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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.30 (1903) n.1512, 26 aprile

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L ECONOMISTA

G AZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno n i — V oi. f f l I Y

Firenze, 26 Aprile 1903

N . 1512

S o m m a r io : A. J. Dii Johannis. A proposito di una proposta por la questione del Mezzogiorno — La Banca d’ Italia, III — L’ Europa e la concorrenza Americana — Il « bill » por l’acquisto delle terre in Irlanda — E. Z. Gli Italiani in Tripolitania — Rivista bibliografica. B. Frescura. Guida per l’emigrante italiano — Prof. Fagliarli Luigi. Le abitazioni igieniche ed economiche per le classi meno abbienti nel secolo X IX — La Loggia Enrico. La esecuzione delle sentenze in materia civile — Prof. Antonio Labriola. Discor­ rendo di socialismo e di filosofia - Del materialismo storico; dilucidazione preliminare - In* memoria del manifesto dei Comunisti — J. Carlioz. Etude sur les Associations industrielles et commerçielles —- Santangelo Giuseppe. Roma, origine, progresso e decadenza dei suoi politici istituti — Pompée Cfylajanni. Trois année d’application de la loi sur les accidents du travail aux mines de soufre de la Sicilie — Espi- nas George. Les finances de la Commune de Douai dès origines au XV siècle — Frank-J. Goodnow. Po­ litica and administration - a study in Government — John R. Dos Fasses. Commercial Trust — La loi federale suisse concernant le travail dans les fabriques du 23 mars 1887 commentée par son execution pendant les années 1878 à 1899 — Cauderlier Em. L’ Evolution économique du X IX siècle (Angleterre, Belgique, foranee, Etats-Unis) — Hutchins B. L. and Ha rison A. A History of Factory Législation — Rivista economica. — La situazione del Tesoro, al 31 marzo 1903 — Il Gottardo e il Sempione Dal­ l’Italia al Brasile — Banche popolari cooperative nell’ esercizio 1902 — Cronaca delle Camere di Com­ mercio (Alessandria, Catania, Varese) — Mercato monetario e Banche di emissione — Rivista delle Borse — Società commerciali ed industriali (Rendiconti di Assemblee) — Notizie commerciali — Avvisi.

A PROPOSITO DI U N A PROPOSTA

Per la questione del M ezzogiorno

Nell’Economista N. 1506 ho proposto che lo Stato impiegasse una parte dei fondi dispo­ nibili in bilancio, anziché in esoneri generali alla proprietà del Mezzogiorno, in esoneri di imposta ai terreni circostanti ad ogni casa rurale che venisse costruita.

L ’ estensione del terreno da esonerare da imposta intorno alla nuova abitazione rurale può essere argomento di discussione e può anche es­ sere diversa secondo i luoghi e le circostanze ; come diversa può essere anche secondo i casi la durata dell’ esonero dalla imposta. Intorno alle modalità di attuazione di simile proposta, non è il qaso di discutere in questo momento, ma ho visto con piacere che alcuni periodici, tra cui l’ Ora di Palermo, hanno fatto buona acco­ glienza alla idea che ho esposta, ed hanno ri­ conosciuto che essa contiene il germe almeno di un provvedimento razionale, che può dare buoni effetti per il miglioramento dell’ agricoltura.

Péro l’Ora di Palermo giustamente mi os­ serva : che l’esonerare dalla imposta il terreno circostante alla nuova casa rurale, non è misura sufficiente, inquantochè per questo e per altri miglioramenti agricoli occorrono capitali, e sa­ rebbe più importante studiare il modo col quale la proprietà delle provincie meridionali e delle isole potessero disporre dei capitali necessari per ottenere quelle riforme da cui può dipen­ dere il loro risorgimento.

Ho detto che il giornale palermitano mi muove giustamente questo appunto, ma debbo soggiun­ gere che le provincie meridionali e la Sicilia non hanno voluto a suo tempo, e probabilmente non vogliono nemmeno ora, servirsi dei mezzi che hanno in casa loro e che avrebbero potuto ser­ vire e servirebbero ancora ad aiutare efficace­ mente la proprietà fondiaria.

Quando fin dal 1888 si discuteva sulla que­ stione bancaria, io fui tra i pochissimi che so­ stennero la Banca Unica di emissione e la tra­ sformazione dei Banchi di Napoli e di Sicilia in Banchi per il credito agrario. E ricordo la cortese discussione che in proposito corse tra l’on. Griusso e me, poiché egli credeva possibile che il credito agrario potesse essere diffuso per mezzo delle Banche popolari, aiutate dal Banco di Napoli, a cui si doveva però conservare la facoltà della emissione dei biglietti.

E in un mio lavoro « il Credito Agrario ed i Banchi di Napoli e di Sicilia » cercavo allora di dimostrare quanto sarebbe stato utile che i due Banchi meridionali, abbandonando il privi­ legio della emissione di biglietti, rivolgessero il loro capitale e la loro operosità alla agricoltura, somministrando ad essa il credito sotto altra for­ ma da quella indiretta e inadatta dello sconto

Invece si preferì che il Banco di Napoli, al­ leato alla Banca Romana, perdesse le sue forze nella concorrenza colla Banca Nazionale e nelle famose logomachie della riscontrata. In quel do­ loroso periodo pella economia italiana, nel quale mancò un Governo abbastanza forte ed oculato che tagliasse corto ad impedire l’ inutile sperpero di tante forze, si perdettero e il Banco di Napoli e la Banca Romana e la Banca Nazionale, che lasciarono nella lotta quasi intero il loro ca pitale

Ma non vi può essere che un falso senti­ mento di amor proprio per non lasciar vedere che un Istituto come il Banco di Napoli e come quello di Sicilia, i quali hanno la fortuna di non aver azionisti e quindi non hanno l’obbligo di dare interessi o dividendi al capitale, sono espressamente fatti per sovvenire la proprietà fondiaria di capitali, non per mutui fondiari, ma per miglioramenti agrari, perchè soltanto i due Banchi possono dare il capitale ad un mite interesse.

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266 L ’ E C O N O M IS T A 26 aprile 1903

ho pubblicato l’opuscolo citato; allora si temeva che i due Banchi, accumulando soverchiamente gli utili ad incremento del capitale (il Banco di Napoli aveva deliberato di portarlo a 100 mi­ lioni), acquistassero un potere soverchiante ol­ tre la conveniente misura, e quindi il Banco fosse trasformato in Banca di Stato per la stessa necessità delle cose. Fu una illusione perchè, ripeto, la lotta nella quale il Banco volle in­ gaggiarsi contro il concetto della Banca Unica di emissione, permise alla Banca Romana la lunga resistenza, e produsse poi la catastrofe di tutti i contendenti, ciascuno dei quali, pur di allargare il proprio campo di azione, non esitò, a gettarsi a capofitto in biasimevoli opera­ zioni éd in arditi tentativi di salvataggio.

Ciò non toglie però che il principio rimanga inalterato, e che per esempio il Banco di Si­ cilia, che ha già quasi sanate le sue ferite, non possa incominciare subito ove lo voglia, la sua opera di redenzione della agricoltura siciliana.

Erede U Ora che la Sicilia rinuncierà ad avere un biglietto che si chiami di Sicilia? e che il Mezzogiorno vorrà far a meno di un bi­ glietto che si chiami di N apoli?

Se di questo falso amor proprio, spiegabile del resto con tante ragioni storiche, i meridio­ nali sono disposti a fare il sacrifizio, propu­ gnino essi la trasformazione dei loro Banchi. Vi è ancora il progetto dell’ on. Grasso del 1888, che completato in questo senso, può essere ri­ chiamato in discussione, e dalla sua attuazione può venire la salute stessa della agricoltura me­ ridionale.

I capitali che si accumulano nel Nord in­ dustriale non sono restii ad investirsi nelle im­ prese del mezzogiorno; ma domandano gli stru­ menti adatti che li affidino. Dei 60 milioni di cartelle che l’ Istituto Italiano di Credito Fon­ diario ha emesso per mutui nel mezzogiorno, meno uno o due milioni, tutto il resto fu collo­ cato nell’ Italia settentrionale ; appunto perchè lo strumento, che è l’ Istituto, affida il risparmio.

L ’ esercizio del credito agrario con cautele bene ponderate e con ordinate ramificazioni nelle provincie meridionali e colla emissione di una cartella al 3 QjO esente da imposta, magari redimibile con un premio, può fare affluire nel mezzogiorno d’ Italia molto del capitale di cui 1’ agricoltura può avere bisogno.

Ma la condizione necessaria a questo fine è che tutta la energia dei Banchi sia rivolta a questo unico scopo e siano date tutte le mas­ sime garanzie di serietà e di scrupolosità nella azienda.

Certo è più comodo ottenere l’ esonero puro e semplice di metà e magari di tutta la impo­ sta. Ma questi non sono provvedimenti degni di uno Stato illuminato; sono ripieghi, coi quali si supera lo stato acuto di una malattia, senza guarirla.

A. J. DE JOHANNIS.

---L A BANCA D’ IT A ---L IA

i n

Accertate le nuove migliori condizioni della Banca d’Italia, abbiamo detto nell'articolo pre­ cedente, che ci proponevamo di esaminare se non fosse necessario di modificare la legge bancaria ed in quale senso.

La stampa ufficiosa annuncia che il Ministro del Tesoro ha già apparecchiato un progetto di legge di riforma dalla legge che regola la Banca, progetto che sarà presentato alla riapertura della Camera. Siamo lieti di questa disposizione di animo del Ministro ed auguriamo che le sue pro­ poste corrispondano alle necessità del momento presente e rispondano a quei principii liberali, nei quali soltanto può fondersi in un tutto ar­ monico così il vantaggio economico del paese come la prosperità dell’ Istituto.

Molte sono le questioni che sono implicate in una riforma bancaria, che abbia lo scopo di metter termine al periodo transitorio, che venne causato dalle anormali condizioni degli Istituti, e voglia inaugurare un periodo di normale as­ setto bancario.

La prima, alla quale abbiamo accennato già precedentemente, sta nel modo col quale calco­ lare le immobilizzazioni ancora esistenti. Come abbiamo già avvertito, la legge 1893 e le suc­ cessive, hanno cercato di spingere la Banca ad affrettare la liquidazione delle partite immobi­ lizzate accordandole dei vantaggi mano a mano che proseguiva la liquidazione. Forse il legi­ slatore in ciò fu bene ispirato, perchè essendo molto alta la cifra delle immobilizzazioni, impor­ tava ridurla sollecitamente ai minimi termini. Però la Banca, da un altro lato, non ne ebbe van­ taggio perchè, spinta a liquidare con sollecitu­ dine, sia per le pressioni morali della pubblica opinione, sia per i vantaggi che la legge le pro­ metteva, si liberò di tutto quello stock di par­ tite che erano più facilmente o meno difficil­ mente liquidabili; ed essendosi verificata una notevole ripresa negli affari ed un aumento nei valori, la fretta delle liquidazioni non le per­ mise di approfittare del miglioramento del mer­ cato; e certo ora la Banca ricaverebbe di più da molte partite, di quello che effettivamente non abbia ottenuto. Ma indipendentemente da Ciò, è da tener presente soltanto che la parte di im­ mobilizzazioni ancora rimaste, rappresenta quelle che sono di più lenta e meno facile liquida­ zione, e se non esiste una verà necessità per imporre alla Banca di liberarsene, non vi è ra­ gione per privare gli azionisti di quei vantaggi che potrebbero conseguire, procedendo alla li­ quidazione con una sufficiente libertà di tempo. Ridotto lo stock delle immobilizzazioni a circa 150 milioni, come probabilmente sarà alla fine del corrente esercizio; abbiamo una somma che è notevolmente inferiore all’ammontare del capitale e della massa di rispetto della Banca.

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Infatti il capitale è di 180 milioni, la massa di rispetto alla fine del 1903 sarà di 45 milioni e mezzo, quindi un totale di 225 milioni e mezzo, cioè di 75 milioni maggiore della somma delle partite non consentite dalla legge.

Se pertanto fosse consentito alla Banca da una nuova legge di impiegare la massa di ri­ spetto e due terzi del suo capitale in immobi­ lizzazioni, magari coll’obbligo che una parte del reddito delle immobilizzazioni stesse debba essere rivolto ad aumento della massa di rispetto o ad un fondo speciale di ammortamento delle immobilizzazioni, pare a noi che nessuna ulte­ riore difficoltà vi sarebbe per liberare la Banca da ogni ulteriore tutela, e risolvere le altre que­ stioni che sono connesse con una riforma ban­ caria.

E il quesito si presenta chiaro : può una Banca di emissione immobilizzare tutto o parte del suo capitale o della sua massa di rispetto?

A coloro che conoscono la funzione di una Banca d’ emissione e del suo capitale non può sorgere nessun dubbio sulla risposta da darsi al quesito.

Teoricamente una Banca di emissione non avrebbe bisogno di capitale se non per le spese di impianto e per una piccolissima scorta di cassa. La Banca emette biglietti contro cambiali di primo ordine e di sconto indiretto, o contro anticipazioni su titoli di Stato, con un margine abbastanza largo ; non ha quindi nessun timore di essere sopraffatta da nessuna crise, inquantochè mano a mano che scadono gli effetti e le antici­ pazioni del suo portafoglio, ritira dalla circola­ zione i suoi biglietti. 11 capitale non può avere quindi teoricamente nessun altro ufficio che quello di assicurare i portatori di biglietti con­ tro la insolvenza dei debitori cambiari verso la Banca; cioè degli effetti che cadono in sof­ ferenza.

Ora la esperienza dimostra due cose ; la prima che la somma delle sofferenze annue è inferiore agli utili che la Banca consegue, e quindi gli utili sono più che sufficienti a coprire ogni sofferenza ; secondo, che in ogni caso, se non vi fossero in una annata utili sufficienti, le sofferenze che rimarrebbero allo scoperto non possono essere che una piccolissima parte del capitale, poiché la somma di tutta la sofferenza in media non arriva ad un sessantesimo del capitale.

Ma vi ha di più ; dal lodevole sistema adot­ tato dalla legge che le sofferenze vadano ammor­ tizzate anno per anno, deriva il conto sofferenze- ricuperi, il quale, dopo qualche anno, è quasi sempre esso stesso sufficiente a coprire la somma delle sofferenze dell’esercizio, giacché mano a mano che si accumulano le sofferenze dei diversi esercizi, i ricuperi vanno crescendo di entità. Ciò si, veri­ fica in quasi tutte le Banche, di emissione o no, che hanno adottato tale sistema, il quale rende minimo l’ effetto delle sofferenze dell’ esercizio sul bilancio, dopo qualche anno dall’applicazione del conto sofferenze-ricuperi.

Potremmo in proposito presentare le cifre della Banca di Francia, in materia maestra.

Teoricamente pertanto non vi è nessuna difficoltà perchè una Banca di emissione applichi

una parte del suo capitalo o della sita massa di rispetto in operazioni non' bancarie, e tutto al più, ripetiamo, si può esigère che gli utili deri­ vanti da queste operazioni sieno in parte'desti­ nati a fondi speciali di ammortamento, quando l’ammortamento non avvenga per liquiSàzfone.

Se si considera poi la questiono dal lato pratico, si vede che Banche di emissione poten­ tissime, come ad esèmpio Ih Banca d’ Inghilterra, la Banca Austro-Ungaricà, la Banca di Francia stessa, abbiano tutto o parte dèi loro icapifp.lé im­ mobilizzato ed alcune senza che egeo sia reddi­ tizio ; nè per questo è avvenuto mài che quelle Banche potessero funzionare meno- bene del- 1’ ordinario.

Prima riforma quindi che noi domandiamo al Ministro è questa regolarizzazione della Banca d’ Italia, regolarizzazione ebe può autorrzzaré la soluzione di altre questioni molto importanti lo quali esamineremo in altro articolò. *•?<: •

L’ EUROPA E LA C 0H C 0R E E H Z 4 AM ERICANA

Non poteva mancare al Congresso degli agri­ coltori tenuto in Roma il tentativo di ottenére Un voto in favore, se non della Unione doganàlé del­ l’Europa per opporsi alla concorrenza degli Stati Uniti, che sarebbe stato assolùtamente vano, al­ meno per una politica commerciale fondata sulla reciprocità. E diciamo che non poteva mancare, perchè era naturale che gli agricoltóri o meglio i difensori dei loro interessi sorgessero ;à' de­ precare quella concorrenza ameficatìà,’ che' tanto influì a ridurre i prezzi dei cereali, è à dotnàfidàhe ohe si punissero gli Stati Uniti col chièder loro la reciprocità di trattamento. Questa' forinola della reciprocità è ora alla moda e gli stèssi Stati Uniti, specie dall’ ultimo perìodo dèllàfffé- sidenza del Mac Kinley, hanno dimostrato di voler moderare il loro protezionismo doganale, appunto coll’ applicare il principio della iéèi- procità.

Nella stessa Inghilterra vi è, non certo’ da ora, una corrente favorevole' a l O h e sarebbe appunto il sistema della reciprocità’, e sul continente europeo biffi matteanó ‘cól'ó'rt?! quali pensano che riessnna concessione doganale dovrebbe esser fatta, diremò meglio, nessun dazio dovrebbe essere tenuto bòsso nella tariffa doganale se io cambio non viene fatto négll al­ tri paesi un trattamento favorevole ai prodotti ohe vi s’ importano. La formula dèlia rècipfòcità può anche parere, a primo aspetto, buona e giu­ sta e trova del resto una parziale applicazione anche ora nei trattati di commercio, ma gèbèra- lizzata e messa a fondamento di un regime do­ ganale può condurre a conseguenze gravi, e non

certo buone. - i.a

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dif-268 L ’ E C O N O M IS T A 26 aprile 1903

forme nelle sue varie parti, poco favorevole, in ultima istanza, al traffico e ciò perchè invece di tener conto degli interessi generali si finirebbe per volere delle concessioni sui dazi esteri al solo scopo di favorire interessi particolari. Ma naturalmente ai protezionisti non par vero di creare delle difficoltà con la pretesa della reci­ procità, di far sorgere dei dissidi doganali, ap­ punto sulle reciproche concessioni, che certo non favorirebbero il mantenimento delle buone rela­ zioni commerciali. '

Al Congresso di Roma non si è quindi vo­ luto perdere l’occasione per sostenere la tesi della reciprocità e di un trattamento differenziale da applicare in Europa ai prodotti degli Stati Uniti. Il Rubinek, segretario generale della So­ cietà nazionale di agricoltura dell’ Ungheria, vi­ sta la inattuabilità pratica, almeno per ora, di una lega doganale europea contro l’ invadente produzione degli Stati Uniti d ’ America, suggerì di adottare verso di questi il principio di reci­ procità che sta a fondamento della loro politica doganale, riservando 1’ applicazione del principio del trattamento della nazione più favor ita soltanto ai rapporti commerciali fra gli Stati d’Europa. Alla massima: « l’ America agli americani », il Rubinek vorrebbe contrapporre il principio economico che il consumo europeo appartenga alla produzione europea. Il von Sohwerin Loewitz accettando il concetto della proposta, stimava di renderne men difficile l’ applicazione, proponendo di riservare alle sole merci di produzione europea speciali diminuzioni di dazi nei vari Stati. A questi fau­ tori della reciprocità rispose l’ on Luzzatti, me­ ravigliandosi che in presenza delle tariffe recen­ temente approvate in Germania e nella Svizzera, e che si preparano ad approvare in Austria, si possa ancora parlare di una coscienza doganale europea. A suo avviso, coloro che ne parlano as­ somigliano a quelli che alla inaugurazione della ghigliottina vi ballavano attorno e si abbraccia­ vano. Prima di porsi in lotta, disse press’ a poco l’ on. Luzzatti, contro una potenza quasi invio­ labile ed incrollabile come le forze primitive della natura, contro una nazione che è essa stessa una Europa, cho ha accumulato immensi capitali e che non ha la virtù della rassegna­ zione dobbiamo vedere se possiamo intenderci fra noi. Sarebbe ridicolo dichiarare la guerra agli Stati Uniti nei congressi e dare poscia spet­ tacoli di discordie europee E più innanzi nel suo discorso l’on deputato diceva che in Europa si preparano tariffe di fronte alle quali il Me­ line (che era presente alla riunione) può riven­ dicare il merito della moderazione, di fronte alle quali egli, Luzzatti, impallidisce e soffre come uomo e come economista perchè non si può as­ sistere freddamente a questo doloroso spettacolo di ricacciare l’ Europa nel medio evo doganale. E anche quel laboratorio di tutte le esperienze sociali, che è la Svizzera, ha raggiunto la per­ fezione... se la perfezione consiste a non lasciare un foro solo aperto per lasciar passar la libertà. E dunque l’Europa in caso di trovare l’unità della sua coscienza doganale ? I Parlamenti che hanno approvato quelle tariffe saranno disposti a diminuirle ? Dimenticheranno ciò che hanno ieri votato? Non possiamo difenderci dall’Ame­

rica, se ci dilaniamo fra noi, osserva l’on. Luz­ zatti, il quale continuando disse : io parlo degli Stati Uniti col rispetto che impone la grandezza, con la prudenza che impone la forza e vi dico, badate non si tratta solo di merci ma di uomini e non solo dall’Italia partono gli uomini che là doventano cittadini degni dell’ antica patria, de­ gni della nuova. E qui vorremmo decretare la proscrizione delle merci americane? Egli insom­ ma non si sente di dare un tale consiglio.

Il Meline, che dichiarò di essere un com­ pensatore e non un proibizionista, non crede sia necessario di venire alla lega doganale. Il peri colo non gli pare grave e come agricoltore egli crede che il Congresso si debba occupare del­ l’ agricoltura soltanto: ebbene, del grano ameri­ cano l’ Europa ha bisogno e se la produzione cresce agli Stati Uniti, aumenta pure la popola­ zione. Sarebbe, a suo avviso, prematuro e impru­ dente di entrare in una via di rappresaglie. La riunione finì per rinviare la questione a un fu­ turo Congresso, e la ragione del rinvio emerge chiaramente dai discorsi che furono tenuti e più ancora dall’ esame dei fatti.

Ohi sosteneva al Congresso la proposta di applicare agli Stati Uniti una politica doganale restrittiva fondata sulla più stretta reciprocità, evidentemente dimenticava molte cose, che l’ono­ revole Luzzatti ha opportunamente ricordato.

Gli Stati Uniti esportano in Europa prodotti dei quali questa od ha veramente bisogno per completare le proprie provviste od ha tutta la convenienza ad acquistare, perchè può averli a minor prezzo che prendendoli altrove. Questo è un punto che non va trascurato. Ma che dire poi dello stato latente di lotta doganale in cui si trovano i paesi dell’ Europa centrale, special- mente, e che non consente davvero di stabilire una linea di condotta comune di fronte a rivali potenti dei quali, poi, si ha anche bisogno per più riguardi ?

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che aggravare la situazione commerciale inter­ nazionale, mentre un accordo europeo diretto a frenare il protezionismo sarebbe un impulso notevole per lo sviluppo delle relazioni commer­ ciali, specie fra gli Stati dell’ Europa centrale, re­ lazioni che se sono progredite dopo i trattati del 1891-92 non hanno certo ancora raggiunto quello svolgimento del quale sono suscettibili.

Gli agricoltori europei e i loro rappresen­ tanti nelle assemblee, nei comizi, nei congressi, devono dunque darsi pensiero sopratutto di in­ staurare in Europa un regime doganale che non ostacoli la circolazione dei prodotti agrari e quanto agli Stati Uniti, la loro concorrenza dal punto di vista agricolo è un fatto ormai inevitabile, ma, come disse lo stesso Mélme, non più così grave come pel passato e dal punto di vista industriale è certo che gli Stati Uniti stanno sopravanzando ogni altro paese. Ma i loro progressi, dovuti a un felice concorso di cause, non vanno combattuti con mezzi che si risolverebbero in danni per noi, bensì col procedere tenacemente per le stesse vie progressive sulle quali essi si sono posti.

IL 11 B IL L 11 PER L ’ ACQUIS 0 DELLE TERRE

in Irlanda

La legislazione fondiaria per l’ Irlanda sta per arricchirsi di un’ altra misura assai impor­ tante, sottoposta nei giorni scorsi all’approva­ zione della Camera dei Comuni. Si tratta nien­ temeno che di mettere l ’ aiuto finanziario a disposizione dei fittavoli pel riscatto delle terre irlandesi. Il Segretario di Stato, on. Wyndham, che ha presentato il nuovo Irish Land bill, ha spiegato perchè, a suo avviso, sia necessaria una legislazione speciale per ¡’ Irlanda. Come mai la terra è contrattata in Inghilterra su un mercato libero e ciò non è possibile in Irlanda? Le con­ dizioni speciali del paese e la stessa sovrappo­ sizione di ordinamenti legislativi hanno reso im­ possibile che avvenga nella Irlanda ciò che ha luogo nell’ Inghilterra e di qui hanno origine le proposte, che vorrebbero essere decisive, del Wyndham.

Due ragioni principalmente, a suo credere, tolgono che Inghilterra e Irlanda si possano tro vare a questo riguardo nella stessa condizione. Anzitutto vi è una ragione storica. Nell’ Inghil­ terra le forme dei contratti agrari, sono certo complicate, ma non tanto quanto in Irlanda. Vi sono state modificazioni del feudalismo e può dirsi che esse sono state tramandate fino a noi senza soluzione di continuità per un periodo di circa 800 anni. In Irlanda ciò non è avvenuto. Ma c’ è anche una ragione economica. In Inghilterra e nella Scozia se l’agricoltura va male vi sono al­ tre industrie che possono offrire un campo adatto all’attività proficua degli uomini, mentre in Ir­ landa le cose non si presentano allo stesso modo e sia pel proprietario, sia pel fittavolo l’ insuc­ cesso nell’agricoltura significa necessità di emi­ grare oltre l’Oceano.

Ciò spiega e giustifica il trattamento diffe­ renziale dei problemi agrari irlandesi.

Or bene, se 1’ agricoltura irlandese deve es­ sere messa in una condizione sicura, anziché mantenuta in uno stato precario e decadente, si può chiedere come ciò sia raggiungibile con una nuova legge. Si noti che vi sono già alcune die­ cine di leggi che riguardano l’ Irlanda e i suoi problemi agrari, ma ora non si tratterebbe più di ricorrere a palliativi, bensì di risolvere defini­ tivamente la questione agraria irlandese.

Con le leggi precedenti, specie con quelle che hanno lo scopo di fissare le rendite, le liti sono state frequenti e la terra fu continuamente in bi­ sogno di capitale ; invece le leggi relative al­ l’acquisto delle terre diedero buoni risultati. Delle anticipazioni che lo Stato ha fatt i per la esecuzione di quelle leggi non ha perduto un soldo e una ragione di questo fatto sta nella circostanza che il nuovo proprietario fece del suo meglio per far fruttare il suolo e la stessa opinione pubblica d’ Irlanda incoraggiò la resti­ tuzione puntuale del danaro dovuto al Tesoro. La esperienza ha dimostrato che dal punto di vista del contribuente gli acquisti di terre sono state operazioni di credito veramente sane.

E perciò i proprietari e i fittavoli ora de­ siderano che quel^istema sia applicato general­ mente e sistematicamente. Il bill quindi muove dalla creazione di un nuovo dipartimento della Land Commission, degli Estates Commissioners, ossia dei commissari fondiari, i quali devono so- praintendere nell’avvenire alle operazioni di ac­ quisto e in una larga misura prenderne la dire­ zione. Secondo il Wyndham il problema da risol­ vere è quello della estinzione graduale del sistema vigente coll’acquistare dagli attuali proprietari le terre. Perciò secondo il bill gli Esiates Commis- sioners conchiudono i contratti sotto il controllo e la responsabilità del Governo, avendo anche la facoltà di acquistare direttamente i poderi dei hmdlords, dove questa procedura serva ad evi­ tare lungaggini, a rimuovere impedimenti legali e a semplificare le operazioni, per rivenderli ai tenanfs, purché tre quarti dei medesimi sieno disposti a comperarli. Ma le più importanti clau­ sole del bill sono quelle finanziarie, cioè quelle che riguardano¿il concorso pecuniario dello Stato, perchè dove troverebbero i fittavoli il denaro per comperare le terre, se lo Stato non inter­ venisse ad anticiparlo? È quindi il tesoro inglese che viene chiamato a facilitare la operazione. Si trattava di stabilire in qual modo e in quale misura V Exch-quer doveva intervenire, ossia quale somma offrire per effettuare il trapasso di una proprietà rurale la cui reni, o prezzo di affitto complessivo, il Wyndham calcola a quat­ tro milioni di sterline l’anno.

Ebbene basandosi appunto sulla rent d' un dato numero d’anni il bill destina cento milioni di sterline a codesta operazione, la quale non potrebbe essere compiuta prima di 15 anni, a cominciare dal Io novembre dell’ anno corrente, data dell’ applicazione della nuova legge.

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per: la : perdita che i landlovds venissero a sop­ portare nelle vendite. Il tesoro poi si risarcisce con riduzione di spese nel bilancio dell’ Irlanda e, ad ogni modo, codesto sussidio di 12 milioni non verrebbe fornito che a rate annue col ///•/- ximuui di 390,000 sterline 1 anno. Parimente la somma di cento milioni che rappresenta il con­ corso finanziario dello Stato alla conversione dei coltivatori, in proprietari, dev’ essere procurata coll’ emissione di una rendita garantita speciale al 2 3|4 0(0, detta appunto Ouaranteed 2 3]4 per cent stock, che non sarà redimibile per 30 anni; quella somma sarà sovvenuta in ragione di 5 mi­ lioni all’ anno per i primi tre anni, poi in più larga misura, e nella medesima proporzione avrà luogo la emissione del nuovo titolo. Questa li­ mitazione è tanto più necessaria in quanto che sul mercato finanziario stanno per essere gettati un prestito del Oan.iitg (Jovncil ili Londra e il prestito del Tran svanì. Inoltre, siccome il con­ solidato fra pochi mesi non dara più che il 2 1[2 0[Q ed oggi subisce un ribasso quale non fu più visto dopo il ,1870 (e su questo punto ritorne­ remo prossimamente) cosi una grossa emissione del Guaranterd Stock che frutta il 2 3[4,^ po­ trebbe deprimere maggiormente il primo titolo pubblico dell’ Inghilterra. __

Le somme che il,Tesoro anticipa ai tenants in- contanti, gli devono essere da questi rimbor­ sate in 68 anni e mezzo, ma il rimborso non rappresenterebbe che 7 ottavi della somma sov­ venuta, 1’ altro ottavo rimanendo come una rent chavge* una specie di livello sul fondo acquistato dal fittavolo, affinchè lo Stato abbia una garan­ zia, contro il frazionamento e l ’ ipoteca^ delle nuòve proprietà; due inconvenienti che finireb­ bero col frustrare lo. scopo della legge.

Bisogna avvertire che il bill del Wyndham non avrebbe avuto alcuna base se lo scorso in­ verno non si fosse radunata a Dublino una con­ ferenza di rappresentanti autorizzati dei pro­ prietari e degli affittaiuoli, la quale mise d’ ac­ cordo. gl’interessi delle due classi, stabilendo le norme e le condizioni per il trapasso della pro­ prietà. Ed è appunto su cotesto accordo equo per le due parti e condizionato, naturalmente, al concorso finanziario dello Stato che si fonda il bill del Wyndham, il quale nella sostanza ha accettato , le proposte della Conferenza di Du­ blino. ,11 Governo evidentemente ha voluto pro­ fittare: della situazione psicologica rivelata da quella Conferenza, perchè è stata quella la prima volta in cui: proprietari e fittavoli sono riusciti a mettersi d’ accordo sulla via da seguire per ri­ solvere una buona volta la questione fondiaria

in Irlanda. . . .

X deputati irlandesi, nazionalisti e unionisti, hanno fatto una favorevole accoglienza al pro­ getto del quale abbiamo dato una idea comples­ siva, trascurando necessariamente vari particolari. L ’ onere finanziario che il bill addossa allo Stato è . certo:.grande, ma è ripartito per più anni e d ’ altra parto il denaro anticipato ai tenants, ga­ rantito sulla loro proprietà e sulla somma annua che il Tesoro deve accordare alla Irlanda come equivalente dei sussidi per l’ istruzione, education grani, per le .

scuole

d’Inghilterra, costituisce un collocamento sicuro. Ed a questo proposito il

Wyndham fece osservare alla Camera dei Co­ muni che i tenants divenuti proprietari in virtù della legge vigente sull’ acquisto delle terre, ossia del Land Purchase Act, rimborsano jtun tualmente, meno qualche rarissima eccezione,' il Tesoro a rate annue, comprendenti interesse ed ammortamento.

Comunque si voglia giudicare questo nuovo intervento dello Stato a favore dei fittavoli ir­ landesi, è certo che esso ha il pregio di condurre alla soluzione radicale della questione agraria, la quale, com’ è Doto è quella che ora tiene di- vis© Inghilterra e Irlanda. Risoluto questo pro­ blema è da credere che molta parte del malcon­ tento, dell’ odio, della opposizione all’ Inghilterra verrà a scomparire e che le due isole procedendo d’ accordo potranno av vantaggiarsi^ 1 Irlanda specialmente, che può sperare di ritrovare la prosperità e la tranquillità d’ altri tempi.

Gli italiani in Tripolitania

Riprendo, se permettete, il discorso dal punto in cui lo lasciai 1’ ultima volta. 4)

Dissi che P Eritrea non si presta ad essere una colonia di popolamento, almeno o finché non viva una vita più florida quale paese di transito dei commerci tra il Sudan e le ricche regioni circostanti da una parte e il mare dall’ altra. Finora questo transito non c’ è, fuorché in quan­ tità minima, pel fatto che il solo mezzo di co­ municazione e di trasporto è quello delle caro­ vane, attraverso vie mulattiere lunghe e mala­ gevoli, mezzo lentissimo e costoso. E in corso di costruzione la strada ferrata fra 1 Asinara e Massaua ; ma l’Asmara non e ancora paese ricco, e penetrando in regioni più interne del Conti­ nente si entra in possedimenti non nostri, ma in­ glesi.

Perchè la strada ferrata, compiuta che sia, avesse una vitalità più che locale, bisognerebbe potesse allacciarsi a qualche linea di maggiore importanza che tocchi territori dove i prodotti da esportare ci siano davvero. Invece gli inglesi stanno concretando un progetto ferroviario se­ condo il quale la nostra colonia sarebbe intera­ mente lasciata da parte.

Negli scorsi mesi si è letta e replicatamente vista confermata la notizia che Lord. Cromer, agente diplomatico britannico in Egitto, e il Sirdar Wingate, governatore del Sudan, si sono accordati per la scelta tra due progetti intesi a porre il Sudan in diretta comunicazione col Mar Rosso. Il primo concerne una ferrovia da Kartum al porto di Suakirn, la quale passerebbe per Ondurman e Berber. Sarebbe la strada piu breve, ma tracciata in parte su terre povere, perchè aride, e spopolate. Il secondo impliche­ rebbe una deviazione, giungendo cioè a Suakirn dopo avere allacciato la zona fertile e popolosa di Cassala. La linea dunque verrebbe a passare vicino alla nostra colonia, rasentandone il con­

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26 aprile 1903 L ’ E C O N O M IS T A 271

fine, ma senza entrarvi, e non farebbe capo da nessuna parte a Massaua. Restando questo porto, il migliore del Mar Rosso, dove il traffico da qualche anno non fa progressi di sorta, verrebbe a rimanere isolato ed estraneo alle grandi cor­ renti commerciali internazionali, che si determi­ neranno in tutta la loro attività quando l’Inghil­ terra, colla costruzione della ferrovia in discorso, abbia formato il primo tronco della futura gi­ gantesca linea dal Mediterraneo all’estrema punta australe dell’Affrica.

Cosi essendo, alcuni giornali italiani si sono affrettati a raccomandare che la linea Massaua- Asmara venga costruita attivamente e terminata presto, acciò possa poi collegarsi con quella che gli inglesi sembra vogliano far passare per Cas­ sala.

Essi ammettono possibile che l’ Inghilterra rinunzi a darle sbocco a Suakim e si decida a preferire lo sbocco di Massaua con risparmio di spesa da parte sua e con soddisfazione dei no­ stri interessi.

Sarà, poiché tutto è possibile, e se sarà ci avrò piacere; ma, fino a prova contraria, stento a crederlo. E vero che Massaua, come porto, è migliore di Suakim, è anche vero che l ’ Inghil­ terra, decidendosi ad allacciare la sua linea in progetto con quella che l’ Italia sta costruendo nell’ Eritrea, e rinunziando a farle far capo a Suakim, conseguirebbe un bel risparmio di spesa. Ma anche mi sembra probabile eh’ essa voglia far passare le merci sui suoi territori piuttosto che su quelli altrui, dare incremento a un porto suo piuttosto che a uno nostro.

Einora dunque non so prevedere nell’Eritrea uno sviluppo commerciale abbastanza notevole in un futuro abbastanza prossimo. Per conse­ guenza non credo neppure che per un pezzo quel paese, malgrado qualche progresso che vi taccia la coltivazione del suolo, sia per attirare altro che un piccolissimo numero d’ italiani a prendervi dimora.

E allora, in materia coloniale, che cosa avremo ? Una emigrazione così numerosa come non 1’ ha nessun altro Stato ; la quale, anche dove non è o respinta o maltrattata, suscita sì qualche corrente di traffico, manda in Italia una certa quantità di risparmi, ma lavora per la grandezza e la prosperità dei paesi dove afflui­ sce, più che per quella della madre patria. E avremo poi sul Mar Rosso un solo possedi­ mento del tutto nostro, dove per una ragione o per 1’ altra 1’ emigrazione italiana, viceversa non attecchisce.

Un esperimento resta da farsi, non tentato sinora: la graduale colonizzazione italiana della Tripolitania e della Cirenaica. Esso è consiglia­ bile sotto parecchi rispetti. Non si tratterebbe di indirizzarvi subito grandi falangi di coltiva­ tori, ma dapprima soltanto piccole schiere : le grandi falangi verrebbero poi da sé, quando le piccole schiere vi si fossero trovate bene. Non si avrebbero gli inconvenienti dell’ Eritrea, dove la zona costiera è inospite, quasi inabitabile, mentre la parte temperata e salubre è molto interna, perciò lontana, e quasi priva di strade. Nella Tripolitania e più ancora nella Cirenaica le migliori zone sono invece sulla costa, che è |

estesissima. Per lungo tempo non importerebbe addentrarsi molto, e se le buone strade non abbondano neanche sulla costa, in compen­ so abbondano i piccoli porti, primitivi, se si vuole, ma sufficienti per uno scambio di pro­ dotti che da principio non potrebbe essere fuorché modesto. Il clima, come molti esplora­ tori assicurano, si confà specialmente alle no­ stre popolazioni meridionali, alle quali si deve pensare in modo speciale, perchè nell’ emigra­ zione sono quelle che trovano i maggiori osta­ coli. Essendo le più povere d’ istruzione anche elementarissima, i Governi degli Stati civili non le vedono di buon occhio. Pochi mesi or sono il Governo coloniale del Capo (Sud-Affrica) invitava, per la coltivazione della vite e degli alberi da frutta, un certo numero di lavoratori agricoli italiani, purché settentrionali. Era i mussulmani i nostri meridionali non correreb­ bero pericoli d’ incontrare preferenze di questo genere ! Diceva bene in quei giorni il Giornale d’ Italia : « Tra poco non sapremo dove rivol­ gere il 50 per cento dell’ emigrazione dalle pro­ vinole meridionali ; e nei soli dieci primi mesi del 1902 questo 50 per cento ascendeva a ben 73 mila persone. »

E finalmente deve notarsi che non vi sa­ rebbero guerre da sostenere, giacché dovrebbe darsi opera, almeno per ora, non all’acquisto di possedimenti politici, ma alla fondazione di pacifiche colonie agricole. Darsi opera da chi ? Dai privati; meglio se riuniti in associazioni. Lo Stato nostro però potrebbe — l’ ho accen­ nato altre volte —- stimolare la loro formazione in più modi e, occorrendo, anche mediante qual­ che contributo pecuniario. Perchè non potrebbe anche essere consocio? Abbozzo l’ espressione di un’ idea : non sono in grado in questo momento di suggerire le modalità, ma non le credo punto introvabili.

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272 L ’ E C O N O M IS T A 26 aprile 1903 nostri connazionali, del quale s’ abbia diritto di

chiedere riparazione, l’ordinazione non rara di qualche corazzata, fatta dal Governo ottomano ai cantieri italiani, la necessità, in cui spesso la Turchia si ritrova, di ricorrere a un prestito e via dicendo. Sono occasioni che bisogna saper cogliere; suscitare, magari ! Ma bisognerebbe che insieme sapesse aver luogo la rapida formazione — anche aiutata, ripeto, dallo Stato — di qual- Società Coloniale coltivatrice di terreni, come ne ha la Germania nel Brasile. Senza un primo im­ pulso di questo genere, le unità numerosissime, ma inorganiche che costituiscono 1 emigrazione italiana non possono da se aprirsi la nuova via, Ma aperta che fosse, tutto fa prevedere che sarebbe largamente battuta. Per l ’ industria, dirò così, dalla colonizzazione libera noi possediamo in Italia abbondantissima e ottima la materia prima. Per avviarla in modo più rimunerativo bisogna costituire, seguitando la metafora o pa­ ragone che sia, una buona direzione economico- tecnica. Nessuna parte di mondo si presterebbe, per esercitarla meglio che la parte dell Affrica Settentrionale non ancora colonizzata nè posse­ duta da europei. E guardiamoci bene dall’ imi­ tare i procedimenti dei Francesi, che costano e non rendono. Il lavoro coloniale destinato a riu­ scire non va fatto a potenti e rumorosi colpi di maglio: deve somigliare a quello paziente, ma infallibile del trapano, al quale nessuna dura pia­ stra metallica resiste. Ma il trapano prendiamolo in mano una buona volta. Da sè solo non si muove !

Rivista §ibliograñca

B. Frescura. — Guida per V emigrante italiano. Eoma tì. De Agostini 1902 (L. 0,(>0).

Con ottimo intendimento l’ Istituto geogra­ fico G. De Agostini pubblica questi piccoli opu­ scoli, nei quali sono contenute in buon ordine ed in piccola mole le istruzioni più necessarie al­ l’emigrante perchè si apparecchi alla partenza e perchè abbia una sufficiente cognizione del luogo dove si dirige.

Il lavoro è stato affidato al prof. Bernar­ dino Frescura dalla R. Scuola superiore di commercio di Genova, e furono fin qui pubblicati quattro fascicoli : uno che riguarda l’emigrazione nelle provinole di Entro Rios, Santa Fe e Cor­ doba, un altro nella provincia di Buenos Aires, uno nelle provincie di San Louis, Mendoza, e Tucumàn, ed uno generale per la Repubblica Argentina.

Ogni fascicolo oltre alcune regole gene­ rali, dà i prezzi dei viaggi per le diverse Com­ pagnie italiane ed estere, notizie sul viag­ gio, sulle monete, sui pesi e misure, sugli istituti di credito, sulle poste, ecc. eco ; delle buone carte geografiche corredano i diversi fascicoli, e così la descrizione dei paesi riesce più utile; sarà bene però che 1’ Autore vi aggiunga degli indici sistematici ed alfabetici che facilitino le ricerche.

Sono in preparazione: le norme generali per gli emigranti, la guida dello Stato di San Paolo (Brasile) e la Guida degli Stati Uniti dell’America del Nord, la quale consterà di tre fascicoli.

Prof. Pagliani Luigi. - - Le abitazioni igieniche ed economiche per le classi meno abbienti nel secolo XIX. — Torino, Camilla e Bertolero, 1902, pag. 54 (L. 3,50).

Dovrebbe essere una gloria del secolo at­ tuale quella di risolvere con regole ben precise e determinate la questione delle abitazioni igie­ niche e conseguentemente a buon mercato per i meno abbienti. A parte ogni altra considera­ zione, il solo fatto che molte case oggidì, per­ chè non sono igieniche, sono focolari di malattie e di immoralità, deve spingere la società mo­ derna alla propria difesa, allo stesso modo che 10 ha sentito necessario per 1’ acqua, per le fo ­ gne, per la larghezza delle vie, ecc. ecc. Se si riflette quanto facilmente si costituiscono società per l’Arte pubblica, che è una bella cosa, ma è lussa, si dovrebbe ammettere che più facilmente ancora si dovessero instituiré società sufficienti per la nettezza e l’ igiene pubblica.

Per tali considerazioni raccomandiamo lo studio e la lettura della pubblicazione del pro­ fessore Luigi Pagliani che in poche pagine tratta la questione in modo esauriente. L ’ Autore dà 11 riassunto della legislazione sociale vigente nei diversi Stati contro le abitazioni insalubri ; spiega come possono concorrere alla spesa lo Stato, i Comuni, gli Istituti di previdenza e di beneficenza, i proprietari delle grandi industrie, le Associazioni Cooperative, ecc.

Disegni di case, di alberghi, di asili not­ turni corredano questa monografia interessan­ tissima.

T.n T.np-p-ia Enrico. — La esecuzione delle sentenze in materia civile. — Torino, F.lli Bocca, 1902, pag. 522 (L. 10).

Questo volume fa parte della Nuova Colle­ zione di opere giuridiche della quale la solerte Casa dei fratelli Bocca ha già pubblicati più di

cento volumi. .

L ’Autore con una ricchezza di erudizione veramente meravigliosa, basta a provarlo la am­ plissima bibliografia che chiude il volume, svolge una delle questioni di diritto internazionale più controverse nella legislazione e nella giurispru­ denza; ma in pari tempo mostra di sapersi ag­ girare tra le difficoltà dell’argomento con grande sicurezza.

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26 aprile 1903 L ’ E C O N O M IS T A 273

Non intendiamo di discutere il metodo se­ guito dall’Autore nell’ esame di così importante argomento ; ma pare a noi che, col materiale che egli aveva saputo raccogliere, e quasi tutto così bene assimilare, avrebbe potuto rendere con non grande fatica l’opera sua più corrispondente al titolo, nel senso di darci, ciò che sarebbe stato più utile, una teoria generale dell’ esecu­ zione delle sentenze, anziché restringere il suo lavoro alla teoria stessa in rapporto al diritto ed alla giurisprudenza italiana e farne quindi più che altro un esame di procedura. Il bisogno di una maggiore unità di concetto, così nella legi­ slazione come nella giurisprudenza dei diversi Stati, è sempre più fortemente sentito ; e sem­ bra a noi che 1’ Autore avrebbe potuto portare colla sua dottrina e coll’ acume giuridico che certo non gli manca, maggior contributo a tale aspirazione.

Con ciò non intendiamo diminuire il. valore dell’ opera, ma, se ci è permesso, stimolare l’Au­ tore a più largo orizzonte. .

Prof. A ntonio Labriola. — Discorrendo di socialismo e di filosofia.— 2.a edizione. Roma,

l ì .

Loescher, e C. 1902, pag. 198 (L. 2,50).

--- Del materialismo storico ; dilucidazione prelimi­ nare. — 2“ edizione. — Roma, E. Loescher 1902, pag. 256 (L. 2).

— - In memoria del manifesto dei Comunisti. — Terza edizione. Roma, E. Loescher e 0., 1902, pag. 118, (L. 1,50).

Tutti e tre questi saggi profondamente pensati e che fanno profondamente pensare, an­ che coloro che non condividono le idee dell’Au­ tore, sono già stati oggetto di recensioni e cri­ tiche quando vennero pubblicate le precedenti edizioni. Non è quindi il caso di giudicarli ora. Noteremo solo che la nuova edizione è più ac­ curata ed in alcuni punti più facile nella forma, pur conservando quella impronta di largo pen­ siero che soggioga.

Nel terzo dei due volumetti l’ Autore ha inserito integralmente il famoso Manifesto dei Comunisti, lanciato nel 1848, dal Marx e dal- 1’ Engels.

Nel primo invece sono inserite in questa edizione le risposte che l’Autore fece alle critiche mossegli alle dottrine del materialismo storico del Sorel e del Croce.

J. Carlioz. — Elude sur les Associations industrielles et eommerciales. — Paris, Imprim. Chaix, 1900,

pag. un.

L’Autore in questo interessante studio, con niolta sobrietà, ma con concetti precisi, premesso 'che l’associazione è necessaria al progresso del­ l’ umanità, si propone di cercare quale sia la forma di associazione che attualmente meglio risponda ai bisogni industriali e commerciali. Esamina quindi le diverse forme di associazioni esistenti e si ferma specialmente ai « comptoirs » p er la vendita in comune. Di questa forma esa­ mina più largamente le critiche che si fanno, ne espone i vantaggi, per concludere che i « comp- toirs > , p e r l a vendita in comune costituiscono un vero progresso, sia perohè permettono una grande economia nelle spese, sia perchè danno

maggiore affidamento ai consumatori sulla qua­ lità della merce, sia infine perchè possono me­ glio regolare la produzione al consumo.

La seconda parte del volumetto esamina la questione di fronte alle leggi vigenti e la rela­ tiva giurisprudenza ; ed un’ultima parte contiene le citazioni di autori che hanno discusso 1’ argo­ mento : G. Salmon, H. Babled, G. Janet, P. de Roussier ecc. eco.

Molte delle osservazioni dell’ Autore sono certamente importanti, anche se gli esempi di comptoirs esistenti sono molto limitati in numero.

Santangelo Giuseppe. — Roma, origine, progresso e decadenza dei suoi politici istituti. — Napoli, N. Jovene e C., 1902, pag. 333 (L. 2,50).

L ’Autore si propone di dare una rapida descrizione degli istituti politici di Roma antica per dimostrare tutta la sapienza civile di quel popolo e ribattere il giudizio dell’ Herder che i Romani non hanno lasciato altre memorie che di usurpazioni e di stragi. In venti capitoli l’Au­ tore discorre del reggimento interno di Roma, dei delitti contro la sicurezza dello Stato, delle attribuzioni e vicende dei pubblici uffici, del diritto di guerra e di pace, della finanza e com­ mercio, del diritto muuicipale, ecc. ecc. Il libro non ha la pretesa di contenere, nè di fatto con­ tiene, nessuna ricerca originale, ma è solo una esposizione succinta e rapida dei diversi argo­ menti.

Pompée Colaianni. ■— Trois années d’ application de la loi sur les accidente du travail aux mines de soufre de la Sicile. — Roma, P. Setth, 1903, opuso. pag. 24.

In questa relazione, presentata al Congresso internazionale degli infortuni sul lavoro e delle assicurazioni sociali tenuto a Dùsselldorf nel 1902, l’ Autore, direttore dell’ Associazione mine­ raria siciliana per la prevenzione degli infortuni con sede a Caltanissetta, nota innanzitutto che gli infortuni che colpiscono contemporaneamente molti operai vanno scemando mano a mano che la grande industria, la quale può disporre di ef­ ficaci mezzi preventivi, si sostituisce alla piccola industria.

Dà quindi conto degli infortuni avvenuti del triennio e le cifre sono veramente gravi; sopra 16 mila operai in media, nei tre anni si ebbero circa 6000 infortuni dei quali 160 colpiti da morte, e domandarono una indennità di L. 28.80 ogni 1000 lire di salari. E rilevando la diffe­ rente proporzione tra l’ onere che sopporta la grande industria per indennità, il 3.12 0[0 dei salari, e la piccola industria 2.01 0J0, spiega le ragioni per le quali stima necessario che il ri­ schio sia valutato in relazione tutta intera la industria mineraria della Sicilia.

Espinas Georges. — Les finances de la Commune de Douai dèa origines au X V siede. — Paris, A. Pi­ card et fìls, 1902, pag. 546.

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274 L ’ E C O N O M IS T A 26 , aprile 1903

storia finanziaria del Comune di Douai. Prende le mosse dall’ X I secolo, quando Douai non era ancora Comune, brevissimamen» accenna alla formazione della Comunità nel X II secolo, indi­ cando la sua prima organizzazione completa, ammi­ nistrativa, urbana interna, al 1180; e mano a mano, dividendo la sua esposizione in diversi periodi secondo i fatti storici, l’ Autore svolge il suo tema sotto l’ aspetto amministrativo ed econo­ mico. Importantissima è questa 2* parte << or­ ganizzazione economica » nella quale con minuta analisi e con accurata esposizione, basata sui do­ cumenti, l’ Autore studia, ordina ed espone tutte le singole parti della azienda Comunale nel loro essere e nel loro modificarsi: imposte dirette od indirette, formazione del demanio immobiliare, eredità fiscali, pesi e misure, ecc. ecc. tanto per ciò che riguarda le entrate, come per le spese; quali lavori, spese militari, debito fluttuante e consolidato, pensioni. La seconda parte ter­ mina colla esposizione della contabilità e del bi­ lancio di esercizio. La terza parte, più breve, ri­ guarda le comunità finanziarie speciali: scabinato, lavori militari, organizzazione del servizio in­ cendi, manutenzione dei pozzi, dei selciati, dei

fossi, ecc.

Chiudono l’ interessante opera: un quadro dei bilanci dal 1391 al 1512; la riproduzione dei documenti; ed un indice topografico.

Frank J. Goodnow. — Politics and administration — a study in Government. — New York. The Mac­ millan Company, 1900, pag. 270. .

L’Autore, professore di diritto amministra­ tivo nella Università Columbia di i\ew York, e che ha già pubblicato altri lodati lavori sulle leggi amministrative vigenti e sulle questioni municipali (autonomia municipale e problemi mu­ nicipali) in questo volume si propone di dimo­ strare : che il vigente sistema di governo negli Stati Uniti non è in tutto conforme alle leggi, e quali modificazioni sieno necessarie per ricon­ durlo ai p rineipi che formano la sua base legi­ slativa. Esamina quindi la primitiva funzione dello Stato ; le funzioni della politica generale, centrale e locale; la funzione dell’ amministra­ zione, ecc. ecc. e conclude che non è sufficiente nè una semplice centralizzazione amministra­ tiva, nè una legale organizzazione dei partiti, ma tutte e due queste riforme sono necessarie ad un governo popolare e ad una efficace ammi­ nistrazione; e che un buon insegnamento può es­ sere fornito dall’Inghilterra.

John R. Dos Passos. — Commercial Trutt. — New York. Putnam’ s sons, 1901, pag. 137 (se. 5).

Della biblioteca intitolata : Questioni del giorno, questo è il 97° volume nel quale l’Au­ tore si propone di studiare il diritto delle as­ sociazioni di capitale. Premesso un breve cenno dello stato della legislazione riguardo ai trust, l’Autore esamina a fondo la definizione della parola trust non tanto dal lato etimologico, quanto per la necessità di chiarire bene che cosa s’ intende con quella parola, da qualche anno cosi frequentemente usata, e distingue le diverse definizioni e stima migliore la seguente : la pre­ sunzione che alcune persone, chiamato un sin­

dacato, desiderano di diventar proprietarie di qualche affare industriale o di ^qualche impresa commerciale di cui sono proprietarii non meno di sei società.

L ’Autore partendo da questo concetto esa­ mina alcune questioni giuridiche che riguardano i trusts, se cioè il capitale impiegato debba es­ sere limitato, sia considerando gli individui, sia le società; se debba essere disciplinato l’ uso del capitale ; se l’associazione del capitale crei un monopolio ecc. Ea quindi la storia del sor­ gere e dello svilupparsi di queste associazioni di capitale (aggregated capitai) soffermandosi specialmente sul monopolio che possono creare e sulla impossibilità che la legge ne limiti la azione ; — esamina il cattivo uso dei trusts ; si domanda se essendo necessaria una legislazione questa dpbba essere Federale o dei singoli Stati. E finalmente accenna ai possibili rimedi in fa­ vore del pubblico, dai possessori del capitale e dallo Stato.

L’ Autore conclude protestando contro la crociata iniziata vers.o queste associazioni di ca­ pitale, le quali sono il naturale prodotto dell’ ac­ cumularsi dei capitali e se portano, come tutte le cose degli inconvenienti, danno anche degli utili risultati.

L a lo i federale suisse conoernant le travail dana les fabriques du 23 Marz 1887 commentèe par son execution pendant lea années 1878 à 1899.

Lausanna, F. Fayot et G. 1900, pag. 315. Il dipartimento dell’ industria ha pubblicato questo volume che contiene semplicemente la legge 23 marzo 1877 sul lavoro nelle fabbriche, ma articolo per articolo sono inseriti in ordine cronologico tutti i documenti ufficiali, coi quali si è chiarita, interpretata o spiegata la disposizione contenuta nell’articolo stesso.

Già lo stesso Ufficio aveva pubblicato nel 1888 un’altro volume che nello stesso modo rac­ coglieva le disposizioni emanate fino al 1887 ; cosi ora la materia è completata coi dodicennio susseguente.

Non occorre dire della utilità del lavoro; lo segnaliamo per essere imitato alla burocrazia italiana, e sopratutto facciamo notare, ciò che da noi è assolutamente inusitato, che nel 1888 si pubblicò a Berna il primo volume che portava i documenti fino a tutto il 1887, e nel 1900 si pub­ blicò il st condo coi documenti fino al 1899; quando mai raggiungeremo tanta sollecitudine ? Cauderlier Em. — L’ Evolution économique du X IX siècle (Angleterre, Belgique, Franco, Elats-Unia). — Bruxelles H. Lamertin, 1903, pag. 241.

(11)

26 aprile 1903 L ’ E C O N O M IS T A 275

A provare la sua tesi, l’Autore, dopo aver esposto nel primo libro un riassunto storico sulla evoluzione economica ed industriale della Francia, dell’ Inghilterra e del Belgio, consacra il secondo all’esame dei fatti servendosi, per l’In­ ghilterra dei noti lavori del prof. Bowley; i salari dell’ industrie edificatrici che erano al principio del X I X secolo rappresentati dalla cifra 40, alla metà del secolo erano e 58.60, a tre quarti del secolo ad 88.60 alla fine del secolo a 96.40 ; i salari dei tipografi che erano rappre­ sentati dalla cifra 74 al principio del secolo, sono a 83 alla metà, 101 alla fine del secolo; — i salari agricoli passano da 55 a 100 ecc. ecc. Contemporaneamente il prezzo di 35 derrate di consumo comune che al principio del secolo era rappresentato dalla cifra 111 ed ancora alla metà del secolo era a 99, è sceso alla fine del secolo fino a 68.

Noi ci proponiamo di consacrare all’esame di questo interessante ed istruttivo volume qual­ che articolo che ne riassuma il contenuto e ne riporti i dati preziosissimi, infrattanto ripor­ tiamo qui questa tabella che dà il bilancio an­ nuo di una famiglia francese di 6 persone nel 1749-53 e nel 1893.

Derrate Quantità

Prezzi unitari Spesa reale 1849-53 1893 1849.53 1893 fr. fr. fr. fr. Pane l a qual. . id. 2a » . . 10001000 hg-» 0.800.36 0.274 360300 548 B u e ... 60 » 0.82 1.241 49 74 Montone... 15 * 0.88 1. 313 13 20 V ite llo ... 20 » 0. 86 1.313 17 26 Maiale... 40 » 1.00 1.429 40 57 B u rro ... 40 T> 1.60 2.488 64 100 U ova... 60 dozz. 0.47 0.853 28 51 Patate... 1100 hg- 5.66 8.50 62 93 Vino... 303 litri 0.37 0.41 111 123 Spesa totale... 1,044 1,092

H utchins B. L. and Harrison A . — A History o f Factory Legislation. — London, "Westminster P. S. King et son, 1903, pag. 872 (Se. 10).

Gli Autori si sono proposti di fare una si­ stematica e completa storia della legislazione inglese sulle fabbriche e prendono le mosse dalla legge del 1802 illustrandola coi precedenti ed esponendone la applicazione ; svolgono le que­ stioni sulla durata della giornata di lavoro e poi delle dieci ore di lavoro, il rigetto del bill rela­ tivo e la conseguente discussione sul progetto che divenne poi la legge del 1819, con impor­ tanti osservazioni sulla lotta tra la scuola libe­ rale che non credeva utile la legislazione su tali argomenti, ed i sostenitori dell’ intervento dello Stato.

Le leggi successive del 1825, del 1831 e del 1833 sulle ore di lavoro danno luogo alla que­ stione del regolamento dell’Ispettorato, la quale quistione viene esposta largamente dagli Autori. Il Capitolo IV è consacrato al movimento per le dieci ore di lavoro che dà luogo ad agita­ zioni e conseguenti provvedimenti legislativi nel 1844 e nel 1847 con una legge chiamata

appunto delle « dieci ore ». Tali disposizioni legislative insieme a quelle per il lavoro dei fanciulli e delle donne dà luogo a nuove difficoltà amministrative negli uffici di ispezione ed a con­ troversie alle quali prendono parte eminenti uo­ mini politici ed economisti.

E così nel 1850 si viene alla introduzione della « giornata normale » per le donne, per i fanciulli, ed alla opposizione fatta dalla industria per la estensione dei provvedimenti legislativi a maggior numero di stabilimenti, come le ve­ trerie, ecc.

Intanto sorgevano le Associazioni potenti, il movimento operaio per opera di Carlo Marx e della Internazionale diventava più importante e gli Autori danno spiegazione del cambiamento della pubblica opinione ; seguono la agitazione per le nove ore, e descrivono negli ultimi capi­ toli tutte le numerose disposizioni legislative fino al 1901, le quali sono più note.

Un’ ampia bibliografia completa quest’ opera che ha il merito di esere molto ordinata e chiara così da interessare anche i profani alle questioni economiche, tanto più che è la sola pubblica­ zióne completa sull’ argomento.

J.

Rivista Economica

Le ultime controversie sulla municipalizzazione in In­ ghilterra e in Italia —- L1 Europa e le sue colonie — Istituzione di un Ministero del commercio e del lavoro agli Stati Uniti — Provvedimenti legislativi contro i “ trust „ agli Stati Uniti.

Le ultime controversie sulla munici­ palizzazione in Inghilterra e in Italia. —

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