riferimento l’art. 359 c.p.p.
106e cioè tutti gli «accertamenti, rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici» ed ad ogni altra «operazione tecnica» svolti dai consulenti tecnici del pubblico ministero, per indagini che richiedono «specifiche
parte del pubblico ministero nel sistema accusatorio né può essere intesa come un ripristino dell’istruttoria formale e della commistione fra giudice e accusa del vecchio codice, dall’altro, che la funzione investigativa svolta a favore dell’indagato si affianca a quella svolta a sostegno dell’accusa, in ragione della «natura ordinamentale, giudiziaria e pubblica dell’istituto e della funzione». Ora, l’indagine del pubblico ministero è attività conoscitiva, mutuata dal reale ed innestata, finalisticamente, in una serie procedimentale. Le sequenze investigative valgono a prospettare l’ipotesi finale e completa di una dimostrazione dei fatti, nella quale andranno a confluire singoli segmenti di ricostruzione storica di eventi, confutazioni e conferme logiche di essi, verifiche ed interpretazioni di fatti attraverso altri fatti, spesso attraverso il ricorso ad operazioni tecniche di avvalorazione e/o di spiegazione di essi. Ovvio che tale attività conoscitiva si nutra, in buona parte, di dati interpretabili direttamente attraverso le conoscenze proprie dell’esperienza comune o di quella diretta dell’investigante; altrettanto normale che venga in rilievo la necessità di ricorrere a “specifiche competenze”, che esorbitano dalla «scienza privata» dell’inquirente, al di là di ogni illusorio «anacronismo dell’idea esasperata dello iudex peritus peritorum».
106 Secondo CREMONESI, Natura giuridica e funzioni del consulente tecnico del pubblico ministero nelle indagini preliminari, in Giust. pen., 1995, 245, «tale articolo definisce consulente non solo la persona che offre un supporto tecnico al patrimonio culturale del pubblico ministero, portando contributi informativi e tecnico-conoscitivi, ma anche colui che presta la sua attività per operazioni materiali di qualsiasi genere, purché a carattere tecnico ed in relazione alle quali il magistrato investigativo non abbia specifica competenza. D’altro canto, se così non fosse, dovrebbe ritenersi che, nel corso di funzioni solo esecutive, l’organo accusatorio non abbia la possibilità di agire autonomamente, ma solo delegando la polizia giudiziaria, dal momento che solo quest’ultima, in base all’art. 348, comma 4, c.p.p. può avvalersi di semplici specialisti tecnici». Un esempio di incarico ex art. 359 c.p.p. potrebbe essere quello del computer forenser il quale lavora su copie nell’hardisk e ogni atto che egli compie è dunque ripetibile a meno che non danneggi il supporto originale o la copia acquisita in fase di sequestro. Contra, DUBOLINO-BAGLIONE-BARTOLINI, Il nuovo codice di procedura penale illustrato articolo per articolo, 1990, 647.
competenze»
107. L’art. 359 c.p.p. è caratterizzato, in primo luogo, dal fatto che l’attività in esso disciplinata è di parte
108e il suo contributo non assurge ad elemento probatorio pieno; in secondo luogo, dalla “ripetibilità” dell’accertamento
109, dunque qualora questo appaia tale, il pubblico ministero nomina il consulente tecnico
110e fa
107 È interessante notare come il passaggio dal codice Rocco all’odierno codice di rito abbia segnato, in quest’ambito, una notevole differenza. Per la prima volta, invero, si profila la figura del consulente tecnico del pubblico ministero. Nel previgente codice di rito, la facoltà di nominare un consulente tecnico era sì prevista, ma con riguardo alla parte privata. Dunque, l’apporto, nel processo, di contributi tecnico-scientifici si realizza oggi anche nelle «nuove forme di consulenza tecnica che prescindono dall’esistenza di una perizia» e che, coerentemente «con il corollario naturale della degiurisdizionalizzazione del pubblico ministero e della sua riconduzione al ruolo di parte», disegnano i tratti «dell’attribuzione al pubblico ministero di un proprio ufficio di consulenza tecnica». KOSTORIS, I consulenti tecnici, cit., 142 ss.
Sembrerebbe, ictu oculi, irragionevole, o quanto meno fuori luogo, in sede di ammissione della prova, ricorrere a una disposizione il cui ambito di applicabilità è confinato nella fase pre-processuale. In realtà, l’art. 501 c.p.p. sull’esame dei periti e dei consulenti tecnici, nel riferirsi genericamente ai consulenti tecnici, non limita l’esame degli esperti solo a quelli nominati nella fase processuale; pertanto, se ne può dedurre che anche i consulenti incaricati durante le indagini possano essere escussi oralmente in dibattimento. L’art. 359 c.p.p. risolve la situazione in cui il pubblico ministero si trova (ovvero in grossa difficoltà) ogni volta che deve sostenere una tesi tecnica, in quanto carente della nozioni specifiche richieste per comprendere un determinato settore scientifico. Prima ancora del codice del 1988 la situazione era completamente diversa, difatti DEL POZZO, Consulente tecnico, in Enc. dir., IV, Milano, 1958, 540 ss., anticipando determinate soluzioni dell’attuale codice processuale, già nei primi anni sessanta, auspicava che un rigoroso assetto della materia avrebbe imposto consulenti tecnici dell’accusa e della difesa. Rilevava l’autore l’ibrida e inarmonica contrapposizione di un perito del giudice e di un perito delle parti private, mentre l’accusa non aveva la possibilità di utilizzare un proprio consulente, ma doveva far capo a quello che assisteva il giudice. Si sottolineava così l’assurdità di dover subordinare la scelta di un assistente tecnico della difesa all’avvenuta nomina di un perito del giudice. Si concludeva dicendo che in una futura impostazione peritale si sarebbe dovuto ammettere a condizioni paritarie, consulenti dell’accusa e della difesa, indipendentemente dalla nomina del perito.
108 Ci spiega GRILLI, Attività del pubblico ministero, in Procedura penale-Guida pratica, Padova, 2009, 809, che «per intendere tale affermazione, basta pensare alla analoga situazione in cui l’indagato si faccia assistere da un suo consulente di parte, il quale si troverà nella medesima situazione del consulente del pubblico ministero. Se ne ha conferma, ove anche ve ne fosse bisogno, nell’art. 468 c.p.p., che fa onere a ciascun parte di includere nella lista da depositarsi in cancelleria prima del dibattimento anche le persone dei consulenti tecnici al pari dei propri testimoni».
109 Si pensi all’analisi di sostanza sequestrata che si assume stupefacente. BONILINI-CONFORTINI, Codice di procedura penale-ipertestuale, a cura di Gaito, Torino, 2009, 1338, riporta l’esempio della sentenza del Trib. Milano, 22 gennaio 1996, Grignaschi, in Arch. nuova proc. pen., 1996, 269, secondo cui «non è utilizzabile la perizia medica ginecologica effettuata nei confronti di una persona minore, con le forme di cui all’art. 359 c.p.p. e non del successivo art. 360 c.p.p., in quanto l’accertamento medico predetto, disposto nei confronti di minorenne, deve ritenersi irripetibile, per la modificabilità nel tempo delle evenienze di tipo traumatico che possono essere riscontrate, sia in riferimento al momento della loro causazione, che all’estensione o qualità delle stesse, sia anche in relazione alla valutazione delle ipotesi causative, in confronto alla patologia fisiopsichica presente al momento dell’accertamento».
110 Che dev’essere dotato di specifiche competenze tecniche, scientifiche o di altra natura ed esplica un’attività che si concreta non solo nel compimento di atti materiali richiedenti un certo grado, più o meno elevato, di capacità tecnica, ma, anche e soprattutto, la valutazione critica dei risultati di tali atti. L’esigenza sottesa al principio in questione è quella di evitare l’intervento di un consulente per lo svolgimento di accertamenti che non abbiano carattere tecnico al punto tale da richiedere specifiche competenze.
svolgere l’accertamento in segreto. Differenza importante questa, con l’art. 360 c.p.p., il quale, invece, impone la comunicazione alle persone interessate, perché i risultati che ne derivano, sono utilizzabili nel processo. Difatti, quando non sussistano le condizioni previste dall’art. 360 c.p.p., l’accertamento tecnico “ripetibile”
111non può essere inserito nel fascicolo per il dibattimento, ex art. 431 c.p.p.
112, ma andrà a confluire nel fascicolo del pubblico ministero ex art. 433 c.p.p.
113e, comunque, non può direttamente essere utilizzato in dibattimento e posto a fondamento della decisione. Quindi, nell’art. 359 c.p.p., ben può il pubblico ministero agire senza la necessità di avvertire l’indagato
114, giacché questi avrà comunque la possibilità, ove lo riterrà opportuno, di contestare le conclusioni del consulente della pubblica accusa anche tramite una propria consulenza
115. Questo comporta che il pubblico ministero
111 In questo caso la peculiarità consiste nel fatto che l’attività probatoria non è affidata ad un soggetto
“terzo”, come avviene nel caso della perizia, ma direttamente all’ausiliario dell’accusa.
112 Neanche attraverso l’audizione quale teste del consulente del pubblico ministero in quanto tale facoltà espressamente prevista dall’art. 501 c.p.p. è subordinata alla condizione che la sua deposizione riguardi solo fatti di cui sia venuto a conoscenza non a seguito dell’espletamento dell’incarico peritale. V. Cass. pen., 25 giugno 1998, Querci ed a., in Guida al dir., 1998, 93.
113 Il quale, testualmente, recita: «Gli atti diversi da quelli previsti dall'articolo 431 sono trasmessi al pubblico ministero con gli atti acquisiti all'udienza preliminare unitamente al verbale dell'udienza».
114 V. Cass. pen., 25 giugno 1998, Querci ed a., Guida al dir., 1998, 39, 93, secondo cui è utilizzabile ai fini del giudizio la consulenza fatta eseguire, ai sensi dell’art. 359 c.p.p., dal pubblico ministero, senza preventivo avviso alle parti, sulla rumorosità di una discoteca (fattispecie relativa al reato di disturbo del riposo e delle occupazioni delle persone, in ordine alla quale la Suprema Corte ha precisato che la procedura più garantista di cui all’art. 360 c.p.p. deve essere applicata soltanto nell’ipotesi che gli accertamenti previsti nell’articolo precedente riguardino cose, luoghi o persone il cui stato è soggetto a modificazione, mentre lo stato dei luoghi in questione non era suscettibile di modificazioni in tempi brevi). V. Cass. pen., 16 gennaio 1996, Conti ed a., in Arch. n. proc. pen., 1996, 637.
115 La differenza tra l’obbligo di avviso nell’art. 360 c.p.p e il non obbligo nell’art. 359 c.p.p., è stata sottoposta al vaglio della Suprema Corte sotto il profilo della possibile illegittimità costituzionale dell’art.
359 c.p.p. per violazione dell’art. 111 Cost., proprio perché non consente al soggetto sottoposto alle indagini di partecipare ad ogni accertamento effettuato che lo possa riguardare. «La relativa questione, però, è stata dichiarata manifestamente infondata sul rilievo che l’istituto processuale previsto dall’art. 359 c.p.p. non costituisce momento di formazione della prova vera e propria, al contrario dell’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.p.». Così ci dice CONTE-LOFORTI, Gli accertamenti tecnici nel processo penale, Milano, 2006, 80.
Dunque il fatto che non sia prevista la necessità di alcun avviso all’indagato e al suo difensore, e che quindi il contraddittorio sia, eventualmente, differito, è corrispondente a logica e perfettamente compatibile con il diritto di difesa, come sostenuto anche dalla Corte di Cassazione, Cass. pen., Sez. V, 1 giugno 2000, Brunello «é manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 359 c.p.p., (con riferimento all’art. 111 della Costituzione), nella parte in cui non prevede la spedizione di avvisi all’indagato