Sommario: 4.1 Panoramica sull’attività della polizia giudiziaria - 4.2 Accertamenti urgenti ex art. 354 c.p.p. - 4.3 Accertamenti volti all’identificazione dell’indagato ex art. 349 c.p.p. - 4.4 Accertamenti tecnici delegabili ex art. 370 c.p.p. e le relative garanzie difensive.
4.1 Panoramica sull’attività della polizia giudiziaria
324 La giurisprudenza della Suprema Corte, in vero, ha spesso seguito le modifiche legislative, e alcune volte le ha precedute: da una parte si era ancora dell’idea che «le indagini difensive possono essere finalizzate alla sollecitazione dell’attività investigativa del pubblico ministero ovvero alla richiesta di incidente probatorio, mentre è esclusa una loro diretta utilizzabilità per le decisioni del giudice; tale interpretazione è confermata dal tenore letterale dell’art. 38 disp. att. c.p.p. oltre che dalla ratio del sistema processuale che, attraverso l’art. 348 c.p.p., attribuisce esclusivamente alla polizia giudiziaria il compito di procedere all’assicurazione delle fonti di prova, e, attraverso l’art. 358 c.p.p., attribuisce esclusivamente al pubblico ministero il compito di compiere ogni attività necessaria ai fini dell’esercizio dell’azione penale e di svolgere accertamenti su fatti o circostanze a favore dell’indagato»; mentre dall’altra parte, precedente alla novella, si statuiva che: «Il risultato delle indagini difensive è utilizzabile allo stesso modo di quello degli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero». Purtroppo, non si può dire la stessa cosa della giurisprudenza di merito che rimane persuasa della mancanza di attendibilità del difensore poiché quest’ultimo tenderebbe all’affermazione delle proprie ragioni, e non all’accertamento della verità. Altro ostacolo all’attività investigativa, inoltre, è proprio l’avvocatura: la mancanza di un’esaustiva disciplina sui poteri investigativi, la permanenza degli indubbi rischi legati al favoreggiamento, la carenza di risorse economiche e il persistere dell’indisponibilità, al contrario dell’Accusa, dei mezzi dello Stato nel compimento delle indagini, è tuttora sufficiente a scoraggiare l’avvocato dal compiere le indagini difensive per il proprio assistito. Nella società odierna, poi, è assente una cultura dell’investigatore privato: ciò implica che spesso la gente nutre riserve mentali sugli effettivi poteri dell’avvocato ed ingenera la comune ed inspiegabile paura di commettere reato nel rilasciare dichiarazioni a chi non appare legittimato a farlo. In ultima analisi, si auspica più impegno in capo agli avvocati nell’effettuare le indagini difensive e maggiore apertura della magistratura nel riconoscere a tale attività il dovuto valore; solo così facendo e con il decorso del tempo si riuscirà a stabilire anche in Italia l’effettivo right to private investigation.
In ultima analisi, appare logico esaminare l’attività della polizia giudiziaria in riferimento all’argomento oggetto d’esame. Abbiamo già considerato l’attività del pubblico ministero in relazione agli accertamenti tecnici
325, ed è importante correlarla all’attività svolta dalla polizia giudiziaria, poiché spesso sono imprescindibili le une dalle altre e ne assumono una connessione di fatto
326. Il codice di procedura penale inserisce la polizia giudiziaria fra i soggetti del procedimento. Si tratta di una scelta sistematica che evidenzia lo stretto rapporto della polizia giudiziaria con l’ufficio del pubblico ministero e la centralità dei compiti ad essa affidati nelle delicate fasi dell’avvio del procedimento penale. In estrema sintesi si mostrano i compiti della polizia giudiziaria ex art. 55 c.p.p.: prendere notizia dei reati
327, impedire che i reati
325 Cui si rimanda al Capitolo 2.
326 Come recita l’art. 326 c.p.p., in vista del giudizio, il pubblico ministero e la polizia giudiziaria «svolgono, nell’ambito delle rispettive attribuzioni, le indagini necessarie». Si delinea subito la duplice fisionomia del ruolo riservato alla polizia giudiziaria: se lo scopo ultimo dell’inchiesta rimane la decisione in ordine all’azione penale, e se il titolare dell’azione penale è il magistrato del pubblico ministero, allora questi sarà anche dominus dell’investigazione. Peraltro, alla polizia giudiziaria non si riconosce soltanto un ruolo ancillare rispetto al pubblico ministero: al contrario, l’esame dell’evoluzione legislativa sui rispettivi spazi d’azione all’interno della fase preliminare ne conferma un progressivo ampliamento dei poteri. Certamente, alle funzioni comuni a essa riservate, quali il prendere anche di propria iniziativa, «notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro posa servire per l’applicazione della legge penale» (art. 55, comma 1, c.p.p.), non può non sovrintendere il pubblico ministero, il quale, a norma dell’art. 327 c.p.p., «dirige le indagini e dispone direttamente della polizia giudiziaria». Lo stretto legame che così viene a instaurarsi a livello organizzativo e operativo tra autorità giudiziaria cioè pubblico ministero e appartenenti alle forze dell’ordine ai quali siano riconosciuti compiti di polizia giudiziaria non si traduce, pertanto, in una forma di
“sudditanza” della polizia dal pubblico ministero, quanto più in un sistema di stretta collaborazione pratica.
Per citare la giurisprudenza Cass. pen., Sez. I, 4 maggio 1994, Ferraro, in Cass. pen., 1997, 445, questa stabilisce che la polizia giudiziaria, sulla base del coordinamenti degli artt. 55 e 348, comma 2, c.p.p., ha un potere autonomo in ordine all’attività diretta all’assicurazione delle fonti di prova, prima e dopo l’intervento del magistrato, essendo vietato soltanto il compimento di atti eventualmente in contrasto con le direttive del pubblico ministero.
327 La polizia giudiziaria ha il dovere di informarsi sui reati già commessi o in atto. Deve, dunque, adoperarsi nella ricerca di informazioni, non solo attingendole da fonte esterna ma anche di propria iniziativa e in via del tutto autonoma ed indipendentemente dalla volontà delle eventuali parti lese o soggetti in qualche modo interessati in via diretta o mediata. Fino a quando il pubblico ministero non assume la direzione delle indagini, la polizia giudiziaria deve continuare la propria attività col solo obbligo di mantenere informato il magistrato.
vengano portati a conseguenze ulteriori
328, ricercare gli autori dei reati
329, ed infine assicurare le fonti di prova
330. La fisionomia del processo penale accusatorio, salvo ipotesi tassativamente previste, impedisce alla polizia giudiziaria la possibilità di formare e raccogliere le prove. Nonostante ciò, la necessità di fruire di un panorama probatorio sempre più completo per le determinazioni inerenti l’azione penale, ha portato a dei temperamenti, all’assolutizzazione del dibattimento quale luogo deputato alla formazione della prova, ampliando la categoria degli atti di polizia giudiziaria
331. Non sempre puntuale appare la tipologia e l’estensione dei poteri della polizia giudiziaria. E proprio perché tali poteri rischiano di attingere la libertà
328 La polizia giudiziaria deve evitare la consumazione dell'evento lesivo; se il reato è in via di consumazione deve interromperne la consumazione; se esso è già stato consumato deve tentare di ripristinare lo status quo ante a favore della parte lesa.
329 Di propria iniziativa o su ordine del pubblico ministero.
330 La polizia giudiziaria deve individuare ed assicurare le fonti di prova mediante la raccolta di sommarie informazioni, perquisizioni, accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone, sequestri, rilievi fotografici (...).
331 Sempre GIUNCHEDI, Gli accertamenti tecnici, cit., 41, ci dice che «questa mutata fisionomia è legata anche a un fattore culturale, strettamente connesso all’evolversi delle tecnologie che permettono risultati sempre più produttivi, soprattutto quando e laddove sia possibile operare con tempestività l’accertamento».
Anche JACOBAZZI, Appunti di tecnica di polizia giudiziaria, estratto da www.comune.santamarinella.rm.it, 2004, ci spiega che «l’attività della polizia giudiziaria, è andata evolvendosi nel corso degli anni, per l’avvenuta modifica dell’ordinamento processuale italiano che ha visto il passaggio dal rito inquisitorio a quello accusatorio con l’introduzione del nuovo codice di procedura penale nel 1989 e con le successive modificazioni intervenute per assicurare la parità dei diritti sia all’accusa che alla difesa. Abbiamo assistito all’evolversi del ruolo della polizia giudiziaria, che secondo alcuni sarebbe ancora troppo succube del pubblico ministero, mentre per altri eccessivamente disinvolto nell’esercizio delle proprie funzioni, ma un aspetto peculiare è emerso da una lettura attenta delle riforme costituzionali e normative e cioè che la polizia giudiziaria e il pubblico ministero, improntano le proprie funzioni per ricercare le fonti di prova da produrre avanti al Giudice. Quest’ultimo, in una posizione di terzietà, sarà l’unico a valutarne il carattere probatorio trasformandole in prove vere e proprie, sia che queste siano a carico dell’indagato, che a favore dello stesso.
Assistiamo ad un ribaltamento delle precedenti attività svolte dagli investigatori, oggi orientate definitivamente alla ricerca della verità, con l’uso dell’investigazione che dovrà verificare e dimostrare i fatti attraverso quella che la scienza definisce “la dimostrazione empirica della verità” cioè il fenomeno delittuoso verificato, dimostrato a carico di quello o quel soggetto. Da ciò consegue che l’attività investigativa non dovrà basarsi su teoremi accusatori, che se non dimostrabili in sede dibattimentale faranno crollare i procedimenti e soprattutto costituiranno una dispersione di risorse umane ed economiche che di fatto vanificano l’azione e il lavoro svolto dagli investigatori. Ancor più oggi che, con la possibilità da parte dei difensori di svolgere “investigazioni difensive” attraverso investigatori privati, sul modello statunitense, la polizia giudiziaria deve aumentare le proprie capacità critiche sul proprio operato, che, viene sottoposto ad una sorta di “radiografia” in sede di dibattimento e necessariamente, analizzato, scomposto e segmentato al fine di trovare i “buchi neri” che qualsiasi inchiesta condotta con superficialità e scarsa scientificità mette in luce».