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COLLEGIO DI ROMA. Membro designato dalla Banca d'italia. Membro di designazione rappresentativa. dei clienti FATTO

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(1)

COLLEGIO DI ROMA

composto dai signori:

(RM) SIRENA Presidente

(RM) SCIUTO Membro designato dalla Banca d'Italia

(RM) PATTI Membro designato dalla Banca d'Italia

(RM) CAPPIELLO Membro di designazione rappresentativa

degli intermediari

(RM) MOSCO Membro di designazione rappresentativa

dei clienti

Relatore GIAN DOMENICO MOSCO

Seduta del 10/07/2020

FATTO

Il ricorso verte sull’accertamento della responsabilità dell’intermediario negoziatore (intermediario A) e dell’intermediario emittente (intermediario B) di un assegno clonato e incassato da terzi nell’ambito di una compravendita online.

A gennaio 2019 il ricorrente prende contatto con un inserzionista in quanto interessato ad acquistare l’automobile messa in vendita con un annuncio pubblicato su un portale online.

L’intermediario B, l’11 gennaio, su sua richiesta, emette un assegno circolare non trasferibile per l’importo di Euro 21.000,00 in favore dell’inserzionista.

Il ricorrente dichiara di aver inviato al presunto venditore una fotoriproduzione parziale e incompleta del suddetto titolo. Titolo che gli avrebbe dovuto consegnare materialmente il successivo 23 gennaio contestualmente alla cessione dell’autovettura. Tuttavia, il giorno della consegna dell’automobile il presunto venditore si è reso irreperibile.

Il ricorrente, recatosi il giorno dopo presso l’intermediario B per far annullare l’assegno ancora in suo possesso, viene informato dell’avvenuta negoziazione del titolo falsificato dal venditore presso l’intermediario A.

Si reca pertanto da quest’ultimo “per segnalare quanto avvenuto e chiedere una (…) immediata attivazione, non ottenendo però alcun tipo di supporto e collaborazione, né alcuna informazione utile a ricostruire la vicenda”. Il giorno stesso sporge pertanto

(2)

Il ricorrente afferma di essere venuto successivamente a sapere che il truffatore si era recato il 16 gennaio presso l’intermediario A ed esibendo un titolo clonato ed evidentemente contraffatto (all. 6 alle controdeduzioni dell’intermediario A) è riuscito a far accreditare la somma di Euro 21.000,00 sul conto corrente della propria impresa individuale, conto dopo poco azzerato dal truffatore stesso.

Secondo il ricorrente, dai fatti emergono chiaramente “le responsabilità degli istituti bancari coinvolti, che non hanno posto in essere appropriate e dovute forme di verifiche e controlli, consentendo così al possessore di un titolo falso e contraffatto di appropriarsi illecitamente di un’ingente somma di denaro”.

L’evento e il conseguente danno patrimoniale non avrebbero avuto luogo, secondo il ricorrente, se entrambi gli intermediari avessero adottato una condotta diligente e qualificata del bonus argentarius.

Il ricorrente chiede pertanto al Collegio di disporre il pagamento in via solidale da parte degli intermediari A e B della somma di euro 21.000,00 a titolo di risarcimento del danno subito e/o il rimborso della somma illecitamente sottratta e, in ogni caso, il pagamento di somma minore ritenuta congrua e dovuta dal Collegio stesso.

L’intermediario A, in sede di controdeduzioni, afferma che il titolo dallo stesso incassato appare privo di “anomalie, alterazioni, correzioni, abrasioni o altre, eventuali, irregolarità cartolari” che avrebbero potuto consentire all’accorto bancario professionale di accertare contraffazione e clonazione dello stesso.

Dichiara inoltre che in sede di negoziazione dell’assegno ha provveduto a una “prudente, corretta e completa attività di identificazione del presentatore del titolo, facendogli sottoscrivere apposita contabile di versamento”. Il cliente gli ha altresì consegnato l’apposita documentazione giustificativa necessaria al fine di girare il titolo sul conto corrente della propria impresa individuale insieme alla copia di una fattura emessa da quest’ultima per prestazioni lavorative rese in favore di terzi per un importo corrispondente a quello riportato nell’assegno contraffatto. L’intermediario A dichiara inoltre che sul sistema interbancario non risultavano essere state effettuate eventuali segnalazioni di furto e (o) frode concernenti il titolo in questione e che l’intermediario B, interpellato dallo stesso, nulla eccepiva in merito.

Secondo l’intermediario A la responsabilità dell’asserita truffa è riconducibile in via esclusiva all’incauta condotta del ricorrente, reo di aver inviato all’apparente venditore fotoriproduzioni dell’assegno circolare. Senza questa imprudente condotta la truffa non sarebbe stata compiuta o comunque sarebbe avvenuta con modalità tali da rendere più difficoltosa la perfetta clonazione dell’assegno.

Per questi motivi l’intermediario A chiede al Collegio di rigettare il ricorso in quanto infondato in fatto e in diritto.

L’intermediario B, in sede di controdeduzioni, oltre a confermare i fatti riportati nel ricorso, contesta il comportamento del ricorrente che secondo lo stesso è connotato da grave imprudenza, per aver inviato gli estremi dell’assegno circolare a persona di fatto sconosciuta, così favorendo il perpetrarsi della frode.

Dichiara inoltre che nei rapporti con la clientela fornisce, anche nella documentazione contrattuale e via internet, avvisi relativi al fatto di “non far circolare immagini degli assegni circolari”. Inoltre, il lungo tempo trascorso tra la richiesta di emissione del titolo e quella di annullamento (dall’11.01.2019 al 24.01.2019), imputabile al ricorrente, avrebbe agevolato la perpetrazione della truffa.

Per tali ragioni, l’intermediario B chiede al Collegio di dichiarare il ricorso infondato e di respingere le pretese risarcitorie del ricorrente.

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DIRITTO

1. I fatti dai quali è derivata la presente controversia sono sostanzialmente incontestati tra le parti per quanto concerne l’avvenuto pagamento di un assegno circolare emesso dall’intermediario B, clonato da un truffatore ai danni del ricorrente e negoziato presso l’intermediario A nell’ambito di una procedura di c.d. check-truncation con addebito sul conto corrente del ricorrente.

In diritto, si tratta di accertare se l’intermediario che ha emesso l’assegno circolare oggetto di clonazione e l’intermediario che ha negoziato il titolo artefatto possano essere considerati responsabili, se del caso in via solidale tra loro, nei confronti del ricorrente per aver consentito il pagamento dell’assegno contraffatto non accorgendosi dell’alterazione rispetto al titolo originale.

2. Nel caso di specie, il pagamento dell’assegno clonato è avvenuto seguendo la procedura del c.d. check image truncation, la quale consente agli intermediari che abbiano aderito a uno specifico accordo interbancario di presentare al pagamento gli assegni in forma elettronica nel rispetto di quanto previsto dalla legislazione vigente.

In particolare, l’intermediario A, negoziatore dell’assegno clonato, ha presentato quest’ultimo all’intermediario B, emittente del titolo originale, in formato elettronico, secondo quanto consentito dall’art. 31, comma 2, del r.d. 21 dicembre 1933 (legge assegni), come modificato dall’art. 8, comma 7, lett. b), del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito nella legge 12 luglio 2011, n. 106, e dal regolamento del Ministro dell’economia 3 ottobre 2014, n. 205 emanato in applicazione della lettera d) del medesimo art. 8, comma 7.

Anche la Banca d’Italia è intervenuta in materia emanando, in applicazione dell’art. 8, comma 7, lett. e) del d.l. n. 70/2011, il regolamento 22 marzo 2016 che contiene le regole tecniche relative all’operatività dei pagamenti degli assegni in forma elettronica (in seguito, il Regolamento).

Per quanto qui maggiormente rileva, l’art. 7, comma 1, del Regolamento dispone che “la presentazione al pagamento in forma elettronica dell'assegno da parte del negoziatore avviene con la trasmissione in via telematica al trattario o all'emittente (…) dell'immagine dell'assegno unitamente ai dati di cui all'art. 8 del Regolamento per gli assegni bancari e postali di ammontare superiore a quello indicato nell'Allegato tecnico (capitolo 5.1)”

(comma 1, lett. a).

I dati che l’intermediario negoziatore è tenuto a trasmettere ai sensi dell’art. 8 del Regolamento sono: “a) identificativo del negoziatore (codice ABI e CAB); b) identificativo del trattario o dell'emittente (codice ABI e CAB); c) importo; d) data di emissione; e) numero identificativo dell'assegno; f) nome del beneficiario per i soli assegni circolari, di traenza, vidimati, vaglia postali e titoli speciali della Banca d'Italia”. Mentre ai sensi del capitolo 5.1 dell’allegato tecnico si dispone, tra l’altro, che “le procedure utilizzate per il trattamento in forma elettronica dell'assegno devono consentire: -la presentazione al pagamento in forma elettronica dell'assegno al trattario/emittente attraverso l'invio di un flusso elettronico unico contenente: a) i soli dati dell'assegno, per gli assegni bancari e postali di importo sino a 5.000 euro e per gli assegni circolari, i vaglia postali e i titoli speciali della Banca d'Italia, senza limiti di importo; b) i dati e l'immagine dell'assegno firmata digitalmente per gli assegni bancari e postali di importo superiore a 5.000 euro”.

3. Dal confronto delle copie prodotte dell’assegno originale e di quello clonato non emerge con evidenza una diversità formale dei due titoli.

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Nella facciata anteriore del titolo clonato l’unica differenza rilevabile è costituita dalla presenza del codice data matrix (c.d. QR code) che sembra mancare invece nel titolo originario in quanto, a causa della scarsa qualità della copia prodotta, in corrispondenza dello spazio che dovrebbe essere occupato dal codice data matrix vi è una macchia scura che rende illeggibile il documento.

Tuttavia, poiché l’assegno circolare è stato emesso l’11 gennaio 2019 è ragionevole presumere che anch’esso fosse dotato del codice data matrix atteso che la stampa di quest’ultimo sui documenti degli assegni è prevista come necessaria sin dalla circolare ABI n. 21 del 12 giugno 2014.

Per quanto riguarda il retro dei titoli, nella copia dell’assegno clonato è riportata una sottoscrizione che, benché non chiaramente leggibile, sembra riferibile al beneficiario dell’assegno circolare, mentre nella copia dell’assegno circolare è presente la sottoscrizione del ricorrente, evidentemente apposta in un momento successivo alla negoziazione allorché, resosi conto della truffa, ha tentato invano di incamerare l’assegno girandolo per l’incasso.

In definitiva, al momento della negoziazione dell’assegno clonato non erano rilevabili discrasie formali dei due titoli sulla base di un loro semplice esame visivo.

Il che non è peraltro sufficiente a escludere la responsabilità dei due intermediari.

4. La condotta dell’intermediario A risulta rilevante ai fini della configurazione nei confronti del ricorrente di una responsabilità di natura contrattuale da c.d. contatto sociale qualificato, ravvisabile “ogni qualvolta l'ordinamento imponga ad un soggetto di tenere un determinato comportamento, idoneo a tutelare l'affidamento riposto da altri soggetti sul corretto espletamento da parte sua di preesistenti, specifici doveri di protezione che egli abbia volontariamente assunto come quello di far sì che il titolo di credito sia introdotto nel circuito di pagamento bancario nel rispetto delle regole che ne presidiano la circolazione e l'incasso” (v. per tutte Cassazione, sezioni unite, 21 maggio 2018, n. 12478).

Infatti, è vero che in ragione dell’apparente identità formale dei due titoli l’intermediario A non aveva la possibilità di rilevare la contraffazione dell’assegno clonato presentato per l’incasso sulla base dei dati identificativi in esso riportati, in quanto coincidenti con quelli del titolo originario.

Nondimeno, l’intermediario negoziatore era comunque tenuto a effettuare la lettura del codice data matrix presente sul titolo clonato per trasmetterne i dati all’intermediario emittente (cfr. Collegio di Milano decisione n. 14582/2019), un comportamento dovuto secondo i canoni della diligenza e della correttezza negoziale tenuto conto che la tecnica del codice data matrix è stata introdotta proprio come misura di sicurezza al fine di limitare le frodi sugli assegni (v. la circolare ABI n. 21/2014, pag. 4) e che la rilevazione e la trasmissione all’intermediario emittente delle informazioni in esso contenute costituisce un adempimento espressamente richiesto dalla circolare ABI n. 12 del 4 luglio 2018 contenente le norme tecniche applicative della procedura del check image truncation (v.

pag. 5).

Nel caso di specie non risulta che tale lettura sia avvenuta, anche perché se ci fosse stata l’alterazione del titolo contraffatto sarebbe probabilmente emersa in modo automatico.

Non può essere considerata un’esimente per l’intermediario A, oltre alla circostanza di aver provveduto all’identificazione della persona che si è presentata per negoziare l’assegno clonato, il fatto di aver immesso il titolo “al momento della negoziazione dell’assegno (…) nell’apposito lettorino, senza che fosse rilevata un’eventuale anomalia che ne potesse pregiudicare l’incasso”.

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Al di là del fatto che non è chiaro se la verifica attraverso il “lettorino” corrisponda a quella richiesta per la lettura del codice data matrix, si tratta di una circostanza dedotta ma non provata dall’intermediario negoziatore.

In ogni caso, nella fattispecie in esame ai fini dell’identificazione della responsabilità dell’intermediario A risulta determinante non solo la mancata (prova della) attivazione delle procedure tecniche specificamente previste per il controllo degli assegni dotati di codice data matrix, ma anche il difetto (di prova della) della trasmissione all’intermediario emittente dei dati risultanti dalla lettura di questo codice. Circostanza quest’ultima che avrebbe potuto consentire (anche) all’intermediario B di rilevare le discordanze informative derivanti alla manipolazione del codice data matrix.

Poiché secondo i principi della ripartizione dell’onere della prova spetta all’intermediario dimostrare di aver agito correttamente e diligentemente, le conseguenze negative dell’insufficienza del quadro probatorio sul punto non possono che ricadere su quest’ultimo.

5. Alla luce di quanto sopra esposto anche per l’intermediario B, emittente dell’assegno originale poi clonato, si configura una responsabilità rilevante nei rapporti contrattuali con il ricorrente per aver consentito il pagamento dell’assegno contraffatto.

Poiché infatti l’intermediario emittente non può non essere consapevole del fatto che l’intermediario negoziatore è tenuto a inviagli, oltre all’immagine del titolo negoziato e alle altre informazioni dovute secondo le regole della check-truncation, i dati ricavati dalla lettura del codice data matrix, il fatto che nel caso di specie l’intermediario A non si fosse adoperato in questo senso avrebbe dovuto indurre l’intermediario B ad attivarsi esso stesso per richiederne la trasmissione all’intermediario negoziatore. Tuttavia, non vi è prova che ciò sia avvenuto.

Si tratta di un’omissione che connota di negligenza la condotta dell’intermediario B, dalla quale discende la sua responsabilità negoziale per non aver adempiuto correttamente ai suoi obblighi contrattuali nei confronti del ricorrente ex art. 1218 e 1176, comma 2, c.c.

6. L’incidenza della condotta dell’intermediario A nella determinazione del fatto lesivo sembra assumere un rilievo prevalente, determinabile equitativamente nella misura del 60%, rispetto a quella dell’intermediario B atteso che secondo la disciplina tecnica di riferimento sopra delineata la lettura del codice data matrix e la trasmissione dei relativi dati costituiscono obblighi comportamentali prefigurati in capo all’intermediario negoziatore, mentre la colpa omissiva dell’intermediario emittente si configura come una conseguenza del precedente inadempimento dell’intermediario negoziatore.

7. Alla luce di quanto sopra, risultano prive di fondamento le eccezioni degli intermediari concernenti una presunta responsabilità del ricorrente nella vicenda connessa al fatto che quest’ultimo avrebbe incautamente trasmesso in via elettronica un’immagine dell’assegno originale al truffatore, consentendo a quest’ultimo di effettuare la clonazione del titolo e di perpetrare la frode ai suoi danni.

Il comportamento del ricorrente, oltre a non assumere rilievo per escludere la responsabilità dei due intermediari, non risulta a ben vedere determinante nemmeno ai fini di un’eventuale riduzione del risarcimento del danno conseguente a un suo concorso di colpa ai sensi dell’art. 1227, comma 1 c.c.

Nel caso di specie non sembra infatti che possa operare il principio espresso dalla giurisprudenza di legittimità (v. Cass., S.U., 26 maggio 2020, n. 9769) secondo il quale

“la spedizione per posta ordinaria di un assegno, ancorché munito di clausola

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soggetto non legittimato, condotta idonea a giustificare l'affermazione del concorso di colpa del mittente, comportando, in relazione alle modalità di trasmissione e consegna previste dalla disciplina del servizio postale, l'esposizione volontaria del mittente ad un rischio superiore a quello consentito dal rispetto delle regole di comune prudenza e del dovere di agire per preservare gl'interessi degli altri soggetti coinvolti nella vicenda, e configurandosi dunque come un antecedente necessario dell'evento dannoso, concorrente con il comportamento colposo eventualmente tenuto dalla banca”.

Il principio in esame è dunque individuato con riferimento alla spedizione per posta ordinaria di un titolo di credito e sembra presupporre che il comportamento del danneggiato abbia consentito al soggetto che ha riscosso illegittimamente il titolo di acquisire il documento in originale e di presentarlo per il pagamento.

Nella fattispecie di ricorso, invece, si verte in tema di presentazione di assegni in forma elettronica trasmessi telematicamente e il ricorrente si è limitato a inviare una foto dell’assegno conservando sempre l’originale del titolo. Mentre colui che ha perpetrato la truffa ha creato ex novo un documento fittizio, copiando l’immagine della foto e presentando il titolo clonato all’incasso, falso titolo che pure, come si è detto, sarebbe stato possibile per gli intermediari identificare come tale.

Ne deriva che il rischio assunto dal ricorrente con la trasmissione elettronica dell’immagine dell’assegno costituisce un fatto che ai fini della valutazione comparativa dell'incidenza della sua colpa nella determinazione del danno ex art. 1227 c.c. non sembra di entità tale da consentire di privare la condotta degli intermediari dell’efficacia causale esclusiva nella produzione dell’evento dannoso.

In questa prospettiva, la circostanza che il ricorrente nel trasmettere la foto del titolo abbia disatteso gli specifici avvertimenti contenuti nella documentazione contrattuale fornitagli dall’intermediario B non permette di giungere a conclusioni diverse. Fermo che gli avvertimenti non prevedevano alcun obbligo a carico del ricorrente trattandosi di meri

“consigli” di comportamento, nel caso di specie assume in definitiva rilievo decisivo, a una valutazione ex ante, il fatto che si tratta di una procedura particolare che richiede agli intermediari che se ne avvantaggiano specifiche e rigorose procedure di verifica, che se rispettate avrebbero evitato che la truffa andasse a buon fine.

PER QUESTI MOTIVI

Il Collegio, in accoglimento del ricorso, dispone che gli intermediari, in solido fra loro, corrispondano alla parte ricorrente la somma di euro 21.000,00 a titolo di risarcimento del danno.

Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che gli intermediari, in solido fra loro, corrispondano alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e alla parte ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

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