugno, ossia vi è stato un miglioramento di m i lioni 284.9.
Gli incassi per conto del bilancio che ammontarono nel giugno 1905 a milioni 1.940 comprese le partite di giro si dividono nel modo seguente :
Inc as si d e ll ’ese rc iz. 1 9 0 4 -0 5 Inc as si pres un ti nel 1 9 0 4-0 5 Differe nza fr a g l’ in ca ssi d e l 1 9 0 4 -0 5 je q u e ll i d e l 1 9 C 3 -0 4 Differenza fra i fa tt i e le prev. del 1 9 3 4-0 5
migliaia migliaia migliaia migliaia
di lire di lire di lire di lire
110,330 108,104 -fi 1,233- f i ’2,253 191,676 192,231 - 3,494 — 554 300,433 299.275 + 1,118- f i 1,158 213,569 211.863- f i 6,600 + 1,709 25,221 24 880- f i 451- f i 343 770 80-3 - 132 - 38 132,274 130,897 -f 12,954- f i 1,377 234,622 221,980- f i 755 + 12,612 50,3*4 53,095 - 1,021- f i 259 16,670 _ -fi1 * 3 4 *14977- f i 16,670 225,195 222,097 -fi 10,0 ¡9 -fi 3,187 77,758 77.767 + 61,761 — 9 1,124 1.2,5 -fi 457 — 17 J 74,394 71362 - 34 + 3,031 79,119 58,741 -fi 2,283 -fi 378 18,753 16,357 j- 1,097 fi 1,144 -fi 2-396 25,6Ç6 24.775 -fi 891 31,550 -fi21,020 — 1,795 37;792 20,792 fi8 8,912 -fi 17,000 1847 312 l,786,5òl -fi 58,630- f i 60,730 10,9 58 7,899- f i 155- f i 3,010 i;o9$ 117 + 789 -fi 973 33,318 32,957 — *4,49b- f i 310 45,30- 40,975 — 1,742 -fi 4,333 47,871 65,481 —*12916 — 17,609 1940 413] 1, >-93,038 +«42,661 + 47,454 1 I N C A S S I E n t r a t a o r d i n a r l a Entrale effettive R e d d i t i patrimoniali dello Stato. . . L. Imposta sui fondi ru stici e sui fabbricati. Imposta sui redditi di ricchezza mobile . . Tasse in amministraz. del Min. d. Finanze. Tassa sul prodotto del movim. a grande e picc. veloc. sulle ferr. Diritti della legaz e d Consolati all’ estero Tassa sulla fabbricaz degli spir., birra, ec Dogane e diritti marit, Dazi interni di consumo esclusi quelli di Na poli e di Roma. . Dazio cons. di Napoli
» » di Roma
Tabacchi ... S a l i ... Prodotto d i vend. del
chinino e prov. acess. L o t t o ... P o s t e ... Telegrafi . . . . • Servizi diversi. . . Rimborsi e concorsi n spese... Entrate diverse . . Tot. Entrata ord. L
Entrata straordinaria
Ca t e g. I . Entrate effett.
» II. Costr. str. fe r .
» I I I . Mov. di C apii Tot. Entrata straor. L. Partite di giro. . .
Totale generale
1. L ’aumento avuto dalla vendita dei tabacchi è figurât'vo essendo comprese le somme riguardanti le spese d ’ amministrazione ed il canone dovuto al Co mune di Roma. Queste spese, inscritte in bilancio alle partite di giro vi passeranno agli effetti del conto del Tesoro, nella definitiva sistemazione dei conti.
2 La differenza avuta dai rimborsi e concorsi sulle spese è dovuta a maggiori rimborsi e concorsi dipen denti da spese ordinarie inscritte nei bilanci di vari Ministeri.
3. La maggiore entrata delle entrate diverse pro viene per la massima parte dal ricupero di somme da reintegrarsi a capitoli di spesa inscritti in bilancio nella parte prdinaria delle spese efiettive.