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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.47 (1920) n.2423, 10 ottobre

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L'ECONOMISTI

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

D irettore: M. J . de Johannis

Anno XLVII - Voi. LI

Fiiw -H om i, 19 O liato 1920 :

ROMA: 56, Via Gregoriana^

il

un

S O M M A R IO

P A R T E ECONOMICA. La settimana.

Note su la circolazione cartacea, gli scambi e i cambi con l ’estero. ¡1 capitate straniero in Romania.

L ’elettrificazione delle ferrovie. E lettricità e agricoltura.

Il controllo operaio sulle industrie. NOTE ECONOMICHE E FIN AN ZIARIE.

Gli ordini del giorno del Congresso agrario di Rim ini. L a ripartizione del naviglio ex austro-ungarico. Costruzioni edilizie d i M ilano.

Denuncie di patrimonio. Delinquenza minorile.

Rifiuto di statistiche com m erciali. R IV ISTA BIBLIOGRAFICA.

Theco-operative Welesale Societes Lt d. - Animai, 1913. — George Johnson - F . C. /. S . Foreign exchange in accounts. — Federico Chessa ' - L ’industria a domicilio netta costitu­ zione economica odierna. — Pironti e Spano - Le operazioni elettorali secondo la nuova legge. — Joseph ' Barthelemy - L e problème de la competerne dans la démocratie. — Prof. d ott. V . Tosi - Elem enti d i economia industriale. — Ministero per l’Industria, il Commercio e il Lavoro - Bollettino della si­ tuazione dei conti dei Monti di P ietà. — Normann Angell

- The peace treaty and thè economie chaas o f Europe. — N. Pearock - The russian Almanac. — Léonard S . Wolf - C o- operaiion The future o f industry.

RIVISTA DEMOGRAFICA. FINANZE DI STATO. LEGISLAZIONE. NOTIZIE V A R IE .

Situazionedegli Istituti di Credito Mobilia re. Istituti Nazionali e s t e r i.

Ai l e t t o r i

■ L ’Avanti / del 16 settembre 1920, n. 222, in prima pagina sotto il titolo : « Il Pescecane sen. D ante Ferraris — I suoi guadagni e i suoi accattoni — Le riviste pagate e l’on. Galimberti », dichiarava, da Torino, di avere documenti eh; provano fa tti dal quotidiano de­ nunciati. T ra l ’altro si afferma :

« Ma attorno al pescecane (Sen. Dante Ferraris), ci « sono anche gli accattoni.

« L a Critica Finanziaria, L ’Economista d’Italia, la « Rivista delle S oc’età Commerciali, ci risultano pagate «.da lui per evitate la pubblicazione di articoli contrari « e ottenere quella di scritti favorevoli ».

Lasciando all’A w nii / la responsabjlità delle accuse, ad evitare eventuali confusioni, informiamo che L a Critica Finanziaria è perio- riodico che si dichiara quindicinale, ma esce una volta al mese a Mi-» lano, via Giovanni Ricordi, 4 , e ne è direttore Francesco Pandiani ; L ’Economista d’ Italia é quotidiano che si pubblica a Roma, piazza Monte d ’Oro, 33 ed é diretto da Antonio Monzilti, e la Rivista delle Società Commerciali è mensile e si pubblica a Roma, via Calamatta 16 e ne è direttore Fon. Antonio Scialoia.

Il cornm. avv. Antonio Monzilli, direttore de L ’Economista d’Italia, ! ci scrive in data 30 settembre 1920 : « La prego di pubblicare la | mia più ampia, recisa, assoluta sm entita. L ’on. Ferraris né personal­

mente, nè per conto delle imprese industriali, alle quali apparte­ neva od appartiene ha mai fatto pagamenti a questo giornale e meno I ancora a chi lo dirige per qualsiasi motivo, neppure per compenso

I

della più legittima ed onesta pubblicità ».

L 'A vanti! del 7 corrente pubblica identica denagazione del comm. I Monzilli e la fa seguire da un sunto di lettera dello stesso, in data | 27 giugno 1914, senza indicazioni della persona cui era diretta.

PARTE ECONOMICA

La settimana

Tre documenti ed un gesto danno all'ultima decade uno speciale rilievo, sul quale richiamiamo l ’attenzione dei nostri lettori, per le analogie e le discrepanze che la caratterizzano. Da una parte abbiamo il M anifesto

della terza internazionale pubblicato dall ’A vanti! del

3 ottobre corr. E ’ il risultato del secondo Congresso dell’Internazionale Comunista che ebbe luogo a Pie- trograd© il 17 luglio e poi a Mosca il 23-7 agosto, nel quale erano rappresentanti 37 paesi.

La lettura del documento non può non impressionare .anche i più scettici per alcune crude e reali verità. La constatazione che la guerra ha-causata la miseria di quasi tutti i popoli, vinti e vincitori, non ha bisogno di j essere dimostrata. Ciò che ancora manca di dimostra­ zione, © ne ha avuta prova contraria, si è che il regime comunista, abbattendo il borghese, crei con questo la pace universale. Proprio i soli bolchevici possono de­ rogare dall’adagio latino: hom o Uomini lupus.

Da un’altra parte il Segretario del Partito Popolare, il 1. ottobre ha pronunciato a Milano un discorso nel quale passa in rivista la attuale crisi economica e co­ litica del paese. Anch’egli ha detto verità crude e rudi, ancorché note, ed ha posto a nudo vigorosamente le tante piaghe che ci affliggono. Ha lumeggiata anche la crisi morale che non è meno grave delle altre; l ’ac­ curata disamina documenta sotto diverso aspetto l ’at­ tuale momento storico, ultimo in ordine cronologico. Assai più denso di effetti e rilievi sperimentali è il terzo documento che a Trieste fu portato nel Congresso Scc’a*- lista ad illustrazione della attuazione del comuniSmo in Russia. Qui troviamo sinceramente confessata la condanna di un sistema, di una cioè degenerazione del socialismo; questo può essere una rispettabile ten- j denza, un perfettamente accettabile contrappeso delle forze eontendentisi il dominio della società, ma non rappresenta finora certo la soluzione dei profondi pro­ blemi del convivere sociale. Il documento contiene una decisa contradizione : si afferma che il bolscevi­ smo rappresenta la disparizione degli sfruttatori e degli sfruttati, ma si confessa che per ora anche nel regime adottato daL didat orato del proletariato, esistono al nari di prima, gli sfruttatori, e della peggiore specie, di cui 10 stesso proletariato è vittima ancor più oppressa. Sia­ mo dùnque nella realtà del regime, ancor lontani da quell’ideale che vorrebbe sopprimere la borghesia come sinonimo di speculazione e di sfruttamento.

Contemporanco, nel momento dei tre documenti, è 11 Pesto del Comm. Agnelli, Amministratore Delegato della Fiat, gesto che sembra l'esponente di una rinuncia incipiente del capitalismo industriale a Proseguire la lotta col lavoro. Fra le debolezze, gli assenteismi, le aberrazioni della borghesia, è questo gesto forse il più ! gravido di significato. La rinuncia ha per noi mag- j gior valore di una qualsiasi conquista avversaria, di | qualsiasi tacita quiescenza del Governo borghese. .

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L’ ECONOMISTA. 10 ottobre 1920 N. 2423 558

Note su la circolazione cartacea, gli scambi

e i cambi con l’ estero

L ’ammontare globale del debito dello Stato, afferma il prof. Bonaldo Stringher Direttore Generale della Banca d’Italia, fra il 31 dicembre 1919 e il 30 giugno 1920, risulterebbe aumentato da 8 3 ,9 0 0 milioni di lire a 9 4 ,4 6 0 milioni, le principali partite presentando le variazioni seguenti, in milioni di lire : (1)

31 dicembre 1919 30 giugno 1920 Differenza Consolidato 5 % . .. 1 3 .3 6 0 .2 3 3 .3 8 8 .3 + 2 0 .0 2 8 .1 Buoni dei Tesoro po­

liennali . . . . 6 .9 5 2 .0 3 .9 9 0 .0 — 2 .9 6 2 ,0 Buoni del Tesoro ordi­

nari ... 1 5 .4 7 6 .0 9 .2 5 0 .0 — 6 .2 2 6 .0 Biglietti di Stato . . 2 .2 7 1 .3 2 .2 6 9 0 — 2 . 3 Biglietti, di Banca per

lo Stato . . . . 1 0 .6 2 9 .7 10 .3 3 3 .1 — 2 9 6 .6 Debito verso l ’estero . 2 0 .2 0 2 .3 2 0 .2 6 6 .0 + 6 3 .7

Gli effetti finanziari dell’emissione del sesto pre-stito nazionale si riverberano nelle cifre risguardanti la composizione del debito d'elio Stato italiano, le quali indicano l ’aumento del debito consolidato perpetuo, e la diminuzione del debito fluttuante. L ’andamento del­ le snese di bilancio — ingrossate dall’ascesa degli o- neri per interessi dalle liquidazioni e dagli strascichi ! lasciati dal periodo bellico, e dal fardello assai grave ! assunto dallo Stato per gli approvvigionamenti alimen- | tari del paese —- è stato cagione dell’aumento di ol­ tre dieci miliardi nello importo globale del debito, ma senza aumento, anzi con una qualche diminuzione, nella somma dei biglietti circolanti a carico dello Stato.

Invece l ’ammontare complessivo della circolazione cartacea che, al 31 dicembre 1919, ascendeva a 18 miliardi e mezzo di lire, era salito a più di 20 miliar- 5 di il 30 giugno decorso. Siffatto aumento è dovuto e- | sclusivamente alle accresciute emissioni, come risul­ tato delle operazioni degli Istituti di emissione, indi­ pendentemente dalle somministrazioni di biglietti nello interesse dello Stato.

Secondo le situazioni dei conti degli Istituti di emissione, la circolazione dei rispettivi biglietti det- j| ta per conto del commercio, fra il 31 dicembre 1919 ; e il 30 giugno 1920, crebbe da 5 .6 5 2 a 7.484 milioni | di lire : differenza in più 1.832 milioni, di fronte a una diminuzione di 282 milioni di debiti a vista, rap­ presentati massimamente da vaglia cambiari emessi dai tre Istituti. Per rendersi ragione di siffatto considere- | vole aumento, è opportuno di aver sott’occhio le cifre i che riferiscono la situazione delle operazioni fondamen­ tali degli Istituti di emissione alle due date accennate.

Eccola, in milioni di lire :

31 dicembre 1919 30 giugno 1920 Differenza Operazioni di sconto . 2 .0 4 3 .9 3 .9 3 1 .1 + 1 .8 8 7 .2 Anticipazioni . . . 1 .5 7 4 .5 2 .8 5 3 .4 + 1 .2 7 8 .9 Totale . . . 3 .0 1 8 .4 6 .7 8 4 .5 + 3 .1 6 6 .1

Se si aggiungono i pagamenti prorogati presso le Stanze di compensazione gestite dalla Banca d’Italia, e cioè L. 133 milioni per il 31 dicembre, e 3 20.4 mi­ lioni per il 30 giugno, le tre cifre totali su indicate di­ ventano, rispettivamente milioni 3 ,7 5 1 ,4 , milioni 7 ,1 0 4 ,9 , e milioni 3 ,3 5 3 ,5 di lire.

* * *

L ’incremento considerevole delle operazioni di scon­ to e di anticipazione su titoli concedute dagli Istituti di emissione spiega Taumento, in minori proporzioni, della circolazione dei biglietti per conto del commercio. Aumento che sarebbe stato aSsai più considerevole, 1

(1) Non compreso il debito in conto corrente del Tesoro verso ia Cassa dei depositi e prestiti, che nel primo semestre del 1920, si sa­ rebbe ridotto da 658 a 598 milioni.

Si avverta che si è considerato come debito dello Stato il valore dei biglietti ad esso direttamente somministrati dagli Istituti di emis­ sione a qualsiasi titolo, non sembrando conveniente di dedurre le somme per le quali lo Stato può risultare creditore verso terzi per l’uso di tali biglietti.

se la Banca d ’Italia non avesse potuto giovarsi, prov­ visoriamente, dei fondi della Tesoreria da essa ge­ stita. ingrossati dagli incassi del sesto prestito. ( 1 ) A cagione di una tale condizione di cose, il saggio dello sconto venne elevato da 5 a 5 1/2 per cento il di 6 aprile e a 6 per cento 1 ’ 11 maggio decorso.

Quali le cause? Anzitutto raumerito generale dei bisogni di credito per le industrie e_ i commerci, in parte non trascurabile determinato dall’aumento con­ siderevole dei prezzi e delle mercedi; poi, e in modo forse più sensibile, la ripercussione bancaria delle sot­ toscrizioni al sesto prestito nazionale nell’interno del Regno. Siffatte sottoscrizioni ascesero complessivamen­ te — esclusi 1 collocamenti all’estero — a 18,336 milioni di lire, delle quali 8069 milioni in contanti e in cedole, e il resto, 10,267 milioni, in buoni del Te soro. e in altri titoli, s ’intende a valor nominale.

Questa seconda forma di sottoscrizione, risolven­ dosi in una trasformazione di debito fluttuante, dello Stato in debito perpetuo consolidato, non deve avere avuto che un’influenza limitata sul mercato, salve le conseguenze derivanti dal ribasso del titolo, che, oiù tardi, ha ridotto di oltre 12 per cento la disponibilità patrimoniale dei suoi possessori, e, nello insieme ed entro una certa misura, ne può aver accresciuto il biso­ gno e le domande di credito. Ma la sottoscrizione al prestito in contante, che recò al Tesoro un introito net­ to, di circa 7 miliardi di lire, assorbito dalle casse e- rariali quasi per inero nei primi tre mesi dell'anno, doveva necessariamente recare qualche ripercussione, più o meno immediata e più o meno vibrata, su la si­ tuazione dei conti degli Istituti emissione.

Così vediamo che la massa delle operazioni della Banca d’Italia, dall’ultimo giorno dell’anno 1919 alla sera del 31 marzo 1920, salì da 2 ,8 5 4 .2 a 4 ,2 9 4 .8 mi­ lioni di lire, vale a dire si accrebbe di oltre 1440 milioni : a questo aumento avendo contribuito, per ben 974 milioni, le operazioni su pegno di titoli dello Stato.

E un tale fatto non può destare nè meraviglia, nè sorpresa a chi, anche superficialmente, rifletta all’a­ zione esercitata dagli organi governativi, di conserva con quelli d ell’opinione pubblica, per spingere con o- gni mezzi le sottoscrizioni (2). Basterà, fra l ’altro, di rammentare le dichiarazioni ripetute dal Ministro del Tesoro allora in carica, per le quali facevasi inten­ dere la possibilità dell ’emissione di un prestito forzoso, aualora insufficiente fosse risultato quello volontario. E davasi affidamento tassativo ai sottoscrittori del sesto prestito che sarebbe stato tenuto conto delle rispetti­ ve sottoscrizioni, per dedurle dalle quote del prestito forzoso, nella eventualità di una sua applicazione. Per altro verso, le maggiori Banche, consorziate allo scopo di assicurare l ’esito della grande operazione fi­ nanziaria, non risparmiarono 'eccitamenti ai sottoscrit­ tori, premendo su le Società industriali loro clienti, e facendo dello interesse pubblico argomento e opera di intensa emulazione, non disgiunta da una vivace con­ correnza di prestigio, verosimilmente anche a sca­ pito momentaneo dei rispettivi interessi. E così si spie­ ga. a parer nostro, come, se Remissione del sesto pre­ stito nazionale non ha premuto soverchiamente su le giacenze dei conti correnti e dei depositi a titolo di

ri-(1) Alla fine dell’anno 1919, la Banca d ’Italia aveva un credito verso io Stato per deficienza della do*azione risguardante il servizio di T e­ soreria di oltre 211 milioni. Invece, al 31 marzo 1920, il Credito del Tesoro verso la Banca per i fondi giacenti nella Regia Tesoreria era di 1366 milioni. Al 30 giugno questo credito era di 350 milioni.

" (2) L ’ex ministro del Tesoro, senatore Schanzer, nel suo discorso iniziale di propaganda per il prestito (pronunziato il dì 7 dicem­ bre 1919), dichiarava :

(3)

' ’

10 ottobre 1920 - N. 2423 L’ECONOMISTA 559

sparmlo delle maggiori Banche di credito ordinario, ha, invece, esercitato un influsso molto sensibile su le loro operazioni di riporto e di anticipazione, cresciute straor- . dinanamente nel primo semestre dell’anno corrente (1). Infatti per le sole quattro Banche più raguadevoli, si ebbe un incremento Jn siffate operazioni di oltre 850 milinoni di lire. Incremento certamente non indifferen­ te al risconto presso gli Istituti di emissione, e a ll’ac­ crescimento della circolazione dei loro biglietti al por­ tatore.

ut- * *

Le cose sin qui dette indurrebbero, quindi, a con­ cludere che le iterazioni per 1’emissione del sesto pre­ stito nazionale abbiano contribuito, e in larga misura, a ll’aumento della circolazione bancaria per conto del commercio. E l ’entità dei nuovi titoli 5% non ancora assorbiti dai risparmi effettivamente disponibili, tocca dall’aumento inevitabile della ragione ufficiale dello sconto e dell’interesse da 5 a 6% , fu cagione che il mercato risentisse con maggiore forza le conseguen­ ze del disegno di legge per la nominatività dei titoli estesa alle rendite dello Stato, in ùn momento in cui i bisogni della economia del paese si facevano sentire di più, e la quantità dei mezzi disponibili si era ristret­ ta, anche a seguito della larga sottoscrizione del pre­ stito di consolidamento.

In fine non par superfluo di notare che, durante il primo semestre di quest’anno 1920, il valore nominale dei titoli consolidati e redimibili pròpriamente detti emessi a debito dello Stato, sarebbe cresciuto da circa 35 miliardi e mezzo a oltre 52 miliardi di lire, cioè in una proporzione corrispondente a .poco meno di 50 per cento : di tanto aumentando le scorte alle quali si attinge per le operazioni di anticipazione e di riporto. La aual cosa non significa che a codesto peso non si possa resistere senza soverchia fatica, tanto più che una närte importante de! maggior debito defluì verso l ’estero, pure impegnando per somme non lievi la bilan-

J

eia dei nostri pagamenti internazionali futuri. Signifi- j ca bensì, che è mestieri ancora di dar tempo al tempo,

j

per assorbire e digerire a pieno i venti miliardi nomi­ nali dell’ultimo prestito, mentre non cessa, ma si rav-

I

viva, l ’emissione dei buoni del Tesoro di ogni specie. Fra tanto, il biglietto di Banca — quello che si con­ sidera emesso per conto del commercio •—- esercita la funzione di appoggio, se non proprio di sostegno, della finanza : una funzione che si potrarrà insino a che du­ rerà ili periodo transveunte indispensabile alla formo zione di nuovi risparmi destinati a estinguere i debi­ ti privati accesi per coprire debiti pubblici.

Di certo fu errore quello di credere, 0 di far crede­ re, che, tutto a un tratto, la circolazione dei biglietti, presa nel suo insieme._ sarebbe stata ridotta notabil­ mente, obliando di considerare che. appunto a cagione del prestilo, la circolazioné bancaria propriamente detta sarebbe stata considerevolmente accresciuta, e che si sarebbero ridotte le disponibilità preesistenti de­ stinate ai commerci e a ogni maniera di industrie. Via via che si andrà assestando il prestito, non ancora col­ locato stabilmente nelle mani dei risparmiatori, la cir­ colazione cartacea messa in movimento dalle opera­ zioni di credito relative si ridurrà sino a scomparire. 1

(1 ) Per quanto concerne l’andamento dei conti correnti e dei depo­ siti a risparmio, si nota che il valore complessivo di quelli esistenti presso i quattro maggiori Istituti italiani di credito ordinario, da 2561 milioni di lire che essi segnavano alia fine del 1919, si restrinse di appena 29 milioni nel successivo mese di gennaio, per risalire a quasi 2560 miiioni sin dal 29 febbraio. Alla fine del trimestre essi superavano 2600 milioni, di poi non s’è arrestato ¡1 loro incremento.

Per le Casse di risparmio postali, la consistenza dei depositi ha se­ guito una tendenza analoga : si avvertì una leggera diminuzione, da 5190 a 5179 milioni di lire, nel gennaio; ma alla fine di febbraio, la cifra dei depositi ascendeva a 5232 milioni, largamente superata nei mesi successivi. — Per contro, a riguardo delle Casse di risparmio ordinarie, durante il primo trim estre, si riscontrò una diminuzione nel credito totale dei depositanti da 5342 a 5790 milioni di lire, certa- | mente per la trasformazione dei depositi nei titoli del sesto p restito.

seguendo passo a passo la riduzione e la cessazione dei bisogni che hanno promossa la creazione. Quanto aH’accreseiuta circolazione dei biglietti, conseguente alle oiù forti domande di credito prodotte da bisogni reali del -lavoro in paese, e accolte nella misura rite­ nuta necessaria per non creare condizioni di decisa crisi economica, con propabilì riverberazioni di carat­ tere. sociale, non sernbre che vi possano essere moti­ vi di seria preoccupazione, l ’equilibrio dovendo rista­ bilirsi, entro un congruo lasso di tempo.

Siffatta circolazione bancaria, anche enfiata, non ha la pesantezza e la immobilità di quella creata, in forma di biglietti governativi e di biglietti bancarii emessi per fronteggiare esigenze del Tesoro, cioè del- Ta_ circolazione che rappresenta una parte notabile del debito dello Stato. Come già si è detto, questa circo­ lazione ascende complessivamente a. 12 miliardi e mez­ zo di lire. Nella quale somma complessiva sono com­ presi i biglietti emessi, sia per ritirare i buoni della Cassa veneta di prestiti (1), che circolavano nelle pro­ vinole italiane invase dal nemico, sia per cambiare

1,700 milioni di corone austriache, la più gran parte delle quali aveva corso legale nelle terre del caduto impero absburghese destinate a congiungersi al Regno. Sarebbero, in tutto, non .menti di 800 milioni di lire, sostituenti una circolazione cartacea preesistente.

E così non sembra trascurabile il fatto che una por­ zione abbastanza importante dei biglietti somministra­ ti dagli Istituti di emissione allo Stato dovrebbe rien­ trare automaticamente, via via che essa abbia esaurito il suo ufficio di semplice strumento di temporanea an­ ticipazione di fondi a terzi, obbligati al rimborso. Se non erriamo, trattasi, oggidì, di un ammontare non in­ feriore a duo miliardi di lire. Par doveroso di tener conto di tutto ciò nel rilevare la consistenza"\della cir­ colazione cartacea italiana che figura a carico dello Stato, e nel valutarne le conseguenze più vicine o più lontane di carattere finanziario. (2)

A ogni modo ogni cura, ogni azione, dev’essere rivolta a ridurre nel suo insieme l ’enfiagione moneta­ ria, che si ripercuote sui prezzi e sulle mercedi, e pre­ me su1 bilancio dello Stato, riducendo il valore effet­ tivo dei tributi e ingigantendo le spese. (3)

* * *

La guerra ha sconvolto le condizioni dei rapporti commerciali dell’Italia con l ’estero, comè appare del valore del nostro commercio speciale di importazione e di esportazione (sciusi i metalli preziosi) dal 1914 a tutto l ’anno 1919.

Se si risale a ll’ultimo anno di pace (1913), l ’ecce­ denza delle importazioni italiane sulle esportazioni cor­ rispondeva a un valore di 1 ,134 milioni di lire.

(1) Sorto stati censiti di tali buoni della .Cassa Veneta per un am trionfare di oltre 106 milioni di lire venete.

(2) Didamo Che « figura » a debito deilo Stato, poiché la sommi­ nistrazione dei biglietti emessi dagli Istituti di emissione è fatta allo Stato, che ne risponde, indipertdentetflente dai fini ai quali le sommi­ nistrazioni sono rivolte. Partita importante è quella di 700 milioni di lire fomite dagli Istituti alla Cassa dei depositi e p restiti, a ttra ­ verso il Tesoro, per le operazioni seguite. Le floride condizioni della Cassa medesima potrebbero consentirceli cancellare gradatamente questo debito, profittando dell’aumento successivo dei depositi, se Io consentis­ sero del pari le condizioni del Tesoro. Le anticipazioni fatte, con.obbligo di rimborso, per il finanziamento delle derrate alimentari, dovrebbero dare un rimborso complessivo superiore al miliardo. — A siffatte due partite principali andrebbero aggiunte queste-altrc (i dati, in milioni di lire, si riferiscono al 31 luglio 1920) risguardanti anticipazioni : per la coltura dei c e r e a l i ... per la ricostituzione del patrimonio zootecnico delle provincie

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560 L’ECONOMISTA 10 ottobre 1920 - N. 2423 Pur tenuto conto delle variazioni subite da tale ci­

fra -e r effetto delle altre partite, attve e passive, me­ no importanti nelle nostre relazioni di credito e di de­ bito verso l ’estero, si può dire che il deficit risultante fosse, al pari di quello degli anni precedenti, princi­ palmente compensato :

a) dalle somme spedite in patria da cittadini ita­ liani emigrati all’estero, o da essi portate al momen­ to del rimpatrio;

b) dalle spese di ogni specie dei turisti stranieri viaggianti -in Italia.

Normalmente, quindi, lo sbilancio trovava il pareg­ gio, un anno per l ’altro, in elementi compensatori spe­ ciali al temno di pace. (1) Anzi, nel decennio che pre­ cedette la guerra, gli elementi attivi della bilancia dei pagamenti fra l ’Italia e l ’estero riescirono a compensa­ re un cospicuo assorbimento di titoli dello Stato, fondia- rii e sociali, che erano già stati collocati a ll’estero, e qualche impiego non trascurabile del risparmio ¡‘aliano in valori stranieri ; impiego favorito dalla differenza fra il reddito di allora dei titoli italiani e quello più al­ to.di parecchi titoli stranieri. (2)'

Il conflitto europeo, dando straordinario impulso al­ le importazioni dei paesi belligeranti, sopratutto a quelle dei rispettivi governi per le necessità belliche pose l 'Italia in condizioni di inferiorità di fronte agl altri Stati partecipanti al conflitto, data la scarsezza relativa de’suoi crediti verso l ’estero preesistenti al­ la guerra pure paragonati all’entità del solo sbilancio mercantile. Al quale venivano, invece, a sovrapporsi ingenti pagamenti dovuti all’estero a cagione di riti­ ri di capitali stranieri impiegati in Italia in misura più cospicua dei corrispondenti assorbimenti nostri, anche per il rapido movimento centripeto dei titoli italiani di varia specie già collocati a ll’estero. Siffatto movimen to, iniziato durante la neutralità italiana, continuò nel

periodo bellico con l ’Austria sino alla dichiarazione di guerra alla Germania.

Ridotto il valore originario delle rimesse degli emi­ granti italiani e. cessate quasi del tutto, negli anni del­ la guerra, le spese dei forestieri in Italia — spese di certo non sostituite adeguatamente da quelle delle trup­ pe alleate opranti, o soltanto di passaggio, sul territo­ rio italiano — il crescente disavanzo mercantile non trovò la preesistente compensazione nelle citate partite attive della bilancia del pagamenti, non soltanto, ma si aggravò notabilmente per gli accennati moltiplicati e ingenti pagamenti da farsi all’estero.

Considerato il periodo che corre fra il primo luglio 1914 e il 31 dicembre 1919, si riscontra che l ’ecce­ denza dei valori delle merci importate su quelli delle merci da noi esportate va rappresentata dalle cifre se­

guenti : secondo semestre 1914. anno 1915 . . . . » 1916 . . . . » 1917 . . . . » 1918 . . . . » 1919 . . . . (1) 112 milioni 2 .1 7 0 » 5 .3 0 2 » 10.683 » -1 2 .6 9 4 » 10.000 » Totale . L . 40.961 milioni

calcolato a circa 27 miliardi di lire in carta, secondo il prezzo dei cambi quotati al tempo della riscossione e della utilizzazione dei prestiti ottenuti. Si trattereb­ be di una quota coi rispondente a circa 65 er cento del

deficit mercantile sopra indicato. (1)

Ora è appena necessario di notare che, a ll’intento di determinare la situazione dell’Italia, in conseguenza della guerra, a riguardo deH'ammontare dei pagamen­ ti e delle riscossioni e delle relative compensazioni internazionali, sarebbe mestieri di non limitarsi a con­ siderare le partite fondamentali indicate sopra, ma di tener conto1 diligente di altre partite di uscita e di en­ trata atte a modificare, anche notabilmente, le risultan­ ze ottenute in modo sommario a mezzo di consueti raffronti.

In fatti durante e a seguito della guerra, taluni capi­ toli della parte attiva, come di quella passiva, del bi­ lancio dei pagamenti internazionali, ebbero un note­ vole sviluppo, e altri si impostarono ex-novo, modifi­ cando alquanto la struttura del bilancio stesso consi­ derato nella sua situazione pre-bellica.

Si accenna a titolo dimostrativo, al valore cospicuo di orodotti ordinati e pagati all ’estero, e non registrati dalle statistiche doganali, perchè non giunti a destina- I zione per il fatto dei nemici ; alle spese dipendenti da spedizioni e occupazioni militari ; a forti noleggi e pre­ mi di assicurazione pagati a ll’estero. Questi e altri capitoli passivi del bilancio dei pagamenti hanno ag­ giunto somme molto alte al debito che appare dal con­ fronto del disavanzo puramente commerciale con l ’am­ montare dei prestiti statali esterni.

Per contro, a ridurre l ’accennata differenza com­ plessiva, intervennero, anche per l ’Italia, elementi di compenso non trascurabili, quali : il collocamen­ to dei prestiti italiani a ll’estero, e la vendita, pure a ll’estero, di Buoni e di altri titoli di Stato per somma molto considerevole ; (2) i crediti privati ottenuti e pro­ rogati a fronte dei pagamenti che il mercato avrebbe dovuto eseguire per importazione di merci estere o per altro titolo ; i maggiori guadagni della bandiera nazio­ nale. E i vecchi fattori del nostro bilancio attivo vide­ ro noi risorgere e ravvivarsi l ’azione loro. Si allude segnatamente alle rimesse di fondi in patria degli Ita­ liani residenti a ll’estero. Attraverso le alterne vicende cagionate dal conflitto europeo, esse hanno pur sempre sebbene in molto minor misura, fatto sentire il loro benefico influsso. Esse ora riprendono, in proporzioni soddisfacenti, e meglio riprenderanno, se non porte­ remo condannevoli inceppamenti alla emigrazione e all’incremento delle economie fatte dagli Italiani al­ l ’estero. (3) Nè si può dire che, in particolar modo 1 2 3

(1) Importo ai prezzi provvisori calcolati per l’anno 1919.

A fronte di siffatto disavanzo commerciale comples­ sivo, l ’Italia aveva potuto contrapporre il ricavo net­ to dei debiti statali dà essa contratti all’estero, ricavo

(1) Non è stata data la dimostrazione analitica nella Memoria : « Su la bilancia dei pagamenti fra l ’Italia e resterò ». Roma T ip . Nazio­ nale, 1912.

(2) Notiamo, a cagion d ’esempio, che, mentre nell’esercizio finan­ ziario -18$)l-92 l’ammontare dei pagamenti netti eseguiti all’estero dal Tesarti italiano per il complesso dei debiti statali (interessi e ammor­ tamenti) fu di 2 1 8 .6 milioni di lire, nel 1901-902 fu di 102 milioni, e nei 1909-910 di soli 60 milioni. — In quest’ultimo decennio ebbe luogo la conversione, in due tempi (dal 1° luglio 1907 al 1° gen­ naio 1912 a 3 .7 5 % e dal 1° luglio 1912 a 3 .5 9 % ) di tu tta la ren­ dita perpetua 5 % , soggetta alla imposta di ricchezza mobile nella misura di un quinto, nella rendita netta 3 % per cento.

(1) Dalla Esposizione finanziaria fatta alla Camera dal Ministro del Tesoro (on. Schanzer) il 16 dicembre 1919, si rileva, anno per anno, l’ammontare in lire dei debiti creati dallo Stato all’estero :

1915 (luglio-dicembre)... 1 2 6 9 .6 1 9 1 6 ... 2900.1 1917 ... 8 2 2 8 .5 1918 ... 9 0 3 5 .9 1919 (gennaio-settem bre)... 5 5 2 7 .2 (2) In occasione dell’emissione del quinto prestito nazionale (prim i mesi del 1918) furono collocati all’estero titoli 5 % per un valore nominale di 5 9 1 .2 milioni di lire; e in occasione del sesto prestito emesso nei primi mesi del 1923, furono parimenti collocati a ll’estero, titoli della medesima specie per 1976 milioni di lire, a valor nominale.

La rappresentanza a New Y o rk dell’Istituto nazionale per i cambi coll’estero, ha potuto collocare nel 1919 — segnatamente fra gli Ita­ liani residenti negli Stati Uniti — nostri buoni del Tesoro pluriennali per un valore nominale di 90 milioni, e titoli del Consolidato 5 % per circa 59 milioni di valor nominale.

(3) A titolo di semplice indice si riportano le cifre delle rimesse degli emigrati pervenute in patria a mezzo del Banco di Napoli (mi­ gliaia e centinaia di migliaia di lire) ;

Dai soli Media annuale Anno Totale S ta ti Uniti del cambio dei

(5)

10 ottobre 1920 — N. 2423 L’ECONOMISTA dopo gli armistizi del novembre 1918, abbia fatto per

intero difetto la corrente dei forestieri in Italia. Anzi, considerando da Luna parte l ’altezza dei prezzi nel Regno, e dall’aLra l'elevatezza del cambio delle valute meglio apprezzate, come i dollari e le sterline, si può concludere che l ’ammontare della spesa in lire-carta possa da ultimo, aver raggiunto cifre assai ragguar­ devoli. •

L ’altezza del prezzo del cambio non è senza influs­ so nello spingere le esportazioni e nel frenare le im­ portazioni; ma i danni che derivano dall’atuale diversa e distinta situazione delle valute nei differenti paesi, a cagione dell’azione dispiegata in vario senso dal mo­

vimento irrequieto dei cambi, sono incalcolabili. Per quanto concerne il commercio speciale dell’Ita­ lia con l ’estero, l ’andamento è migliorato nel primo se­ mestre di opest’anno. Paragonando i dati offerti dalle statistiche riguardanti il1 1 2 3 periodo dal Lo gennaio al 30 giugno 1920 con quelli del periodo corrispondente del 1919, si trae che le importazioni in Italia sono di-' minuiìe di 100 milioni e le esportazioni dall’Italia so­ no aumentate di 1784 milioni, così che l ’ammontare del disavanzo tra l ’entrata è l ’uscita delle merci sareb­ be diminuito per un valore di 1884 milioni di lire. (1) Non si può presagire se una tale proporzione di mi­ glioramento potrà conservarsi per l ’anno intero, di fronte alle cattive condizioni dei raccolti granari, le quali esigeranno un aumento considerevole di appro- vigionamenti a ll’estero, verosimilmente noti compen­ sabile con un corrispondente incremento delle esporta- i zioni dei prodotti italiani.

* * *

Fra tanto i prezzi dei cambi con l ’estero continua­ no a essere pertinacemente avversi a ll’Italia,

j

L ’andamento di essi su le piazze di Parigi, Londra, Nuova York e su la Svizzera, dalla fine del 1913 al- ; la fine del 1919, risulta dalle medie mensili riprodot- | te nella tabella VII allegata al volume ricordato, e dal | grafico relativo, che ne fa meglio spiccare le tendenze

e le vibrazioni.

Considerando i soli corsi .del Londra e del New York, perchè di più schietta ed efficace rappresenta­ zione, si traggono questi elementi comparativi :

M edia dei cambi d ell’Italia su Londra su New Y o r k ’ quotazione ragguaglio quotazione ragguaglio P arità delta sterlina e

— a 100 — a 100 del dollaro . . . 2 5 .1 5 100 5 .1 5 100 Dicembre 1914 . 2 5 .8 8 1 0 2.90 5 .3 0 1 0 2.90 Dicembre 1915 . . . . 3 0 .9 7 123.15 6 .5 7 1 2 7.57 Dicembre 1916 . . . 3 2 .5 0 1 2 9.22 6 .S 5 133.01 Dicembre 1917 . 3 9 .5 6 157.33 8 .2 9 160.97 Giugno 1918 . . . 4 3 .7 5 173.95 9 .1 0 176.70 Dicembre 1918 . 3 0 .3 7 1 2 0.75 6 .3 4 1 2 3.10 Dicembre 1919 . . . 5 0 .0 8 199.12 13.07 2 5 3 .7 8

Salvi gli ondeggiamenti dei corsi dipendenti dalle stagioni, e da circostanze anche di carattere militare e politico variamente influenti, si può dire che, dal me­ se di luglio 1914 al mese di giugno 1918, la curva rappresentante i prezzi dei cambi dell’Italia su l ’este­ ro abbia seguito una linea quasi costantemente ascen­ dente. Si precipita in basso da luglio ad agosto 1 918; si stabilizza da settembre 1918 a marzo 1 919; risale gradatamente, in moderata misura, finora luglio dello stesso anno 1 9 1 9 ; poi l ’ascesa si accentua è, dal mese di settembre, il movimento al rialzo non ha più freno. Alla fine del 1919, i prezzi dei cambi su Londra e su New York sono quotati più alti di tutti quelli segnati durante il periodo della guerra e dell’armistizio.

(1 ) V alori, ai prezzi del 1919, delle merci scambiate dall’Italia con Testerò nel primo semestre del 1919 e del 19 2 0 :

Importazioni Esportazioni Differenza 1920 gennaio-giugno . . . . 8 .4 1 3 .7 3 . 8 9 2 . 0 ' 4 .5 2 1 .7 1919 gennaio-giugno . . . . 8 .5 1 3 .3 2 .1 0 7 .8 6 .4 0 5 .5 Difierenza dai 1919 al 1920 — 99.45 + 1 .7 8 4 .2 — 1 .8 8 3 .8

La situazione favorevole dell’accennato periodo a- '■ gosto 1918-giugno 1919, come è ben noto, non rispon- j de a condizioni economiche normali di mercato libe- ro ; nè può attribuirsi alla sola azione, per sè stante, dell Istituto nazionale per i cambi con l ’estero, che in- * cominciò a operare nel marzo 1918, vale a dire quattro ; mesi prima dell accennata rivoluzione nel corso delle i divise. (1)

Gli è che, n ell’estate di quell'anno, intervennero \ accordi internazionali, accompagnati da larghezza di crediti aperti dalla Tesoreria federale di Was .hington, grazie ai qualifl si potè conseguire una determinazione di prezzi non risultanti da contrattazioni per domande e offerte, ma stabiliti, quasi d ’imperio, sotto gli au­ spici e le direttive americane. (2) Cessata la guerra e in piena applicazione del regime di armistizio, per movimento d ’iniziativa del Governo federale, gli ac­ cennati accordi furono sciolti appunto nel'm arzo del 1 9 1 9 e poco appresso anche le larghe sovvenzioni ai fini della guerra vennero chiuse. La ripercussione di questi fatti salienti sul corso dei cambi forestieri dei vari paesi non poteva non essere energica : lo fu se­ gnatamente p e r -l’Italia, in condizioni più sfavorevoli per ricevere l ’urto. Basti riflettere che, dal marzo 1918 a tutto-giugno 1919, il Tesoro italiano potè pro= fìttare di un concorso complessivo americano e bri­ tannico di circa 8 9 0 0 milioni di lire oro, il quale venne a mancare nei mesi successivi, determinando, insieme, un ingente difetto nell’attivo del nostro bilancio dei pagamenti internazionali, e un accrescimento cospicuo neH’ammontare della circolazione cartacea interna. In presenza di tutto ciò — volendo pur prescindere da contingenze, speciali a ll’Italia, influenti sul così detto

fattore psicologico dei cambi' con l ’estero — non può

sorprendere l ’andamento delle quotazioni posteriori a ll’autunno del 1919.

Questa succinta esposizione dei fatti non implica un giudizio intorno alle conseguenze, internazionali e na­ zionali, della politica dei cambi seguita, durante l ’inten­ sificarsi dell’azione bellica per giungere alla vittoria. Ma sembra che possa essere lecito di porre obiettiva­ mente e serenamente la questione : se la larghezza dei crediti aperti e dei corrispondenti indebitamenti, a c ­

cessi a ll’estero in misura non proporzionata alle forze

ricostruttrici, e se l ’artificiosa, sebbene giustificata, comnressione del corso dei cambi descritta sopra, non siano per avventura tra i fattori, per.quanto nascosti, della situazione attuale.

L ’andamento dei prezzi dei cambi d ell’Italia con l ’e­ stero, nei primi sette mesi di quest’anno 1920, è in­ dicato dal seguente specchietto, che si riferisce ai rap­ porti con la Svizzera, Parigi, Londra e New York. (3) 561 I

(1) Intorno all’Istituto nazionale per i cambi con l ’estero, veggasi la nota con la quale il suo Presidente accompagna al Ministro dei Tesoro il volume: « Legislazione e disposizioni amministrative riguardanti il commercio dei cambi con l’estero » . Roma, Stab. tip . Colombo, 1920.

(2 ) Giova di rammentare come, sino dal mese di giugno 1918, il Governo degli Stati U niti, a mezzo del Federal Reserve Board, aveva fatto divieto a tu tte le Banche americane sia di rimettere cambi esteri ’n Italia per acquisti di lire, sia di promuovere o di accettare offerte di lire italiane provenienti da altri m ercati europei o extra-europei. Analogamente, l ’Istituto italiano per i cambi con l’estero aveva vie­ tato a tu tte le proprie agenzie, operanti in Italia, di negoziare cambi rimessi da Banche americane per acquisto di lire. Quindi, le Banche americane non avevano altro modo di coprire il rispettivo fabbisogno di cambio su l ’Italia a ll’infuori di quello di ricorrere, per l’acquisto delle lire occorrenti, alla rappresentanza di New-York dell’istituto medesimo, il quale era così messo in grado d ’imporre al mercato ame­ ricano quel qualsiasi rapporto di scambio fra la lira e il dollaro che, d’accordo con quell’ufficio bancario federale, ai due Governi fosse sem­ brato opportuno di stabilire. — Siffatto accordo con gli Stati U niti era collegato ad altre opportune intese con altri Stati principali: di­ versamente, cessando l ’assorbimento da parte del mercato americano delle offerte di lire, provenienfi dagli altri m ercati, su questi ultim i si sarebbero prodotti dannosi ribassi net valore della lira italiana.

(6)

562 L'ECONOMISTA 10 ottobre 1920 - N. 2423

(M edie mensili)

Svizzera Parigi Londra New-York Dicembre 1 9 1 9 . . . . 2 4 1 .6 7 1 2 1.92 5 0 .0 8 13.07 Gennaio 1920 . . . . 2 5 1 .3 4 120.51 5 1 .6 0 13.99 Febbraio. . . 2 9 6 .1 4 128.89 61.71 18.21 Marzo . . . 3 2 1 .2 4 136.21 7 0 .5 5 19.03 Aprile . . ■ . 4 1 0 .4 6 1 4 2 .4 0 ■ 9 0 .4 2 2 2 .9 4 Maggio . . . 3 5 1 .5 9 1 3 3.65 7 6 .9 9 19.76 Giugno . . . 3 0 8 .9 8 133.64 6 7 .1 4 ' 16.89 Luglio . 141.12 6 7 .3 0 18.17

Come si trae dai dati raccolti nello specchietto, l ’i- nasprìmento del cambio nei primi mesi dell’anno-è stato impressionante, la curva relativa raggiungendo, in aprile, le massime vette; poi declinando alquanto, ma non in misura soddisfacente, perocché i corsi attuali del Londra e del New York, i quali meglio esprimono la situazione del mercato relativo, superano ancora no­ tabilmente i prezzi già aggravati del passato gennaio.

S ’invoca un rimedio a questo stato delle cose, sia per le conseguenze perniciose a tutta l ’economia na­ zionale derivanti dall’alta misura dei. prezzi di ciò che l ’Italia deve trarre dall’estero, e dalla svalutazione del­ lo strumento dei pagamenti all’interno, che altera i rap­ porti economici preesistenti, e, con gli ondeggiamenti nella sua potenza di acquisto, disturba ogni relazione di scambi, e moltiplica le così dette speculazioni di congiuntura ; sia per la sua azione deprimente su la compagine e l ’assetto della finanza pubblica. 11 Go­ verno italiano si è sforzato e si sforza di curare il male con provvedimenti risoluti di finanza e di Tesoro, in­ tesi a ridurre i disavanzi del bilancio statale, e con ciò a frenare i debiti sempre più onerosi e ad arginare la circolazione della carta-moneta e a ridurne l ’inflazio­ ne. Ma basteranno questi forzi interni, per quanto per­ severanti ed energici, senza un concorso efficace di ac­ cordi internazionali, i quali diano sollievo e alleggeri­ mento alla nostra situazione monetaria, e ci consen­ tano di liberarci dalla oppressione del debito esterno, che si ripercuote psicologicamente su la situazione attuale, e costituisce una grave minaccia per l ’av­ venire? Che cosa frutteranno le riparazioni di cui sa­ ranno capaci gli ex-nemici, e quali effettivi compensi frutteranno esse di rimpetto a ciò che dobbiamo agl) alleati e nem ici?

Sono questi problemi formidabili, e che non rigu ar­ dano noi soli. Tutte le nazioni sono interessate a uscire dal presente marasma, e a cercar eque soluzioni, per raggiungere un equilibrio, senza del quale le soffe­ renze generali non si attenueranno, ma si inaspriranno ai danni, non pure dell’economia dei popoli civili, ma dello stesso incivilimento.

Roma, 31 agosto 1920.

Bonaldo Stringher.

Il capitale straniero in Romania

La preponderanza del capitale straniero in Romania e il predominio assoluto che Francia e Inghilterra si apprestavano di comune accordo a esercitarvi, senza preventiva intesa con la nazione interessata, spingen­ do i propri finanzieri aH’accaparramento delle aziende e delle partecipazioni petrolifere, ancora sotto seque­ stro, in essa possedute da tedeschi austriaci, hanno giustamente suscitato in paese una reazione pubblica seguita a breve distanza da un energico intervento go­ vernativo col noto decreto-legge sui petrolii. Così scrive il do». Michele De Silvestri, direttore del giornale

Romania su . tale proposito :

Cecchè si voglia osservare in merito alla portata del decreto e alla forma con cui potrà essere applica­ to, le ragioni sostanziali d’el catenaccio romeno non si possono disconoscere. Come non si può disconosce­ re che il movimento dei capitali indigeni, con cui in Romania si tende a moltiplicare società nazionali in concorrenza alle vecchie società infeudate alla finanza straniera riuscirà benefico all ’assestamento, economi­

co e sociale romeno., La nazione-esce di minorità,

e pur accettando collaborazioni e scambi, non tiene affatto a sfruttamenti semi-coloniali; vuol far da sè, provvedere a sè, bastare fino,al possibile a sè. Ed è appunto nella considerazione del fabbisogno interno in rapporto alle sue proprie risorse, eh ’essa trova le più essenziali ragioni per l ’intervento di stato. Nell’an­ teguerra infatti il consumo interno assorbiva del pro­ prio petrolio cinquecento vagoni che costituivano il 43% della produzione quotidiana. Oggi tale fabbiso­ gno, con l ’allargamento del territorio romeno, è rad­ doppiato e triplicato. Ma non è nè raddoppiato nè tri­ plicato il rendimento per opera delle vecchie società -— lo troviamo invece scaduto da cinquecento vagoni giornalieri a duecentoquaranta : dieci vagoni meno della metà della richiesta interna d’avanti la guerra, quando il paese, negli antichi confini, era .ben lontano dai fabbisogni attuali.

Era conveniente che la Romania restasse nella pa­ ziente attesa di una intensificata attività delle vecchie imprese, stimolate, tra difficoltà innegabili di ripresa, soltanto da convenienze finanziarie in rapporto ai ca­ pitali stranieri investiti e non delle inderogabili e pre­ potenti necessità nazionali, suscitatrici di ben altri impulsi? Poteva,senza tradire se stessa, lasciare l ’e­ conomia del paese a ll’arbitrio dell’alta finanza banca­ ria internazionale, ben poco sensibile agli interessi locali e pronta magari a sacrificarli, nel giuoco della concorrenza mondiale, riducendo la produzione o para­ lizzandone la esportazione? Possono senza: dubbio coincidere, l ’interesse nazionale romeno e quello del­ le vecchie organizzazioni bancarie straniere, ma senza dùbbio possono anche non coincidere sempre. E al­ lora?

Furono tentate, negli ultimi tempi, diversioni pole­ miche, specialmente inglesi e francesi, in un altro cam­ po : quello su ll’entità varia degli effettivi investimen­ ti di capitale straniero in Romania. Poiché un defi­ nitivo accertamento post-bellico e un sicuro bilancio sono per ora impossibili, in mancanza di dati anche approssimativi, conviene rifarsi in proposito a ll’ante­ guerra immediato. E vi troviamo percentuali assolu­ tamente impressionanti: -il 23,7% d i capitale tedesco: il 19,5% di capitale olandese; il 18,8% di capitale inglese; il 12,9% di capitale austro-ungarico; 1 ’ 11,3% di capitale belga; il 7,3% di capitale francese;_il 4,8% di capitale americano; l ’ l,4 % di capitale italiano; 0,4% di capitale bulgaro.

Un ammontare di capitale straniero rappresentante 1 ’80,2% , di cui il 37% austro-bulgaro-germanico, che incamerato dai finanzieri franco-inglesi avrebbe mes­ so nelle loro mani addirittura il 6 3 ,1 % ! E si noti che queste percentuali sono assai modificate per effetto del­ la guerra e specialmente dalla occupazione tedesca. Limitatamente a ll’industria petrolifera sulla compar­ tecipazione di capitali stranieri, il quadro riassuntivo si trova in Das H andelsm u seum di Vienna, fascicolo dei- luglio decorse. Troviamo il 3 0 ,6 % di capitale austro- ungarico e tedesco; il 29,7% inglese; 1 ’ 11,3% anglo­ olandese; il 7,5% olandese; il 6,5% francese; il 4,7% americano ; il 2 , 1% belga : un totale del 92,4% (trascu­ rando le percentuali minime), di cui l ’8 5 ,6 % avrebbe potuto passare alla organizzazione bancaria anglo- franco- olandese.

Di fronte a tali cifre vien fatto di chiedersi e di ri­ cercare come abbia potuto effettuarsi prima della guer­ ra un simile infeudamento deH’indusiria romena a! capitale straniero, e quali caratteri vi abbia assunto : ricorro in proposito a ll’autorità d ell’lng. St. Emilian che fece uno studio accurato sopra lo sviluppo indu­ striale romeno sino alla conflagrazione europea, dal

1863.

« Par naturale, scrive, che dovesse predominare il capitale indigeno nelle imprese industriali, in un pae­ se di 136.0 0 0 km. di superficie, con un patrimonio - nazionale valutato da 26 a 30 miliardi, del quali 5 cir­

(7)

10 ottobre 1920 — N. 2423 L’ECONOMISTA 563 rivolte a creare un’industria nazionale, il capitale ro­

meno vi è, relativamente, poco investito. Le grandi imprese industriali, basate sullo sfruttamento delle vere ricchezze del paese, quali il petrolio e le foreste, appartengono in maniera quasi esclusiva al capitale estero.

Il capitalista romeno, nel maggior numero dei casi grande proprietario rurale, si accontenta del reddito delle sue terre ; altri, trovando un guadagno sicuro nel­

le ipoteche, che rendono loro dei benefici del 12, del 15% e anche più, molto difficilmente si contemano a impegnarsi in imprese industriali ; non ammettono che i benefici non siano realizzati subito e sopratutto di doverne restare completamente privi nei primi anni deH'impresa, durante i quali per lo più i benefici pas­ sano aH’ammortizzamento.

P er questa ragione il capitale romeno ha gravitato sopratutto in un ordine di affari in cui i benefici si realizzano subito : crediti fondiari, compagnie di tra­ sporto a base di concessioni, e quindi senza concor­ renza, banche in cui le operazioni dovute ai grandi movimenti agricoli e i prestiti accordati con parec­ chie solide garanzie (tre firme) assicuravano loro lar­ ghi e certi benefici. Ora, l ’industria è certo che non rientra in questa categoria : essa presenta certi rischi, reclama fatica e perseveranza, e i benefici, minimi in principio, divengono importanti sotto l ’impulso d ’una direzione intelligente.

Quasi tutte le imprese con capitale estero sono so­ cietà anonime : appartengono a sudditi stranieri anche imprese individuali, di cui non teniamo conto. Il ca­ pitale ripartito secondo nazionalità, e considerando solo le società anonime, è prospettato nella seguente ta­ bella :

Capitale tedesco 120.820.157 lei, la maggior parte in petrolio.

Capitale olandese 9 7 .9 0 1 .2 4 6 lei, — soltanto in pe­ trolio.

Capitale inglese 9 6 .9 2 2 .9 3 8 lei, — la maggior parte in petrolio,

Capitale austro-ungarico 6 5 .5 3 9 .5 2 5 lei, — la maggior parte nello sfruttamento forestale.

Capitale belga 5 7 .9 4 5 .3 2 7 , lei, — la maggior parte nello zucchero.

Capitale francese 3 7 .7 6 3 .0 0 0 lei, — la maggior parte nel petrolio.

Capitale americano 2 5 .0 0 0 .0 0 0 lei, — soltanto in petrolio.

Capitale itafiano 7 .5 5 0 .0 0 0 lei, — la maggior parte in petrolio.

Capitale bulgaro 1.577.025 lei, — (3 società: mec­ canica, di maccheroni di ceramica).

Totale 5 1 1 .0 1 9 .2 3 6 lei.

Come si. vede da queste cifre, i capitali esteri han­ no gravitato sopratutto sopra al petrolio, fuorché il capitale austro-ungarico investito nelle grandi imprese forestali.

Il capitale belga occupa quasi tutta l ’industria del­ lo zucchero; i capitali olandesi e americani sono im­ pegnati unicamente nel petrolio; il capitale inglese, quantunque molto importante, nel petrolio presenta upa grande differenza fra il capitale sottoscritto e quello versato, per il fatto che quasi tutte le com­ pagnie inglesi sono di data recente, essendo state co­ stituite principalmente nel 1912-14. Risulta anche dalle cifre suesposte che sopra il totale generale di 6 3 6 .5 5 6 .5 4 6 lei, rappresentanti dal capitale intiera­ mente versato dalle compagnie industriali romene ed estere, 5 1 1 .0 1 9 ,2 3 6 lei rappresentano il capitale e- stero, ossia una proporzione dell’80,2% , cifra molto eloquente che dimostra come la grande industria, com­

presa quella del petrolio, appartenga a ll’estero. Ne segue che nonostante la politica economica se­ guita dallo Stato dopo il 1886, nonostante le tariffe doganali del 1886, 1893, 1906, e le convenzioni commerciali, nonostante le leggi di protezione indu­ striale e quelle su ll’incoraggiamento dell’industria na­ zionale del 1887 e 1912, non è stato possibile di

crea-re in Romania una vera industria nazionale. Molto si è parlato e discusso di questa « industria nazionale », ma non si è mai tentato di contribuire a crearla col capitale romeno. 11 risultato si vide al momento del­ l ’entrata in guerra: olire al pericolo nazionale cui si espone uno Staio, trascurando le sue ricchezze col lasciarle in tali proporzioni nelle mani degli stranieri, poiché lo stato di guerra imponeva l ’allontanamento degli operai specialisti stranieri (venuti numerosissimi in Romania col capitali delle rispettive nazionalità), ne è seguita la paralisi di una serie di industrie di as­ soluta necessità in tmpo di guerra.

Vero è, lo ammette anche l'Emilian, che allora la Romania, pur volendo, non avrebbe potuto continua­ re con elementi propri a formare le maestranze spe­ cializzate e i tecnici specialisti, non possedendo quel complesso organico di scuole professionali e tec­ niche cui oggi comincia a pensare e a provvedere con alacrità.

Ma questa che per l ’appunto pare una causa del­ l ’abbandono romeno a una diretta compartecipazione , nella propria industria, ne è per conto anch’essa in gran parte un effetto.

Era assai facile e comodo lasciar fare altrui : dello sforzo risparmiato i Romeni non videro per troppo tempo lo svantaggio e i pericoli. E quando la Discon- fct G eseU schaft e la D eu tsche B an k tentarono l ’ac­ caparramento delle zone petrolifere romene, allora sol­ tanto essi videro la necessità di reagire con la crea­ zione di una grande impresa nazionale del petrolio, la Rom ania : per scuotere dall’inerzia il capitalismo in­ digeno era occorsa la minaccia d ’un pericolo nazio­ nale.

Ora il governo romeno batte risolutamente altre vie, verso la nazionalizzazione delle proprie industrie fon­ damentali, e per un cointeressamento statale agli utili che ne procedono.

Nella R efacerea industriala, anonima privilegiata per il finanziamento, l ’approvvigionamento e l ’organiz­ zazione dell’industria, su 100 milioni di lei di capi­ tale, il 50% è riserbato ai grandi e ai piccoli indu­ striali dell’intero paese, il 30% alle organizzazioni in­ dustriali e finanziarie, il 20% aperto alla pubblica sot­ toscrizione : ma lo Stato apporta i depositi di macchi­ ne e di materiale, che gli appartengono, come quota sociale in natura e per un valore che gli assicura l ’as­ soluta prevalenza.

Nella R econstructia, anonima privilegiata per il fi­ nanziamento, l ’approvigionamento e l ’organizzazione industriale costruttiva, su 3 00 milioni di lei il 40% è apportato dallo Stato, il 60% dalla pubblica sotto- scrizione.

Nella R eshii, anonima per l ’acquisto e la gestione delle ferriere e della acciaierie appartenenti alla So­ cietà austro-ungarica delle Ferrovie di Stato, la pre­ valenza del capitale romeno è assicurata da un apporto statale in miniere ed officine deil’A,rdeal e da altro ap­ porto riserbato a sottascrizioni romene per 50 milioni di lei, su 125 che costituiranno il capitale della Società.

Due altri decreti recentemente apparsi sul Monitorul

O fìcial, sono anche più significativi. Quello che stabi­

lisce il monopolio del commercio interno di tutti i prodotti petroliferi e quello recentissimo che proibisce senz’altro, salva speciale autorizzazione del Ministero dell’Industria, ogni concessione di diritti di sfruttamen­ to, ogni transazione relativa, ogni cessione, ecc. sotto qualsiasi titolo o forma e per qualsiasi causa, e con­ cernenti beni minerari, petrolio, gaz, metalli, acque mi­ nerali, forze idrauliche, ecc., e le imprese industriali j connesse, per tutta l ’estensione della Grande Romania.

(8)

564 L’ECONOMISTA 10 ottobre 1920 — N. 2423 ciati e attenuazioni ufficiose non distruggono la realtà

sostanziale dei provvedimenti. Così il Masterson ha voluto spiegare nel T im es che già da dieci anni rnpnrovvigionamento petrolifero in Romania è sottoposto al controllo governativo, dovendo cia­ scuna raffineria fornire un certo quantitativo a prezzi ■ determinati. La distribuzione del petrolio e dei deri­

vati era già di fatto interamente nelle mani della « Di- stribuitia C.o » a questo scopo creata in Romania da interessi tedeschi e anche americani ; quindi il passag­ gio a una società romena costituisce, a detta del Ma- 1 sterson, semplicemente il mezzo per eliminare gli in­ teressi germanici preponderanti, e come tale deve es- i sere accolto con favore da tutti gli altri interessi im­

pegnati in Romania. Queste spiegazioni son state be- . ne accette, a quanto pare : tante erano le appren­

sioni suscitate dai decreti romeni! Tra le altre, una rivista ufficiale belga, il BuUetiri de docum entation è-

conom ique, organo dell’« Office des ètudes èconomi-

ques et de la documentation » del Ministero per gli Affari Economici, arrivò a concludere che esse get­ tano una luce affatto diversa intorno alia legge che sulle prime era apparsa come pregiudizievole alle im­ prese petrolifere straniere. Basta invece richiamarsi ai precedenti noti e divulgati, per convincersi che non cambiano nulla di nulla. Francia e Inghilterra s ’impegnano a San Remo in un accordo per l ’accapar- ramento alla pari delle concessioni petrolifere tede­ sche ancora sotto sequestro, nonché di quelle altre'che avrebbero potuto ottenersi dal Governo romeno, pas­ sandole di proprietà alla « Steana Romana », alla « Concordia », e alla « Vega ». L ’accaparramento a- vrebbe dato a inglesi e a francesi, come abbiamo di­ mostrato, un vero e proprio monopolio petrolifero che il Governo ha provvidamente devoluto a sé« Le spie­ gazioni del Masterson non fanno, in ultima analisi, che confermare ciò, ed io non so affatto vedere le

jour tout diffèrent c h ’esse gettino sulla questione. Il

Daily Mail, che ciò ha perfettamente capito, si limita

a insinuare per parte sua che la nazionalizzazione è a tutto beneficio d ’un gruppo privilegiato di capitalisti romeni. Quod est demonstrandum. E ad ogni modo innegabilmente in Romania, si può obbiettare, essi a- vranno il vantaggio di non costituire un gruppo privi­ legiato di stranieri... Questi non sono più ragionamen­ ti, ma semplici battute di dispetto.

Piuttosto mi sembrano interessanti al proposito al­ cune circostanze emerse dalle polemiche circa la con­ venzione franco-inglese di San Remo. Questa non a vrebbe fatto che ratificare un accordo intervenuto un anno prima, nel marzo 1919. con pieno gradimento di J. Bratiano, allora Presidente del Consiglio dei Mi­ nistri e primo Delegato francese Henri Bèranger a- vrebbe gettato le basi dell’accordo franco-britannico nel marzo 1919, e nell’aprile esso sarebbe stato con­ trofirmato da Walter Lang. ministro inglese delle Co­ lonie, recatosi a Parigi appositamente. E la conven­ zione, accettata da Bratiano, contemplava appunto l ’as­ sorbimento del gruppo « Concordia », « Vega », (( Steana Romana » che già faceva capo alla D eutsche

B an ck e alla D isconto G esellsch a ft; contemplava pa­

rimenti la concessione per parte del Governo romeno dei terreni petroliferi di sua proprietà, e contemplava la percentuale del 50% agli interessi francesi e del 50% agli interessi inglesi nella costituzione delle So­ cietà per il loro sfruttamento. Ma questi particolari valgono soltanto a dimostrare da quanto tempo le due nazioni occidentali, le cui benemerenze verso la Ro- ' mania nei riguardi della guerra e del dopo-gueri a nessuno oserebbe revocare in dubbio, avessero pen­ sato a rivalersi con buone ipoteche economiche sulle risorse nazionali del minore alleato, per ripagarsi degli innegabili e inapprezzabili sacrifizi disinteressatamen­ te affrontati.

La nazione romena tende senza esitazioni alla pro­ pria emancipazione economica con un fervore legisla­ tivo che ricorda i tempi del Souza. E hanno concorso

a risvegliarne tutte le energie nazionali da una parte, l ’urgenza dei problemi post-bellici che impongono, an­ che a prezzo di errori del resto riparabili, soluzioni immediate, dall’altra parte l ’eccessivamente aceapar- ratrice invadenza economica inglese e francese che ha provocato sulla politica romena più di una reazione. Questa volta per il meglio della Romania.

Micheli A . Sil v estri.

L’elettrificazione delle ferrovie

Un recente decreto ha provveduto a riordinare gli uffici di elettrificazione delle ferrovie dello Stato in modo che attivamente possa essere ripreso il lavoro che aveva subito un grande rallentamento da circa un anno a questa parte per effetto delia separaz.one delle competenze in vari e disparati Enti e di una pregiudi­ zievole ed assai ingombrante ed inconcludènte discus­ sione sulla scelta del sistema da adottarsi per la tra­ zione elettrica.

Il ministro De Nava, nella breve sua permanenza al Ministero dei LL: P P . ha potuto iniziare il lavoro di riordinamento della elettrificazione, riportandone, come del resto era ovvio, la competenza nella Am­ ministrazione ferroviaria. Tale lavoro fu avviato alla sua soluzione per merito del ministro Peano che,

riprendendo l ’opera di riordinamento con mano te­ nace e concetti pratici, avviò la grave questione del­ l ’impiego del carbone bianco ad una soluzione concreta.

In breve tempo ottenne che la interminabile discus­ sione teorica sui sistemi di trazione elettrica da adot­ tarsi prendesse una forma decisiva e conclusiva, così da non frenare ulteriormente lo sviluppo dei lavori di elettrificazione.

Perciò senza escludere anche l ’impiego di sistemi, pei quali le applicazioni fatte negli S. U. di America lasciano prevedere la possibilità di risultati non tra­ scurabili, seguendo con senso pratico i voti di quanti si interessavano 'del grave problema dell’alto costo dei carboni e prospettavano la assoluta necessità di non ritardare la estensione della trazione elettrica su nuo­ ve linee, ottenne che fosse sopratutto ripresa e con­ tinuata largamente tale estensione col sistema trifase (già da decenni in uso sulle linee italiane con ottimo successo tecnico ed economico) provvedendo nel con­ tempo affinchè intanto fossero iniziati grandiosi e seri esperimenti di trazione elettrica, sia col sistema a cor­

rente continua ad alto potenziale, sia con quello trifase a frequenza industriale, il quale ultimo permettereb­ be con economia di impianto di usare della corrente alla periodicità normalmente prodotta dall’industria, anche per la trazione elettrica dei treni, eliminando così le spese e le difficoltà tecniche delle macchine rotanti indispensabili per la corrente continua.

Il ministro Peano stabilì subito un programma di lavori per nuove elettrificazioni e tale programma ha già avuto inizio di esecuzione per parte delle Ferrovie dello Stato.

Queste inoltre, sempre in relazione a tale program­ ma, prepareranno schemi ed elementi tecnici ' e contrattuali per potere richiedere con gara fra le varie società private concorrenti, offerte concrete per la" e- lettrificazione di altre linee in aggiunta a quelle che le ferrovie dello Stato elettrificheranno con la mag­ giore alacrità possibile, dati naturalmente i mezzi che hanno a loro disposizione, mezzi tecnici e di personale esecutivo specialista che secondo le intenzioni del mi­ nistro Peano si dovranno man mano aumentare e com­ misurare alle esigenze, in modo da potere raggiungere nel giro di pochi anni una potenzialità di elettrifica­ zione complessiva (ferrovie dello Stato ed industria privata) di almeno mezzo migliaio di chilometri dì tronchi ferroviari all’anno.

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