L'ECONOMISTA
GAZZETTA. S E T T I MANA L E
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE. INTERESSI PRIVATI
Anno III - Yol. V
Domenica 27 febbraio 1876
N. 95
ili, durarne solamente i! giorno, vi sarebbe un ro
TENTATIVI DI COLONIE
E NUOVA COLONIA PENALE IN SARDEGNA
('Continuazione e fine v. n. 94)
Punire colonizzando, ecco quale pare sia stato il concetto di codesta nuova intrapresa. Concetto ab bastanza complesso per se stesso; ma decisamente antinómico nei suoi termini, lorchè i coloni debbano essere galeotti, o colpevoli di crimine, come li ap pelliamo finora col.tecnicismo del codice penale sardo. Imperocché, a mio avviso, prevalendo lo scopo della pena come primario, cesserebbe 1’ altro del coloniz zare ;o volendosi primario questo, scomparirebbe o si attenuerebbe di moltissimo 1’ altro.
Il lavoro forzato infine, o non è lavoro si vera mente forzato, e non si colonizza ; oppure, coloniz zandosi efficacemente, si mencherà quanto meno al- 1’ indole ed allo scopo della pena, che si volle inflitta. Inoltre, quale specie di pena criminale dovrebbesi potere espiare in una colonia agricola impiantata, non già in un’ isola disabitata e posta fuori del Regno, ma accanto e fra popolazioni libere del regno stesso ? Certamente non la pena dell’ ergastolo, la più severa fra tutte, dopo quella inumana e feroce dell’ ultimo supplizio.
Nel nuovo codice penale 1’ ergastolo è perpetuo, e per i primi dieci anni deve espiarsi in un carcere cellulare per segregazione continua dei condannati.
Deciderà 1’ esperienza se questa non sia una morte più lenta: ma è certo, che prima di quel termine il condannato non è un colono possibile, neppure penale.
Dopo, diranno gli igienisti ed i fisiologi se potrà diventarlo; ma non è al certo la robustezza di un recluso decennale, Che il senatore Pantaleoni riteneva ridotto ad I |6 della forza produttiva naturale, quella che a prima vista parrebbe la meglio adatta a fecon dare i campi col lavoro umano.
L’ ergastolo, dopo il decennio, permette si il la voro in comune ; ma non è detto consenta il lavoro nella campagna, e tanto meno lo dovrebbe nelle con dizioni nelle quali è, o possa diventare il Costiados,
aperto da tutti i lati, compreso il mare, per cui a cingerlo a muro, ovvero a custodirlo con guardie
vi-vinio di spesa e non si sarebbe raggiunto neppure il precipuo scopo oggettivo della pena; cioè una re lativa sicurezza che la società deve avere, che il con dannato, prima del termine dell’ espiazione, non possa sottrarsi facilmente alla medesima.
La reclusione, nel sistema del nuovo codice ha un trattamento analogo alla pena dell’ ergastolo, tranne la perpetuità e la segregazione continua. Essa si sconta in stabilimenti penitenziari, col sistema cellulare di notte e lavoro comune silenzioso di giorno. Ed il co dice si mostrò talmente alieno dal concepire una pos sibile, colonia penale, quale quella del Costiados di
siffatti condannati, che non fu neppure approvato l’ art. 15 del progetto, nel quale, per i paniti con pena di ergastolo o di reclusione meno di dieci anni, si vo leva concedere allo stato la facoltà della deportazione in un’ isola fuori del Mediterraneo : nè questa giam
mai avrebbe potuto essere la Sardegna, che nel m e diterraneo è compresa, seppure avessero i sardi più oltre tollerato che al loro paese dalla nuova Roma non si fossero voluti rendere favori diversi nè mi gliori che non ne avesse resi 1’ antica.
Escluse pertanto le pene dell’ ergastolo e dèlia re clusione, alle altre della relegazione, detenzione e pri gionia non parrebbe piu adatta la nuova colonia.
La relegazione si sconta in un castello o luogo for tificato: la detenzione, a proposta dello stesso ono revole relatore del senato, ebbe esclusa la necessità del lavoro come condizione della pena, la quale col pisce per lo più reati politici e d’ impeto ; la prigio nia vuole case di correzione per lavoro comune di
giorno, con òhe pare vogliansi indicare piu gli opi fici che le colonie agricole: ma fosse pure altrimenti, del Costiados si è voluto fare, non già una colonia
di semplici prigionieri, ma di galeotti.
La qualità speciale della pena non si adatta quindi ad una colonia.
. Ed invero, quali condannati si sono scelti o do vranno scegliersi per la nuova colonia Costiados?
230 L’ ECONOM ISTA 27 febbraio 1876 il lavoro agrario per un condannato al Bagno lo si
consideri come una pena, o come una specie di ri compensa. La scelta però dev’ essere abbastanza diffi cile; che i meno colpevoli od i più prossimi alla espiazione non dovrebbero sottostare ai lavori sempre abbastanza penosi d’ una nuova coltura; mentre i più colpevoli tra i condannati, costerebbe troppo Io esporli in Costiados ai lavori campestri, se la sicu
rezza dev’ essere qualche cosa di serio dopo le cure richieste dalla applicaziane d’ un sistema di pene, e se la civile società ha un qualche diritto ad avere suf ficiente tutela dai malfattori, sacrificando abbastanza per un apparato di forze e di pene.
Ammesso pertanto che la coattiva coltivazione dei
campi fosse pure un altro dei sistemi possibili di colo nizzare, come non credo, il luogo destinato alla at tività forzata del condannato dovrebbe offrire una du plice garanzia, della sicurezza anzitutto che la società ha diritto di pretendere, e della morale espiazione del condannato, cose queste che per le fatte considera zioni parmi non possansi raggiungere nella nuova co lonia penale sarda.
Certamente fra tutti i sistemi possibili sarebbe il meno acconcio di tutti, questo prescelto, supposta l’in tenzione dì volerlo continuare allo scopo di coloniz zare la Sardegna, e supposta nello Stato questa fun zione di più che la scuola di Smith certamente, e probabilmente alcuni dei vincolisti ed autoritari non gli vorrebbero attribuire.
Colonizzare a questo modo vuol dire, non solo spen dere il danaro dai contribuenti erogato pei bisogni della pubblica finanza in scopi estranei alla destina zione imposta dalle necessità della sociale convenienza; ma sarebbe uno spenderli poco produttivamente sotto ogni possibile aspetto.
Ed invero, io posso errare od illudermi, ma il sistema migliore col quale lo Stato potrebbe in Italia far scemare il numero dei reati e dei colpevoli, che osservava un Senatore nella discussione del Codice penale raggiungere una cifra doppia della Francia ed Inghilterra, sarebbe quello d’ impedire, mercè lo sv i luppo d’un relativo benessere della popolazione, la causa più impellente e più comune nel genere spe ciale dei misfatti i quali somministrano pure la cifra più alta nella statistica dei recidivi. Gli sforzi fatti per introdurre dei sistemi penitenziari migliori sono ge nerosi sempre e rivelano la mitezza d’una civiltà progre diente ; ma più generosi ancora sarebbero quegli altri per cui, fosse pure una follia quella del buon En rico Y, una relativa agiatezza potesse diffondersi nelle masse d’ Italia, per effetto di un proficuo lavoro li bero, ciò che risparmierebbe di molto le condanne al lavoro forzato. Bisognerebbe potersi convincere quanto la pubblica sicurezza si avvantaggi di ogni progresso della pubblica ricchezza per rintracciare molti rimedi ai mali della sicurezza pubblica, più nei
possibili provvedimenti del Ministero delle finanze, anziché sulle specie e qualità di pene studiate contro i colpevoli dalle indefesse cure del Ministero della Giustizia.
A parte ciò, un vizio radicale deve in questa spe cie di colonie consistere nelle difficoltà finanziarie ed amministrative, cui fa sottostare il loro più o meno precoce sviluppo. Si doti pure la colonia di Costia- dos di buone stalle e cascine, vi avrà sempre d a c
canto le caserme e le guardie, una spesa generale, che un imprenditore comune non porrà nel suo conto di dare. Produca frumento, formaggi, lane, grassu.
mi ecc. questi prodotti non basteranno ai suoi pretesi coloni, ai quali deve fornire una alimentazione più forte e ricercata, oltre una rimunerazione in danaro, non foss’altro per titolo d’incoraggiamento. Fatti bene i conti, sono certo che non tornano ; e mi persuado che i coloni avrebbero resa più utile l’opera loro per l’amministrazione e per le proprie m asse lavo
rando a produrre e trasportare il sale dalla Compa delle saline di Cagliari, la quale reclama continua- mente perchè, contro patti stipulati, lo Stato non la fornisce abbastanza di braccia dei reclusi nel Bagno.
Si vorrebbe forse con la nuova colonia raggiun gere uno scopo più umanitario ed esteso, quello, cioè di convertire i Sardi ai buoni sistemi di coltivazione, o di coltivare plaghe che si crederebbero erronea mente abbandonate? In questo caso, mi aspetterei che anche il meno intelligente dei nostri contadini accerterebbe di potere e volere fare altrettanto, se potesse disporre d’una quantità di braccia senza ri munerazione, o con pochissima, o se avesse facoltà di attingere i mezzi nella fonte inesausta del bilan cio attivo dello Stato, come l’amministrazione delle carceri può fare.
27 febbraio 1876 L’ ECONOM ISTA 231 canizie, un peculio così largo che lo sottragga dallo
accrescere la cifra dei recidivi dopo scontata la pena del primo misfatto? Quale frazione del suolo gli as segneranno in proprietà?
Nessuna; nessuna speciale e libera rimunerazione: nessun vero salario misurato sulla quantità e qua lità del lavoro o sul valore del prodotto. Se fosse altrimenti, non si parlerebbe di un Bagno penale : ma essendo così, l’opera del condannato sarà svogliata ed indifferente, ed il nuovo Bagno Colonia avrà tutti i difetti d’un’ antica piantagione del Sud-Am e- rica col verme roditore del lavoro schiavo e senza migliorare certamente plaghe deserte della Sardegna come un onorevole deputato poteva desiderare.
Che se per ipotesi i terreni colonizzabili volessero assegnarsi ai condannati riabilitati ; se la casa-madre dovesse costituire il nucleo di una popolazione da sorgere di forzati rigenerati, le caserme le costru zioni relative, tutto quello che è Bagno non sarebbe che una spesa sprecata. Lieta sempre la Società di accogliere questi figli prodighi ritornati nel suo Seno, non si potrebbe negare che la loro resipiscenza co sterebbe un po’ troppo di sacrifici ai contribuenti che non fossero stati altrettanti prodighi.
Non saprei infine se la Sardegna preferisse di molto questa cultura dei suoi terreni gerbidi diven tando una Cajenna del Mediterraneo, ciò che finora se mai si fosse immaginato da alcuno, non si è osato certamente di esprimere.
Espresso, solleverebbe qualche discussione, anche a parte ogni sentimento rispettabile di dignità e di sicurezza, perchè nè in pratica, nè in teoria è riso luto il problema che il lavoro delle carceri se può in qualche modo migliorare il condannato strappato ai vizi dell’ozio, non produca danno al lavoro libero, colla concorrenza di prezzi inferiori alla misura-li mite (linguaggio nuovo) che il costo di riproduzione segna alle identiche opere nel seno della Società civile. L’onorevole Michelini nella discussione del bilancio passivo (febbraio 187 5 ) riteneva come risoluto que sto problema ; ma altra volta, 18 anni prima, egli ebbe a competitore in una analoga discussione il com pianto Valerio, nella Camera subalpina, e si fu ben lungi dallo avere risposto alle obbiezioni pratiche
di quest’ultimo.
Ne possiamo discorrere in Sardegna, perchè ne abbiamo esempi pratici, che è quanto dire l’esperienza cui di frequenza ci si richiama dalla scuola così detta
« sperimentale ».
L’osservaziane qui si potrebbe rivolgere a tutti i lavori di ebanisteria. Avevamo dei buoni operai sti pettai, ma migliori ancora ne aveva Sassari, ove, non so perchè, ci fu gara di apprendere il mestiere spesso in buone fabbriche di Francia, ove i migliori ebanisti erano stati per alcuni anni. Ora questi buoni operai e fabbricanti sardi sono in grande numero
scomparsi. Per quanto è d’arredi e mobilio, l’opera del falegname sardo è sostituita in massima parte dal recluso continentale, fornendosi i nostri negozianti di mobilio in massima parte dai depositi delle pri gioni. A questa concorrenza, molesta per alcuni me stieri a chi produce, verrebbesi ad aggiungere quella dei lavori agrari, per cui i prodotti della nostra agri coltura, ormai abbastanza misera, dovessero misurarsi nel mercato dal costo di quelli ottenuti col sussidio del bilancio dello Stato. Così inteso, resterebbe che i coltivatori Sardi domandassero a loro favore un sistema di dazi compensativi verso lo Stato, per ri
munerarli del danno che lo Stato loro produrrebbe coi suoi stabilimenti di pena moltiplicati per tutte le plaghe deserte della Sardegna.
So bene che il sole, come si espresse nella Camera 10 stesso on. Michelini, fa concorrenza ai fabbricatori di candele, di lampade e di gas, siccome i carcerati potrebbero fare concorrenza agli operai liberi. Ma fissandoci a quest’esempio, e quantunque gli esempi non siano ragioni, il sole non crea anzitutto una con correnza vera, perchè le candele, le lampade ed il gas si provvedono e si comprano per supplire al difetto della benefica luce del sole; ed inoltre il sole ci dispensa colla sua luce una materia attinta nel campo delle cose d’un’utilità illimitata, inappropriata, mentre le carceri ci dispensano prodotti attinti in massima parte ad un campo già appropriatosi, dallo Stato, quale è la borsa dei contribuenti, che si fa con correre al buon prezzo di quei prodotti; epperò, il paragone non regge.
Favorire il lavoro degli stabilimenti penali, perchè si aumentino i prodotti, ed i consumatori possano soddisfare ad un maggior numero di bisogni è pure un sofisma da principianti, non meno confutabile del precedente. È un problema considerato da un solo aspetto: e se la deduzione fosse un assioma, la con seguenza da trarne sarebbe questa: che costituen dosi un gran carcere con moltissimi prigionieri, il di cui lavoro potesse bastare a tutti gli svariati bisogni dei consumatori, costoro vi otterrebbero un guadagno pagando i prodotti consumabili per un prezzo m i nore; senza considerare però che questi consumatori, al tempo stesso altrettanti contribuenti, devono poi sopperire alle spese per il mantenimento dei carcerati, dei guardiani, e peggio di chi amministra, e di tutto 11 congegno che fa lavorare gli urli e gli altri !
232
umanitari, sempre lodevoli; ma non si sta nel campo d’una vera discussione economica, ove i criteri della carità e della beneficenza, sono diversi e distinti da quelli degli interessi sia sugli individui, che nella collettività di essi, rappresentata dallo Stato.
P anni perciò un desiderio abbastanza legittimo quello di vedere una questione siffatta ampiamente discussa nel Parlamento, ove, se non fanno difetto certamente gl’impeti dell’entusiasmo, o gli slanci del cuore, sonvi però menti calme e riflessive che discu tono guidate dallo intelletto, e non respingono i prin cipi ragionevoli solo perchè sono fondati sulla diuturna esperienza dell’antica economia. Quindi il Ministero dell’interno farebbe opera molto lodevole se scio gliendo la riserva da lui fatta nella discussione del bilancio, presentasse allo studio della Camera un pro getto su queste colonie agricole penali per i condan nati al bagno, facendosi d are, ove occorresse, un bill di indennità per la spesa erogata finora sulla nuova colonia di Sardegna, perchè, eretta dopo l’ago sto 1873, e quindi dopo il voto motivato nel 18 feb braio della commissione del bilancio, non è ancora deciso su quale articolo del bilancio passivo essa figuri ; essendo ora prescritto che nel bilancio di en trata figurino tutti i proventi e le spese finora prele vate dalle masse, economia, lavori e manifatture dei
bagni penali.
E con ciò ho finito l’esposizione che intendeva fare per informarne i lettori Ae\YEconomista.
Mio concetto, quale risulterà bene o male espresso da questo povero scritto, redatto colla fretta premu rosa di chi è distratto da altre cure, è questo solo : finora, e nelle condizioni attuali della Sardegna, non ostante possa quadruplicare per lo meno la sua popo lazione, se si considera la estensione delle sue plaghe disabitate, e se si ha riguardo alla popolazione che ebbe in tempi antichissimi, di che fanno fede, mancassero pure le storie, i ruderi e le disotterrate rovine, non fu, nè è possibile pensare a grandi intraprese agri cole e tanto meno a colonie libere. Per riuscire nel l’intento verrebbero fatte, non solamente larghe con cessioni di terreni; ma, quel che più importa, fatte condizioni possibili di progresso alla industria agri cola, la quale, come è presentemente, non può pro cedere, per gli ostacoli che i Sardi subiscono, in parte come cittadini italiani, in parte come Sardi; ostacoli che ponno essi rim uovere, e deve rimuo vere lo Stato, dando altro indirizzo alla pubblica amministrazione, rendendo possibile di capitalizzare, e facilitando il credito, che invece s’ intese di sop primere.
Consiglierei mai di ricorrere a compagnie o pri vati muniti di privilegi od esenzioni speciali per ren dere possibili quelle intraprese, e popolare maggior mente la Sardegna: perchè, senza alcun intervento diretto od indiretto dello Stato, lo scopo sarebbe
27 febbraio 1876 ottenuto appena si volessero rimovere i moltissimi ostacoli che inceppano la possibile attività dei Sardi ed impediscono o sopprimono la forza naturale espan siva della popolazione indigena.
Lo Stato poi nella nuova Colonia penale ha dato una prova di più della propria incapacità di fare operazioni di questo genere: ha creato un conflitto, che può avere funeste conseguenze cogli indigeni, menomandone i diritti, laddove volle colonizzare, e non potrà lusingarsi di raggiungere uno scopo mo rale ed economico, senza sacrificare la borsa dei con tribuenti per fare meno bene di quello che , senza quei sacrifizi, avrebbe, in circostanze normali, po tuto fare un privato.
Infine la possibilità di una colonia penale agricola nel territorio dello Stato, è circoscrita al caso in cui i coloni siano giovinetti ed adulti, passibili di pene non gravi, evidentemente traviati, che bisogni correg gere e sorreggere; e neppure questa Colonia intra presa ed amministrata dallo Stato; ma sibbene da p rivai, ai quali il lavoro dei coloni si conceda in determinata misura e condizioni, sì da costituire al tempo stesso una relativa pena, ed un mezzo di m i glioramento.
In questo modo e non altrimenti si concepisce una colonia penale agricola; e di queste od analoghe sonvi alcune in Italia che si dicono prospere, o bene avviate. Una Colonia agricola di condannati al Bagno, non può sussistere come stabilimento di pena, nè come vera ed efficace colonia. Posta dove si è messa, in Costiados, aspettiamo il giudizio del tempo
per decidere quello cbe costerà alla pubblica finanza, e come e fin dove potrà raggiungere lo scopo, che pochi economisti possono proporsi. Tanto meno poi questo sistema potrebbe adottarsi per colonizzare la Sardegna, seppure fosse possibile concepire che, nel bel mezzo del Mediterraneo, quest’isola dovesse costi tuire una terra di deportazione.
G. T.
La Rinnovazione ilei trattati di commercio
Rapporto del Ministro d ’ agricoltura e commercioal Presidente della Repubblica francese. (V ed i n u m e ro 94).
i.
27 febbraio 1876
rendosi all’inchiesta del 1870, stimano che i resul tati non corrisposero alle speranze che si aveva po tuto concepire, e che lo sviluppo dei nostri affari è dovuto in gran parte a quello delle vie di comu nicazione. Alcune, tra le quali quella di Lilla, con testano anche le cifre enunziate dalla dogana, e pre tendono che la perdita dell’ Alsazia — Lorena fa figurare all importazione un aumento di introiti: un disastro reale sì trasformerebbe mediante l’illusione delle cifre, in un elemento di prosperità. Le stesse Camere di commercio fanno consistere la ricchezza di un paese nella differenza fra l’esportazione e l’im portazione, e ripigliando le teoria del bilancio del commercio, si sforzano di dimostrare che le cifre anteriori al 1860, denotano una situazione più favo revole che lo stato attuale.
Ma qualunque sia il parere delle Camere di com mercio, sul valore delle riforme, esse dichiarano al- l’unanimità che esse non hanno il pensiero dì ritor
nare addietro, ed i più ostili al nuovo regime, in aPP°gg*° della loro adesione, allegano la trasforma zione dei loro meccanismi, le necessità del mercato,
l’insufficienza del loro smercio interno, e l’abitudine di produrre per 1’ estero. Esse considerano la con correnza come uno stimolo indispensabile, ed accet terebbero un regime basato sulla media dei diritti attualmente in vigore.
Non si notano divergenze, che quando si tratta di impegnare l’avvenire economico in uno od altro senso; infatti le une si pronunziarono per la conservazione del regime attuale, e non ne vogliono nè più nè meno. Vogliono le altre conservare il potere di graduare la protezione secondo i loro bisogni. Altre finalmente, e alla testa delle quali è Marsiglia, s’allarmano delle più piccole modificazioni, le quali possono compro mettere la libertà commerciale ed esprimono aper tamente la loro preferenza per il regime, che ci im pegna sempre più nella via del libero scambio, sono queste vedute opposte che determinarono l’opinione della maggior parte della camere di commercio sulle questioni che loro erano sottoposte.
IL
Tariffa convenzionale e tariffa generale. 46 Camere di commercio e 15 Camere consulta tive si pronunziarono per la rinnovazione dei trat tati! Fra esse figurano la più importanti, Parigi, Lilla, l’Havre, Epinal, Marsiglia, Montpellier, Elbeuf Mâcon, Keims, Augouleme, Bourdeaux, Cambrai, ecc.
14 camere di commercio o consultative, al regime convenzionale preferiscono una tariffa generale sta bilita sotto forme di legge: esse sono Rouen, Arras, Tourcoing, Roubaix. Amiens, Saint-Dizier, Roanne, Bedarìeux, Condé-sur-Noireau, Bolber, Grasse, Laigle e Vire.
N ell’opinione di queste Camere dissidenti, la nuova
235 tariffa generale, dovrebbe aver per punto di partenza la tariffa convenzionale attualmente in vigore. I motivi della loro preferenza, possono riassumersi nei punti seguenti :
I o La tariffa convenzionale è troppo severa, essa non si presta alle necessarie revisioni, ed essa perpetua così gli errori che si introducono nei ne goziati. « N ell’inchiesta del 1870 l’industria cotoniera espose la sua situazione con tanta esattezza, e mo derazione che la commissione d’inchiesta, composta in gran parte di deputati liberi-scambisti, conchiuse in favore delle modificazioni che essi reclamano M a. . . . il governo impegnato dai trattati non poteva prima che essi spirassero, portare alcuna modificazione alla tariffa » (Roeun).
La fissità del regime convenzionale sarebbe stato ugualmente funesto a Roubaix: questa città accusa una notevole diminuzione nella sua produzione, sotto il colpo della concorrenza inglese, che un errore di tariffa constatato nell’inchiesta del 1870, aveva favo rito oltre misura.
2° Il Governo aliena la sua libertà fiscale, e si mette nell’impossibilità di domandare alle dogane l’equilibrio del bilancio.
Questa considerazione pare tanto importante alla Camera di commercio di Saint-Dizier, che essa do manda, nel caso in cui contrariamente al suo parere, venissero conchiusi dei trattati, che vi si inserisca una clausola di resinazione, prevedendo l’eventualità di una guerra con una nazione qualsiasi.
3» Il potere di seguire e di determinare i ne goziati, rimette, dicesi alle autorità amministrative la decisione sovrana in materie di diritto doganale, e rende inutile ed illusorio il controllo dell’assemblea. Questa infatti « non ha la facoltà di emendare le tariffe che gli sono p r e se n ta te ,___ essa non può che approvare o rigettar in tutto il suo assieme, l’atto che le viene sottoposto. Ora un Assemblea legisla tiva, qualunque sia la sua opinione economica, esiterà sempre a rigettare un trattato, mentre un [tal voto provocherebbe una delle più gravi crisi, dando torto al Governo in una questione internazionale » (Rouen Condè-sur-Noireau etc.)
4° Il sistema dei trattati conduce al libero scam bio per mezzo delle concessioni reciproche che si fanno le nazioni contrattanti « Ogni rinnovazione di
trattato c o n d u c e ... ad abbassamenti di tariffe, che aggiunti gli uni agli altri ci condurrebbero fatalmente in un lasso di tempo piu o meno vicino al regime del libero scambio assoluto. (Rouen) Quest’argomen tazione ammessa dalla Camera di commercio di Mar- siglia, e precisamente quella che la decide in favore dei trattati.
254 L’ ECO NO M ISTA 1860 si era pensato che il trattato coll’Inghilterra
sarebbe un modello che tutte le nazioni commer cianti si affretterebbero di adottare. Tuttavia Na zioni potenti, gli Stati Uniti si rifiutarono di entrare nel sistema convenzionale.
La Germania, l’Italia, e rAustria sono molto più preoccupate nell’incoraggiare la propria industria che di accordare ai propri vicini e concorrenti delle fa cilitazioni. Due soli paesi hanno ricercato e praticato seriamente il regime convenzionale, perchè ci tro vavano il loro vantaggio. Inghilterra e B elgio, la cui industria potente ed espansiva poteva sfidare ogni concorrenza. Tali sarebbero attualmente i soli par tigiani dei trattati commercio, mentre tutte le altre nazioni civilizzate tenderebbero a riprendere T indi- pendenza delle loro tariffe doganali. (Rouen Tourcoing Roanne, veggasi pure la tavola presentata dalla Ca mera di commercio di Lilla, che tuttavia in definitiva si pronuncia pel regime convenzionale.
Finalmente le Camere di commercio pensano che si assicurerebbe alla tariffa una stabilita sufficientis sima, inserendo nella legge una disposizione, secondo la quale la revisione non ne sarebbe permessa, che ogni cinque anni.
Non ostante questi argomenti dei quali molti altri gruppi riconoscono il valore, la grande maggioranza delle Camere di commercio si è pronunziata per la rinnovazione dei trattati, è la ragione principale che li ha decisi, è quella che la camera di commercio di Parigi formola in questi termini : I trattati assicu rano al commercio ed all’industria la stabilità, della quale hanno bisogno per intraprendere e condurre a buon fine affari importanti, senza timore di essere incagliati nel corso delle loro operazioni, dalle mo dificazioni, alle quali può dar luogo la frequente re visione delle tariffe fissate da una legge delle dogane. « Il commercio, dicono altre Camere di commercio ha bisogno di una costituzione, che soppravviva ai
cambiamenti di persone nel Governo, ed anche alla perturbazione di una guerraequestacostituzionela trova nei trattati. Tale è l’argomento che si ripresenta sotto mille formo differenti nelle risposte delle Camere di commercio e che loro pare bastantemente decisiva per scancellare tutti gli inconvenienti, annessi alla forma convenzionale.
Esse fanno inoltre osservare, che il sistema dei sistema dei trattati, » favorisce il più spesso la Na zione contraente più avanzata nell’industria, e che la Francia, si può considerare a questo riguardo co me collocata nelle migliori condizioni di fronte alla maggior parte delle altre Nazioni (Parigi): che se la reciprocità non è sempre cosi completa, come si de- siderebbe, le convenzioni, sono tuttavia le sole armi
che permettono di imporla e di mantenerla. S i riportano esse quasi tutte sull’esempio dell’ A- merica, e mostrano che se noi avessimo avuto un
27 febbraio 1876 trattato cogli Stati-Uniti, non avremmo veduto chiu derci coll’esagerazione delle tariffe di dogane, uno dei principali mercati del mondo.
L’argomentazione non differisce da una Camera di commercio ad un altra, che sotto l’influenza di interessi speciali dei quali esse sono l ’organo. Così nelle regioni industriali del Nord e del Nord-Ovest s’insisterà specialmente sulle riserve ed i tempera- menti che conviene apportare alla pratica del regime convenzionale. Ad Epinal si domanderà che un trat tato speciale e ristretto sia concluso coll'associazione tedesca. Le Camere di commercio che rappresentano gli interessi generali dell’agricoltura (Moríais Fécamp Beaune, Chalons-sur-Saòne etc.) si contenteranno della proroga pura e semplice dei trattati attuali, mentre le industrie vinicole del mezzogiorno (Mont pellier, Narbonne, Cette, Touloues etc.) preoccupate di assicurare uno smercio ai loro vini, insisteranno sul bisogno di una reciprocità più esatta coi paesi concorrenti, Marsiglia ugualmente e le industrie della seta (Aubenas) respingeranno ogni convenzione con traria alla libertà commerciale. Finalmente Algeri domanderà la proroga del regime speciale delflnghil. terra.
Ma all’infuori degli interessi speciali, quasi tutte le Camere di commercio si son trovate d’accordo su certe condizioni, che converrebbe di mettere al re gime convenzionale, e senza le quali questo regime diventa, a loro parere, arbitrario od instabile.
Esse domandano: I o che tutti i trattati abbiano una scadenza comune e che conseguentemente lo
statu quo sia mantenuto sino al 1877, data estrema
del termine dei trattati attuali (Parigi, Abbeville, Calais, Saint- Omer, Lille Sedan, Dieppe, Morlaix, Epinal, Nancy, B ar-le-D u c, Cette etc.). Molte Ca mere di commercio, specialmente Cherbourg, scri vendo mentre dei negoziati erano incominciati col l ’Italia, trascurano le altre questioni e si limitano a domandare che nulla sia conchiuso prematuramente per non impegnare l’avvenire.
In generale le Camere di commercio per quanta sia la loro preferenze pel regime convenzionale, si mostrano contrarie ad ogni convenzione immediata coll’Italia.
Non solo le scadenze debbono essere uniformi, ma ancora fissate ad una data vicina: si ammette in generale un intervallo di IO anni (Parigi Dieppe Tropez etc).
2° Che nonostante i trattati, si proceda il più presto possibile ad una revisione della tariffa gene rale. Se le Camere sono quasi unanimi su questo punto, non sono però ugualmente esplicite.
27 febbraio 1876 L’ ECONOM ISTA
235 rebbe la base dei trattati futuri. È il solo modo, dice
Epinal, che permette ai rappresentanti delle diverse industrie di produrre le loro osservazioni, sia anti cipatamente, sia nella discussione stessa alla quale dovrà attendere il legislatore —- La forma dei trat tati non lascia luogo a queste osservazioni. Prima di incominciare i negoziati attualmente pendenti col- 1 Italia il Governo ha bene incaricato una commis sione speciale di presentargli le sue vedute sulle proposte emesse dal Governo italiano. Ma le Camere di commercio non hanno un progetto definito, e la commissione non ha speciali informazioni. Non è in fatti possibile di divulgare dei negoziati, mentre tutti possono essere chiamati a dare il loro parere su di una tariffa generale.
Dunque « l’elabarazione e la promulgazione della nuova tariffa devono precedere la negoziazione dei trattati. » Yedi Abbeville, Boulogne, Lille, Tourco- ing, Sedan, Saint-Quentin, Nancy, Troyes etc.)
Questa tariffa generale non servirebbe solo di base alle nuove convenzioni,ma diverrebbe inoltre legge, nei nostri rapporti colle potenze che non hanno con’ venzione particolare ; cioè è tanto più necessario che la tariffa generale attuale, o affatto impraticabile. La maggior parte delle Camere di commercio, pensa che la revisione dovrebbe avere per risultato di ricon durle press’a poco al livello della tariffa couvenzio- nale. Tuttavia Lilla fa osservare che « la tariffa dovrebbe presentare una differenza di diritti molto sensibili per attrarre le nazioni che fin qui non hanno creduto dover trattare con noi, e che si guardereb bero bene di farlo, se applicando loro uniformemente le tariffe dei trattati, noi ci privassimo del solo mezzo di offrire loro un vantagggio in cambio delle con
cessioni che noi avremmo a domandare loro. 3° Che si faccia sparire dai trattati la clausola, che accorda al contraente il trattamento della Na zione più favorita. Non havvi che una voce a que sto riguardo: molte Camere di commercio allegarono la presenza di questa clausola come il motivo prin cipale della loro repulsione. (Tourcoing, Roubaix, Amiens etc.) Tutte le altre considerano questa sti pulazione come contraria alla stabilità ed alla reci procità delle convenzioni perchè queste hanno per principale vantaggio di ottenere una concessiane per mezzo di un altra. « Dicesì che è inutile di valu tare nei negoziati i vantaggi reciproci, se questo equilibrio deve essere immediatamente distrutto da una convenzione paralella. Se non si tiene conto in un trattato della situazione particolare dei con traenti, delle loro forze rispettive, delle risorse di cui dispongono, del grado di favore che loro si può accordare sul mercato nazionale, il regime dei trat tati non è più che una tariffa generale rimaneggiata continuamente, senza il vantaggio del controllo e del l'indipendenza che garantisce il voto regolare di una
legge di dogana. Finalmente questa disposizione può diventare per il potere esecutivo una pressione sul paese, nel senso delle sue vedute particolari. Tali sono le obbiezioni che il commercio eleva contro una clausola che ha per ¡scopo di generalizzare im mediatamente ciascuna delle concessioni del regime convenzionale. Nel dicembre 1867, dice la Camera di commercio di Lilla, il Governo ci domandò se ci sarebbero inconvenienti nell’ammettere con un di ritto ridotto il cotone grosso filato a mano nella Tunisia e che non poteva fare concorrenza ai filatoi francesi.
La nostra risposta fu affermativa, in questo senso che sarebbe un aprire una porta agli stessi numeri filati meccanicamente in Inghilterra. All’epoca del trat tato collo Zollverein si era ammessa ad un diritto mini mo, 1 importazione dei tessuti di lino, che presentavano meno di cinque fili di catena per centimetro e che erano destinati a fare tele d’imballaggio. Il Belgio invocando la precitata clausola immaginò una fabbricazione fino allora sconosciuta coll’aiuto della quale questi tes suti diventarono tele ordinarie, proprie a diversi usi. (Yedi Abbeville, Tourcoing, Valenciennes, Rouen, 1 Havre, Epinal, Nancy, Bar-le-Duc, Troyes, Roanne, Cette ecc.).
A lato di questi reclami unanimi, havvene degli altri meno generali nella loro portata, o meno precisi nei loro termini, che paiono essere consigli ai nego ziatori.
Tale è ad esempio il voto formulato da molte camere di commercio (Parigi, Saint-Omer e le in dustrie vinicole del Mezzogiorno ) tendenti ad otte nere che si tenga conto nello stabilire la tariffa del sistema di percezione e del drawbacks in uso negli
altri paesi: che i contraenti mirano ad organizzare un metodo uniforme di ricupero dell’ imposta di guisa che le combinazioni della tariffa non richiudano dei premi mascherati. Queste preoccupazioni interessano sopratutto l’ industria degli zuccheri e degli alcool«. Nel Belgio specialmento dice la Camera di Parigi in seguito al sistema di drawback in vigore in questo
paese, i distillatori di spirito di barbabietole, si sono trovati in una situazione affatto diversa da quella che si aveva voluto far loro. Il contratto è stato snaturato per effetto dei vantaggi che loro procac ciava una legislazione più favorevole della nostra, e poterono fare una concorrenza impossibile a soste n ersi Per un ragionamento analogo le città del Mez zogiorno domandano di godere degli stessi vantaggi fiscali che si godono dai loro concorrenti, per la fab bricazione dei vini.
236 L’ EC O NO M ISTA
27 febbràio 1876
ammettono per esempio che si possa comprare un vantaggio pei nostri vini, con una concessione sui nostri ferri ; la concessione dicono esse, può essere compensata per il paese preso in massa, ma essa non l’ è pei metallurgisti (Saint-Dizier).
La stessa Camera di commercio di S. Dizier, con sacra la maggior parte della sua risposta a dimo strare che la protezione doganale è elusa, e la ta riffa nulla realmente a suo riguardo, grazie al traffico delle quietanze a cauzione. Ma questa lagnanza si allontana troppo dalla questione posta, perchè la si segua nel suo sviluppo.
Ili
D iritti specifici e d iritti ad « valorem. » 28 camere di commercio e 9 camere consultive si sono pronunziale per i diritti specifici ; fra esse Parigi, Rouen, Saint-Quentin, le Havre, Epinal, Nancy, Lavai, Marsiglia, Toulose, Roubaix, Amiens, Elbenf e
Cambrai. . , .
9 camere di commercio e 3 camere consultive preferiscono i diritti ad valorem, specialmente Va
lenciennes, Sedan, Narbonne, Montepellier, Rennes,
Chàtcahroux. .
D ’altronde se le Camere esprimono delle prefe renze, ve ne sono poche che le facciano in termini assoluti ed esclusivi. . . -r ■
La maggior parte si pronunzia pei diritti specitici, come i più propri a sventare la frode e ad evitare le lentezze, le contestazioni, tutte le formalità di do gana. Ma esse si affrettano di aggiungere che i diritti ad valorem debbono essere mantenuti tutte
le volte, che è impossibile di stabilire una relazione fissa, fra il peso ed il valore delle mercanzie (Parigi, Abbeville, Epinal, Nancy, Grenoble, Lavai ecc.).
Domandando che si estenda il sistema dei diritti specifici, queste Camere fanno osservare che per es sere giusti bisogna stabilire delle categorie numerose e dettagliate; più la tariffa sarà graduale più vi sa ranno delle probabilità per raggiungere il valore reale delle mercanzie. (Nancy Troyes).
Medesimamente le Camere che si pronunciano pei diritti ad valorem o che li ammettano in certi casi
domandano nel tempo stesso che la frode sia più severamente perseguitata ed aggravate le penalità ! (Valenciennes, Fécamp, Grenoble ecc.
Molte fra esse si estendono sugli abusi dei diritti di p r e fa z io n e nelle compre: specialmente Boulogne- sur-Mer, Clermont Ferraud, Nancy e propongono riforme che loro sembrano di natura da regolariz zare l’esercizio di questo diruto. Alcuni vorrebbero che la prelazione di acquisto si facesse per mezzo di vendita pubblica altre, (Amiens) ne domandano la completa soppressione.
È egli possibile di fissare in un modo generale le categorie dei prodotti ai quali ciascuno dei due
modi di tassa diverrebbe applicato?
Le Camere di commercio, ch e paiono le più de cise in favore dei diritti specifici, sono naturalmente quelle che si occupano dei prodotti voluminosi, come la metallurgia.
All’ opposto quasi tutte quelle che si pronunziano nettamente per i diritti ad valorem rappresentano
certe industrie tessili, sopratutto la lana, (Valen ciennes, Sedan, Vienne). A detta di quest’ultima Ca mera non havvi pei tessuti di lana alcuna correlazione tra il peso ed il valore. La camera di Sedan dice: « Un articolo di 7 franchi il metro, pesa più di 800 grammi al metro, quando un altro articolo di 20 franchi non pesa che 500 grammi. Le categorie non sono d’ altronde possibili in una fabbricazione come la nostra, che varia in genere ed in qualità, secondo la destinazione ed il valore.
Le industrie del lino e del cotone sono molto meno assolute. Ecco le distinzioni proposte dalla Ca mera di Lavai: Adozione dei diritti specifici per gli oggetti manìfatturati od operati la cui classificazione è facile, la mano d’ opera uniforme, come fili di lino o di cotone , che si classifica con numeri cor rispondenti a pesi, od a lunghezze determinate: tes suti di filo e di cotone tessuti meccanicamente; con servazione del diritto ad valorem per gli oggetti la
cui classificazione non è possibile e nei quali la mano d’ opera ha una parte importante.
La Camera di commercio cita degli esempi in appoggio della sua definizione. « Nei nostri tralicci di Lavval e di Mayenne, i più le g g e r i sono spesso i più cari; se le tariffe sono fatte sui pesi, i più cari saranno i meno tassati. Medesimamente se uno si riporta al numero dei fili, in catena ed in trama, la finezza del tessuto non rappresenta sempre il prezzo più elevato. » Applicando lo stesso ragiona mento ad oggetti differentissimi, la Camera di com mercio aggiunge; « Un camino di marmo di 30 franchi può essere di ugnale peso a quello che Vale 30 0 franchi in ragione della qualità del marmo, e della scultura. » P erd o stesso motivo la Camera di Avesnes che d’altronde preferisce i diritti specifici, pensa che bisognerebbe eccettuarne i vetri ed i bic chieri, i marmi levigati ed Operati, i lavori di legno verniciato.
La preferenza pel diritto ad valorem può essere
fondata cosi sul valore minimo dei prodotti ; Còsi Narbona, Bordeaux e Montepellier per i vini di qualità inferiore. Quest’ ultima città domanda se il diritto specifico dovesse prevalere nei trattati, che l’inconveniente, fosse compensato da un ribasso sen sibile delle tariffe estere.
IV
Interesse del tesoro.
ta-27 febbraio 1376 L’ ECONOM ISTA 237 riffe doganali aumentasse le nostre entrate, ci po
trebbe essere pormesso di attenuare alcune delle tasse nuove, contro le quali si sono elevati i lamenti più seri. . . »
Queste parole male intese hanno gettato una certa inquietudine fra i rappresentanti del commercio e quasi tutte le Camere hanno creduto di vedervi il pensiero di un ritorno verso l’imposta delle materie prime. La Camera di Rouen è quasi la sola che abbia interpretato la frase nel senso di un lieve au mento di protezione. Tutte le altre si sono difese energicamente contro un supplemento di pesi. « L’ aumento delle patenti, dice la Camera di Sedan, è stata sostituita al prodotto problematico del diritto sulle materie prime. Per redimercene noi abbiamo subito su questo punto un sopraccarico di 40,030 milioni, ai quali molti altri si sono successivamente aggiunti, che il commercio e T industria sono stati colpiti da 140 milioni di imposte speciali ecc. » (Vedi Parigi, Abbeville, Boulogne, Calais ecc.
Generalmente le Camere meglio disposte per gli interessi protezionisti non pensano cbe il governo possa trovare nella revisione della tariffa l’occasione di un vero aumento di entrate. Esse indicano a gara, come future risorse, lo stabilimenlo di un nuovo decimo sul sale e lai revisione del catasto.
V
Ammontare dei d iritti.
Le Camere consultate sono generalmente d’accordo per riservare l’esame della tariffa nei suoi dettagli. Non solo il senso di queste osservazioni loro pare su bordinato alla forma adottata per la rivista della tariffa ma ancora questa specie d’inchiesta nella quale tutte le industrie sono interessate, esige delle dilazioni più lunghe e delle indicazioni più precise. Bisogna ec cettuare un certo numero di Camere, la cui compe tenza ristretta, si estende a due o tre industrie, e cbe hanno potuto immediatamente specializzare la loro risposta, attaccandosi a qualche punto della tariffa.
La maggior parte delle Camere indicano solo la media di protezione che loro pare conveniente, Pa rigi ne fissa il maximum a 10 % che e la media
adottata nei trattati attuali; se ne eccettua solo la metallurgia, gli olii minerali ed i tessuti di lino o di cotone. La camera di Cette valuta la protezione meccanica a 10 o 15 %. Montbéliard domanda che se dei cambiamenti vengono portati alla tariffa, si rendano meno sensibili, ripartendoli su parecchi anni.
Citeremo qui per memoria i punti di dettaglio che sono stati trattati incidentalmente nelle risposte delle Camere.
Diminuzioni richieste. Sul carbon fossile (Nancy, Vienne ecc).
Sulla carta francese di 4* categoria, ribasso del
diritto di esportazione del 30 °/0 con reciprocità. (Vienne).
Sulle pelli provenienti dai depositi di Europa, ebol lizione del diritto di 3 franchi per 100 chilogrammi (Amiens).
Sui sali e solfati di soda (A vesnes). Sui fili di lino (Cambrai).
Aumenti di tasse. Sull’amido di riso (Valenciennes).
Sui marmi (Comitato marmoreo del Nord). Sui drappi (Vienne).
Sui tappeti (Amiens),
Sui tessuti misti, Roubaitr domanda una protezione di 15 o/0 invece di 10 % . All’ incontro i diritti sui tessuti dì pura lana pettinata potrebbero essere ri bassati da 10 a 15 °/0.
Sugli olii fini e sui, grani oleosi (Grasse). Sul filo di ferro, sugli a g h i, sulle vetrerie (Laigle).
Sulle sete operate in trama od in organzini (V a lenza).
Sul diritto di uscita degli stracci (Vira). Sul legno liscio e scanalato (Amiens). Sui lavori in legname verniciato (Avesnes), Sulle tele leggere ed imbiancate (Cholet).
Cambi di categorie. Per i fili di lino (Valenciennes). Per i berretti (Troyes).
Pei fili, classificazione in 9 serie in vece di 6 (Amiens).
Tariffa estera.
Regime dei vini francesi ( Montpellier, C ette, Beaune ecc).
Modificazioni ai regolamenti. Sul vino in deposito.
Sulle quietanze a cauzione.
Sulla pesca del corallo in Algeria (Bona). Sul diritto di prelazione nelle compre ecc. COMMERCIO COLLA FRANCIA
(valori in m ilioni d i f r a n c h i)
INGHILTERRA
COMMERCIO GENERALE COMMERCIO SPECIALE
258 L’ ECO NO M ISTA 27 febbraio 1876 SVIZZERA
COMMERCIO GENERALE COMMERCIO SPECIALE ]
Addo Importa. Esport. Totale Importa. Esporta. Totilo
1859. . 261.3 274.1 5354 52.3 115.7 168.0 1865. . 372.6 359.3 731.9 90.3 230.9 321.2 1869. . 390.2 366.1 756,3 133.0 261.3 394.3 1873. . 343.4 430.0 773.4 91.8 337.2 429.0 1874. . 354.0 383.4 742.4 96.2 299.7 395.9 ITALIA 1859. .. 173.9 262.4 636.3 140.4 189.5 329.9 1865. . 287.9 432.1 720.0 242.4 283.8 526.2 1869. .. 364.2 313.2 677.4 321.0 230.2 551 2 1873. . 436.7 353.2 789.0 345.9 229.8 575 7 1874. . 358.9 334.5 693.4 288.9 204.2 493.1 PA E SI BASSI 1859. . 49.1 28.0 77.1 40.0 14.8 54.8 1863. . 45 4 37.8 83.2 32.0 27.1 59.1 1869. . 46.6 48.1 94.7 36.1 41.1 77.2 1873. . 45.8 38.4 84.2 40.0 33.2 73.2 1874. . 33.6 41.2 74.8 30.1 34.5 64.6 AUSTRIA 1859. . 13.4 21.9 35.3 1 2 .2 5.7 17.9 1865. . 27.0 7.4 34.4 26.4 6.5 31.9 1869. . 45.0 2 0 .8 65.8 43.2 15.0 58.2 1873. . 55.6 22.4 78.0 54.5 17.3 71.8 1874. . 66.4 2 1 .8 8 8 .2 66.3 15.3 81.5 CONFEDERAZIONE GERMANICA 1859. . 219.9 176.1 396.0 106.8 147.6 254.4 1865. . 271.9 235.6 507-5 166.4 214.2 380-6 1869. . 339.1 282.2 621.3 230.1 253.4 483.5 1873. . 417.8 522.5 940.3 311.1 463.3 774.4 1874. . 428.9 454.7 883.6 315.5 413.6 729.1
LA CONVERSIONE DEL PATRIMONIO
D E L L E OPKEE E IE
(C o n tin u azio n e e fine, v e d i n . 94)
HI.
Noi siamo completamente d’ accordo con quegli oppositori della conversione, i quali con lusso di validi argomenti sostengono che le Opere Pie non possono pur pensare ad investire i loro beni desti nati a scopi di pubblica assistenza, in modo arri schiato, per quanto vantaggioso, mentre un sano timore di future probabili o solamente possibili per dite deve far respingere tutto ciò che sotto qualche forma apparisce aleatorio, per quanto allettasse colle lusinghe di notevoli incrementi all’ annua rendita. Tutti i così detti investimenti di speculazione, quali le imprese industriali e di Credito, i prestiti con premi che vanno a scadere in future generazioni, i prestiti sulla [semplice fiducia personale, devono essere assolutamente vietati alle Opere P ie; alle quali non dovrebbe neppure consigliarsi la investita dei Capitali in rendita pubblica dello Stato; ente più d’ ogni altro soggetto alle peripezie che non di rado accompagnano i Governi.
Soffermiamoci alquanto sopra quest’ultimo punto perchè quantunque esso non contempli che una fac
cia della questione, pure è meritevole di una spe ciale disamina per il molto parlare che se ne fece in addietro e per rappresentare esso la prima for ma sotto la quale la conversione venne presso noi proposta.
Noi osserviamo infatti che tanto nel caso in cui le Carte dello Stato sieno al Portatore, quanto se no minali, esse non convengono in massima come for ma di patrimonio di una Pia Opera. Nella prima ipotesi i titoli sono pur troppo soggetti ad essere derubati ed oltre a ciò per la facilità somma e per la prontezza con cui possono realizzarsi si prestano troppo ad alienazioni per parte di improvvidi Am ministratori.
E per fermo se queste non possono essere impe dite nelle attuali condizioni in cui i beni dei pii luoghi sono fondiari, e pur troppo per futili cause talvolta avviene che si sperperino somme enormi o se ne muti la destinazione, giungendosi ad eludere la legge non ostante i suoi cento occhi, a quali sciupìi non si aprirà 1’ adito quando la sostanza del pio luogo possa in pochi minuti e senza bisogno di pratiche preventive tramutarsi in denaro?
Che se colla rendita inscritta al nome del Credi tore questo gravissimo inconveniente possa eliminarsi se ne sostituisce uno non meno grave e che con siste nella perdita per parte della pia Opere di quella indipendenza e libertà di funzioni rispetto allo Stato che è condizione necessaria dell’amministrazione di essa ; aggiungendosi a questo che con ciò il Pio Luogo, Corpo morale, per propria natura perpetuo, è vincolato a tutte le vicissitudini di un Governo, che come la Storia a troppo chiare note insegna, è ben lungi dal presentare i criteri più asso luti di stabilità e di immutabilità. E se, escludendo anche la probabilità di riduzione o di diffalchi, nella meno grave delle ipotesi, in seguito ad una guerra lunga e disastrosa, il pubblico Erario dovesse anche soltanto sospendere il pagamento degli interessi dei suo debito, a quali fonti attingerebbero gli Ospedali gli orfanotrofi, i ricoveri e tutte le multiformi isti tuzioni di Beneficenza?
1 / E C O N O M IST A 239 27 gennaio 1876
in equa misura. Ed infatti da quali nuovi cespiti potrebbe il Ministro delle Finanze ritrarre ancora 60 milioni annui ? Il Parlamento ed il Governo imposero, e la Nazione ha dovuto accettare una se rie di nuove tasse, talune fra le quali contrastano ed inceppano lo sviluppo dell’ attività nazionale e rallentano quello della sua produzione. Così per mo do d’ esempio, la tassa sulle produzioni, quella sui trasporti, i dazi di esportazione, la imposta sul ma cinato costituiscono carichi gravissimi, e che sono di ostacolo al progresso delle industrie e dei commerci tanto più che in taluni casi non fu pure possibile, come lo provano il macinato ed il dazio consumo, di attenersi scrupolosamente ad una equa distribu zione nei pesi. Arrivati pertanto a quel pareggio la cui speranza si fa balenare da parecchi anni in nanzi al paese che ha dato tanti saggi di abnega zione per raggiungerlo, converrà pensare prima di tutto ad una giusta ripartizione degli aggravi, to gliendo al più presto possibile tutti i fortissimi in convenienti imposti ed accettati dalla necessità su prema, e come in una condizione tanto difficile di cose, come non ancora raggiunto quell’ equilibrio, scopo di tante aspirazioni potremo pensare ad una operazione che vi darebbe un così forte tracollo, quale sarebbe quello prodotto da un’annua passività di almeno 60 milioni?
E sul punto di toccare quasi la meta e mentre ci arride il pensiero di giorni migliori per l’economia nazionale e la cessata preoccupazione per le angustie finanziarie permettte di augurarci quel miglioramento delle condizioni generali che per il pubblico erario si traduce in rapidi aumenti dei proventi delle im poste, e d’ altro canto recenti esperienze consiglie ranno maggiore prudenza nello statuire nuove spese, come potrà pensarsi ad aggravare il bilancio dello Stato di così ingente somma, per ottenere quell’abo lizione del corso forzoso, alla quale la nazione potrà prepararsi una volta traquillata sul suo assetto finan ziario e rinvigorita nella fede di un più lieto avve nire?
Se quindi la Conversione, considerata come ope razione finanziaria per conto dello Stato, non è im possibile essa è per lo meno im provvida, e fatta nel senso suindicato non mancherebbe di compro mettere gravemente il paese, complicandone la po sizione finanziaria nelle cui distrette noi stiamo tut tavia dibattendoci.
Ma lo Stato potrebbe in altro modo ancora inge rirsi direttamente nella conversione delle Opere Pie sotto un altro punto di vista, operandola esso stesso benché non per proprio conto: ma qui entrano in campo altre considerazioni d’ordine se non più ele vato certamente più delicato, ed alle quali è pur mestieri fare il debito posto per non turbare quel- l’ armonia di ordinamenti la quale da sola può reg
gere convenientemente 1’ amministrazione di uno Stato.
Niuno può negare infatti, che la tendenza ognora crescente ad eccentrare nelle mani del Governo le redini di tutti gli interessi delia Nazione è in per fetto contrasto coll’incessante avanzarsi della demo crazia, la quale aspira ad una parte sempre mag giore nell’ amministrazione della cosa pubblica. Ora un Governo costituzionale, per rimanere fedele alla indole sua ed alla sua missione, senza abdicare alla sua autorità, deve studiarsi di agevolare alla Nazione i mezzi di alleggerirgli il grave compito impostogli di provvedere e sorvegliare f.tutto, e per tutti quegli interessi locali i quali non sono direttamente ed in timamente collegati coll’interesse generale della Na zione, deve riconoscere la convenienza e la giustizia che sieno regolati e condotti dalle locali rappresen tanze. Non mancano per verità i campioni del prin cipio autoritario spinto all’ eccesso, i quali vanno predicando che il prestigio e l’autorità del Governo stanno nella ragione diretta della intensità e della estensione della sua azione; ma fra questi e coloro i quali vorrebbero assegnargli la parte troppo modesta di Re Travicello vi è una giusta via di mezzo, se condo la quale l’azione del Governo è tenuta dentro certi limiti ben definiti. L’accentramento dell’autorità eh’ è in certo modo giustificato sotto un governo as soluto non ha più ragione di essere in un libero Governo che emana dalla Nazione ¡stessa, che in ciascuna delle provincie di cui si compone deve saper trovare gli uomini necessari e capaci di rego lare gli interessi locali senza che vi sia d’ uopo di far capo in tutto e per tutto alla sede centrale del Governo. Quegli stessi uomini che tratti dalle diverse provincie dirigono alla capitale la somma delle cose, perchè nelle singole provincie alle quali apparten gono, e che meglio conoscono, non saranno atti a ben condurre l’ azienda locale?
Se quindi, come in modi diversi se ne è finora manifestato il desiderio, questo decentramento è nel voto di molti, che amano il proprio paese e deside rano la prosperità delle sue istituzioni e del suo materiale benessere, quale migliore opportnnita di questa della Conversione del patrimonio delle Opere Pie per inaugurarlo?