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Gli accertamenti tecnici irripetibili nel processo penale

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Academic year: 2022

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Università degli Studi di Perugia

Facoltà di Giurisprudenza

Gli accertamenti tecnici irripetibili nel processo penale

di Beatrice Lucarelli

Relatore Giovanni Dean

A. A. 2008-09

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GLI ACCERTAMENTI TECNICI IRRIPETIBILI NEL PROCESSO PENALE

Indice

CAPITOLO I. INQUADRAMENTO SISTEMATICO

1.1 Profili generali Pag. 1 1.2 Le tipologie di accertamenti tecnici » 6 1.3 Il concetto di irripetibilità » 1 0 1.3.1 (Segue) La differenza tra il concetto di irripetibilità originaria e irripetibilità sopravvenuta » 2 4

CAPITOLO II. GLI ACCERTAMENTI TECNICI IRRIPETIBILI DISPOSTI DAL PUBBLICO MINISTERO NEL CORSO DELLE INDAGINI PRELIMINARI

2.1 L’accertamento tecnico irripetibile ex art. 360 c.p.p. e il confronto con

l’accertamento tecnico ripetibile ex art. 359 c.p.p. Pag. 3 2

2.2 Conferimento dell’incarico e garanzie difensive » 4 3

2.3 La riserva di incidente probatorio e gli effetti dell’eventuale prosecuzione

nell’accertamento » 5 1

2.4 Le modalità di acquisizione degli accertamenti tecnici irripetibili » 59

2.5 L’utilizzazione e la valutazione degli accertamenti tecnici irripetibili » 63

2.6 Il nuovo articolo 359-bis c.p.p. sui prelievi biologici coattivi e occulti » 69

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CAPITOLO III. GLI ACCERTAMENTI TECNICI IRRIPETIBILI DELLA DIFESA ALLA LUCE DELLA LEGGE N. 397/2000

3.1 Profili generali Pag. 86 3.2 Gli accertamenti tecnici non ripetibili compiuti dal difensore: la disciplina dell’art. 391-decies c.p.p. » 9 0 3.3 Aspetti controversi » 100

CAPITOLO IV. I RILIEVI E GLI ACCERTAMENTI NELL’AMBITO DELL’ATTIVITÀ DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA

4.1 Panoramica sull’attività della polizia giudiziaria Pag. 1 09 4.2 Accertamenti urgenti ex art. 354 c.p.p. » 1 19 4.3 Accertamenti volti all’identificazione dell’indagato ex art. 349 c.p.p. » 13 2 4.4 Accertamenti tecnici delegabili ex art. 370 c.p.p. e le relative garanzie

difensive » 1 38

Bibliografia » 1 45

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CAPITOLO I. INQUADRAMENTO SISTEMATICO

Sommario: 1.1 Profili generali - 1.2 Le tipologie di accertamenti tecnici - 1.3 Il concetto di irripetibilità - 1.3.1 (Segue) La differenza tra il concetto di irripetibilità originaria e irripetibilità sopravvenuta.

1.1 Profili generali

Il processo penale ha conosciuto il repentino affermarsi della c.d. “prova scientifica”

1

, ovvero l’emergere nelle aule di giustizia di una modalità di ricostruzione del fatto contrassegnata dall’utilizzo di un sapere tecnico-scientifico, quale strumento indispensabile di conoscenza e di definizione della controversia, la cui incidenza si è rivelata sempre più decisiva per la valutazione dei dati

1 «Vi è un opinione generale che le conoscenze acquisite dalla scienza non diano adito a discussioni: la ricerca scientifica, infatti, è sottoposta a continue e attente verifiche, la cui imparzialità è assicurata dalla verità dei laboratori che la praticano. Si suppone così che gli stessi criteri obiettivi valgano quando la scienza venga applicata ad un indagine giudiziaria. Tali controlli, in realtà, risultano difficili in tribunale, dove l’ammissibilità di una prova scientifica è valutata da persone senza una specifica formazione tecnica (giudici, giurati, avvocati e procuratori pubblici). Infatti, non di rado i giuristi non sono al corrente delle potenziali imperfezioni di un metodo o di un’argomentazione scientifica specifica della criminalistica (neologismo creato dal Dr. Gross nel 1895 per indicare i principi e i metodi scientifici applicati all’investigazione criminale) e non sono in grado di muovere obiezioni. Altre volte, le parti in un processo presentano perizie diametralmente opposte e lasciano a una giuria di profani il compito di decidere la validità delle argomentazioni “scientifiche”. Questo gioco tra perizia e contro-perizia è futile, poco produttivo, e non causa altro che discredito alla corretta amministrazione della prova. Lo scopo di un processo dovrebbe essere la ricerca della verità. Per aiutare le giurie in questa ricerca, la legge consente ai periti di testimoniare ed esprimere le proprie opinioni sugli argomenti di competenza. Tuttavia le opinioni di un perito, unite al gergo specialistico utilizzato e alla sua credibilità personale, possono conferire un aspetto di infallibilità alla testimonianza. Purtroppo raramente i giuristi si spingono al di là della semplice verifica delle qualifiche del perito e dei fatti sui quali le conclusioni del perito sono basate. La ragione della limitatezza di questa indagine è semplice: la maggior parte dei giuristi non dispone di una preparazione scientifica che permetta di contestare o accettare l’ammissibilità della testimonianza del perito». Così TARONI-CHAMPOD, Riflessioni sulla valutazione della prova scientifica, in Giust. pen., 1993, 247.

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epistemologici legittimamente acquisiti

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. Considerato che le indagini tecnico- scientifiche vengono effettuate nel primo segmento del procedimento che porterà alla formazione della relativa prova, condizionandone inevitabilmente il risultato finale, appare evidente la necessità di regolamentarne le modalità d’impiego. Ciò al fine di una duplice garanzia: della prova da un lato; della persona nei cui confronti questa verrà utilizzata dall’altro

3

. In generale, va rilevato come l’apporto gnoseologico fornito dagli strumenti e/o dagli ausiliari tecnico-scientifici ai protagonisti del procedimento penale costituisce talora motivo di accese discussioni

4

.

Oramai il diritto penale si sta orientando a tutelare beni fondamentali quali la salute e l’ambiente, con la conseguente incriminazione delle relative condotte sia di danno che di pericolo. La tutela di tali beni giuridici richiede accertamenti complessi che, a loro volta necessitano di prove scientifiche della verificazione dell’evento e del nesso

2 Così GIUNCHEDI, Gli accertamenti tecnici irripetibili, Torino, 2009, XIV, nella sua prefazione afferma come «la garanzia della genuinità e veridicità della conclusione probatoria verrebbe fornita direttamente dai saperi e dalle competenze che sottostanno lo strumento cognitivo utilizzato: se la conoscenza di cui la scienza è portatrice è espressione di una metodologia investigativa rigorosa e fondata su una protocollare osservazione e conseguente raccolta di dati oggettivi non passibili di una valutazione discrezionale e opinabile, non ha senso circondare le dichiarazioni dell’esperto delle cautele processuali che caratterizzano invece l’acquisizione della normale prova dichiarativa».

3 CASASOLE, Le indagini tecnico-scientifiche: un connubio tra scienza e diritto in perdurante attesa di disciplina, in Dir. pen. proc., 2008, 1443.

4 C’è poi chi, come APRILE, Le indagini tecnico-scientifiche problematiche giuridiche sulla formazione della prova penale, in Cass. pen., 2003, 4034 ss., specifica che questo avviene per due ordini di motivi. «Da un lato, vi è un netto contrasto tra la “logica” che governa gli studi scientifici e le regole che disciplinano il procedimento penale, essendo la prima ispirata da quella che Popper definiva la precarietà delle teorie scientifiche, e qualificata dalla rapidissima evoluzione che, nel tempo, ogni branca scientifica ed ogni metodologia tecnologica subiscono; ed essendo, invece, le regole del rito penale caratterizzate da una tendenziale immutabilità, ricollegandosi ad un fine primario, quello della ricostruzione di una vicenda umana e della verifica della esistenza di eventuali responsabilità, che presuppongono il conseguimento di emergenze dotate di sufficiente certezza. Da altro lato, vi è un’indubbia difficoltà dell’interprete a ricondurre ad unum una disciplina codicistica che, in relazione alle verifiche tecnico-scientifiche, risulta estremamente frammentata, divisa com’è dai riferimenti ai diversi soggetti processuali, e dalla differente operatività dei singoli istituti in relazione alle distinte fasi del procedimento. In tale contesto normativo non sono di poco momento le incertezze che contribuisce a creare il lessico utilizzato dal Legislatore, dato che, talvolta, le scelte terminologiche riguardanti singole attività non rispondono a criteri razionali e sistematicamente coerenti». Concorda pienamente anche DONTILLO, Gli accertamenti tecnici irripetibili disposti dal pubblico ministero, estratto da www.profilecrime.it, 2006.

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di causalità

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. Interessante è notare come il maggiore ricorso alle cognizioni tecniche e scientifiche per la ricostruzione del fatto-reato sia il frutto non soltanto dello sviluppo tecnologico degli anni più recenti, ma anche il prodotto di mutamenti normativi intercorsi a livello processuale dapprima con l’introduzione del codice di rito del 1988, poi, con la novella legislativa del 2000 riguardante le indagini difensive

6

. Mentre nel Codice del 1930 ricerca, individuazione, ammissione e valutazione delle prove erano riunite e riservate alle determinazioni di giudice e pubblico ministero, il Codice del 1988 ha posto in essere un’innovazione separando tali fasi del

5 TONINI, Prova scientifica e contraddittorio, in Dir. pen. proc., 2003, 1459 ss., continua dicendo che «ciò comporta, sotto il profilo processuale, che il giudice è chiamato ad applicare non più soltanto le scienze tradizionali, ma anche discipline rispetto alle quali la stessa comunità scientifica è divisa e che sono soggette a continue evoluzioni. In tale contesto è necessario che tutte le parti possono controllare il procedimento cognitivo e decisionale del giudice. Una simile esigenza si scontra con le lacune del sistema processuale penale, che non prevede una soddisfacente configurazione del diritto alla prova spettante alle parti. Si tratta allora di accertare quale sia il rapporto che intercorre tra il “diritto di difendersi provando” e la prova scientifica. La nozione di “diritto di difendersi provando” è sufficientemente chiara: essa postula il potere di ciascuna delle parti di ricercare e far assumere quelle prove che dimostrano i fatti affermati. Nel suo significato più lato, il diritto alla prova integra un aspetto del principio del contraddittorio. “Scientifica” è la prova che, partendo da un fato dimostrato, utilizza una legge scientifica per accertare un fatto “ignoto” per il giudice. Ha tale caratteristica quella legge che è stata ricavata in modo “scientifico”, e cioè con un metodo sperimentato mediante l’individuazione del tasso di errore e sottoposto alla critica della comunità degli esperti».

6 MONTAGNA, Accertamenti tecnici, accertamenti personali occulti e prelievo del DNA, in La prova penale, a cura di Gaito, Torino, 2009, 52, afferma come «un nuovo approccio al tema della prova, con la distinzione dei ruoli tra accusa ed organo giurisdizionale, invero, unitamente alle scoperte scientifiche in taluni campi, hanno portato ad un mutamento dello scenario in tema di accertamenti tecnici nel processo penale. Di questo occorre dare conto per comprendere i mutamenti che, in tale ambito, hanno interessato il nostro sistema processuale e verificare, poi, l’adeguatezza dell’attuale impianto normativo alle nuove esigenze investigative. La possibilità di avvalersi di un esperto in materie tecnico-scientifiche era già prevista nel codice di procedura penale del 1913 come secondo perito nominato dall’imputato o dal difensore e mantenuta nel codice del 1930. Tale evenienza si inseriva, però, in un contesto “culturale” completamente diverso rispetto a quello configurato dall’odierno codice di rito. Il riferimento è ai differenti modelli processuali, inquisitorio ed accusatorio, che hanno connotato il processo penale di ieri e, seppure con tutte le sue contraddizioni, quello di oggi. Il passaggio da un modello probatorio quale quello focalizzato nel codice Rocco ad un diverso modello connotante la riforma processuale del 1988 ha avuto le sue ripercussioni sulle modalità attraverso cui dare accesso, nel processo penale, ai dati cognitivi provenienti dalla medicina legale, dalla criminologia, dalle scienze medico-forensi. Un “sapere” riguardo al quale circa i modi d’ingresso nella ricostruzione del fatto-reato hanno inciso le “nuove” regole inerenti la formazione della prova: da un’istruzione segreta e scritta, priva di un sostanziale controllo della difesa e di contraddittorio, con un protagonista essenzialmente unico, il giudice istruttore, si è passati ad un processo di parti, improntato ad una

“tendenziale” separazione di fasi e di ruoli tra accusa ed organo giudicante. La disciplina delle prove e dell’intero procedimento probatorio hanno ricevuto, nel codice del 1988, una rilevanza ed un ordine sistematico dapprima sconosciuti. Si pensi alla perizia che ha trovato, nel vigente codice di rito, una specifica collocazione tra i mezzi di prova e alla quale si è attribuita la finalità non solo di raccogliere dati, ma anche di compiere le relative valutazioni».

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procedimento probatorio, da un lato escludendo il giudice dalla ricerca e dall’individuazione delle prove, dall’altro lato riservando alla sua esclusiva competenza l’ammissione e valutazione di esse. L’attuale impianto, quindi, postula che la prova si formi in dibattimento, non prima, e che si formi nel rispetto del principio di oralità: ciò significa che il convincimento del giudice si forma sulla base di ciò che percepisce direttamente dalla viva voce dei soggetti della prova: testimoni, periti, consulenti, interpreti, parti

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. Nel sistema accusatorio adottato dal codice vigente vi è un altro principio attinente alla formazione della prova, ed è quello del contraddittorio

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: esso prevede che le parti contrapposte abbiano diritto alla contemporanea partecipazione all’attività processuale, ed in particolare all’attiva partecipazione alla formazione della prova, solo se tale metodologia dialettica è in grado di aumentare o quanto meno di garantire la valenza epistemologica della prova stessa

9

.

Il Legislatore del 1988, tuttavia, è stato attento nell’osservare che nella pratica si sarebbero potute presentare situazioni eccezionali, in cui attendere l’apertura del

7 Così PISANI-MOLARI-PERCHINUNNO-CORSO, Manuale di procedura penale, Bologna, 2000, 460.

8 Si tratta di un principio oggi espressamente e con forza protetto dall’art. 111 Cost. come modificato nel 1999. Infatti, la L. cost. n. 2 del 23 novembre 1999, ha introdotto cinque nuovi commi alla formulazione originaria, due dei quali dedicati al contraddittorio. Il comma 2 recita: «Ogni processo si svolge nel contraddittorio delle parti, in condizione di parità, davanti a giudice terzo e imparziale [...]». Il comma 4, ancor più importante, ribadisce e specifica: «Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova». Vista la posizione di parte, anche se pubblica, del pubblico ministero, e considerato il principio del contraddittorio, gli atti delle indagini preliminari non sono utilizzabili in dibattimento. Le investigazioni, infatti, sono funzionali al reperimento e all’acquisizione di semplici fonti di prova, che diverranno una vera e propria prova solo in dibattimento. In effetti, anche l’art. 55 c.p.p. afferma che compito essenziale della polizia giudiziaria (e quindi anche del pubblico ministero che la dirige), è l’assicurazione delle «fonti di prova».

9 GIUNCHEDI, Gli accertamenti tecnici, cit., XIV, ci dice in più che «tale esigenza di garanzia della validità cognitiva del dato probatorio tuttavia non sussiste quando - come per l’appunto nel caso della prova scientifica - lo strumento di conoscenza posto a disposizione del giudice e da questi affettivamente utilizzato è già di per sé, a prescindere quindi dal contributo che può derivare dal confronto dialettico fra le parti, in grado di fornire una consapevolezza piena e compiuta di quanto accaduto».

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dibattimento avrebbe comportato la perdita della fonte di prova, compromettendo l’esito di indagini e processo. Sono state così previste, sia in fase di redazione del nuovo codice, sia anche in momenti successivi, diverse norme che consentano l’assunzione anticipata della prova. La nostra attenzione si focalizza proprio su quest’ambito, in particolare su quegli accertamenti che implicano il ricorso a specifiche competenze tecniche

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e che sono posti in essere nella fase investigativa in varie modalità, a seconda dei soggetti che vi fanno riferimento: dal pubblico ministero, dalla polizia giudiziaria, ma anche dalla difesa delle parti private

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.

10 MONTAGNA, Accertamenti tecnici, cit., 51, in particolare chiarisce come «il riferimento è alle indagini tecniche, vale a dire quelle attività che richiedono l’ausilio di personale specializzato ed implicano operazioni di rilievo e descrizione degli eventi, cose o luoghi, ma che possono di per sé implicare anche un’attività di valutazione dei dati raccolti. Spesso di tratta di attività irripetibili che potranno fungere da prova in dibattimento. Eppure allo stato attuale della normativa, tali operazioni sono corredate da inadeguate garanzie, soprattutto se si pensa al valore probatorio che quegli atti potranno assumere. Le indagini scientifiche vanno regolamentate: tipicità e legalità sono in quest’ambito garanzia non soltanto per i diritti dei soggetti coinvolti, ma anche per l’affidabilità dell’intera ricostruzione del fatto».

11 I casi di maggiore interesse sono quelli previsti dagli artt. 354, 360, 392, 467 e 512 c.p.p., e dagli artt. 116- 117 disp. att. c.p.p. Vi è anche l’art. 391-decies c.p.p., frutto della Legge n. 397 del 7 dicembre 2000 sulle investigazioni difensive, che concerne gli atti irripetibili compiuti dal difensore o da consulenti tecnici da lui incaricati. L’art. 354 c.p.p. attiene all’attività della polizia giudiziaria e prevede che questa, se vi è pericolo che le cose, le tracce e i luoghi pertinenti al reato si alterino, si disperdano o, comunque, si modifichino, compia i necessari accertamenti e rilievi sullo stato dei luoghi e delle cose, non solo quando il pubblico ministero non possa intervenire in modo tempestivo, ma anche quando non abbia ancora assunto la direzione delle indagini. Tale potere è conferito alla polizia giudiziaria (che può avvalersi di persone idonee qualora necessitino specifiche competenze tecniche) dalla particolare condizione delle cose, dei luoghi e delle tracce di reato, suscettibili di dispersione, alterazione e modificazione, assumendo l’attività di indagine un carattere di urgenza, come evidenziato anche dalla rubrica della norma. Gli artt. 360 e 392 lett. f), c.p.p., come si vedrà, si trovano in stretta relazione, e consentono l’esperimento di atti che, a causa della modificabilità del loro oggetto non possono essere rinviati al dibattimento. Nel primo caso si tratta di accertamenti compiuti su disposizione del pubblico ministero da consulenti tecnici da lui nominati e, pertanto, sono atti di parte.

Tuttavia, considerata la destinazione e il valore di tali atti, il Legislatore ha previsto precise garanzie per l’indagato, ed ha concesso a quest’ultimo una sorta di “diritto di veto” all’accertamento tecnico irripetibile, con conseguente “deviazione” alla procedura dell’incidente probatorio di cui all’art. 392 lett. f), c.p.p. L’ art.

467 c.p.p., invece, richiama l’art. 392 c.p.p. e dispone l’assunzione di prove non rinviabili qualora, fra la data in cui è stato fissato il dibattimento e la data del dibattimento stesso, e quindi nella fase degli atti preliminari al dibattimento, si presentino le medesime esigenze che consentirebbero un incidente probatorio. In questo caso, però, si applica la procedura prevista per il dibattimento. Vi è poi l’art. 512 c.p.p. che, in effetti, più che ipotesi di assunzione anticipata della prova, consiste in un “ripescaggio” di atti ritenuti in fase di indagini preliminari ripetibili in dibattimento e compiuti nelle forme ordinarie, e che avrebbero costituito così mere fonti di prova. La norma prevede che, con la procedura della lettura in dibattimento, l’attività investigativa assuma valore di prova. Tale meccanismo è, tuttavia, consentito solo ad una precisa condizione:

l’irripetibilità doveva essere non prevedibile al momento del compimento dell’atto e, pertanto, frutto di circostanze e fatti sopravvenuti e imprevedibili. Infine, gli artt. 116 e 117 disp. att. c.p.p., rimandano alla

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1.2 Le tipologie di accertamenti tecnici

Un procedere ortodosso e accorto che faccia leva sul metodo classico di induzione e deduzione, suggerisce di partire dalle nozioni di teoria generale sulla più ampia categoria dell’accertamento

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, cioè ogni processo orientato alla certezza. Questo suggerisce un processo che si snoda lungo le fasi dell’inizio, ove è predominante l’idea di incertezza che spinge a dover accertare un determinato fenomeno; lo svolgimento, stadio mediano, rappresentato dall’attività di accertamento

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, mediante gli strumenti a disposizione del sistema in cui esso opera; il termine che porta alla situazione di certezza “relativa” in considerazione dei limiti insiti nell’imperfezione di tali accertamenti in relazione agli strumenti utilizzati e all’utilizzatore stesso

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. Dopo aver cercato di ricostruire sul piano dogmatico il termine “accertamento”

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, passiamo all’analisi dell’aggettivo “tecnico”. Il significato, in questo caso, è chiarito

disciplina dell’art. 360 c.p.p., e riguardano rispettivamente l’autopsia giudiziaria e gli accertamenti che non sono ripetibili in quanto determinanti, con lo stesso compimento, la modificazione del loro oggetto.

12 Il primo studio sul tema in Italia, è attribuibile a FALZEA, Accertamento, in Enc. dir., I, Milano, 1958, 205 ss., il quale dà atto che il fenomeno in generale non ha mai costituito oggetto di indagine.

13 Definita “attività spirituale di chiarificazione della realtà” da FALZEA, Accertamento, cit., 216.

14 CHIOVENDA, L’azione nel sistema dei diritti, in Saggi di diritto processuale civile, Roma, 1930, 85, si esprime in termini di «incertezza obiettiva».

15 «Poiché il concetto di accertamento non comprende la constatazione o la raccolta dei dati materiali pertinenti al reato o alla sua prova, i quali si esauriscono nei semplici rilievi, ma riguarda piuttosto lo studio e l’elaborazione critica dei medesimi, l’irripetibilità dei rilievi, più specificatamente dell’acquisizione dei dati da sottoporre ad esame non implica necessariamente la irripetibilità dell’accertamento, quando l’esito di una prima indagine non appaia, ad avviso del giudice che procede, del tutto convincente e sia ancora tecnicamente possibile sottoporre quei dati alle operazioni necessarie al conseguimento di risultati attendibili, in vista dello scopo proprio del processo che è quello di pervenire con ragionevole approssimazione alla verità (fattispecie relativa a reato di omicidio volontario in cui era stato disposto dal pubblico ministero accertamento tecnico non riferibile su sostanza ematica rinvenuta sulla strada ove era stato trovato il corpo senza vita della vittima, che aveva dimostrato l’incompatibilità della stessa con il sangue dell’indagato. Successivamente, per i dubbi manifestati dagli stessi consulenti del pubblico ministero, sull’attendibilità del risultato ottenuto, stante la possibilità che il sangue analizzato fosse stato inquinato da altri liquidi biologici, il pubblico ministero aveva chiesto ed ottenuto dal G.i.p. che si procedesse con incidente probatorio a perizia sui frammenti di asfalto repertati. I consulenti del G.i.p. pervenivano a conclusioni opposte)». Questo lo specifico contributo in Cass. pen., Sez. I, 3 giugno 1994, Nappi, in Arch.

nuova proc. pen., 1995, 685.

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direttamente dal codice di rito, al comma 1 dell’art. 359 c.p.p. la tecnicità dell’accertamento si pone in funzione della necessità dell’apporto di una competenza specifica che il pubblico ministero o i suoi ausiliari non possiedono

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. In conclusione, potremmo definire accertamenti tecnici in senso lato tutte quelle attività compiute all’interno del procedimento, attraverso l’ausilio di personale tecnico specializzato o di particolari macchinari e volte a far conoscere un quid che esula dal novero delle cognizioni dell’uomo medio.

La nozione di accertamento tecnico, usata dal codice in riferimento all’attività del consulente tecnico del pubblico ministero, è stata oggetto di numerose discussioni ed elaborazioni, occasionate dalla necessità di evidenziare talvolta differenze, talaltra somiglianze con altri istituti, e finalizzate ad individuare i casi di applicazione di una disciplina processuale invece che di un’altra. Ciò che in dottrina e in giurisprudenza si analizza con più frequenza è la distinzione tra il concetto di “accertamento” e quello di “rilievo”

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. La difficoltà di tracciare dei confini tra “accertamenti” e

16 GIUNCHEDI, Gli accertamenti tecnici, cit., 9, approfondisce spiegando che «se nell’ipotesi di atto comunque ripetibile ciò costituisce una facoltà, diviene un obbligo nel momento in cui si ricada nell’ipotesi dell’irripetibilità, posto che il risultato dell’operazione tecnica è destinato a entrare nello scibile processuale utilizzabile, ai sensi dell’art. 526 c.p.p., per la decisione. Ovvio che un indice di tecnicità maggiore induce a superare certi confini, inesplorati e inesplorabili senza l’ausilio della scienza e, quindi, a protendersi verso la sovrapposizione tra certezza assoluta e relativa. Inconcepibile è pensare di rinunciare all’ausilio delle scienze parallele: un processo penale configurato in tal modo sarebbe incongruente con l’evoluzione della tecnologia e si porrebbe come un castello turrito impermeabile a ogni forma di sollecitazione esterna in grado di superare i limiti insiti in ogni persona e, quindi del giudice stesso. È vero che non vi è più l’ossessione della verità, ma sarebbe fallace pensare che questa rimanga l’obiettivo fondamentale del processo penale;

d’altronde se il principio costituzionale della considerazione di non colpevolezza è oggi più tangibile con la codificazione di un concetto elaborato per via giurisprudenziale, il ragionevole dubbio, significa che il filone culturale che ha propugnato questa metodologia di accertamento ha avallato il rigore derivante dalla fruizione delle moderne tecnologie per pervenire a un livello di conoscenza che dissipi ogni ragionevole incertezza sull’ipotesi controfattuale del contraddittore». In merito, l’impulso culturale è attribuibile, tra i tanti, a SARACENO, La decisione sul fatto incerto nel processo penale, Padova, 1940, 237; CANZIO, L’«oltre ragionevole dubbio» come regola probatoria e di giudizio nel processo penale, in Riv. it. dir. proc.

pen., 2004, 303.

17 Vigente il Codice Rocco, gli accertamenti tecnici erano considerati quelle attività in cui si rifletteva un apporto critico-valutativo, e i rilievi tecnici quelle aventi lo scopo di acquisire in via immediata e con

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“rilievi” sembra essere vanificata ulteriormente dalla norma che autorizza il pubblico ministero a nominare un consulente tecnico che procede agli uni e agli altri

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. Si tratta di una differenza che prescinde sia dall’urgenza dell’atto, sia dalla natura non ripetibile dello stesso e fa riferimento al tipo di attività che viene svolta.

Dunque, il rilievo consiste in una attività ricettiva, in una semplice constatazione o raccolta di dati materiali pertinenti al reato e alla sua prova

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; l’accertamento, invece,

elaborazione critica elementare il materiale probatorio da sottoporre poi a valutazione più completa tramite indagini tecniche di natura peritale. Oggi, parte della dottrina ritiene che la classificazione operata sotto il vecchio codice non sia più valida. Infatti, vi è chi assume che «l’attività di carattere tecnico in fase di indagine si configura come accertativa, volta cioè alla rilevazione dei dati, apparendo priva di qualsiasi sostanziale valenza la differenza tra accertamenti e rilievi tecnici». Così DELL’ANNO, Accertamento e valutazione nelle attività di consulenza disposte dal pubblico ministero, in Giust. pen., 1991, III, 241.

L’impostazione si fonda sulla natura investigativa e strumentale al dibattimento delle indagini preliminari, e giunge alla conclusione che, dal momento che le indagini preliminari hanno la finalità di individuare ciò che in fase dibattimentale sarà acquisito e valutato come prova, tutti gli atti di indagine di natura tecnica hanno come scopo la rilevazione dei dati, ed escludono qualsiasi attività valutativa. Tuttavia, è stato correttamente osservato che in tal modo si vanno a confondere la valutazione di dati ai fini della formazione della prova con quella ai fini d’indagine. La prima va naturalmente esclusa, ma la seconda è connaturale alle investigazioni, dal momento che, qualora al pubblico ministero fosse inibita l’elaborazione critica dei dati raccolti, gli sarebbe impossibile proseguire le indagini ed arrivare a delle conclusioni in vista dell’eventuale esercizio dell’azione penale. Così KOSTORIS, I consulenti tecnici nel processo penale, Milano, 1993, 142.

Vi è, poi, chi ritiene che gli accertamenti tecnici cui si riferisce l’art. 360 c.p.p. siano tutti gli atti previsti dall’art. 359 c.p.p., cioè quegli «accertamenti, rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici» ed «ogni altra operazione tecnica» ai quali il pubblico ministero può procedere durante le indagini preliminari. Così CONSO-BARGIS, Glossario della nuova procedura penale, voce “accertamenti tecnici”, Milano, 1992, 211.

La posizione è contestata da chi, invece, dà una diversa lettura delle due disposizioni e osserva che l’art. 360 c.p.p. richiama, dell’art. 359 c.p.p., soltanto la figura degli accertamenti escludendo le attività di rilevazione e le operazioni tecniche. Da qui si è voluto ricavare la conclusione che gli accertamenti tecnici non si identificano affatto con tutte le attività elencate all’art. 359 c.p.p., ma che si tratta di fattispecie diverse (KOSTORIS, I consulenti tecnici, cit., 149 ss.). La dottrina prevalente, invece, può essere rispecchiata e riassunta da una pronuncia della Cassazione: «Il concetto di accertamento non comprende la constatazione o la raccolta di materiali pertinenti al reato o alla sua prova, i quali si esauriscono nei semplici rilievi, ma riguarda piuttosto lo studio e l’elaborazione critica dei medesimi». Inoltre si veda Cass. pen., Sez. VI, 19 gennaio 1996, Pezzantini, in Cass. pen., 1997, 445: «Un accertamento che non sia volto a stabilire lo svolgimento di un fatto (mediante la sua riproduzione fenomenica) né diretto a richiedere il parere di un esperto (sul come e perché un fatto sia accaduto secondo la cognizione tecnica di scienze ed arti), ma tenda semplicemente ad ottenere la descrizione oggettiva e statica di una determinata cosa non costituisce accertamento tecnico irripetibile». Per la dottrina, si veda D’AMBROSIO, Art. 359-360, in Commento al nuovo codice di procedura penale, coord. Chiavario, IV, Torino, 1992, 201 ss.

18 SCALFATI, Gli accertamenti tecnici, in L’indice pen., 1992, 130.

19 Rientra nel novero dei rilievi anche l’effettuazione di una attività di raccolta ed individuazione di elementi anche avvalendosi di strumenti tecnici (ad esempio il c.d. tampone a freddo finalizzato al prelievo di eventuali residui di polvere sa sparo indicativi dell’uso di arma da fuoco).

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è una attività critica di studio ed elaborazione valutativa

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su base tecnica degli elementi raccolti, che comporta l’applicazione di leggi scientifiche e massime di esperienza

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. La peculiarità dell’accertamento tecnico è dettata dal fatto che pur richiedendo particolari competenze, si differenzia dai rilievi in senso stretto in quanto presuppone che si operino delle valutazioni, spesso in ordine all’inferenzialità del dato tecnico nel rapporto causale fra fatto ed evento.

Un’importante differenziazione all’interno della categoria degli accertamenti tecnici si basa sulla ripetibilità

22

o irripetibilità

23

di questi. Pacifico è che il riferimento alla

20 La nozione di accertamento tecnico concerne non l’attività di raccolta o di prelievo dei dati pertinenti al reato, che si esaurisce nei semplici rilievi, bensì il loro studio e la loro valutazione critica (fattispecie in cui la Suprema Corte ha qualificato come mero prelievo e non come accertamento tecnico il prelievo del D.N.A.

dal materiale biologico rinvenuto in un passamontagna, conservato e non esaurito pur all’esito delle prime indagini e, successivamente, utilizzato per effettuare a dibattimento, nel contraddittorio fra le parti, l’esame comparativo con il D.N.A. dell’imputato). Così Cass. pen., 31 gennaio 2007, Piras, in Cass. pen., 2008, 2972.

21 Secondo la giurisprudenza maggioritaria, i semplici rilievi fra i quali rientra il c.d. tampone a freddo finalizzato al prelievo di eventuali residui indicativi dell’uso di armi da fuoco, ancorché siano prodromici all’effettuazione di accertamenti tecnici, non sono tuttavia identificabili con essi, per cui, pur essendo essi irripetibili, la loro effettuazione non deve avvenire nell’osservanza delle forme stabilite dall’art. 360 c.p.p., le quali sono riservate soltanto agli «accertamenti» veri e propri, se ed in quanto qualificabili di per sé come irripetibili. (Cass. pen., Sez. I, 6 giugno 1997, Pata, in Cass. pen., 1998, 2066; Cass. pen., 24 gennaio 2003, Bocchetti, in Dir. e giustizia, 2003, 14, 112). Ad esempio, le analisi tecniche degli stubs, successive al prelievo, e l’autopsia, che trova anche codificazione di diritto positivo nell’art. 116 disp. att. c.p.p. Secondo la Suprema Corte, è mero rilievo l’attività finalizzata al prelievo di un’impronta digitale, mentre consiste in un accertamento la comparazione critica tra l’impronta raccolta e le impronte dei soggetti sospettati (Cass.

pen., Sez. II, 27 ottobre 1998, Bettio, in Arch. nuova proc. pen., 1999, 376). In senso contrario, Cass. pen., 17 marzo 2004, Puce, in Foro it., 2005, II, 2004; Cass. pen., 5 ottobre 2004, Casali, in Giur. it., 2005, 1494.

22 Un esempio può essere tratto da Cass. pen., Sez. I, 9 maggio 2002, Maisto, in Cass. pen., 2003, 3100:

«L’analisi chimica di un campione prelevato per il c.d. esame stubs, finalizzato ad accertare le tracce di esplosione di armi da fuoco, costituisce un’indagine suscettibile di ripetizione in quanto consistente nell’esame spettroscopico elettronico dei tamponi adesivi metallizzati, che può essere effettuato in qualsiasi momento, giacché il processo di metallizzazione fissa le particelle estratte con tampone adesivo, di guisa che l’esame spettroscopico può essere sempre ripetuto senza pregiudizio per la sua attendibilità». Per spiegare, i c.d. stubs, attualmente impiegato dalle forze dell'ordine per ricercare i residui di polvere da sparo (Gun Shot residues) al fine di stabilire se una persona abbia fatto uso di armi da fuoco, sono diventati uno dei più diffusi accertamenti e rappresentano l’evoluzione del concetto di «guanto di paraffina», il quale consisteva nello spalmare paraffina allo stato liquido sulle mani del presunto sparatore. Ma, a differenza della prova tradizionale, hanno la caratteristica di essere ripetibili, poiché la superficie adesiva, prima dell’analisi, viene sottoposta alla «metallizzazione». Tale operazione viene effettuata tramite la deposizione di un sottile strato di carbone che ha il duplice scopo di rendere il campione conduttivo e di preservarlo da possibili inquinamenti.

23 L’accertamento tecnico avente ad oggetto la ricerca su persone o cose di particelle identificabili come residuo di polvere da sparo è per sua natura irripetibile, e rientra tra gli adempimenti indicati dall’art. 360

(13)

ripetibilità sia nell’art. 359 c.p.p. qualora il pubblico ministero nomini un consulente tecnico e faccia svolgere l’accertamento in segreto. Il concetto di irripetibilità presenta non pochi problemi interpretativi derivando da varie situazioni: quando l’accertamento tecnico riguarda «persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione»

24

e quando è l’accertamento stesso che «determina modificazioni delle cose, luoghi, delle persone tali da rendere l’atto non ripetibile»

25

.

1.3 Il concetto di irripetibilità

Noto è che il codice utilizza più volte la locuzione “non ripetibile” in relazione alla formazione di un atto

26

avente valore probatorio

27

. Però in tutti questi casi l’espressione compare del tutto priva di riferimenti che ne esplicitino il contenuto.

c.p.p., in considerazione della mobilità e labilità delle particelle stesse e del decorso del tempo sui tessuti o materiali che costituiscono oggetto dell’indagine (Cass. pen., Sez. I, 6 ottobre 1998, Andolfi, in Cass. pen., 1999, 3189).

24 Com’è stato più volte chiarito dalla giurisprudenza «deve escludersi che l’eroina e la cocaina possano definirsi come “cose soggette a modificazioni” trattandosi di sostanze allo stato solido, non facilmente alterabili in tempi brevi, per le quali è sempre possibile, di regola, in dibattimento o nel corso delle indagini, avvalendosi dell’incidente probatorio, la sottoposizione a rituale perizia tossicologica» (Cass. pen., Sez. IV, 10 giugno-13 agosto 2004, Abbinante e altri, in Guida al dir., 2004, 43, 65).

25Viene fatto al proposito l’esempio dell’accertamento del numero di matricola, assolutamente necessario al pubblico ministero per identificare la provenienza dell’arma e non ripetibile per l’azione profondamente modificatrice dell’oggetto da parte dei reagenti chimici usati per l’esperimento. Ancora, si pensi al caso di una siringa nella quale deve essere immesso un liquido per accertare la presenza di uno stupefacente; si veda Cass. pen., Sez. VI, 15 ottobre 1996, Gidaro, in Riv. pen., 1997, 521.

26 L’atto irripetibile è quell’atto che prende diretta cognizione dei fatti, situazioni o comportamenti umani dotati di una qualsivoglia rilevanza penale suscettibili, per la loro natura, di subire modificazioni o di perdere le loro intrinseche qualità in tempi più o meno brevi, così da potere essere, in seguito, soltanto riferiti o descritti.

27 Si pensi che l’art. 431 c.p.p. richiede tale caratteristica quale requisito per l’inserimento nel fascicolo dibattimentale dei verbali di atti compiuti dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero; l’art. 238, comma 3, c.p.p. con riferimento a verbali di prove di altro procedimento, consente l’acquisizione della documentazione di atti «che non sono ripetibili»; l’art. 223, comma 3, disp. att. c.p.p. prescrive che «i verbali di analisi non ripetibili» vengano raccolti nel fascicolo dibattimentale qualora siano state rispettate le garanzie difensive prescritte nei primi due commi dell’articolo stesso.

(14)

Difatti, la nozione di atto irripetibile

28

è tra le più evanescenti dell’attuale impianto codicistico, non tanto perché, trattandosi di concetto normativamente “nuovo”

29

, sconta l’assenza di un’elaborazione dogmatica e di una tradizione esegetica consolidate, ma soprattutto perché il Legislatore, nell’introdurlo, ha deliberatamente rinunciato a definirlo

30

, tralasciando anche i criteri necessari per qualificare tale un atto del procedimento. Fu data, a tal proposito, una triplice spiegazione alla scelta effettuata: si dovevano evitare elencazioni di atti tipici del pubblico ministero, al contrario si doveva sottolineare il rilievo della figura del G.i.p. nel valutare la non

28 Che secondo ZINGARELLI, voce Irripetibile, in Vocabolario della lingua italiana, Bologna, 2001, 211, deve intendersi tale un’esperienza che non potrà ripetersi. Le difficoltà ermeneutiche sono dettate dalla circostanza che il Legislatore non ha voluto introdurre «elencazioni tassative di atti non ripetibili, sia per l’impostazione accolta tendente a evitare l’elencazione di atti tipici del pubblico ministero, sia per il rilievo che deve essere riconosciuta al giudice del dibattimento la valutazione circa l’effettività non ripetibilità degli atti in concreto. Tanto più che la distinzione tra atti ripetibili e atti non ripetibili sembra legata anche al divenire dell’esperienza teorica e pratica». Così la Relazione al progetto preliminare c.p.p., in Gazzetta Ufficiale, 24 ottobre 1988, n. 250, Suppl. ord. n. 2, 91.

29 «Nel codice di procedura penale del 1930 la figura dell’atto irripetibile non compariva come categoria generale, benché le esigenze che ne hanno ispirato la creazione normativa nel vigente codice risultassero comunque tutelate in norme che ammettevano la lettura di atti ora qualificati come originariamente o accidentalmente irripetibili», specifica CESARI, L’irripetibilità sopravvenuta degli atti di indagine, Milano, 1999, 1.

30 Come ci aiuta a capire POTETTI, Svolta restrittiva della Cassazione in tema di atto irripetibile, in Cass.

pen., 1996, 1467: «Sia in considerazione della natura pre-processuale dell’attività del pubblico ministero (con conseguente libertà delle forme e atipicità degli atti), sia per la volontà di affidare al giudice del dibattimento la valutazione circa la non ripetibilità in concreto degli atti, e all’esperienza teorica e pratica la distinzione fra atto ripetibile e atto non ripetibile». La stessa Relazione al progetto preliminare c.p.p., in Gazzetta Ufficiale, 24 ottobre 1988, n. 250, Suppl. ord. n. 2, 90, segnala che «durante i lavori della Commissione è stata prospettata l’esigenza di elencare tassativamente, nell’ambito dell’attività del pubblico ministero, gli atti che appaiono non ripetibili e che come tali vengono compiuti dallo stesso pubblico ministero in modo da poter stabilire preventivamente, per tali atti non ripetibili, una disciplina comune con specifico riguardo alle garanzie difensive ed alle forme di documentazione: al riguardo si è ritenuto di non introdurre elencazioni tassative di atti non ripetibili, sia per la già ricordata impostazione accolta tendente ad evitare l’elencazione di atti tipici del pubblico ministero, sia per il rilievo che deve essere riconosciuta al giudice del dibattimento la valutazione circa l’effettiva non ripetibilità degli atti in concreto. Tanto più che la distinzione fra atti ripetibili e atti non ripetibili sembra legata anche al divenire dell’esperienza teorica e pratica». Sui rischi di questa omissione ZAPPALÁ, Prime note sugli atti utilizzabili per il giudizio nella legge delega del 1987 per il nuovo codice di procedura penale, in Leg. pen., 1988, 95, nonché PIZIALI, Spunti critici in tema di atti “irripetibili”, in Cass. pen., 1994, 2145. Il Legislatore ha preferito lasciare l’elaborazione del concetto al “diritto vivente” e secondo il parere di ROSSI, La nozione giuridica dell’irripetibilità, in Arch. nuova proc. pen., 1993, 5, così facendo si viola gravemente il principio di tassatività, che imporrebbe la determinatezza delle fattispecie penali. Critico anche IACOVIELLO, Contro l’attuale teoria degli atti irripetibili, in Cass. pen., 1996, 3001, sulla «mancata tipizzazione degli atti irripetibili».

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ripetibilità degli atti in concreto e si notò come la distinzione tra atti ripetibili e non, sembrava legata anche al divenire dell’esperienza teorica e pratica

31

. Sta, dunque, all’interprete individuare questi criteri avendo presente la necessità di non incorrere in un duplice contrapposto errore: il primo è quello di fare riferimento al contesto in cui l’atto è stato compiuto perché in questo caso non esisterebbe atto ripetibile in dibattimento, non essendo mai riproducibile il contesto in cui l’atto è stato formato. Il secondo errore in cui potrebbe incorrere l’interprete è quello di fare esclusivamente riferimento alla possibilità di descrizione delle attività compiute perché, in questo caso, sarebbe ben difficile ritenere non ripetibili quegli atti che, fino ad oggi, dottrina e giurisprudenza hanno concordemente ritenuto tali.

Il tessuto normativo, pur in difetto di un’espressa e generale definizione dell’irripetibilità

32

, contiene tuttavia, elementi che consentono di circoscrivere il concetto, delimitandone i contorni

33

. Una più chiara evidenziazione dei differenti possibili significati da attribuire all’espressione “irripetibile” può rinvenirsi in

31 Ciò è stato affermato nella Relazione al progetto preliminare c.p.p., cit., 90. Il radicale dissenso rispetto a questa scelta del Legislatore ha spinto autorevole dottrina a ritenere ingiustificata l’assenza di tipizzazione degli atti non ripetibili, i quali, lungi dal rappresentare la regola, sono dotati del carattere dell’eccezionalità, che meriterebbe una determinazione precisa e puntuale. Non varrebbe ad escludere la validità di tale assunto nemmeno la considerazione, pure effettuata in sede di riforma circa l’opportunità di non tipizzare gli atti del pubblico ministero. L’opera di predeterminazione sarebbe, infatti, ragionevolmente limitata agli atti non ripetibili, senza implicazioni di sorta in ordine alle modalità investigative tout court. Ciò non contrasterebbe, altresì, con la possibilità per il G.i.p. di verificare in concreto l’impossibilità di ripetizione dell’atto ed, anzi, la preventiva individuazione dei criteri di irripetibilità renderebbe più agevole detto compito. «In particolare, non è condivisibile l’opinione seconda la quale anche i verbali, di cui è divenuta impossibile la ripetizione dopo il loro compimento, sarebbero subito suscettibili di essere inclusi nel fascicolo per il dibattimento, quando l’impossibilità fosse già riscontrabile al tempo della formazione del fascicolo» (FRIGO, Art. 431 c.p.p., in Commento al nuovo codice di procedura penale, coord. da Chiavario, IV, Torino, 1990, 723).

32 «Non ci si deve rammaricare troppo: una nozione rigida non ne avrebbe garantito la funzionalità; una nozione vaga avrebbe riproposto gli stessi nodi esegetici che ci si trova ora ad affrontare. La via dell’enumerazione di atti irripetibili, invece, avrebbe consentito di aggirare qualche scoglio: a patto di non chiudere l’interprete nel vicolo cieco della tassatività, avrebbe permesso di sottrarre al marasma delle contrapposte esegesi alcuni atti che il legislatore intendeva chiaramente far confluire in sede dibattimentale sin dall’inizio, lasciando che dottrina e giurisprudenza individuassero i contorni dell’irripetibilità riferibile anche a quelli non espressamente menzionati». Così CESARI, L’irripetibilità sopravvenuta, cit., 5.

33 Così FRIGO, Art. 431 c.p.p., cit., 723.

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determinate norme. Gli artt. 360 e 392 c.p.p., con riferimento agli accertamenti tecnici del pubblico ministero e alle ipotesi in cui può farsi ricorso all’incidente probatorio, pur non utilizzando espressamente il concetto di “irripetibilità”, esemplificano il suo contenuto, da un lato nel senso che l’accertamento del pubblico ministero, da compiersi in contraddittorio con la difesa, deve riguardare «persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione»

34

e dall’altro, che l’incidente probatorio deve avere ad oggetto attività non rinviabili al dibattimento, se non con il rischio o la certezza di una sostanziale modificazione delle stesse, per ragioni estrinseche o intrinseche

35

. E, ancora, l’art. 512 c.p.p. individua una delle accezioni dell’irripetibilità nella impossibilità di rinnovare l’atto «per fatti o circostanze imprevedibili»

36

.

Tentare un ragionamento sugli atti non ripetibili significa affrontare un aspetto delle indagini preliminari complesso e ancora in evoluzione. Una complessità e

34 Un nutrito orientamento dottrinale ritiene che nell’art. 360 c.p.p. il Legislatore abbia utilizzato la locuzione

“non ripetibili” al solo fine di sancirne, expressis verbis, la introducibilità nel fascicolo del dibattimento, ma che in realtà non si tratti di vera e propria irripetibilità: così, espressamente CESARI, L’irripetibilità sopravvenuta, cit., 39. Tale elemento è sufficiente perché in dibattimento non sia possibile raggiungere la medesima conoscenza con uno strumento alternativo, poiché la fonte di prova è irrimediabilmente modificata: sicché si pone l’alternativa se utilizzare lo stesso atto predibattimentale per la decisione o rinunciare alle conoscenze che potesse offrire. Nella stessa linea interpretativa si pone l’irripetibilità di cui all’art. 354, commi 2 e 3, c.p.p. ossia l’esigenza che la polizia giudiziaria compia, anche di propria iniziativa,

«accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone». Si noti che il Legislatore spesso utilizza concetti “limitrofi” a quello di irripetibilità: atti a sorpresa, atti urgenti, atti non rinviabili, che si pongono fra loro come intersecati cerchi. Anche per D’ANDRIA, Un tentativo di definizione degli atti non ripetibili, in Cass. pen., 1992, 1350, «l’indicazione dell’art. 360 c.p.p. è però fuorviante, poiché si riferisce in realtà ad un’ipotesi di irripetibilità ex lege, assimilata agli atti di cui all’art. 431 c.p.p. ai fini della utilizzabilità in giudizio. Si tratta di accertamenti tecnici che potrebbero anche essere ripetuti, ma che debbono essere espletati con urgenza, perché riguardano persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione. Nel caso in cui l’urgenza determina semplicemente una non rinviabilità al dibattimento, essendo esperibile il meccanismo dell’incidente probatorio, il regime previsto dall’art. 431 c.p.p. è applicabile solo in mancanza della riserva di cui al comma 4 art. 360 c.p.p. Se, invece, l’urgenza determina una indifferibilità tale da non poter attendere neppure il tempo necessario per esperire un incidente probatorio, il regime suddetto è applicabile anche in presenza di un “veto” dell’indagato».

35 A proposito della perizia si aggiunge anche che tale modificazione deve essere «non evitabile».

36 Cui si rinvia l’analisi al § successivo.

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un’evoluzione che chiamano direttamente in causa la scelta effettuata: è stato, infatti, il Legislatore con la sua autorità a dare vita al fenomeno degli atti irripetibili, non agganciando gli stessi ad una realtà normativa rispettosa del principio di tassatività

37

. Tale scelta ha provocato l’elaborazione delle soluzioni più diverse in dottrina

38

e una casistica esasperata in giurisprudenza

39

. Di conseguenza non si è ancora raggiunta un’univocità di orientamenti neppure nell’individuazione, a livello teorico, dei connotati essenziali di questa categoria

40

.

La dottrina

41

ha ritenuto, fin dai lavori preparatori e fin dalle prime esperienze pratiche, che la problematica esegetica dei caratteri principali degli atti non ripetibili fosse centrale rispetto al rapporto fra procedimento e processo. A essa non è sfuggito

37 La dottrina ritiene che così operando il Legislatore abbia infranto, indiscutibilmente, un fondamento della scienza giuridica-penalistica quale è l’esigenza di determinatezza atta a realizzare concretamente il principio di legalità formale e sostanziale. Si vedano, in merito, FRIGO, Art. 496-499 c.p.p., in Commento al nuovo codice di procedura penale, coord. da Chiavario, V, Torino, 1990, 723 e MANTOVANI, Diritto penale, Padova, 1992, 95. Da rilevare come quanto sopra affermato trovi fondamento nella stessa relazione al nuovo codice di procedura penale, laddove viene dichiarato che si è ritenuto di non introdurre elencazioni tassative di atti non ripetibili, sia per l’impostazione accolta tendente ad evitare l’elencazione di atti tipici del pubblico ministero, sia per il rilievo che deve essere riconosciuta al giudice del dibattimento la valutazione circa l’effettiva non ripetibilità degli atti in concreto, aggiungendo, inoltre, che la distinzione fra atti ripetibili e atti non ripetibili sembra essere legata essenzialmente al divenire della esperienza teorica e pratica. Non bisogna, comunque, dimenticare, che un’assenza di concettualizzazione del criterio di irripetibilità può produrre quale effetto sistematico la introduzione illegittima di atti nel fascicolo per il dibattimento, condizionando così il libero convincimento del giudice.

38 Vedi in particolare CESARI, L’irripetibilità sopravvenuta, cit., 5 ss.; FRIGO, Art. 431 c.p.p., cit., 723;

ROSSI, La nozione giuridica dell’irripetibilità, cit., 5 ss.

39 Come prosegue NIGRO, Atti irripetibili e limiti ai poteri probatori del giudice, in Dir. pen. proc., 2007, 1155, «le Sezioni unite mostrano di voler farsi carico della necessità di offrire una chiave di lettura del concetto di irripetibilità che ponga fine al proliferare di interpretazioni contrastanti: posto che ai sensi dell’art. 111 Cost. il contraddittorio costituisce la regola nella formazione della prova; posto che le eccezioni sono state previste dallo stesso articolo, in caso di dubbio, un’interpretazione costituzionalmente orientata non può che imporre una delimitazione degli atti acquisibili al fascicolo dibattimentale alle sole ipotesi nelle quali la rinnovazione sia effettivamente ed oggettivamente impossibile».

40 D’ANDRIA, Un tentativo di definizione, cit., 1349.

41 In particolare, si confrontino le opinioni di BIELLI, Periti e consulenti nel nuovo processo penale, in Giust. pen., 1991, 65; D’ANDRIA, Un tentativo di definizione, cit., 1349; FERRUA, La formazione delle prove nel nuovo dibattimento: limiti all'oralità e al contraddittorio, in Dir. pol., 1989, 246 (il quale, in particolare, distingue fra una irripetibilità strutturalmente congenita ed una successiva); ICHINO, Gli atti irripetibili e la loro utilizzabilità in dibattimento, in La conoscenza del fatto nel processo penale, a cura di Ubertis, Milano, 1992, 109; NOBILI, Concetto di prova e regime di utilizzazione degli atti del nuovo codice di procedura penale, in Foro it., 1989, 247 e TURONE, Art. 360, in Commentario del nuovo codice di procedura penale, a cura di Amodio-Dominioni, IV, Milano, 1989, 145 (il quale, in particolare, distingue fra irripetibilità intrinseca e estrinseca).

(18)

che gli atti irripetibili hanno una valenza sia endoprocedimentale, circa i diversi momenti giurisdizionali delineati dal nuovo rito, sia endoprocessuale, in quanto il loro contenuto di carattere probatorio ha efficacia anche in dibattimento

42

. Concettualmente la dottrina ha, dunque, assimilato l’esistenza della nozione di irripetibilità, non riuscendo, però, ad identificare un criterio giuridico univoco, capace ad assurgere ad indicazione esegetica. Un medesimo non risultato è stato posto in essere dalla giurisprudenza, i cui orientamenti devono considerarsi incerti e fluttuanti fra interpretazioni estensive e interpretazioni restrittive di tale concetto

43

.

L’assenza di una nozione di irripetibilità è ancora più grave se si considera che così non è possibile attuare un coordinamento efficace tra gli strumenti di acquisizione della prova, primo fra tutti l’incidente probatorio, finendo così per confliggere con i diritti della difesa e quelli inviolabili del cittadino, sanciti costituzionalmente.

La Corte, sente il bisogno di offrire dei punti fermi

44

, ma forse il risultato dello sforzo non è totalmente appagante

45

, rendendosi conto essa stessa dell’estrema vaghezza

42 Alcuni autori, come ad esempio GIUNCHEDI, Gli accertamenti tecnici, cit., 35, ritengono che il concetto di atto non ripetibile emerga da diverse norme, ma che si enuclei espressamente solo nell’art. 512 c.p.p.; tale analisi non è del tutto condivisa: in dottrina (si veda per tutti, D’ANDRIA, Un tentativo di definizione, cit., 1349) viene comunemente ritenuto che l’art. 392 c.p.p. non sia assimilabile agli atti irripetibili per ragioni legislative, dato che la legge parla a questo proposito di “atti non rinviabili” lasciando ritenere che esista una differenziazione sostanziale fra i due tipi di atti. Un’altra parte della dottrina (ICHINO, Gli atti irripetibili e la loro utilizzabilità in dibattimento, cit., 109) ritiene, invece, che la nozione di atti non rinviabili sia più ampia e non perfettamente coincidente con quella degli atti irripetibili, ponendo dunque le basi su quella differenziazione fra atti a irripetibilità sopravvenuta ed atti a irripetibilità originaria.

43 Notevoli perplessità sorgono, dunque, in merito, in quanto non offrire all’interprete una sistematica lettura degli atti irripetibili comporta una degenerazione inevitabile negli equilibri delicatissimi tra il materiale probatorio che si forma in dibattimento e quello cosiddetto a contenuto probatorio, quali gli atti irripetibili, le letture e le contestazioni, che trasmigra dal fascicolo delle indagini preliminari al fascicolo per il dibattimento.

44 «In buona sostanza pertanto, l’esame della giurisprudenza consente di affermare che irripetibile deve essere considerato, senza aprioristiche preclusioni ed esclusioni, ogni atto essenzialmente ricognitivo di situazioni obiettive sottoposte ad immediati processi di modificazione e non più riproponibili nello stesso contesto e con le stesse caratteristiche e modalità. Andranno pertanto acquisiti al fascicolo del dibattimento tutti gli atti aventi contenuto descrittivo o di accertamento, relativi a situazioni di fatto soggette a modificazione o ad attività o comportamenti umani non riproducibili o non accertabili. Andranno invece

(19)

concettuale e dell’assoluta asistematicità definitoria che impera in tema d’irripetibilità

46

. In primo luogo, l’irripetibilità non va ricondotta all’impossibilità per l’autore dell’atto di riferirne il contenuto davanti al giudice, dal momento che tutto ciò che il verbalizzante ha fatto, constatato o accertato può teoricamente costituire oggetto di testimonianza attraverso l’esposizione orale

47

. In secondo luogo, perché vi sia irripetibilità occorre che l’atto abbia ad oggetto cose, fatti o situazioni soggette a

esclusi gli atti contenenti valutazioni, giudizi od interpretazioni. L’ampiezza della categoria si spiega pertanto proprio alla luce della necessità di garantire l’acquisizione compiuta e genuina dell’elemento di prova. Trattandosi di attività d’indagine concernente accadimenti o situazioni insuscettibili di una seconda percezione diretta, il Legislatore ha ritenuto che al fine di evitare l’impoverimento irreversibile delle conoscenze del giudice, e per un più compiuto e genuino accertamento dei fatti, fosse preferibile consentire l’acquisizione degli atti redatti dagli organi demandati allo svolgimento delle indagini, piuttosto che procedere all’audizione al dibattimento degli stessi operanti. Tale prospettiva, peraltro, risponde a precise e non trascurabili esigenze di economia processuale, posto che l’oggetto della testimonianza del verbalizzante non potrebbe che coincidere con il contenuto degli atti a sua firma». Così arriva alle conclusioni PULEIO, Brevi note in tema di atto irripetibile nel processo penale, in Doc. Giust.,1997, 72.

45 La Cassazione si è espressa più volte sul tema e, nelle pronunce più risalenti, ha genericamente qualificato irripetibili gli atti descrittivi di situazioni oggettive passibili di modificazione. In seguito la Corte ha affrontato il problema in modo più approfondito, ed ha sostenuto che «sono irripetibili gli atti che contengono la descrizione di cose, di tracce o di luoghi suscettibili di modifica nel tempo, a cagione di eventi naturali o per comportamenti umani» che «gli atti irripetibili descrivono una situazione accertata in un determinato momento storico, in quanto la irripetibilità non attiene alla verbalizzazione, ma al suo contenuto», che «ai fini della qualificazione di un atto come irripetibile, occorre aver riguardo alla natura ed alle caratteristiche peculiari dell’atto stesso e non alla sua documentazione, che ne costituisce un momento logicamente e cronologicamente distinto», e che gli atti irripetibili sono quelli mediante i quali «si prende diretta cognizione di fatti, situazioni o comportamenti umani dotati di qualsivoglia rilevanza penale e suscettibili, per loro natura, di subire modificazioni o, addirittura, di scomparire in tempi più o meno brevi, sì da risultare suscettibili di essere, in seguito, soltanto riferiti e descritti». Così Cass. pen., Sez. I, 24 luglio 1993, Delle Fave, in Cass. pen., 1994, 211.

46 Le conclusioni in tema sono del seguente tenore: ciò che giustifica l’attribuzione della qualità di irripetibilità ad un atto è la non riproducibilità in dibattimento. Fin qui, è una tautologia: è irripetibile ciò che non è ripetibile in dibattimento. PULEIO, Brevi note in tema di atto irripetibile, cit., 72, aggiunge «poiché consacrare un atto come irripetibile significa sacrificare il principio costituzionale del contraddittorio nella formazione della prova in favore dell’interesse alla ricerca della verità processuale, è necessario effettuare un bilanciamento tra i due valori, spesso contrastanti. Perché l’atto assunto durante le indagini possa scavalcare l’inutilizzabilità fisiologica è necessario che sia dotato di genuinità e affidabilità che possono derivare soltanto da quell’attività di immediata percezione cristallizzata in un verbale che inevitabilmente andrebbe dispersa ove si attendesse il dibattimento. L’atto è irripetibile quando non può essere riprodotto davanti al giudice. Non essendo “surrogabile” con un equivalente espletato in dibattimento, lo si deve inserire nel relativo fascicolo, ma ciò potrà farsi soltanto se esso è portatore di informazioni genuine ed affidabili. Sono questi i “nuovi” strumenti concettuali con cui gli interpreti, nel silenzio della legge, potranno individuare con nettezza quali sono gli atti che nascono irripetibili».

47 In questo senso anche D’ANDRIA, Un tentativo di definizione, cit., 1349 ss.

(20)

modificazione in tempi brevi, tali che non siano più riproponibili nello stesso contesto, con le stesse caratteristiche e modalità

48

.

Consapevoli delle difficoltà e dei limiti che implica una catalogazione, è opportuno tentate di determinare le differenze che connotano le diverse tipologie di accertamenti tecnici: urgenti, non rinviabili e non ripetibili

49

. Da notare le riflessioni suscitate dalla species di atti procedimentali dai connotati ambigui: gli atti urgenti

50

. Sembra che, per gli atti di natura probatoria, urgenza equivalga a non rinviabilità, tanto che l’art.

467 c.p.p. dà corpo agli “atti urgenti” menzionati in rubrica, con il richiamo esplicito ai «casi previsti dall’art. 392 c.p.p.». Ciò malgrado, le due categorie non sono sovrapponibili, dal momento che l’area degli atti urgenti è in realtà molto più vasta, sia prendendo in considerazione le sole norme che li aggregano in una specifica classe, sia riferendosi alle disposizioni che prevedono il compimento con “urgenza”

di singoli atti nominati

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. Si comprenderà che laddove il codice di rito sottolinea che

48 SAU, L’incidente probatorio, Padova, 2001, 122; D’ANDRIA, Un tentativo di definizione, cit., 1348;

POTETTI, Svolta restrittiva della Cassazione, cit., 1467 ss.; IACOVIELLO, Contro l’attuale teoria, cit., 3001 ss. Così ci spiega FOCARDI, La consulenza tecnica extraperitale delle parti private, Padova, 2003, 123. «In primo luogo, perché si abbia irripetibilità è necessario e sufficiente che la modificazione avvenga prima del dibattimento, non che avvenga istantaneamente: in altri termini, ai fini del processo è indifferente che la macchia di sangue sul terreno si deteriori in poche ore o in qualche giorno, purché sicuramente (secondo una valutazione astratta ed ex ante) ciò avvenga prima del dibattimento. Per fare un altro esempio il testimone affetto da grave infermità che muore il giorno dopo l’incidente probatorio o un mese prima del dibattimento: ciò che conta è unicamente che non potrà aver luogo l’esame incrociato davanti al giudice. In secondo luogo, è indifferente la causa della modificazione, e cioè se essa sia dovuta a irresistibili forze naturali oppure al fatto dell’uomo. In particolare, il Legislatore non può ignorare la complessità del mondo in cui si svolgono i fatti di reato e, pertanto, non vi è dubbio che la modificazione dello stato dei luoghi potrebbe essere astrattamente evitabile; tuttavia il Legislatore accetta il rischio che l’esigenza del contraddittorio nella formazione della prova davanti al giudice sia subordinata ad altri interessi sociali, e non soltanto alla modificazione naturalistica ed inevitabile».

49 SAU, L’incidente probatorio, cit., 100.

50 Secondo quanto spiegato da ZINGARELLI, voce Urgente, in Vocabolario della lingua italiana, cit., 355, deve intendersi ciò «che non consente o non ammette dilazioni o ritardi, che deve fatto immediatamente».

51 CESARI, L’irripetibilità sopravvenuta, cit., 45, continua dicendo che: «A differenza della non rinviabilità, l’urgenza è preposta ad una scansione accelerata dei tempi del procedimento, senza necessariamente assumere la fase dibattimentale come punto di riferimento cronologico. Ne è un esempio, talvolta, il caso di urgenza che ricorre «quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini» (art. 267, comma 2, c.p.p.), dov’è evidente lo scopo di preservare un’esigenza tutta interna alla

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la polizia giudiziaria di propria iniziativa può svolgere «accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone»

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e quindi senza le direttive del pubblico ministero, si comprende l’importanza di determinare che significato abbia inteso dare il Legislatore all’aggettivo “urgente”. Possiamo dunque dedurre che tra l’urgenza ex art. 467 c.p.p. e la non rinviabilità di cui all’art. 392 c.p.p. vi sia un’identità concettuale, volendo entrambe le locuzioni esprimere l’eadem ratio dell’assunzione anticipata imperniata sul rischio di dispersione della prova

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. Ciò posto appare evidente che l’urgenza e la non rinviabilità dell’atto probatorio possono essere utilizzati come sinonimi. Del resto che si tratti di entità omogenee è dimostrato soprattutto dalla natura tipicamente cautelare dell’istituto dell’incidente probatorio.

Non si può dubitare, infatti, che finalità essenziale dell’incidente probatorio è, in linea generale, quella di provvedere all’assunzione anticipata della prova da utilizzarsi in futuro, in ragione del pericolo attuale derivante dalla presenza di situazioni suscettibili di annullare la portata accertativa del processo. Risulta così dimostrato che il concetto di non rinviabilità dell’atto è legato al fattore urgenza, il quale va rapportato ad una previsione ancorata al tempo in cui la prova potrebbe essere assunta regolarmente e al grado maggiore o minore di prossimità al pericolo.

Resta comunque il fatto, che il Legislatore per l’ammissione della prova non rinviabile ex art. 392 c.p.p. non ha richiesto se non quel grado di urgenza che è la

fase procedimentale. Di qui anche la possibilità di graduare il concetto, partendo da una soglia indeterminata, per modularlo in urgenza fondata su ragioni “particolari” (l’art. 392, lett. g), c.p.p.) o “eccezionali” (l’art.

268, comma 3, c.p.p.), o addirittura in urgenza “assoluta” (l’art. 364, comma 5, c.p.p., e l’art. 79, comma 1, disp. att. c.p.p.)».

52 Così recita una parte dell’art. 354 c.p.p.

53 Se per quanto riguarda gli atti probatori può dirsi che vi sia un’equivalenza tra i due concetti, dell’urgenza e della non rinviabilità, va tuttavia precisato che la categoria dell’urgenza è molto più vasta in quanto riflette anche attività che esulano dalla sfera probatoria: in proposito CESARI, L’irripetibilità sopravvenuta, cit., 44- 48.

Riferimenti

Outline

Il concetto d’irripetibilità sopravvenuta che, può dipendere da qualsiasi causa, si lega intimamente a quello della non prevedibilità 93 in quanto nel momento in cui l’atto La dizione “accertamenti tecnici ripetibili” non è contemplata nel codice di rito, ma si può affermare che rientrano in questa categoria tutte quelle attività a cui fa La nomina del consulente tecnico è facoltà di esclusiva pertinenza dell’organo dell’accusa, trattandosi essenzialmente di una attività investigativa di parte, rispetto dibattimento nella fase delle indagini o dell’udienza preliminare 166 in quelle particolari situazioni in cui non è possibile rinviare la prova, pena la perdita - anche Contestualizzando questi princìpi agli accertamenti tecnici, è opportuno chiedersi quale sia il compito del pubblico ministero, vale a dire se questi debba valutare i Riguardo alla procedura ordinaria, di cui al comma 1 dell’articolo in esame, nel caso in cui il pubblico ministero intenda procedere a consulenza tecnica che presuppone il I RILIEVI E GLI ACCERTAMENTI NELL’AMBITO DELL’ATTIVITÀ DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA parte, c.p.p., i cui singoli atti sono rimessi alla discrezionalità della polizia giudiziaria 345 attività delegabile del pubblico ministero, non comporta limiti particolari alla polizia giudiziaria, la quale, purché munita di autorizzazione scritta o anche solo orale, ma, Quest’attività di conservazione viene posta in essere dalla polizia giudiziaria nell’ambito della sua autonomia operativa e si differenzia nettamente da quegli

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