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attività delegabile del pubblico ministero, non comporta limiti particolari alla polizia giudiziaria, la quale, purché munita di autorizzazione scritta o anche solo orale, ma,

in tal caso, confermata per iscritto, del pubblico ministero, può procedere al prelievo coattivo nel rispetto della dignità personale del soggetto mediante l’estrazione del D.N.A., ritenuta dal Legislatore coma la miglior tecnica di identificazione personale disponibile in termini di economicità, sicurezza, affidabilità ed efficacia

409

. I poteri attribuiti, a diverso titolo, alla polizia giudiziaria, non importano particolari modalità di svolgimento degli accertamenti previsti dal comma secondo del medesimo articolo. Però, ogniqualvolta l’accertamento deve essere svolto nei confronti di coloro, indagati o persone ritenute in grado di fornire indicazioni rilevanti per le indagini che rifiutino di farsi identificare o che forniscano generalità o documenti falsi o ritenuti sospetti, sorge in capo alla polizia giudiziaria il potere-dovere di accompagnarle e trattenerle nei propri uffici per gli adempimenti volti a identificarli compiutamente

410

. In particolare, la disposizione normativa in oggetto prevede nei commi successivi, in particolare si parla del comma 4 dell’art. 349 c.p.p.

411

, il c.d.

“fermo di identificazione” nell’ipotesi in cui l’indagato o il testimone si rifiutano di collaborare con la polizia giudiziaria nel rendere noti i dati che servono a consentire la loro identificazione oppure nell’ipotesi in cui gli stessi forniscano informazioni e

sempre che non sia impiegata nel procedimento penale per scopi che travalicano la mera finalità identificativa».

409 Così esattamente BRICCHETTI, Prelievi del Dna, cit., 67.

410 App. Genova, 1 marzo 2004, XY, in Guida al dir., 2004, 30, 106.

411 Il quale così recita: «Se taluna delle persone indicate nel comma 1 rifiuta di farsi identificare ovvero fornisce generalità o documenti di identificazione in relazione ai quali sussistono sufficienti elementi per ritenerne la falsità, la polizia giudiziaria la accompagna nei propri uffici e ivi la trattiene per il tempo strettamente necessario per la identificazione e comunque non oltre le dodici ore ovvero, previo avviso anche orale al pubblico ministero, non oltre le ventiquattro ore, nel caso che l'identificazione risulti particolarmente complessa oppure occorra l'assistenza dell'autorità consolare o di un interprete, ed in tal caso con facoltà per il soggetto di chiedere di avvisare un familiare o un convivente».

documenti per i quali vi è il sospetto della falsità

412

. Il predetto “fermo di identificazione” consiste nell’accompagnamento, anche coattivo, da parte della polizia giudiziaria dei soggetti in questione per il tempo strettamente necessario per l’identificazione e, comunque, non oltre le dodici ore

413

. Tuttavia, in quest’ultima ipotesi l’iniziativa della polizia giudiziaria è legittima e non arbitraria in presenza delle seguente condizione: nell’ipotesi in cui l’identificazione «risulti particolarmente complessa» ed articolata ovvero «occorra l’assistenza dell’autorità consolare o di un interprete», questi possono essere trattenuti anche oltre le dodici ore e comunque non oltre le ventiquattro ore, previo avviso «anche orale» al pubblico ministero. In tali circostanze i soggetti interessati godono della facoltà di chiedere di avvisare un familiare o un convivente

414

. Sul piano delle garanzie difensive

415

, il fermo di identificazione è sottoposto al controllo del magistrato, il quale dev’essere informato immediatamente dell’ora in cui è avvenuto l’accompagnamento e di quella del rilascio, in modo da poter valutare la ricorrenza o meno delle condizioni di legge previste dal comma 4 dell’art. 349 c.p.p., ordinando il rilascio nel caso di esito

412 GIUNCHEDI, Gli accertamenti tecnici, cit., 53, ci ricorda che non si deve trascurare che «il presupposto per porre in essere il fermo è costituito dalla sussistenza di “sufficienti” elementi di fatto dai quali poter desumere la falsità delle generalità fornite dall’imputato; diversamente se non sorge il sospetto in ordine alla falsità delle dichiarazioni riguardanti la sua identità, deduttivamente, queste devono ritenersi veritiere».

413 L’accompagnamento coattivo per l’identificazione ex art. 349, comma 4, c.p.p. può essere disposto se gli agenti di polizia giudiziaria abbiano correttamente effettuato un bilanciamento degli interessi in gioco - esigenze investigative ed esigenze di tutela della libertà personale - consistente in un giudizio di opportunità che può essere discrezionale ma mai arbitrario (Pret. Genova, 19 aprile 1997, Dir. proc. pen., 1997, 1379).

414 Ovviamente, è opportuno chiedersi quale sia la ratio di questa facoltà. È stato ritenuto che il motivo, più che altro, sia da ricercarsi nella necessità che le persone vicine siano informate dello stato di fermo in cui la persona si trova che può portare a una privazione della libertà per un giorno intero; e ciò giustifica il riferimento al familiare o al convivente, piuttosto che a una persona di fiducia come avviene nelle ispezioni e nelle perquisizioni personali. Non chiara risulta la preclusione verso il difensore che con la propria professionalità potrebbe scongiurare il protrarsi di abusi.

415 Il riferimento è ai commi 5 «dell'accompagnamento e dell'ora in cui questo è stato compiuto è data immediata notizia al pubblico ministero il quale, se ritiene che non ricorrono le condizioni previste dal comma 4, ordina il rilascio della persona accompagnata» e 6 dell’art. 349 c.p.p. «al pubblico ministero è data altresì notizia del rilascio della persona accompagnata e dell'ora in cui esso è avvenuto».

negativo della verifica ed eventualmente nei casi estremi promuovendo un procedimento disciplinare ex art. 16 disp. att. c.p.p. a carico degli appartenenti alla polizia giudiziaria. Concludendo, possono ritenersi legittime tutte quelle operazioni finalizzate alla repressione e prevenzione dei reati che, pur incidendo sulla sfera della libertà personale, non ne importano la menomazione, anche se talvolta implicano una momentanea immobilizzazione della persona per descriverne, fotografarne o misurarne gli aspetti nelle parti normalmente esposte alla vista altrui o per fissarne le impronte digitali

416

.

4.4 Gli accertamenti tecnici delegabili ex art. 370 c.p.p. e le relative garanzie difensive

Fra gli accertamenti che la polizia giudiziaria pone in essere vi sono anche quelli che la stessa esegue su delega del pubblico ministero. Si tratta, in tal caso, di attività tecniche che la polizia giudiziaria può porre in essere soltanto previa delega dell’organo rappresentante l’accusa

417

. Come avevamo già detto, la polizia giudiziaria compie ad iniziativa, ai sensi dell’art. 354 c.p.p., sul luogo e nell’immediatezza del fatto, accertamenti e rilievi ogni qualvolta essi si rendano

416 Diverso è il caso in cui i rilievi segnaletici richiedano più complesse indagini potenzialmente in grado di incidere sulla libertà fisica e morale dell’individuo ove, quale condizione di legalità è necessario il rispetto dei limiti e delle modalità previste dalla Costituzione agli artt. 13, comma 2 e 3. Sotto questo profilo non può trascurarsi come una prima indicazione in tal senso era stata operata sotto l’egida del codice di procedura penale del 1930 dalla Consulta che aveva ritenuto di assicurare le garanzie difensive solo agli accertamenti che comportavano valutazioni e resoconti tecnici, mentre per quelle attività che si limitavano a registrare lo stato delle cose, mediante mera descrizione, non si riteneva di doverle assicurare.

417 Sul problema della delegabilità degli accertamenti alla polizia giudiziaria, si veda PIZIALI, Spunti critici, cit., 2145.

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