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COLLEGIO DI ROMA. Membro designato dalla Banca d'italia. Membro di designazione rappresentativa. dei clienti

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(1)

COLLEGIO DI ROMA

composto dai signori:

(RM) SIRENA Presidente

(RM) SIRGIOVANNI Membro designato dalla Banca d'Italia

(RM) PROTO Membro designato dalla Banca d'Italia

(RM) CARATELLI Membro di designazione rappresentativa

degli intermediari

(RM) MOSCO Membro di designazione rappresentativa

dei clienti

Relatore GIAN DOMENICO MOSCO

Seduta del 29/10/2021

FATTO

La società ricorrente, insieme al suo amministratore unico, quest’ultimo anche garante della società per le posizioni debitorie oggetto di controversia, e a un altro garante (in seguito, la società e i garanti; insieme i ricorrenti), lamentano che il nominativo della società nonché quello dei garanti siano stati segnalati illegittimamente in Centrale Rischi (in seguito, CR) da parte dell’intermediario resistente, il quale non avrebbe compiuto un’adeguata verifica sostanziale sulla effettiva condizione di illiquidità della società.

In forza del contratto di mutuo ***7015 stipulato il 26 ottobre 2011, l’intermediario erogava alla società ricorrente la somma di € 330.000, da restituirsi in 180 rate mensili a partire dal 26 novembre 2011. Gli addebiti delle rate del mutuo avvenivano sul conto corrente appositamente acceso presso l’intermediario resistente.

Il 17 ottobre 2017, l’Erario sottoponeva a pignoramento il suddetto conto corrente, il cui saldo disponibile era pari a € 9.750,00. Pignoramento effettuato sino a concorrenza di € 71.113,08. Il gravame veniva pertanto esteso a tutte le ulteriori somme via via accreditate sul conto. Il capitale residuo alla data del pignoramento era pari a € 221.272,80. A partire dalla successiva scadenza, tutte le rate previste dal piano di ammortamento sono andate insolute.

I ricorrenti dichiarano che il 20 dicembre 2017 l’Agenzia delle Entrate pignorava anche i crediti costituiti da canoni di locazione commerciale percepiti dalla società, rendendo indisponibile l’unica fonte di reddito della società, impossibilitata così a corrispondere le successive rate del mutuo. Il 19 febbraio2018, il Tribunale di Roma sospendeva però la procedura di pignoramento dei canoni di locazione.

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Il legale rappresentante della società, garante del mutuo, decideva di provvedere personalmente al pagamento delle rate del mutuo. L’intermediario imputava però tali versamenti a rimborso delle rate scadute. I ricorrenti affermano di aver richiesto la postergazione delle rate del mutuo e che i pagamenti del garante fossero imputati alle rate in scadenza. L’intermediario pretendeva la trasmissione del bilancio societario e della documentazione attestante l’estinzione del pignoramento esattoriale, documentazione inviata.

Ciononostante, l’intermediario sollecitava il pagamento delle rate scadute e il 23 marzo 2020 trasmetteva alla società ricorrente comunicazione contenente il preavviso di segnalazione a sofferenza in CR.

La società sostiene inoltre di aver tentato – senza successo - di concordare con la banca un piano di rientro che prevedesse il mantenimento dell’originario piano di ammortamento.

Con reclamo del 7 aprile 2020, la società contestava l’esistenza dei presupposti sostanziali per la segnalazione a sofferenza. Contestava inoltre la dichiarazione di decadenza dal beneficio del termine effettuata dall’intermediario con missiva del 4 dicembre 2019, sostenendo la natura temporanea delle difficoltà economiche.

Parte ricorrente chiede al Collegio di accertare l’illegittimità della segnalazione a sofferenza e la cancellazione di questa nonché l’illegittimità della dichiarazione di decadenza dal beneficio del termine e della conseguente risoluzione contrattuale. Chiede altresì che le sia riconosciuto il diritto a pagare le rate residue del mutuo nei termini e con le modalità previsti dal contratto. Chiede infine il risarcimento dei danni patrimoniali (pari alle spese del legale, quantificate in € 1850,00) e non patrimoniali consistenti della preclusione all’accesso al credito bancario. Chiede infine la sospensione cautelativa dei dati contestati.

L’intermediario, oltre a confermare alcune circostanze di fatto riportate dalla parte ricorrente, controdeduce tra l’altro che nel periodo compreso tra il 10 gennaio 2019 e il 6 novembre 2019, dopo che erano stati registrati sedici insoluti, il legale rappresentante della società effettuava quattro pagamenti in contanti, che venivano imputati a saldo delle rate scadute da 76 a 79 (quest’ultima con scadenza naturale al 26 maggio 2018 e pagata il 6 novembre 2019). Ciononostante, l’esposizione della mutuataria cresceva di ben otto rate mensili (ovvero quelle scadute nel periodo compreso tra il 26 gennaio 2019 e il 26 dicembre 2019).

L’intermediario, con comunicazione del 4 dicembre 2019, dichiarava la mutuataria e i suoi garanti decaduti dal beneficio del termine e risolto il contratto di mutuo, vantando un credito pari a € 216.662,48, di cui € 42.389,50 relativi a precedenti rate insolute, comprensivi di interessi.

L’intermediario nega poi il fatto che la società ricorrente abbia richiesto la postergazione delle rate.

Sostiene inoltre che il mancato pagamento di 18 rate nell’arco di tre anni di un mutuo fondiario non possa considerarsi “mero ritardo” e che, di contro, la concomitante situazione di blocco del conto abbia reso “permanentemente indisponibile” il flusso dell’unica provvista destinata al pagamento delle rate del mutuo.

L’intermediario chiede pertanto al Collegio il rigetto del ricorso.

Nelle successive repliche, parte ricorrente ribadisce la natura temporanea delle proprie difficoltà economiche e, a riprova, allega di aver estinto ogni obbligazione nei confronti della resistente e dell’Agenzia delle Entrate.

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In sede di controrepliche, l’intermediario eccepisce che il pagamento dell’esposizione debitoria nei confronti dell’erario è avvenuta solo il 4 giugno 2021 (ovvero a quattro anni dalla notifica del pignoramento), mentre il saldo dell’insolvenza registrata sul mutuo fondiario è avvenuto solo il 3 giugno 2021. Ribadisce quindi che l’iscrizione a sofferenza è stata preceduta da una valutazione della complessiva situazione patrimoniale della società ricorrente e come, a quella data, sussistessero tutti gli indici di una difficoltà economica non temporanea.

DIRITTO

1. In via pregiudiziale, l’ambito di cognizione di questo Collegio va circoscritto all’accertamento delle condotte illecite imputate all’intermediario e all’eventuale sua condanna al risarcimento dei danni.

Non possono essere valutate invece le domande dei ricorrenti volte alla

“sospensione cautelativa della visibilità dei dati contestati” e quelle finalizzate a

“riconoscere (…) il diritto al pagamento delle rate residue nei termini e con le modalità previste dal contratto intercorso tra le parti”, dunque a ripristinare l’originario contratto di finanziamento ormai cessato, atteso che in base alle “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari” emanate dalla Banca d’Italia l’ABF non ha competenze di natura cautelare e non può emanare pronunce costitutive o volte a obbligare le parti a un facere infungibile.

2. È opportuno valutare distintamente le domande proposte dai ricorrenti.

Per quanto riguarda quella concernente la richiesta di “cancellazione di dati riferiti alla ricorrente e ai garanti presenti in C.R. Banca d’Italia o in qualsiasi altra banca dati e/o centrale rischi finanziari”, i ricorrenti contestano la legittimità del comportamento negoziale assunto dall’intermediario in quanto quest’ultimo avrebbe proceduto alla segnalazione negativa in CR – non risultano documenti dai quali poter desumere che la ricorrente sia stata segnalata anche in altri sistemi di informazioni creditizia – in mancanza dei relativi presupposti, segnatamente di quello che impone all’intermediario una verifica delle effettive condizioni economico-patrimoniali del debitore prima di rilevare la “sofferenza”

della sua posizione in CR.

Si rammenta che la segnalazione della società ricorrente in CR è avvenuta per la prima volta a marzo 2020, allorché il suo debito è stato indicato nella categoria

“sofferenze”.

La Circolare della Banca d’Italia 11 febbraio 1991, n. 131, Centrale dei rischi – Istruzioni per gli intermediari creditizi (in seguito, la Circolare) vigente ratione temporis stabilisce che “l’appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell’intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può originare automaticamente al verificarsi di singoli specifici eventi quali, ad esempio, uno o più ritardi nel pagamento del debito o la contestazione del credito da parte del debitore” (v. il capitolo II, sezione II, parag. 1.5).

In applicazione delle suddette previsioni normative si è consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale la segnalazione in CR da parte dell’intermediario non può avvenire per il solo fatto di un inadempimento del debitore e presuppone invece una valutazione dell’intermediario volta ad accertare che il mancato pagamento derivi da un’effettiva “situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica, equiparabile anche se non coincidente con la condizione di insolvenza”, fermo che “il prolungato inadempimento del correntista all’obbligo di rientrare dall’esposizione debitoria, legittima la banca alla segnalazione alla Centrale Rischi del suo credito come <<in sofferenza>>, atteso che, ai fini della segnalazione, la nozione di

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insolvenza (…) si concretizza in una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come <<deficitaria>> ovvero come di <<grave difficoltà economica>>, senza alcun riferimento al concetto di incapienza o irrecuperabilità” (così espressamente, Cassazione, 6 dicembre 2019, n. 31921).

Si è peraltro chiarito che “per stabilire se una banca abbia correttamente o meno segnalato alla Centrale dei Rischi l’inadempimento di un’obbligazione del cliente (…) è necessario stabilire, con valutazione ex ante, se al momento in cui il cliente ha rifiutato l'adempimento delle proprie obbligazioni i motivi del rifiuto apparissero oggettivamente non infondati, e prospettati in buona fede” e che “l’onere della relativa prova grava su chi domanda il risarcimento del danno da illegittima segnalazione alla Centrale dei Rischi”

(così da ultimo Cassazione 9 febbraio 20121, n. 3130; v. anche Cassazione 6 dicembre 2019 n. 31921; Cassazione 16 dicembre 2014 n. 26361; v. anche Tribunale di Milano 30 giugno 2018; Tribunale di Como 10 ottobre 2016, Tribunale di Verona, 19 marzo 2013).

3. Nel caso di specie, i ricorrenti non contestano l’esistenza né della posizione debitoria della società relativa alle rate del mutuo a partire dal mese di ottobre 2017 che ha dato origine alla segnalazione in CR, né della sua condizione di inadempimento e tuttavia sostengono che la società si trovasse in “una difficoltà solo transitoria” di effettuare i pagamenti, tale da non giustificare la segnalazione negativa in CR.

Dai documenti prodotti si desume tuttavia che:

- a partire da ottobre 2017 la ricorrente è rimasta inadempiente al pagamento di 16 rate mensili di restituzione del finanziamento;

- a gennaio, luglio, ottobre e novembre 2019, l’esposizione della società ricorrente è ridotta, ma esclusivamente per l’intervento di un garante, il quale ha provveduto al pagamento di 4 rate già scadute a febbraio, marzo, aprile e maggio 2018, con i relativi interessi, e tuttavia la società ricorrente ha continuato a non pagare le 12 rate scadenti nel 2019;

- alla risoluzione del rapporto in data 4 dicembre 2019, l’esposizione debitoria era costituita da 18 rate mensili, con un debito complessivo maturato di € 42.389,50 su un finanziamento complessivo di € 330.000, ancora da pagare per € 174.272,98, per un totale di € 216.662,48 dovuti alla data di risoluzione del rapporto;

- successivamente alla risoluzione del contratto e prima della segnalazione in CR è nuovamente intervenuto un garante a gennaio 2020 e a marzo 2020 per ridurre il debito del valore corrispondente ad altre due rate scadute a giugno e a luglio 2018, con i relativi interessi.

L’intermediario è inoltre sempre stato consapevole del fatto che il mancato rimborso delle rate di mutuo costituiva la conseguenza dei procedimenti esecutivi avviati dall’Agenzia delle Entrate Riscossione nei confronti della società ricorrente con riferimento a un debito verso l’Erario di oltre € 71.000 e ciò per essere stato esso stesso il destinatario del pignoramento presso terzi dell’Agenzia delle Entrate avente per oggetto le somme presenti sul conto corrente della società ricorrente utilizzato per regolare i pagamenti rateali del mutuo.

Si tratta di elementi che a una valutazione ex ante appaiono rilevanti per l’identificazione da parte dell’intermediario di una condizione di grave e non transitoria difficoltà economica della ricorrente in grado di giustificare la sua iscrizione in CR a marzo 2020.

D’altronde, la segnalazione in CR da parte dell’intermediario sarebbe potuta avvenire molto prima di marzo 2020 e la circostanza che ciò sia stato fatto in presenza di un inadempimento di 18 rate e soltanto dopo che l’intermediario aveva comunicato alla

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società ricorrente la decadenza dal beneficio del termine ai sensi dell’art. 1186 c.c. e la risoluzione dal rapporto ai sensi dell’art. 17 delle condizioni generali del contratto di finanziamento (su questi aspetti, v. anche infra, parag. 4) dimostra che l’intermediario da una parte non sembra aver assunto la decisione di segnalazione in maniera sbrigativa;

dall’altra parte, ha avuto una particolare cura, in chiave di esecuzione del contratto secondo correttezza e buona fede ex art. 1375 c.c., della posizione negoziale della società ricorrente nonostante il suo inadempimento protratto.

In definitiva, la segnalazione negativa in CR da parte dell’intermediario a marzo 2020 è avvenuta in maniera legittima, nulla potendo essere imputato a quest’ultimo né in termini di violazione di specifiche norme legali o pattizie, né sotto il profilo di un comportamento non in linea con i canoni di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto.

Il fatto che successivamente alla segnalazione in CR la società ricorrente abbia provveduto a ridurre la posizione debitoria con pagamenti parziali effettuati a giugno, luglio, agosto e settembre 2020 rispettivamente per € 17.500, € 12.500, € 2.500 e € 2.500 non può rilevare al fine di escludere la legittimità del comportamento di prima segnalazione tenuto dall’intermediario, il quale ha peraltro sempre correttamente provveduto a comunicare in CR le variazioni del debito a sofferenza a carico della società ricorrente corrispondenti agli importi di volta in volta versati.

Anche la circostanza che a giugno 2021 la società ricorrente abbia infine completamente estinto il suo debito residuo con un versamento di € 179.068,52 non inficia la liceità della condotta tenuta in precedenza dall’intermediario.

Alla luce di quanto sopra, la domanda dei ricorrenti relativa alla cancellazione della segnalazione in CR non può essere accolta, anche considerato che il pagamento integrale del debito, pur facendo cessare l’obbligo di segnalazione (v. la Circolare capitolo II, sezione I, parag. 8), “non comporta (…) la cancellazione delle segnalazioni a sofferenza relative alle rilevazioni pregresse” (v. la Circolare, capitolo II, sezione II, parag. 1.5).

4. I ricorrenti asseriscono che nel corso della vicenda controversa l’intermediario avrebbe tenuto ulteriori comportamenti illegittimi nei confronti della società.

Anzitutto, affermano che controparte avrebbe violato i principi di esecuzione del contratto secondo correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c. allorché ha deciso di imputare i pagamenti effettuati dal garante a gennaio, luglio, ottobre e novembre 2019 alle rate già scadute anziché a quelle in corso di scadenza.

La contestazione non può essere condivisa.

L’art. 10 delle condizioni generali del contratto di finanziamento dispone che

“qualunque somma venisse pagata dalla Parte mutuataria o per conto di essa alla Banca dovrà essere, con preferenza, imputata al pagamento delle spese di qualunque natura, comprese quelle giudiziali (…) nonché al rimborso dei premi di assicurazione e di quant’altro fosse stato da essa pagato per conto della Parte mutuataria e poi a scomputo delle esposizioni arretrati con i relativi interessi di mora infine restituzione anticipata del mutuo sempreché la Banca non ritenga di adottare un diverso ordine di imputazione”.

La norma contrattuale prevede dunque un meccanismo automatico di imputazione dei pagamenti che deroga in parte alla disciplina legale contenuta negli artt. 1193 e seg.

c.c., quest’ultima priva di carattere imperativo. In particolare, la previsione contrattuale esclude il rilievo della dichiarazione del debitore-mutuatario ai fini della destinazione dei pagamenti e rimette invece al solo creditore-intermediario la facoltà di stabilire criteri di imputazione alternativi a quello pattuito.

Ne consegue che la decisione dell’intermediario di impiegare le somme versate dal garante per estinguere le rate pregresse già scadute anziché quelle in scadenza risulta

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coerente con i patti negoziali, non potendo per ciò solo ascriversi a quest’ultimo alcun inadempimento per violazione dei principi di correttezza e buona fede negoziale.

D’altro canto, l’imputazione dei pagamenti ai crediti già scaduti non solo riduce l’esposizione del debitore, ma interrompe altresì l’ulteriore decorso dei relativi interessi moratori, tutelando sotto questo aspetto anche la posizione di quest’ultimo (non a caso, questa è la regola legale di default prevista dall’art. 1193, comma 2, c.c.). Anche per questo motivo sembra potersi escludere a riguardo qualsivoglia violazione dei principi di esecuzione del contratto secondo correttezza buona fede da parte dell’intermediario.

5. Un’ulteriore doglianza dei ricorrenti attiene al fatto che in data 4 dicembre 2019 controparte non avrebbe potuto né considerare la società mutuante decaduta dal beneficio del termine ex art. 1186 c.c. né risolvere il contratto.

Per quanto qui maggiormente rileva, l’art. 3 del contratto di finanziamento del 26 ottobre 2011 regola le modalità di rimborso del mutuo e stabilisce l’obbligo della società ricorrente di “restituire (…) la somma di Euro 330.000 (…) durante il periodo di anni 15 (…) a decorrere dal 27 ottobre 2011 (…). Il debito verrà estinto con il sistema dell’ammortamento graduale con n. 180 (…) mensilità comprensive di capitale e interessi (…) alle precise scadenze del 26 di ogni mese a partire dal 26 novembre 2011 e fino al 26 ottobre 2026”, fermo che ai sensi dell’art. 5 del contratto “la Parte mutuataria incorrerà nella decadenza dal beneficio del termine, ricorrendo le fattispecie previste dalle condizioni dell’art. 1186 del Codice Civile”.

L’art. 17 delle condizioni generali allegate al contratto prevede inoltre che “oltre che nei casi di insolvenza la Banca potrà esigere l’immediata prestazione ai sensi dell’art.

1186 del codice civile qualora si fosse verificata una diminuzione della garanzia per fatto della Parte mutuataria”; e dispone altresì che “tutti gli obblighi posti a carico della Parte mutuataria nel contratto (in particolare art. 3 - condizioni economiche e art. 5 - interessi di mora risoluzione del contratto e decadenza beneficio del termine) e nel capitolato (in particolare, art. 13 - diminuzione di garanzia, art. 14 - obblighi relativi agli immobili ipotecati, art. 16 - altri obblighi) hanno carattere essenziale e la loro violazione dà luogo alla risoluzione del contratto di mutuo, senza necessità di preavviso, di costituzione in mora o di domanda giudiziale”, fermo che “la Banca avrà anche il diritto di risolvere il contratto qualora la Parte mutuataria o i Garanti subiscano protesti, procedimenti conservativi o esecutivi o ipoteche giudiziali o compiano qualsiasi atto che diminuisca la loro consistenza patrimoniale o non rispettino gli obblighi assunti verso l’Istituto con altri contratti di finanziamento”.

Costituisce principio pianamente riconosciuto in giurisprudenza quello secondo il quale il presupposto per avvalersi della decadenza dal termine ex art. 1186 c.c. è costituito

“da una situazione di dissesto economico, sia pure temporaneo, in cui il debitore venga a trovarsi, la quale renda verosimile l'impossibilità da parte di quest'ultimo di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. Tale stato di insolvenza non deve rivestire i caratteri di gravità e irreversibilità, potendo conseguire anche ad una situazione di difficoltà economica e patrimoniale reversibile, purché idonea ad alterare, in senso peggiorativo, le garanzie patrimoniali offerte dal debitore” (v., tra le molte, Cassazione 18 novembre 2011, n. 24330; tra le più recenti, Tribunale di Oristano, 15 aprile 2021, n. 191; Tribunale di Busto Arsizio, 22 gennaio 2020, n.119).

Nel caso di specie, la condizione di inadempimento nella quale si è venuta a trovare la società ricorrente sembra giustificare, anche tenuto conto di quanto esposto nel precedente parag. 3, una valutazione di “prognosi postuma” da parte dell’intermediario relativa al peggioramento della solidità economico-patrimoniale della società ricorrente e

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alla sopravvenuta impossibilità di quest’ultima di adempiere con regolarità le obbligazioni di pagamento a suo carico.

Ne deriva la legittimità della pretesa dell’intermediario di ottenere la restituzione immediata del finanziamento mutuato ex art. 1186 c.c.

Per le stesse ragioni, anche la risoluzione di diritto del contratto di finanziamento risulta lecitamente attuata dall’intermediario alla luce delle norme pattizie sopra citate nonché dell’art. 40, comma 2, del d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, e ciò già solo per il verificarsi dell’inadempimento delle 18 rate di pagamento.

6. Una negligenza dell’intermediario non è rilevabile neppure con riferimento al contenuto delle comunicazioni da quest’ultimo trasmesse a luglio 2020 e a gennaio 2021 alla società ricorrente e ai garanti con l’indicazione di valori diversi del debito residuo (rispettivamente, € 183.358,30 ed € 203.592,78), né in relazione al fatto che tali valori non corrispondessero a quelli risultanti come in “sofferenza” nella CR a dicembre 2020 (€

178.404).

Dai documenti agli atti emerge infatti chiaramente che l’intermediario ha sempre correttamente riportato nelle sue comunicazioni i valori del debito residuo di controparte e che la differenza numerica lamentata dai ricorrenti dipende esclusivamente dal fatto che le comunicazioni in parola si riferiscono a momenti diversi del rapporto, con le indicazioni in CR che in ogni caso, come sopra chiarito, sono state sempre aggiornate correttamente in presenza della riduzione del credito a sofferenza per effetto dei pagamenti di volta in volta effettuati.

7. La conformità dei comportamenti tenuti dell’intermediario alla disciplina legale e negoziale di riferimento esclude la configurabilità di un danno risarcibile per la società ricorrente, al di là di ogni considerazione in merito alla carenza deduttiva e probatoria sulla sua effettiva consistenza.

Anche la domanda di risarcimento del danno va pertanto rigettata.

PER QUESTI MOTIVI Il Collegio respinge il ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

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