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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.25 (1898) n.1252, 1 maggio

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI P R IV A TI

Anno XXV - Voi. XXIX

Domenica T Maggio 1898

N. 1252

L’ AGGIO

Perchè l ’aggio sull’ oro ha toccato nei giorni scorsi l’otto per cento ed accenna a salire ancora di più, l’opinione pubblica si è giustamente allarmata e non sono mancati i periodici a mettere in ¡stato d’ accusa la solita speculazione cercando di farla credere sola causa di tale inasprimento.

A vero dire i giornali, ed anche quelli autorevoli, tra i quali con meraviglia annoveriamo la Gazzetta del Popolo di Torino e la Opinione di Roma, inti­ tolano i loro articoli dal cambio, con evidente con­ fusione tra i due fenomeni che, per quanto abbiano connessione tra loro, sono però diversi. Occorre ap­ pena far notare ai nostri lettori che il cambio è la differenza tra il valore nominale ed il valore reale della divisa estera in un paese e che può essere favorevole o sfavorevole ; cioè la differenza può essere al disopra o al disotto al valor nominale,; il cambio ha per limite il punto d’ oro, cioè il costo di spedizione all’ estero della moneta metallica oro e tale costo sta intorno a quarantacinque centesimi per cento lire. L ’aggio invece è il maggior prezzo che, al di là del punto d’oro e quindi dell’ estremo li­ mite superiore del cambio, acquista in un paese la moneta metallica oro per la scarsezza sua a para­ gone della richiesta.

Fino a che, quindi, 100 franchi valgono non più di L. 100,45, i 45 centesimi od altra somma m i­ nore rappresenta il cambio; al di là dei 45 cente­ simi comincia l’ aggio che è un fenomeno affatto diverso.

Infatti nel continuo crearsi di debiti e crediti de­ rivanti dal commercio internazionale e della nego­ ziazione di titoli pubblici e privati, vi sono momenti nei quali la divisa estera cioè gli chèques, le cam­ biali pagabili all’ estero sono abbondanti, ed allora il cambio può scendere al disotto della pari, il che vuol dire che 100 franchi si possono acquistare an­ che per meno di 400 lire; ovvero la divisa estera è scarsa, ed in questo caso può salire di prezzo fino a quel punto nel quale è meno costoso inviare al­ l’estero la effettiva moneta metallica.

Il cambio quindi nei lim iti del punto d’ oro è af­ fatto indipendente dallo stato della circolazione in­ terna di un paese.

Ma quando il punto d’oro è oltrepassato e la di­ visa estera viene pagata dieci o venti volte più di quello che non costerebbe mandare la effettiva mo­ neta metallica, vuol dire che nella circolazione del paese vi è scarsezza o mancanza della moneta

me-j tal fica e la divisa estera o l’oro vengono pagati con i un premio che si chiama aggio.

Se pertanto vediamo nei listini delle borse quo­ talo lo chèque su Parigi 4 06 per cento e la ster­ lina 27.50 e 100 marchi 432.70, vuol dire che la divisa estera o l’ oro sono così scarsi a paragone del b i­ sogno che con quel premio che si chiama aggio, si vogliono invogliare coloro che ne hanno i mezzi, a mettere in circolazione divise estere o monete d’oro per poter fare così i pagamenti nelle piazze francesi, germaniche, svizzere e inglesi.

Abbiamo richiamate queste nozioni di tecnica ban­ caria solo perchè una analisi del fatto non è possibile quando si faccia confusione tra il fatto che si vuol studiare ed altro, che può avere con esso analogia, ma che ha cause, condizioni e conseguenze molto

diverse.

Rimane pero sempre un doppio quesito che inte­ ressa il pubblico :

per quali cause l’ aggio che da qualche tempo era sceso fino al 5 per cento è salito improvvisa­ mente verso l’8 per cento;

quali previsioni si possono fare sulla misura d’aggio nel prossimo avvenire;

Per rispondere al primo quesito, altrimenti che non sia con vaghe congetture, bisognerebbe poter disporre di notizie che in gran parte non si sa­ prebbe come e dove trovare, in altra parte vengono fatte conoscere al pubblico troppo tardi perchè ser­ vano allo scopo.

Naturalmente la causa fondamentale dell’ inaspri­ mento dell’ aggio sta in una maggiore proporzione di debiti che non sia di crediti verso 1’ estero ; la ricerca quindi della divisa, che rappresenta i cre­ diti, affine di tacitare i debiti, si fa più viva, quella che si trova in circolazione viene disputata da co­ loro che ne hanno urgenza e così il prezzo del franco (cioè una lira pagabile a vista all’ estero) va a u ­ mentando.

Ora se esaminiamo la situazione, specialmente di questa ultima parte di aprile troviamo che da una parte il nostro debito verso l ’estero può essere au­ mentato per diverse cause commerciali straordinarie :

4.° l’ acquisto maggiore di grano, per affrettare la provvista prima che venisse ripristinato il dazio di L . 7.50 il quintale ;

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274 L’ E C O N O M I S T A I o maggio 1898

Nò vale il dire che tali acquisti straordinari di grano e di carbone non richiedono l ’ immediato pa­ gamento, anzi negli usi commerciali il pagamento vien fatto a scadenza di tre o quattro mesi; è troppo chiaro che chi firmando un contratto di acquisto si assumo di pagare in oro, ha interesse di assicurarsi subito i mezzi di pagamento e quindi quasi contem­ poraneamente all’ acquisto della merce si procura anche la divisa estera o la moneta necessaria per pagarla, rendendola così più scarsa sul mercato e contribuendo quindi a rincararla.

Sarebbe utile qui di presentare gli estratti delle statistiche commerciali della maggior importazione della merce, ma da una parte queste statistiche per i l mese di aprile non si avranno che alla fine di maggio, dall’altra non è detto che sempre la merce, specie il carbone, abbia la condizione di una imme­ diata consegna, mentre le grandi amministrazioni anticipano l’ acquisto della divisa che servirà più tardi ai pagamenti, perchè in questo modo si assi­ curano il prezzo fisso del denaro e non corrono l ’alea degli eventuali aumenti dell’aggio.

Oltre le cause commerciali che aumentano il de­ bito all’ estero vi sono anche quelle finanziarie che hanno un doppio aspetto esse pure e sono :

1. ° il movimento sul prezzo del consolidato ita­ liano, il quale è un titolo eminentemente interna­ zionale, perchè si quota e si negozia su tutte le borse d’ Europa in larga misura ed è quindi tra i primi che dà luogo a vendite ed a compre quando gli astronomi delle borse prevedono eventi che ne de­ terminino il ribasso ed il rialzo. Se questi avveni­ menti hanno carattere estrinseco, cioè non hanno la loro causa in condizioni speciali del credito pubblico italiano, ma la trovano in cause generali, è natu­ rale che il capitale italiano colga volentieri l ’ occa­ sione di acquistare relativamente a buon mercato il consolidato italiano, sperando di rivenderlo più caro al capitale straniero appena sieno cessate le cause estrinseche che ne hanno determinato il ribasso. Così attualmente appena, scoppiata la guerra tra la Spagna e gli Stati Uniti, i principali istituti e ban­ chieri europei hanno sentito il bisogno di realizzare una parte dei loro impieghi cioè di tener disponi­ bile una quantità maggiore di denaro per poter far fronte a qualsivoglia evenienza ; e tra i titoli che ordinariamente si realizzano il consolidato italiano è dei prim i; infatti lo abbiamo visto scendere in pochi giorni da 94 a 91 mentre i consolidati inglesi e francesi hanno avuto una perdita molto minore. È molto probabile quindi, e ì’ andamento delle borse 10 lascia credere, che il capitale italiano abbia fatto larghi acquisti di consolidato, creando così nuovi debiti verso l ’estero e perciò rendendo sempre più ricercata e scarsa la divisa estera.

2. ° Il movimento di ribasso di alcuni titoli indu­ striali può determinare pure l’ aumento del debito verso l’ estero eccitando l ’ acquisto di detti titoli da parte di coloro che sono interessati a non vederli deprezzare oltre una certa misura. Noi abbiamo all’ estero titoli ferroviari e bancari e anche qualche titolo di industrie speciali e la loro quotazione a prezzi correnti o di lieve ribasso può essere l ’effetto, e molte volte lo è, di acquisti, talvolta anche cospicui, che gli stabilimenti italiani interessati nei titoli stessi, vanno operando per impedire che l’offerta, determi­ nata dai realizzi per i timori conseguenti alla guerra 11 deprezzi.

Come ben si vede, queste sole tra le principali cause che analizziamo sono più che sufficienti a spie­ gare le cause probabili di un aumento dell’ aggio senza bisogno di ricorrere alla ipotesi della specu­ lazione.

Ma si potrebbero annoverare anche alcune tra le cause che determinano una minore quantità di crediti dell’ Italia verso l’ estero, come la minore esportazione di prodotti nazionali, e questo si potrà forse vedere se si sia verificato, quando saranno pub­ blicate le statistiche commerciali dell’aprile. Può an­ che il mercato estero, per gli stessi motivi per i quali detiene meno tenacemente i titoli di credito nazio­ nale, far anche acquisti dei titoli stessi in quan­ tità minore del solito e quindi rimanere meno del solito debitore.

Manca però affatto qualunque elemento per poter misurare queste correnti da e per l’Italia dei titoli di credito ; tuttavia è naturale che, se si manifestano cause per le quali l’ estero rimandi all’ Italia con qualche abbondanza titoli italiani si affievolisca an­ che la corrente dei titoli che annualmente esce daH’ltalia.

Finalmente tra le cause finanziarie che possono produrre l’inasprimento dell’ aggio, ne annoveriamo altre due :

1. ° È probabile che lo Stato in questo tempo provveda ad apparecchiarsi al pagamento all’estero degli interessi del debito pubblico; sebbene oggi coll ’affìdavit rigorosamente applicato la cifra degli interessi che si pagano all’ estero sia di molto r i­ dotta, rimane pure una somma di qualche entità a cui il Tesoro deve por mente.

2. ° È presumibile che tutti coloro che hanno affari coll’estero vogliano tenere in questi momenti di incertezza una maggiore quantità di divisa estera a disposizione, per potere effettuare i pagamenti senza subire le improvvise oscillazioni del mercato.

E d anche queste cause o inevitabili perchè non dipendenti dalla volontà del paese, o prudenziali e quindi commerciali, spiegano abbastanza l’ aumento, che sarebbe certo stato molto maggiore senza la grande affluenza di stranieri accorsa quest’ anno a visitare l’ Italia, i quali stranieri naturalmento spen­ dono moneta estera o colla divisa estera si pro­ curarono quella nazionale e perciò concorrono a diminuire la tendenza dell’aggio a salire.

Che se si volesse ora rispondere al secondo que­ sito quali cioè possono essere le previsioni per l’av­ venire, non occorre dire come in questa materia le previsioni sieno difficili ; — la breve analisi che ab­ biamo fatta del fenomeno basta a far comprendere la impossibilità di suffragare colle statistiche le r i­ cerche, e la difficoltà di far previsioni di qualunque specie.

Però è bene considerare che ci avviciniamo ai mesi nei quali l’aggio suole diminuire, e nei quali quando l’aggio non esisteva, il cambio era al disotto della pari. La campagna dei bachi da seta, se si svolgerà favorevole, sarà certo una causa efficiente a depri­ mere l’aggio; se il raccolto del grano prometterà bene, gli acquisti del grano estero saranno interrotti e si consumeranno le scarse provviste nell’ attesa del nuovo raccolto.

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1° maggio 1898 L ’ E C O N O M I S T A 275

nostri, e in alcuni mercati possiamo utilmente sosti­ tuirla, sia perchè essa non possa produrre, sia perchè non possa esportare i prodotti ottenuti.

L ’ anno 1871 della guerra franco-germanica è il solo nel quale sia accusata per l’ Italia una espor­ tazione che superava la importazione ; non si può ritenere che si ripeta un fatto simile perchè ben diversi sono i due paesi in ¡stato di guerra, ma è probabile che il commercio internazionale italiano possa raggiungere maggiori cifre di esportazione so­ stituendo in qualche parte quello della Spagna e degli Stati Uuiti, tutti e due esportatori, fra l ’altro, di prodotti agricoli.

Corto, il mercato italiano non andrebbe esente dalle scosse che subissero gli altri mercati; e, più debole, sarà anche più sensibile, ma se non inter­ vengono cause intrinseche, nè guai speciali per il nostro paese, è probabile che non tutti gli avveni­ menti che si preparano riescano nocivi alla econo­ mia nazionale.

Un’ ultima parola vogliamo dire sulle considera­ zioni che fa la Gazzetta del Popolo di Torino in ­ torno al fatto che mentre il consolidato ribassa a Parigi di tre punti, nelle borse italiane rimane quasi allo stesso prezzo e la differenza è colmata coll’ au­ mento dell’aggio. 11 fenomeno è spiegabilissimo : — il ribasso della rendita a Parigi determina degli acquisti da parte del capitale italiano ; però la ren­ dita così acquistata, per quanto sia di cifra cospicua, è troppo piccola a paragone della massa di rendita in circolazione per produrre un grande movimento dei prezzi ; — invece la quantità di divisa estera necessaria a pagare la rendita acquistata, è grande in paragone della massa di divisa estera in circola­ zione. Da ciò la differenza dei due movimenti : il prezzo della rendita appena si risente del fatto, il prezzo della divisa estera sale rapidamente por il cospicuo assorbimento. — Se avvenisse il rovescio, cioè molta rendita si vendesse a ll’ estero, di poco assai rincarerebbe a ll’ interno, mentre il cambio r i­ basserebbe rapidamente per l’ abbondante quantità di credito sull’ estero che risulterebbe dalle vendite del consolidato.

La profa iella n i n o del dazio sol frano

Fine aprile, fine maggio, 15 luglio e probabil­ mente 15 agosto, queste sono le date, alle quali è stata e sarà forse prorogata successivamente l ’applica­ zione del dazio di 50 lire per tonnellata di grano, invece di 75 lire, come pagavasi fino al 25 dello scorso gennaio. E queste successive proroghe dimostrano come nelle sfere governative non si avesse una idea chiara della situazione del mercato granario. Da tutte le parti, almeno da quelle competenti e insieme d i­ sinteressate, si avvertiva che il termine del 51 maggio era troppo ristretto e che per non tenere imbrigliato d commercio di importazione bisognava estendere la riduzione fino al momento in cui il raccolto nuovo sarebbe stato utilizzabile. Se non veniva il provve­ dimento della proroga fino al 15 luglio non sarebbe mancato in qualunque caso il rincaro del grano, perchè se è vero che in questi ultimi mesi gli acquisti al- esJero sono notevolmente aumentati è anche vero che coll incertezza dei prezzi, i mugnai non avrebbero tro­

vato conveniente di far larghe provviste nel maggio e nel giugno aspettando di vedere come si mettevano le cose e per ciò stesso avremmo avuto un nuovo rincaro. La proroga del dazio ha almeno il vantaggio di spingere gl’ importatori ad approfittare di questo periodo di due o tre mesi per fare provviste, pa­ gando il dazio ridotto. Ma era certo più opportuno di accogliere addirittura la proposta della Commis­ sione generale del bilancio, estendendo la proroga fino al 15 di agosto, anziché lasciare al Governo la facoltà di prorogare la riduzione dal 15 luglio al 15 agosto. Così nuova incertezza, nuova causa di pressioni sul Governo perchè accordi o non accordi la proroga, nuovo incitamento alla speculazione ad agire con circospezione quanto più ci avvicineremo al luglio. La proposta del Fon. Sonnino e d’altri di lasciare un potere discrezionale al Governo è una delle solite concessioni all’ arbitrio governativo, men­ tre in materia così delicata era stretto dovere della Camera di dichiarare la sua intera volontà.

Sugli effetti prodotti dal provvedimento del gen­ naio scorso, vale la pena di conoscere i giudizi del Ministro e del relatore, on. Rubini. 11 Ministro dopo aver riconosciuto, bontà sua, (si ricordino le sue r i­ sposte al deputato Niccolini) che i prezzi del grano improvvisamente spinti in alto nell'agosto 1897 erano pervenuti e si mantenevano ancora nel gennaio 1898 senza che si avesse ragione di sperare in una pros­ sima ripresa, ad una meta, alla quale da lungo tempo il mercato italiano non era più abituato, osservò a proposito dell’ intervento legislativo :

« Malauguratamente le vicende del mercato grana­ rio italiano, dopo la riduzione del dazio di confine non volsero più propizie di prima, imperocché i prezzi del frumento soltanto per breve tratto di tempo si raddolcirono,-per risalire bentosto fino a toccare oggi un livello quasi più alto di quello del gennaio. Ciò dimostrano i due allegati prospetti nei quali sono rac­ colti i prezzi dei grani sul mercato di Genova e di Milano dal principio di quest’anno.

La condizione generale del mercato mondiale del grano, allo scadere del termine prescritto per l’ ap­ plicazione del dazio ridotto si Coverà essa modifi­ cata in senso favorevole al consumatore italiano? Saranno apportatrici di sollievo le masse di grano che si attendono dall’ Argentina e dalle Indie? E consentiranno le condizioni atmosferiche di serbar vive le speranze concepite riguardo ai buoni risul­ tati della veniente campagna frumentaria mondiale? Mentre ci troviamo di fronte a queste incognite, vediamo sorgere una nuova e grave causa di per­ turbazione del mercato granario, il conflitto per Cuba tra gli Stati Uniti di America e la Spagna, conflitto del quale non è possibile prevedere la durata e gli effetti, e la cui sola eventualità ebbe già virtù di far maggiormente salire i corsi del cereale. Infatti a Nuova Y o rk il grano rosso che ai prim i di aprile era quotato a poco più di 100 cents per bushel, nella seconda metà del mese era già salito a 110 cents. E ciò a prescindere dalle sorprese che si ha ra­ gione di temere dall’ alterarsi del corso dei nostri cambi con l ’ estero, i quali già cominciarono ad inasprirsi.

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basso livello che solo renderebbe equo e ragione­ vole il ripristinamento del dazio normale.

Ciò essendo, si fa sin d’ ora palese la necessità di differire il detto ripristinamento di un certo tempo ancora, e cioè fino al 15 luglio venturo, termine questo entro il quale è da sperare che le condi­ zioni del commercio granario abbiano, per il co­ ronamento delle buone promesse dei nuovi raccolti a migliorare a prò del consumo, e che è pur sug­ gerito dalla convenienza di non perturbare l’ assetto del bilancio del venturo esercizio ».

Ma piò esatto e interessante è ciò che osservò 1’ On. Rubini circa al sollievo recato ai consumatori dal decreto del 23 Gennaio u. s. Egli dimostrò che il beneficio vi è stato, contro i pronostici di coloro che lo eliminarono affatto nella discussione del febbraio.

« Scorgete gli effetti di quel provvedimento, egli scrive, nei quantitativi importali dopo la sua appli­ cazione e dalle tabelle dei prezzi praticali per questa derrata sui mercati di Genova e di Milano, impor­ tantissimi fra gli interni per la sua contrattazione.

Se esaminiamo il prospetto, che reca i prezzi pra­ ticati a Genova, troviamo che il massimo ribasso verificatosi dopo la riduzione della gabella fu per i grani nazionali teneri di lire 1.85 a lire 1.50 e per i duri di lire 1.75 al quintale.

Sul mercato di Milano il massimo ribasso fu di lire 1.50 al quintale per il grano lombardo; di L . 1.25 per il veneto e mantovano; di lire una per il ferrarese di forza, di lire 2.50, infine, al quintale per 1’ estero.

Non intendiamo di dare un valore assoluto a queste osservazioni, poiché è noto quanti diversi elementi contribuiscano a determinare l’ammontare del prezzo di una derrata e le sue variazioni, e d’ altra parte si sa che i prezzi inscritti nei listini non cor­ rispondono sempre esattamente a quelli effettivi; ma se ne può, stando assai sulle generali, dedurre che la riduzione del dazio non avrebbe raggiunto tutto I’ effetto che se ne poteva sperare, quello cioè, di lire 2,50 al quintale, di cui il dazio medesimo era stato diminuito.

Ma occorre osservare, e Io si rileva specialmente dai numeri inscritti nelle colonne dedicate ai prezzi dei grani esteri, espressi in oro fuori dazio, che questi, sia per un maggior costo all’origine, sia per i noli, ebbero nel frattempo continua tendenza al rialzo, e se si combina questa circostanza coll’ altra di una pari tendenza del cambio ad aumentare, se ne deduce che senza l’adozione del provvedimento legislativo, i prezzi del grano sarebbero andati ac­ crescendosi dal gennaio al marzo, invece di dimi­ nuire, onde il provvedimento medesimo non può dirsi che, per quel periodo di tempo, non abbia rea­ lizzato una parte notevole dell’ effetto che se ne sperava.

Più tardi le cose mutarono. Sotto la pressione delle circostanze politiche, divenute improvvisamente minacciose, il mercato di New -York che, alla fine di marzo segnava il prezzo del grano in 100 5|8 cents per bushel si volge rapidamente al rialzo, tanto che raggiunge al 22 del corrente mese il prezzo di 114 1 ¡4 cents; di conserva crescono i noli, e peggiora il no­ stro cambio da 105.85 a 107.85, e il tutto pro­ muove un nuovo rialzo generale sui mercati italiani che ritrovano ben presto il prezzo di lire 31.50 a liro 32. »

E lo stesso relatore, dichiarando che la Commis­ sione del bilancio fu unanime nell’ approvare la pro­ roga, esponeva con le seguenti parole le ragioni che giustificavano il prolungamento della proroga fino al 15 agosto.

« Nei riguardi del termine da assegnare alla pro­ roga, quello del l o luglio 1898 proposto dal Go­ verno fu giudicato pure dalle generalità dei com­

missari troppo vicino.

Ben è vero che al l o di luglio il raccolto paesano è quasi dovunque ultimato e già comincia a pre­ sentarsi sul mercato qualche campione di grano nuovo ; così a quell’epoca ne è noto per approssi­ mazione, se non ancora esattamente, il risultalo. Ma il grano estero nuovo, e in particolare quello del Mar Nero, ai cui calali principalmente attingiamo per coprire le nostre deficenze, nè può ancora af­ fluire verso di noi, nè offrirci notizie appena atten­ dibili sulla sua consistenza; così dicasi rispetto ai dati della produzione negli altri paesi europei; onde è a presumersi, che al 15 di luglio regnerebbe tut­ tora tale incertezza sulle sorti generali del raccolto e sull’atteggiamento dei mercati regolatori, da dover quasi sicuramente condurre a una proroga nuova.

Ora si diceva, ed è facile persuadersene, che un regime di incertezza non è il più conveniente per lo svolgimento regolare delle transazioni, per coor­ dinare saviamente gli acquisti alle vendite; occorre un certo lasso di tempo per la effettuazione di un piano commerciale ; quando esso abbia a trovarsi troppo frequentemente attraversato da disposizioni legislative è costretto ad assumere una fisonomía forzata e artificiosa, le cui conseguenze non possono non ricadere in ultimo sul consumatore.

Perciò la Giunta generale del bilancio ritiene pre­ feribile di estendere la proroga al 15 del mese di agosto.

A quest’ ultima epoca il mercato granario, se an­ cora non può dirsi sistemato del tutto, possiede gli elementi sufficienti per delinearsi di conformità al risultato presumibile del raccolto mondiale. Quasi certamente questo sarà tale da realizzare le speranze concepite, poiché una deficenza generale, che si r i­ peta una seconda volta, sarebbe un fatto stranissimo sul (piale non è il caso di fermarci ».

Della stessa opinione è un uomo pratico di af­ fari, il cav. Corinaldi di Torino, che già ebbe a cen­ surare nella Gazzetta del Popolo il termine della proroga sino al 30 Aprile (vedi 11 Economista del 30 gennaio ultimo scorso) Egli in una lettera diretta allo stesso giornale torinese nota che è ancora una mezza misura, non rispondente allo scopo voluto, la proroga della riduzione del dazio al 15 luglio od agosto.

E mi spiego, soggiunge il cav. Corinaldi : Lo scopo del Governo è, come dev’ essere, quello di preve­ nire il rincaro eccessivo del principale elemento quale è il pane. Or è certo che finendo la campa­ gna granaria, senza rimanenze o quasi, nei primi mesi della nuova campagna, i prezzi dei grani in ­ digeni non potranno esordire ridotti che in modo assai relativo.

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preci-I o maggio 1898

L ’ E C O N O M I S T A 277

pieranno invece negli acquisti per timori di mag­

giori danni. °

I grani nazionali si principia utilizzarli in lu­ glio, e agosto, quelli esteri in settembre-ottobre Come possibile quindi, che, in quei 3 mesi, i prezzi dei grani indigeni possano declinare, se col rip ri­ stinare in luglio il dazio a 7,30 si elimina lo spau­ racchio della convenienza di importare dall’ estero le poche rimanenze del vecchio raccolto,

È certo che produttori e speculatori ne trarranno profitto! Per tutelare il pane al povero si mantenga il dazio ridotto sino a lutto settembre; per tutelare nostri produttori si ripristini il dazio di confine a 7.50 dall ottobre, se così vogliono le teorie pro­ tezioniste, che imperano.

Ciò premesso, ecco un confronto dei prezzi dei grani nazionali ed esteri da gennaio ad aprile 1897 e 1898, base Torino. Nazionali Esteri 1898 1897 1898 1897 31.70 25 31.10 28 50.50 23.10 29.50 27.50 31.80 24.50 29.90 27.25 32.75 24.30 31 26.50 praticati

77 ~ * 1furono di L . 34 per i na-Gennaio .

Febbraio . Marzo . . Aprile 1)26

zionali e di L. l --- -- vv u u u u n u m a i -ca a a maggiori aumenti, eziandio -causa la situazione politica ed il rincaro dei carboni e noli.

Come pretendere adunque che il pane sia a buon mercato, come sperare che lo divenga in breve? »

Crediamo che il Governo dovrà finire per accor­ dare la proroga fino al 15 agosto, ma sarà essa sufficiente ? E quando bisognerà prendere un nuovo provvedimento, a Parlamento chiuso, non ci trove­ remo di fronte a un nuovo atto incostituzionale che era così facile evitare stabilendo fin d’ora una pro­ roga maggiore. Ed è poi a notare che la riduzione de dazio è insufficiente anche nella sua misura. Se col grano a lire 31 circa, il Governo ha creduto di dover proporre la riduzione del dazio nella misura di lire 2,50, coi prezzi fra 33 e 34 lire la riduzione avrebbe dovuto essere maggiore. Con le mezze m i­ sure governative la finanza perde, senza che il con­ sumo abbia quel vantaggio di cui avrebbe necessità. Ala non c’ è troppo da illudersi: i protezionisti, di cui I on. Branca è degno rappresentante, temono di vedere compromessa definitivamente la propria opera se il dazio viene ricondotto a 3 lire e i cittadini si abituano a prezzi meno elevati degli attuali anche uei momenti difficili. E nulla diciamo del voto dato sulla proposta di abolizione del dazio a partire dal maggio. La Camera nella sua grandissima mag­ gioranza (208 contro 33) l’ ha respinta, e questo si può capire dato il momento, le condizioni dell’agri­ coltura e della finanza; ma perchè non compensare 'meno un voto simile, che un giorno forse sarà scontato, con una maggiore riduzione del dazio? Era ' solo mezzo per mostrare che non sono gl’ inte-

essi particolari che hanno il sopravvento.

LA CORSA M ARITTIM A

e la guerra tra la Spagna e gli Stati Uniti

L Europa si trova ancora una volta di fronte alla vecchia questione della corsa. Spagna e Stati Uniti si trovano in lotta e sono proprio quei due Stati che, assieme al Messico, non hanno accettata la celebre di­ chiarazione del 16 aprile 1836. La questione non è soltanto di diritto internazionale ; essa riguarda dav- vicino anche gl interessi economici generali, perchè dalla soluzione che ora potrà avere dipenderà anche la sorte di taluni interessi non spagnuoli nè ame­ ricani, ma europei. Vale la pena, adunque, che teniamo parola di cotesta questione, affinchè si abbia una idea chiara del suo stato presente e delle ra­ gioni che militano pro e contro le due tesi favorevole e contraria alla corsa. Invero mentre i giuristi mo­ derni proclamano con voce unanime essere obbligo di un belligerante il rispettare nelle guerre terrestri le proprietà dei cittadini pacifici dello Stato avver­ sario, i politici ed anche taluni giureconsulti sosten­ gono ancora che questa norma non debba reggere in caso di guerra sul mare.

Si afferma da alcuni che quando due Stati in mare si combattono, ciascun belligerante abbia diritto di impadronirsi delle navi mercantili dell’ altro, colte nelle acque territoriali delle due parti, ovvero in alto mare, che abbia diritto di far prigionieri di guerra gli equipaggi, di confiscare a proprio vantaggio le navi catturate e il loro carico. Tre sole limitazioni sono poste, e cioè la cattura non si esercita su quelle navi mercantili di un paese, che si trovino nei porti dell avversario al momento in cui la guerra è di­ chiarata e scoppiano le ostilità; la cattura non si esercita sulle navi naufragate e sul carico di esse; finalmente la cattura non si esercita sopra i battelli che servono alla pesca costiera del paese nemico. Poca cosa invero; ma senza entrare qui in una di­ sputa, basterà osservare che ad ogni modo fin qui si tratta sempre di un diritto di preda marittima da essere esercitato dalla marina da guerra dei belli­ geranti. Ma c’ è di peggio ; la preda marittima ha dato origine^ al cosiddetto diritto di corsa, con cui si designa l’ impresa di persone private che sotto I autorità di una potenza belligerante corrono i mari con navi opportunamente armate, allo scopo di ro­ vinare o di danneggiare il commercio marittimo del nemico e di reprimere quello illecito che facciano bastimenti di bandiera neutrale. Nei tempi passati parve utile agli Stati marittimi di usare della corsa per una speciale ragione. Poiché le loro flotte mi­ litari in tempo di guerra dovevano attendere con tutta la gagliardia delle loro forze a combattere le armate dell’ avversario, era impossibile distrarle allo scopo di correre sulle navi mercantili del nemico a catturarle e a predarle; questo compito era pertanto devoluto a privati armatori, all’ uopo autorizzati con lettere-patenti, ed essi erano allettati all’ impresa per- chè gli Stati garantivano loro una parte degli utili che si sarebbero ricavati dalla vendita delle prede.

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sua abolizione nel trattato da lui negoziato nel 1785, per conto degli Stati Uniti, con la Prussia. In alcuni trattati conchiusi fra gli Stati d’ Europa, tra la fine del secolo passato e la prima metà di questo, e in qualche guerra, venne fatta rinunzia all’ uso della corsa. Ma fu soltanto nel 1856 che i plenipotenziari fir ­ matari del trattato di Parigi del 50 marzo sotto­ scrissero anche la dichiarazione del 16 aprile, se­ condo la quale: — 1° la corsa è e rimane abolita; 2° la bandiera neutra copre la merce nemica, ad eccezione del contrabbando di guerra ; 3° la merce neutra, ad eccezione del contrabbando di guerra, non è sequestrabile sotto bandiera nemica ; 4° il blocco perchè sia obbligatorio dev’ essere effettivo, cioè mantenuto da una forza sufficiente per interdire realmente l’accesso del littorale nemico.

Il primo punto è quello che ora ci interessa, ed è utile vedere per quali ragioni gli Stati Uniti si sono rifiutati di accettarlo. Secondo un recente scrit­ tore (Km e n, Loie et usages de la neutralità, tome I, pag. 46) i motivi che hanno accompagnato il rifiuto del Gabinetto di Washington, di aderire all’abolizione della corsa, sono degni di attenzione e dimostrereb­ bero che è per lo meno dubbio che quella misura sia un progresso umanitario e che i vantaggi offerti ai neutri con l’ atto del 16 aprile 1856 dovevauo in ogni caso essere considerati come mezze misure.

In una nota memoranda indirizzata al Ministro di Francia a W ashington,in risposta all’ invito di ade­ rire al detto atto, il Segretario di Stato americano dichiarò formalmente che il suo Governo non era contrario in principio alla abolizione della corsa, ma soltanto all’ abolizione come misura isolata e separata dalla proposta di dichiarare libera e non catturabile da parte dei belligeranti qualsiasi proprietà privata, anche quella dei sudditi nemici sul mare, come sulla terra. Le potenze firmatarie del trattato di Parigi avendo disgiunto questi due principi per loro natura inseparabili, si erano fermate a metà strada nella riforma del diritto di neutralità e avevano tolto alla abolizione della corsa la sua qualità di misura uma­ nitaria.... Abolire la corsa, ma permettere nondimeno gli attacchi contro le navi e le merci appartenenti a semplici cittadini dello Stato nemico, e non alle sue forze m ilitari, era, in realtà, abbandonare alla violenza il commercio pacifico, e sacrificare gli in­ teressi degli Stati non militari, alle grandi potenze che avevano marine da guerra considerevoli.

Era, aggiungevasi, nell’ interesse esclusivo di queste potenze, ma non nell’ interesse degli altri Stati che la corsa era stata abolita senza misura corrispondente, poiché esse avevano così maggior facilità per schiac­ ciare i nemici che fossero loro inferiori. Esse diver­ rebbero sole dominatrici sul mare. Ma gli Stati Uniti non desideravano diventare una potenza militare, per­ chè il militarismo sarebbe un ostacolo alla prosperità del paese ed esporrebbe a gravi pericoli la libertà e la pace di cui godeva; erano obbligati per ciò stesso di attenersi al sistema dei volontari, sul mare come in terra. Essi dovevano dunque, sino a tanto che il diritto delle genti non proteggerà la loro marina mercantile contro gli attacchi del nemico, assicurare la propria difesa col mezzo di corsari che non sono in fondo che volontari sul mare e che dal punto di vista giuridico non sono più condannabili degli altri volontari. Se la proprietà privata del nemico può essere attaccata da navi di guerra, perchè non può esserlo egualmente da corsari che fanno parte

I o maggio 1898

essi pure delle forze militari dello Stato che li ha muniti di lettere patenti? Questo era il punto su cui insisteva il Governo degli Stati Uniti. Esso fa­ ceva notare, nella conclusione della sua nota, che il fondamento sul quale poggia l’abolizione della corsa è l’inviolabilità della proprietà privata in tempo di guerra. Il giorno in cui si andrà fino al fondo della questione, in cui qualsiasi proprietà privata, anche quella dei nemici, sarà dichiarata inviolabile sul mare, come lo è già sulla terra, in modo che non potrà essere attaccata, nè da corsari nè da navi da guerra delle flotte m ilitari e che la lotta sarà così ristretta fra queste ultime, gli Stati Uniti si af­ fretteranno ad aderire alla abolizione della corsa su questa base larga e logica. E il gabinetto di W a­ shington proponeva 1’ aggiunta di queste parole al principio che « la corsa è abolita »: « e la proprietà privala dei sudditi degli Stati belligeranti, ad ecce­ zione del contrabbando di guerra, non è catturabile ». Che fosse logico il ragionamento degli Stati Uniti non c’ è dubbio, sebbene in qualche punto possa esserne contestata la esattezza. Nondimeno anche quella « mezza misura » della dichiarazione di Pa­ rigi non era senza vantaggio e costituiva un pro­ gresso notevole ; per essa, ad esempio, l’ Inghilterra ha definitivamente rinunciato alla sua antica pretesa di catturare le merci nemiche sotto bandiera neutra. D i più le concessioni accordate ai neutri dalla di­ chiarazione del 4856 sono state nelle guerre suc­ cessive non soltanto applicate con esattezza, ma an­ che aumentate. L ’ opinione pubblica in molti paesi si è fortemente pronunciata in favore della inviola­ bilità di qualsiasi proprietà privata, tanto nemica che neutrale, tanto sul mare che sulla terra. Così nelle guerre del 1859 e del 1866 Italia, Austria, Francia, e Prussia, riconobbero il principio della inviolabilità della proprietà privata nemica sul mare. E altri casi consim ili potrebbero ricordarsi.

Invece nel conflitto odierno tra la Spagna e gli Stati Uniti la preda marittima è già in vigore, e nessuno potrebbe garantire che non venga ammessa dai due governi anche la corsa. Sarebbe stato invece un buon principio, se almeno alla corsa si fosse fatta espressa e concorde rinuncia. G li avvenimenti pros­ simi diranno se quei due Stati, che non vollero sa­ perne di quella « mezza misura » del 1856, inten­ dono rinnovare alla fine del secolo le gesta dei corsari del secolo passato e se così fosse bisogne­ rebbe deplorare altamente la impotenza morale del­ l’Europa civile a far scomparire una pratica deplo­ revolissima. Vogliamo augurare che questa nuova guerra offra invece agli Stati d’Europa e d’ America l’occasione di completare l’ opera iniziata con la di­ chiarazione di Parigi, promulgando che oltre la corsa è abolita la preda marittima ; sarebbe questa una riforma veramente civile, che chiuderebbe degna­ mente il nostro secolo.

Il Referendum Comunale

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1° maggio 1898 L’ E C O N O M I S T A

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prender posto fra le così dette « questioni del giorno » e, strettamente legata colle altre importanti questioni amministrative della autonomia comunale, dell’accen­ tramento, ecc., in Francia e in Italia specialmente, formò l’ oggetto di vive discussioni parlamentari, e venna da alcuni autori moderni diffusamente trat­ tata. f1 ra questi è d’uopo annoverare il Benner che di recente pubblicò presso l’ editore A. Pedone di Parigi un’ opera relativa appunto alla questione del referendum comunale *), opera che, data la scarsità di scritti su questo speciale argomento, e data l’epoca recentissima di sua pubblicazione, credo si possa considerare come l’ ultima parola delta finora su questo proposito, quantunque debbasi constatare come nulla o quasi nulla di nuovo l’autore in essa ci venga a dire, e come le premesse da cui parte, e le conclusioni alle quali perviene sieno press’a poco quelle portate comunemente innanzi.

Nella introduzione alla sua opera il Benner tocca due punti essenziali : la constatazione del progres­ sivo sviluppo della democrazia in questi ultimi tempi, esplicantesi sotto le note tre forme di partecipazione diretta da parte del popolo alla gestione della pub­ blica cosa, ed il concetto che la forma referendaria locale, per quanto strettamente legata col tipo di referendum politico, e quindi coll’ idea democratica, esplica un’azione tutta sua propria, e presenta ca­ ratteri suoi particolari, a differenza di quanto comu­ nemente ed erroneamente si crede. Come poi le tradizioni gloriose del comune medioevale italiano, servono di valido argomento ai fautori dell' intro­ duzione nel nostro paese di questo istituto, così a sostenere la propria tesi, cioè la convenienza della introduzione del referendum nella legislazione fran­ cese, il Benner porla innanzi i numerosi esempi di ricorso a questa forma di votazione popolare, ve­ rificatisi spontaneamente in Francia. I Comuni, in­ fatti, ili Cluny, Rioni, Bergerac, e molti altri, colle loro votazioni popolari, stanno, secondo il Benner, a provare che ivi trovasi il terreno adatto alla intro­ duzione e allo sviluppo di questo istituto. L'autore ne è caldo sostenitore, e, nella parte seconda della sua opera, egli cerca di confutare le principali ob­ biezioni che contro di esso si sogliono rivolgere ; 1 incapacità cioè degli elettori a comprendere e de­ liberare circa le questioni ad essi sottoposte (ob­ biezione portata innanzi dal Deputato Guillemet m occasione della proposta De Macknu alla Ca­ mera francese) ; l ’ inconveniente dì una continua agitazione nei centri di vita locale (obbiezione in ­ dicata dal Ministro Constant nella Circolare Minist. del 25 marzo ’89 indirizzata ai prefetti in occasione delle arbitrarie votazioni popolari adottate da diversi Comuni in Francia); e l’ inconveniente di disturbare troppo spesso gli elettori, distraendoli per tal modo dalle loro occupazioni ordinarie. Il Benner, come Do già detto, confuta validamente queste obbiezioni; confuta la prima sostenendo che, se pure le masse, ¡e ogni paese e in Francia particolarmente, non sono *?. gfado di discernere, discutere, e rettamente giu­ dicare questioni di alta politica, o di complicata am­ ministrazione (giacché in generale manca ad esse educazione politica che è gloria di certi popoli

) R. C. Benner, De l’intervention directe des ele- c ef rs dans la gestion des affaires municipales. - Un vo1- ch pag. 300, Paris, 1898.

europei, quali l’ Inghilterra e la Svizzera) pur tut­ tavia, sottomettendo alle deliberazioni popolari le sole questioni di facile comprensione, e di pratica effet­ tuazione (quali potrebbero essere quelle relative alla costruzione di pubblici edifici, alla fissazione di giorni di mercato, ecc.) gli elettori sarebbero perfettamente in grado di giudicare, e decidere con cognizione di causa. Così la seconda e la terza obbiezione vengono insieme ad altre di minore importanza egualmente da lui confutate con buoni argomenti, ma in pari tempo egli è costretto a presentare e a proporre una forma di referendum tutta speciale, grandemente limitats, un referendum cioè di consultazione, e non di ratificazione (che è la vera essenza delle forme referendarie in genere), non obbligatorio ma facol­ tativo, non da parte del popolo, ma del Consiglio Municipale, e ristretto infine a questioni di secon­ daria importanza. L ’autore sostiene che anche sotto questa forma « l’introduction du referendum muni­ cipal dans la législation française, présenterait des avantages sérieux, réels, fort appréciables » (p.219); ed è precisamente sopra questo punto eh’ io mi per­ metto di dissentire da lui.

La « legislazione comparata » che nella Parte II della sua opera il Benner ampiamente ci espone, sta a dire che I’ applicazione del referendum o di altre forme di partecipazione popolare diretta alla amministrazione locale in alcuni paesi ha avuto am­ pio sviluppo, e ha dato ottimi risultati. Ma quali sono questi paesi? Quelli stessi che generalmente ci vengono presentati come esempi di educazione politica elevata, di tradizionale, e, quasi direi, istin­ tivo interessamento alla vita pubblica; sono cioè la Svizzera, l’ Inghilterra, gli Stati Uniti d’ America. Ma com’ è praticato presso questi popoli l’ esercizio della sovranità popolare? Naturalmente nel modo più am­ pio, nel modo più diretto, nel modo cioè che può portare con sè effetti utili, e pratici risultali.

Raggiungerà ugualmente questo scopo, applicato nella forma proposta dal Benner? Francamente io credo di no. L ’ autore, enumerando gli effetti che l’ introduzione del referendum amministrativo, sotto la forma da lui proposta, dovrebbe dare in un paese come la Francia, o come il nostro, scrive: « il con­ tribuerait à faire l’ éducation des électeurs dans la pratique de la liberté; par suite, il développerait le sentiment de leur responsabilité individuelle; il ferait renaître une vie communale plus active, et constitue­ rait un correctif efficace aux entraînements finan­ ciers des Conseils Municipaux ».

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280 L ’ E C O N O M I S T A I o maggio 1898

vera di ratificazione, la facoltà data al Consiglio, e non al popolo di provocare il referendum, il campo ristretto o di secondaria importanza, nel quale dove funzionare (per quanto esso implichi, se si vuole, un concetto finanziario), sono tutte condizioni, le quali non possono a meno di frustrare quella benefica azione che l’esercizio diretto della sovranità popolare può certamente esplicare quando esso esercizio fun­ ziona in un ambiente idoneo per tradizione di prin­ cipó liberali, per indole di popolo, ecc. La finanza locale, per tal modo non potrà risentirne, a mio avviso, vantaggio di sorta, mentre è precisamente la finanza locale a cui, e innanzi tutto, in Italia come in Francia, è d’ uopo portare energici rimedi.

Il Benner, regalando una delle solite frasi poco cortesi all’ indirizzo del paese nostro, accusa il po­ polo italiano di « megalomania » e a questa deplo­ revole tendenza attribuisce le tristi condizioni finan­ ziarie dei nostri comuni, ma in pari tempo è pure costretto a riconoscere che nelle medesime tristi condizioni economiche, e precisamente per la stessa ragione versa gran parte dei Comuni di Francia. Dato questo stato di cose potrà il referendum fun­ zionare praticamente, utilmente, sotto qualsiasi forma esso si abbia ad applicare? Ed a maggior ragione, lo potrà quando venga introdotto sotto una forma imperfetta, non consentanea alla sua natura, e alla sua ragione di essere? I sostenitori del referendum portano avanti in appoggio della loro tesi un buon argomento, è vero ; in pratica, essi dicono, nei paesi nei quali oggi funziona, ha sempre dimostrato ten­ denze conservatrici, ultra conservatrici, tanto da far pensare ch’ esso potesse per ciò appunto portar danno al libero, e progressivo sviluppo della vita comu­ nale. Ma quali sono per lo appunto questi popoli ? Precisamente quelli che, come lo svizzero, hanno co­ stumi semplici, e quasi diremmo patriarcali, antiche tradizioni liberali, istinti retti e parsimoniosi; preci­ samente quelli che, come l’ inglese e l’ americano del Nord, sono temprati all’ esercizio della libertà, hanno educazione politica, e di conseguenza dimo­ strano amore ed interessamento per la pubblica cosa. Mentre è appunto uno dei tanti malanni che afflig­ gono il nostro paese, per non parlare di altri e della Francia stessa, quello dell’apatia, dell’ indiffe­ renza per tutto ciò che ò di comune, di pubblico in­ teresse.

Ogni giorno lo constatiamo, ogni giorno vediamo nel nostro paese come la generalità dei cittadini r i­ manga indifferente davanti a tutto ciò che la do­ vrebbe interessare, davanti ai traviamenti della po­ litica, e alle sregolatezze dell’amministrazione, men­ tre un grande, un solo rimedio sarebbe necessario portare e agli uni, e alle altre, quello cioè di non tollerarle.

Il vizio è in noi medesimi, come fu più volte notato ; e se questo non sapremo correggere, tutte le più belle riforme, tutti gli ordinamenti m igliori escogitati dagli uomini di Governo non varranno a nuda, e tanto meno potrà riuscire utile la intro­ duzione di questo istituto, prezioso forse nella sua azione presso quei popoli dove è spontaneamente, tradizionalmente nato, e dove quindi riesce consen­ taneo all’ indole loro ed ai loro costumi, ma cer­ tamente pernicioso od inutile laddove le condizioni morali, politiche, intellettive degli abitanti, o lo pos­ sono rendere un’ arma a doppio taglio nelle mani del demos, od impongono agli stessi suoi fautori,

quali il Debacq, il De La Sizeranne, ed oggi il Benner, di circondarlo delle molteplici limitazioni e garanzie che abbiamo più sopra notate.

Mantova, aprile 1898.

Luigi Qua.totto

Rivista Bibliografica

Prof. Irving Fisher. — A brief introduction lo thè ìnfi- nitesimal calculus. — New York, Macmillan, 1897, pag. 84.

Auynstin Cournot. — Researches into thè mathematical principles o f tlie theory o f weallh. — New York,

Macmillan, 1897, pag. VIII-209.

L ’ idea di fornire agli studiosi della economia teorica un breve manuale d’ introduzione al calcolo infinitesimale era senza dubbio ottima, perchè op­ portuna e pratica. Ma era anche assai difficile di tradurla nella realtà, dato il pericolo di far opera bensi elementare, ma ancora non adatta agli stu­ diosi della economia, che conoscono generalmente soltanto l’ algebra elementare. E il Fisher, insegnante valente dell’ Università Yale di New Haven (Con­ necticut) non ha raggiunto pienamente lo scopo che si è proposto, per la semplice ragione che il suo libro può aiutare pochissimo gli studiosi a intendere le discussioni matematiche alle quali si abbandonano ta­ luni economisti. Non vogliamo discutere qui se, e fino a qual punto, la matematica possa essere ap­ plicata alla economia ; notiamo invece il fatto che uoo specialista, quale il dr. Fisher, non è riuscito nemmeno lu i a dare il libro che occorre per ap­ prendere quel tanto (e non è poco davvero) di calcolo infinitesimale indispensabile per la lettura di alcuni scrittori di economìa matematica, dato e non concesso che una tale espressione sia accettabile. Ad ogni modo noi segnaliamo questo libro, perchè ef­ fettivamente può giovare anch’ esso, in ¡specie con i primi due capitoli, a intendere la teoria delle fun­ zioni.

La raccolta dei classici economici edita dal prof. Ashley si è arricchita della traduzione dell’ opera di Augusto Cournot, già tradotta anche in italiano (3® serie della Biblioteca dell' Economista voi. II) nella quale certo non mancano alcuni capitoli di reale interesse dottrinale. Questa edizione è arric­ chita di una copiosa bibliografia di scritti relativi alla economia matematica e presenta poi il pregio di essere completamente e accuratamente riveduta nei calcoli ; pertanto può dirsi la migliore edizione che oggidì si possegga.

Alexis Bertrand. — L ’enseignement integrai. — Paris, Alcan, 1898, pag. 313 (5 franchi).

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prò-1° maggio 1898 L ’ E C O N O M I S T A 281

getto che ha per base lo studio delle scienze, ha 1 pure per corollario la creazione parallela d’ un so­ lido insegnamento professionale e pratico. Le idee sviluppate in quest’opera, che solleverà certo molte discussioni e obbiezioni, sono state esposte dal Ber- | trand (che è professore di filosofia all’ università di Lione) all’ Istituto di Francia e la sua comunicazione ha suscitato un interesse vero e unanime nelle sfere pedagogiche. La formula dell’Autore non è la scienza per la scienza, ma la scienza per l’ uomo, la scienza al fine della coltura e della utilità pratica. Il suo scopo è di fornire ai giovani i mezzi di agire effi­ cacemente per il paese e per loro m edesim i'edi libe­ rare la vita nazionale da due flagelli di cui soffre l’epoca presente : il torpore delle menti e l’ inerzia dei caratteri.

L ’ argomento vitalissimo presenta molto interesse anche dal punto di vista economico perchè se pre­ valessero le idee del Bertrand, che furono del resto già sostenute da altri, ne avrebbe vantaggio anche la coltura economica, ancora trascurata, e per r i­ flesso la stessa vita economica. E ’ bene intanto che queste idee siano fatte conoscere e discusse ; per questo richiamiamo l’ attenzione sul libro suggestivo del Bertrand e i lettori troveranno cbe la maggior parte delle sue riflessioni su ll’insegnamento francese si applicano anche a quello italiano.

Karl Helfferich. — Die Rfiform des deutsohen Geld- ! wesen nach der Griindang des Beiches, 2 volumi. — Leipzig, Duncker e Humblot, 1898, pag. xi -j- 474 -j- 509 (marchi 22).

La riforma monetaria germanica, dice giustamente l’Autore, è uno degli avvenimenti più importanti della recente storia economica. Essa sostituì a una molte­ plicità di sistemi monetari, in parte manchevoli, un ordinamento unitario e ben regolato ; questo pei r i­ guardi della Germania. Pel mondo poi essa ebbe il significato di cardine di un potente spostamento delle condizioni monetarie. — E in vero dalla riforma te­ desca del 9 luglio 1873 data quella serie di avve- venimenti monetari che fecero a poco a poco tra­ montare in Europa il bimetallismo vero e proprio, per lasciar posto a un monometallismo più o meno mascherato. Il Dr. Helfferich, già noto per alcuni studi attinenti alla moneta e al commercio, ha in questi due volumi colmata una lacuna che esisteva indub­ biamente nella letteratura economica tedesca ; perchè per quanto possa parer strano, data la copiosa pro­ duzione scientifica e storica della Germania, nessuno aveva ancora narrate in modo completo le vicende della riforma del 1873.

Nel primo volume l’Autore espone la storia della riforma monetaria germanica ; nel secondo egli ha raccolto alcune monografie attinenti a quella storia, ma che possono formare un tutto a sè, come un msieme di illustrazioni e trattazioni speciali ; i due volumi si completano a vicenda, ma stanno anche ? sè e opportunamente la casa editrice li ha messi m vendita separatamente. La storia delia riforma monetaria comprende tre parti: nella prima l’Autore fa vedere quali erano le condizioni monetarie prima della riforma monetaria tedesca, la situazione mone­ taria, le scorte auree e il loro influsso su di quella e lo svolgimento del pensiero riformatore. La se­ ronda parte dedicata alla legislazione presenta un quadro interessantissimo dei tentativi, degli studi

delle proposte e della riforma compiuta; mentre la parte terza ce ne presenta la esecuzione pratica.

Non meno interessante è il volume secondo r i­ servato alle monografie statistiche, storiche e legisla­ tive. Esse son cinque, relative alle condizioni gene­ rali dei metalli e della valuta, al sistema monetario tedesco prima della riforma, ai documenti riguar­ danti la legislazione, alla esecuzione della riforma e finalmente alla circolazione monetaria durante la riforma. Si hanno qui dati e documenti, poco o punto noti, ricchi d’ informazioni, che riesciranno di molto interesse per gli specialisti.

Non ci è possibile per ora di dare più d’ un sem­ plice annuncio di quest’opera veramente pregevole ; ma speriamo in altro momento di poter dare con la sua scorta un cenno sommario della riforma mo­ netaria germanica.

André Lichtenberger. — Le socialisms, utopique. —

Paris, Alcan, 1898, pag. 276 (3 fr. 50).

L ’Autore, al quale si deve già una erudita opera sul socialismo nel X V III secolo, ha riunito in questo volume dieci monografie consacrate a scrittori fran­ cesi e inglesi del 18mo secolo. La filosofia sentimen­ tale dell’epoca vide una vera fioritura di socialismo umanitario, che pur non avendo il carattere e le pretese scientifiche del socialismo odierno ha, in parte almeno, origini analoghe. Il Lichtenberger, che sta anche preparando un’ opera sul socialismo nel periodo della rivoluzione francese, ha tracciato le fisionomie e analizzato le teorie di alcuni dei più singolari tra i precursori quasi dimenticati del so­ cialismo, così troviamo Linguet antenato di Marx, Caffarelli di Falga emulo e contemporaneo di Saint- Simon e altre figure non meno curiose che hanno un valore pittoresco e storico innegabile. Il libro si legge anche volentieri per la forma chiara e at­ traente e fa desiderare che sia seguito presto dal­ l’altra opera promessa.

Rivista Economica

H commercio italiano co! Levante — Oli Italiani nella Bolivia — La tassa sulle anticipazioni.

Il commercio italiano nel Levante. — Da una memoria del comm. Maldifassi sul commercio ita ­ liano in Egitto, Siria e Palestina riassumiamo le seguenti considerazioni che riflettono parecchi nostri articoli commerciali di facile esito in quelle regioni.

Benché il Levante, date le abitudini dell’Arabo e del fellah, sia mercato poco adatto per i mobili, tuttavia, specie in Egitto, il mobiglio europeo trova buon esito.

In Siria e Palestina invece vi può essere smercio per 300 o 400 mila lire all’ anno, e questa dispo­ nibilità è accaparrata per 2/3 dall’ Austria per i mo­ bili in legno curvato ; la Francia fornisce in piccola quantità mobili da salotto; Inghilterra e Germania letti di ferro con zanzariere.

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282 L’ E C O N O M I S T A 1° maggio 1898

L ’ Egitto, come si è detto, per questo articolo offre un campo non disprezzabile.

L ’ importazione dei mobili vi rappresenta un va­ lore di oltre due milioni, predominando anche qui i mobili in legno curvato, che sono una specialità dell’Austria, la quale ne esporta da 4000 a 5000 quintali per anno.

L ’ Italia si è provata a far concorrenza colle seg­ giole di legno curvo : ma I’ Austria le spedisce da Trieste a bordo del Lloyd a 18 fr. la dozzina, qua­ lunque concorrenza sul prezzo è quindi impossibile. V i sono altri mobili in legno che l’ Austria esporta specialmente dalle sue provincie confinanti col F riu li, pei quali la concorrenza è facile: specie nei mobili da sala da pranzo, tavole e buffels ; comò, armadi, biblioteche e Ietti. Benché in Egitto si preferiscano i letti di ferro.

Come avviene dunque che l’Austria manda in Egitto più di duemila quintali di tali mobili e noi solamente 800?

Il signor Maldifassi avendo interrogato parecchi negozianti, ne ha avuto per risposta che la nostra inferiorità dipende da tre ordini di fatti.

Anzitutto lo stile prevalente nei nostri mobili piace meno dell’ austriaco. Può essere che artistica­ mente gli egiziani abbiano torto, ma volendo ven­ dere, bisogna uniformarsi al gusto dei clienti.

La seconda causa di inferiorità starebbe nella cat­ tiva mano d’ opera delle qualità a buon mercato. La terza causa riflette le condizioni della importa­ zione gravata di spese eccessive di trasporto. Un negoziante austriaco di Porto Said avendo acquistato dei nostro mobilio franco a bordo a Genova do­ vette pagare in ragione di L. 17 il quintale pel trasporto !

Nei mobili in ferro, specie nei letti ci sarebbe da concludere discreti affari, ma bisognerebbe che i fabbricanti italiani si persuadessero ad adottare il tipo in uso nel Levante, che è molto diverso dal nostro. Poi c’ è la questione del prezzo. Il modello più largamente venduto in ferro verniciato con poche decorazioni, si vende in base di L . 20 nette a de­ stinazioni con imballaggio in casse gratis.

Discreto mercato per le vetture è I’ Egitto ; l’ in ­ dustria vi fu importata da operai italiani — ragione questa che avendo sempre mantenuta bassa la mano d’ opera, rende diffìcile la concorrenza europea.

Il municipio di Alessandra paga le vetture di ser­ vizio da 650 a 910 lire ; pero una discreta mylord si paga fino a 1000 lire. Ora se si pensa che man­ dandola dall’ Europa, bisognerebbe pagare, per im­ ballaggio, nolo e dogana, circa 300 lire, ne viene che i nostri fabbricanti per sostenere la concor­ renza dovrebbero contentarsi di 700 lire.

Un accessorio delle vetture, non disprezzabile per il nostro commercio, sono i manici da frusta. A Nola e ad Arscignano noi abbiamo centri d’espor­ tazione di tale articolo. La frusta che si adopera in Levante è, generalmente di canna d’ India e si vende da 90 cent, ad una lira il pezzo. Si tratta, ben’ inteso, del solo manico ; le correggie si fab­ bricano con un legno speciale del paese e si ven­ dono a L . 9 la dozzina.

L e armi da caccia si importano dall’ Europa, tanto in Egitto che in Siria.

Le nostre doppiette con canna a tortiglione sulla base di L . 50, lottano con vantaggio colle armi del Belgio.

La casa italiana Biagini, con succursale a Damasco e a Beyrouth, che attualmente fa una notevole im­ portazione di fucili belgi, ha assicurato il commen­ datore Maldifassi che s’ interesserebbe volentieri al prodotto italiano, se le venissero fatte buone con­ dizioni. Anche la ditta italiana Bajocchi di Cairo, che ha il m iglior negozio di armi di lusso, sarebbe dispostissima a facilitare la concorrenza ai nostri fabbricanti.

I vapori del Lloyd in arrivo ad Alessandria da Trieste portano notevoli quantità di panieri, che potrebbero molto meglio essere surrogati dai nostri. Si tratta in media di 500 quintali all’ anno; quan­ tità non spregevole.

Lo sviluppo della navigazione a vapore ho fatto diminuire il consumo della tela da vele e delle go­ mene, ciò che ha contribuito a scemare la nostra esportazione di cordami di canapa. Tuttavia vi può essere buon lavoro, specie nelle fieelles, nei filetti pei pescatori, e nello spago per imballaggio che serve alle spedizioni dall’ Egitto di cotone, zucchero, cipolle, semi oleosi e lana che esso manda in grandi quantità in Siria e in Palestina.

I cordami importati annualmente in Egitto am­ montano ad un valore di circa 600 mila lire.

Un buon articolo da segnalarsi ai produttori della Val Seriana è quello delle pietre da aguzzare, che sono esclusivamente italiane in tutto il Levante.

Un altro piccolo articolo, degno d’attenzione, sono le scope. Senza manico, si vendono a 50 cente- siroi I’ una.

È pure insistente tanto in Siria che in Egitto la domanda del rame in fogli ed in fili e del piombo in tubi — dall’ Italia. Il curioso è che il piombo italiano che va in Levante proviene tutto dalla So­ cietà di Pertusola, ma passa sotto altre marche. La concorrenza italiana è tanto forte che un rappre­ sentante di una casa di Marsiglia e Beyrouth, ha dichiarato che la sua casa gli fornisce piombo ita­ liano ed in prova mostrava offerte da Marsiglia a fr. 31,50 il quintale franco da Livorno.

E qui facciamo punto. I nostri esportatori sono avvisati.

Le condizioni di vita nella Bolivia. — In un rap­ porto dell’ Ing. A. Marmo, reggente il R. Consolato in LaPaz si legge : Gli italiani che professano arti libe­ rali potrebbero, in piccolo numero, trovare qui un certo benestare. Ora questa condizione del piccolo numero è essenziale; nè medici, nè ingegneri po­

trebbero colà stabilirsi con profitto, quando vi giun­ gessero in numero rilevante.

Avendo diversi professionisti italiani chiesto schia­ rimenti in proposito, il sig. Manno ha risposto al Ministero degli esteri :

Non credo convenga che si rechino qui più di tre o quattro medici. Naturalmente sarebbe meglio che fossero scapoli, ma non troppo giovani.

Uno straniero può vivere decentemente con 75 boliviani al mese (senza il vino) cioè con circa 150 lire. Una visita a domicilio si paga 2 boliviani, circa 4 lire. Il medico deve imparare lo spagnuolo per subire l’ esame, cosicché può venire soltanto chi abbia mezzi sufficienti per aspettare la rivalidazione del suo diploma la laurea, ciò che richiede circa sei mesi di tempo.

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