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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.32 (1905) n.1635, 3 settembre

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(1)

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BANCHI, FE R R O V IE , IN TE RESSI P R IV A T I

Anno XXXII

Voi. XXXVI

Firenze, 3 Settembre 1905

N. 1635

S O M M A R I O : La pace — M. Ma z z c c c h e l l i, Ancora sul petrolio — E. Z., Nuovi studi sugli italiani emigrati nella Tunisia — A. Lo m e l l in o, Cose di ferrovia tra Genova e Milano — R i v i s t a b ib lio g ra fic a: Icilio

Vanni, Lezioni di filosofia del diritto - Carlo Pollitzer, Industria della barbabietola da zucchero. Precetti

teorico-pratici - Prof. Francesco Paolo Contuzzi, Commentaire théorique et pratique des conventions de la Haye concernent la codification du droit international privé — R i v i s t a econom ica e finan­ z ia ria : ha coltivazione del tabacco indigeno - Il raccolto del frumento nel mondo - Trattative commerciali tra

Russia e Francia - ha campagna agrumaria negli Stati Uniti — R a s s e g n a del com m ercio in te r n a ­ zionale : Il commercio della Francia nei primi sette mesi del 1905 - Il commercio di Malta nel 1904 - Il com­

mercio della Rumania nel 1904 — La nuova Cooperativa Agricola ed Industriale di Molinella — I nuovi trattati

commerciali in Germania — Banche Popolari e Cooperative — Camere di commercio — Mercato monetario, e Rivista delie Borse — Società commerciali ed industriali — Notizie commerciali.

LA PACE

Finalmente! dopo tante ansie la pace è stata conclusa, e le carneficine che minacciavano non avranno più luogo : vite e lavoro umano saranno risparmiate dalla distruzione.

Abbiamo già in più occasioni manifestato il nostro pensiero sulla guerra in generale e su que­ sta guerra in particolare, e non ci ripeteremo ; abbiamo anche a suo tempo espressa la nostra maraviglia che tanto si tardasse ad esigere che i due avversari, in nome della umanità, depo­ nessero le armi ; e ci rammaricammo che nè Governi nè popoli facessero azione efficace in favore della pace. Senza ritornare su tali argo­ menti, e senza dire quanta sodisiazione ci abbia dato la notizia della pace conclusa, vogliamo qui rilevare due fatti che ci sembrano importanti.

Il primo riguarda la meravigliosa influenza che ha saputo esercitare sul mondo intero un solo uomo, il Presidente degli Stati Uniti d’ Ame­ rica, sig. Roosevelt.

Chi ha letto i suoi libri ed ha quindi fatta conoscenza col carattere e col modo di pensare di quell’ uomo, ha senza dubbio compreso che egli rappresenta una personalità di primo ordine, forse un po’ troppo americana, ma cèrto eleva­ tissima, ed ha del pari compreso che quella per­ sonalità messa in azione a favore della pace do­ veva riuscire per due motivi: prima di tutto per la grande autorità della persona e dell’ ufficio che la persona rappresentava ; poi per la tenacia di quella eminente volontà che era certamente mossa non da calcoli politici o da intrighi diplomatici, ma da profondo convincimento.

E senza dubbio la vittoria riportata da R oo­ sevelt contro tante difficoltà, costituiscono per lui e per la nazione che rappresenta un titolo di gloria tale, da superare quello di qualunque con­ quista.

Il secondo fatto che vogliamo rilevare è la meschina figura che in questo momento storico

fanno i Governi ed i popoli della vecchia Europa, dove grandi Imperatori e Re, dove popoli che ad ogni istante si chiamano da sè stessi rappre­ sentanti della civiltà, non seppero esercitare quella azione individuale e collettiva che la ci­ viltà e la umanità reclamavano.

Governi e popoli d’ Europa, tutti invischiati in misere gelosie, impacciati dal vecchio formu­ lismo medievale, che vanno ancora incontro al- 1’ avvenire collo sguardo fisso sul passato, si mo­ strarono incapaci di una qualunque azione efficace. Certo fecero voti per la pace e Imperatori e Re, e Ministri, e assemblee politiche e comizi ; ma non espressero mai quel sentimento convinto che tra­ scina e si impone.

Sembrava quasi che sotto la scorza della li­ bertà l’ albero avesse sempre quegli stessi succhi, che per secoli e secoli hanno dato tutta una storia di guerre, di rapine, di distruzioni.

La voce umana intensa, disinteressata, con­ vinta che si frappone fra i contendenti e li chiama alla pace, ci viene dal nuovo popolo ame­ ricano, che è sangue e viscere dei popoli Europei, ma vergine di storia, senza vincoli al passato, e che, fattosi grande colla libertà oggi impone il proprio volere.

E ’ proprio così: sono gli americani che hanno voluto la pace, e l’ hanno imposta ai combattenti non solo, ma anche all’ Europa che in fondo studiava con compiacenza la nuova tecnica di guerra e ti­ rava fuori dai vecchi cantici di poesia e di prosa gli inni e le frasi che hanno salutato tante car­ neficine e tante stragi, e che hanno fatto credere che la guerra sia necessaria.

Questo trionfo del mondo nuovo sul vecchio, di un popolo libero su quelli che sono ancora schiavi del passato, è forse il bagliore di una aurora che porta tutta una nuova civiltà ; e noi lo salutiamo con viva compiacenza e con grande speranza.

(2)

---ANCORA SUL PETROLIO

L ’ egregio Prof. Luigi Nina, constatando che malgrado tutte le agitazioni e le solenni pro­ messe ministeriali circa la riduzione dell’ enorme gabella sul Petrolio, a nulla finora si è concluso, ha recentemente — su questo stesso periodico — fatte alcune proposte concrete la cui attuazione appare facile e, ciò che più importa date le paure

fiscali italiane, non arrecherebbe minorazione

alcuna di proventi al patrio fisco.

E in primo luogo mette la riduzione del da­ zio sul petrolio greggio, dì cui non una goccia entra ora in Italia, da L. 48 al quintale a L . 9 od almeno a L. 8, mantenendo la tassa di distil­ lazione per non creare —- si intende — un’ in­ dustria parassitala quale quella della distilla­ zione degli oli d’ illuminazione esclusivamente col giuoco delle tariffe doganali.

Il concetto che ha ispirato questa proposta è evidentemente ottimo. Con esso si preparerebbe, nell’ intenzione del proponente, la riduzione del dazio sull’ altro petrolio — quello raffinato — e si potrebbe dar vita al consumo come combusti- bile di quella splendida materia comburente eh’ è il petrolio greggio.

Prescindendo però che un dazio di 9 lire o peggio di 14 lire sarebbe altrettanto proibitivo che quello di 48 su una merce che ne vale al più 6 franco banchina Genova o Venezia, e che dovrebbe essere destinata a surrogare in parte il carbon fossile esente da ogni dazio, sonvi due altri fatti che rendono inutile la proposta.

Anzitutto per una parte i petroli greggi pagherebbero già ora, all’ entrata in Italia, non

già 48 lire ma solo

o tto

lire al quintale. E tali

petroli greggi sono quelli che possono essere clas­ sificati come olì minerali pesanti : che hanno cioè densità superiore a 0,875, vischiosità superiore a 6 gradi del vischiosimetro Engler, e che non con­ tengono più del 10 per cento di olì leggeri.

Alcuni petroli greggi del Texas e del W y o ­

ming risponderebbero a questi requisiti e così anche una parte dei petroli russi inferiori, poiché non contengono spesso quel 10 per cento di olì leggeri che è la condizione più grave e che meno si riscontra in natura. Potrebbero entrare tutti i residui della distillazione degli oli minerali, e — se il dazio di lire otto non fosse già per sè affatto proibitivo e se invece vi fosse la conve­ nienza economica di provvedere — ben studiate miscele di residui con olì greggi preparate in modo da rispondere alle esigenze del fisco italiano.

Ma v ’ ha di più. In seguito a ripetute insi­ stenze di una delle nostre maggiori Camere di commercio, il Governo -— ministro l’ on. Luz- zatti — ha voluto dare una prova della sua buona volontà. Prova, invero, circondata da tali paure restrittive che fa alquanto dubitare della since­ rità di quella buona volontà e che, per quanto consta, non ha lusingato alcuno a chiedere l’ ap­ plicazione della legge.

Come indice però la legge in parola è assai significativa anche per la misura non irragione­ vole, per quanto non ancora sufficiente, del nuovo dazio.

La legge è quella 3 luglio 1904 che — ve­

dasi logica delle disposizioni — riguarda « age­ volezze alle industrie che impiegano il sale e lo spirito ». Questa legge contiene un articolo, il 4° ed ultimo, che tratta degli olì minerali greggi e che dispone che il Governo potrà concedere la riduzione del dazio doganale fino a cinquanta centesimi il quintale (siamo per fortuna ben lon­ tani dalle 9 e dalle 14 lire) per gli olì greggi importati per esperimento, e da impiegarsi come combustibili produttori di forza motrice e per la carburazione dei gas.

Doveva seguire a questa legge la pubblica­ zione delle norme che disciplinavano la conces­ sione e le modalità di ottenerla volta per volta. Non venne niente. Anzi si tenne — si può dire — clandestina la legge, ignorata pressoché da tutti e conosciuta si e no solo da coloro che per do­ vere professionale seguono il movimento legisla- tivo-economìco italiano.

Parrebbe — già che un notevolissimo passo è stato fatto con la legge suddetta — che ogni sforzo dovrebbe esser diretto non solo a farla conoscere, ma a chiederne la sollecita integrazione con la pubblicazione del relativo regolamento ed a insistere che questo non restringa ulteriormente — more solito — la disposizione legislativa, ma la interpreti anche e la applichi con intelligente larghezza.

Nè il momento potrebbe essere più favore­ vole. Come è noto il petrolio greggio ed i residui possono essere — e lo sono in Romania, dove anzi le locomotive a petrolio surrogano a poco a poco le altre sulle reti degli Stati Uniti del­ l ’America del Nord, dove sussiste la convenienza del petrolio di fronte al carbone che per questo è abbondante ed a ottimo mercato in quel fortu­ natissimo Paese, e su alcune ferrovie Russe — vantaggiosamente impiegati sulle ferrovie. I van­ taggi sono d’ indole forse più tecnica che econo­ mica. Fra l’ altro, la forte diminuzione di fumo che il petrolio greggio ben bruciato in focolari adattati all’ uopo presenta in confronto del car­ bone, lo renderebbero prezioso nel nostro Paese pieno di gallerie.

Esperimenti furono fatti per iniziativa del Comm. Bianchi, allora direttore della Rete Sicula sulle ferrovie siciliane e si disse che avessero dati ottimi resultati ma il dazio proibì la continuazione. La Mediterranea pure si dichiarò pronta a farne purché.. . il dazio non ostasse. Ora il Comm. Bian­ chi dirige le ferrovie dello Stato. Ora la legge — allora invano invocata — c’ è. L ’Amministra­ zione di Stato delle ferrovie può offrire ai pavidi tutori del fisco ogni garanzia contro sempre te­ mute frodi.

E la conclusione viene subito. Non può la nuova azienda di Stato tentare su più vasta e concludente scala quello che il suo direttore ge­ nerale già esperimento — e, dicesi, felicemente -— sulla rete Sicula ?

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3 settembre 1905 L ’ ECONOMISTA 571

Si tratta dunque piu che altro di ottenere che la legge esistente sia applicata. Essa in sè è già tale da segnare un enorme progresso in confronto del dazio tutt’ ora richiesto.... e non pa­ gato da merce che preferisce star lontana dai lidi italici. I 50 centesimi — per quanto l’ esen­ zione sarebbe stata desiderabile e più logica in riguardo al carbon fossile — possono ora allet­ tarla. Ma occorre che al Ministero delle Finanze si sveglino e si sveglino di buon umore, e che il Comm. Bianchi si ricordi dei non vecchi espe­ rimenti.

M. Ma z z u o c h e l l i.

NUOVI STUDI SUGUI ITALIANI

emigrati nella Tunisia

Poniamo questo titolo in fronte al presente articolo, sebbene il libro che ci sta sott’ occhio si occupi anche degli Italiani residenti nell’A l­ geria (1), perchè la parte concernente quelli della Tunisia ha per noi un interesse maggiore. E ’ del resto la parte che ha avuto nel libro più largo svolgimento. E ciò è assai naturale, sia perchè 1’ autore dimora in Tunisi, dove vede le cose più da vicino, sia perchè gli italiani di Tunisia co­ stituiscono una popolazione più numerosa, oltreché più autonoma, di quelli d’Algeria, sia perchè il loro numero e la loro minore assimilazione col popolo dominante dà luogo pei francesi a una questione economico-politico-sociale senza con­ fronto più importante e più viva.

Nel brevissimo cenno fatto del volume del sig. Gastone Loth nella. « Rivista Bibliografica » de\Y Economista il 4 giugno scorso, fu già detto che il lavoro è condotto con rara diligenza, che ha una notevole importanza, e dovrebbe leggersi e studiarsi dagli italiani per ciò che dice e più ancora per ciò che suggerisce. Conviene aggiun­ gere che è una vera miniera di notizie di fatto, raccolte con pazienza tenace, vagliate con scru­ polo, sempre documentate, sulle quali si svolge poi l’ opera critica con molto acume. A questi pregi fondamentali si uniscono, quasi come una conseguenza, 1’ intonaziqne tranquilla, 1’ assenza d’ ogni chauvinisìue, il giudicar spassionato.

Come si vede, il Loth non è un dilettante ; ma non è neppure uno di quei francesi dalla penna agile e brillante, i quali visitano un paese nuovo, vi dimorano alcune settimane, fanno al­ cune osservazioni, sfogliano alcuni libri e opu­ scoli, interrogano un certo numero di persone, e al ritorno pubblicano, lavori dove abbondano le impressioni, se non anche le idee preconcette, e scarseggiano i dati concreti e precisi. E gli vive in Tunisi, dove è professore di liceo, e, opportu­ namente secondato da tutte le Autorità politiche e amministrative della Reggenza, ha potuto e sa­ puto prendere minuta cognizione d’ ogni specie di statistiche. Nè basta : egli ha consultato

nu-(1) Prof. G-aston Loth, Le peuplement italien en Tu­

nisie et en Algérie. Paris, A. Colin, 1805.

morosissimi autori e pubblicazioni periodiche, tanto che l’ enumerazione degli uni e delle altre per ordine alfabetico occupa quattro grandi pagine. Abbiamo potuto notare che anche il nostro gior­ nale viene menzionato parecchie volte, e se rile­ viamo ciò, si è soltanto per aggiungere subito, a titolo d’ elogio, che i libri d ’ autori italiani e le pubblicazioni italiane, ufficiali e non ufficiali, di cui il Loth si è servito non sono meno numerose di quelle francesi.

Ma quale stato di cose, qual complesso di fenomeni coloniali gli ha suggerito di accingersi al suo lavoro? Limpidamente lo dice la prefazione.

Stabiliti in Algeria da meno di settanta- cinque anni, in Tunisia da appena venti anni, i francesi, padroni o protettori di milioni di indi­ geni mussulmani, hanno visto aggrupparsi loro intorno numerosi europei attratti dalla possibilità di mettere in valore regioni riputate fra le più fèrtili del bacino mediterraneo. Spagnoli immi­ grati ih Orania, italiani sbarcati a Tunisi, hanno così contribuito fino dal principio all’ opera di colonizzazione intrapresa dai francesi nei paesi barbareschi. Modesti operai recanti all’espansione francese l’ aiuto pregevole delle loro energie, gli stranieri furono accolti da per tutto con benevo­ lenza. Per lo più erano preparati meglio dei fran­ cesi a sopportare la fatica del lavoro quotidiano sotto il sole ardente d’ Affrica. Ma gli anni pas­ sarono, i coloni francesi non vennero così nume­ rosi come era lecito sperare, mentre ogni anno migliaia di spagnuoli e d’ italiani continuavano a chiedere la larga ospitalità a cui sulle rive affri- cane erano stati avvezzati. In tali condizioni, l’A l­ geria.—Tunisia sarebbe ella forse il crogiuolo g i­ gantesco dove i rappresentanti dei tre popoli latini, rivieraschi del Mediterraneo occidentale, si mescoleranno in modo che una nuova nazione, francese di nome e di lingua, venga ad essere la risultante logica di combinazioni molteplici ? 0 invece, al contrario, ogni gruppo di coloni, gelosi di conservare il proprio carattere, i costumi e le abitudini nazionali, si contenterà di vivere ac­ canto ai suoi vicini europei senza confondersi con essi ?

Posto così il problema, dice il Loth, ci è parso abbastanza interessante cercar di mostrare, almeno per ciò che concerne gli italiani, quale possa essere la soluzione prossima.

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Nei sedici capitoli che contengono tutta que­ sta materia noi verremo, in successivi articoli, un po’ spigolando. Y i sono notizie interessanti da ri­ ferire, considerazioni assennate da far Conoscere, e anche qualche previsione sbagliata, se non sba­ gliamo noi, da modificare.

Frattanto ci piace trascrivere tutta una pa­ gina della prefazione, dove sono indicati, in com­ pendio ma nettamente, i concetti dell’ Autore sulle caratteristiche della questione tunisina, svolti poi nel libro, ed è parimente abbozzato, con pochi tocchi, il programma a cui, in proposito, nella sua opinione, la Francia deve attenersi.

« I metodi adottati per mettere in valore e per popolare l’Algeria con elementi europei, sono affatto diversi da quelli stati applicati più tardi alla Tunisia. Non si può dunque, stabilire un giusto paragone tra i risultati ottenuti da una parte e dall’ altra. La forma d’ amministrazione a cui è sottoposta l’ Algeria non permette agli italiani di creare associazioni che possano ritar­ dare la loro evoluzione verso le idee francesi. Al contrario, il Governo del Protettorato e la na­ tura delle relazioni che intercedono oggi tra la Reggenza e l’ Italia si prestano mirabilmente alla costituzione d’ aggruppamenti sociali che hanno per base la mutualità, il credito o la previdenza, ma che in realtà servono a rafforzare presso gli immigranti il sentimento dell’ italianità. I nostri amministratori algerini non si trovano di fronte fuorché individui isolati, e però possono loro con­ cedere senza danno tutte le libertà compatibili colla buona esecuzione delle leggi. Per ridurre l’ importanza dell’ azione collettiva organizzata, sotto l’ egida delle convenzioni diplomatiche, da italiani pensosi di conservare la propria naziona­ lità, il Governo tunisino deve, al contrario, eser­ citare un rigoroso diritto di sindacato sulle di­ verse associazioni. In Algeria troviamo soltanto famiglie di coloni italiani, che vivono ciascuna separatamente accanto a famiglie francesi quasi sempre più numerose ; in Tunisia una massa enorme d ’ immigranti siciliani, a cui si cerca di dar forma organica per opporla poi a qualche migliaio di francesi. Da questa diversa situazione consegue che i nostri concittadini d’ Algeria rie­ scono a trasformare più rapidamente la mentalità degli italiani, mentre noi francesi di Tunisia non possiamo esercitare fuorché una azione più lenta sulla massa siciliana ».

Il Loth per altro crede che una fusione d’ in­ teressi e di razza tra francesi e italiani si possa ottenere, anche nella Reggenza, mediante una politica ferma e cauta, unita còn la continuità dei metodi: tra l’ altro con una buona legge di naturalizzazione.che faciliti l’ acquisto della qua­ lità di francese a tutti quelli che la desiderino, ma senza imporla a nessuno.

Se non che, reputa inoltre indispensabile che il Governo della metropoli , capisca la necessità d’ attirare verso Tunisi una forte corrente d’emi­ grazione francese.

E anche su questo, che è stato sempre ed è tuttora per la Francia 1’ osso duro, se non si voglia dire 1’ ostacolo insuperabile, avremo occa­ sione di tornare.

E. Z.

Cose di ferrovia tra Genova e Milano

Sono anni e anni che si lamentano gli in­ gombri di merce che, in determinate epoche dei- l’ anno, si verificano nella stazione portuaria di Genova ed in quelle di smistamento di Sampier- darena, Rivarolo e Novi.

I 200 mila carri che annualmente partono da Genova per la linea ferroviaria di Novi de­ vono tutti uscire dal porto per il tunnel di Sam- pierdarena, ed i corrispondenti 200 mila carri, che ritornano al porto per esservi nuovamente caricati, devono tutti attraversare la stazione di Novi, onde poter scendere a Genova e distendersi sulle banchine che da S. Benigno scorrono lungo il porto fino al Palazzo di S. Giorgio.

Data una tale condizione di cose, sono ine­ vitabili l’ ingombro periodico delle banchine del porto,e delle stazioni di Sampierdarena e di Novi, nonché i ritardi nella consegna dei carri desti­ nati a Milano ed al transito per Oomo-Chiasso. Due Comitati sorsero per avvisare al rimedio. L ’ un Comitato crede di risolvere la questione colla costruzione di una terza linea che . da Ge­ nova a Sampierdarena arrivi a Novi passando per Gavi, cioè sul fianco sinistro dell’ attuale galleria di Mignanego. L ’ altro Comitato ritiene invece che non si possa sfollare, il porto di Genova e la stazione di Novi se non colla costruzione di una nuova linea che partendo dalla stazione Brignole di Genova e percorrendo la valle del Bisagno arrivi a Bobbio, e di là per la valle di Trebbia a Piacenza ; di questo Comitato è Presidente at­ tivissimo l’ on. Generale Conte Dal Verme, de­ putato di Bobbio.

A mio avviso, questa seconda proposta è la sola logicamente pratica che possa dare normalità di traffico per Genova, Novi, Alessandria, Torino, , Milano e Chiasso, e sfollare il porto di Genova dal lato verso Sampierdarena.

Una terza linea, che congiunga Genova con Novi, non si riduce che alla costruzione di un terzo grande binario di smistamento fra quelle due stazioni, binario che non sfollerebbe nè il porto di Genova nè la stazione di Novi.

I 400 mila carri in moto d’ incontro conti­ nuerebbero pur sempre ad incrociarsi dentro la stazione portuaria di S. Benigno e le stazioni di smistamento di Sampierdarena e Novi ; epperò rimarrebbe continuo il rigurgito di andivieni fra quelle tre stazioni: le quali, dopo tutto, si può dire che ne formano una sola agli effetti del mo­ vimento delle merci destinate al Piemonte, alla Lombardia, al Veneto ed all’ Emilia.

I carri, arrivati a Novi, dovrebbero pur sem­ pre sostarvi per le necessarie manovre di smi­ stamento onde essere avviati alle stazioni distribu­ trici di Alessandria e Voghera, epperò nè Torino nè Milano, nè Chiasso verrebbero a risentir sollievo dalla costruzione del nuovo binario di smistamento fra Genova e Novi, funzionante alla distanza di oltre cento chilometri da quei tre centri.

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3 settembre 1905 L ’ ECONOMISTA 573

A Novi il movimento si biforcava: 92 mila erano inviati su Voghera, ed il rimanente su Ales­ sandria.

A Voghera avveniva una seconda biforca­ zione: 14 mila carri venivano diretti verso Pia­ cenza, e gli altri 18 mila prendevano la linea di Milano, da dove ben 24 mila carri erano poi di­ retti sulla linea Brescia-Verona-Venezia.

Abbiamo dunque 38 mila carri (14 mila su Piacenza e 24 mila su Brescia) cioè la quinta parte del movimento fra Genova e Novi che — se avviati per la nuova linea di Genova-Bobbio- Piacenza — non solo sfollerebbero il porto di Ge­ nova e le stazioni di Novi, Voghera e Milano, ma renderebbero assai minori le spese di trasporto per le merci dirette verso il Veneto e verso l’ Emilia. La linea Genova-Bobbio-Piacenza ab­ brevierebbe di 32 chilometri circa il transito pei carri destinati a Brescia, e di altrettanti il tran­ sito pei carri destinati a Piacenza.

Una volta costruita la linea Genova-Bobbio- Piacenza, la stazione di Novi sarà liberata da uno smistamento d’ incrocio di circa 80 mila carri (40 mila in andata ed altrettanti al ritorno) ; e con Novi respireranno più liberamente i binari lungo la linea G en ova-N ovi-V oghera-M ilano- Chiasso. Senza contare poi che colla linea indi- pendente Genova-Bobbio-Piacenza si imprimerà nuova vita ad una regione sin qui interamente dimenticata, e cui spetta un’ equa distribuzione di chilometri ferroviari anche per le valli del Bi- sagno e della Trebbia.

Naturalmente, la nuova linea dovrebbe da Piacenza proseguire in linea retta fino a Cre­ mona; al quale scopo già da parecchi anni venne costruito il ponte sul P o a pochi chilometri da Cremona ; ponte che dorme inattivo aspettando che la ferrovia si faccia.

Ed ora che abbiamo 1’ esercizio di Stato per le linee in quistione, diventa meno importante anche la questione delle cosidette direttissime.

Il minor costo del trasporto delle merci e dei viaggiatori è funzione non tanto delle diret­ tissime, quanto è più delle tariffe : — è la misura della tariffa che virtualmente abbrevia od allunga la distanza fra due punti — e che, conseguente­ mente consiglia o sconsiglia l’ acquisto e la ven- . dita dei prodotti agricoli e industriali di tutte le specie, da e per un dato luogo: — perocché il costo di trasporto in altro non si risolve che in un sopraprezzo del valore della merce.

Il fine ultimo — l’ ideale — da raggiungersi nei trasporti di ferrovia dovrebbe essere, se non la tariffa unica per tutte le distanze) quale si è raggiunta per le lettere ed i pacchi postali), quan­

tomeno la tariffa per zone di percorrenza nel modo che venne congegnata ed attuata in Ungheria.

Commercialmente parlando, si può dire che la distanza è una funzione diretta della tariffa-. — e per vero, (a parte la quistione del tempo che permane immutato), se domani le tariffe fra Ge­ nova e Milano fossero ridotte di un terzo, l’age­ volazione torna al commerciante come se si fosse tra quei due centri costruita una direttissima di soli 100 chilometri di lunghezza senza ridurne le tariffe di trasporto.

E l’ esercizio di Stato a larga base si presta mirabilmente a dimostrare la dipendenza imme­

diata della distanza dalla tariffa; essendoché lo Stato debba considerare il profitto dell’ azienda ferroviaria nel risultato complessivo generale di tutte le linee esercite, non in quello singolo par­ ticolare di ciascheduna linea o tronco di linea.

Tantoché oggidì — anche prima della costru­ zione della Genova-Bobbio-Piacenza-Crem ona — sarebbe in parte risolto il ploblema dell’ ingombro periodico del porto di Genova, se la Direzione Generale delle ferrovie ordinasse che nei momenti di maggior traffico di merci le stazioni di Ge­ nova e Sampierdarena avviassero le merci a Mi­ lano indifferentemente sull’ una o l’ altra delle tre linee (1) che sfogano su quella città, mantenendo la tariff a del percorso minore (N ovi-Yoghera).

Ed io credo che il provvedimento sarebbe tanto più utile in quanto se l ’ esercizio di Stato si presta ad essere combattuto per molte ragioni, deve almeno dare quei benefizi che rispondono all’ interesse generale dei cittadini — e che vai meglio perorare presso il Parlamento per ottenere la riduzione delle tariffe, anziché le costose di­ rettissime — che gravano il bilancio ferroviario di una spesa morta di interessi di ammortamento e di esercizio, che raramente può essere compen­ sata dall’ aumento di traffico.

La diminuzione delle tariffe, invece, mentre agli effètti della distanza soddisfa il commerciante come se effettivamente la medesima fosse stata abbreviata, in tempo più o meno lungo conduce ad un sicuro aumento nel traffico — e tale da compensare ad usura le riduzioni accordate.

Concludendo :

a) cesseranno in parte gli inconvenienti di ingombro, che si lamentano in date epoche del­ l’ anno nel porto di Genova, se nei momenti di pletora a Sampierdarena e Novi le merci su Mi­ lano verranno avviate — colla tariffa del minore percorso — anche sulle altre due linee di Ovada e Novi che fanno capo ad Alessandria;

b) sarà definitivamente risolto il problema ferroviario nel 'porto di Genova quando sarà co­ struita la Genova-Bobbio-Piacenza-Crem ona ;

c) potremo dire di avere fatto un gran passo nelle economie sul bilancio ferroviario di Stato, quando alle domande di direttissime daremo soddisfazione accordando riduzioni nelle tariffe di trasporto.

A.. Lo.m e i.u x o.

(1 ) G e n o v a - N o v i - V o g h e r a - M i l a n o . G e n o v a - N o v i - A l e s s a n d r i a - M i l a n o . G e n o v a - O v a d a - A l e s s a n d r i a - M i l a n o .

R

iv is t a

B

ibliografica

(6)

Le lezioni sono raggruppate in quattro parti; nella prima è trattato della ragione della filosofia del diritto, e va segnalato il 3° capitolo che tratta dei rapporti della, filosofia del diritto con le scienze affini. La seconda parte discorre della nazione del diritto e dello Stato; la terza della formazione storica del diritto e dello Stato; l’ ul­ tima parte contiene le lezioni sulla giustizia, os­ sia il fondamento intrinseco e lè dizioni razionali del diritto.

Non è da farsi nè la critica, nè l’ esame di questa raccolta ; tutti conoscono il valóre gran­ dissimo che ebbe il Vanni così come prosatore che come insegnante ; e se si può credere che ove egli stesso avesse potuto curarne la pubblicazione delle sue lezioni, alcune cose avrebbe modificate, vi è però tanta abbondanza di alti concetti, tanta chiarezza di esposizione, da appagare gli studiosi che vogliono veramente imparare.

Carlo Pollitzer. — Industria della barbabietola

da zucchero - Precetti teorico-pratici. — Mi­ lano, H. 0. Sperling, 1905 pag. 70.

E ’ stata tanto.controversa tra coloro che pur sono competenti, o sono creduti tali,, la utilità della coltivazione della barbabietola da zucchero in Italia, che è encomievole ogni sforzo diretto ai pochissimi risultati che se ne ottengono, affine di eliminare le incertezze e chiam e bene l’ ar­ gomento che va sempre più dibattendosi.

L ’ Autore che è direttore tecnico dello zucche­ rificio di Voltano, in questo volumetto dà copiose notizie sulla formazione dello zucchero, sulla bar­ babietola, sulla terra che è più adatta alla sua coltivazione, sulla rotazione, sulla coltivazione stessa, sulla relativa concimazione, ecC. ecc.

L ’ ultimo capitolo di questo opuscolo tratta del valore economico della industria delle zuc­ chero, e vogliamo trascriverne alcuni dati.

« Grande consumo di zucchero a buon mer­ cato è tuttavia un ingente introito dell’ erario.

« Così la Germania ha diminuito la sua im­ posta da 20 a 14 marchi ; il consumo aumentò subito nell’ anno seguente di 3,435,000 quintali, cioè il 47 0/0, e l’ importo sullo zucchero pro­ curò allo Stato un maggiore introito di marchi 12,114,000.

« La Francia diminuì la sua imposta da franchi 15 a franchi 10. Il consumo immediata­ mente aumentò di 3,251,000 quintali, cioè 1’ 85 0/0. « Il Belgio diminuì la sua imposta da fran­ chi 51,75 a franchi 20: il consumo aumentò su­ bito dopo l’ entrata in vigore della legge in ago­ sto 1900 da 600,000 ad 800,000 quintali e cioè del 33 0 /0 circa.

« Se si confronta, supponendo i prezzi medi delle barbabietole, l’ imposta governativa sullo zucchero calcolata su un quintale di barbabie­ tole si ha: P r e z z o d e l le b a r b . I m p o s ta g o v e r n a t i v a fr a n c o f a b b r i c a p e r q u in t a le Germania L. 2,20 L. 2,31 Francia » 2,10 » 2,50 Belgio » 2,25 » 2,55 Itala » 2,60 » 7,35

Le conclusioni a cui dopo queste cifre viene l’ Autore, è inutile riportarle perchè si intuiscono.

Prof. F r a n c e s c o Paolo C on tu zzi. Comrnen-

taire théorique et prat.ique des Conventions de la Ilaye concernent la codification du droit In­ ternational prive. — Paris, O’hevalier Maresq, 1904, pag. 365 (fr. 10).

Questo importante lavoro dell’ egregio Col­ lega della Università di Cagliari è già stato lo­ dato meritamente da competenti scrittori, e quindi non aggiungeremo all’ altrui il nostro giudizio, tanto più che non avremmo che da'ripetere le be- fievoli espressioni colle quali fu accolto il volume. E veramente non solo si trova una profondità di esame ed una sicura indicazione dell’ opera neces­ saria per raggiungere la meta di una larga co­ dificazione del diritto internazionale privato, ma l’ Autore ha saputo esporre il proprio pensiero con tanta sobrietà e con tanta efficacia, da ren­ dere facile e gradita la lettura di un’ opera che riguarda materia di per sè arida e pesante.

Il libro è diviso in cinque parti: nella prima l’Autore fa la storia dei precedenti, trattando del movimento iniziato dall’ Italia prima e dall’Olanda poi per una Conferenza diplomatica che discutesse intorno alla possibile codificazione del diritto in­ ternazionale privato, e delle quattro Conferenze che a questo scopo furono tenute all’Aja negli anni 1893-94 1903-904. La seconda parte espone il lavoro fatto per la codificazione ; la terza esa­ mina la Convenzione concernente la Procedura civile ; nella quarta parte l’ Autore dà uno sguardo alle disposizioni legislative e ai trattati inter­ nazionali in vigore nei diversi paesi dell’ Europa e dell’America per ciò che riguarda la Procedura civile; e questa parte è interessantissima perchè l’ Autore espone la legislazione comparata di un­ dici Stati.

L ’ ultima parte è distinata alla dimostrazione della necessità di completare e continuare l’opera fin qui compita nelle diverse Conferenze.

« Per altre materie che pure riguardano il diritto di famiglia — osserva l’ Autore in una nota — sulle quali le prime Conferenze non hanno potuto terminare il loro compito (come, ad esem­ pio, gli effetti del matrimonio) e così pure per altre materie come le successioni, l’ interdizioni, il fallimento ecc. non si può tener conto che dei progetti di Programma o di Convenzioni secondo il punto dove sono arrivati i lavori delle Confe­ renze dell’ Aja riguardo alla Codificazione del Di­ ritto Internazionale Privato.

« La quarta Conferenza - continua il pro­ fessor Contuzzi — che aveva l’ ufficio di occuparsi di queste materie, si è chiusa, è vero, nel momento in cui pubblicavamo quest’opera, ma bisogna aspet­ tarsi che passerà un certo tempo prima che i testi dei Protocolli finali relativi sieno pubblicati; e maggior tempo ancora occorrerà perchè i Progetti si trasformino in Convenzioni formali da parte delle Potenze od almeno da parte di alcune di esse. Ciò quindi sarà oggetto di un secondo vo­ lume ».

E lo attendiamo con desiderio, nella certezza che meriterà i benevoli giudizi che furono pro­ nunciati su questo primo volume.

(7)

1---3 settembre 1905 L ’ ECONOMISTA 575

RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA

Riproduciamo la notizia che il Ministro delle Finanze, on. Majorana, ha stabilito il pro­

getto di coltivazione del tabacco indigeno, nel-

l’ imminente campagna 1905-906, ed ha accre­ sciuto di quasi undici milioni il contingente normale delle piante, da coltivare, specialmente del tabacco levantino, bright, kentucky.^

Il maggior aumento è nella provincia di Lecce, dove altri sette milioni circa di piante sono stati autorizzati con concessioni speciali, e oltre 400 ettari sono impiegati per la coltura di esportazione.

Notevole è anche l’ aumento nelle tre agen­ zie di Barcellona, Palermo e Comiso e special- mente la parte del Kentucky, in quella di Be­ nevento, Cava dei Tirreni, San Sepolcro e Cori. L ’ on. Majorana inoltre, in considerazione del miglioramento nelle qualità delle foglie che, col- l’ adozione di più razionali mezzi di coltura e di cura si viene facendo in Italia, ha. autorizzato l’ aumento di cinque lire per quintale nel prezzo della prima e della seconda varietà di Kentucky.

— L ’ Evening Corn Trade List ha pubblicato

la valutazione seguente del raccolto del frumento

nel mondo espressa in migliaia di quarters di 2 ett. 900 per quarter, in confronto a quello dei due anni precedenti.

PAESI Austria Ungheria Belgio Bulgaria Danimarca Francia Allemagna Grecia Olanda Italia Portogallo Rumania Russia Serbia Spagna Siria Svizzera Turchia europea Regno Unito Totale per l ’ Eur. Algeria Tunisia Repubblica Arg. Australia Asia Minore Canada

Colonia del Capo Chili

Egitto Indie Persia Siria

Stati Uniti d ’Am. Uruguay Messico Giappone Tot. fuori d’ Eur.

1905 1904 1933 5,750 5,000 5,750 20,000 17,300 21‘ 700 1,500 1,750 1,500 6,000 6,000 4,590 500 500 5)0 39,000 37,500 45,600 18,000 17,500 16,500 750 750 750 75C 750 750 18,000 17,000 20,000 500 400 650 12,000 6,750 9,400 63,000 82,000 76,500 •2,(XX) 1,500 1,000 11,000 10,000 12,500 500 500 670 500 450 500 5,000 4.500 5,500 7,5«) 4,710 6,000 212,750 214,800 230,270 2,500 3,250 3,500 750 1,000 1,200 17,000 17,000 15,500 10.000 7,900 10,100 5,1X10 4,500 4,250 12,000 9,500 9,750 500 550 5«) 1.950 2,500 1,700 1,500 1,500 1,500 35,000 45,700 30,750 3,500 3,000 3,000 2,500 2,500 3,000 85,000 66,000 77,C09 1,500 1,250 1,000 1,500 2,000 1:750 10,000 11,000 8,125 190,200 179,750 178,625 102,950 394,550, 408,695 Totale generale

Secondo questa statistica, la produzione del grano nei paesi indicati sopra, sarebbe, dunque, di 402,950,000 quarters (ettolitri 1,168,555,000)

contro 394,550,000 quarters (1,114,419,500 ett.) dell’anno scorso, cioè, un aumento di 54,360,000 ettolitri.

— Il Popolo Romano riproduce alcune in­ teressanti considerazioni di Leroy Beaulieu circa

le trattative commerciali tra la Russia e la

Francia ; considerazioni che non è inopportuno pubblicare mentre pendono pure le trattative per il trattato commerciale tra l’ Italia e la Russia.

Il Leroy Beaulieu comincia collo spezzare una lancia a favore dei trattati in genere. Egli osserva che questo regime dopo di aver goduto di grande favore dal 1860 al 1880, fu da allora quasi abbandonato perchè si ritenne responsabile dei mali ai quali era assolutamente estraneo...

Nel 1892 la Francia vi sostituì il regime delle tariffe autonome, o piuttosto delle doppie tariffe, l’ una massima, l’ altra minima; questa considerata come tariffa di pace e di concessioni, quella come tariffa se non di guerra per lo meno di intimidazione e di pressione.

Questo regime che venne più o meno imi­ tato dalle varie Nazioni, avrebbe dovuto, secondo i suoi fautori, assicurare la stabilità e la prospe­ rità del commercio. Invece avvenne precisamente il contrario. E così lentamente, ma convinti dal- l’ esperienza dei fatti, si è ritornato al regime dei trattati.

Ancora oscillante fra i due. regimi, la Fran­ cia sta ora negoziando una convenzione commer­ ciale con la Russia.

Il commercio tra la Francia e la Russia è ineguale come quello dell’Italia. Le esportazioni francési in Russia non ammontano che dai 43 ai 45 milioni, mentre le importazioni russe in Francia sorpassano i 200 milioni e talora toc­ cano fino i 300 milioni.

Ma avviene delle esportazioni francesi ciò che accade delle nostre.

Una certa quantità di merci francesi, desti­ nate alla Russia transitano dal Belgio, dall’ Olanda o dalla Germania e all’ entrata in Russia sono classificate come importazioni belghe, olandesi o tedesche.

Le vendite di merci francesi in Russia sor­ passano quindi la cifra ufficiale di parecchi milioni. Ciò premesso, relativamente alla entità degli scambi, il Leroy Beaulieu osserva che le con­ cessioni fatte dalla Francia alla Russia consi­ stono, non già nella diminuzioni dei dazi, ma in un semplice consolidamento, per un lasso di tempo determinato, dei dazi o delle franchigie esistenti per alcune categorie di merci.

Esaminate partitamente le condizioni fatte a talune merci francesi, il L eroy Beaulieu lamenta che per ottenere delle riduzioni più considerevoli, specialmente pei vini e per diversi manufatti, non si sia consentita alla Russia una diminuzione nei dazi enormi sul petrolio, materia in un tempo industriale e di consumo popolare, e che la Fran­ cia non produce.

(8)

V i sono prodotti agricoli come il vino, i le­ gumi, i fiori, i frutti primaticci, uva da tavola eco., ' che in causa del clima, arrivano in Italia a ma­ turità prima che altrove.

I mercati di consumo, come la Russia, hanno interesse di facilitarne lo smercio, abbassandone le barriere daziarie : ma bisogna che noi facili­ tiamo tali concessioni, dando il contracambio sulle due massime importazioni russe: il grano ed il petrolio, — sacrificando i criteri fiscali ai veri economici del paese.

— E ’ seguita con interesse da agricoltori e

economisti la campagna agrumaria negli Stati

Uniti. A questo proposito pubblichiamo un re­ cente rapporto del prof. Ravaioli, delegato com­ merciale presso la Ambasciata a Washington, da cui si rileva che l’attuale campagna agrumaria è assai bene avviata ed i limoni della Sicilia vengono venduti a prezzi molto rimuneratori. Ciò si deve alla offerta molto limitata in conseguenza dello sparso raccolto avutosi in Sicilia, e alle con­ dizioni climateriche che sono favorevoli al con­ sumo dei limoni.

La prima settimana di luglio, all’asta pub­ blica di New York, il prezzo dei limoni di Sicilia ha superato i 5 dollari per cassetta di 300 e per merce matura.

I prezzi fatti dai verbali sono stati legger­ mente inferiori, e ciò si spiega colla circostanza che la domanda era stata principalmente locale, e che i compratori si limitavano a fare gli acqui­ sti per i bisogni immediati, in attesa di ribassi sul mercato.

L ’attuale esistenza in vista è costituita da 148,900 cassette di fronte a 280,000 cassette che rappresentano l’ esistenza visibile, a quest’ epoca dello scorso anno.

II rapporto prevede pure un ulteriore au­ mento. Oltre alla circostanza che l’esistenza vi­ sibile è poco più della metà di quella dell’ anno scorso, vi ha l’ altra che gli stocks di limoni sui mercati americani sono assai scarsi, e ciò in con­ seguenza degli alti prezzi che si sono avuti in questi ultimi tempi. Non bisogna nemmeno di­ menticare che le condizioni climateriche eserci­ tano in questa stagione una grande influenza. Finora la domanda dei limoni di Sicilia si è li­ mitata principalmente ai mercati dell’ Est. Ma se il caldo dovesse continuare nell’ Ovest, è certo che anche da quella parte del continente ameri­ cano verrebbero richieste di limoni di Sicilia, men­ tre finora quelli di California sono stati suffi­ cienti a soddisfare i bisogni.

Le cifre, testé pubblicate dall’ ufficio federale di statistica, danno una idea di quanto la impor­ tazione dei limoni è diminuita in questa confe­ derazione in quest’ anno. A tutti i primi due mesi dell’ anno fiscale 1904 e 1905, detta impor­ tazione è stata di libbre inglesi 116,230,601, pari a circa 1,550,000 cassette, del valore di dol­ lari 2,448,335, di fronte a 145,100,807 libbre, pari a circa 1,935,000 cassette, del valore di dol­ lari 3,102,225, importate nello stesso periodo del- 1’ anno precedente. A tutto il 31 maggio 1905, si è avuto in questa confederazione una diminuzione di circa 400,000 cassétte: è probabile però che i profitti siano di molto aumentati.

---ífj*.---Rassegna del commercio internazionale

Il commercio della Francia nei primi sette mesi. — L ’ Imprimerle Natìonale ha pubblicato il volume dei documenti statistici pubblicati dal- l’ Amministrazione delle dogane sul commercio della Francia durante i sette primi mesi del-

1’ anno 1905.

Le importazioni hanno raggiunto dal 1° gen­ naio al 31 luglio fr. 2,731,171,0 )0 e le esporta­ zioni a fr. 2,634,673,000.

Riportiamo qui le cifre delle voci principali del commercio speciale, confrontandole con quelle del 1904 sempre per i primi sette mesi :

I m p o r t a z i o n i 19C5 1901 (m i g l ia ia d i f r a n c h i)

Oggetti d’ alimentazione 446,357 457,711 Materie necessarie all’industria 1,798,437 1,715,701 Oggetti fabbricati 486,377 486,410 Totale 2,731,171 2,659,822

Le differenze dunque resultano le seguenti :

— 11,354 + 82,736

— 33

Oggetti d ’ alimentazione Materie necessarie all’ industria Oggetti fabbricati

+ 71,349

E ’ notevole l’ aumento delle importazioni pur trattandosi di un breve periodo, dovuto special- mente alla maggior necessità risentita dalla Fran­ cia di materie estere necessarie all’ industria:

E s p o r t a z io n i

Oggetti d’ alimentazione 891,384 869,610 Materie necessarie all’industria 706,131 681,862 Oggetti fabbricati 1,345,718 1,264,703

Colli postali 191,440 179,964

Totale 2,684,672 2,496,189

Le differenze risultano quindi le seguenti :

Oggetti alimentari 4- 21,774 Materie necessarie all’ industria 4- 24,269 Oggetti fabbricati + 81,015 Colli postali . - f 11,476 4- 138,534

Dal qual prospetto ricavasi quale forte slancio abbia avuto la esportazione francese in questo periodo, specialmente per gli oggetti fabbricati.

Ecco il resultato del commercio durante il solo mese di luglio 1905, confrontato con quello del luglio 1904 :

D iffe r . n e l I m p o r t a z i o n i 1905 1904 J905

( m ig lia ia d i f r a n c h i)

Oggetti d’ alimentazione 66,603 63,521 -j- 3,032 Materie necessarie all’ in­

dustria 220,290 197,637 22,652

Oggetti fabbricati 61,481 63,198 — 1,717 Totale 848,374 324,356 24,018

E s p o r t a z io n i D iffe r e n z a

Oggetti d ’ alimentazione 58,015 51,187 -f* 1>828 Materie necessarie all’ in­

dustria 104,589 88,268 46,321

Oggetti fabbricati 182,503 194,018 — 11,515 Colli postali 21,493 21,372 - f 121 Totale 361,600 354,845 -j- 6,755

A questo proposito togliamo dall’ ottima Eco- nomiste européen alcune constatazioni:

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3 settembre 1905 L ’ ECONOMISTA 577

un movimento più pronunziato nelle importazioni che si deve attribuire questo resultato. Nondi­ meno, nel mese precedente , l’ insieme delle espor­ tazioni sorpassa1 assai sensibilmente l’ importazione. Il fatto principale da rilevarsi, è una ridu­ zione nella esportazione dei prodotti fabbricati, che raggiunge 11 milioni e mezzo, proporzione assai rilevante. La ripresa sulle importazioni delle materie prime per le industrie accentuasi ancora.

Per i sette primi mesi, il totale dei cambi con i paesi stranieri e le colonie (importazioni e esportazioni riunite) si alza a 5,366 milioni, in ­ vece di 5,156 durante i sette primi mesi del­ l’anno 1904. L ’ eccedente di 210 milioni si divide presso a poco in un terzo per le importazioni e due terzi per le esportazioni ; non era che di 179 milioni a la fine d i ’giugno e era allora più debole che alla fine di maggio.

La maggior parte dei rami del commercio hanno partecipato a questo aumento, benché in proporzioni diverse. Per le importazioni, è dal lato delle materie prime per 1’ industria che P aumento si manifesta soprattutto. Nelle espor­ tazioni, si constatano degli aumenti per tutte le categorie della mercanzia, d i o ggetti fabbricati vengono sempre in prima linea : tuttavia si deve segnalare, da questo lato, un rallentamento assai notabile in rapporto ai resultati constatati alla fine del mese precedente.

Commercio di Malta nel 1904. — Pubbli­ chiamo alcune importanti riflessioni del Console francese a Malta, da un particolareggiato rap­ porto che egli manda al suo governo sul movi­ mento commerciale dell’ isola di Malta nel 1904, e da cui risulta che il commercio francese in quell’ isola, a differenza di quello degli altri paesi, risulta stazionario.

Dopo uno sguardo generale a tutto il com­ mercio dell’ isola, il Console si occupa più partico­ larmente del commercio speciale con la Francia, i cui principali prodotti d’ importazione a Malta sono i vini, i liquori, i cognac, i tessuti di lusso (arti­ coli di Roubaix e di Tourcoing) la merceria fine, le forniture per mode, i fiori artificiali, le pelli di vitello incerate per gambali, gli articoli fa- maceutici, gli strumenti chirurgici e le fascia­ ture d’ ogni sorta, i panni fini, le conserve di tutte le specie, i cementi, le farine, le coperte di cotone, ecc.

Come dappertutto altrove, osserva il rap­ porto, incontriamo anche qui la concorrenza della Germania, le cui importazioni a Malta segnano, da alcuni anni, una marcia ascendente ; e una delle cause di questo aumento risiede senza dub­ bio nelle grandi facilitazioni di pagamento che g l’ idustriali gemanici accordano alla loro clien­ tela maltese.

Ma quello che la nostra fabbricazione ha più da temere su questo mercato è la concor­ renza italiana. Infatti l’ industria di questo paese sta riuscendo, poco per volta, ad alimentare il consumo maltese in panni ordinari, in tele di cotone d’ ogni specie, in cravatte, in cappelli or­ dinari, in guanti e in seta nera di qualità co­ mune da m. 0,95 a 1,50 di altezza, seta che è molto ricercata dalle donne maltesi, le quali por­

tano tutte la faldetta nazionale, che copre loro la testa e la metà del corpo.

Anche gli articoli di Reims, di Tourcoing, di Roubaix, di Rouen, d’ Epinal e d’ Amiens sono sostituiti sul mercato di Malta dai similari ita­ liani, che si vendono a miglior mercato, e la lotta è insostenibile pei prodotti francesi a causa del minor costo della mano d’ opera in Italia e dei progressi considerevoli fatti dalla fabbricazione italiana.

In una parola, a Malta, il commercio fran­ cese rimane stazionario, mentre quello della Ger­ mania e dell’ Italia progredisce tutti gli anni.

Il commercio della Rumania nel 1904. — Le statistiche del commercio esterno della Rumania per il 1904, non sono ancora del tutto pubblicate; nondimeno è possibile raccapezzare qualche dato raccolto recentemente dal Curierul Financier :

Il valore totale del commercio della R u­ mania coi paesi stranieri si è alzato, nel 1904 alla cifra di 573,243,052 fr., dei quali 311,371,613 fr. di mercanzia importata (524,294 tonnellate) e 261,872,339 fr. di mercanzie esportate (2,269,108 tonnellate!. La differenza passiva è dunque di 49 milioni 499,274 franchi.

Nel 1905 il valore dell’ importazione era di 269,923.710 fr. (470.075 tonnellate) e quello del- 1’ esportazione di 355,630,307 fr. (3,238,186 ton­ nellate). Ne resulta dunque che nel 1904 l’ im­ portazione si è accresciuta di 41,447,893 franchi (55,219 tonnellate) allorché l’ esportazione è di­ minuita di 95,757,968 fr. (869,078 tonnellate). Si sa che 1’ anno passato, a causa della sic­ cità che ha regnato, l’ esportazione del granturco e dei foraggi è stata impedita, sì che la dimi­ nuzione, constatata nella cifra delle mercanzie vendute all’ estero, non è che il resultato di questa siccità.

E non è ’ fuor di luogo dare qualche notizia sul resultato del commercio rumeno nei suoi rap­ porti cogli altri paesi del mondo :

I m p o r ta z io n i E s p o r t a z io n i (in f r a n c h i) Austria-Ungheria 92,945,721 52,763,946 Belgio 7,189,646 70,499,311 Bulgaria 3,872,977 5,554,163 Svizzera 6,455,877 79,261 Inghilterra 45,064,101 25,619,454 Francia 67.809,755 8,658,560 Germania 95,784,928 19,605,268 Grecia 2,837,729 1,456,565 Italia 16,203,946 21,615,339 Olanda 6,651,423 34,818,379 Russia 8.139,423 6,035,985 Turchia 9,218,600 1,003,735

Vengono dunque prime per l’ importazione

l’ A istria-Ungheria e la Germania con un valore presso a poco uguale di mercanzie, e per l’espor­ tazione i paesi che offrono un’apertura importante sono il Belgio e 1’ Austria-Ungheria.

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••A-La nuova Cooperativa Agricola ed Industriale

di M o lin e lla

Il Comune di Molinella, invero dolorosamente noto per le lotte economico-agrioole che ha dovuto soste­ nere e per le tristi conseguenze che ne ha sopportato — conseguenze che tuttora non cessano — porta ora una nuova Cooperativa, sulla quale non è inopportuno gettare lo sguardo, sia appunto per le condizioni nelle quali è sorta, sia perchè essa ha caratteri diversi da quelli delle Cooperative degli altri paesi, cui potrebbe anche servire di esempio.

E riproduciamo (nella sua parte sostanziale) quanto ha scritto in proposito nel periodico Credito e Coopera­

zione il sig. Gl. E. Sturani, che dimostra di averne fatto

uno studio accurato e profondo :

« L ’ ambiente non è nuovo davvero alla parola «cooperazione». Nello stesso mandamento, a Budrio, che ne è il capoluogo, esiste uria Cooperativa di brac­

cianti, una delle primissime in Italia, ora un poco stre­

mata di forze, ma che potrà facilmente ritornare qual fu prosperosa e feconda, quando avrà abbandonato il sistema della lotta e delle discordie. A Molinella esi­ steva e perdura una Cooperativa di consumo, che avrebbe potuto prosperare se il suo carattere strettamente po­ litico le avesse permesso di porsi in regola almeno col Codice di commercio. Ed ora nei paesi vicini sorgono altre Cooperative di consumo, che dai primi segni la­ sciano bene sperare di s£.

« Ma purtroppo, fino al presente, la cooperazione non era riuscita a modificare l’animo di quei lavora­ tori che un’attiva ed audace propaganda pel programma della lotta di classe aveva inasprito. Anzi la stessa eoo- perazione — è questo il pericolo nel quale piu spesso naufragano le sue geniali iniziative — èra divenuta talora strumento di quella lotta e vi aveva consumato le proprie vigorie. Si ricordano a questo proposito le somme ingenti spese da una Cooperativa di lavoro del mandamento per sostenere uno sciopero agrario dei ri- sicultori di Molinella.

« Ora le cose sono molto mutate,- e varie.condizioni si sono verificate, le quali rendono possibile il trasfor­ marsi della organizzazione operaia puramente sindacale ed intesa ad una costante azione di lotta, in una pa­ cifica e feconda organizzazione cooperativa.

« Ed intanto è mutato il socialismo. La divisione fra le due tendenze del socialismo (la quale nella let­ teratura e nei congressi parve da prima una lieve disintegrazione teorica del pensiero e s’ è venuta accen­ tuando fino a scindere il socialismo in due partiti as­ solutamente diversi nelle premesse, nel metodo e nelle finalità : il riformismo ed il sindacalismo) non poteva non avere efficace e materiale rispondenza' nelle cam­ pagne, dove si vive la vita vera e pratica di quegli uomini che una idea può talora guidare per vie tor­ tuose e. difficili, ma che le leggi della civiltà spingono per vie diritte alla produzione.

« La Federazione dei lavoratori della terra, quella stessa che anni sono si era avventurata in affermazioni di un programma apertamente rivoluzionario, nel con gresso di Genova aveva poi votato un ordine del giorno riformista, ed ora gli oratori propagandisti della cam­ pagna, quantunque costretti talora a secondare gli umori di quelle masse popolari, sotto, la minaccia di perderne la fiducia, seguono in complesso una intona­ zione più dolce, sovratutto si industriano di trasfor­ mare 1’ ambiente.economico e morale della campagna inducendolo sulle direttive della cooperazione.

« Fatto si è che, dopo avere esercitato per lungo tempo l ’ arte facile della demolizione, quegli stessi si adoprano nell’ arte difficile ma benigna e feconda del costruire.

« E, d ’altra parte, mutata è anche la condotta dei proprietari ed industriali agricoli : i quali, dopo essere lungamente vissuti divisi e in discordia, di fronte alla pressione costante del comune pericolo, seguendo le regole della organizzazione di classe dallo stesso socia­ lismo illustrate, si sono nell’ ultimo biennio fortemente composti in Consociazioni le quali hanno poi intorno a sè costituito le Aggregazioni o Sezioni di coloni-mezzadri ed altrettanti Uffici del lavoro, con finalità analoghe alle Leghe di miglioramento ed alle Camere di Lavoro.

« Questa organizzazione, quantunque intesa a se­ guire il programma amplissimo e liberale della coope­ razione di classe (che condusse all’ esperimento del

primo contratto collettivo in materia agraria recato in atto in Italia, il contratto per l ’ esercizio delle ri­ saie in Baricellaj, pose un argine agli scioperi ed ai boicottaggi che per tanti anni avevano turbato il paese. Nell’ anno scorso si ebbero prove manifeste della bontà di quella resistenza, in quest’ anno non si è avuto in quel di Bndrio e Molinella neppure un principio qual­ siasi di sciopero.

«A nzitutto — continua il sig. Sturani — l’ idea fondamentale è ottima; l ’ idea di far concorrere nella cooperazione tutte le forme dell’attività industriale di un paese, concentrandole intorno ad un’ impresa agri­ cola quale madre e nutrice di tutte le altre, cosi da organizzare cooperativamente non solo classe per classe i lavoratori, ma tutte le classi dei lavoratori fra loro in una impresa solidale e comune, è già un passo verso quel programma più ampio di cooperazione di classe che oggi è la formula più approssimativa della civiltà.

« La cooperativa molinellese si propone di acqui­ stare, condurre in affitto o in . cointeressanza le terre e colonizzarle, di trasformare con la lavorazione ra­ zionale i prodotti agricoli (mulini, filature, tessiture di canape, ecc.), e quelli di vegetazione spontanea delle valli (fabbriche di stuoie, sporte, cesti e lavori in tru­ ciolo), inoltre di assumere ogni genere di lavori per costruzióni urbane e rurali, case operaie, strade, canali, sterro per sistemazioni e bonifiche private e pubbliche.

« Da ultimo, oltre le ordinarie operazioni di cre­ dito a favore dei soci, la Cooperativa si prefigge di proporre alle Società apposite assicurazioni sulla vita e contro gli infortuni per garantire i capitali ottenuti a credito per la costruzione di case operaie da affittare o cedere ai soci secondo il sistema belga ed inglese con tanta ampiezza e genialità rinnovato e diffuso in Ita­ lia dal gran maestro della cooperazione, on. Luzzatti. « Come si vede, il programma economico è am­ plissimo e — da taluni punti in, fuori, che la esperienza ha sfatati — ha un contenuto pratico non discutibile, rispondente al concetto di far concorrere le varie at­ tività in una sfera comune molto larga e comprensiva. « Soltanto che questo non è il programma di una, ma di più e più Cooperative, tanto è varia la natura delle singole imprese che esso contempla. Mentre sarebbe stato ammirevole il proposito di coordinare ad un fine comune, con un sistema anche di vicendevoli compen­ sazioni ed assicurazioni dai rischi, le varie Cooperative, tenendole distinte in ragione dei diversi obbietti, non si capisce davvero questo enorme accentramento, per il quale si arrischia di far luogo alla confusione, an­ ziché alla organizzazione delle singole imprese.

« Tanto più che per quanto si provveda dallo sta­ tuto ad una congrua divisione di dicasteri in seno al Consiglio d’ amministrazione, non sarà agevole assor­ tirvi le ben differenti competenze convenienti a diri­ gere grandi imprese di fittanze agricole, costruzioni di case, lavorazioni di truciolo e di stuoie, oltre alle ordinarie operazioni di credito.

Ma vi ha di più. Il bilancio è unico, le varie im­ prese formano una azienda comune, le spese, i lavori, le anticipazioni, i profitti formano la materia di un solo esercizio finanziario e subiscono la sorte comune. Or questo è più che un errore, può mettere capo ad una ingiustizia. A primo a-spetto la cosa può parere buona ed improntata ad un alto senso di solidarietà, ma all’atto pratico produrrà l’effetto di incoraggiare le singole imprese alla noncuranza delle loro sorti par­ ticolari con danno generale di tutta la azienda. Che cosa importerà, ad esempio, ai costruttori di una casa se il lavoro proceda lento e imperfetto (purché il cre­ dito di lavoro non manchi) quando c ’ è sicura la fit- tanza agricola che dà il reddito remuneratore ? E, per converso, i lavoranti della terra tenuta in fitto quale stimolo avranno a moltiplicare i loro sforzi per farla produrre, quando essi sanno che gli utili del loro sin­ golo lavoro andranno dispersi nel mare magnum della grande Cooperativa a compensare le falle e le man­ chevolezze di altre imprese speciali ?

« Se si volesse misurare con minuta analisi la por­ tata delle cose, sarebbe facile dimostrare che quel si­ stema, mentre ha tutti i difetti del comunismo, non ha alcuno dei pregi almeno teorici del collettivismo ».

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