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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.25 (1898) n.1262, 10 luglio

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L’ ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI P R IV A TI

Anno XXV - Voi. XXIX

Domenica 10 Luglio 1898

N. 1262

GLI EFFETTI DEGLI SGRAVI l)

Nel fascicolo del 26 giugno abbiamo promesso di ricercare gli eiTetti delle nostre proposte di sgravio, parendoci di poter dimostrare che la perturbazione che ne potrebbe derivare non oltrepasserebbe certi lim iti moderati.

L ’ on. Maggiorino Ferraris calcola che le proposte di sgravi da noi avanzate importerebbero una per­ dita per il bilancio di 200 milioni dei quali sareb­ bero sollevate le classi meno abbienti; ed ammette che, riversando sulle classi superiori l’ aggravio per tal somma, si produrrebbe una perturbazione perico­ losa la quale potrebbe ripercuotersi sulle stesse classi meno abbienti.

Prima di esporre qualche considerazione in pro­ posito esponiamo bene gli elementi della questione: Il sale rende attualmente allo Stato dai 63 ai 70 milioni lordi e tolte le spese ( l i m ilioni circa) rende da 54 ai 59 milioni netti ; — il prezzo di vendita è di L, 40 al quintale per il sale comune ; il prezzo di costo è di circa L. 1.62 al quintale; quindi il guadagno netto del bilancio è di L. 38.38 al quin­ tale. Il che vuol dire che questa tassa è pari al 2400 per cento il costo della merce. Una enormità.

Abbiamo proposto di ridurre il prezzo del sale a circa un terzo della attuale tariffa, mettiamo a L. l o il quintale ; sarà sempre un prodotto alimentare, ne­ cessario igienicamente, che rimarrà tassato circa dieci volte il prezzo di costo.

Del sale comune se ne vendono ogni anno circa 1,640,000 quint., il cui costo è di circa 2,656,000 lire, il ricavo a L. 15 il quint. sarebbe di L . 24,600,000 il gettito netto quindi di circa 22 m ilioni, contro 60 che si hanno attualmente, e quindi la perdita per il bilancio sarebbe di trentotto milioni.

Il petrolio segna una entrata di circa 910,000 quintali; il suo valore è di L. 17 il quintale fuori dazio; il dazio sale a L. 48 il quintale cioè il 282 per cento sul prezzo della merce; un’altra enormità.

Riducendo il dazio sul petrolio all’ equa misura del 50 per cento sul prezzo, il dazio stesso si r i­ durrebbe a circa L. 9 per quintale e quindi il prezzo di vendita sul mercato scenderebbe intorno a L. 26 al quintale, mentre oggi è di L. 65 per quintale.

) Nell’articolo « sui provvedimenti più necessari » pubblicato nel numero del 26 giugno del l’Economista dove è detto alla fine della pag. 403 « se pensiamo che un terzo della produzione serve per la sementa » doveva dirsi « un decimo della produzione ». Il lettore avrà certo corretto da sé l’errore.

Oggi col dazio a L. 48 e colla importazione di 910,000 quintali, il bilancio ricava circa L. 44 milioni ; ridueendo il dazio a L. 9 al quintale il, bi­ lancio, sui 910,000 quintali, ricaverebbe lire circa 8 milioni e quindi la perdita sarebbe di quaranta milioni.

Lo zucchero di prim a classe costa fuori dazio L. 37 al quintale e paga un dazio di L. 99 al quin­ tale cioè il 267 per cento del suo costo; se ne im ­ portano circa 9,000 quintali e quindi il bilancio r i ­ cava un milione.

Lo zucchero di seconda classe costa fuori dazio L. 28 e paga L. 88 di dazio, cioè il 300 per cento del prezzo di costo; se ne importano circa 750,000 quint., quindi il bilancio ne ricava 60 m ilio n i; riducendo il dazio a L. 14 il quintale ne ricaverebbe circa 10 milioni e quindi la perdita sarebbe di cinquanta milioni.

Il caffè ha un costo fuori dazio di L. 220 al quin­ tale e ne paga 150 di dazio, se ne importano circa 160 mila quintali ed il ricavo del bilancio è di L. 24 m ilioni ; riducendo il dazio a L. 110 il r i ­ cavo sarebbe di circa L. 47 milioni e quindi la per­ dita per il bilancio di sette m ilioni.

Effetto di questi sgravi sui prezzi sarebbe il se­ guente :

I! sale da L. 0,40 al kg. andrebbe a L . 0,15 Il petrolio da » 0,65 al » andrebbe a » 0,26 Lo zucchero da »1,16 al » andrebbe a »0,42 Il caffè da » 3,70 a! » andrebbe a » 3,30

Le perdite per il bilancio sarebbero: per il sale . . . milioni 38 per il petrolio . . » 40 per lo zucchero. . » 50 per il caffè . . . » 7

Totale m ilioni 135

Aggiungendo lo sgravio per le quote minime di circa 20 m ilioni, il bilancio avrebbe una perdita annuale di circa 155 milioni.

Però non è arrischiato il supporre che una parte e non piccola di queste perdite sarebbe compensata dall’ aumento dei consumi in così notevole propor­ zione sgravati.

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L ’ E C O N O M I S T A 10 luglio 1898 484

ii ricavo a 59 m ilioni nel 1887-88; ma si mostrò subito la tendenza alla ripresa del consumo, che fu lenta solo per la gravissima crise che turbò la eco­ nomia del paese. Ma già nel 1892-93 si era arrivati a 62,6 milioni.

E ’ da credersi che, anche tenendoci nella più mo­ desta ipotesi, sia perchè il consumo si allargherebbe, sia perchè il contrabbando non avrebbe più torna­ conto ad esercitarsi su larga scala, lo sgravio del petrolio, dello zucchero, del caffè e del sale nella misura propugnata potrebbe portare, un aumento di consumo sufficiente a rid u rre di circa 1/3 la perdita prevista di 135 m ilioni. Ed il margine che questi sgravi porterebbero nel bilancio domestico di molti m ilio n i di famiglie tra le classi meno abbienti, sa­ rebbe evidentemente rivolto ad accrescere i consumi di altre derrate e quindi anche ad aumentare i pro­ venti dell’ erario.

E ’ da ritenersi quindi che, se non immediatamente, certo in breve spazio di tempo la perdita del bilancio dello Stato per lo sgravio degli anzidetti generi di prima necessità, sarebbe ridotta ad un centinaio di m ilioni, a cui bisognerebbe provvedere per non r i ­ produrre il disavanzo.

Di qui il caso di accennare alla possibilità di una imposta progressiva sulle entrate. Già un progetto del- l ’ on. Giolitti, prima, un altro dell’ ou. Sonnino, poi, hanno aperto la via ai p rim i studi, e non ci sembra che il concetto di massima fosse male accolto dal paese e dal Parlamento, per quanto sia naturale che le tasse non abbiano mai ad essere accettate con entusiasmo.

A ltri paesi e tra gli altri notiamo la Prussia, hanno adottata una imposta progressiva sulle entrate e a suo tempo abbiamo accennato con qualche larghezza al modo con cui funziona. Non sarebbe quindi difficile questa trasformazione tributaria, o meglio questo p rin ­ cipio di trasformazione tributaria perchè, a parer no ­ stro,{questi che abbiamo proposti sarebbero i più u r­ genti provvedimenti, ma altri e m olti ed importanti occorrerebbe studiarne ed applicarne per dare al no­ stro sistema tributario un aspetto un po’ meno irra ­ zionale di quello che ci fu regalato dagli uomini che sin qui ressero la finanza dello Stato.

Una imposta generale sul reddito che partisse da un reddito non inferiore alle lire 2000 e, cominciando con una bassa aliquota, per esempio del 2 °/0, salisse ad un massimo del 7 od 8 0 /0 sui redditi maggiori, potrebbe, se non colmare completamente il disavanzo, almeno renderlo così esiguo da poterlo far sparire con provvedimenti di ordine diverso.

Senza dubbio la riforma porterebbe qualche spo­ stamento negli interessi e nelle fortune, ma ci pare di aver dimostrato che tale spostamento sarebbe molto inferiore a quello previsto dall’ou. M. Ferraris e quindi non potrebbe causare quella enorme perturbazione che l ’egregio nostro contradditore intravedeva.

Nè d’altra parte si può pensare di mantenere uno statu quo così contrario agli interessi dei contribuenti e dell’ erario; dei contribuenti,che sono oppressi dal fiscalismo, dell’ erario, che colle aliquote così alte è cristal¡zzato nel suo stesso sistema tributario al quale manca ogni elasticità.

Bisogna persuadersi che sopra una entrata di 1000 lire sulle quali circa può contare un operaio in Italia, quasi 400 sono assorbite dal fisco o dalla protezione; la imposta sui fabbricati colpisce il 30 per cento della pigione ; il pane è colpito da una protezione del 40

per cento circa; il vestito da una protezione del 30 per cento circa ; senza dire del petrolio, delio zucchero e del caffè che, come si è visto, pagano dazi fiscali enormi.

Ora, se ancora non possiamo fare in modo che i piccoli redditi sieno esenti da ogni gravezza, dob­ biamo però per giustizia e per tornaconto far in modo che la gravezza sia in una misura razionale; e ci pare che proponendo dazi che non oltrepassino il IO per cento del valore del prodotto non abbiamo fatto proposte eccessivamente m iti. Il risparmio notevole che il bilancio dell’operaio verrebbe a risentire da questi provvedimenti, sarà senza dubbio rivolto a mag­ giori consumi, i quali, essendo in Italia colpiti tutti, diminuiranno le perdite dello Stato e ad un tempo diminuiranno il malessere delle classi lavoratrici.

L ’ esenzione della imposta fondiaria per le quote minime non ci spaventa, perchè vorremmo tutta farla pesare sulle quote massime della imposta stessa. Non si dimentichi che la grande proprietà fondiaria è un impiego di capitale per il proprietario e non l’ eser­ cizio di una industria. Nulla di più naturale quindi che allo stesso modo che si fanno le riduzioni del- l’ interesse dei debiti, si diminuisca anche il reddito netto della grande proprietà. Senza pretendere di fare una proposta concreta, crediamo che non sarebbe difficile esonerando dalla imposta la minima proprietà, riversare la perdita sulla grande proprietà colpendola di una sovraimposla speciale progressiva in ragione della estensione e al di là di un certo limite.

Un tale programma di sgravi applicato non b ru ­ scamente, ma gradualmente in un quinquennio ad esempio, muterebbe in modo notevole la fisonomia economica del paese, e crediamo non turberebbe gran fatto il bilancio dello Stato.

Ci rimane qualche considerazione sulla abolizione del dazio di consumo e di questa parleremo prossi­ mamente.

IL NUOVO ACCORDO MONETARIO

La Camera nella seduta del 7 corrente ha ap­ provato il nuovo patto concluso dagli Stati formanti 1’ Unione monetaria latina relativamente agli spezzati d’ argento italiani. Diamo quindi il lesto del protocollo addizionale all’ accordo monetario del 15 novembre 1893 e lo facciamo precedere della relazione m ini­ steriale che accompagnava alla Camera il diregno di legge :

L ’art. 7 della Convenzione monetaria sottoscritta a Parigi il 6 novembre 1885, e che per tacito con­ senso è tuttora in vigore, impegnava ciascuna parte contraente a riprendere dai privati, o dalle pubbliche Casse degli altri Stati, le monete divisionali di pro­ pria emissione, in cambio di un eguale valore di specie auree o scudi d’ argento, a condizione che la somma presentata al cambio non fosse inferiore a cento franchi. Questo obbligo doveva durare per un anno ancora dopo l’ eventuale scioglimento della Unione monetaria.

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dell’ accordo stesso, prevedendo il caso dello scio­ glimento eventuale dell’ Unione, stabiliva che, data siffatta contingenza, U obbligo per ciascuno Stato di riprendere durante un anno - dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’ anno immediatamente successivo a quello nel quale avesse luogo la scadenza della Convenzione fondamentale - le sue monete divisio- I nali d’argento contro altre monete a pieno titolo, sa­ rebbe ipso facto ritornalo in vigore anche per l’ Italia.

Questa clausola, che implicava anche il tempora- | neo ritorno dell’ obbligo deli’ accettazione delle nostre monete divisionali presso le casse degli altri Stati, i oltre che aprir I’ adito a una terza liquidazione, per quanto ridotta, degli spezzati d’argento, avrebbe co­ stituito un ostacolo all’ assetto della nostra circola­ zione frazionale, difficultando indirettamente l’emis­ sione dei nostri spezzati d’ argento per ritirare e ! annullare i Buoni di Cassa, che ora rappresentano j la valuta bianca a titolo ridotto, consegnata alla Cassa depositi c prestiti per un valore nominale di H O milioni di lire. Infatti la riapertura delle Casse pub­ bliche degli altri paesi agli spezzati italiani congiunta all’ obbligo, da parte nostra, di barattare in monete | a pieno titolo e a pieno corso, gli spezzati raccolti { dagli altri Governi e a noi spediti per il cambio, avrebbe costituito un incitamento alla esportazione j degli spezzati medesimi, finché perdura l’ aggio del­ l’oro sulla carta, nonostante i divieti opposti al traf­ fico internazionale di codeste specie divisionali.

Non si può correr l’ alea di una terza crisi di circolazione minuta, nè si può ancora una volta pa­ gare a caro prezzo il rimpatrio delle monete che la speculazione ha fatto esulare, lucrando largamente ai danni dell’ erario.

Era necessario di eliminare la difficoltà nascente dalla clausola sopra accennata, e i pericoli latenti che essa involgeva. Tanto più che siffatta disposi­ zione, suggerita dal dubbio di eventuali danni ai possessori stranieri, di nostre monete disperse, man­ cava di una fondata ragione di esistere, dopo il r i ­ scatto, compiuto dall’ Italia, dei suoi spezzati di ar­ gento, pagandoli in oro o in scudi a pieno titolo, e anticipando, a questo riguardo, l ’esecuzione dei patti stabiliti per il caso di scioglimento della Lega Mo­ netaria.

Rispetto a quegli spezzati nostri, e devono esser ben pochi, che ancora fossero rimasti fuori d’ Italia, o che per rada infiltrazione ritornassero negli altri paesi dell’ Unione, sono largamente aperte per il rimpatrio graduale le vie del commercio, nessun divieto esistendo all’ uso degli spezzati italiani, anche e segnatamente nei pagamenti da farsi allo Stato, salve le disposizioni emanate, o da emanarsi, per garantire la riscossione integra dei d iritti di im por­ tazione secondo la lettera e lo spirilo della legisla­ zione vigente.

L ’ accoglimento della clausola accennala nell’ ac­ cordo del 1893, devesi attribuire, più che altro, alla convenienza di non ritardare il rimpatrio dei nostri spezzati, coll' insistere su di un argomento che avrebbe dato luogo a controversie più o meno lunghe e che in quell’ ora potevasi anche considerar pre­ maturo.

A risolvere in seguito l’ importante questione due mezzi si offrivano’ al Governo. Chiedere ed otte­ nere la modificazione dell’ articolo 18 dell’ accordo del -1893, limitando il provvedimento alla sola Italia c" e già aveva compiuto il riscatto delle sue monete

divisionali; o, seguendo un concetto più largo, pro­ muovere una sostanziale modificazione all’ atto fon­ damentale del 1883, mediante la nazionalizzazione compiuta degl i spezzali d’argento, per modo che ogni paese dell’ Unione riprendesse riguardo ad essi piena libertà di azione, cessando in diritto e in fatto di aver corso internazionale. A quest’ ultimo concetto aveva accennato la Delegazione francese nella Conferenza di Parigi nel 1893. Ma la domanda era stata consi­ derata in via quasi incidentale e la discussione intorno ad essa non ebbe svolgimento.

Per quanto l’ idea della nazionalizzazione vera c propria delle monete divisionali possa, forse, sem­ brare più rispondente alla situazione odierna della circolazione delle monete bianche nei vari Stati della Unione, la sua effettuazione incontrerebbe non lievi ostacoli, giacché, a ben considerarla, essa involge tutto il sistema su cui poggia la Convenzione del 1883, e richiede più largo consenso e una più matura preparazione.

Onde il Governo, a cui premeva di risolvere praticamente la questione che più da vicino in­ teressa il paese con qualche carattere d’ urgenza, cogliendo l’ occasione delle trattative promosse da altri nel 1896 e concluse nel 1897, per un aumento nei contingenti delle specie divisionali, credette con­ veniente di limitarsi a chiedere la modificazione dello art. 18 dell’accordo del 1893, come quella, che pur rispondendo rigorosamente allo scopo che si vuole raggiungere nell’ interesse particolare dell’ Italia, pre­ sentava meno disagevole il conseguimento.

Dicesi meno disagevole: imperocché, avviato il negoziato sin da quando, per iniziativa altrui, ebbesi a discutere la convenienza dell’aumento dell’ aliquota, in ragione di popolazione per ciascuno Stato, delle monete divisionali, non si potè condurlo a fine che nello scorso mese di marzo, avendo dovuto dissipar dubbiezze, col fermo proposito di trarre dal nuovo accordo quella libertà di movimento che si reputava indispensabile per giungere alla desiderata sistema­ zione della nostra circolazione frazionale.

A ciò contribuì anche la missione di un delegalo speciale a Berna, l’on. Zeppa, che ebbe parte no­ tevole nelle trattative del 1893, e a cui il Governo rende grazie per l’opera opportunamente testé pre­ stata.

Il protocollo addizionale all’ accordo monetario del 13 novembre 1893 venne sottoscritto a Parigi il lo marzo del corrente anno.

Per virtù di esso, l’ Italia è sciolta dall’ obbligo derivante dall’art. 7 della Convenzione del 1883 di riprendere, durante l’anno susseguente allo sciogli­ mento dell’Unione latina, le sue monete divisionali d’argento esistenti negli altri Stali della Lega.

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Convenzione del 6 novembre 1885 per regolare in forma blanda la liquidazione degli scudi, e ne ha scopo analogo: è un impegno equo, che a noi non nuoce, e garantisce gli altri da pericoli eventuali di perdite per le differenze di pregio dell’ argento metallo.

Queste sono le disposizioni principali del proto­ collo. Le altre sono di carattere complementare e riguardano soltanto il caso in cui 1 Italia credesse di non attenersi alla clausola sopra accennata, quello j in cui essa volesse far ritorno al regime della Con­ venzione del 1885 anche per i suoi spezzati, e in ­ fine i principi di reciprocità che costituiscono la base del patto monetario vigente.

Con la stipulazione di questo accordo resta e li- I minato quell’ ostacolo, che, per il fatto della Con- I venzione del 1895, poteva contrastare il riordina­ mento della nostra circolazione frazionale. Nel campo ' dei rapporti internazionali le difficoltà sembrano j così tolte del tu tto ; ma bisognerà pensare ad altri provvedimenti di ordine interno, quando si giudi­ cherà conveniente di sprigionare la nostra moneta bianca metallica per ritira re i Buoni di Cassa, a fine di non compromettere P operazione, o di non far scaturire da essa perdite e inconvenienti ai danni dello Stato.

Ogni giorno ha il suo compito : diamo ora forza di legge alle disposizioui contenute nel protocollo del 15 marzo; più in là, quando il prezzo del cambio sarà più mite e il problema della circolazione m i­ nuta sarà maturamente studiato nel suo insieme, faremo il secondo passo con maggiore sicurezza di evitar pericoli. La via ora è aperta, il percorrerla dipende soltanto dal nostro volere.

D IS E G N O D I L E G G E

Articolo XJnico. — Il Governo del Re è autorizzato a dare piena e intera esecuzione al protocollo ad­ dizionale all’accordo monetario del 15 novembre 1893, sottoscritto a Parigi il 15 marzo 1898, e le cui ra­ tifiche vennero ivi scambiate i l ...

Protocole additionnel à l’arrangement monétaire conclu le 15 novembre 1893 entre les Gouvernements Italien, Belge, Français, Grec et Suisse.

Le Gouvernement italien ayant décidé de prohiber la sortie du Royaume des monnaies divisionnaires italiennes pendant toute la durée de l’Union moné­ taire dont l’Italie fait partie avec la Belgique, la France, la Grèce et la Suisse, conformément d’ail­ leurs à la faculté qu’ il s’en est réservée par l’article 15 de l’Arrangement du 15 novembre 1893, et ayant en outre, pris la résolution de n’apporter à son ré­ gime monétaire, pendant les cinq années qui suivront l’expiration de l’Union, aucun changement de nature à entraver le repatriement des monnaies divisionnaires italiennes par la voie du commerce ou des échanges, les Gouvernements belge, français, grec et suisse sont convenus avec lui qu’en conséquence l’Italie serai affranchie de l’obligation contractée vis-a-vis d’eux de reprendre pendant une année, à partir de l’expiration de la Convention du 6 novembre 1885, celles de ses monnaies divisionnaires qui se trouve­ raient en circulation chez ses alliés monétaires. Cette obligation, qui lui est imposée par l’articje 7 de la Convention précitée, ne continuerait a lui incomber que dans le cas où le Gouvernement italien ne_ réa­ liserait pas ses intentions telles qu’elles sont indi­ quées ci dessus, ou dans celui où, par application de l’article 17 de l’Arrangement du 15 novembre

1893, il aurait demandé et obtenu de rentrer, pour ses monnaies divisionnaires, dans les conditions nor­ males de l’ Union.

Il est entendu, en outre, qu’à titre de réciprocité, les autres Etats de l’Union monétaire qui auraient retiré d’Italie leurs monnaies divisionnaires d’argent dans les conditions prévues au second paragraphe de l’article 16 de l’Arrangement du 15 novembre 1893, seraient également affranchis de l’obligation de reprendre, pendant l’année qui suivra l’expiration de l’Union, celles de leurs monnaies divisionnaires qui se trouveraient en circulation en Italie, pourvu qu’ils aient prohibé, en même temps qu’ils effectuaient ce retrait, l’exportation en Italie de leurs monnaies di­ visionnaires et à charge pour eux de^ n’apporter à leur régime monétaire, pendant les cinq annés qui suivront l’expiration de l’Union, aucun changement de nature à entraver le repatriement desdites mon­ naies divisionnaires par la voie du commerce ou des échanges.

EN FOI DE QUOI, les soussignés, dûment auto­ rises par leurs Gouvernements respectifs, ont, sous réserve de ratification ultérieure, dressé le présent Protocole.

NOTE ED APPUNTI

La serenità e la equità di certi giudizi sulle re­ centi sommosse. — Non v’ è rivista di studi sociali

che non esamini gli ultimi fatti d’ Italia e non si sforzi di stabilirne le cause e di indicarne i rimedi. E la rac­ colta dei giudizi che finora si sono pronunciati sa­ rebbe veramente utile e interessante, perchè com ­ prenderebbe quelle opinioni, quei modi di vedere, che sono il risultato delle impressioni più fresche, del con­ tatto più diretto, per così dire, tra i fatti e lo studioso di essi. Verranno poi gli studi ponderati, documentati, aventi le pretese maggiori di ricerche obiettive, dili­ genti, complete; e i giudizi saranno, giova almeno sperarlo, più sereni, fondati e coerenti di quelli che sino ad ora si sono dati, ma essi non avranno quel carattere che presentano invece gli scritti di queste ultime settimane, di essere cioè spesso veri indizi di tendenze, di errori, di pregiudizi, di antipatie o sim­ patie, che non sempre riescono a celarsi, a lasciar il posto alle ragioni vere dei fatti e dominano, suo mal­ grado, lo scrittore.

C’ è stato chi ha rovesciato tutte le colpe sul capo dell’on. Rudinì, causa unica delle sommosse perchè non ha perseguitato i partiti estremi; altri allargò il biasimo a tutto il Governo, altri ancora se la prende coi liberali perchè vogliono un regime di li­ bertà, mentre occorre, dicono, la compressione, o con gli economisti, perchè discutono le questioni sociali e fanno sorgere così i socialisti, «svegliando i cani che dormono » direbbero con frase volgare, ma espressiva ; altri ancora trova che sono i giornali che hanno pro­ dotto i tumulti, qualcuno accenna ai professori e si scaglia contro l’ istruzione, e chi segnala questo o quel partito, chi accenna a questo o quell’ uomo po­ litico e chi infine fa una miscela di queste varie impu­ tazioni per gridare poi ai quattro venti a che o a chi si debbano attribuire le sommosse di due mesi fa. II fenomeno non è certo nuovo, ma è sempre degno di nota, quando si vedono giornali o riviste ritenute au­ torevoli fare una di quelle miscele, e incastonare fra una pagina e l’altra di diagnosi più o meno confusa e incoerente, una di quelle accuse che derivano ap­ punto dagli errori, dai pregiudizi, dalle antipatie a

cui prima accennavamo. . .

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10 luglio 1898 L’ E C O N O M I S T A 437

e le repressioni dell’oggi » nel quale si trova un po’ di tutto,especialmente qualche contraddizione,una certa confusione e uno di quei giudizi sulle cause dei di­ sordini, che in verità non possiamo non mettere nel mazzo con quegli altri che son frutto di malanimo, di rancori politici, di pregiudizi e via dicendo. Fin che si tratta di un giornale crispinofilo, che per li­ berarsi dalla fatica di studiare i fatti e di indagarne le cause, scaglia contumelie all’on. Rudinì, come se le contumelie potessero essere gabellate per buone ra­ gioni, la cosa può passare senza commenti; d’ al­ tronde in tal caso è inutile discutere. Ma quando è un uomo d’ ingegno, per quanto talvolta troppo fa­ cile ad abbandonarsi a idee preconcette e a giuocare d’ audacia nel difendere la propria tesi, quando di­ ciamo è uno scrittore conosciuto come Francesco S. Nitti e una rivista stimata come la Riforma Sociale, la cosa cambia aspetto e vale la pena di fermarcisi. Orbene, il Nitti non scopre a dir vero nulla di nuovo, perchè è ormai stato detto e ripetuto a sazietà che in Italia il malcontento è generale, che da noi tutto si aspetta dallo Stato, che manca un ideale re­ ligioso, ecc. eec.; egli ha trovato però che « è stata la politica illusionista che ci ha condotti fino ai tu­ multi sanguinosi del maggio, di cui la responsabi­ lità non ultima cade suil’on. Luzzatti e sulla sua politica di illusionismo ». L’accusa è grave ; è oppor­ tuno quindi vedere com’egli la spiega.

« Il ministro del tesoro, continua il Nitti, ha fatto credere per due anni al paese tutto il contrario della verità. Quando egli si valeva del debito e si avvan­ taggiava dell’opera dei suoi predecessori ed era non­ dimeno costretto ad accrescere le imposte vecchie e a ricorrere a tributi nuovi, annunziava non solo il pareggio, ma il supero, che destinava a costituire un fondo di sgravio per i piccoli contribuenti. In quel tempo l’on. Luzzatti faceva la corte all’ Estrema Si nistra e per necessità parlamentare si sarebbe di­ chiarato volontieri comunista.... Sparsa nel paese la convinzione che il bilancio era in supero, appariva assurdo incrudire gli oneri sui contribuenti già tanto gravati. Si manifestò quindi 1’ agitazione in alcune classi di contribuenti, coloro che erano colpiti dalla ricchezza mobile e dall’ imposta sui fabbricati ; più tardi l’ agitazione si diffuse in classi più numerose (quali e quando?). Avendo un supero in bilancio, l’on. Luzzatti si ostinava a non ridurre il dazio sul grano in un anno cosi eccezionale e cosi terribile; lo riduceva più tardi a 5 lire per quintale e si osti­ nava a negare qualsiasi altra riduzione e persino a mutare il regime delle farine, si come proponeva lo on. Salandra. Per un paese che ha il bilancio in su­ pero sembrava perfidia e stoltezza una simile po­ litica.

« L’agitazione per il prezzo del pane è stata esa­ cerbata dalla convinzione che il governo non volesse far nulla, quando il bilancio era in fiorenti condi­ zioni. In realtà non fioriva che la fantasia del mi­ nistro del tesoro e supero non v’era se non nella mente dell’on. Luzzatti, di cui, come dicono le ri­ viste finanziarie più autorevoli, mirabili sono i pro­ dotti della fantasia e scarsi quelli del calcolo e della ragione. Ma l’aver ingannato il Parlamento e il pub­ blico, non è stato senza conseguenze dolorose; e si è dovuto spendere assai più nella repressione di quel che non sì sarebbe speso per modificare o elidere al­ cuni più stridenti contrasti».

I lettori possono giudicare da se medesimi quanto fondamento abbia 1’ accusa. Noi osserveremo che il Nitti dimostra di avere idee poco esatte sulla poli­ tica finanziaria dell’ on. Luzzatti, e sulla relazione che vi può essere tra questa e i fai ti dolorosi che sono avvenuti in maggio. Che le condizioni del bilancio, quando 1’ on. Luzzatti fece l’ anno scorso la sua espo­ sizione finanziaria, fossero relativamente soddisfacenti, nessuno ha mai pensato di metterlo in dubbio. A

chi ne spetti il merito, e a quali cause tal fatto debbasi attribuire, non è il caso di ricercare in que­ sto momento e d’ altronde la questione è differente. Ora il Luzzatti proponendo di costituire un fondo di sgravio seguiva quel medesimo concetto che, a parte le modalità, fu più volte applicato in Inghil­ terra in questo secolo e che ha permesso di compiere parziali riforme tributarie assai benefiche. A che fine doveva essere impiegato quel fondo? A ll’ aboli­ zione delle quote minime nelle imposte dirette. Eb­ bene se c ’ è riforma invocata da anni ed anni è ap- dunto quella, sopratutto per la imposta sui terreni. E ancora ieri i giornali rendevano conto delle ven­ dite all’ asta di beni immobili per mancato paga­ mento di poche lire di tributo. Dopo ciò l’ accusa che muove il Nitti all’ ex ministro del Tesoro è as­ surda. Non è vero che il Luzzatti abbia « fatto cre­ dere per due anni al paese tutto il contrario della verità. » Se il Nitti vorrà darsi la pena di studiare i documenti finanziari, od anche solo di leggere l’ultima relazione dell’on Rubini, se ne persuaderà. Il concetto di formare un fondo di sgravio era giu­ sto. Che fosse combattuto da coloro che erano mossi da opposizione politica si capisce; si comprende anche che lo combattessero tutti coloro che avver­ sano le riforme tributarie, che paventano una finanza meno inumana e iniqua dell’ attuale, perchè con essa vedono spuntare sull’ orizzonte la minaccia di dover assolvere integralmente il debito che hanno verso lo Stato e che ora pagano soltanto in parte; si può am­ mettere che lo avversassero i paurosi d’ogni riforma, ma che il Nitti e la sua Riforma Sociale si dimostrino contrari a ciò, è quello che si stenta a capire, per­ chè riesce poco chiaro.

Ma egli ci ripeterà che il Luzzatti ha suscitate le agitazioni di alcune classi di contribuenti, Ebbene il Nitti dovrebbe sapere che le agitazioni per la im­ posta di ricchezza mobile sono antiche; sfogli la col­ lezione delV Economista e se ne persuaderà ; quanto a quelle dei proprietari di case egli non dovrebbe ignorare che la imposta sui fabbricati ha avuto un incremento notevole nel suo gettito, proprio nel pe­ riodo della liquidazione della crisi edilizia e che la legislazione attuale è realmente poco equa verso i proprietari. L’ agitazione fu certo sproporzionata ai difetti ai quali devesi rimediare, ma si sa bene che in Italia si fa presto a esagerare e che è assai dif­ ficile che il fisco ceda, anche se ha torto, di fronte alle domande dei contribuenti ; tanto più quindi essi sono portati a gridare per poco che la ragione stia dalla loro parte.

Volete forse imputare al Luzzatti, che presentava il suo programma il 1° dicembre 1897 la colpa di non aver preveduto ciò che avvenne poi pel rincaro del pane ? E sia pure, ma questo errore nel quale è caduto il ministro non ha che vedere con la politica degli sgravi eh’ egli propugnava otto mesi or sono e con la situazione del bilancio quale egli la presen­ tava dopo che era trascoi’so quasi un semestre del l’ esercizio finanziario.

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V

E C O N O M I S T A 10 luglio 1898

egli accennò a voler fare una finanza che fu detta ri­ voluzionaria. solo perchè avrebbe dovuto essere meno ingiusta e anti economica di quella dell’ on. Sonnino e d’ altri suoi predecessori, noi lo abbiamo approvato e gli abbiamo dato il consiglio di non spaventarsi delle qualifiche che gli avversari avrebbero dato ai suoi progetti, ma' di andare avanti sulla strada per la quale si era messo. Gli avvenimenti non hanno permesso che quelle idee venissero da lui applicate; forse i suoi successori tenteranno di tradurne in atto j qualcuna e allora vedremo i denigratori dell’ onore­ vole Luzzatti plaudire a coloro che in fondo ne ap­ plicheranno i concetti. Sarà uno dei soliti spettacoli offerti dalle vicende politiche. Comunque sia, noi diciamo al Nitti: il vostro giudizio non è sereno, nè giusto; esaminate i fatti senza preconcetti e vedrete j che siete caduto in errore attribuendo all’ onorevole j Luzzatti una responsabilità che non gli spetta.

LO SVILUPPO DELLA NAVIGAZIONE I GERMANIA

Non meno importante dello sviluppo del commercio è quello della navigazione marittima germanica, e il L é vy nel citato articolo lo matte pienamente in luce. Il numero delle navi che nel 1873 entrarono e uscirono dai porti tedeschi fu di 94,700 col ton­ nellaggio di 12 milioni di tonnellate, nel 1893 erano invece 133,800 con 30 milioni di tonnellate. In questo totale il numero dei vapori è aumentato di 286 per cento, quello dei velieri è diminuito di 13 per cento. Il tonnellaggio dei vapori 6 più che tr i­ plicato; i velieri non rappresentano più in numero che la metà della totalità dello navi e il settimo come tonnellaggio. Tre quinti della navigazione sono effet­ tuati nel Mare del Nord e due quinti nel Baltico. Il cabotaggio era fatto nel 1893 da 81,000 navi aventi un tonnellaggio di 6 m ilioni di tonnellate, ossia T aumento era, rispetto al 1873, di 84 per cento in numero, e di 233 per cento in capacità; sull’ in ­ sieme della navigazione il cabotaggio rappresentava nel 1 8 95: 61 per cento della quantità di navi, 21 per cento del tonnellaggio.

Il tonnellaggio delle navi entrate nei porti tedeschi si repartiva come segue:

Milioni di tonnellate Proporzionedella tedeschi stranieri Totale band, tedesca

1860. . . . 1.7 2 3.7 47

1870. . . . 2.7 3.5 6 . 2 43

1880. . . . 2 .6 4 6 . 6 39

1895. . . . 16 14 30 53

Il tonnellaggio delle navi tedesche ha, dunque, sorpassato quello delle navi estere: 16 milioni contro 14, e 97,000 navi contro 36,000. Lo sviluppo della navigazione tedesca a vapore è stato proporzional­ mente più rapido ancora, essa rappresenta oggidì : 70 per cento in numero e 51 per cento in tonnel­ laggio della totalità. La navigazione inglese, la più seria delle concorrenti, ha indietreggiato: essa non j conta più che per 22 per cento del totale nei porti tedeschi del Mare del Nord e 19 per cento in quelli del Baltico, mentre ne! 1871 essa figurava per 39 e 22 per cento.

Nel 1842 la flotta commerciale tedesca com­ prendeva 8200 navi aventi 551,000 tonnellate di stazza. Nel 1897 non vi son più che 3700 navi, ma

hanno 1,650,000 m ilioni di stazza e le costruzioni in corso faranno presto avvicinare quella cifra a 2 mi­ lioni. Dal 1872 in poi il numero dei vapori è più che sestuplicato e il tonnellaggio più che decuplicato. E ancora queste cifre non danno da sole una idea completa dei progressi compiuti: i miglioramenti recati alla costruzione hanno insieme aumentata la velocità e permesso una migliore utilizzazione dello spazio. La capacità media delle navi è raddoppiata; la flotta commerciate tedesca al 1° gennaio di questo anno rappresenta una potenzialità di trasporto di circa 4 milioni di tonnellate, otto volte ciò che era nel 1842. Amburgo che, nel 1871, armava 37 va­ pori con 48,000 tonnellate lorde di registro, ne arma, nel 1897, 377 con 765,000 tonnellate.

Trasformazioni considerevoli, nello armamento, hanno avuto luogo in Germania come in Francia ed in Inghilterra, per lo stabilimento di linee di comunicazione rapida con i paesi d’ oltre mare. La prima linea americana fu organizzata ad Amburgo nel 1847 dalla Compagnia di vapori amburghese­ americana, avente il capitale di 465,000 m archi; nel 1858 fu fondato a Brema il Lloyd della Germania del Nord che entra tosto in iscena con delle navi a vapore. Nel volume che essa ha pubblicato nel 1897 in occasione del 5 0 mo anniversario della sua fon­ dazione, la compagnia dei vapori Amburgo-America (Hamburg-amerikanische Packelfahrt Aktien Ge- sellschaft), rammenta che le prime navi a vela che facevano nel 1847 la traversata fra Amburgo e la America del Nord erano molto più prossime alle caravelle di Cristoforo Colombo che ai mostri ma­ rin i che oggidì hanno meritato il nome di levrieri dell'Oceano e che vanno in sei giorni da Amburgo a Nuova Y o rk. L ’ ultimo varato misura 195 metri di lunghezza, ha macchine della forza di 30,000 cavalli e fila 22 nodi all’ ora, cioè 40 chilometri, velocità media di un treno ferroviario. Il capitale è centuplicato : esso è ora di 50 milioni di marchi e il numero dei passeggieri è sei volte centuplicalo raggiungo quasi il cento mille. La linea trasporta 1,500,000 metri cubi di merci. La flotta comprende 60 vapori, di cui uno è il maggiore che si conosca.

I due velieri della Compagnia portarono, il primo anno, 168 passeggieri dall’ Europa in America e v i­ ceversa. È interessante ricordare che i suoi primi vapori la Borussia e la Hammonia furono noleg­ giati dalla Francia e dall’ Inghilterra nel 1835 e aiutarono a sbarcare nel Mar Nero le troppe alleate; oggi un trattato mette a disposizione del Governo tedesco, pel caso di guerra, una parte dei vapori. Il movimento emigratorio dei tedeschi verso gli Stati Uniti divenne così forte intorno al 1860 che la Compagnia dovette noleggiare dei vapori, non bastandole i suoi pei trasporti, ma il nolo di ritorno mancava. I viaggi più rapidi di questo periodo fu; rono effettuati in 26 giorni nell’ andare e 19 giorni al ritorno. Nel 1865 la flotta della Compagnia com- ponevasi di 8 vapori. I velieri furono venduti e per utilizzare i vapori d’ un modello antico, una linea, la Nuova Orlèans-Avana, fu tosto inaugurata. A partire dal 1871 una terza linea fa il servizio delle Indie Occidentali con la Trinità per centro. E nel 1872 che la Compagnia dà l’ordinazione, per la prima volta, di due navi a vapore in Germania.

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più critiche situazioni, ma dal 1875 rinunciano a farsi la guerra ; la Packetfahrt assorbe la Transatlan­ tica riscattandone la sua flotta. Tuttavia la prospe­ rità non tornò tanto presto. L ’esercizio del 1876 si chiuse con un disavanzo di 3 m ilioni e mezzo di marchi. Nel 1877 si ridusse il capitale da 22 mi­ lioni e mezzo a 15 m ilioni. Nel 1878 ritornò l’ era dei dividendi; fu distribuito il 7 per cento, poi il

6 1/2 nel 1879, il 10 per cento nel 1880, il 12 per cento nel 1881. In quest’ anno la Compagnia comincia la costruzione di navi più rapide e au­ menta la sua flotta in modo da avere due partenze la settimana per N e w -Y o rk lu n a diretta, l’altra con scalo all’Havre. Nel 1884 le navi della Compagnia percorsero più di 1 milione di miglia marine ; ma la concorrenza tra le varie linee era accanita. Nel 1886 un accordo fu concluso con la linea tedesca della Unione, dopo di che nuove navi a corsa an­ cora più rapida furono ordinate. Nel 1888 il capi­ tale venne portato a 30 m ilioni di marchi ; i 37 vapori della Compagnia stazzavano 106,000 tonti. A partire dal 1895 le navi fanno scalo alla partenza a Southampton e Cherbourg e al ritorno a Plymouth e a Cherbourg.

Oggidì la Hamburg-Amerikanische Packetfahrt Gesellschaft è la prima società di navigazione del mondo; al suo tonnellaggio totale di 336,889 tonn. la più potente Compagnia inglese, la Peninsular Orientai, non può contrapporne che 286,734 e la principale compagnia francese, quella delle Messa- geries maritimes 246,986, ossia circa i due terzi. Essa non cessa di sviluppare il suo traffico, pensa ad assorbire altre imprese, come la compagnia che fa il servizio della linea di Kingsin, conclude per 15 anni un accordo col Norddeutscher Lloyd, allo scopo di dividere con lei la sovvenzione governativa ed incaricarsi del servizio postale nell’ Estremo Oriente.

Dal 1836 il tonnellaggio della flotta amburghese è aumentato del 2544 per cento; dal 1861 del 425 per cento. Quello della flotta di Brema è aumentato negli stessi periodi di 1623 e 253 per cento. L ’ in ­ sieme rappresenta il valore di un mezzo miliardo di marchi, che in seguito ad ammortamenti operati fi­ gurano nei lib ri per circa 400 milioni. Lo sviluppo delle costruzioni navali non è stato meno notevole di quello della flotta. Oltre i suoi dochs e cantieri di Stato, la Germania ha ad Elbing, Danzica, Stet­ tino, Eie!, Flensburgo, Amburgo e Brema degli sta­ bilimenti che possono rivaleggiare con quelli più perfezionati. Esistono 8 cantieri sul basso Weser, 7 ad Amburgo, 1 a Einden, 1 a Flensburgo, 3 a Stellino, 4 a Danzica, ecc.

La pesca è una parte importante della naviga­ zione. Essa fornisce mezzi considerevoli all'alim en­ tazione nazionale, ed è pure un vivaio di marinai. Nel 1870 la gran pesca non esisteva in Germania. AH’ infuori delle coste, le popolazioni non conosce­ vano il pesce di mare se non come oggetto di lusso.. Nel 1872 comincio a svilupparsi la pesca a vela: nel 1885 fu costruito il primo battello da pesca a vapore tedesco. Nel 1886,377 battelli da pesca con­ tavano 1327 uomini di equipaggio. Nel 1897 ve ne sono 546 di cui 103 vapori, con 3271 uomini di equipaggio e 128,000 metri cubi di stazza. La pesca dell’ aringhe ha preso uno sviluppo notevole. Il valore di questa flotta ò di almeno 12 milioni di marchi; il prodotto lordo annuale ammonta a

10 m ilioni. Stabilimenti perfezionati nei porti hanno permesso di dare una migliore utilizzazione al pesce preso. Le strade ferrate mediante vagoni refrige­ ranti trasportano il pesce di mare all’interno del paese. Parallelamente a questo incremento del commer­ cio esterno e della navigazione le transazioni interne si sono sviluppate in modo egualmente rapido. Il Blondel nello studio già da noi ricordato ') nota che la rete ferroviaria è più che raddoppiata dal 1870 in poi e si eleva oggidì a 48,000 chilom.; quella dei ca­ nali e dei fiumi navigabili non ha meno di 28,000 chilometri. La batelleria fluviale conta 23,000 ba- telli, sul Reno circola una flotta a vapore ed a vela che trasporta in un anno più di 30 milioni di ton­ nellate di merci. L ’ Elba, il cui tirante d’ acqua è debole, è stata resa navigabile sopra tutto il suo per­ corso di 720 chilom. col mezzo di una catena di tonneggio. A l suo sbocco il tonnellaggio è di IO m i­ lioni e sul numero di batelli che entrano in Am ­ burgo 16,000 l’ anno arrivano dall’ interno mercè il complesso delle vie navigabili, di cui l ’ imperatore Guglielmo diceva alla inaugurazione del eanale di Kiel che è da esse che dipende l’avvenire del paese.

In pari tempo che il commercio esterno si svol­ geva nel modo che si è veduto, il commercio interno subiva profonde modificazioni. Gli affari su merci si concentravano in passato nelle fiere, quali quelle di Lipsia, di Francoforte sull’Oder, frequentate da nu­ merosi trafficanti nazionali ed esteri, i mercanti vi si rifornivano per parecchi mesi di stocks ch’essi smerciavano in seguito nel paese coll’ intermediario dei commessi viaggiatori e mediante lunghe more ai loro compratori. Oggidì la tendenza delle grandi case è di. sopprimere gli intermediari, di non ric o r­ rere più ai commessi viaggiatori e di vendere a m iglior mercato, ma esigendo dalla clientela il pa­ gamento più sollecito. Esse giungono con questo si­ stema a realizzare in capo all’ anno utili considere­ voli, perchè lo stesso capitale ò utilizzalo un maggior numero di volte.

La Germania, adunque, anche in questo campo presenta i medesimi fenomeni di progressivo svol­ gimento delle sue energie. Ma la politica perseve­ rante di espansione commerciale I’ ha condotta an­ che a cercare di avere degli stabilimenti coloniali, e sebbene in questa sfera di attività il successo non sia stato finora così splendido come altrove, sarà utile gettare uno sguardo anche sull’ attività colo­ nizzatrice della Germania uegli u ltim i anni.

Rivista Economica

Impianto di granai nazionali in Inghilterra.Un

nuovo gaz concorrente dell' acetilene.Il concorso

dell’Italia alla esposizione di Parigi del 1900.

Impianto dì granai nazionali in Inghilterra. —

La questione dell’ alimentazione delle popolazioni del Regno Unito in caso di guerra è da parecchio tempo l’ oggetto di preoccupazioni e di studio per i pubblici poteri.

Vari mezzi sono stati suggeriti dagli economisti in vista di mettere i l paese in grado di vivere,

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rendo, sulle proprie risorse per qualche tempo. Tra questi mezzi figura specialmente un progetto d’ im ­ pianto di granai nazionali, ch’ è stato sottoposto al­ l ’esame di un Confutato d’ iniziativa privata emanante dal Parlamento e dalle Camere di agricoltura.

Questo Comitato composto di 12 persone, tra le quali un membro della Camera dei Lordi e quattro della Camera dei Comuni, è stato nominato con l’ in­ carico di vedere in quale misura e in qual modo rim p ia n to di granai nazionali influirebbe sugl’ inte­ ressi dei coltivatori inglesi.

Ora il Comitato, dopo aver tenuto quindici sedute ed aver ricevuto numerose deposizioni, ha presentato la sua relazione sulla importante questione.

I l rialzo sui prezzi del grano, che in Inghilterra come altrove è il risultato combinato dalla guerra attuale e dei raccolti deficienti dell’ anno scorso dà al lavoro del Comitato inglese un interesse particolare che ci persuada a darne breve cenno.

Per mostrare in quanto larga misura il Regno Unito dipenda dall’ estero per l’elemento principale della sua alimentazione, nella detta relazione sono esposti questi dati rappresentanti la produzione nazionale dei cereali e la quantità importata dall’estero annualmente, in tre diverse epoche nell’ ultimo mezzo secolo:

anni produz. inglese importai. consumo (quarters)

1854-55 17,563,000 2,983,000 20,546,000 1874-75 12,900,000 11,700,000 24,600,000 1895-96 4,800,000 23,300,000 28,100,000 Si scorge da queste cifre che nel primo periodo 1*86 ° /0 del grano consumato nel Regno Unito era di produzione indigena, mentre quarant’anni più tardi la proporzione non era più che del 16 % .

Sebbene il rialzo dei prezzi abbia condotto l’ anno scorso ad un aumento della superficie coltivata a grano, tuttavia si può dire che attualmente l’ Inghil­ terra chiede all’estero i quattro quinti del suo pane. Il Comitato stima che lo stock a mani dei colti­ vatori e quello del commercio, dei rnolini e dei pa- nattieri non assicura mai al paese più di 14 settimane di sussistenza. D’altra parte, la necessità nella quale si trovano i coltivatori di realizzare prontamente dopo il raccolto, conduce a riflettere che ogni anno du­ rante sei mesi a datare dalla fine di marzo, la quan­ tità di grano e di farine esistente in Inghilterra per­ metterebbe appena di soddisfare ai bisogni del paese durante sei settimane.

Il Comitato ha approvato in massima il progetto d’ impianto dei granai nazionali. Secondo questo pro­ getto si acquisterebbero otto mi boni di quarters di grano e questa provvista sarebbe ripartita in un periodo di 3 anni. Non si toccherebbe mai questa riserva in tempo di pace se non in quanto lo rendesse neces­ sario l’ eventuale deterioramento del grano.

Severi regolamenti dovrebbero disciplinare le ven­ dite e gli acquisti, che sarebbero frequenti e frazio­ nati in piccole quantità per non in flu ire sui prezzi del mercato. Si calcola che un terzo della quantità totale sarebbe così rimpiazzata ogni anno.

È probabile che fino a quando i granai non siano riem piti, vi sarebbe un leggero aumento dei prezzi del grano, ma, compiuta una volta l’ operazione, il mercato non sarebbe più influenzalo nè in un senso nè nell’ altro.

Si valuta che la esecuzione di questo progetto r i­ chiederebbe un capitale di 17 m ilioni di lire sterline

e una spesa annuale di 490,213 Ls. qualora si fa­ cesse entrare in linea di conto l’entrate provenienti dalle riserve dei coltivatori e la emissione dei Con­ solidati a 2 ° / , e di 912,986 lire sterline se fossero emessi a 2 l f 2 o se non v i fossero affatto entrate provenienti dalle riserve dei coltivatori.

Il Comitato, che non ha come si è detto un carat­ tere officiale, ha chiesto al Governo di nominare una Commissione reale che comprenderebbe dei rappre­ sentanti dell’ agricoltura, del commercio granario, della marina mercantile, e dell’ armata di terra e di mare, il quale dovrebb’ essere incaricato di fare una in ­ chiesta a fondo sulla questione dell’ alimentazione na­ zionale in caso di guerra.

Un nuovo gaz concorrente dell’ acetilene.

Se le notizie che se ne hanno venissero realmente confermate, l’ acetilene avrebbe tra breve un rivale nella carbolite, per la cui produzione sono special- mente adattate le scorie degli alti forni. Secondo ]’ Iron Age, a tale scopo si sta attualmente facendo un impianto a Hammond, Indiana, vicino a’ Chicago. L ’ inventore del processo è un chimico di Chicago, che si munì di privativa industriale per utilizzare appunto i residui degli alti forni nella fabbricazione della carbolite, da cui si produce etilene, che ha le stesse caratteristiche dell’ acetilene. La carbolite è una combinazione di carburo, calcio, alluminio e s i­ licio, per la cui produzione, le scorie degli alti forni sono specialmente adattate. 11 metodo di pro­ duzione sarebbe il seguente :

Le scorie sono quasi fluide come 1’ acqua e per mezzo di recipienti mossi da forza idraulica vengono passate in convertitori simili a quelli usati per la fabbricazione dell’ acciaio Bessemer. Le tubazioni sono disposte in modo, da permettere al coke p o l­ verizzato finamente, di arrivare al convertitore e di mischiarsi con la massa fusa, finché questa non ne sia impregnata. Quando il miscuglio è completo, il convertitore è capovolto sul suo albero, onde per­ mettere alla massa di scorrere fra una serie di barre o elèttrodi di carbone, che servono ad introdurre una potente corrente elettrica. Il coke è un’ eccel­ lente conduttore dell’ elettricità, laddove le scorie offrono una grande resistenza. Il risultato è, che le particelle di scoria in contatto con le particelle di coke formano innumerevoli archi elettrici, produ­ cendo così un’ intensissimo calore entro il miscuglio. In venti m inuti circa la massa diventa surriscaldata in maniera che le scorie vengono fuse o carburate con il coke; ed in tal modo il prodotto è finito, essendo poi versato entro apposite forme.

Raffreddato, è di struttura cristallina, con riflessi metallici, e pesa circa il doppio del carbone. Può essere conservato indefinitamente e trasportato senza difficoltà. Protetto, mediante casse di latta rivestite di legno, dall’ umidità e dell’ acqua, può essere te­ nuto "come un articolo comune di merce, e venduto al consumatore con minore difficoltà del petrolio. Ogni libbra di carbolite produce 5 piedi cubi di gaz. Ogni piede cubico ha il potere illuminante di lo piedi di gaz ordinario.

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D’ altra parte, se si potranno così utilizzare le scorie, il costo di produzione del ferro potrà essere diminuito considerevolmente.

Il concorso dell’ Italia alla esposizione di Pa­ rigi del 1900. — Ecco un riassunto della rela­

zione della Commissione che esaminò il progetto di legge per la partecipazione dell’ Italia a ll’ Esposizione di Parigi del 1900, testé approvato dalla Camera.

Della Commissione, composta degli onorevoli Cu- rioni, Ottavi, Farinet, Piovene, Lucifero, Borsarelli Rizzo, Carmine, e Rizzetti fu relatore quest’ ultimo.

La relazione dell’ on. Rizzetti è lavoro assai pre­ gevole, che dà notizie precise anche sugli ordina­ menti che avrà la Mostra e su tutto ciò che può interessare i commercianti e industriali italiani.

Importante è il seguente brano che indica la data, i mezzi e il riparto dell’ Esposizione:

La data dell’ Esposizione venne fissata dal Go­ verno francese dal 1S aprile al 4 novembre 1900, ed alle somme occorrenti alla spesa della Mostra si è provveduto dal Governo stesso con uno stan­ ziamento di concorso dello Stato, e mediante le convenzioni fatte colla città di Parigi e con alcuni Istituti di credito, costituendo così una somma com­ plessiva di 100 milioni, quale somma si ritiene sarà sufficiente alla spesa accennata.

Contrariamente a quanto si è praticato quasi sem­ pre nelle grandi Mostre internaz'onali, non vi sa­ ranno alla Mostra di Parigi le Sezioni separate per ca­ duca nazione, ma bensì la medesima sarà disposta in 120 classi, e per ognuna di esse verranno costruiti ap­ positi edifizi nei quali i prodotti di tutte le nazioni, ap­ partenenti alla stessa classe, verranno esposti insieme. Le 120 classi saranno comprese in 18 gruppi in cui verranno rip a rtiti gli oggetti esposti, e come dalla seguente tabella: Gruppo

ì

— Educazione ed inse­ gnamento (classi 1 a 6) Gruppo l i — Opere d’ arie (classi 7 a 10). Gruppo I I I — strumenti e processi generali delle lettere, delle scienze delle arti (classi da 11 a 18). Gruppo IV — Materiale e processi ge­ nerali della meccanica (classi da 19 a 22). Gruppo V — Elettricità (classi da 23 a 27). Gruppo V I — Genio civile, Mezzi di trasporto (classi da 28 a 34) Gruppo V II — Agricoltura (classi da 33 a 42) Gruppo V i l i — Orticoltura (classi da 43 a 48) Gruppo IX — Foreste, caccia, pesca, prodotti della terra ottenuti senza coltivazione (classi da 49 a 54) Gruppo X — Alim enti (classi da 55 a 61) Gruppo X I — Miniere Metallurgia (classi da 62 a 64) Gruppo X II — Decorazione e mobilia degli edifizi pubblici e delle abitazioni (classi da 65 a 74) Gruppo X I I I — F ila ti, tessuti e vestiti (classi da 75 a 85) Gruppo X IV — Industria chimica (classi da 86 a 90) Gruppo X V — Industrie diverse (classi da 91 a 99) Gruppo X V I — Economia sociale, Igiene ed assistenza pubblica (classi da 100 a 111) Gruppo X V II —- Colonizzazione (classi da 112 a 114) Gruppo X V I II — Armate di terra e di mare (classi da 114 a 120.

« Dapprima era stata stabilita una riserva per con­ cessione speciale di area e quelle nazioni che aves; sero desiderato di avere una sezione propria con apposito edifizio, ed a tale scopo era riservato uno spazio nel recinto della Mostra a disposizione di quegli Stati che, a loro spese avessero voluto costituirsi un edifizio separato, ma a seguito di posteriori delibe­ razioni tale riserva venne abolita, onde l’ Esposizione rimarrà disposta col sistema sopraccennato ed inva­ riabilmente per tutte le Nazioni ».

Lavoro preliminare preparatorio del Governo e fissazione dello spazio.

Forniti i brevi dati che precedono, circa alle norme generali che regoleranno la Mostra, è compito della vostra Commissione il ragguagliarvi sul lavoro di preparazione che già ha eseguito il nostro Governo per la partecipazione dell’ Italia alla Mostra medesima.

Anzitutto esso ha incaricala la Regia Ambasciata di Parigi, la quale in questo stadio preparatorio servì d’ intermediaria fra il Governo ed il Commissariato francese, affinchè avanzasse domanda per l’area oc­ corrente per la Mostra dei prodotti italiani. Gli studii compiuti per stabilire approssimativamente lo spazio che occorrerà all’ Italia, condussero a far chiedere al Governo francese un’area di 11 mila metri quadrati. Non sarà inutile qui il ricordare come nelle pre­ cedenti Esposizioni internazionali tenutesi a Parigi negli anni 1878 e 1889 l’ Italia sia stata ad esse rappresentata nel seguente modo:

A ll’ Esposizione del 1878 l’ Italia ha partecipato ufficialmente ed il numero degli espositori si elevò a 2010 occupando uno spazio di circa metri qua­ drali 8000: mentrechè alla Mostra del 1889, essa non partecipò in forma ufficiale, ma per opera di un Comitato instituitosi a Parigi, il quale era emanazione di un Comitato formatosi a Roma vi ha pure presa una modesta parte ed il numero degli espositori fu di 706, occupanti in complesso lo spazio di metri quadrati 5200, diviso in sei distinti riparti.

Per l’ Esposizione del 1900 il Governo pensò che potesse occorrere all’ Italia uno spazio complessivo non minore del doppio di quello già colà occupato nelle precedenti Mostre, epperciò stabilì di chiedere all’ uopo un’ area di 11 mila metri quadrali.

IL PROGETTO SOL MONOPOLIO DEI FIAMMIFERI

Quantunque sia caduto il Ministero che, nella se­ duta parlamentare del 16 giugno, aveva presentato la relazione sul progetto monopolio dei fiammiferi, pur nullameno, essendo probabile che tale idea venga ripresa dai suoi successori, crediamo utile riassumere questo progetto.

La relazione comincia accennando alle diverse pro­ poste che già si fecero, in proposito, nel 1889,1890, 1892 e 1894.

Osserva poi come, coll’ esercizio della privativa, si restringerebbe la produzione in alcuni opifizi de­ terminati, nei quali l ’ industria andrebbe certamente a svolgersi più razionalmente che ora non avvenga, con vantaggio della stessa produzione e dell' igiene degli operai.

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L’ E C O N O M I S T A 10 luglio 1898 442

assolata libertà deli’ industria a quella della privativa. Ora il progetto di Convenzione si raccomanda: 1° Per il maggior reddito immediato e notevole che offre all’ Erario in confronto di quello ottenuto dall’attuale reggimento;

2° Pei reali vantaggi sugli altri progetti e forme di monopolio;

5° Perchè accresce efficacemente la potenza eco­ nomica dell’ industria.

Proseguendo, la relazione ministeriale osserva come il reddito della tassa sui fiammiferi non su­ però mai di molto i 7 m ilioni, ed il consumo d iffi­ cilmente potrà aumentare d’ assai, cosicché i dieci milioni offerti dal monopolio non verrebbero proba­ bilmente mai raggiunti coll’ attuale regime.

Il nuovo progetto non aggrava il contribuente più di quanto prema sul consumo l’ attuale tassa gover­ nativa.

La Società Italiana intende provvedere all’ avve­ nire degli impiegali ed operai occupati nell’ industria durante il monopolio. Essa infatti su ll’ utile netto assegnerebbe la quota del 10 per cento a un fondo di previdenza a favore del personale tecnico ammi­ nistrativo e degli operai della Società.

La relazione dimostra poi come il sistema del mo­ nopolio privato riesca più vantaggioso che non il monopolio di Stato, anche perchè difficilmente po­ trebbe lo Stato provvedere all’importante commercio d’ esportazione. La Società concessionaria avrebbe la facoltà di fabbricare fiammiferi per il commercio coll’ estero in esenzione di lassa di fabbricazione e di esportazione. Rispetto al commercio interno, si provvederebbe con un numero sufficeute d’ astucci, scatole di varii tipi identificati con un contrassegno della Società a garanzia del contenuto e dei prezzi di vendita al minuto. Questi prezzi sarebbero fissati in base a quelli attualmente in corso.

La fabbricazione dei fiammiferi dovrebbe eseguirsi almeno in dodici opifici sparsi opportunamente nelle diverse regioni italiche.

Le fabbriche in attività nel giorno della presenta­ zione al Parlamento della Convenzione sarebbero espropriati per conto della Società alle seguenti con­ dizioni :

«) pagando ai proprietari il valore di stima per gli stabili, le macchine, gli attrezzi ed i m obili;

b) assumendo le scorte delle materie prime e dei fiammiferi al prezzo di costo della giornata;

c) accordando un’ indennità per la cessazione del— l’ industria in base alla produzione media annuale, e in ragione di lire 100 per ogni milione di fiam m i­ feri e fino a 100 milioni di produzione annuale, e di lire 80 per ogni milione di fiam m iferi, eccedente la detta produzione annuale.

La Società dovrebbe valersi del personale tecnico amministrativo e degli operai presentemente occupati nell’ industria; però avrebbe la facoltà di ridurre il personale e gli operai, senza nuocere al buon an­ damento dell’ industria, e con l’ obbligo di co rri­ spondere una indennità eguale allo stipendio di 6 mesi per gli impiegati tecnici amministrativi, e alla mercede corrispondente a ISO giorni di lavoro per gli operai.

La durata della concessione sarebbe di 20 anni, e durante la medesima il Governo riceverebbe il ca­ none annuo di 10 m ilioni di lire, e inoltre lire 280 ogni milione di fiammiferi estratti dalle fabbriche per il consumo interno in eccedenza di 36 m iliardi.

A l termine della concessione passerebbero in pro­ prietà dello Stato, senza alcun compenso alla So­ cietà, tutti i fabbricati che si troveranno in uso per l’ esercizio dell’ industria con (le dotazioni di mac­ chine, attrezzi, e mobili.

La riorganizzazione del mercato finanziario francese

Il 30 giugno il Journal officiel, ha pubblicato tre decreti e la modificazione del regolamento partico­ lare" degli agenti di cambio di Parigi reso necessaria dall’ entrata in vigore dell’ art. 14 della legge finan­ ziaria del 13 agosto 1898 conosciuta sotto il nome di emendamento Fleury-Ravarin.

Il primo di questi decreti modifica gli articoli 17, 55 e 56 del decreto del 7 ottobre 1890 in ciò che riguarda l’ elezione della Camera sindacale degli agenti di cambio e il regolamento della responsabi­ lità collettiva di questi agenti.

il secondo decreto crea 10 nuovi agenti di cambio presso la Borsa di Pargi, in conformità alle promesse fatte a! Parlamento.

Il terzo decreto determina le tariffe di mediazione da percepirsi dagli agenti di cambio di Parigi secondo i voti più volte espressi dal pubblico.

Le modificazioni recate al regolamento particolare degli agenti cambio sono le conseguenze dei tre de­ creti promulgati.

Con questi decreti è stata così risoluta la famosa questione della riorganizzazione del mercato finan­ ziario francese a proposito della quale si è tanto d i­ scusso. I giornali francesi non nascondono che po­ trebbe essere stata più perfetta, e avrebbe potuto esserlo seia passione recata dagli avversari della riforma non l’ avesse deviato dal suo scopo principale, tuttavia è opinione generale che tal quale esso è risponda bene alle preoccupazioni dei legislatori che l’ hanno votata.

In sostanza questa legge lascia all’ intermediario di borsa il suo carattere officiale ministeriale inca­ ricato di avvicinare l’ offerta alla domanda, e di registrare imparzialmente i corsi quotati, essa da al pubblico la certezza che allorquando avrà dei va­ lori da vendere o da comprare sia al contante, sia a termine, l’ intermediario al quale egli si dirigerà, li rimetterà sicuramente il suo denaro o i suoi ti­ toli, e che all’ infuori delle mediazioni stabilite co­ nosciute anticipatamente eridotte all’ estremo limite, il suo mandatario non avrà un interesse diretto o indiretto a farli comprare più cari dei corsi reali, ovvero a venderli al di sotto di questi stessi corsi. Tale è il carattere della riorganizzazione del mercato finanziario alia quale M. Peytral ha dato il suo nome.

La situazione economica della provincia di Teramo nel 1897

La Camera di Commercio di Teramo ha pubbli­ cato la sua relazione sulle condizioni economiche della provincia durante il 1897.

Cominciando dal movimento industriale troviamo che nulla d’ importante vi è da rife rire intorno al­ l ’andamento delle scarse industrie della provincia.

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