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La nomina del consulente tecnico è facoltà di esclusiva pertinenza dell’organo dell’accusa, trattandosi essenzialmente di una attività investigativa di parte, rispetto

alla quale l’acquisizione di un parere specialistico è soltanto strumentale all’approfondimento conoscitivo del tema di indagine

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. È in questi ambiti che si colloca, appunto, il potere del pubblico ministero di avvalersi di propri consulenti per l’espletamento dei vari accertamenti, i quali vengono suddivisi in tre diverse categorie

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, tra loro distinte per requisiti e criteri di utilizzo: una endoperitale

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ex

particolare, essendosi richiesta al consulente la creazione di una banca informatica dei dati d’indagine raccolti a proposito di contratti assicurativi e la individuazione di elementi di anomalia per una parte tra essi, il tribunale aveva ritenuto che tale seconda porzione dell’attività non costituisce l’oggetto di una consulenza tecnica.

120 È indubbio che il contributo tecnico ha subìto un notevole mutamento di valenza: da un sistema che prevedeva quale unico veicolo di conoscenze specialistiche la sola figura del perito, intesa quale strumento di integrazione della cognizione del giudice, mentre il consulente di parte, o meglio della difesa, era considerato

“quasi una graziosa concessione”, si è passati ad un sistema in cui la maggior parte degli apporti specialistici, variegati e diversificati nella quantità nonché nella qualità dei loro contributi, è offerta dai consulenti tecnici.

Tale mutamento, consono ad un impianto processuale di stampo accusatorio che attribuisce l'iniziativa probatoria alle parti, ha senza dubbio il suo momento culminante là dove prevede che pubblico ministero e parti private possano servirsi della collaborazione tecnico-scientifica anche a prescindere dall’espletamento della perizia. Non bisogna, inoltre, dimenticare, coma la consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari non abbia valore di prova e non possa essere equiparata alla perizia, costituendo una semplice attività di parte. Così ci ricorda POGGI-CAVALERA, Gli accertamenti tecnici, cit., 350.

121 Questa classificazione è stata adottata per la prima volta da AMODIO, Perizia e consulenza tecnica nel quadro probatorio del nuovo processo penale, in Cass. pen., 1989, 171 e, successivamente, utilizzata dalla totalità degli studiosi, fra i quali, oltre a quelli precedentemente citati, CREMONESI, Natura giuridica e funzioni del consulente tecnico, cit., 238.

122 Questo tipo di consulenza viene così definita perché correlata all’esecuzione di una perizia. Quest’ultimo concetto merita un approfondimento. La perizia consiste in quel particolare procedimento, che consente al giudice di avvalersi di un ausiliario tecnico (il perito, appunto), quando occorra svolgere indagini e acquisire dati o valutazioni che richiedano specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche. Ha la duplice natura di mezzo di prova e di mezzo di valutazione della prova. La perizia adempie a tre funzioni che richiedono, per essere esercitate, speciali conoscenze: 1) svolger indagini per acquisire dati probatori; 2) acquisire gli stessi dati selezionandoli e interpretandoli; 3) acquisire valutazioni sui dati assunti (art. 220 comma 1, c.p.p.). Per completare, come ci riporta AMODIO, Perizia e consulenza tecnica, cit., 172, «è vero che l’art. 224 c.p.p. ci dice che la perizia può essere disposta anche d’ufficio, ma al di là di questa previsione che ha un carattere eventuale e residuale, è innegabile che nella fase anteriore al dibattimento la perizia la possono chiedere solo le parti, perché nelle indagini preliminari non esiste un giudice istruttore, non esiste un giudice che ha un fascicolo e può dire: “A questo punto io ho bisogno di sapere come è stata la dinamica di quel fatto”. Il G.i.p. deve attendere che le parti vadano a sollecitarlo per l’emanazione di certi provvedimenti

art. 225 c.p.p.

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, una extraperitale

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ex art. 233 c.p.p., ed una a sé stante ossia procedimentale, distinta dalle prime due figure, ovvero l’accertamento tecnico non ripetibile, ex art. 360 c.p.p

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. Dal punto di vista operativo, l’art. 359 c.p.p. potrebbe rappresentare una specificazione di quanto previsto dall’art. 233 c.p.p.

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, ma a veder bene la finalità che esse perseguono è ben differente

127

. Infatti, sebbene dalla

e quindi nella fase anteriore al dibattimento la perizia nasce nell’incidente probatorio, quando le parti la chiedono, là dove ci sono i presupposti: non è ammessa infatti qualsiasi perizia, ma soltanto quella che investe cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazioni non evitabili».

123 Secondo cui: «Disposta la perizia, il pubblico ministero e le parti private hanno facoltà di nominare propri consulenti tecnici in numero non superiore, per ciascuna parte, a quello dei periti».

124 La consulenza extraperitale è disciplinata dall’art. 233 c.p.p., secondo il quale anche «quando non sia stata disposta perizia, ciascuna parte può nominare, in numero non superiore a due, propri consulenti tecnici, i quali possono esporre al giudice il proprio parere, anche presentando memorie a norma dell’art. 121»

(memorie e richieste che le parti possono presentare in ogni stato e grado del procedimento). Le parti quindi, quando hanno interesse a provare un fatto in campo tecnico o scientifico utile ai fini della causa, hanno la facoltà di nominare propri esperti che espongano il loro parere al giudice. Nell’espletamento del loro incarico questi consulenti possono essere, altresì, sentiti dal giudice nell’udienza preliminare, ex art. 422 c.p.p.

ovvero esaminati dalle parti in dibattimento, ex art. 501 c.p.p. (si assiste, infatti, ad una doppia possibilità di escussione del consulente tecnico il quale potrà essere chiamato ad esporre le proprie conclusioni davanti al giudice, ora sottoponendosi all’esame incrociato nel dibattimento, ora venendo escusso direttamente dal magistrato nell’udienza preliminare). Il consulente tecnico individuato dall’art. 233, comma 1, c.p.p., quindi, è quello che il pubblico ministero può nominare nella fase processuale, allo scopo di far esporre al giudice valutazioni che richiedano specifiche competenze tecniche o scientifiche o artistiche. Nella previsione di tale tipo di consulenza, il Legislatore ha omesso di indicare esplicitamente l’oggetto dell’attività degli esperti.

Nonostante la lacuna, è opinione consolidata che i presupposti cui è condizionata la nomina dei consulenti extraperitali vadano individuati con riferimento a quelli che l’art. 220 c.p.p. fissa per la perizia, in virtù del rapporto di alternatività tra i due istituti: ciò si evince dall'espressione «quando non è stata disposta perizia»

di cui all’art. 233 c.p.p., da intendersi come attribuzione alle parti del potere di avvalersi di propri consulenti anche quando la perizia non solo non sia stata concessa, ma neppure richiesta.

125 Mentre non paiono esservi dubbi sulla distinzione fra consulenza preprocessuale, ex art. 359 c.p.p., e consulenza endoperitale, assai controverso è il rapporto fra la prima e la consulenza extraperitale. Così ci spiega NAPPI, Guida al codice, cit., 293. Secondo un’impostazione, fra la consulenza preprocessuale e quella extraperitale non sarebbero configurabili distinzioni in ordine all’oggetto che, infatti, sarebbe perfettamente sovrapponibile. Tale conclusione é avallata dalla diffusa convertibilità della consulenza ex art.

359 c.p.p. in consulenza extraperitale ex art. 233 c.p.p. che si realizza in tutti quei casi in cui lo stesso soggetto, che ha svolto attività di consulenza in fase di indagini, ex art. 359 c.p.p., assume poi anche veste di consulente del pubblico ministero nella fase del giudizio, con conseguente trasferimento in tale fase delle stesse risultanze tecniche già conseguite in corso di indagine (BIELLI, Periti e consulenti, cit., 68).

126 IADECOLA, Perizia e consulenza tecnica, in Trattato di medicina legale e scienze affini, coord. da Giusti, Padova, V, 1999, 923, sottolinea come peraltro «v’è un significativo elemento che accomuna le due figure di consulente in esame: anche l’apporto tecnico del consulente del pubblico ministero, può divenire elemento di prova nel processo mediante la medesima modalità processuale del ricordato sistema dell’esame e del controesame di cui all’art. 501 c.p.p.».

127 Come ci illumina IADECOLA, Perizia e consulenza tecnica, cit., 922, «mentre l’art. 233 c.p.p. compare nella fase processuale vera e propria ed entra in contatto diretto con il giudice, al quale espone, per l’uso che vorrà farne, le proprie valutazioni specialistiche, l’art. 359 c.p.p. interviene ad esclusivo supporto del pubblico ministero impegnato nella fase delle indagini preliminari. Ma v’è, inoltre, una differenza di oggetto nei contributi stessi dei due soggetti, perché il consulente di cui all’art. 233 c.p.p. limita la propria attività

Relazione al progetto preliminare al c.p.p. sembri emergere una mera funzione sollecitatoria della consulenza nei confronti del giudice, in realtà la norma consente alle parti, qualora sia opportuno risolvere quesiti di natura tecnica, la scelta di ricorrere a propri consulenti anziché chiedere la nomina di un perito

128

.

Sicché, tornando al discorso, i due tipi di consulenza hanno funzioni e discipline ben distinte

129

: la consulenza tecnica ex art. 359 c.p.p., al contrario di quella dell’art. 360

alla manifestazione di pareri e valutazioni tecniche (come si evince dalla lettura della Relazione al progetto preliminare al c.p.p., cit., 35, la possibilità di usufruire dei consulenti tecnici previsti dall’art. 233 c.p.p. va circoscritta all’esigenza di «svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche».). Mentre, laddove il consulente cui il pubblico ministero ricorre ex art. 359 c.p.p., può altresì compiere indagini ed acquisire dati, alla presenza o per conto dello stesso pubblico ministero». Ancora CREMONESI, Natura giuridica e funzioni del consulente tecnico, cit., 249, ci dice come il consulente tecnico del pubblico ministero ben possa esprimere considerazioni sulle operazioni compiute, soprattutto per rendere comprensibile alla persona che l’ha nominato il dato materiale e il risultato dell’accertamento. Ma detta attività aggiuntiva rientra nella norma dell’art. 359 c.p.p. o, meglio ancora, nell’art. 233 c.p.p., non costituendo un mezzo di prova, essendo una consulenza, come quella espressa dal consulente della difesa dell’imputato o della altre parti private. Ma a guardar bene, NAPPI, Guida al codice, cit., 205 ss., nota come anche il consulente del pubblico ministero nominato ex art. 359 c.p.p., come quello previsto dall’art. 233 c.p.p., intervenga senza che sia stata disposta perizia e svolga un’attività non destinata a essere utilizzata come prova in dibattimento. Egli, tuttavia, non limita la propria attività alla manifestazione di pareri e valutazioni tecniche, ma può compiere indagini e acquisire dati, alla presenza o per conto del pubblico ministero. Queste operazioni sperimentali potranno valere come prova, se le parti opteranno per l’alternativa inquisitoria. Nel caso del consulente nominato ex art. 233 c.p.p., pertanto, è la natura dell’attività espletata che ne esclude la destinazione all’acquisizione della prova, mentre nel caso del consulente nominato ex art. 359 c.p.p. è il principio di separazione funzionale delle fasi a escludere che l’attività espletata possa valere come prova nella fase accusatoria del processo. Sicché i due tipi di consulenza hanno funzioni e discipline ben distinte. La memoria del consulente nominato ai sensi dell’art.

233 c.p.p., essendo destinata a comunicare soltanto conoscenze generiche, può essere presentata direttamente al giudice, mentre la relazione scritta, eventualmente redatta dal consulente nominato ex art. 359 c.p.p., invece, dovrà essere inserita nel fascicolo del pubblico ministero e potrà essere acquisita dal giudice soltanto nel corso dell’esame dibattimentale del consulente, a norma dell’art. 501 c.p.p.

128 Come si legge dalla stessa Relazione al progetto preliminare c.p.p., cit., 35, «nuova è la figura prevista dall’art. 233, che non presuppone la previa nomina del perito ed è intesa a realizzare l’esigenza che ciascuna delle parti, quindi anche il pubblico ministero, possa avvalersi di un contributo esterno per l’impostazione e la soluzione di quesiti tecnici», e ciò «nella prospettiva di una protezione di tale contributo nel processo, soprattutto per sottoporre al giudice pareri qualificati idonei ad indurlo a valutare la convenienza di disporre perizia».

129 Va da sé, alla luce di quanto esposto, che l’apporto conoscitivo degli esperti dipenderà dalla elasticità o dal rigore con cui i presupposti di cui all’art. 220 c.p.p. saranno interpretati. Accanto ad una attività di carattere esplorativo, cui è strettamente correlata quella di rilevamento di dati oggettivi, al consulente può essere demandata una vera e propria attività di valutazione. È stato dato riconoscimento normativo all'opinione di chi distingueva tra attività “percipiente” e attività “deducente”: l’operato del consulente può, quindi, tradursi in un mero rilevamento di dati implicanti il possesso di nozioni tecniche, oppure in una valutazione di dati già acquisiti alla stregua di principi tecnico-scientifici, o ancora, ed è l’ipotesi più frequente, in un accertamento tecnico o scientifico in senso stretto che coniuga un momento percettivo e un momento valutativo. Si tratta di attività cui di norma sono istituzionalmente deputati i soggetti del processo:

allo svolgimento di indagini, nonché al rilevamento di dati procedono generalmente le parti; alla

c.p.p., non costituisce una perizia, intesa come mezzo di prova, eseguita nelle indagini preliminari

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. In conclusione, non si devono sottovalutare due importanti profili, strettamente connessi: il primo concerne la controllabilità di operazioni tecniche poste in essere durante le indagini; il secondo, il valore che tali accertamenti, anche se ripetibili, esplicano sia nel senso di indirizzare le investigazioni verso una certa prospettiva piuttosto che un’altra, sia nel dare, talvolta, fondamento a ordinanze di custodia cautelare a carico dell’indagato

131

.

Connesso con il tema dei consulenti tecnici del pubblico ministero è il tema trattato dall’art. 360 del codice

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, in materia di accertamenti tecnici non ripetibili, il quale, stabilisce una disciplina a se stante allorché l’accertamento compiuto ex art. 359

formulazione di valutazioni critiche provvede il giudice. È la qualificazione di queste attività come tecniche, scientifiche o artistiche che dovrebbe evitare che le funzioni demandate ai consulenti si sovrappongano, invadendolo, all'ambito operativo di altri soggetti processuali.

130 «In sostanza, la norma dell’art. 359 c.p.p., avente carattere generale, si limita a stabilire che il pubblico ministero si può avvalere di assistenti tecnici, ogni volta che deve procedere ad accertamenti tecnici, a rilievi segnaletici, fotografici, senza che assumino alcun valore di prova, costituendo semplice attività di parte. Che si tratta solo di rilievi, di operazioni e di accertamenti tecnici, utilizzabili come atti interni dell’ufficio del pubblico ministero, è evidenziato oltre che dal collegamento sintattico con l’espressione immediatamente successiva, («ogni altra operazione tecnica»), ma anche dal contenuto del disposto normativo dell’art. 360, comma 1, c.p.p., che denomina accertamenti tecnici quelli dell’art. 359 c.p.p., indicando, poi, nell’art. 360, comma 4, c.p.p., quelli non ripetibili eventualmente da assoggettare a perizia». Così la pensa CREMONESI, Natura giuridica e funzioni del consulente tecnico, cit., 246.

131 MONTAGNA, Accertamenti tecnici, cit., 71.

132 DEAN, Consulenza tecnica, in Dig. disc. pen., VI, Torino, 1990, 517, ritiene che, stante l’affinità funzionale tra questa figura di consulenza tecnica e la perizia, sia lecito sostenere che agli esperti officiati dalle parti private competono poteri e facoltà analoghi a quelli della consulenza ex art 233 c.p.p. L’autore ritiene, inoltre, che per quanto l’art. 360 c.p.p. si limiti ad attribuire ai consulenti tecnici delle parti private soltanto il diritto di assistere al conferimento dell’incarico, di partecipare agli accertamenti e di formulare osservazioni e riserve, l’ausilio della difesa debba essere interpellato per la formulazione di quesiti e possa proporre direttamente ai consulenti del pubblico ministero le specifiche indagini da compiere nel corso delle osservazioni, sottolineando come allo stesso soggetto vada anche riconosciuta la facoltà di assistere a singoli atti di indagine in tutti i casi in cui analoga autorizzazione sia stata concessa al consulente tecnico del pubblico ministero. L’autore ritiene, infine, non ammissibile una diversa e restrittiva interpretazione dell’art.

360 c.p.p., tesa a circoscrivere i poteri e le facoltà spettanti ai consulenti tecnici delle parti private in ragione del tenore letterale della norma, sulla base della considerazione che, nel verificarsi di tali circostanze, la persona sottoposta alle indagini finirebbe con l’avvalersi sistematicamente di quel diritto di veto, consistente nella facoltà di promuovere incidente probatorio. Auspica inoltre l’autore che vengano superate le lacune della norma in esame, integrandone i contenuti in via interpretativa con tutte quelle disposizioni che disciplinano l’attività del consulente tecnico della difesa nell’ambito dell’indagine peritale. Concorde a questa tesi anche TURCO, Il consulente tecnico della parte, ex articolo 233 c.p.p. nel dibattimento, in Arch.

nuova proc. pen., 1993, 485.

c.p.p. sia irripetibile, in quanto riguardi persone, cose o luoghi il cui stato sia soggetto a modificazione

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, o perché sia lo stesso accertamento a determinare modificazioni tali da rendere l’atto irripetibile ex art. 117 c.p.p.

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.

Appare chiaro, come abbiamo visto in precedenza, che non esiste una definizione

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