Cari Amici,
colgo l’occasione per chiedervi un aiuto a portare a termine un sogno condiviso con la mia famiglia e molti amici: la realizzazio- ne di un centro di riabilitazione visiva in Burkina Faso (paese con la più alta densità di bambini ciechi nel mondo) in nome di mia figlia Federica.
IBAN IT 61 X 03069 03388 100000006540
Intestato all’avv. SERAPIO DE ROMA
con la dicitura:
“per la realizzazione del Centro di riabilitazione visiva dedicato a Federica Fortunato”
Grazie mille, un abbraccio a tutti Voi. Michele Fortunato
M
icheleF
ortunatoOCULISTICA PEDIATRICA PRATICA
(1° volume)
Presentazione: V. L. MINIELLO
Vice Presidente Nazionale della Societa Italiana
di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS)
Coautori e Coordinatori: G. TARANTINO, A. TURTORO Coautori:
G. CORSETTI, A. DEPINO, L. GRAVINA, M.G. MAGLIARELLA, C. MASSARO, A. MENNA, C. NARDELLA, V. PENDINO, S. SANTAMARIA, A. UBALDI
ortunato
OCULISTICA PEDIATRICA PRATICA (1° volume) I libri dell’AIERV-AIOPP
Michele Fortunato è nato ad Aliano (Matera) il 17 ottobre 1955. Ha frequentato le scuole elementari e medie a Sant’Ar- cangelo (Potenza) ed il liceo classico presso il Convitto Na- zionale “Vittorio Emanuele II” di Roma, laureandosi in Medicina e Chirurgia e specializzandosi in Oftalmologia presso l’Università
“La Sapienza” di Roma.
Perfezionatosi presso la Clinica Oculistica dell’Università di Gi- nevra, dal 1990 lavora presso la Divisione Oculistica dell’Ospe- dale Pediatrico “Bambino Gesù”
di Roma.
È autore di oltre 130 lavori scien- tifici e di 4 monografie nel cam- po dell’oftalmologia pediatrica.
È autore di brevetti sul raffred- damento corneale, sullo studio della circolazione sottocutanea con indocianografia, e coautore del brevetto sulla canalografia.
È presidente di 2 associazioni professionali l’AIERV e la AIOPP, Associazione degli Oculisti Pediatri e dei Pediatri.
[email protected] ISBN 978-88-99520-74-8
Da oltre 30 anni ci battiamo per affermare l’importanza della pre- venzione per la salvaguardia del normale sviluppo visivo.
A tal proposito, nel 2004 a Gine- vra, con colleghi oculisti italiani e stranieri, abbiamo fondato l’A- IERV (Association Internationale pour l’Enfance et la Réhabilitation Visuelle), un’associazione profes- sionale che diffondesse protocolli e strategie utili per un’ottimale ria- bilitazione visiva.
Nel 2015, visto il successo dell’A- IERV rivolto prevalentemente alla categoria oculistica, nasce l’AIOPP, Associazione Italiana di Oculisti Pediatrici e Pediatri, con lo scopo di consolidare il rapporto tra le due categorie, responsabili an- che della salute visiva dei bambini.
Abbiamo pensato di creare un manuale (ma ne seguiranno altri con argomenti diversi) che po- tesse fornire protocolli collaudati, informazioni utili e strategie comu- ni adottabili nello screening e nel trattamento di patologie e difetti refrattivi oculari.
Nello scrivere a più mani questo testo, abbiamo ritenuto di creare le basi per una più proficua col- laborazione tra oculisti pediatrici e pediatri, nel comune intento di migliorare la prevenzione e la cura della funzione visiva dei bambini.
Un ringraziamento ai colleghi che hanno trattato con semplicità ar-
AIERV raccomanda visite oculistiche di
CO SE
NDA EDIZIO NE
Michele Fortunato
OCULISTICA PEDIATRICA PRATICA
(1° volume)
Presentazione: V. L. MINIELLO Vice Presidente Nazionale della Societa Italiana
di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS) Coautori e Coordinatori:
G. TARANTINO, A. TURTORO Coautori:
G. CORSETTI, A. DEPINO, L. GRAVINA, M.G. MAGLIARELLA, C. MASSARO, A. MENNA, C.
NARDELLA, V. PENDINO, S. SANTAMARIA, A. UBALDI
I libri dell’AIERV-AIOPP
PRESENTAZIONE
Pediatri e oculisti: una collaborazione importante
La Best Practice della Medicina odierna si basa su due fonda- mentali pilastri: prevenzione e multidisciplinarietà. L’età evolutiva ed in particolare i primi anni di vita rappresentano una finestra temporale caratterizzata da preziose opportunità ed indubbie vul- nerabilità; lo sviluppo somatico, neuro-sensoriale e psico-motorio dell’individuo non è determinato solo dal suo DNA, ma anche da una complessa interazione del patrimonio genetico con l’ambien- te. In questo complesso processo di crescita, gli occhi rappresen- tano le finestre sul mondo.
Una alterata funzione visiva interferisce sulla vita di relazio- ne, ipotecando negativamente lo sviluppo cognitivo e comporta- mentale. Durante le prime epoche di vita, difatti, corretti stimoli sensoriali ottimizzano i processi di sinaptogenesi cerebrali, conso- lidando il network neuronale.
Le esperienze post-natali rafforzano i collegamenti esistenti e ne creano altri del tutto nuovi.
Le potenzialità di apprendimento delle prime epoche di vita non si ripresenteranno più con la stessa entità e quanto appreso avrà condizionamenti duraturi.
Molti Paesi europei (Francia, Norvegia, Finlandia) ed extra- europei (Canada, Giappone) attuano già da alcuni decenni lo screening oculistico nella prima infanzia, adottando i criteri stabi- liti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dal UK National Screening Committee.
Entro i primi tre anni di vita tutti i bambini dovrebbero essere sottoposti ad una visita oculistica completa da medici oftalmologi pediatri, in grado di individuare precocemente eventuali patolo- gie.
Rispetto a insostituibili figure professionali (Oculista e Or- tottista), la minor ‘specificità’ del Pediatra, viene compensata da inconfutabili prerogative quali possibilità di intercettare precoce- mente disturbi refrattivi o patologie a carico di cornea, cristallino e retina spesso reversibili se trattate tempestivamente, approccio e conoscenza del piccolo, capacità di modulare la compliance genitoriale.
A tal proposito appare decisamente meritoria la finalità del Manuale AIERV (Association Internazionale pour l’Enfance et la Rehabilitation Visuelle) che, per rigore scientifico e fluidità espositiva, rappresenta un prezioso strumento di crescita profes- sionale e facile consultazione in dotazione al Pediatra.
“La salute è quel qualcosa di intangibile per la quale la gente spende con riluttanza
il minimo indispensabile per mantenerla, ma per la quale spenderebbe sino all’ultimo centesimo
per riconquistarla, una volta persa”.
Daniel Frake
Vito Leonardo Miniello Vice Presidente Nazionale della Società Italiana
di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS)
PREFAZIONE
Da oltre 30 anni mi batto per affermare l’importanza della prevenzione per la salvaguardia del normale sviluppo visivo.
A tal proposito, nel 2004 a Ginevra, con colleghi oculisti italiani e stranieri, ho fondato l’AIERV (Association Internatio- nale pour l’Enfance et la Réhabilitation Visuelle), un’associazio- ne professionale che diffondesse protocolli e strategie utili per un’ottimale riabilitazione visiva.
Nel 2015, visto il successo dell’AIERV rivolto prevalente- mente alla categoria oculistica, nasce l’AIOP, Associazione Ita- liana di Oculisti pediatrici e Pediatri, con lo scopo di consolidare il rapporto tra le due categorie, responsabili anche della salute visiva dei bambini.
Abbiamo pensato di creare un manuale (ma ne seguiranno altri con argomenti diversi) che potesse fornire protocolli collau- dati, informazioni utili e strategie comuni adottabili nello scree- ning e nel trattamento di patologie e difetti refrattivi oculari.
Nello scrivere a più mani questo testo, abbiamo ritenuto di creare le basi per una più proficua collaborazione tra oculisti pediatrici e pediatri, nel comune intento di migliorare la preven- zione e la cura della funzione visiva dei bambini.
Un ringraziamento ai colleghi che hanno trattato con sem- plicità argomenti a volte ostici per noi stessi, rendendoli acces- sibili a tutti.
Michele Fortunato
INDICE
CAP. 1 - La comunicazione efficace . . . pag. 11 in oftalmologia pediatrica
CAP. 2 - Emmetropia e ametropie . . . pag. 15 2.1 Ipermetropia
2.2 Miopia 2.3 Astigmatismo 2.4 Anisometropia 2.5 Conclusioni
CAP. 3 - L’ambliopia: scoprirla in tempo per sconfiggerla pag. 25 3.1 Introduzione
3.2 Cos’è l’ambliopia 3.3 Classificazione 3.4 Diagnosi 3.5 Terapia 3.6 Conclusioni
CAP. 4 - La miopia e le sindromi sistemiche . pag. 35 CAP. 5 - La cefalea in età pediatrica . . . pag. 41 5.1 Classificazione
5.2 La “cafalea oftalmica”
5.3 Conclusioni
CAP. 6 - L’occhio “rosso” . . . pag. 47 6.1 Introduzione
6.2 Cause
CAP. 7 - Test del riflesso rosso . . . pag. 53 7.1 Introduzione
7.2 Pratica clinica 7.3 Anomalie
7.4 Calendario dello screening oculistico 7.5 Quando inviare allo specialista
CAP. 8 - La leucocoria . . . pag. 59 8.1 Introduzione
8.2 Cause
8.3 Il ruolo del pediatra
CAP. 9 - Lo strabismo . . . pag. 65 9.1 Introduzione
9.2 Classificazione 9.3 Diagnosi 9.4 Terapia 9.5 Forme
CAP. 10 - Il Glaucoma pediatrico . . . pag. 77 10.1 L‘occhio nel neonato
10.2 Diagnosi
10.3 Glaucoma secondario 10.4 Trattamento
10.5 Riabilitazione
Cap. 11 - Le uveiti infantili . . . pag. 89 11.1 Introduzione
11.2 Epidemiologia ed eziologia 11.3 Uveiti anteriori
11.4 Uveiti intermedie 11.5 Uveiti posteriori 11.6 Uveiti diffuse
Cap. 12 - Diagnostica HIGH-TECH
in oftalmologia pediatrica . . . pag.105 12.1 OCT e OCT-angiografia
12.2 Retcam
Cap. 13 - La figura dell’Ortottista . . . pag.113
Bibliografia . . . pag.119
Capitolo 1
LA COMUNICAZIONE EFFICACE IN OFTALMOLOGIA PEDIATRICA
Nel lavoro medico il piano della relazione medico-paziente svolge un ruolo centrale nel percorso terapeutico e l’abilità del medico di comunicare in modo efficace ha un valore determinan- te nella sua competenza clinica.
Nel lavoro con i bambini in oftalmologia pediatrica e nel mondo della ipovisione, i modi e i contenuti della comunicazione hanno una delicatezza e un peso maggiori rispetto a quanto av- viene in molte altre interazioni comunicative di tipo professionale.
Il piccolo paziente e la sua famiglia sono tutti portatori di di- sagio e sofferenza anche psicologica; il medico diventa il tecnico possessore di spazi privilegiati di osservazione e depositario di un sapere scientifico sul quale si basa il suo lavoro, ma sono soprat- tutto la corretta accoglienza e la comunicazione efficace con il paziente, con i bambini e le famiglie, gli elementi su cui fondare relazioni umane e alleanze terapeutiche indispensabili in cui la cronaca della patologia possa tener conto dei vissuti soggettivi, delle emozioni e delle difese psichiche dei nostri interlocutori.
Grazie ad una comunicazione efficace noi medici abbiamo la possibilità ed il dovere di costruire alleanze terapeutiche indispen- sabili per incontrare i piccoli pazienti, svolgere il nostro lavoro, formulare diagnosi e piani di trattamento condivisi.
Comunicare in modo efficace nel lavoro con i bambini signifi- ca instaurare relazioni umane e canali comunicativi personalizzati per agevolare rapporti diagnostico-terapeutici capaci di esplorare a più livelli una situazione clinica, instaurare rapporti di fiducia e di collaborazione tra medico e gruppo familiare al fine di stimo- lare energie e risposte positive da parte di tutti i componenti del percorso terapeutico.
Le nostre relazioni professionali, quindi, non sono riducibili a scambi di sole informazioni, ma sono invece il luogo dove tutti gli attori si incontrano con un obiettivo comune: la cura della persona.
L’abilità del medico di comunicare in modo efficace con i bambini e le famiglie determina l’intensità della nostra relazio- ne, influenza il livello di motivazione dei pazienti a star meglio, contribuisce a far sì che il paziente e la famiglia di appartenenza aderiscano al trattamento ed aumenta il livello di soddisfazione di tutte le figure presenti e impegnate nel percorso di cura.
Da alcuni anni una nuova consapevolezza dell’utilità di for- mare tutti gli operatori della salute come professionisti esperti del- la comunicazione sta emergendo prepotentemente negli istituti formativi, perché migliorare la Compliance, ovvero la possibilità che il paziente e la sua famiglia seguano le indicazioni del proprio medico, comporta una riduzione dei costi del SSN..
La natura della Compliance è strettamente e squisitamente relazionale; una giusta comunicazione è il modo migliore per in- staurare un rapporto di fiducia tra il medico ed il suo paziente, una comunicazione efficace aumenta la fiducia e il livello di com- prensione del paziente; la fiducia e la comprensione del paziente aumentano le possibilità di una corretta compliance; una corretta compliance aumenta le possibilità di riuscita del trattamento e di soddisfazione dei nostri interlocutori.
Il medico deve offrire tempo al malato e camminare con lui nel suo tempo. (fig. 1)
fig.1: la comunicazione efficace
La nostra relazione nel lavoro delicato con i bambini e le famiglie si struttura sulla capacità di ascolto e di comprensione che noi medici mostriamo ai nostri interlocutori offrendo il nostro tempo e programmando un percorso comune.
Ascoltare i nostri interlocutori significa permetterci di capire e sentire che cosa è stato, cosa ci viene comunicato con una reale volontà di comprendere e di immedesimarci con i punti di vista delle persone che incontriamo nel nostro lavoro grazie ad un processo attivo ed empatico che indica attenzione all’altro, a cui vengono dati tempo e spazio sufficienti per esprimersi e per essere accolto.
Se per il medico il tempo è principalmente inteso in senso cronologico, per il paziente è il tempo vissuto, quello che percor- re la sua storia. In assenza del racconto, il mondo del paziente resta completamente sconosciuto e con esso la possibilità di com- prendere la disponibilità al cambiamento e quindi alla cura. Le convinzioni del piccolo paziente, ma soprattutto della sua famiglia di appartenenza, per quanto stravaganti o sbagliate possano ap- parire, hanno radici profonde, in gran parte nemmeno coscienti, che hanno a che fare con quella specifica e unica e personale storia familiare, con le sue osservazioni, con le sue credenze e la sua cultura.
È funzionale per il nostro lavoro determinare i riferimenti del- le persone che noi incontriamo ogni volta,per sviluppare le nostre abilità di comunicazione grazie alla conoscenza accurata dell’e- sperienza e del linguaggio di ogni singola situazione ; in partico- lare, ponendo attenzione a come, attraverso il linguaggio verbale e non-verbale,quel nucleo familiare “racconta” la sua realtà a se stesso, alle altre persone e ai noi medici, individuando ed adattan- do continuamente le nostre scelte lessicali e sintattiche, in modo da “parlare la stessa lingua” dei nostri interlocutori, al fine di in- contrare pienamente le persone che si affidano alle nostre cure e che il nostro lavoro ci privilegia di incontrare quotidianamente.
Capito 2
EMMETROPIA E AMETROPIE
2.1 Introduzione
L’emmetropia è la condizione in cui, in stato di riposo accomoda- tivo, il fuoco delle immagini cade sul piano retinico (fig. 1)
fig. 1
Tutte le altre condizioni in cui il fuoco delle immagini non cade sul piano retinico vengono definite ametropie. Generalmente, alla nascita, è presente una fisiologica ipermetropia di diverse diottrie legata prevalentemente alla ridotta lunghezza assiale dell’occhio. 1 Circa il 25% dei neonati è ipermetrope, il 60% presenta un astig- matismo ipermetropico, il 10% un astigmatismo misto, il 5%
presenta miopia o astigmatismo miopico composto. Quasi mai il neonato è emmetrope.
Una serie di modificazioni biometriche e istologiche realizzano il processo di emmetropizzazione dell’occhio che è fondamentale ai fini dell’assetto diottrico definitivo.
MODIFICAZIONI BIOMETRICHE:
· Alla nascita l’occhio è lungo 17 mm, arriva a 20 mm a 1 anno e si allunga poi lentamente fino a 14 anni.
· La cornea passa da 52 diottrie alla nascita a 44 diottrie in 6 mesi, poi a 42 diottrie a 2 anni (come nell’adulto).
· Il cristallino passa dalle 34 diottrie alla nascita, a 28 diottrie a 6 mesi, fino a 20 diottrie come nell’adulto
MODIFICAZIONI ISTOLOGICHE
· Nel neonato la fovea ha un diametro 1000 millimicron con densità di coni 18\100 millimicron. L’ aumento di lunghezza del segmento esterno di tali fotorecettori e l’ aumento delle sinapsi porta a raggiungere progressivamente le caratteristiche dell’adulto (diametro foveale di 650millimicron con densità di coni 42\100 millimicron).
L’emmetropizzazione (ciò vale anche per l’eventuale sviluppo di difetti visivi) è sicuramente basata su fattori genetici ma è comun- que influenzata da fattori ambientali. Certamente in bambini con genitori miopi o con forti ametropie c’è una componente gene- tica che influenza lo sviluppo anatomico e refrattivo degli occhi, ma molti studi sottolineano l’importanza anche dei fattori am- bientali sullo sviluppo refrattivo. In un’epoca in cui si osservano sempre più di frequente bambini sempre più piccoli alle prese con dispositivi elettronici (smartphone o tablet) ci si chiede se ci sia un rapporto tra lo stimolo accomodativo promosso dalle attività rav- vicinate e la progressiva miopizzazione dell’occhio. Esistono studi contrastanti, ma sembrerebbe che l’input genetico sia comunque più influente delle attività ravvicinate.
2.2 Ipermetropia
E’ il vizio di refrazione in cui, il fuoco delle immagini cade dietro il piano retinico quando l’occhio è a riposo. (fig. 2)
fig. 2
Come vede un bambino ipermetrope? (fig. 3)
· L’immagine degli oggetti lontani e di quelli prossimi viene messa a fuoco su un piano posto dietro la retina.
· Nelle forme lievi\moderate e finché si è giovani l’occhio riesce a compensare ( ecco perché il più delle volte un bambino anche con forte ipermetropia riesce a leggere la tavola ottotipica e solo l’esame in cicloplegia permette di evidenziarla).
· Questo meccanismo di compensazione da parte del cristallino sottopone ad uno stress continuo il muscolo ciliare.
· Di qui sintomi quali bruciore, lacrimazione, astenopia, fotofo- bia.
fig. 3
Bisogna correggerla sempre?
I bambini in età prescolare presentano spesso ina fisiologica iper- metropia che, in assenza di sintomi astenopeici, di strabismo con- vergente o differenze sostanziali tra i due occhi non va corretta ma solo monitorizzata nel tempo. I difetti maggiori vanno corretti (anche nei bambini inferiori ad un anno se superiori a 6 diottrie).
In età scolare anche difetti di lieve entità vanno corretti se causa- no sintomi astenopeici.
2.3 Miopia
E’ la condizione refrattiva per cui i raggi paralleli provenienti dall’infinito sono focalizzati davanti alla retina. Non esiste in que- sto caso un meccanismo di compenso come nel caso dell’iperme- tropia ma solo la possibilità di avvicinarsi all’oggetto. (fig. 4)
fig. 4
Come vede un bambino miope? (fig.5)
· L’immagine degli oggetti lontani (e di quelli prossimi )viene messa a fuoco su un piano posto davanti alla retina
· Il miope non ha possibilità naturali di portare l’immagine sul piano retinico.
· I sintoni includono: visione sfocata soprattutto da lontano, ne- cessità di strizzare gli occhi, mal di testa
fig. 5 Bisogna correggerla sempre ?
In età prescolare si suggerisce la correzione per difetti superiori alle -5 diottrie in pazienti di età inferiore ad un anno, portando il limite a -4 diottrie tra 1 e 2 anni e -3 oltre i 2 anni. In età scolare va corretto integralmente il difetto miopico di qualsiasi entità. Ipo- correggere una miopia, come è ancora abitudine diffusa, è inutile e dannoso perché numerosi studi dimostrano che lo sfocamento dell’immagine da lontano è uno stimolo miopizzante.5-6
2.4 Astigmatismo
E’un’ametropia caratterizzata dalla diversa rifrazione dei raggi che, anziché convergere su un unico punto focale, formano due linee focali separate fra di loro. (fig. 6)
fig.6
Come vede un bambino astigmatico ? (fig. 7)
· Non essendo uguale la curvatura corneale nei diversi meridiani non esiste un solo punto focale e l’immagine viene messa a fuoco su 2 piani diversi.
· L’astigmatico non ha possibilità naturali di portare tutta l’im- magine sul piano retinico.
· L’immagine non corrisponde alla forma dell’ oggetto
· I sintomi dipendono dal tipo e dal grado di difetto includono:
visione sfocata, necessità di strizzare gli occhi,cefalea,lacrima- zione
FIG. 7 Bisogna correggere sempre?
Al di sotto di un anno astigmatismi superiori alle 3 diottrie van- no comunque corretti, in età prescolare quelli superiori alle 1,5 diottrie, dopo i 6 anni anche difetti più lievi vanno corretti se si associano a riduzione dell’acuità visiva e\o ad astenopia.
2.5 Anisometropia
E’ la condizione in cui i due occhi hanno vizi di refrazione di tipo o entità diversi. E’ insieme allo strabismo la causa più frequente di ambliopia.
In un piccolo collaborante il non raggiungimento di un occhio ri- spetto al controlaterale di un visus coretto ottimale ci facilita nella diagnosi e nell’approccio terapeutico.
Nel bambino più piccolo o comunque non collaborante, non in grado di cimentarsi di fronte ad un ottotipo, ci possiamo basare unicamente sulla valutazione del vizio refrattivo e della differenza tra i due occhi. Nonostante siano stati condotti numerosi studi, anche retrospettivi, non si è riusciti a stabilire quale sia la soglia minima di anisometropia che non esponga al rischio. Si può ri- tenere che in presenza di un anisometropia di 1,5-2,0 diottrie sia sempre necessario prescrivere gli occhiali per consentire un corretto sviluppo della visione binoculare.
2.6 Conclusioni
La giusta,completa e tempestiva correzione di un difetto refratti- vo è fondamentale per lo sviluppo visivo del bambino.
In ambito pediatrico è importante sottolineare come lo scopo della correzione ottica che tenga conto dell’età, dell’entità del di- fetto, dei problemi eventualmente associati (anisometropia, aste- nopia,fattori binoculari) rifletta anche un fine più globale: è ben noto quanto dei corretti stimoli esterni favoriscano lo sviluppo cerebrale nel bambino.
Infine, tre punti che vanno sottolineati in ambito pediatrico sono:
1. L’importanza che il vizio di refrazione sia corretto totalmente, senza il timore di “esagerare”: un bambino a differenza dell’a- dulto si adatta con estrema rapidità alla correzione completa con un vantaggio per il bambino in termini di sviluppo visivo e per i genitori sotto l’aspetto economico.
2. L’importanza che il vizio di refrazione sia corretto con estrema precisione (il bambino soprattutto quello più piccolo a differen- za di un adulto non può “difendersi” da una lente sbagliata ) 3. L’importanza di spiegare accuratamente ai genitori ed agli
educatori il significato della correzione e la necessità che venga indossata con costanza.
Capitolo 3
L’AMBLIOPIA: SCOPRIRLA IN TEMPO PER SCONFIGGERLA
3.1 Introduzione
L’ambliopia rappresenta oggi uno dei principali argo- menti di discussione e collaborazione tra oculista e pediatra.
Negli ultimi anni, l’attenzione al problema dell’occhio pigro è cer- tamente cresciuta rispetto al passato; associazioni dedicate come l’AIERV (Association International pour l’Enfance et la Réhabilit- ation Visuelle ) e l’AIOP (Associazione Italiana Oculisti pediatrici e Pediatri) sono direttamente intervenute sul campo con iniziative di screening nelle scuole e nelle piazze, in collaborazione con pediatri attenti all’argomento e con associazioni di volontariato.
L’obiettivo principale è quello di riuscire a far conosce- re a tutti il Timing esatto delle visite oculistiche da effettua- re in età di sviluppo,onde evitare l’instaurarsi della ambliopia.
Effettuare a sei anni, e quindi all’epoca di frequentazione della prima elementare, la prima visita oculistica spesso si rivela un errore che rende irrecuperabile un problema ormai instauratosi a livello neurosensoriale. (fig. 1)
fig. 1
La sempre più crescente sensibilizzazione sul tema ha reso più consapevoli molti genitori rispetto alla necessità ed urgen- za di sottoporre a visita oculistica in tempo utile i propri figli.
Purtroppo ancora oggi si assiste al rilievo dell’ambliopia in età or- mai non più plastica di sviluppo, quando diventa molto più arduo ripristinare una capacità visiva della quale il cervello non ha preso memoria o ne ha presa molto poca negli anni precedenti di sviluppo.
3.2 Cos’è l’ambliopia?
“…nell’ambliopia l’oculista non vede nulla ed il paziente molto poco” (Von Graefe)
Per Ambliopia (o occhio pigro) si intende la ridotta capacità visi- va mono o bilaterale, non immediatamente migliorabile con cor- rezione ottica, dovuta ad una inadeguata stimolazione visiva nel periodo plastico del sistema visivo (compreso tra la nascita e gli 8-10 anni di età) durante la fase di sviluppo delle strutture depu- tate alla visione. Il periodo plastico è un arco di tempo estrema- mente vulnerabile ai fattori ambliopigeni (al di fuori del periodo plastico non si può instaurare una ambliopia) ma è anche l’unico periodo in cui si ottiene una risposta alla terapia antiambliopica:
fuori dal periodo plastico l’ambliopia è irreversibile.
Il meccanismo della visione sottende un processo neuro-anato- mico nel quale gli occhi fungono da “sensori” che captano le immagini, le trasmettono attraverso una staffetta di 3 neuroni (i nervi ottici, i tratti ottici e le radiazioni ottiche) alle aree della corteccia visiva occipitale, che le elabora fondendole in un’unica percezione visiva.
La presenza di immagini retiniche nitide simili tra i due occhi ed un corretto allineamento visivo costituiscono i requisiti indi- spensabili per il normale sviluppo della funzione visiva, poiché
lo sviluppo delle normali connessioni neuro-anatomiche dipende dall’appropriata stimolazione visiva binoculare.
Alla base dell’ambliopia vi è il fenomeno della “soppressione cor- ticale”: se le immagini retiniche inviate dai due occhi sono mol- to differenti e non possono essere fuse, la corteccia immatura si adatta inibendo l’attività corticale dell’immagine proveniente dall’occhio che vede sfocato o che è deviato. Quindi per evitare diplopia e confusione, il cervello tenderà a sopprimere l’immagi- ne peggiore, conducendo progressivamente ad un mancato utiliz- zo dell’occhio che la invia (occhio ambliope o pigro).
Un bimbo ambliope, oltre ad una ridotta capacità visiva, presenta altre alterazioni qualitative della visione quali una ridotta sensi- bilità al contrasto, anomalie della stereopsi (visione binoculare) e della fissazione. Queste penalizzano ulteriormente la capacità visiva complessiva che risulta inferiore rispetto a quella misurabile con le comuni tavole ottotipiche.
3.3 Classificazione
L’ambliopia viene distinta in due forme che presentano diversa prognosi ed approccio terapeutico:
• AMBLIOPIA ORGANICA: secondaria a lesioni dei mezzi diot- trici, della macula, del nervo ottico e delle vie ottiche ( es. atro- fia ottica, cicatrici maculari o danno anossico occipitale
• AMBLIOPIA FUNZIONALE: riscontrata in assenza di cause diagnosticabili all’esame clinico
• Dal punto di vista eziologico si distinguono quattro forme:
AMBLIOPIA STRABICA.E’ la causa più frequente di amblio- pia. Si manifesta nel 35-50% dei pazienti strabici ed è co- munemente associata ad uno strabismo costante unilaterale, prevalentemente nelle esotropie. È dovuta al fenomeno del- la soppressione che si verifica in quanto l’immagine retinica
dell’occhio fissante e quella dell’occhio deviato non possono essere fuse in un’immagine unica a livello corticale. Nei casi in cui la fissazione è alterna (strabismo intermittente), l’am- bliopia in genere non si sviluppa, consentendo ad entrambi gli occhi un accesso simile ai centri corticali superiori; i periodi di normale interazione binoculare preservano l’integrità del sistema visivo. L’ambliopia strabica segue l’apparizione dello strabismo perché la turba sensoriale è secondaria alla turba motoria e si sviluppa tanto più rapidamente e risulta tanto più profonda quanto più immaturo è il sistema visivo e cioè quanto più giovane è l’età del soggetto.
• AMBLIOPIA ANISOMETROPICA è la seconda forma più co- mune di ambliopia; si verifica quando c’è una differenza dello stato refrattivo dei due occhi (anisometropia) di almeno 1,5 D ipermetropiche, 3 D miopiche o 1,5 D astigmatiche. E’ molto più frequente in presenza di difetti ipermetropici;se l’occhio peggiore presenta invece una miopia di medio grado con vi- sione per vicino normale, l’ambliopia in genere non si svilup- pa. Per l’assenza di segni clinici evidenti, spesso la diagnosi è tardiva. Questo tipo di ambliopia può essere spesso accompa- gnata da strabismo.
• AMBLIOPIA ISOMETROPICA è caratterizza da vizi refrattivi simmetrici ed elevati. È più comune nei pazienti con iperme- tropia maggiore di 5 D bilaterale senza anisometropia. L’e- levata ipermetropia comporta ambliopia in entrambi gli oc- chi, in quanto l’immagine sfocata bilateralmente per un lungo periodo compromette lo sviluppo dell’acuità visiva centrale e la funzione binoculare di alto grado. Nei bambini miopi tale forma di ambliopia è meno frequente, in quanto le immagini a fuoco degli oggetti vicini agevolano la normale maturazione visiva.
• AMBLIOPIA MERIDIONALE è una particolare forma di sfo- camento di immagine, dovuta a riduzione della risoluzione in meridiani specifici, per astigmatismo non corretto, unilaterale
o bilaterale. Il grado di astigmatismo necessario per produrre ambliopia meridionale non è stabilito con esattezza. Si ritiene ambliopigeno un astigmatismo monolaterale maggiore di 1,5 D.
• AMBLIOPIA DA DEPRIVAZIONE si verifica in presenza di qualsiasi ostacolo anatomico o patologia oculare (cataratta congenita, ptosi palpebrale, opacità corneali, maculopatie) che non permette una stimolazione retinica sufficiente. Può essere sia monolaterale che bilaterale; nella prima forma se la fusione sensoriale e motoria vengono a mancare si instaura uno strabismo più o meno evidente; nelle forme bilaterali se il visus è inferiore ai 2/10 e la patologia si è instaurata entro il secondo anno di vita si verifica assenza di fissazione e si mani- festa un nistagmo sensoriale.
3.4 Diagnosi
La diagnosi di ambliopia viene posta dopo aver escluso la presen- za di alterazioni organiche responsabili del deficit visivo.
La diagnosi si pone in presenza di:
1. acuità visiva ridotta unilaterale (differenza di oltre 2 linee di ottotipo tra l’occhio normale e l’occhio ambliope) o bilaterale (presenza in entrambi gli occhi di visus corretto centrale bilate- rale inferiore a 5/10)
2. fattori ambliopigeni (strabismo, errori refrattivi non corretti, cataratta congenita, ptosi, opacità corneale, afachia non cor- retta, etc.)
Nel caso di bambini al di sotto dei 3-4 anni, non potendosi stimare con esattezza l’acuità visiva, risulta importante ricercare segni indiretti quali: assenza di alternanza nello strabismo (il bam- bino fissa sempre con lo stesso occhio mentre quello ambliope risulta deviato), reazione del paziente alla copertura dell’occhio
fissante (spesso pianto) e mancata reazione alla copertura dell’oc- chio ambliope, valutazione della refrazione mediante schiascopia in cicloplegia.
Per ottenere un recupero funzionale completo sono fonda- mentali la diagnosi precoce e l’inizio rapido di un trattamento adeguato entro i limiti del periodo plastico compreso tra la na- scita ed il 10° anno di vita. Se la diagnosi ed il trattamento riabi- litativo avvengono precocemente (entro i 4 anni), ci sono ottime possibilità di ottenere un recupero visivo soddisfacente, diversa- mente le forme diagnosticate in età tardiva (oltre i 10 anni) non consentono recupero funzionale.
Il sistema visivo è più vulnerabile nei primi 3 mesi di vita, che costituiscono il cosiddetto “periodo critico”. Lo sviluppo dell’a- cuità visiva prosegue, ma più lento e con minore plasticità, con un picco intorno ai 2 anni, un declino dai 5 anni in poi, per cessare intorno agli 8-10 anni di età. Nei casi di deprivazione visiva precoce, alla nascita o nei primi mesi di vita, è stata eviden- ziata atrofia a livello del corpo genicolato laterale che coinvolge in modo maggiore le lamine parvocellulari. È inoltre confermato che l’ambliopia comporta un’alterazione dei normali processi di sviluppo corticale a livello della corteccia visiva primaria (area VI).
3.5 Terapia
Lo scopo del trattamento dell’ambliopia è quello di migliorare il visus dell’occhio ambliope fino a raggiungere valori visivi uguali in entrambi gli occhi ed in caso di strabismo ottenere anche un’al- ternanza di fissazione. L’ambliopia è recuperabile solo se viene trattata nel periodo di plasticità del sistema visivo, prima che si instaurino alterazioni strutturali anatomiche irreversibili.10
Più profonda è l’ambliopia maggiore più intensivo sarà il pro- gramma di riabilitazione visiva.
La terapia consiste nel:
1. Individuare e rimuovere le cause
Nei casi di ambliopia da deprivazione bisognerà trattare chirurgi- camente gli ostacoli alla visione.
2. Correggere i difetti refrattivi
Una volta che l’asse visivo risulta libero da impedimenti, e nei casi di ambliopia iso o anisometropica, è di fondamentale im- portanza correggere ogni errore rifrattivo significativo stimato con la schaiscopia in cicloplegia. In alcuni casi di ambliopia anisometropica lieve la sola correzione ottica con occhiali può essere sufficiente a migliorare la visione degli occhi ambliopi.
3.Stimolare l’occhio ambliope
La terapia riabilitativa consiste nell’occlusione o penalizzazione dell’occhio migliore. Quanto più è grave l’ambliopia tanto più drastici e rigorosi dovranno essere i provvedimenti terapeutici.
Quanto più è piccolo il bambino tanto più la terapia avrà ef- fetto in termini di risultati e di brevità di tempo per ottenerli.
(fig.2)
L’occlusione va praticata sempre applicando il cerotto (o benda) sull’occhio fissante, non sull’occhiale perché il bimbo fa- cilmente toglierà le lenti o guarderà lateralmente con l’occhio sano, e vanno predilette le ore della giornata nelle quali il piccolo paziente si applica per lontano e per vicino (scuola, compiti, tv, computer, etc). L’instaurarsi di una terapia per l’ambliopia può durare mesi o anni e prevede controlli oculistici frequenti (per valutare eventuali miglioramenti o regressioni) e necessita della totale collaborazione dei genitori che dovranno gestire e sommi- nistrare quotidianamente l’occlusione attenendosi alle prescrizio- ni dell’oculista pediatrico.
fig. 2
Prevede 3 fasi: una fase di attacco (occlusione full-time),una fase di prosecuzione (full-time o part-time) ed una fase di mante- nimento (penalizzazione e controlli periodici).
L’ occlusione totale (full-time) è di gran lunga il metodo di ele- zione per la terapia d’attacco dell’ambliopia, ma va strettamente monitorata; il ritmo dei controlli dipende dall’età del bambino e serve a scongiurare il rischio di depressione funzionale dell’occhio sano che rimane occluso per tutta la giornata.Un’alternativa è rappresentata da un’occlusione full-time per tutto il tempo di ve- glia, ma alternata. Ad esempio 3 giorni sull’occhio fissante, l gior- no sull’occhio ambliope (regola: età+1, quindi ad 1 anno: 1+1 = 2 giorni di occlusione occhio fissante, 1 giorno occlusione occhio ambliope). Qualora l’acuità visiva non migliorasse con tale meto- do bisogna valutare la compliance del bimbo, riverificare qualsiasi errore rifrattivo non corretto con l’occhiale in uso ed escludere nuovamente patologie organiche.
La fase di mantenimento non deve essere considerata meno importante del trattamento di attacco in quanto è in questa fase che si corre il rischio di vanificare il risultato raggiunto.
La terapia di mantenimento può essere impostata con oc- clusione part-time a scalare, con penalizzazione farmacologica o ottica dell’occhio sano ed è sempre associata a regolari controlli
da proseguire fino all’età di circa 10 - 11 anni, oltre la quale la recidiva di un’ambliopia è molto improbabile.
La penalizzazione sia farmacologica che ottica, rappresen- ta un altro possibile presidio terapeutico per l’ambliopia. La pe- nalizzazione farmacologia (atropina-ciclopentolato) impedisce l’accomodazione dell’occhio migliore, promuovendo così la fis- sazione con l’occhio ambliope per oggetti vicini. Di fatto è una penalizzazione per vicino. La penalizzazione ottica per lontano consiste nell’ipercorrezione dell’occhio buono (un occhiale volu- tamente sbagliato) in modo da favorire l’uso dell’occhio ambliope per oggetti lontani. La penalizzazione è efficace solo se il paziente cambia la fissazione a favore dell’occhio ambliope. Generalmente la penalizzazione non rappresenta una metodica di successo nel trattamento di un’ambliopia profonda, ma può essere un metodo efficace nelle ambliopie di grado lieve o moderato.
Un ulteriore trattameno dell’ambliopia consiste nell’utilizzo di filtri applicati all’occhiale sulla lente dell’occhio fissante; è un trat- tamento meno potente dell’occlusione, e valgono le stesse per- plessità dell’occlusore su occhiale. Il valore del filtro da prescrivere è individuato dal filtro che abbassa il visus nell’occhio buono di almeno 3/10 sotto al visus dell’occhio ambliope.
Per il trattamento dell’ambliopia sono stati proposti anche degli stimolatori visivi di tipo elettrico non invasivi (trattamento CAM-Cambridge Stimulator, il trattamento Flicker, il trattamento Gabor Patch): vengono inviati stimoli luminosi di vario tipo sulla retina dell’occhio ambliope, forzandolo a trasmettere l’impulso luminoso al cervello, e riattivando così i canali “impigriti” dall’am- bliopia. L’efficacia di queste metodiche è ancora oggi molto dibat- tuta. Recentemente si stanno utilizzando farmaci neuroprotettivi (come la Citicolina) come sostegno alla terapia occlusiva: è una particolare molecola dotata di attività psicostimolante, interme- diario della biosintesi della fosfatidilcolina. Studi recenti indicano che l’assunzione orale di Citicolina potenzia l’effetto della terapia occlusiva e viene più facilmente stabilizzato il miglioramento della funzione visiva.
3.6 Conclusioni
L’ambliopia o occhio pigro rappresenta una condizione di deficit quantitativo e qualitativo del visus che sottende un’interfe- renza con il normale sviluppo delle connessioni neuroanatomiche e della corteccia visiva.
La diagnosi precoce effettuata dall’oculista entro i primi mesi di vita (forme da deprivazione) o nei primi anni di vita (altre for- me) consentono l’instaurarsi di trattamenti tempestivi e proficui con possibilità di recupero funzionale degli occhi affetti.
Cardini della terapia sono la piena correzione con occhiali dei difetti refrattivi e la stimolazione dell’occhio ambliope mediante occlusione dell’occhio sano con benda adesiva. (fig. 3)
fig. 3
Affinché sia fruttuosa e non un inutile sacrificio è fondamen- tale che l’occlusione venga effettuata con costanza nei giorni e negli orari prescritti dall’oculista e che le ore di applicazione siano consecutive, pertanto è necessaria la piena collaborazione dei ge- nitori e dei piccoli pazienti.
Capitolo 4
LA MIOPIA E LE SINDROMI SISTEMICHE
La miopia è una ametropia che spesso compare nel quadro sintomatologico di numerose sindromi ereditarie sistemiche, rap- presentando uno dei fattori predominanti della sindrome stessa o ricorrendo con una certa frequenza tra i sintomi accessori.
Le sindromi più frequentemente associate sono l’artrooftal- mopatia ereditaria o Sindrome di Stickler; si tratta di una forma a trasmissione autosomica dominante, identificata per la prima vol- ta nel 1965. Il quadro clinico è caratterizzato da: anomalie facciali e del cavo orale, alterazioni oculari e muscolo-scheletriche. (fig. 1)
fig. 1
Delle prime fanno parte l’appiattimento della faccia con depres- sione del ponte nasale ed epicanto, ipoplasia mandibolare e pa- latoschisi, micrognatia, il complesso sintomatologico di Robin e, inoltre sordità ed anomalie dentarie.
Il sintomo predominante tra quelli oculari è una miopia tra le 8 e le 18 diottrie; si manifesta precocemente, prima dei 10 anni di età e si associata frequentemente a distacco di retina e cataratta.
Le alterazioni muscolo-scheletriche comprendono l’habitus marfanoide, l’ipotonia muscolare, l’iperestensibilità delle artico- lazioni, che spesso appaiono prominenti già alla nascita e do- lenti come nell’artrite reumatoide, la displasia spondiloepifisaria e la sproporzione tra lunghezza della diafisi ed ampiezza della metafisi nelle ossa lunghe. Può associarsi un ritardo mentale.
Si deve sospettare di tale sindrome nei neonati affetti da S. di Robin con palatoschisi e nei distacchi di retina giovanili non trau- matici associati a miopia ereditaria. Il distacco di retina, che ri- mane la complicanza più grave, può essere trattato con successo se riconosciuto tempestivamente, altrimenti può essere causa di cecità.
Nella S.di Kniest, associate alla miopia vi sono anomalie cra- nio-facciali, quali: palatoschisi, l’appiattimento della faccia e del ponte nasale. Vi è la stessa tendenza al distacco di retina della Sindrome di Sticklerdalla quale si differenzia per la piccolezza degli arti, la bassa statura, l’ipomobilità articolare e la frequen- te associazione con le otiti croniche. Questa forma si trasmette come carattere autosomico dominante.
La Displasia spondiloepifisaria congenita, a trasmissione au- tosomica dominante, è stata descritta da Spranger e Wiedemann nel 1966. Alla miopia si accostano anomalie facciali e scheletri- che, quali: appiattimento della faccia, palatoschisi, ipoplasia del malare, anomalie della colonna (vertebre appiattite, spazi inter- vertebrali ristretti con conseguente cifoscoliosi e lordosi lombare).
A carico degli arti si assiste ad una mancanza di mineralizzazione delle epifisi, che tendono a rimanere piatte, e a una scarsa mobili- tà articolare. Tipica è l’astenia e ipoplasia dei muscoli addominali.
Frequente è l’insorgenza del distacco di retina, ragion per cui è necessario il monitoraggio di questi pazienti.
La S. di Weill-Marchesaniassocia brachimorfismo, microfa- chia, sferofachia ed ectopia lentis spesso a miopia con o senza glaucoma e a degenerazione vitreale, con conseguente distacco di retina. Possono manifestarsi anomalie cranio-facciali di modesta
entità, orbite poco profonde, ipoplasia lieve del mascellare con palato ogivale, anomalie degli arti come brachidattilia, e talora malformazioni cardiache. La malattia è a trasmissione autosomi- ca recessiva.
Nel quadro clinico della S. di Marfanmalattia che interessa il tessuto connettivo, compare una miopia elevata associata a sclera blu e sublussazione della lente (solitamente verso l’alto) e a malfor- mazioni scheletriche ed articolari. Tipiche sono l’alta statura con arti smisuratamente lunghi, l’aracnodattilia, l’ipotonia muscolare, la lassità articolare, il torace carenato, scoliosi, e cifosi. L’ectasia aortica e l’aneurisma dissecante dell’aorta sono evenienze gene- rali molto temibili. Complicanze importanti sono il distacco di retina ed il glaucoma. Quest’ultimo può essere conseguenza di malformazioni associate all’iride o all’angolo iridocorneale, alla lussazione del cristallino in camera anteriore o a blocco pupillare.
La Omocistinuriaè una malattia determinata da una de- ficiente sintesi epatica della cistationina sintetasi, che compor- ta un accumulo non utilizzato di omocistina e metionina con ripercussione sullo sviluppo del tessuto connettivo e dei vasi.
La malattia si trasmette ereditariamente secondo il modello reces- sivo autosomico.
La miopia risulta associata a sublussazione del cristallino, so- litamente in basso. Spesso insorgono cataratta e glaucoma pre- cocemente, intorno ai 10 anni. Le anomalie scheletriche ricor- dano quelle della Marfan. Le alterazioni vascolari comportano la degenerazione della tunica media dell’aorta e delle grosse arterie con iperplasia dell’intima e formazione di placche ed anelli che restringono il lume vasale. Sono frequenti e temibili le manife- stazioni trombo-emboliche a carico dei vasi arteriosi e venosi.
Si possono riscontrare alterazioni cutanee con formazione di plac- che eritematose e rossore malare. I capelli assumono un aspet- to caratteristico: sono sottili, rari, asciutti e di colore biancastro.
Un’altra affezione che ricorre frequentemente è l’osteoporosi, la quale conduce allo schiacciamento vertebrale e a frequenti fratture degli arti.
In una grande percentuale di casi sono presenti disturbi ce- rebrali rilevati anche dalla risposta elettroencefalografica.
In alcuni casi può essere riscontrato un comportamento schizoi- de.
La malattia di Ehler-Danlos è un’altra malattia del tessuto connettivo in cui la miopia è spesso presente. Tale affezione com- porta la costituzione anomala dei fasci collageni, iperestensibilità della pelle e delle articolazioni e spesso aracnodattilia. Altri sinto- mi oculari sono l’epicanto, lo strabismo, il cheratocono, l’ectopia del cristallino, le strie angioidi e il distacco di retina.
La S. di Marshall-Smith18-19 è caratterizzata da un accelerata maturazione ossea e si trasmette secondo il modello dominan- te autosomico. Nella malattia sono comuni le anomalie cranio facciali, quali: turricefalia, prominenza della fronte e orbite poco profonde, associate a miopia a sclera blu, cataratta congenita, ipoplasia mandibolare ed ipoacusia. Sono presenti alterazioni os- see come nella s. di Stickler.
La S. di Noonan è simile alla sindrome di Turner, ma inte- ressa prevalentemente il sesso maschile. Non se ne conosce l’e- ziologia, si suppone un meccanismo di trasmissione ereditaria di tipo autosomico dominante. Il quadro clinico è caratterizzato da brachimorfismo, ritardo mentale, anomalie auricolari e dentarie, torace a scudo o infossato, pterigium colli, anomalie scheletriche e cardiache (stenosi polmonare, difetti interventricolari), l’ipoge- nitalismo (pene piccolo e criptorchidismo). Oltre alla miopia, le anomalie oculari che si manifestano sono epicanto, ptosti, iperte- lorismo, cheratocono, strabismo e nanoftalmo.
Nella S. di Schwartz20 la trasmissione avviene secondo il mo- dello autosomico recessivo, Il sintomo predominante è la mioto- nia progressiva, che comporta problemi ortopedici nell’infanzia associati a una modesta crescita staturale. Vi è inoltre una limita- zione dei movimenti articolari, un collo corto, un appiattimento delle vertebre e delle epifisi femorali e un torace carenato. Le anomalie oculari sono rappresentate dalla miopia, dalla blefarofi-
mosi e talvolta, dalla microcornea, dalla cataratta e da una parti- colare lunghezza delle ciglia che si addensano in file irregolari. Al- tre anomalie riguardano modificazioni del padiglione auricolare, della laringe con caratteristiche alterazioni della voce, una bassa attaccatura posteriore dei capelli, ipogonadismo testicolare e fa- cies piatta. I pazienti affetti presentano un rischio anestesiologico da non sottovalutare.
Nella S. di Scullica21 la miopia elevata è associata a glaucoma e sordità. Questa sindrome è stata descritta da Scullica in una fratria di due, un maschio e una femmina, nati da due genitori consanguinei di terzo grado. In entrambi era presente bassa sta- tura. Il glaucoma si rivelò poco suscettibile al trattamento medico e chirurgico. Vi sono analogie con la sindrome di Marchesani, ma i caratteri clinici sono nettamente differenti.
Capitolo 5
LA CEFALEA IN ETA’ PEDIATRICA
La cefalea, è un sintomo molto frequente nei bambini: tra il 10 ed il 20% di bambini in età scolare presenta almeno un epi- sodio di mal di testa nel corso dell’anno.
Quello che per un adulto è percepito come un fatto normale, nel bambino assume una valenza diversa; sia per il bambino, che chiede immediato sollievo sia per il genitore,che chiede immedia- te risposte.
L’esame del fondo oculare e della refrazione sono spesso la prima richiesta del pediatra nel bambino con mal di testa.
Il controllo oculistico nel bambino con cefalea è ritenuto una tappa fondamentale nell’inquadramento eziologico di una cefalea perché consente di riconoscere con relativa facilità gravi proble- mi associati al mal di testa. E’ tra l’altro esperienza comune che nell’esame del bambino con cefalea il riscontro di una patologia oculare non sia frequente. Non di meno, pur sottolineando come un prolungato sforzo accomodativo in presenza per esempio di un ipermetropia non corretta possa associarsi a cefalea,vanno comunque ridimensionate le aspettative di poter risolvere sempre il problema con un semplice paio d’occhiali.
5.1 Classificazione
CEFALEE PRIMARIE: legate a una predisposizione ge- netica: sono la maggior parte dei mal di testa accusati dal bambi- no. Includono le cefalee di origine vascolare e la cefalea musco- lotensiva.
L’EMICRANIA è la più frequente cefalea primaria nel bambi-
no. È dovuta ad una predisposizione genetica (familiarità). Il mec- canismo fisiopatologico è classicamente dato dalla sequenza: va- sospasmo - ipossia cerebrale transitoria - vasodilatazione - cefalea
Nel bambino più piccolo sono presenti altri sintomi (i cosid- detti equivalenti emicranici)
quali vomito, algie addominali, vertigini parossistiche, dolori ricorrenti agli arti inferiori
chinetosi. Nel bambino più grande, invece, è dominante il mal di testa, medio-forte, di breve durata, emicranico, pulsante.
Sono presenti di sintomi di accompagnamento, come fotofobia, intolleranza ai rumori ed agli odori, nausea, vomito, dolori addo- minali, pallore, sonnolenza
Nella forma con aura - molto più rara - il mal di testa è prece- duto, o accompagnato, da sintomi neurologici: scotomi scintillan- ti ( perdita transitoria di parte del campo visivo associata alla visio- ne di immagini luminescenti), parestesie, disturbi del linguaggio.
LA CEFALEA A GRAPPOLO, più rara in età pediatrica, e’ as- sociata ad un dolore intensissimo (può durare anche 30’) con la- crimazione, congestione nasale, iperemia congiuntivale, nausea, vomito, ptosi, eritema al viso, congestione nasale. E’ classica- mente localizzata a livello orbito – temporale, è mono laterale e si irradia al capo ed al collo. L’attacco tende a ripetersi alla stessa ora (per lo più di notte), ogni giorno per un periodo variabile fra i 15 e i 20 giorni.
LA CEFALEA MUSCOLO TENSIVA colpisce per lo più nel periodo adolescenziale; può essere legata alla tensione dei muscoli del collo o da tensione emotiva,più spesso dipende da un associazione dei due fattori: situazioni di stress o problemi posturali (dimorfismi vertebrali o dell’articolazione mandibolare, contratture dei muscoli della nuca) possono indurre la contrazione muscolare che scatena l’attacco. Il dolore è di intensità medio-lie- ve, bilaterale e costrittivo ed è solo eccezionalmente associato a nausea o disturbi sensitivi.
CEFALEE SECONDARIE: conseguenza di una patologia.
Le malattie che possono causarle sono varie e di diversa gravità:
alterazioni della pressione arteriosa, anemia, ipoglicemia,sinusiti, mucositi delle prime vie aeree, esiti di traumi (ematomi intracrani- ci ), patologie infiammatorie meningo-encefalitiche, tumori cere- brali, pseudotumor cerebri
L’eventualità che la cefalea possa essere causata da un au- mento della pressione endocranica rende decisivo per la diagnosi l’esame del fondo oculare,che in discreta percentuale di casi può facilitare o confermare la diagnosi. E’ un sintomo comune, spes- so prodromico dei tumori cerebrali.
5.2 “Cefalea oculare”
E’ opinione comune che il mal di testa non sia un sintomo diretto di un difetto di vista.
Alcune cefalee infantili sono associate ad uno sforzo visivo ( un mal di testa che inizia dopo alcune ore di attività scolastica, oppure dopo alcune ore di impegno ravvicinato).Molti difetti di vi- sta nei bambini di scuola materna e prime classi elementari sono spesso sottovalutati, perché il bambino “vede bene, legge tutte le lettere o le figure dell’ottotipo”.
Cefalea oculare da contrazione del muscolo ciliare
In realtà anche un bambino che vede bene ma è co- stretto ad accomodare non solo per l’attività ravvicinata ( come in una ipermetropia di grado medio elevato) è costret- to ad una attività dinamica atta a modificare la forma del cri- stallino per azione del muscolo ciliare. La contrazione e de- contrazione del muscolo ciliare avvengono per via riflessa ed inconscia (di qui l’importanza dell’esame in cicloplegia) Questa contrazione prolungata del muscolo ciliare può avveni- re: per cause refrattive o per spasmo accomodativo. Nel primo gruppo rientrano l’ ipermetropia e l’astigmatismo ipermetropico frequenti nei bambini delle prime classi elementari e delle scuole
materne: l’immagine è a fuoco al costo di un’accomodazione pro- lungata nel tempo. Il trattamento per il bambino ipermetrope e astigmatico,è la correzione con lenti del vizio refrattivo.
Il secondo gruppo interessa per lo più bambini delle ultime classi elementari e classi medie. Si verifica un disordine funziona- le del muscolo ciliare definito spasmo accomodativo: il muscolo anzichè contrarsi adeguatamente nella visione ravvicinata e de- contrarsi nella visione all’infinito, resta contratto a lungo con ce- falea, aumento del potere refrattivo del cristallino e conseguente diminuzione dell’ acutezza visiva a distanza.
Cefalea oculare da deficit di convergenza.
E’tipica della visione ravvicinata, E’ spesso associata a sdop- piamento delle immagini.
La convergenza prossimale, che è un riflesso dinamico della visione,in questi bambini è insufficiente. Perchè essa sia mantenu- ta nella visione ravvicinata deve essere integrata da una contrazio- ne volontaria dei muscoli retti mediali. Questa attività muscolare determina dopo un pò cefalea. Tipicamente i bambini riducono il disagio allontanando progressivamente l’oggetto o evitando di guardare contemporaneamente con i due occhi ruotando il capo o chiudendo uno dei due occhi. L’insufficienza di convergenza risponde bene al trattamento ortottico.Un trial randomizzato (CITT) i cui risultati sono stati pubblicati nel 2008 ha dimostra- to che un trattamento ortottico ambulatoriale effettuato per 12 settimane risolve un’alta percentuale di casi ed è preferibile al domiciliare. fig. 1
fig. 1
Per un buon risultato è necessario che gli esercizi siano ese- guiti con diligenza: vanno eseguiti per almeno 15-20 volte dalle 2 alle 3 volte al giorno: i sintomi migliorano dopo alcune settimane ma in alcuni casi sono necessari alcuni mesi. La maggior parte dei casi si risolve. Esiste ancora una discreta percentuale di pazienti in cui queste misure risultano inadeguate ed in questi casi può essere di aiuto la correzione con prismi a base interna per vicino.
5.3 Conclusioni
E’ il pediatra di famiglia, che dovrà valutare la necessità o meno di avviare un percorso diagnostico più complesso: la mag- gior parte dei mal di testa dei bambini sono inquadrabili nell’ambi- to di un’emicrania o di una cefalea tensiva, per cui non è necessa- rio ricorrere a esami diagnostici che spesso sono inutili o invasivi (come l’Rx dei seni paranasali o la TC del cranio)
Quando pediatra sospetta una cefalea secondaria, invierà il bambino dallo specialista di riferimento.
Nei casi più complessi o in presenza di un dubbio nella dia- gnosi o per scarsa risposta alle terapie, il bambino dovrebbe esse- re inviato ad un centro cefalee specializzato per l’età pediatrica.31 Un corretto approccio alla cefalea è caratterizzarla: una cefalea violenta, costante, che svegli il bambino, che sia presente anche al mattino, associata a vomito al mattino, con segni focali è sug- gestiva di in’ipertensione endocranica (massa o pseudotumor). In più di un terzo di casi al momento della diagnosi è presente papil- ledema. Di qui il ruolo dell’oftalmologo. fig. 2
FIG. 2. Papilledema:edema della papilla ottica secondario ad ipertensione endocranica.
In questi casi un aspetto anche solo dubbio della papilla ottica deve indirizzare immediatamente il bambino ad un indagine neu- roradiologica appropriata.
Capitolo 6
L’ “OCCHIO ROSSO”
6.1 Introduzione
L’ “occhio rosso” rappresenta una della cause maggiori di richiesta di intervento da parte dei Medici di medicina generale e dei Pediatri.
Di fronte ad una richiesta di diagnosi e terapia, cosa fare in mancanza di consulenza da parte dello specialista oculista? Più che una classifica dei molteplici motivi che possono causare il sin- tomo, in questa sede sarà più utile sintetizzare una serie di consigli sul cosa fare e non fare. L’ “occhio rosso”, spesso erroneamente identificato con la congiuntivite, è sintomo di diverse patologie.
Le principali cause sono: infiammatorie, infettive, allergiche e traumatiche.
6.2 Cause
L’ “occhio rosso” per cause infiammatorie può essere provocato da fenomeni irritativi, fisici, chimici, meccanici ed im- munologici.
Il contatto accidentale con agenti chimici (detersivi, solventi) è molto comune e causa dolore intenso. Il bambino piange, tende a tenere l’occhio chiuso e riferisce sensazione di corpo estraneo e lacrimazione ; l’occhio si presenta iperemico, la cornea nei casi più gravi è edematosa o ulcerata.
Altrettanto comune è l’esposizione ad agenti fisici: ustioni da sigaretta o da fiamma, esposizione eccessiva a raggi UV senza opportune protezioni, ustioni retiniche da osservazione diretta del sole (eclissi)
Fondamentale in questi casi è l’anamnesi. Domande utili da
fare ai genitori del piccolo paziente sono:
- Ha subìto un trauma?
- Ha avuto contatto con detersivi o altre sostanze chimiche?
- Si è esposto al sole senza opportune protezioni (cappellino con visiera o occhiali)?
- Ha secrezione?
In caso di esposizione ad agenti chimico-fisici occorre inter- venire tempestivamente: è fondamentale lavare per 10-15 ‘ con acqua corrente tenendo aperte le palpebre e poi recarsi presso il PS più vicino.
In questa sede, si continuerà ad irrigare con soluzione salina con particolare attenzione ai fornici congiuntivali e con la rimo- zione dell’epitelio necrotico presente.
La terapia medica prevede l’utilizzo di proriepitelizzante topi- co\umettante x 6 volte/di, Antibiotico topico ogni 4 ore, Ciclo- plegico ed antiedemigeno.
Nei casi più gravi si ricorre a terapie chirurgiche (utilizzo di membrana amniotica). fig.1
fig.1 - edema corneale da esposizione ad agenti chimici
In assenza di esposizioni ed in bambini predisposti, spesso l’iperemia congiuntivale ha causa allergica. Secondo i recenti dati statistici dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) si
è verificato un costante aumento della prevalenza delle malattie allergiche a livello globale e circa il 40% della popolazione mon- diale è ormai colpita da una o più patologie allergiche.
I segni che ci aiutano sono: iperemia congiuntivale spesso associata ad arrossamento palpebrale, (evidenziabile anche ad oc- chio nudo), presenza di macchie biancastre e rilevate, gelatinose a livello limbare (Limbus, zona di passaggio tra cornea e congiunti- va). Il bambino presenta prurito (o tende a grattare l’occhio con il pugno chiuso, a toccarlo o ad ammiccare) fotofobia (evidenziabile soprattutto in ambienti esterni ed al sole), lacrimazione (soprattut- to dopo esposizione al sole e/o occhi più lucidi per aumento del menisco lacrimale). fig.2
fig. 2 - prurito e fotofobia in età pediatrica
Spesso la congiuntivite si associa a rinite, asma e dermatite (importante quindi “inquadrare” il bambino, in assenza di segni conclamati, se potenzialmente “atopico”).
La terapia prevede utilizzo collirio antistaminico (ad esempio Ketotifene) instillato 1 goccia in OO 2 volte al dì per 15-20 gior- ni, 2-3 giorni, in attesa di visita oculistica per la conferma diagno- stica,. In caso di sintomi sistemici sempre associare an antista- minico per os o, in casi più gravi, uno steroide per via generale.
In presenza di secrezione, è probabile una causa infettiva;
il Pediatra può impostare in autonomia una terapia antibiotica
topica ad ampio spettro senza utilizzo di steroidi topici associati;
in caso di resistenza ad una prima terapia o dubbi è necessaria la Visita oculistica.
Le forme Batteriche per lo più sono bilaterali, anche se pos- sono all’esordio presentarsi monolateralmente, con secrezione purulenta o muco purulenta.
Le forme Virali per sono in genere monolaterali, spesso le- gate anche a manifestazioni sistemiche e/o possono seguire epi- sodio di influenzale o infezioni delle vie respiratorie; potrebbero esserci linfonodi retroauricolari ingrossati e dolenti, lacrimazione intensa e chemosi congiuntivale. Il decorso può essere lungo, an- che 10-15 gg.Bisogna fare attenzione alla contagiosità, per gli altri familiari e consigliare asciugamani personali.
Se l’infezione appare all’esordio particolarmente forte e non si è ancora iniziata nessuna terapia, sarebbe buona norma effet- tuare subito “tampone” congiuntivale ed antibiogramma e poi adeguare la terapia antibiotica.
Altre comuni cause di “occhio rosso” in età pediatrica sono i traumi, che rappresentano più del 30% delle cause di cecità al di sotto dei 18 anni. Qualsiasi età infantile può essere interessata, con una netta prevalenza del sesso maschile (65-71% vs 35-29%
con variabilità da 2:1 a 4:1 in vari studi ) in relazione ai giochi che prevedono una maggiore aggressività, più contatti fisici nei maschi.
Le cause più frequenti sono: colpi accidentali nello sport, in- cidenti stradali, corpi metallici appuntiti (aghi, penne, freccette, graffette, spine di piante, bastoni, fucili ad aria compressa), graffi,
abusi e maltrattamenti.
Il trauma può interessare singole strutture o più strutture dell’occhio in modo diverso sia sul piano della gravità che dell’e- stensione della lesione; l’anamnesi è fondamentale e prioritaria per ottenere il maggior numero di informazioni circa il momento del trauma, il tipo di evento ed il possibile coinvolgimento di altri organi.
È necessario portare il piccolo paziente presso il PS più vi- cino per avviare una ispezione specialistica e le cure mediche o chirurgiche del caso. fig.3
fig.3 - trauma perforante
Capitolo 7
TEST DEL RIFLESSO ROSSO
7.1 Introduzione
Nel programma di Prevenzione dei Bilanci di salute è riservata particolare attenzione al controllo dello sviluppo neuro-psico-sen- soriale e sono previsti test per il riconoscimento precoce dei difetti visivi ed uditivi. Per la funzione visiva è stato proposto il test del riflesso rosso alla nascita, i test per l’ambliopia a 24-36 mesi (test di Lang e cover test) ed il test per l’acuità visiva a 5-6 anni.
Lo scopo di questo capitolo è far conoscere al Pediatra le metodiche di prevenzione ed il loro corretto utilizzo, affinché sia in grado individuare più precocemente possibile i piccoli pazienti che necessitano una consulenza specialistica.
Il test del riflesso rosso riveste un ruolo importantissimo nel- lo screening delle patologie caratterizzate da opacità dei mezzi diottrici lungo l’asse visivo e delle ametropie mono o bilaterali, condizioni che interferiscono con il processo di acquisizione delle immagini e che in alcuni casi sono potenzialmente pericolose per la vita (es. retinoblastoma e malattie sistemiche con manifestazioni oculari).
L’American Academy of Pediatrics attualmente raccomanda la valutazione del riflesso rosso come componente della valutazio- ne dell’occhio nel periodo neonatale e durante tutte le successive visite di controllo di routine. (fig.1 )
fig. 1
7.2 Pratica clinica
Il test del riflesso rosso si esegue correttamente utilizzando un oftalmoscopio diretto con il potere della lente impostata a “0”
e prevede la midriasi pupillare farmacologica ottenuta con instil- lazione bilaterale di Tropicamide 0,5% collirio 15 minuti prima dell’esame. (fig. 2)
fig. 2 -OSFALMOSCOPIO DIRETTO
Il test va eseguito in una stanza oscurata e si esegue proiet- tando da una distanza di circa 45 cm la luce dell’oftalmoscopio contemporaneamente su entrambi gli occhi del bambino. Per essere considerato normale, un riflesso rosso deve essere omo- geneo su tutto l’ambito pupillare e simmetrico su entrambi gli occhi. In caso contrario vi è indicazione all’invio tempestivo ad un oftalmologo esperto nell’esame dei bambini. (fig. 3)
fig. 3
7.3 Anomalie
ALTERAZIONI DEL COLORE: Le macchie scure nel con- testo del riflesso rosso, un riflesso marcatamente diminuito, la presenza di un riflesso bianco (leucocoria), possono essere dovute ad opacità dei mezzi diottrici e/o patologie corio-retiniche, ad es. leucomi corneali, corpi estranei, edema corneale in glaucoma congenito, malformazioni iridee, cataratta congenita, persistenza del vitreo primitivo iperplastico, colobomi retinici, neoplasie co- rio-retiniche etc.
N.B. l’opacità determinata dalla presenza di muco nel film lacrimale è mobile e scompare completamente con l’ammicca- mento o massaggiando la palpebra del piccolo paziente.
ASIMMETRIE: possono essere causate da vizi di rifrazione diversi o elevati e strabismo (per disallineamento degli occhi).
Ci possono essere variazioni significative nel riflesso rosso nei bambini di diversi gruppi etnici o razziali derivanti dai loro diversi livelli di pigmentazione del fondo oculare. Tuttavia, il pediatra che esegue queste valutazioni su base regolare acquisirà rapidamente familiarità con queste variazioni di normalità.
7.4 Calendario dello screening oculistico Fin dalla prima valutazione alla nascita, oltre al riflesso ros- so è opportuno analizzare altri segni e sintomi importanti nella diagnosi precoce di patologie importanti le cui sequele possono essere evitate e corrette solo con interventi precoci.
Un’anamnesi accurata è fondamentale e deve riguardare sto- ria familiare positiva per difetti refrattivi, strabismo, ambliopia, retinoblastoma, cataratta congenita infantile e giovanile, glauco- ma congenito, alterazioni retiniche ereditarie, malattie metabo- liche da accumulo, sindromi genetiche. Attenzione va posta a problematiche della madre in gravidanza incluse le infezioni e l’e- sposizione ad agenti teratogeni, l’età gestazionale del piccolo alla nascita ed eventuali sofferenze ipossico-ischemiche perinatali.
Dopo i 12 mesi va chiesto al genitore se il piccolo lacrima spesso (glaucoma congenito?), stropiccia gli occhi, presenta fotofobia, riconosce persone ed oggetti a distanza, si muove bene nello spa- zio, tiene la testa inclinata o sembra strabico, riconosce i colori.
Inoltre al primo screening neonatale è opportuno analizza- re la facies del piccolo, la conformazione delle orbite, l’apertura della rima palpebrale (ptosi), le dimensioni del bulbo e i diametri corneali (microftalmo, buftalmo). tab.1