SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Anno I X I - Y o l . X IX IV
Firenze, 9 Agosto 1903
N . 1527
S o m m a r i o : Macchinismi complicati per il commercio internazionale — Ancora sulla scissione dei socia listi — La nuova tariffa doganale svizzera — Agricoltura e colonizzazione nell’ Eritrea, I — La relazione della Commissione reale sull’ esercizio ferroviario, III {continua.) — Rivista bibliografica. Prof. Cammillo
Acqua. La legge naturale e 1’ evoluzione della Società. - M. Sar/atti. La nozione del torto nella dottrina
e nella giurisprudenza inglese. - J. L . de JLanessan. La lutte pour l1 esistence et 1 evolution des sociótes. - Av. Maurice Pasquier. Sir Williams Petty. Ses idées éoonomiques. - Edoard Hamon. Le Eoi du jour. E’ alcool - Dr J. Hartwiq. Ber Liibeeker Schoss bis zur Reformationszeit - Frank H. Hitchock. Our Trade wi’tli Japan, China and Hongkong. - Rivista Economica. (Un nuovo tracciato per la navigazione
interna da Milano a Venezia). — Cassa di credilo comunale e provinciale — Il commercio della Germania
nell’ anno 1902 — Cronaca delle Camere di commercio (Modena) — Mercato monetano e Banche di emissione — Rivista delle Borse. — Notizie commerciali. Avvisi.
gli interessi influenti o dei grandi produttori, o del fisco, prevalgono arbitrariamente, disponendo o negando utili o soprautili a questa od a quella industria, quasi senza controllo.
Le cose sono arrivate al punto che nessuno più osa proseguire in questa opera che diventa sempre più complessa e sempre più complicata e della quale è sempre più difficile, non solo provvedere ma nemmeno accertare sicuramente gli effetti.
Ed ecco che le difficoltà per rinnuovare i trattati di commercio vanno crescendo quanto più va crescendo la loro complessità ; e quasi quasi si affaccia lo spettro di un regime proibi tivo a base di tariffa generale.
Ma comincia già a sorgere un altro sistema integrante: le tariffe ferroviarie.
Nel loro concetto generale, le tariffe ferro viarie per il trasporto delle merci sono costruite in modo che le merci pagano in una ragione chi lometrica decrescente, cioè il tasso per chilome tro è minore quanto maggiore è il numero dei chilometri che la merce deve percorrere; egual mente decrescente, a partire da un certo punto, è lo stesso saggio, in ragione della quantità di merce che viene spedita o in una sola spedizione o di un complesso di spedizioni in un certo pe riodo di tempo. Finalmente le merci sono clas sificate in base al loro peso, volume, valore ed ogni classe ha un saggio diverso.
Queste basi generali non sarebbero molto complicate se poi non intervenissero le così dette tariffe speciali a favore delle numerose eccezioni : o si tratta di una data merce, a cui si accorda un ribasso per il trasporto dal Sud ai Nord, come il vino ; o si tratta di una linea ferroviaria che per certe merci gode una tariffa speciale più bassa di quella vigente su altre linee; il fatto è che oggidì le tariffe ferroviarie interne di un paese, e quelle internazionali, sono così complicate che, soltanto coloro che sono costretti a maneggiarlo quotidianamente ne conoscono le difficili dispo sizioni, e in genere non si è mai sicuri citando questa o quella tariffa, di citare la più econo
M a c c h i n i s m i c o m p l i c a t i
per il commercio internazionale
Più si va avanti nell’ esplicare la politica commerciale e più diventano complessi i mec canismi coi quali coloro che non hanno fede nella libertà degli scambi, pretendono di rego lare e guidare le correnti internazionali dei prodotti.
Un tempo non si aveva una tariffa proibi tiva contro la entrata in genere delle merci e sembrava il migliore espediente del protezioni smo diretto a procurare la prosperità delle na zioni.
Tale espediente sottintendeva che gli altri paesi non seguissero la stessa via, la qual cosa si dimostrò tosto inverosimile. E quando tutti o quasi tutti gli Stati sì armarono di una tariffa proibitiva, cioè tutti furono in punta di piedi nella illusione di veder meglio, allora cominciarono i trattati di commercio che vennero ad infrangere il principio assoluto del protezionismo e che dovevano avere per iscopo di integrare le de ficienze della produzione di una nazione verso T altra. Fu il tempo dei così detti dazi compen satori, i quali dovevano compensare i produttori di un paese dei maggiori oneri che dovevano subire, per maggiori tributi, per maggiori di stanze dai luoghi di consumo, per maggior co sto di carbone, per maggior prezzo di mano d’opera eco. eco. Si pretendeva cioè di livellare, mediante i dazi, i prezzi di produzione.
Fu un sogno, poiché pur mantenendola pa role questo scopo dei trattati di commercio, in sostanza ogni nazione cercò di far prevalere sulle altre una parte almeno della propria pro duzione.
mica, nemmeno chiedendolo agli agenti ferroviari, i quali del resto non sono obbligati ad indicarla.
Ora le difficoltà che sembrano prevedibili per stipulare dei nuovi trattati di commercio, suggeriscono già di attribuire in larga misura il carattere di compensatrice del dazio doga nale alle tariffe ferroviarie. Si tratterebbe cioè di agevolare la esportazione, non più ottenendo che gli altri Stati accordassero ribassi sulla tariffa doganale, ma accordando noi alle merci dirette all’ estero speciali ribassi di tariffe fer roviarie in ragione al dazio da cui sono colpite. È il fatale andare del protezionismo che conduce alle peggiori conclusioni logiche. In Ita lia, ad esempio, si propone di imitare altri Stati adottando tariffe ferroviarie di compensazione ai dazi ; in tal caso il bilancio perderà delle entrate e dovrà compensarsene o imponendo nuove tasse o non alleggerendo le esistenti ; così il denaro dei contribuenti sarà impiegato ad agevolare la esportazione di questo o quel pro dotto.
Sembrerebbe più logico sgravare in corrispon dente misura i tributi alle industrie di esporta zione; allora se ne gioverebbero un poco anche i consumatori nazionali. Ma appunto perchè questo sarebbe logico, si escogitano i sistemi più com plicati.
La grande macchina dello Stato la quale dovrebbe essere rivolta a rendere più agevole la vita ai consumatori, che sono tutti i cittadini, rendendo i prodotti al maggior buon mercato possibile, è invece indirizzata ai complessi mec canismi del protezionismo, il quale, tenuti in non cale i consumatori, rivolge tutte le cure, tutte le agevolazioni ai produttori verso l’estero ; finché si arriva a quell’ illogico sistema che era prevalso per lo zucchero e che aveva la sua più caratte ristica espressione nella Germania. La Germa nia cioè era grande produttore ed esportatore di zucchero verso la Gran Brettagna il sistema protettivo era costituito in modo che mentre i belgi pagavano lo zucchero prodotto in casa ses santa, gli inglesi pagavano quaranta lo stesso zucchero prodotto nella Germania.
Dove si arriverà ? Se la Germania, la Sviz zera e l’Austria-Ungheria adottassero tariffe ferroviarie compensatrici delle nostre, cosa fa remo ?
Il protezionismo non manca di espedienti : i premi di esportazione sono lì che aspettano l’ ultimo ed il più grave attacco al senso co mune ; non ci meraviglieremmo se saranno fra breve proposti ed approvati.
ANCORA SULLA SCISSIONE DEI SOCIALISTI
Il discorso che l’on. Turati ha pronunciato a Milano il 2 di questo mese sui dissensi sorti tra socialisti, dà la conferma che anche in Italia le divergenze non cessano di accentuarsi, e che se la sincerità vuole essere la guida dei socialisti, essi debbono ormai dichiararsi esplicitamente o per l’una o per 1’ altra delle due tendenze oggi in contrasto. Certo, se per amore di pace e di
concordia, almeno apparenti, si vuol sottilizzare e sostenere che riformisti e rivoluzionari, socia listi puri e socialisti opportunisti, non differi scono tra loro nella finalità ultima, si può anche negare che il dissidio esista ; ma sono sforzi vani, inutili, e non confacenti a un partito che vuol essere sincero, leale verso sè e verso gli altri.
Invero l’on. Turati, in una forma indiretta, nel formulare le questioni che tengono diviso il partito socialista ha tratteggiato benissimo le due tendenze e ha mostrato chiaramente quali sieno le sue predilizioni. Egli crede che la que stione vada presentata in questo modo :
« 1. Il partito socialista, il proletariato mili tante da cui il partito socialista vuol essere, come dottrina, la coscienza politica, come corpo, 1’ avan guardia veggente ed ardita; il partito socialista e il proletariato devono dunque essere un semplice par tito di protesta e di negazione, o, se vuoisi, di as salto dal di_ fuori, per screditare e distruggere la rocca in cui si trincera la società capitalista ?
Oppure il partito socialista e con esso il prole tariato devono essere un partito di conquista e di penetrazione?
2. Il partito socialistica deve, per le proprie con quiste, accamparsi come nemico irreconciliabile delle altre classi sociali, evitare con esse qualsiasi con tatto, respingere qualunqne transazione come qua lunque alleanza, aspettare soltanto i benefici che al proletariato possono lasciarsi cadere dalla paura delle classi dirigenti?
Oppure il partito socialista, concorrendo sul terreno della realtà dell’ oggi, deve, caso per caso, momento per momento, scegliere i modi della lotta, distinguere fra i diversi avversari, giovarsi delle loro scissioni, patteggiare anche con essi aperta mente, lealmente, ponendo, come prezzo di deter minati accordi, certi benefici alla causa proletaria e cercando di dare alle singole riforme, l ’impronta, il suggello, il carattere della sua volontà e del suo proprio pensiero?
B. Il partito socialista e il proletariato che esso rappresenta debbono contare sulle ire che condu cono alle violenze, sulla crescente separazione o sul crescente antagonismo delle classi sociali, deb bono fidare nelle supreme disperazioni della folla ?
Oppure, tesoreggiando tutto ciò che può rinvi gorire la classe proletaria e armarla nella sua lotta, debbono venire mano mano favorendo la trasformazione graduale degli ordini sociali, la for mazione progressiva del nuovo diritto, la creazione delle capacità amministrative, tecniche, politiche, morali, che al proletariato consentano non solo di assumere, quando sia venuta la pienezza dei tempi, la gestiore delle aziende economiche e degli uffici sociali, ma di mantenerla nelle sue mani, per i grandi fini della civiltà, con vantaggio proprio e della società tutta quanta?
4. La conquista del potere — potere municipale, governativo, e potere economico nella officina e sul campo — la conquista del potere, che, come for mula astratta, sembra essere nel programma di tutti i socialisti, deve avvenire per via di una ca tastrofe, vicina 0 lontana, deve essere 1’ opera im provvisa di un proletariato denutrito ed esausto?
Oppure il potere si conquista dal proletariato ogni giorno, coll’ intervento nei Municipi e nel Parlamento, premendo sulla pubblica opinione, rin vigorendo la forza operaia nel contratto di lavoro e creando la manarebia costituzionale in attesa della repubblica sociale — nelle officine, nel campo, nella miniera? »
politica socialista positiva, il partito può vivere e crescere perchè ha nei suoi obiettivi concreti 10 scopo e la ragione della vita e può anche svolgere un’ azione che non sia pienamente dis sol vitri ce.
Ma la migliore critica della tendenza rivo luzionaria l’ ha fatta lo stesso Turati quando affermò che socialismo utopistico ed anarchismo hanno questo punto di contatto: che entrambi fanno astrazione dalla inevitabile gradualità del movimento di emancipazione, lo isolano dalla condizione che ne rendono possibili i progressi e le vittorie.
« Il socialismo scientifico di Marx e di Engels — egli proseguì— ha rimesso sui propri piedi il mondo che si reputava camminasse colla testa, uimostrando che il problema della emancipazione è innanzitutto un problema di produzione, tantoché il socialismo sarebbe stato impossibile e inconcepibile prima della grande industria e della esuberante produzione che essa può ingenerare ; dimostrando che non le idee generano le condizioni della vita e dell’ assetto so ciale, ma queste condizioni obbiettive generano e modificano la substruttura ideale di ogni periodo storico successivo ; il pensiero di quegli scienziati ci dimostrò in pari tempo : che è follìa sperare la ri mutazione dell’assetto sociale da una semplice pro paganda di pensiero o da un atto di violenza ; che perciò 1’ avvento delle classi oppresse alle gestioni degli interassi sociali non può essere che un’ opera di penetrazione e di conquista lenta e tenace, che strappa a poco a poco brandelli di potere alle classi sovrastanti e crea nelle classi proletarie quelle stesse forze, quelle stesse capacità, onde la borghe sia si è servita per conquistarsi e assicurarsi il potere.
il socialismo non è più allora il sogno d’ una notte d’ estate d’ un pensatore, che debba calare in terra per prodigio : esso diviene ogni giorno ed ogni giorno un briciolo di socialismo s’ infiltra nella vita, nelle istituzioni, nel cuore e nelle convinzioni degli stessi suoi avversari, che piegano a poco a poco, ri luttanti, alle nuove necessità della vita e dei tempi. 11 partito socialista allora non tanto è forte per ciò che rappresenta in sé stesso, ma per ciò che pervede e trasforma fuori di sé.
Ed è questa conquista che permette ai proletari, che sono il numero, la forza, la più grande, in po tenza, delle forze sociali : ò ciò cne permette loro di presagire possibile una mutazione sociale tutta evo lutiva, senza sangue, senza strappi, senza ruine, senza le ferocie delle rivoluzioni del passato.
Questo metodo di successiva conquista sul saldo terreno della storia, implicando una progressiva[par- teeipazione dell’ una alle funzioni che fin qui furono privilegi dell’ altra, aumenta i punti di contatto e di intersezione fra esse, e le porta — per un tempo in termedio — a una sempre maggiore cooperazione fra loro.
Cooperazione ! L’ ho detta, l ’ immensa blasfema.
Cooperazione fra classi nemiche, ecco il tradimento. Eppure la cooperazione non esclude la lotta : anzi allora solo è lotta efficace dove e anche contatto e eooperazione. Sul terreuo della produzione coopera l’ operaio coll’ industriale : 1’ interesse comune ad essi, nel presente stadio sociale, è che l’ industria pro speri, ed è solo quando prospera che la lotta può efficacemente impegnarsi per il riparte degli utili. E sul terreuo politico e amministrativo vastissima è la zona di questi interessi comuni che uniscono le classi avversarie e rivali ».
E 1’ on. Turati chiuse così questa prima parte del suo discorso :
« La tattica che ho delineata è designata da ta luni come » riformismo », ma io protesto contro questo nome — il quale, a dire il meno, tende a perpetuare un equivoco — « Kiformismo » è e deve rimanere quello che fu sempre: la ricerca o le con cessioni delle riforme come fine a sé stesse; « rifor mismo » è azione borghese o azione filantropica, che concede per disarmare o per beneficare, e nulla
muta al principio cardine dell’ assetto sociale. Il so cialismo non prosegue le riforme per le riforme,- di stingue anzi e sceglie quelle che non si limitano a lenire qualche piaga, ma che rinvigorendo la forza delle classi sfruttate, sono il punto di partenza di conquiste maggiori. »
Le questioni di parole hanno una impor tanza troppo piccola, perchè valga la pena di fermarsi sulla esattezza o meno della espressione « socialismo riformista ». Notiamo soltanto che altri, in Francia, ad esempio, il Miìlerand, hà francamente accettata quella espressione, la'quale ha il pregio di indicare subito che quel gruppo o scuola socialista vuol procedere per graduali riforme verso l’ ideale collettivista, anziché ten- tare, utopisticamente, di far trionfare quell’ideale d’ un colpo, senza alcuna possibilità di far òpera utile e duratura.
L ’ on. Turati nella seconda parte del Suo discorso si è chiesto; quale è il compito nostro? e a cercato di dare adeguata risposta a questo interessante punto interrogativo. Vi è egli riu scito? Francamente, dobbiamo dire di no. A siiO avviso, per rinforzare la potenza conquistatrice del proletariato oggi deficiente e debole a causa della gioventù, della immaturità del proletariato stesso, occorrono dei criteri che possono riassu mersi in un trinomio: occorre curare la forza , la misura, la precisione « perchè la forza, non può trovai-si solamente nel numero, nell’ agglo- meramento caotico; ma essa viene da un eser cizio attivo, da una lotta quotidiana, dall’ eser cizio della vita politica e della vita comunale, nella quale gli operai possono manifestare la loro capacità, riscuotere i premi delle loro azioni ; la forza, il partito operaio la potrà avere quando sfuggirà da quell’ ossidamento politico in cui si impaluda. Noi oggi vediamo crescere il numero delle organizzazioni proletarie per lo scopò co mune di affermare le conquiste del lavoro. I primi caotici movimenti mancavano della giusta misura e noi vedemmo degli scioperi dannosi e impulsivi che rovinarono Associazioni e Camere di lavoro ; la misura non si acquista che con la esperienza ».
Niuno vorrà negare che i consigli dell’ ono revole Turati sul partito socialista sieno ottimi : forza, misura, precisione, occorrono, del resto, ad ogni partito. Ma un partito riformista deve an che sapere che cosa vuole in ordine alle varie questioni più importanti e più incalzanti e il Turati comprendendo tale necessità accennò in fatti al problema ferroviario, a quello tributa rio, alle questioni delle spese militari e dei trat tati commerciali. Però, non abbiamo trovato in questa parte del suo discorso che cenni assai fugaci e perciò insufficienti; nulla egli disse di importante o di nuovo su quei problemi, intorno ai quali il partito socialista, come notammo altre volte, ha il grave torto di non discutere, oppure di fare discussioni, come per le spese militari, che assumono un carattere poco o punto pratico. In sostanza il deputato milanese insistette sulla necessità che il partito socialista abbia una opi nione su quelle varie questioni e la difenda e ne procuri il trionfo coi deputati e con i comizi.
sostenere che il partito deve abbandonare le di spute metafisiche intorno ai postulati e alle pro fezie dei santi padri del socialismo per studiare, discutere e risolvere i problemi che incombono sulla vita politica italiana. Qui 1’ opera del so cialismo riformista può essere veramente bene fica e la sua voce sarà ascoltata con interesse e con profitto da amici e avversari. Ma rimane a vedere quale attuazione pratica avrà questo pro gramma di opere positive e quanti tra i mili tanti nel partito socialista si raccoglieranno in torno all’ on. Turati e ai suoi amici riformisti. Pur troppo i fautori dell’ equivoco, gli amanti della unità del partito, anche se esso è dominato da tendenze opposte, lavoreranno a tutt’ uomo per mantenere una unione che non può essere, or mai è chiaro, se non nominale, e cercheranno di impedire che i seguaci si pronuncino esplicita mente per 1’ una o per 1’ altra tendenza. Ma la confusione non può durare eternamente e, se non subito, fra non molto dovrà pure risolversi que sta condizione critica in cui si trova il partito socialista italiano, in una netta separazione fra intransigenti o rivoluzionisti, che si voglion dire, e transigenti o riformisti. Assisteremo allora alle solite scomuniche per gli eretici ; ma è da sperare che il libero pensiero trionfi anche nel partito che pretende di essere il più avanzato; e che in tal modo esso si depuri dei sofismi, degli errori e delle utopie che oggidì lo carat terizzano e spingono le menti più equilibrate e acute a cercare nuove vie e nuovi programmi.
---LA NUOVA TAR IFFA DOGANALE SVIZZERA
Il 15 marzo u. s. un plebiscito del popolo svizzero ha ratificato con 326,588 voti, contro 222,819, la tariffa doganale con tendenze prote zioniste, già approvata dalle Camere federali il 10 ottobre 1902. Il fatto ha importanza tanto per se stesso, quanto nei riguardi della politica doga nale internazionale. Anche per se stesso, perchè come nota J. Repond negli Annales des Sciences
politiques, la Svizzera ha pure ricavato dalla po
litica liberale un gran partito: lontana dal mare, priva di carbone di minerale, obbligata di coprire con una enorme importazione la insufficienza della sua produzione agricola, essa ha dato non dimeno sviluppo alla sua industria al punto di avere una esportazione di prodotti lavorati di 637 milioni (cifra del 1901) la qual cosa data la popolazione di soli 3,328,842 abitanti la col loca fra le nazioni più industriali del globo.
Il seguente prospetto, riprodotto dalì’ An-
nuaire statistique de la finisse, indica pel 1900
la importanza relativa del commercio speciale dei principali paesi.
Importazione Esportazione per abitante per abitante
Svizzera... franchi 335 252 Germania... 102 Francia... 106 Italia... 41 Austria-Ungheria. ... 39 45 Gran Brettagna.. . ... 314 213 Importazione Esportazione per abitante per abitante
Belgio... 325 282 Paesi Bassi... .. . . 810 702 Norvegia... . . . 194 108 Stati Uniti d’America.. .. . 58 94 Portogallo... .. . 67 35
La Svizzera viene adunque al secondo po sto, dopo i Paesi Bassi. Si noti che il maggior traffico per abitante di quest’ ultimo paese è im putabile al fatto che la sua statistica comprende nel commercio speciale anche una parte del traffico di transito.
Lo sviluppo del commercio esterno della Svizzera è stato notevole dal 1885 in poi. In quell’anno la importazione saliva a 717 milioni, di franchi e la esportazione a 669 milioni, nel 1895 le due cifre corrispondenti erano 915 e 663; però in quel periodo le esportazioni ave vano anche toccato cifre più alte e cioè 702 milioni nel 1890, 711 milioni nel 1889, così pure le importazioni salivano fino a 954 milioni nel 1890. Dopo la stipulazione dei trattati che stanno per scadere il movimento commerciale è stato il seguente :
Valore in m ilioni di franchi Importazione Esportazione 1 8 9 2 ... ... 869 657 1893... ... 827 646 1894... ... 825 621 1 8 9 5 ... 915 663 1 8 9 6 .. ' . . . ... 993 688 1 8 9 7 ... 1031 693 1 8 9 8 ... 723 1899... ... 1159 796 1900... ... 1111 836 1 90 1 ... 836 1 90 2 ... 1129 874
La ripartizione di questo commercio a se condo della natura degli scambi è la seguente: gli articoli alimentari costituiscono (cifre del 1901) il 29 Ojo della importazione e il 12 Oio della esportazione, le materie prime rispettiva mente il 31 0[o e il 76 0 [o
Ma, date le floride condizioni della Sviz zera e del suo commercio, la domanda che viene spontanea è questa: perchè il ripudio del regime doganale, al quale essa deve benefici sen sibili ? Le ragioni probabilmente sono varie : il desiderio di cambiare nella speranza di otte nere risultati migliori dal punto di vista della bilancia commerciale, l’idea di avere una tariffa più alta da adoperare come mezzo per strap pare agli altri Stati maggiori concessioni, le ten denze protezioniste diffuse sempre più dapper tutto.
Nel referendum del marzo u. s. gli elettori si sono divisi in due gruppi economici: da un lato i coltivatori, gli artigiani, la piccola indu stria, tutti quelli che subiscono l’ influsso del miraggio protezionista; dall’ altro le città, gli operai, gl’impiegati, le grandi industrie esporta trici e quella degli alberghi. Se il popolo avesse considerato sopra tutto il lato fiscale della que stione che era sottoposta al suo voto, 1’ avrebbe risoluta negativamente, essendo incline a respin gere ogni imposta di cui la necessità non gli è dimostrata.
politica, perchè i maggiori introiti doganali do vrebbero permettere alla Confederazione di forti ficare il potere centrale a detrimento dei cantoni. Ma tutti questi aspetti della questione ri soluta dal popolo svizzero non hanno grande mente influito sulla decisione, che è stata anzi tutto l’ opera di un’ attiva e potente coalizione d’ interessi privati. L ’ ossatura di tale coalizione era formata dalla industria del cotone e da due associazioni i cui segretariati permanenti sono sovvenzionati dal bilancio federale: l ’ Unione svizzera dei mestieri ([Gewerbeverein) che con tava, nel 1901, 26,000 soci ripartiti in 137 se zioni, e l’ Unione svizzera dei coltivatori forte di 18 sezioni, che hanno complessivamente 80,489 membri. L ’Unione dei mestieri tende al miglio ramento della condizione dell’ operaio mediante misure legali. Essa or sono dieci anni aveva ottenuto dalle Camere una modificazione costi tuzionale destinata ad aprire la porta ai sinda cati obbligatori, ma il popolo, consultato il 4 marzo 1894, respinse quel progetto. Questa volta l’Unione dei mestieri ha la sua rivincita, mercè l’ alleanza con l’ Unione dei contadini. Questa associazione fu fondata nel 1897 e può essere contenta del trionfo già conseguito col voto del 15 marzo di quest’anno.
La coalizione protezionista ottenne dalle Camere l’ aumento di un gran numero delle voci proposte nella tariffa del Consiglio federale, il quale era partito dal concetto che la tariffa gene rale fosse stabilita a un livello tale da poter es sere applicata senza inconvenienti, anche se non venisse attenuata dai trattati di commercio. Gli aumenti sono veramente sensibili : ad esempio le uve fresche da 10 franchi al quintale, secondo il Consiglio federale, furono tassate 25 franchi dalle Camere, il miele fu portato da 20 a 40, la carne fresca da 12 a 17; i bovi da 35 a 50 fi\ il capo, i tori da 40 a 50, i vitelli da 8 a 15 E franchi (se pesano non più di 60 chilog.), ecc. avvenuto insomma quello che si è verificato anche in Italia per la riforma del 1887, il Parlamento allora fu più protezionista del Governo. Però è da aggiun gere che le Camere elvetiche ridussero parecchi dazi proposti dal Consiglio federale e hanno anche decretato l’ entrata in franchigia delle materie prime, quali il carbone, il cotone greggio, i me talli in barre. Insomma il solito sistema delle concessioni agli uni e agli altri per raccogliere il maggior numero di aderenti alla nuova tariffa. In essa poi vennero moltiplicate le categorie per soddisfare gl’ industriali che reclamavano la pro tezione doganale e in pari tempo per evitare di rendersi troppo contrari alla riforma i rappre sentanti dei consumatori. Un solo partito politico, il socialista, ha combattuto la legge doganale del 10 ottobre 1902, ma è il più debole di tutti e non conta al Consiglio Nazionale che 8 rappre sentanti sopra 167 deputati. Furono le società cooperative per mezzo della loro potente Federa zione che promossero il referendum pel quale vennero raccolte 110,820 firme, ossi" un numero tale da far sperare che la vittoria sarebbe rima sta agli avversari della nuova tariffa, ma invece, secondo alcuno perchè l’ agitazione non fu così attiva e generale come era necessario, trionfa rono i protezionisti.
Le discussioni e le pubblicazioni fatte a proposito dalla riforma doganale sono state nu merose, ma in fondo gli argomenti adoperati non presentarono alcuna nuovità. I protezionisti dicevano che il mantenimento della esportazione supponeva dei trattati di commercio favorevoli, i quali non potevano essere conclusi senza il soc corso di una tariffa generale abbastanza elevata per tenere in rispetto 1’ estero e fornire ampia materia a concessioni. Gli avversari della tariffa rispondevano che i dazi proposti dal Consiglio federale erano inferiori a quelli approvati dalle Camere, che le principali industrie esportatrici (seta, orologeria, ricami) protestavano contro la tariffa generale che pretendeva tutelare i loro interessi, che la considerazione dei negoziati pei nuovi trattati commerciali poteva motivare l’ aumento di un numero limitato di dazi, ma non quello della generalità ; che la tariffa sarebbe applicata integralmente agli Stati Uniti e al Portogallo, atteso che la Svizzera non ha trat tato con quei paesi e che il rinnuovamento dei trattati con gli altri paesi lascerebbe probabil mente persistere una forte proporzione di dazi eccessivi. Quanto alla necessità della protezione veniva osservato che l’ agricoltura non è mai stata cosi prospera ; ad eccezione del vino, tutti i suoi prodotti hanno prezzi soddisfacenti, il latte specialmente, che è il prodotto principale. Si osservi pure che i mali di cui si lamenta l’ agricoltura svizzera sono sopratutto opera sua e vanno attribuiti alla intemperanza, alla insuf ficienza delle cognizioni agronomiche, alla esa gerazione del prezzo delle terre e dei fitti. Gli artigiani laboriosi e capaci fanno regolarmente buoni affari, e gli altri si lagneranno anche sotto il regime protettivo. Inoltre gli avversari della tariffa sostenevano che la nuova tariffa determi nerà un rincaro della vita, togliendo così alla Svizzera il solo vantaggio del presente buon mercato che permette alle sue industrie espor tatrici di sostenere la lotta sul mercato mondiale. La industria degli alberghi, che è probabil mente la più fruttuosa di quelle che esercita la Svizzera, è pure grandemente interessata a man tenere le facilitazioni attuali nell’ approvvigiona mento all’ estero.
Il solo argomento serio dei protezionisti era che la nuova tariffa non è definitiva, perchè i trat tati di commercio dovranno ridurre molte voci; ma anche questo argomento ha un valore rela tivo, perchè l’ aumento della tariffa autonoma rende più diffìcile la stipulazione di quella con venzionale o meno efficace la riduzione dei dazi che si riescisse a concordare.
Alfredo Frey, segretario della Unione svizzera del commercio e della industria e probabilmente il primo trattato pel quale saranno avviati i ne goziati sarà quello con la Germania, che è la prima acquirente dei prodotti svizzeri. Giova quindi augurare che questo trattato sia presto concluso.
AGRICOLTURA E COLONIZZAZIONE
N E L L E R IT R E A
I.
Nel numero del 5 luglio scorso porgemmo alcuni dati di fatto sulla cultura del cotone nel l’ Eritrea, tògliendoli dà due lavori del dott. Gino Bartolommei Gioii, dei quali dicemmo di volerci occupare nuovamente.
Ne vale la pena, giacché il nostro paese poco conosce la sua colonia affricana, mentre sa rebbe ormài tempo che cominciasse a interes sarsene sul serio, e perchè gli scritti di cui par liamo sono il risultato di studi assai accurati •'fatti "sul' luogo da persona imparziale e compe
tènte. Uno, che è il testo d’ una conferenza te nuta l’ anno passato ai Georgofili *) è già una lettura istruttiva per gli ignari della materia, che sono legione. L ’ altro, che è una Relaziono al R. Commissario civile, 2) tratta analiticamente e"à fondo, in ; 120 grandi pagine, l’ argomento, e può chiamarsi una vera miniera di fatti, di notizie, di osservazioni.
1 L ’ autore nota giustamente che l ’ esito fu nesto della giornata di Adua, da considerarsi come lii crisi fatale di tanti errori, rese neces sario un altro indirizzo amministrativo e poli tico della Colonia: dòpo la conquista, un periodo pacifico di savie iniziative dirette a far cono scere'il valore di quelle vaste regioni e la loro utilizzazione pratica sótto l’ aspetto commerciale e agricolo. « Che 1’ opera del Governo Civile in Eritrea si fosse fino da principio mostrata savia e prudente, ne è prova, più che tutto, il silen zio che per alcuni anni si fece in Italia, di cose eritree. Benefica e indispensabile intesa fu quella di parlar poco all’ Italia di cose che 1’ avevano per tanti anni tenuta in un’ ansia penosa; savio e necessario preludio per la messa in opera di un programma nuovo ».
Lo stato pacifico della colonia, il migliora mento subito dal mercato interno, in seguito al più facile esito dei raccolti, ha già dato qualche frutto visibile: « ha portato le popolazioni ad un maggior impiego di energia nelle operazioni rurali, alle quali si dedicano con una attività che forse mai fu vista eguale in quei paesi, per lo addietro tanto assorbiti dalle imprese guerresche. Dovevano conseguire da ciò due fatti, che si ve rificano ora palesemente: una maggiore esten sione il Ile culture, e. dovo era possibile, una j}iù grande intensività di esse ».
1 ) Le altitudini della Colonia Eritrea all’ agri
coltura. Firenze, tip. M. Ricci, 1902.
•i L' Agricoltura nell' Eritrea. Roma, tip. della Camera dei Deputati, 1908.
Sia pure, potrebbe obbiettare taluno, ma tutto ciò si riferisce agli indigeni. Sono nel loro paese, vivono della loro terra. Hanno fatto nel- l’ agricoltura qualche piccolo progresso? Tanto meglio. Ma ciò non affida ancora sul'tornaconto che possano trovare gli italiani a andare a farsi agricoltori laggiù. — Se non che l ’ autore, da quanto espone circa il clima, l’ idrologia ed il terreno, crede essere riuscito a dimostrare, a chi non sia del tutto digiuno delle discipline agrarie, quanto fossero infondate le affermazioni di coloro i quali con deplorevole leggerezza avevano rifiutato alla nostra Colonia la speranza di un prospero avvenire agricolo. « Ce la vol lero dipingere una terra maledetta, perchè priva di qualsiasi risorsa naturale. Invece, ohi non ignori le condizioni climatiche ed idrologiche di molta parte d’ Italia, chi conosca la media fer tilità dei nostri terreni coltivabili, dovrà pur convenire che 1’ Eritrea racchiude le condizioni adatte a culture svariatissime, molte delle quali,
le più ricche, non possono praticarsi da noi ».
Qui non possiamo di certo riferire i dati concernenti il clima, i corsi d’ acqua, la natura dei terreni. Bisognerebbe trascrivere per intero lunghe pagine. Sono in particolar modo interes santi quelle ove si suggeriscono i sistemi per sviluppare le culture irrigue, per praticare pozzi artesiani, per costruire bacini artificiali. Di que sti ultimi si possiede già nella Colonia qualche esempio pratico. Nè meno interessante è la mi nuta descrizione dei sistemi veramente primitivi adoperati dagli indigeni nelle varie loro' colti- zi oni.
Asmara dalla ditta Narotti e dal oav. Benedetti, l’ autore ripete con insistenza: « Tutto quanto si pratica ora in quelle aziende è frutto indubbia mente del primo germe che l’ on. Franchetti portò sull’ altipiano. ».
Passa quindi il Gioii a enumerare le colture da estendere, quelle da migliorare, quelle da introdurre. Tutto è passato in rassegna: cereali, leguminose, piante oleose, da tubero, da radici, piante ortali, da frutto, da fibra, piante tintorie, concianti, resinifere e gommifere, medicinali, aromatiche, da ornamento, e la vite, e il tabacco, il caffè, e il caoutchouc; e per ogni gruppo di piante, ricorrono o notizie statistiche, o resoconti di esperimenti già fatti, o previsioni climatiche ed economiche. Contentiamoci di spigolare qua e là qualche cosa.
La produzione del grano è molto cresciuta e ha sostituito quella dell’ orzo. Coltivato col sistema indigeno il grano dà un prodotto di 7 a 9 quintali ad ettaro, ma adottando mezzi più razionali lo stesso grano dà normalmente dai 12 ai 14 quintali, e nei migliori terreni e con lavori anche più progrediti raggiunge perfino i 30 quin tali. Adesso la produzione basta pel consumo, sic ché l’ importazione è cessata, e il prezzo di produ zione è suscettibile di diminuire, mentre però anche il prezzo di vendita sul mercato tende sempre al ribasso. Quando la strada ferrata giun gerà fino all’Asmara, il grano, come altri pro dotti della Colonia, potrà trovare un forte sbocco dalla parte del mare. Ma neanche dopo aperta la strada ferrata e ottenendo riduzioni nei noli marittimi, vi sarà convenienza di importare grano eritreo in Italia (e una opportuna distinta di spese ne dà la dimostrazione) se non lo si lasci entrare in franchigia o non gli si usi un tratta mento doganale di favore.
Ora, lasciando pur da parte la franchigia, che avrebbe troppi oppositori, ci sembra che un trattamento di favore potrebbe e dovrebbe ac cordarsi. Mentre l’ Italia ha una produzione fru mentaria insufficiente ai bisogni della sua popo lazione ‘) sarebbe ragionevole che una piccola parte almeno dei milioni annui eh’ essa spende per procacciarsi 1’ alimento più necessario ser visse a dare impulso alla produttività della sua Colonia. Resterebbe sempre un bel margine di clientela pei produttori di grano degli Stati Uniti, dell’ Argentina, della Rumenia, della Russia !
Per la vite non si hanno ancora dati sicuri. Siccome però essa richiede un impianto costoso e forti spese culturali, l’autore sconsiglia d’ iu- coraggiarne la coltivazione nell’ Eritrea, mentre l’ Italia ha una produzione vinicola pletorica e mediocri speranze nell’ aumento della sua espor tazione. E lo stesso dice per gli agrumi, benché essi nell’ Eritrea prosperino maravigliosamente. Viceversa, i frutti di certe piante della zona torrida, come i fichi di india, il banano e il dat tero, sarebbero da coltivarsi attivamente, per chè assai rimunerativi, e gli ultimi due potreb bero trovare anche in Italia un largo smercio. Per il tabacco continuano gli esperimenti, *) *) Nel 1901 il grano importato in Italia raggiunse tonn. 1,008,617.
massime, com’ è naturale, sulle qualità che la Direzione delle Privative italiane ha già stabi lite come più adatte alla fabbricazione dei tipi di tabacco da fumo e da fiuto più richiesti. Sembra però che i terreni della Colonia si pre stino a una buona riuscita. L ’Autore raccomanda al Governo coloniale d’ incoraggiare i coltivatori e di non esercitare su di loro un trattamento troppo fiscale ; poi fa questa giusta osservazione: « Ogni anno vengono importati dall’ estero in Italia 21 milioni di tabacco, e solo quattro mi lioni sono prodotti in Italia. Se, come è da spe rare, 1’ Eritrea si adattasse a produrre alcuni dei tipi che vengono acquistati in Grecia, Asia Mi nore, America, ece., noi potremmo allora avvan taggiare non poco la Colonia, e cosi non tutto il denaro che esce dall’ Italia seguiterebbe ad andare ad esclusivo benefizio dell’ industria stra niera ».
Non è probabile che le condizioni naturali dell’ Eritrea si adattino a praticare la coltiva zione del caffè in grandi appezzamenti di ter reno. Sembrano indicati soltanto certi punti delle zone più ricche di corsi d’ acqua e più favorite dalle piogge. Occorre continuare in variati espe rimenti. La coltivazione potrebbe non essere larga, ma riuscire ottima e rimunerativa. L ’am biente della Colonia è molto diverso da quello delle plaghe, dove la produzione del caffè è oggi pletorica. Il tipo di quello che esporta la vicina Abissinia ha, pei suoi pregi indiscutibili un valore superiore a quello di altre provenienze
L ’ Italia frattanto, che è tributaria dell’estero pel caffè, perchè non ne produce, dovrebbe ac cordare la franchigia all’ importazione di quello della sua Colonia.
Del cotone parlammo a lungo in altro nu mero ’ ). La tirannia dello spazio ci costringe a sorvolare su molti altri vegetali di promettente coltivazione. Della relazione importantissima che ci sta sott’occhio, esamineremo un altro giorno ciò che concerne il regime forestale, l’ alleva mento degli animali e, per ultimo, le proposte di provvedimenti alle quali l’autore fa capo come conclusione.
La relazione della Commissione reale
sull’ esercizio ferroviarios)
III.Convenzioni approvate nel 1885. La relazione esamina a questo punto le pro poste della Commissione d’ inchiesta del 1871, le convenzioni vigenti del 1885 ed infine pone a confronto le proposte della Commissione sud detta colle convenzioni stesse. Per le difficoltà sopra accennate la Commissione d’ inchiesta non si è trovata in grado di suggerire quale solu zione si potesse dare al problema, poiché la sola Olanda fino ad allora aveva sperimentato l’
cizio in appalto, mancando dati precisi per l’ Italia sulla valutazione delle spese da rimbor sare all’ esercente, cioè la determinazione dei prezzi di costo del trasporto di una qualsiasi unità di traffico.
La Commissione quindi proponeva che con chiari e semplici contratti si ponesse il principio di rimunerare la Società esercente sul prodotto lordo, dal quale fosse prelevato il compenso per le spese di esercizio e gli interessi dei capitali, in maniera che possano rimanere allo Stato gli interessi dei capitali impiegati per costruire le strade, delle quali restava proprietario, mentre la Società esercente doveva acquistare a prezzo di stima tutto il materiale mobile, i meccanismi, gli attrezzi, i mobili delle Stazioni ed assumere a proprio carico tutte le spese di manutenzione ordinarie e straordinarie delle linee, fabbricati, del materiale mobile, eco.
Dallo stesso prodotto lordo avrebbero do vuto togliersi e formarsi alcuni fondi diretti a garantire lo sviluppo avvenire delle Strade fer rate adottando per tale prelevamento il criterio di un rapporto costante col prodotto stesso. Si sarebbero così formati tre fondi :
a) per Vaumento del materiale mobile; b) per la rinnovazione dell’ armamento ; c) per gli ampliamenti e miglioramenti -e p er i casi di forza maggiore.
Pei fondi b e c il prelevamento avrebbe Cessato quando avessero raggiunto un certo ammontare. Infine si propone un quarto fondo
d) per V esercizio delle nuove strade diretto ad
indennizzare la Società delle perdite che potes sero avvenire dall’ esercizio delle nuove linee e, ove questo fondo di riserva non fosse stato suf ficiente a coprire la spesa di esercizio che sa rebbe stata determinata anno per anno e per ciascuna linea, il deficit sarebbe stato a carico della Società.
Tenendo fermo il concetto che lo Stato, come proprietario delle linee dovesse avere il maggior compenso, la Commissione accoglieva il principio che lo Stato e la Società comparteci passero entrambi al prodotto lordo, ed escluse che per lo Stato detta compartecipazione fosse a coefficiente percentuale unico ; propose per questo una cifra minima che la Società avrebbe in ogni caso dovuto pagare e poscia tre coeffi cienti diversi per le tre unità di traffico : viaggia tori, merci a grande velocità, merci a piccola velocità. Il residuo del prodotto, tolti i preleva menti, avrebbe costituito l’ utile della Società che avrebbe avuto 1’ alea dell’ esercizio, nonché quella delle oscillazioni del prezzo del carbone. Ove però il dividendo della Società avesse su perato un certo limite lo Stato avrebbe dovuto partecipare anche a quel prodotto netto.
La Commissione pure proponeva che doves sero formar parte integrante dei contratti le tariffe dei trasporti, lasciando facoltà al Governo, sen tita la Società di determinare gli orari dei treni, segnalava che fossero ben distinti gli obblighi dell’ esercente, e che la Società fosse costituita con capitali ben solidi.^ Circa la sede di essa rilevò che non fosse opportuna la capitale e sulla durata del contratto indicò i 90 anni.
Appariva con tale proposta anche semplice
il sindacato dello Stato sulla Società; essendo quello limitato al solo riscontro finanziario del prodotto lordo e del prodotto netto cui eventual mente lo Stato avrebbe partecipato ; appositi re golamenti avrebbero determinato il modo di eser citare tale sindacato.
Altre questioni trattò la Commissione d ’ in chiesta, quali il raggruppamento delle linee con tinentali, quelle di Sicilia e di Sardegna e dalle compagnie cui affidarle; si mostrò favorevole al riscatto delle Meridionali, considerato come com piuto quello della rete dell’Alta Italia e della rete Romana; per la Sicilia e la Sardegna fu rite nuto opportuna una rete autonoma, per quanto la Società delle linee Sarde fosse affetta dallo stesso pericolo delle Meridionali per gli incove- nienti della applicazione della scala mobile; inol tre opinò che dovesse seguirsi per l’ Italia conti nentale il raggruppamento già proposto dalle convenzioni Depretis, ripartendo cioè tutte le li nee della penisola in due reti longitudinali, una sul versante del Tirreno, l’ altra su quello del l’Adriatico, ambedue con tre valichi sulle Alpi e tre sugli Appennini. La creazione così di due grandi compagnie, non escludeva la coesistenza di altre minori per l’ esercizio di ferrovie locali. La Commissione non si pronunciò circa la grave questione della costruzione delle ferrovie ed in vece si occupò di diverse altre questioni di indole tecnica e amministrativa ; accennandone anche la soluzione più opportuna, quali sulla opportunità del riscatto degli opifici di Pietrarsa e dei Granili; sul conveniente aumento di dota zione di materiale mobile in vista dell’ apertura della Galleria dei Giovi; sulla concorrenza pos sibile delle tramvie e quindi sul funzionamento del servizio ferroviario economico; sulle sempli ficazioni delle tariffe di trasporto specialmente in riguardo dei servizi cumulativi colle Società di navigazione e quelle internazionali; infine sulla responsabilità civile del vettore, sul risar cimento in caso di perdita, sulla necessità delle più ampie e più complete statistiche ferroviarie onde seguire ogni più piccolo mutamento od av vicendarsi dello sviluppo del sistema ferroviario. Tutte le predette conclusioni della Commis sione formarono la base del disegno di legge 18 giugno 1883 presentato dal Ministro Bacca- rini; progetto che diede origine alle vigenti con venzioni ferroviarie presentate dal Ministro Ge- nala e approvate colla legge 27 aprile 1885, n. 3048, (serie 3a).
I patti di esercizio sono per sommi capi i seguenti :
Per le linee della rete principale :
le Società furono dichiarate proprietarie del materiale rotabile e di esercizio e degli ap provvigionamenti esistenti al 1° luglio 1885 e sborsarono alla stipulazione il prezzo di stima, obbligandosi a rivenderli allo Stato al termine del contratto. Venne attribuita anche la pro prietà del materiale rotabile e d’ esercizio da acquistarsi a carico di apposito fondo per le li nee della rete principale e dallo Stato per le ferrovie complementari ;
alle Società venne assegnato perle somme dovute allo Stato per detto titolo una rimunera zione da prelevarsi dal prodotto lordo;
esse assunsero a proprio carico tutte le spese di esercizio e per la manutenzione ordina ria e straordinaria delle linee e del materiale, eccettuate le spese cui provvedono appositi fondi speciali e quelle per la sorveglianza gover nativa;
il prodotto lordo è diviso in tre parti ; 1° una quota spetta alle Società in cor- respettivo delle spese di esercizio ;
2° una seconda quota serve, oltreché alla accennata rimunerazione del capitale di esercizio sborsato per l ’ acquisto del materiale e degli ap provvigionamenti, anche ad alimentare i fondi speciali;
3° la rimanente quota spetta allo Stato. Per le linee complementari, costituenti la rete secondaria furono stabiliti i seguenti patti:
il materiale rotabile e d’ esercizio viene fornito dallo Stato • e deve essere ricevuto in consegna dalle Società che ne sono dichiarate proprietarie con gli stessi obblighi indicati per gli analoghi acquisti fatti a carico del fondo per gli aumenti patrimoniali ; lo Stato riserva a sè il prodotto lordo, assumendosi l’obbligo :
di corrispondere alle Società in compenso delle spese d’ esercizio, una somma fissa di lire 3000 per ogni chilometro di lunghezza virtuale della linea, e una parte del prodotto lordo (il 50 per cento per le reti Mediterranea ed Adria tica, il 65 per cento per la rete Sicula) ;
di alimentare i fondi speciali che fun zionano anche per le nuove linee come per quelle principali, con una determinata quota del prodotto lordo.
Sulla compartecipazione dello Stato agli utili netti delle Società esso interviene quando superino il 7 1/2 per cento d’ interessi e divi dendi al lordo delle tasse di ricchezza mobile. Allora la metà del sopravanzo spetta allo Stato.
Altre norme concernono le tariffe, gli orari, la sorveglianza governativa, per la costruzione di nuove linee per le quali lo St%to si riserba la facoltà di affidarne la costruzione alle tre grandi Società.
Sono dati alla Società del Mediterraneo in esercizio gli opifici di Pietrarsa e Granili.
Furono destinati 16 milioni per provvedere ài nuovi acquisti dell’ insufficiente materiale mo bile e 144 per il raggruppamento e coordinamento delle varie linee nelle tre reti.
(Continua).
Rivista Bibliografica
Prof. Camillo Acqua. — La legge naturale e V evo
luzione della Società. — Firenze Biblioteca popolare
italiana di coltura liberale, 1902, pag. 188, (L. 2). La Biblioteca popolare italiana di coltuna liberale, che ha la sua sede principale a Firenze, e che ha già pubblicati numerosi opuscoli di propaganda liberale a mitissimo prezzo per ren derli accessibili alle classi popolari, pubblica ora questo volume del prof. 0. Acqua, dettato con mirabile chiarezza e con spirito veramente equa nime.
Naturalmente, essendo il lavoro di indole popolare, non può esser scientifico, tuttavia è mirabile lo sforzo dell’ Autore di conciliar l’una e l’altra esigenza, e si può dire che se non in tutti i punti, in molti almeno sia riuscito con una lucidità encomievole. Forse si può muo vergli l’appunto di qualche prolissità, od anche di qualche ripetizione di pensiero, ma sono nei che non tolgono merito al lavoro.
L ’ Autore dopo una breve introduzione, nella quale sviluppa il concetto della lentezza colla quale si svolge il pensiero umano, espo ne alcune considerazioni generali sulla vita ri spetto all’ ambiente fisico ; viene quindi a dire dei primi albori dell’ umanità e dei primi ag gregati sociali, soffermandosi ad indagare la finalità della vita nella specie umana, e i rap porti tra la lotta per l’ esistenza e la evolu zione della specie.
Dopo queste premesse, l'Autore entra nelle questioni fisiologiche : collettivismo, individuali smo e diritto ereditario; e siccome è opinione sua che « il nucleo della questione sociale non sia oggi che il diritto od ammesso o negato di trasmettere l’ accumulo del proprio lavoro, in forma di ricchezza, ai propri discendenti » — l’Au tore sviluppa più largamente questo punto, fa cendone ampia dimostrazione.
Esaminata quindi più davvicino la « mac china sociale » distingue « la lotta -di classe * da quella « per la classe » concludendo « che la forma individualistica sia ancora destinata ad essere il mezzo futuro per 1’ estrinsecazione delle forze sociali, senza però poter negare che ad essa possono più o meno tramezzarsi, o in un tempo remoto anche parzialmente costituirsi, dalle forme collettiviste ».
M . Sarfatti. — La nozione del torto nella dottrina e
nella giurisprudenza inglese. — Milano, Società
Ed. libraria, 1903, pag. 83 (L. 1.50).
In questo lavoro di piccola mole ma denso di concetti l’Autore ricerca nella dottrina e nella giurisprudenza inglese lo .svolgersi della nozione della responsabilità extra-contrattuale ; ed ha scelto lo studio del diritto inglese perchè opina che l’autonomia del concetto di torto o del con seguente sviluppo della dottrina della ripara zione o risarcimento, sia opera principale ed in gran parte esclusiva dei giuristi inglesi.
responsabi-l i t à u n o speciaresponsabi-le capitoresponsabi-lo tratta deresponsabi-lresponsabi-le respon sabilità per fatto altrui e per danni cagionati da animali e da edifici, ed un altro, dell’ esercizio dell’azione di danni. L ’ ultimo capitolo espone le classificazioni dei giuristi Stephen, Pollak e Garvett.
L ’ Autore ha voluto limitare l’ estensione del suo studio e forse, per questo sforzo, -qualche volta non è riuscito abbastanza chiaro ad una prima lettura ; lascia però vedere una partico lare disposizione alle trattazioni giuridiche più elevate.
J. L. de Lanessan. — La lutte pour l'existence et
l'évolution des sociétés. — Paris, F. Alean 1903,
pag. 280 (fr. 6).
Un libro di sociologia scritto da uno scien ziato di valore come è il signor De Lanessan, non può essere che ispirato ad un metodo rigo rosamente positivo. L ’Autore si è preparato ad affrontare questo tema con altri studi severi, quali risultano dalle numerose sue pubblicazioni, e specialmente da quello « La lotta per resi stenza « la Associazione per la lotta » che fa parte della Biblioteca biologica.
Il concetto che svolge sapientemente l’Au tore nel volume di cui si parla, può essere rias sunto cosi : tendenza dell’ individuo a svolgersi verso la libertà e la felicità con tutti i mezzi che costituiscono la sua morale che è necessariamente egoistica e che è modificata dalla convivenza coi parenti e coi simili formando un miscuglio di in teressi e di affetti individuali e collettivi che a poco a poco si svolgono. Lo stesso avviene per i gruppi sociali tra i quali si sviluppa la concor renza, finché si determinano interessi ed affetti che comprendono insieme vari gruppi e danno ori gine a più vaste associazioni- L ’ ideale sta nella preponderanza di interessi ed affetti umani. Men tre la morale individuale e la morale famigliare evolvono nel senso di una preponderanza dell’al truismo sull’ egoismo, evoluzione che si manifesta in tutte le società umane, una corrente, parallela allo sviluppo dell’ intelligenza e della istruzione degli uomini, pure si determinava con una morale evolvente nello stesso senso.
Per dimostrare la sua tesi l’Autore divide il suo lavoro in tre libri ; nel primo definisce la lotta per l’ esistenza ed indica gli effetti che essa produce sulla umana società ; nel secondo esamina i diversi stadi della evoluzione morale della società e dei governi ; nel terzo studia le condizioni della vita alle quali sono sottoposti i salariati come conseguenza della concorrenza sociale.
In quest’ ultimo interessante libro l'Autore constata che la classe dei lavoratori, presa que sta parola nel più largo significato, conduce una esistenza sfavorevole allo sviluppo fisico, intellettuale e morale ; insufficienza di alimenta zione, di abitazione, di vestiario ; quasi sempre professioni nocevoli. L ’Autore attribuisce questo stato di cose alla dottrina del laissez faire, lais-
sez passer, « la quale è dottrina di libertà non di
umanità. » E se la libertà è una delle esigenze individuali e sociali essa non può essere accom pagnata dalla felicità.
E strano che l'Autore non rilevi che
ap-punto la dottrina della libertà, sempre più lar gamente applicata, rende possibili in questi ul timi tempi le associazioni dei lavoratori che sono il solo ed il vero mezzo per far preponderare anche nel mondo industriale 1’ altruismo allo egoismo.
A v. Maurice Pasquier. — Sir Williams Petty. —
Ses idees ¿conomigues. — Paris, V. Giard et E.
Brière, 1903, pag. 275 (fr. 6).
W . Petty nacque a Rumsey nell’ Hampshire nel maggio 1623 e non ostante le non floride condizioni della sua famiglia, seppe mettere a profitto il suo particolare spirito di osservazione e la sua intelligenza ; legato alla famiglia di Cromwell in molti pubblici uffici diede prova di straordinaria facilità di pensiero e di opera. I suoi scritti sono: il trattato delle tasse 1662; il Verbum sapientii 1665; l’anatomia politica dell’ Irlanda, 1671; l’ aritmetica politica, 1671; parecchi saggi di aritmetica politica, 1680-1687 ; il Quantuluncumque sul denaro, 1682: il trattato sull’ Irlanda, 1687; ed alcuni dialoghi dei dia manti, 1680-1687.
Queste opere, ristampate dal dr. Oh. Hull nel 1899. richiamarono la attenzione degli stu diosi su questo precursore della Economia po litica e formano 1’ oggetto dell’ interessante esa me del sig. Pasquier, il quale dopo aver data una succinta biografia del Petty ed avere fatto un accurato esame delle condizioni economiche politiche dell’ Inghilterra nel X V II secolo e delle dottrine economiche che allora dominavano in quel paese, espone in un apposito capitolo il metodo seguito dal Petty e nel successivo lo di mostra fondatore della statistica investigatrice, attribuendogli la paternità dell’ opera del Capi tano Graunt: «Osservazioni naturali e politiche sulle tavole di mortalità ».
Nella seconda parte del suo importante la voro, il sig. Pasquier ricava da un diligente esame delle opere del Petty le idee di questi sul valore, sui fattori della produzione: natura, capi tale, lavoro; sulla divisione del lavoro e sui sa lari, sulla rendita, sull’ interesse, sulla moneta, sulla Banca. Quindi dimostra i principi liberali professati dal Petty riguardo al commercio in ternazionale; ne studia i concetti rispetto alla popolazione ed alla assistenza pubblica, ed esa mina le sue idee sul sistema fiscale.
Riepilogando la sua analisi il sig. Pasquier viene a giustificare il titolo di Padre della Eco nomia che Carlo Marx attribuì al Petty. In un ultimo capitolo, a modo di conclusione, l’Autore fa un parallelo tra il Petty e Adamo Smith, Ricardo, Boisguilbert, Cantillon ed i fisiocrati.
L ’ Autore ci parve un po’ troppo convinto della sua tesi, ma non si può a meno di se guirlo con interesse e di rimanere meravigliati dei ravvicinamenti chiarissimi che egli ci pre senta.
Edoard Hamon. — Le Boi du jour. — L’alcool. — Paris, P. Tóqui, 1903, pag. 138.
L ’Autore con facile stile, con grande ricchezza di esempi, prima esamina le cause della diffu sione crescente dell’ uso dell’ alcool, e le trova nella sua influenza consolatrice; descrive come si contragga il vizio della ubbriachezza, e dimostra tutti i danni fisici e morali che essa produce. La descrizione dell’ ubbriacone nei suoi rapporti af fettivi e sociali, nell’ inevitabile deperimento delle sue forze, neH’abbrutimento a cui tale vizio
conduce, è fatta con efficacia.
L’Autore ispirato sopratutto dal sentimento religioso, invoca l’ intervento del sacerdote e del medico per riparare ad una piaga sociale, che ritiene guaribile.
Dr. J. Hartwig. — Ver Lìlbecker Schoss bis zur Re-
formationszeit. — Leipzig, Duncker et Humblot,
1903, pag. 237 (m.5,20).
Della preziosa pubblicazione: Staats-und so- cialwissenscbaftliche Eorschungen, diretta dal l’ eminente prof. G. Schmoller, abbiamo ricevuto il fascicolo 6 della Parte X X I nel quale è con tenuto lo studio del Dr. Hartwig sui Schoss (specie di imposta sui beni) vigenti nella città di Lubecca sino al tempo della Riforma.
Come tutti i lavori di questa nota pubblica zione, dovuta ad una pleiade di giovani studiosi, eccellentemente diretti dal prof. Schmoller, an che questo è un accurato esame storico di un breve periodo e di un piccolo territorio. Si tratta infatti di raccogliere, analizzare, epurare e com pletare i materiali che potranno a suo tempo servire a costruire la storia esatta della econo mia e della finanza del paese.
In questo volume il Dr. Hartwig comincia a ricercare il significato locale della parola Schoss e lo contrappone alle denominazioni diverse che aveva in altre parti della Germania : Bade, Lo- sung, Gewerf, Schatzung, dimostrando che la parola Schoss valeva per tutto il Nord della Germania; ricerca le persone e gli enti che che ne erano . colpiti o esonerati, ne studia gli elementi, la amministrazione, la base di imposi zione, l’ ammontare, ecc. ecc.
E tutto è meticolosamente dimostrato colla citazione di numerosissimi libri e documenti che sono discussi ed analizzati in tutti i sensi. A corredo del volume sono riprodotti molti docu menti che suffragano le conclusioni dell’Autore. Frank H. H ìtchock. — Our Trade with Japan, Chi
na, and Hongkong 1880-1899. — Wàshington,
G-ouv. Printing office, 1900, pag. 186.
È il Bollettino n. 18 del dipartimento di agricoltura degli Stati Uniti, sezione dei mercati esteri, della quale sezione il sig. Hitchock è il capo, e contiene i dati statistici del commercio degli Stati Uniti da e per il Giappone, la Cina ed Hongkong nel periodo dal 1889 al 1899.
Il quinquennio 1889-93 ha dato una media di movimento di 54.7 milioni di dollari di cui 41 alla importazione e 13 alla esportazione; — il quinquennio successivo 1894-1898 dieve in vece 67.3 milioni di cui 44.6 di importazione e 22.7 di esportazione; il 1899 ha dato 47.8 mi lioni di importazione e 39.5 di esportazione cioè un movimento totale di 87.3 milioni di dollari. Queste cifre dimostrano non solamente l’ aumento
notevole del complessivo movimento, quasi rad doppiato, ma la tendenza molto più rapida al- 1’ aumento della esportazione che su 11 milioni nel 1889 è salita a 39.4 undici anni dopo, men tre la importazione è aumentata solo da 35 a 47 milioni.
Degli 87 milioni di totale movimento nel 1889, 43.9 riguardano il Giappone, 33.1 la Cina, e 10.2 Hongkong, sebbene si possa ritenere che una no tevole parte di quest’ ultima cifra appartiene alla Cina.
La esportazione di prodotti agricoli dagli Stati Uniti per le tre destinazioni indicate era nel 1889 per circa 25 per cento di prodotti agri coli, nel 1888 quasi del 40 °/0. I principali pro dotti esportati furono: cotone greggio e manu fatto, olio minerale, farina di frumento e manu fatti di ferro ed acciaio.
Il volumetto, come al solito delle pubblica zioni ufficiali americane, è sobrio nella illustra zione, ma ricco di dati greggi ed elaborati esposti con buon ordine.
Rivista Economica
Un nuovo tracciato perla navigazione interna da Milano a Venezia. — Poiché l’ ar- gomento è di piena attualità e dei più interessanti e simpatici, crediamo di dovere occuparci altresì di una iniziativa importante partita dal Mantovano.
Allorché venne recentemente pubblicata col plau so generale la relazione della Commissione governa tiva per lo studio della navigazione interna in Italia, Mantova si interessò subito per esaminare le propo ste della Commissione stessa riguardanti 1’ utilizza zione delle proprie vie acquee. Ed era naturale tale interessamento, se si consideri quanto l’ avvenire igienico ed industriale della provincia mantovana sia collegato alla sistemazione delle sue acque.
Le proposte della Commissione governativa, pre sieduta dall’ on. Romanin-Jacur, sono note, aven done noi discorso diffusamente.
All’ interessamento naturale di Mantova, per quanto si progettava dalla Commissione, successe una certa agitazione avente due scopi precipui: prima sfatare l’ insussistente voce di diffidenze e di saccordi di fronte ad argomento di tanto interesse generale ; secondo richiamare il Governo e gli inte ressati ad ottenere V effettuazione della variante che 1’ ing. Avercene, di quell’ ufficio del Genio civile, pro pone in seguito ai suoi studi in materia.
A tale scopo fu costituito un Comitato senza distinzione di partiti e si ottenne dall’ A verone che comunicasse pubblicamente quel suo studio che fa cilita 1’ attuazione del grandioso progetto della Com missione governativa, assicurando ottenibili e di prima importanza le proposte che essa presentava in via subordinata.